CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 24 maggio 2016
647.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
COMUNICATO
Pag. 158

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 24 maggio 2016. — Presidenza del presidente Luca SANI.

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Luca SANI, presidente, comunica che il gruppo M5S e il gruppo del PD hanno chiesto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata anche mediante trasmissione con impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 228, in materia di modalità di pagamento e criteri di calcolo e di decorrenza degli interessi sulle somme dovute per gli aiuti di Stato dichiarati incompatibili con la normativa europea, concessi sotto forma di sgravio, nel triennio 1995-1997, in favore delle imprese operanti nei territori di Venezia e Chioggia.
Nuovo testo C. 3651 Venittelli.

(Parere alla XI Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Luciano AGOSTINI (PD), relatore, rileva che la proposta di legge C. 3651 modifica i criteri di calcolo e di decorrenza, degli interessi sulle somme dovute Pag. 159per gli aiuti dichiarati incompatibili con la normativa europea dalla Commissione europea, con decisione 2000/394/CE, concessi in favore delle imprese nei territori di Venezia e di Chioggia, sulla base di quanto disposto dall'articolo 27 del decreto-legge n. 669 del 1996 e dall'articolo 5-bis del decreto-legge n. 96 del 1995, recanti sgravi contributivi e degli oneri sociali per assunzioni in aziende operanti in determinati territori.
  Nell'indicare le ragioni dell'intervento legislativo, la Relazione illustrativa ricorda in primo luogo che la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 3 settembre 2015 prevede che la determinazione dei criteri da applicare per il calcolo degli interessi sulle somme da recuperare in caso di aiuti incompatibili con la normativa europea, nel caso in cui la decisione di recupero sia stata notificata anteriormente all'entrata in vigore del regolamento (CE) 794/2004 (nella questione relativa a Venezia e Chioggia la decisione è stata notificata nel 1999), sia rimessa al legislatore nazionale.
  L'intervento legislativo, quindi, in linea con l'articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che impone agli Stati membri di adottare ogni misura idonea a un recupero effettivo e immediato degli aiuti, è volto a rendere sostenibile, e quindi possibile, il recupero degli aiuti concessi alle imprese nel territorio di Venezia e Chioggia, modificando i criteri di calcolo e di decorrenza degli interessi sulle somme da recuperare. La proposta di legge in esame si compone di un articolo che, attraverso una modifica dell'articolo 1, comma 354 della legge n. 228 del 2012, definisce nuovi criteri per il calcolo degli interessi sulle somme da recuperare.
  Il testo è stato modificato nel corso dell'esame in XI Commissione al fine di superare talune criticità della formulazione originaria del comma 1 dell'articolo 1 della proposta di legge, ferma restando l'applicazione di interessi semplici e non composti, come previsto dalla legislazione vigente.
  È stato trasmesso alle competenti Commissioni parlamentari per l'espressione del prescritto parere, anche in vista di una possibile richiesta di trasferimento in sede legislativa della proposta di legge, qualora sussistano i requisiti prescritti dall'articolo 92, comma 6, del Regolamento.

  Luca SANI (PD), presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2015-2016.
C. 3821 Governo, approvato dal Senato.

(Relazione alla XIV Commissione)
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto degli atti in titolo.

  Luca SANI, presidente, avverte che la Commissione esaminerà le parti di propria competenza del predetto disegno di legge europea, assegnato in sede referente alla Commissione politiche dell'Unione europea, e concluderà tale esame con l'approvazione di una relazione e con la nomina di un relatore, che potrà partecipare alle sedute della XIV Commissione.
  Ricorda altresì che, ai sensi dell'articolo 126-ter, comma 5, del regolamento, le Commissioni di settore possono esaminare ed approvare emendamenti al disegno di legge, per le parti di rispettiva competenza. Possono ritenersi ricevibili solo gli emendamenti il cui contenuto è riconducibile alle materie di competenza specifica di ciascuna Commissione di settore; nel caso in cui membri della Commissione intendano proporre emendamenti che interessano gli ambiti di competenza di altre Commissioni, tali emendamenti dovranno essere presentati presso la Commissione specificamente competente. Gli emendamenti eventualmente approvati dalla Commissione saranno trasmessi, unitamente alla relazione, alla XIV Commissione, mentre gli Pag. 160emendamenti respinti dalle Commissioni di settore non potranno essere presentati presso la XIV Commissione, che li considererà irricevibili. Gli emendamenti respinti dalle Commissioni potranno, peraltro, essere ripresentati in Assemblea. Invita quindi la relatrice a svolgere la relazione introduttiva.

  Laura VENITTELLI (PD), relatrice, rileva che il disegno di legge in esame è stato approvato dal Senato, con modificazioni, nella seduta del 10 maggio 2016.
  Per effetto delle integrazioni apportate dal Senato nel corso dell'esame parlamentare, il testo del disegno di legge trasmesso alla Camera (C. 3821) si compone di 37 articoli (suddivisi in 9 capi), le cui disposizioni sono finalizzate a definire 4 procedure di infrazione, 10 casi di pre-contenzioso (EU Pilot), una procedura di cooperazione in materia di aiuti di Stato e una procedura di aiuti di Stato. Il provvedimento provvede inoltre all'attuazione di 3 direttive e di una decisione GAI. Per quanto riguarda il settore agricolo, numerose sono le norme di interesse.
  L'articolo 1 modifica la legge 13 gennaio 2013, n. 9 (Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini), onde risolvere il caso EU Pilot 4632/13/AGRI, con particolare riferimento all'evidenza cromatica dell'indicazione di origine delle miscele degli oli d'oliva e alla previsione di un termine minimo di conservazione degli oli d'oliva.
  Le contestazioni della Commissione europea toccavano in particolare due punti della legge n. 9/2013. Il primo è il disposto di cui all'articolo 1, comma 4, come modificato dall'articolo 18 della legge n. 161/2014 (legge europea 2013-bis), laddove si prevede che l'indicazione d'origine delle miscele di oli d'oliva originari di più di uno Stato membro dell'Unione europea o di un Paese terzo debba essere stampata «con diversa e più evidente rilevanza cromatica rispetto allo sfondo, alle altre indicazioni ed alla denominazione di vendita». A giudizio della Commissione, l'indicazione d'origine in un colore diverso rispetto a quello delle altre indicazioni, anziché garantire condizioni eque di concorrenza per l'industria e fornire un'informazione più completa ai consumatori, risulta discriminatoria nei confronti delle restanti indicazioni e contraria alle regole armonizzate in materia di leggibilità, dettate dal regolamento (UE) n. 1169/2011 (relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori), e in particolare dall'articolo 13.
  Il secondo è il disposto di cui all'articolo 7, comma 1, laddove si fissa in 18 mesi dalla data di imbottigliamento il termine minimo di conservazione entro il quale gli oli di oliva vergini conservano le loro proprietà specifiche in adeguate condizioni di trattamento. La Commissione ritiene, infatti, indimostrata una correlazione diretta tra la qualità dell'olio e la durata di conservazione. La disposizione di cui all'articolo 7, comma 1, è inoltre ritenuta contraria al regolamento (UE) n. 1169/2011 in quanto esso non prevede alcuna disposizione di ordine generale in merito al periodo entro il quale l'olio d'oliva conserva le sue proprietà e deve essere preferibilmente consumato, demandando agli operatori del settore alimentare la responsabilità di scegliere la data di durata minima.
  Il comma 1, lettera a), dell'articolo 1 interviene sull'articolo 1, comma 4 della legge n. 9 del 2013, nel senso di prevedere che l'indicazione dell'origine delle miscele di oli d'oliva originari di più di uno Stato membro dell'Unione europea o di un Paese terzo sia stampata in modo da essere visibile, chiaramente leggibile e indelebile e non possa essere in nessun modo nascosta, oscurata, limitata o separata da altre indicazioni scritte o grafiche o da altri elementi suscettibili di interferire. Viene, così, espunto ogni riferimento a una diversa rilevanza cromatica dell'indicazione d'origine stessa, optando per un dettato conforme a quello dell'articolo 13 del regolamento (UE) n. 1169/2011.
  Il comma 1, lettera b), interviene invece sull'articolo 7, comma 1, della legge n. 9/Pag. 1612013 nel senso di ribadire l'obbligo di inserire in etichetta la previsione di un termine minimo di conservazione, lasciandone, tuttavia, l'individuazione effettiva alla responsabilità dei produttori.
  Il comma 1, lettera c) modifica infine il comma 3 dell'articolo 7 della legge n. 9 del 2013, nel senso di prevedere, ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa vigente a carico di altri operatori, una sanzione amministrativa da 2000 a 8.000 euro, accompagnata dalla confisca del prodotto, nei confronti dei titolari del pubblico esercizio, in caso di mancata indicazione in etichetta di un termine minimo di conservazione per l'olio d'oliva.
  L'articolo 2 modifica l'articolo 3 del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 179 (di attuazione della direttiva 2001/110/CE concernente la produzione e commercializzazione del miele) onde risolvere il caso EU Pilot 7400/15/AGRI, originato da alcuni sequestri amministrativi di confezioni di mieli commercializzati in Italia ma provenienti da altri Stati membri, sulla cui etichetta era indicata la generica nomenclatura «miscela di mieli originari e non originari della CE», al posto dell'indicazione analitica dei singoli Paesi d'origine in cui il miele era stato raccolto.
  La Commissione, senza contestare la liceità della scelta del Legislatore italiano, volta a privilegiare l'indicazione analitica dei singoli Paesi di provenienza dei mieli, ha chiesto un intervento legislativo volto a chiarire come tale indicazione non sia obbligatoria in caso di (miscele di) mieli prodotti in altri Stati membri e immessi sul mercato nel rispetto della direttiva 2001/110/CE. Si ricorda, infatti, che l'articolo 2 della direttiva recita: «Il Paese o i Paesi d'origine in cui il miele è stato raccolto devono essere indicati sull'etichetta. Tuttavia, se il miele è originario di più Stati membri o Paesi terzi, l'indicazione può essere sostituita da una delle seguenti, a seconda del caso: «miscela di mieli originari della CE»; «miscela di mieli non originari della CE»; «miscela di mieli originari e non originari della CE».
  Pertanto l'articolo 2, senza modificare l'impostazione del decreto legislativo n. 179 del 2004, aggiunge all'articolo 3, un nuovo comma 4-bis, volto a escludere dall'obbligo di indicazione analitica dei Paesi di provenienza, di cui al comma 2, lettera f), del medesimo articolo: «i mieli prodotti e confezionati in altri Stati membri nel rispetto delle definizioni e delle norme della direttiva 2001/110/CE».
  L'articolo 21, modificato durante l'esame al Senato, innalza dal 4 al 5 per cento l'aliquota IVA applicabile alle cessioni di basilico, rosmarino e salvia freschi, destinati all'alimentazione.
  Viene ridotta dal 10 al 5 per cento l'aliquota applicabile alla cessione di piante allo stato vegetativo di basilico, rosmarino e salvia.
  Viene altresì ridotta dal 22 al 5 per cento l'IVA sull'origano a rametti o sgranato.
  Nella formulazione originaria della norma proposta, le modifiche all'aliquota riguardavano solo la cessione di basilico, rosmarino e salvia freschi, destinati all'alimentazione, con un innalzamento della tassazione dal 4 al 10 per cento.
  La Commissione europea, nell'ambito della procedura EU Pilot 7292/15/TAXU, contesta all'Italia la violazione dell'articolo 110 della direttiva 2006/112/CE, in base al quale gli Stati membri possono mantenere aliquote ridotte, inferiori all'aliquota minima del 5 per cento, se esse erano già applicate al 1o gennaio 1991.
  Ad avviso della Commissione, la violazione consisterebbe nell'aver introdotto il 13 maggio 1999, con l'aggiunta del numero 12-bis alla tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, un'aliquota IVA super ridotta del 4 per cento per basilico, rosmarino e salvia freschi, destinati all'alimentazione (articolo 6, comma 7, lettera b) della legge 13 maggio 1999, n. 133. «Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale»).Pag. 162
  La modifica introdotta dal Governo è dunque volta a sanare la violazione contestata, abrogando l'aliquota super ridotta per le piante aromatiche sopra richiamate.
  L'articolo 22 innalza dal 4 al 10 per cento l'aliquota IVA applicabile alle cessioni di preparazioni alimentari a base di riso (cosiddetti preparati per risotti) classificate alla voce 21.07.02 della Tariffa doganale comune in vigore al 31 dicembre 1987, attualmente alla voce 1904.9010 della Nomenclatura combinata vigente.
  La norma è, anch'essa finalizzata alla chiusura del caso EU Pilot 7293/15/TAXU, nell'ambito del quale la Commissione europea ha rilevato l'incompatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea del numero 9) della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, nella parte in cui prevede l'applicazione dell'aliquota super-ridotta del 4 per cento ai prodotti in questione, ciò in violazione dell'articolo 110 della direttiva 2006/112/CE, che consente di mantenere le aliquote inferiori al 5 per cento per le sole operazioni che al 1o gennaio 1991 già godevano di tale beneficio.
  La violazione è stata rilevata alla luce della circostanza che il numero 9) sopra citato è stato modificato, come nel caso precedente, per prevedere l'applicazione di detta aliquota, in data successiva al 1o gennaio 1991; in particolare, tale modifica è stata approvata con l'articolo 4, comma 3, lettera a), del decreto-legge 2 ottobre 1995, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 1995, n. 507.
  Pertanto, al fine di evitare l'apertura di una procedura d'infrazione, il comma 1 dell'articolo in commento prevede l'abrogazione della voce «ex 21.07.02» introdotta al numero 9) della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, che consentiva l'applicazione dell'aliquota al 4 per cento ai preparati per risotto.
  A seguito di tale abrogazione i prodotti in questione saranno assoggettati all'aliquota ridotta del 10 per cento, per effetto di quanto previsto al numero 80) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, che contempla le «preparazioni alimentari non nominate né comprese altrove (v.d. ex 21.07)».
  Si segnala infine che l'articolo 6, comma 3, del disegno di legge in esame sulla tassazione delle vincite da gioco provvede alla copertura dei relativi oneri mediante destinazione di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione in commento.
  L'articolo 23 è volto a sanare la procedura di cooperazione in materia di aiuti di Stato n. 11/2010 riguardante la concessione di presunti aiuti ai consorzi agrari in Italia, nell'ambito della quale la Commissione europea ha stabilito che le agevolazioni fiscali di cui godono i consorzi agrari in virtù del riconoscimento operato, a determinate condizioni, dall'articolo 9 della legge 23 luglio 2009, n. 99, quali società cooperative a mutualità prevalente, costituiscono un aiuto di Stato esistente.
  Si rammenta che, per le società cooperative a mutualità prevalente (purché aventi le caratteristiche dell'articolo 2511 e seguenti del codice civile, come modificati dalla riforma del diritto societario del 2003) le imposte sui redditi si applicano solo su una quota di utili netti annuali. In particolare (articolo 1, comma 460, della legge n. 311 del 2004, come modificato dal decreto-legge n. 138 del 2011): per le cooperative di consumo, la quota è del 65 per cento; per le cooperative agricole e della piccola pesca, la quota è del 20 per cento; per le altre cooperative a mutualità prevalente, la quota è del 40 per cento.
  A tali quote va aggiunto, per tutte le cooperative senza distinzione legata alla condizione di prevalenza ovvero al settore di attività, un'ulteriore quota del 3 per cento, derivante dall'assoggettamento ad Ires del 10 per cento delle somme destinate alla riserva minima obbligatoria delle cooperative, ossia il 30 per cento degli utili annuali (articolo 6, comma 1, del decreto-legge n. 63 del 2002, modificato dal decreto-legge n. 138 del 2011; in precedenza Pag. 163vi era una esenzione totale delle somme destinate alla riserva minima obbligatoria).
  L'articolo 9 della legge 23 luglio 2009, n. 99 ha consentito la costituzione dei consorzi agrari in società cooperative a mutualità prevalente ai sensi delle disposizioni del codice civile citate, indipendentemente dal rispetto dei criteri per la definizione della prevalenza stabiliti dall'articolo 2513, qualora prevedano nei propri statuti: a) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato; b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi; c) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori; d) l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (articolo 2514).
  Si ricorda che ai sensi dell'articolo 2512 sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, quelle che: 1) svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi; 2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci; 3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci. Le società cooperative a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci.
  La Commissione europea non ha ritenuto che ricorrano le deroghe previste dall'articolo 107 del TFUE e, in particolare, dei paragrafi 2 e 3, lettere a), c), d), e, per tale ragione, ha dato avvio alla procedura di cooperazione n. 11/2010, a norma dell'articolo 17 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, intesa alla revisione del regime di aiuti a favore dei consorzi agrari.
  L'articolo 107, paragrafo 1 del Trattato di funzionamento dell'UE stabilisce che salvo deroghe contemplate dal trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. Una misura nazionale costituisce pertanto un aiuto di Stato quando è finanziata dallo Stato ovvero mediante risorse statali, e selettiva, incide sugli scambi tra Stati membri e comporta un pregiudizio alla concorrenza.
  La Commissione ha ritenuto che la norma in commento norma presenta elementi che alterano il modello cooperativo mutualistico, soprattutto in virtù del fatto che più del 50 per cento della cifra d'affari o delle attività del consorzio agrario può essere generata o essere svolta con soggetti che non sono membri dello stesso, senza far venire meno l'applicazione del regime fiscale preferenziale riservato alle cooperative a mutualità prevalente. Ad avviso della Commissione, quindi, i consorzi agrari sembrano trovarsi in una situazione giuridica e fattuale analoga a quella di altre società che svolgono attività economiche simili.
  All'esito della predetta procedura di cooperazione, le Autorità italiane si sono impegnate alla revisione del precedente regime attraverso l'elaborazione della proposta normativa in esame.
  In particolare, il comma 1 dell'articolo in commento è volto a modificare l'articolo 1, comma 460, della legge n. 311 del 2004, portando dal 40 per cento al 50 per cento la quota di utili netti annuali soggetta a tassazione per i consorzi agrari di cui all'articolo 9 della legge 23 luglio 2009, n. 99.
  Tale percentuale corrisponderebbe sostanzialmente all'aiuto concedibile ai consorzi agrari nei limiti del de minimis.Pag. 164
  Il comma 2 stabilisce che le modifiche al regime fiscale dei consorzi agrari citate si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.
  L'articolo 29, inserito dal Senato, interviene sul trattamento fiscale delle attività di raccolta dei tartufi, sottoponendo a ritenuta i compensi corrisposti ai raccoglitori occasionali di tartufi e assoggettando i tartufi all'aliquota IVA del 10 per cento.
  Si ricorda che l'articolo 1, comma 109, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) ha previsto, nei confronti dei soggetti che effettuano nell'esercizio d'impresa acquisti di tartufi da raccoglitori dilettanti e occasionali non muniti di partita IVA, l'obbligo di emettere autofattura e di versare all'erario, senza diritto alla detrazione, l'IVA concernente le operazioni autofatturate.
  Dall'altro lato, le medesime disposizioni hanno consentito agli acquirenti di non dover indicare nell'autofattura le generalità del raccoglitore/cedente, che non è titolare di obblighi contabili.
  I cessionari sono inoltre obbligati a comunicare annualmente alle regioni di appartenenza la quantità del prodotto commercializzato e la provenienza territoriale dello stesso, sulla base delle risultanze contabili. I cessionari sono obbligati a certificare al momento della vendita la provenienza del prodotto, la data di raccolta e quella di commercializzazione.
  Nell'ambito della procedura EU Pilot 8123/15/TAXU, avviata a dicembre 2015, la Commissione europea intende valutare la conformità al diritto UE del regime IVA applicabile in Italia all'acquisto di tartufi presso raccoglitori dilettanti od occasionali, introdotto con l'articolo 1, comma 109, della legge 30 dicembre 2004 (legge finanziaria del 2005).
  In base a tale disposizione, i soggetti che nell'esercizio di impresa acquistano tartufi da raccoglitori dilettanti od occasionali non muniti di partita IVA sono tenuti ad emettere autofattura con le modalità e nei termini di cui all'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. I soggetti acquirenti omettono l'indicazione nell'autofattura delle generalità del cedente e sono tenuti a versare all'erario, senza diritto di detrazione, gli importi dell'IVA relativi alle autofatture. D'altro canto, la cessione di tartufo non obbliga il cedente raccoglitore dilettante od occasionale non munito di partita IVA ad alcun obbligo contabile.
  I rilievi della Commissione europea riguardano tre profili: in primo luogo, il cedente, ossia un «raccoglitore dilettante od occasionale non munito di partita IVA», non è un soggetto passivo ai fini dell'IVA e pertanto la cessione non dovrebbe rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva 2006/112/CE (cd. direttiva IVA). La misura in questione violerebbe quindi l'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della citata direttiva, il quale stabilisce che sono soggette all'IVA le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale; la negazione del diritto a detrazione dell'IVA sarebbe in contrasto con l'articolo 1, paragrafo 2, secondo comma della direttiva IVA, in base al quale «l'IVA, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all'aliquota applicabile al bene o servizio in questione, è esigibile previa detrazione dell'ammontare dell'imposta che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo»; in terzo luogo, non esisterebbe un quadro merceologico e fiscale del tartufo nella legislazione italiana, anche se il prodotto è considerato coltivabile secondo la legge 16 dicembre 1985, n. 752, che ne disciplina la raccolta e la commercializzazione. Il tartufo sarebbe esplicitamente escluso dai prodotti agricoli elencati nella tabella A allegata al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, con la conseguenza di essere escluso dal regime speciale per i produttori agricoli. La Commissione europea vorrebbe sapere in quale modo le autorità italiane spiegano questa esclusione.Pag. 165
  In particolare, il comma 1 dell'articolo 29 abroga il primo e il secondo periodo del descritto comma 109, eliminando quindi l'obbligo di autofatturazione per gli acquirenti di tartufi da raccoglitori dilettanti od occasionali non muniti di partita IVA (lettera a)).
  Viene inoltre eliminato il riferimento al raccoglitore dilettante al terzo periodo del comma 109, ferma restando la disposizione che esenta il cedente raccoglitore occasionale non munito di partita IVA da obblighi contabili (lettera b)).
  Il comma 2 inserisce il nuovo articolo 25-quater nel decreto IVA (decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973), volto a sottoporre a ritenuta i compensi corrisposti ai raccoglitori occasionali di tartufi.
  Ai sensi del comma 1 del nuovo articolo 25-quater, gli acquirenti nell'esercizio d'impresa applicano ai compensi corrisposti ai raccoglitori occasionali di tartufi non identificati ai fini dell'imposta sul valore aggiunto una ritenuta a titolo d'imposta, con obbligo di rivalsa.
  La ritenuta si applica all'aliquota fissata dall'articolo 11 del Testo unico delle imposte sui redditi (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) per il primo scaglione di reddito – pari al 23 per cento – ed è commisurata all'ammontare dei corrispettivi pagati ridotto del 22 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese di produzione del reddito.
  Il comma 3 dell'articolo in commento inserisce i tartufi nella tabella A, parte III, allegata al decreto IVA, relativa ai beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento; il nuovo numero 20-bis) comprende «tartufi freschi, refrigerati o presentati immersi in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze atte ad assicurarne temporaneamente la conservazione, ma non specialmente preparati per il consumo immediato»; conseguentemente, è soppressa l'esclusione del tartufo ai numeri 21 e 70 riguardanti gli ortaggi e le piante mangerecce.
  Il comma 4 prevede che le nuove disposizioni si applicano alle operazioni effettuate a decorrere dal 1o gennaio 2017.
  Ai sensi del comma 5, alle minori entrate, valutate in 2.660.000 euro per l'anno 2017, in 1.960.000 euro per l'anno 2018 e in 2.200.000 euro a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante riduzione del Fondo per il recepimento della normativa europea (articolo 41-bis della legge n. 234 del 2012).
  L'articolo 31 introduce l'obbligo per ciascun cacciatore di annotare, subito dopo l'abbattimento, sul proprio tesserino venatorio la fauna selvatica stanziale e migratoria abbattuta, a tal fine modificando l'articolo 12 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio».
  Secondo la relazione illustrativa allegata al disegno di legge la disposizione in commento è finalizzata alla chiusura di una parte del caso EU Pilot 6955/14/ENVI, avviato dalla Commissione europea nell'ottobre del 2014, con una richiesta di informazioni sull'attività di monitoraggio del prelievo venatorio in Italia e sull'impatto che tale prelievo esercita, in particolare con riferimento alle specie in cattivo stato di conservazione.
  L'articolo 12 della legge n. 157 del 1992 prevede che l'attività venatoria possa essere esercitata: dai maggiorenni; muniti di licenza di porto di fucile per uso di caccia; con polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi, derivante dall'uso delle armi o degli arnesi utili all'attività venatoria, nonché con polizza assicurativa per infortuni correlata all'esercizio dell'attività venatoria.
  La licenza di porto di fucile per uso di caccia ha validità su tutto il territorio nazionale e consente l'esercizio venatorio nel rispetto della legge 157/1992 e delle norme emanate dalle regioni.
  Al comma 12 si prevede che per l'esercizio dell'attività venatoria è necessario, altresì, il possesso di un apposito tesserino rilasciato dalla regione di residenza, ove sono indicate le specifiche norme inerenti il calendario regionale, nonché le forme di esercizio dell'attività venatoria previste al comma 5 (con l'arco o con il falco, vagante in zona Alpi, da appostamento fisso e Pag. 166nell'insieme delle altre forme di attività venatoria consentite dalla legge n. 157 e praticate nel rimanente territorio destinato all'attività venatoria programmata) e gli ambiti territoriali di caccia ove è consentita l'attività venatoria.
  Per l'esercizio della caccia in regioni diverse da quella di residenza è necessario che, a cura di quest'ultima, vengano apposte sul predetto tesserino le indicazioni sopramenzionate.
  Nell'ambito del sistema EU Pilot, la Commissione europea ha inviato all'Italia una richiesta di chiarimenti sulla non corretta applicazione di alcune disposizioni della direttiva 2009/147/CE concernente la conservazione degli uccelli selvatici (caso EU Pilot 6955/14/ENVI).
  In particolare, le attività venatorie praticate in diverse regioni italiane non sarebbero compatibili con la normativa dell'UE dal momento che alcune specie di uccelli selvatici sarebbero cacciate in fase di migrazione pre-nuziale e diverse specie di uccelli in cattivo stato di conservazione sarebbero cacciate in assenza di piani di gestione o di conservazione.
  L'articolo 7 della direttiva 2009/147/CE stabilisce, infatti, che alcune specie di uccelli (indicate all'allegato II alla direttiva) possano essere oggetto di atti di caccia nel quadro della legislazione nazionale. Gli Stati membri devono, tuttavia, fare in modo che la caccia di queste specie non pregiudichi le azioni di conservazione intraprese nella loro area di distribuzione. Essi provvedono in particolare a che le specie alle quali si applica la legislazione sulla caccia non siano cacciate durante il periodo della nidificazione né durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza degli uccelli né, per quanto riguarda le specie migratrici, durante il ritorno al luogo di nidificazione. Per quanto riguarda le specie in cattivo stato di conservazione, nella Guida alla disciplina della caccia nell'ambito della direttiva sulla conservazione degli uccelli selvatici, la Commissione europea raccomanda che la caccia sia autorizzata nell'ambito di un piano di gestione adeguato, che preveda anche la conservazione degli habitat nonché altre misure in grado di rallentare e di invertire la tendenza al declino della specie in questione.
  Per quanto riguarda la caccia in fase di migrazione pre-nuziale, a seguito dei rilievi della Commissione europea e su sollecitazione del Governo, alcune regioni hanno modificato il calendario venatorio, anticipando la chiusura della caccia al 20 gennaio invece che al 31 gennaio al fine di rispettare le date indicate nel documento Key Concepts per la riproduzione e la migrazione prenuziale delle specie in oggetto. Nei confronti delle regioni che non hanno ritenuto di modificare i calendari venatori 2014/2015, il Governo ha esercitato i poteri sostitutivi, anticipando la chiusura della caccia; tuttavia, le regioni hanno comunicato di non volersi uniformare a tale decisione e di voler continuare ad autorizzare la caccia fino al 31 gennaio, rilevando la necessità di un aggiornamento del Key Concepts sulla base di dati scientifici più attendibili e più aggiornati.
  Sulla base di tali elementi, la Commissione europea, pur apprezzando l'esercizio del potere sostitutivo straordinario da parte del Governo, ritiene preferibile un intervento normativo che modifichi l'articolo 18 della legge n. 157/1992, fissando al 20 gennaio invece che al 31 gennaio la chiusura della caccia per le specie in questione.
  Benché in un primo momento fosse stato preannunciato l'inserimento di tale intervento normativo nel disegno di legge europea 2015, il 15 gennaio 2016 il Consiglio dei ministri ha invece preferito deliberare, anche per il calendario venatorio 2015/2016, l'esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti delle regioni Toscana, Calabria, Liguria, Marche, Puglia, Lombardia e Umbria, disponendo la modifica del loro calendario venatorio sulla base dei rilievi della Commissione europea.
  Per quanto riguarda la caccia delle specie in cattivo stato di conservazione, secondo la Commissione europea le informazioni fornite dal Governo italiano avrebbero confermato che 19 specie sono Pag. 167cacciate in assenza di piani di gestione e che il prelievo venatorio così come disciplinato dalla regioni non consente la raccolta di dati sui carnieri realizzati né altri dati per consentire di valutarne la consistenza. Su tale argomento la Commissione europea condivide i principi e le restrizioni proposti nella sua Guida alla stesura dei calendari venatori dall'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale), che peraltro ha espresso in più casi parere contrario ai calendari venatori sottoposti dalle regioni. La soluzione proposta dalla Commissione europea è quella di rendere vincolanti i pareri dell'ISPRA sui calendari venatori regionali, in particolare per quanto riguarda le specie in cattivo stato di conservazione. Di contrario avviso il Governo, perché così facendo si attribuirebbe ad un organo tecnico scientifico indipendente, a sostegno di un'amministrazione pubblica, un potere decisionale non compatibile con la sua natura giuridica. Il Governo ha invece sollecitato l'ISPRA a produrre piani di gestione per le specie in questione.
  Un'ulteriore criticità rilevata dalla Commissione europea riguarda la diversa regolamentazione applicata dalle regioni per l'annotazione dei capi abbattuti nel tesserino venatorio, a seconda che si tratti di specie stanziali (annotazione prevista subito dopo l'abbattimento) o di specie migratorie (annotazione prevista alla fine della giornata di caccia). La Commissione europea ritiene che tale differenziazione (come avrebbe rilevato anche l'ISPRA) renda più difficili le operazioni di controllo e riduca l'affidabilità dei dati raccolti. Pertanto ha richiesto di modificare il testo della legge n. 157/92, prevedendo per tutte le specie l'annotazione dopo l'abbattimento, e di raccogliere in maniera tempestiva e completa tutti i dati sui carnieri realizzati. Su tale aspetto il Governo ha convenuto con la richiesta della Commissione europea, da un lato inserendo con il presente articolo la modifica proposta, e dall'altro sollecitando le regioni a trasmettere i dati.
  In considerazione dei rilievi avanzati dalla Commissione europea, la modifica introdotta dal Governo interviene a risolvere soltanto una parte del caso EU Pilot in questione. Si riserva quindi di predisporre una proposta di relazione all'esito del dibattito in Commissione.

  Luca SANI (PD), presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.25.

RISOLUZIONI

  Martedì 24 maggio 2016. — Presidenza del presidente Luca SANI. – Interviene il sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione.

  La seduta comincia alle 14.25.

7-00497 Gallinella: Sulle competenze e sulle funzioni svolte da AGEA.
(Seguito discussione e rinvio).

7-00736 Zaccagnini: Sulle competenze e sulle funzioni svolte da AGEA.
(Discussione e rinvio).

7-00993 Antezza: Sulle competenze e sulle funzioni svolte da AGEA.
(Discussione e rinvio).

  Luca SANI, presidente, comunica che il gruppo M5S e il gruppo del PD hanno chiesto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata anche mediante trasmissione con impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione. Ricorda che la discussione della risoluzione è iniziata il 25 febbraio 2015. Sono poi state svolte le audizioni del direttore dell'AGEA, Stefano Antonio Sernia, e dei rappresentanti del Sistema informatico nazionale per lo sviluppo dell'agricoltura (SIN). Avviso, inoltre, Pag. 168che sono state presentate le risoluzioni 7-00736 Zaccagnini e 7-00993 Antezza, aventi il medesimo oggetto. Propone pertanto che, se non vi sono obiezioni, le risoluzioni siano trattate congiuntamente.

  La Commissione approva.

  Maria ANTEZZA (PD), visto che le ultime audizioni sull'argomento risalgono al 2015, chiede di procedere a un nuovo ciclo di audizioni.

  Giuseppe L'ABBATE (M5S) concorda con la collega Antezza, ritenendo utile ascoltare in audizione anche il Ministro Martina.

  Luca SANI, presidente, fa presente che tali richieste saranno esaminate nel corso del prossimo ufficio di presidenza della Commissione. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito della discussione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.