CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 24 maggio 2016
647.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Martedì 24 maggio 2016. — Presidenza del vicepresidente Paolo PETRINI. – Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 10.35.

Disciplina dei partiti politici.
Testo unificato C. 2839 e abb.

(Parere alla I Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Emanuele LODOLINI (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, ai fini del parere alla I Commissione Affari costituzionali, il testo unificato, adottato dalla I Commissione il 5 maggio 2016 come testo base, delle proposte di legge C. 2839 Marco Meloni, C. 3004 Fontanelli, C. 3006 Formisano, C. 3147 Lorenzo Guerini, C. 3172 Palese, C. 3438 Roberta Agostini, C. 3494 Zampa, C. 3610 D'Alia, C. 3663 Roccella, C. 3693 Centemero, C. 3694 Carloni, C. 3708 Gigli, C. 3724 Quaranta, C. 3731 Mazziotti Di Celso, C. 3732 Toninelli, C. 3733 D'Attorre, C. 3735 Mucci e C. 3740 Vargiu, recante disciplina dei partiti politici, come risultante dagli emendamenti Pag. 76approvati dalla Commissione in sede referente.
  Osserva in primo luogo come il testo unificato sia finalizzato a promuovere la trasparenza e la partecipazione democratica dei partiti politici, proseguendo nella linea dei due provvedimenti approvati negli ultimi anni: la legge n. 96 del 2012, che ha introdotto diverse norme in materia di trasparenza dei bilanci dei partiti e del decreto-legge n. 149 del 2013, il quale ha abrogato la contribuzione pubblica diretta per la politica e ha proseguito l'opera di trasparenza.
  A tale proposito ricorda che il decreto-legge n. 149 del 2013 ha abrogato il finanziamento pubblico diretto dei partiti politici e lo ha sostituito con un nuovo sistema di finanziamento basato sulle detrazioni fiscali delle donazioni private (regolato dall'articolo 11 del decreto-legge n. 149) e sulla destinazione volontaria del due per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (regolato dall'articolo 12 del decreto-legge n. 149), con un limite di spesa annuale.
  Per quanto riguarda il regime delle detrazioni fiscali per le erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti politici, a partire dal 2014 la detrazione spetta per le erogazioni liberali effettuate ai partiti iscritti nella prima sezione dell'apposito registro (di cui all'articolo 4 del decreto-legge n. 149) e per le erogazioni effettuate ai partiti e alle associazioni promotrici dei partiti, prima della loro iscrizione nel suddetto registro, purché essi iscritti entro la fine dell'esercizio.
  Per quanto riguarda le persone fisiche, le erogazioni liberali da 30 a 30.000 euro usufruiscono della detrazione del 26 per cento.
  Le norme del decreto-legge n. 149 tengono ferma la detraibilità, a decorrere dall'anno di imposta 2007, delle erogazioni in denaro a favore di partiti effettuate esclusivamente tramite bonifico bancario o postale e tracciabili secondo la normativa antiriciclaggio. Detta detraibilità segue le disposizioni dell'articolo 15, comma 1-bis, del Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986.
  Il richiamato comma 1-bis dell'articolo 15 del TUIR, modificato dall'articolo 7, comma 1, della legge n. 96 del 2012, stabilisce che dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 24 per cento, per l'anno 2013, e al 26 per cento, a decorrere dall'anno 2014, delle erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti e dei movimenti politici che abbiano presentato liste o candidature elettorali alle elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati o del Senato della Repubblica o dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, oppure che abbiano almeno un rappresentante eletto a un consiglio regionale o ai consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano, per importi compresi fra 50 e 10.000 euro annui, a condizione che siano effettuate mediante versamento bancario o postale.
  La precedente formulazione (cioè quella in vigore dal 2007 al 2012) prevedeva una detrazione pari al 19 per cento per le erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti e movimenti politici per importi compresi tra 100.000 e 200 milioni di lire effettuate mediante versamento bancario o postale.
  Le società soggette a IRES possono detrarre dalle imposte sui redditi un importo pari al 26 per cento delle erogazioni liberali per gli importi tra 30 e 30.000 euro.
  Sono escluse dall'agevolazione le seguenti tre tipologie di enti:
   enti nei quali vi sia una partecipazione pubblica;
   gli enti i cui titoli siano negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, ovvero le società ed enti che controllano, direttamente o indirettamente, i predetti soggetti, ovvero ne siano controllati o siano controllati dalla stessa società o ente che controlla i soggetti medesimi;
   le società concessionarie dello Stato o di enti pubblici, limitatamente alla durata del rapporto di concessione.

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  I versamenti detraibili devono essere eseguiti mediante banca o ufficio postale, ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento delle imposte con mezzi diversi dal contante previsti a legislazione vigente, ovvero secondo ulteriori modalità, idonee a garantire la tracciabilità dell'operazione e l'identificabilità dell'autore e a consentire all'amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli.
  Per quanto riguarda invece il regime del due per mille in favore dei partiti politici il limite massimo di spesa per il due per mille era fissato dal decreto-legge n. 149 in: 7,75 milioni di euro per il 2014; 9,6 milioni per il 2015; 27,7 milioni, per il 2016; 45,1 milioni, dal 2017. La legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015, articolo 1, comma 602) ha ridotto per il 2016 e per il 2017 il limite di spesa portandolo a 17,1 milioni nel 2016 e a 25,1 milioni dal 2017. La ripartizione tra i vari partiti del gettito derivante dal due per mille dell'IRPEF relativo alle dichiarazioni del 2015 è indicata nella tabella allegata, redatta dal Dipartimento delle Finanze del MEF.
  Con il DPCM del 28 maggio 2014 sono stati definiti i criteri di ripartizione e le modalità attraverso le quali i contribuenti possono destinare il due per mille del proprio IRPEF a una formazione politica. Il meccanismo di finanziamento volontario ha preso il via dalle dichiarazioni dei redditi 2014 (anno d'imposta 2013), in riferimento alle quali è stato predisposto uno specifico modulo con i nomi dei partiti ammessi alla contribuzione. Anche coloro che, pur essendo titolari di reddito, non sono tenuti alla presentazione di Unico Pf o 730 possono presentare soltanto la scheda relativa al due per mille nei termini previsti per la dichiarazione annuale. Dal 2015 (anno d'imposta 2014) esiste uno stampato unico per il 2, il 5 e l'8 per mille.
  Per esprimere la scelta a favore di uno dei partiti politici destinatari della quota del due per mille dell'IRPEF, il contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro della scheda, indicando nell'apposita casella il codice del partito prescelto. La scelta deve essere fatta esclusivamente per uno solo dei partiti politici beneficiari.
  Per beneficiare di tale forma di finanziamento i partiti devono essere iscritti nel registro nazionale e devono aver avuto almeno un candidato eletto sotto il proprio simbolo nell'ultima consultazione elettorale per il Senato, la Camera o il Parlamento europeo (seconda sezione del registro di cui all'articolo 4 del decreto- legge n. 149 del 2013). Possono essere destinatari del due per mille anche i partiti politici iscritti nel registro cui dichiari di fare riferimento un gruppo parlamentare costituito in almeno una delle Camere secondo le norme dei rispettivi regolamenti, ovvero una singola componente interna al Gruppo misto.
  In caso di mancata effettuazione della scelta da parte del contribuente, le risorse restano acquisite all'erario (a differenza di quanto accade nella disciplina dell'otto per mille, destinato alle confessioni religiose). Qualora le somme risultanti dalla ripartizione delle scelte operate dai contribuenti siano complessivamente superiori al limite di spesa annuale, gli importi dovuti a ciascun partito sono proporzionalmente ridotti. Qualora invece tali somme risultino inferiori al limite di spesa, le risorse eccedenti sono destinate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato (ai sensi dell'articolo 17 del decreto-legge n. 149 del 2013).
  Rammenta inoltre che per il 2016 i contribuenti possono destinare il due per mille dell'IRPEF a favore di una associazione culturale iscritta in un elenco appositamente istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (articolo 1, comma 985, della legge n. 208 del 2015). La nuova opzione, prevista dalla legge di stabilità 2016, non è alternativa al due per mille ai partiti politici, ma si aggiunge ad essa. Nel decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 aprile 2016, sono stabilite le regole e i criteri di applicazione della norma.
  In tale contesto normativo, le nuove disposizioni introdotte dal testo unificato Pag. 78rendono più stringenti gli obblighi di trasparenza e ne rendono possibile l'applicazione anche nei confronti dei partiti non registrati e che, pertanto, non usufruiscono dei benefici previsti dalla legge.
  Passando al contenuto del provvedimento, che si compone di 9 articoli, l'articolo 1 indica le finalità dell'intervento legislativo, che intende promuovere la trasparenza dell'attività di partiti, movimenti e gruppi politici organizzati, onde favorire la partecipazione dei cittadini alla vita politica.
  Illustra quindi l'articolo 2, il quale, ai commi 1 e 2, reca norme di principio. In particolare il comma 1, modificato nel corso l'esame in sede referente, sancisce il diritto dei cittadini hanno ad associarsi liberamente in partiti, movimenti o gruppi politici organizzati per concorrere alla formazione dell'indirizzo politico, all'elaborazione di programmi per il governo nazionale e locale, nonché alla selezione e al sostegno di candidati alle elezioni per le cariche pubbliche, nel rispetto del principio della parità di genere, in conformità alla Costituzione e ai principi fondamentali dell'ordinamento democratico.
  Il comma 2, anch'esso modificato nel corso l'esame in sede referente, stabilisce che l'organizzazione e il funzionamento dei partiti, movimenti o gruppi politici organizzati sono improntati al principio della trasparenza e al metodo democratico, la cui osservanza è assicurata anche attraverso il rispetto delle disposizioni dell'intervento legislativo. In tale contesto la disposizione sancisce il diritto di tutti gli iscritti a partecipare, senza discriminazioni, alla determinazione delle scelte politiche che impegnano il partito.
  Il comma 3 reca disposizioni che integrano le norme recate dal decreto-legge n. 149 del 2013, con particolare riguardo al contenuto necessario degli statuti, con la finalità di rafforzare e valorizzare gli elementi volti ad assicurare una piena democraticità e trasparenza, quali le procedure di iscrizione, i diritti e doveri degli iscritti, le modalità di selezione dei candidati alle elezioni, le regole per l'istituzione e l'accesso all'anagrafe degli iscritti, i criteri di ripartizione delle risorse tra organi centrali e le eventuali articolazioni territoriali.
  Il comma 4, inserito durante l'esame in sede referente, prevede che, salvo diversa disposizione di legge, dello statuto o dell'accordo associativo, l'organizzazione e il funzionamento dei partiti, movimenti e gruppi politici organizzati sono regolati dalle norme che disciplinano le associazioni non riconosciute.
  Il comma 5, a sua volta introdotto durante l'esame in sede referente, prevede che la denominazione e il simbolo usati dai soggetti politici organizzati siano regolati dall'articolo 7 del codice civile (il quale disciplina la tutela del diritto al nome, stabilendo il ricorso il ricorso ai rimedi giudiziali nel caso di contestazioni all'uso del nome o di pregiudizio derivante dall'uso indebito del nome). In tale contesto viene specificato che, salvo diversa disposizione dello statuto o dell'accordo associativo: il partito, movimento o gruppo politico organizzato ha l'esclusiva titolarità della denominazione e del simbolo di cui fa uso; ogni modifica e ogni atto di disposizione o di concessione in uso della denominazione e del simbolo è di competenza dell'assemblea degli associati o iscritti.
  L'articolo 3, recante modifiche al testo unico per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, contiene norme di trasparenza in materia di partecipazione alle elezioni della Camera dei deputati.
  In particolare esso introduce, al comma 1, lettera a), modificata nel corso dell'esame in sede referente, un elemento di novità in materia di obblighi connessi alla presentazione delle liste in competizioni elettorali da parte dei partiti: attualmente la legge prescrive la presentazione, contestualmente a quella del contrassegno, anche dello statuto. Il testo unificato limita questo obbligo solo ai partiti che si sono registrati ai fini dei benefici economici in precedenza illustrati (2 per mille e detrazioni fiscali), previsti dal decreto-legge n. 149 del 2013. Pag. 79
  La trasparenza è comunque assicurata da un articolato meccanismo, definito «Elezioni trasparenti», che prevede innanzitutto l'obbligo di presentazione, in assenza dello statuto, di una «dichiarazione di trasparenza» con l'indicazione del legale rappresentante del partito, del soggetto che ha la titolarità del contrassegno depositato del partito, degli organi dello stesso e delle modalità di selezione delle candidature.
  La lettera b) del medesimo comma 1 disciplinata altresì la procedura per l'integrazione e l'eventuale opposizione nel caso in cui il Ministero dell'interno comunichi la mancanza nella dichiarazione di uno o più degli elementi richiesti, mentre la lettera c) stabilisce che in caso di mancato deposito dello statuto, ovvero della suddetta dichiarazione di trasparenza, le liste elettorali presentate dal partito o gruppo politico organizzato siano ricusate dall'Ufficio centrale circoscrizionale.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 4, modificato durante l'esame in sede referente, il quale introduce norme volte ad assicurare la piena trasparenza delle elezioni, prevedendo, in particolare, la pubblicazione, in un'apposita sezione del sito internet del Ministero dell'interno denominata «Elezioni trasparenti», dei seguenti elementi: il contrassegno depositato di ciascun partito o gruppo politico organizzato, indicando anche il soggetto che ha conferito il mandato per il deposito; lo statuto ovvero la dichiarazione di trasparenza di cui all'articolo 3; il programma elettorale, con l'indicazione della persona indicata come capo della forza politica; le liste di candidati presentate per ciascun collegio.
  In base all'articolo 5, comma 1, modificato nel corso dell'esame in sede referente, a fini di trasparenza degli organi, delle regole interne e delle modalità di selezione delle candidature prevede la pubblicazione, in un'apposita sezione del sito internet di ciascun partito politico denominata «Trasparenza», che rispetti i principi di elevata accessibilità, anche da parte delle persone disabili, di completezza di informazione, di chiarezza di linguaggio, di affidabilità e di semplicità di consultazione, dei seguenti elementi:
   lo statuto e il rendiconto di esercizio;
   la relazione sulla gestione e la nota integrativa, la relazione del revisore o della società di revisione, ove prevista, nonché il verbale di approvazione del rendiconto di esercizio da parte del competente organo del partito politico;
   i dati relativi alla situazione patrimoniale e di reddito dei titolari di cariche di Governo e dei membri del Parlamento;
   l'elenco dei beni immobili, mobili registrati e degli strumenti finanziari del partito, previsto dall'articolo 6, comma 1;
   le erogazioni di finanziamenti, contributi e servizi.

  Per quanto attiene ai partiti, i movimenti e i gruppi politici organizzati non iscritti nel Registro dei partiti politici che possono accedere ai benefici previsti dal decreto.legge n. 149 del 2013, di cui all'articolo 4 del medesimo decreto-legge n. 149, il comma 2, anch'esso modificato durante l'esame in sede referente, stabilisce che la pubblicazione nel rispettivo sito internet riguarda le procedure per l'approvazione degli atti che impegnano il partito, movimento o gruppo, il numero, la composizione e le attribuzioni degli organi deliberativi, esecutivi e di controllo, le relative modalità di elezione, la durata, le modalità di selezione delle candidature e l'organo dotato del potere di rappresentanza legale. La disposizione prevede inoltre la pubblicazione del soggetto titolare del simbolo del partito, movimento o gruppo politico organizzato; se il soggetto titolare del simbolo è diverso dal partito, movimento o gruppo politico organizzato, si stabilisce che siano pubblicati anche i documenti che abilitano il partito, movimento o gruppo politico organizzato a utilizzare il simbolo.
  Il comma 3, introdotto durante l'esame in sede referente, stabilisce l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria Pag. 80da 5.000 a 15.000 euro nel caso di inadempimento dell'obbligo di pubblicazione previsto dal comma 2.
  L'articolo 6, recante norme in materia di trasparenza dei finanziamenti, contributi, beni o servizi, prevede, ai commi 1 e 9, modificati durante l'esame in sede referente, la pubblicazione nella già richiamata sezione del sito internet di ciascun partito politico, movimento o gruppo politico organizzato, denominata «Trasparenza» l'elenco, aggiornato entro il 15 luglio di ogni anno, dei beni di cui sono intestatari i partiti, comprensivo dei beni immobili, dei beni mobili registrati e, per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, degli strumenti finanziari, indicati dall'articolo 1, comma 2, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998; le erogazioni di finanziamenti, di contributi e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro annui, con l'indicazione del nome del soggetto erogante, del relativo ammontare e dell'anno in cui è stata percepita.
  Il comma 1-bis, introdotto durante l'esame in sede referente, prevede che, in caso di inadempimento totale o parziale dell'obbligo di pubblicazione di cui al comma 1 o in caso di mancato aggiornamento dei dati, la Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 15.000.
  In base al comma 2, per le erogazioni annuali superiori a 5.000 euro è fatto obbligo di effettuare una dichiarazione congiunta da parte del soggetto erogante e di quello ricevente.
  In tale ambito, ancora con riferimento ai profili di interesse della Commissione Finanze, richiama l'ultimo periodo del comma 2, il quale specifica che le disposizioni del comma 2 in materia di dichiarazione congiunta non si applicano a tutti i finanziamenti direttamente concessi da istituti di credito o da aziende bancarie, alle condizioni fissate dagli accordi interbancari.
  Il comma 3, modificato durante l'esame in sede referente, specifica inoltre che le disposizioni del comma 2 si applicano alle erogazioni effettuate in favore di partiti, movimenti o gruppi politici organizzati, gruppi parlamentari, membri (e candidati) del Parlamento nazionale, membri (e candidati) del Parlamento europeo spettanti all'Italia, consiglieri regionali, provinciali, metropolitani e comunali (e candidati), titolari di cariche di presidenza, segreteria, direzione politica e amministrativa nei partiti e movimenti politici, nonché in favore di coloro che sono indicati come capo della forza politica.
  Il comma 4 stabilisce che, nel caso di erogazioni in favore di candidati alle cariche di parlamentare nazionale o europeo, di consigliere regionale, provinciale, metropolitano o comunale, ovvero effettuate da parte di soggetti residenti o domiciliati all'estero, è possibile sostituire la dichiarazione congiunta con l'attestazione del solo beneficiario mediante autocertificazione.
  Per quanto riguarda gli aspetti attinenti alle materie di interesse della Commissione Finanze, segnala il comma 5, in base al quale le erogazioni annuali di importo superiore a 5.000 euro, effettuate in favore dei partiti, movimenti e gruppi politici organizzati, qualora realizzate con mezzi di pagamento che consentano di garantire la tracciabilità dell'operazione e l'esatta identità dell'autore, possono essere dichiarate mediante attestazione del rappresentante legale o del tesoriere del partito, recante l'elenco dei soggetti che hanno effettuato le erogazioni, l'importo corrispondente e, in allegato, la documentazione contabile relativa alle erogazioni medesime.
  In base ai commi 6 e 7, modificati durante l'esame in sede referente, le dichiarazioni congiunte e le attestazioni sono comunicate alla Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici entro tre mesi dalla percezione dell'erogazione; è altresì previsto che la Commissione garantisca a tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali della Camera il diritto a conoscere Pag. 81le erogazioni; la disposizione specifica peraltro che le erogazioni di importo complessivo annuo compreso tra euro 5.000 ed euro 15.000 possono essere oggetto di accesso esclusivamente previo consenso del soggetto erogante.
  Il comma 8, modificato nel corso dell'esame in sede referente, integrando la legge n. 2 del 1997, recante norme per la regolamentazione della contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici, introduce, per le erogazioni di importo inferiore a 5.000 euro, l'obbligo di pubblicazione, nella relazione allegata al rendiconto, sulla base di aggregazioni che diano conto della relativa provenienza.
  Il comma 9, anch'esso modificato nel corso dell'esame in sede referente, dispone che, per le erogazioni di importo complessivo annuo compreso tra i 5.000 e i 15.000 euro, la pubblicazione sulla citata sezione del sito internet del partito, movimento o gruppo politico organizzato, può essere effettuata solo previo consenso del soggetto erogante. Viene specificato inoltre che la pubblicazione perdura sino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'erogazione è stata effettuata.
  I commi 10 e 11 prevedono che, nel caso di mancata comunicazione, entro il 15 luglio di ciascun anno (secondo la modifica apportata durante l'esame in sede referente,), alla Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, di un'attestazione, da parte dei rappresentanti legali o tesorieri dei partiti, movimenti o gruppi, dell'avvenuta pubblicazione sul sito internet delle predette erogazioni, si applica una sanzione pecuniaria pari a 30.000 euro, ovvero, nel caso di pubblicazione parziale, una sanzione pari alla differenza dei due importi.
  Inoltre il comma 12 prevede che l'inadempimento dell'obbligo di pubblicazione sul sito internet, ovvero la dichiarazione di somme o valori inferiori al vero, è punito con una multa e con la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici.
  Il comma 13, inserito durante l'esame in sede referente, precisa che, ai fini degli obblighi di stabiliti dall'articolo 5, comma 2, nonché dai commi 1, 9, 10 e 11 dell'articolo 6, per partiti, movimenti o gruppi politici organizzati si intendono quelli iscritti nel registro dei partiti politici ovvero che abbiano eletto almeno un rappresentante alla Camera dei deputati all'inizio della legislatura o che, nel corso della medesima, abbiano costituito un gruppo parlamentare o una componente politica interna al Gruppo misto.
  Il comma 14, anch'esso inserito durante l'esame in sede referente, stabilisce che ciascun partito, movimento o gruppo politico organizzato può essere collegato formalmente a fondazioni o associazioni legate a partiti o movimenti politici, di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 149 del 2013, e che i rapporti tra il partito, movimento o gruppo politico organizzato e le fondazioni o associazioni ad esso formalmente collegate devono conformarsi ai principi di trasparenza, autonomia finanziaria e separazione contabile.
  L'articolo 7, modificato durante l'esame in sede referente, contiene disposizioni finalizzate alla promozione dello svolgimento delle attività politiche in favore dei partiti, movimenti o gruppi politici organizzati iscritti nel citato Registro dei partiti politici che possono accedere ai benefici previsti dal decreto-legge n. 149 del 2013, previsto dall'articolo 4 del medesimo decreto-legge n. 149, prevedendo che gli enti territoriali, previa disciplina della materia con apposito regolamento, anche attraverso convenzioni con istituzioni pubbliche e private, possono fornire beni o servizi.
  Inoltre è previsto che gli enti territoriali possano stipulare convenzioni per la messa a disposizione di locali per lo svolgimento di riunioni, assemblee, convegni o altre iniziative finalizzate allo svolgimento dell'attività politica. In tale contesto si prevede che le spese di manutenzione e funzionamento dei predetti locali, per l'utilizzo in tali occasioni, siano a carico dei partiti, secondo tariffari definiti dalle amministrazioni locali.Pag. 82
  L'articolo 7-bis, inserito nel corso dell'esame in sede referente, modifica l'ambito di applicazione dell'articolo 9 della legge n. 96 del 2012, in materia di trasparenza e controlli sui rendiconti dei partiti e movimenti politici.
  In particolare è previsto che l'obbligo di avvalersi a tali fini di una società di revisione si applichi a tutti i partiti e movimenti politici che abbiamo almeno un rappresentante eletto alla Camera, al Senato o al Parlamento europeo; viene invece eliminato il riferimento ai partiti e movimenti politici che abbiano conseguito almeno il due per cento dei voti validi espressi nelle elezioni per il rinnovo della Camera, nonché il riferimento ai partiti e movimenti politici che abbiano almeno un rappresentante eletto in un consiglio regionale o nei consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano.
  L'articolo 8, modificato durante l'esame in sede referente, interviene sulle sanzioni in materia di trasparenza ed obblighi di rendicontazione dei partiti politici, introducendo la previsione della sanzione amministrativa pecuniaria.
  In particolare tale nuova sanzione si applica:
   a) nei casi di mancato rispetto degli obblighi di rendicontazione contabile dei partiti, o omessa pubblicazione nel proprio sito internet degli statuti dei partiti, del rendiconto di esercizio corredato della relazione sulla gestione e della nota integrativa, della relazione del revisore o della società di revisione, ove prevista, del verbale di approvazione del rendiconto di esercizio da parte del competente organo del partito politico, nonché dei dati relativi alla situazione patrimoniale e di reddito dei titolari di cariche di Governo e dei membri del Parlamento;
   b) nei casi di omissione di dati nel rendiconto di esercizio del partito ovvero dichiarazione di dati difformi rispetto alle scritture e ai documenti contabili;
   c) qualora una o più voci del rendiconto del partito non siano rappresentate in conformità al modello previsto in materia dalla legge n. 2 del 1997;
   d) qualora nella relazione sulla gestione del partito e nella relativa nota integrativa si sia omesso di indicare, in tutto o in parte, le informazioni previste, o queste non siano rappresentate in forma corretta o veritiera.

  L'articolo 9 dispone l'abrogazione, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, di talune norme in materia di trasparenza dei finanziamenti ai partiti politici che risulterebbero superate dalle nuove previsioni in merito recate dall'articolo 6, nonché di una norma in materia di messa a disposizione di locali in favore dei partiti che risulterebbe superata dalle previsioni dell'articolo 7.
  Si tratta, in particolare, delle seguenti disposizioni:
   a) i commi terzo, quarto, quinto dell'articolo 4 della legge n. 659 del 1981, i quali stabiliscono che i finanziamenti o contributi di importo superiore a 5.000 euro annui, erogati ai partiti politici, loro articolazioni politico-organizzative o gruppi parlamentari, a parlamentari nazionali ed europei, consiglieri regionali, provinciali e comunali e candidati a tali cariche, gruppi interni ai partiti politici e organi di vertice dei partiti stessi a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale, il soggetto erogante ed il soggetto che li riceve sono tenuti a farne dichiarazione congiunta entro tre mesi, depositata presso la Presidenza della Camera dei deputati;
   b) il secondo comma dell'articolo 8 della legge n. 441 del 1982, il quale stabilisce che tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati hanno altresì diritto di conoscere le dichiarazioni previste dal già citato terzo comma dell'articolo 4 della legge n. 659 (di cui la lettera a) dell'articolo 9 propone l'abrogazione);
   c) l'articolo 8 della legge n. 96 del 2012, il quale prevede che gli enti locali, anche attraverso convenzioni con gli istituti scolastici e con altre istituzioni pubbliche e private, possono mettere a disposizione dei partiti e dei movimenti politici, Pag. 83di cui alla presente legge, locali per lo svolgimento di riunioni, assemblee, convegni o altre iniziative finalizzate allo svolgimento dell'attività politica;
   d) il comma 3 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 149 del 2013, il quale stabilisce che per i finanziamenti o ai contributi in favore dei partiti politici iscritti nel Registro dei partiti che possono accedere ai benefici previsti di cui all'articolo 4 del medesimo decreto-legge n. 149, che non superino nell'anno l'importo di euro 100.000, effettuati con mezzi di pagamento diversi dal contante che consentano di garantire la tracciabilità dell'operazione e l'esatta identità dell'autore, non si applicano le disposizioni del già richiamato terzo comma dell'articolo 4 della legge n. 659 del 1981 (che la lettera a) dell'articolo 9 propone di sopprimere): in tale caso i rappresentanti legali dei partiti beneficiari delle erogazioni sono tenuti a trasmettere entro tre mesi alla Presidenza della Camera dei deputati l'elenco dei soggetti che hanno erogato finanziamenti o contributi di importo superiore, nell'anno, a euro 5.000, e la relativa documentazione contabile. La disposizione di cui si propone l'abrogazione prevede inoltre che l'elenco dei soggetti che hanno erogato i predetti finanziamenti o contributi e i relativi importi sono pubblicati nel sito internet ufficiale del Parlamento italiano, nonché nel sito internet del partito politico.

  Paolo PETRINI, presidente, avverte che, essendo previsto l'inizio della discussione in Assemblea sul provvedimento nella giornata di giovedì 26 maggio, la I Commissione concluderà l'esame in sede referente nella giornata di domani: pertanto la Commissione dovrà esprimere il parere su di esso entro domani.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già prevista per la giornata di domani, nel corso della quale sarà posta in votazione la proposta di parere che sarà formulata dal relatore.

Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione.
C. 3773 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla I Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Paolo PETRINI, presidente e relatore, in sostituzione del relatore, Bernardo, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, ai fini dell'espressione del parere alla I Commissione Affari costituzionali, il disegno di legge C. 3773, approvato dal Senato, recante norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione.
  Rileva innanzitutto come il disegno di legge intenda regolare i rapporti tra lo Stato Italiano e l'Istituto Buddista italiano Soka Gakkai, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, sulla base dell'intesa allegata, la quale è stata stipulata il 27 giugno 2015.
  Al riguardo rammenta che i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose non cattoliche (o acattoliche) sono regolati dall'articolo 8 della Costituzione, che sancisce il principio di eguale libertà di tutte le confessioni religiose. Viene riconosciuto alle confessioni non cattoliche l'autonomia organizzativa sulla base di propri statuti, a condizione che questi non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano ed è posto il principio che i rapporti delle confessioni con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze. Pag. 84
  Il principio della regolazione con Intesa è stato attuato solamente a partire dalla metà degli anni ’80 e riguarda alcune delle varie confessioni presenti in Italia rappresentate da: la Tavola Valdese, le Assemblee di Dio in Italia, la Chiesa Cristiana Avventista del 7o giorno, l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, l'Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia, la Chiesa Evangelica Luterana in Italia, la Sacra Arcidiocesi Ortodossa d'Italia ed Esarcato per l'Europa Meridionale, la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni, la Chiesa Apostolica in Italia, l'Unione Buddhista italiana e l'Unione Induista Italiana.
  Attualmente, la disciplina riguardante le confessioni non cattoliche presenti in Italia è diversa a seconda che queste abbiano o meno proceduto alla stipulazione di una intesa con lo Stato. Per le confessioni prive di intesa, tra cui ad oggi l'Istituto Buddista italiano Soka Gakkai, è tuttora applicata la legge sui «culti ammessi» (legge n. 1159 del 1929) e il relativo regolamento di attuazione. Per le confessioni che hanno stipulato un'intesa con lo Stato italiano cessano di avere efficacia le norme della richiamata legge, che sono sostituite dalle disposizioni contenute nelle singole intese.
  Passando al contenuto del provvedimento, il quale si compone di 26 articoli, l'articolo 1 stabilisce che la legge di approvazione dell'intesa regola i rapporti tra lo Stato e l'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai sulla base dell'intesa, allegata alla legge medesima, stipulata il 27 giugno 2015.
  Gli articoli da 2 a 25 riportano il testo della suddetta intesa.
  In particolare, l'articolo 2 riconosce, al comma 1, l'autonomia dell'Istituto, liberamente organizzato secondo i propri ordinamenti e disciplinato dal proprio statuto, nonché, al comma 2, la non ingerenza dello Stato nelle nomine dei ministri di culto, nell'esercizio del culto medesimo e nell'organizzazione della comunità religiosa e negli atti disciplinari e spirituali.
  Il comma 3 garantisce la libera comunicazione dell'Istituto con la Soka Gakkai internazionale.
  L'articolo 3 riconosce e garantisce all'Istituto, agli organismi da esso rappresentati e a coloro che ne fanno parte, la piena libertà religiosa, di riunione e di manifestazione del pensiero, nonché la libertà di svolgimento della sua missione spirituale, educativa, culturale e umanitaria.
  L'articolo 4 specifica, ai commi 1 e 2, che i ministri di culto godono del libero esercizio del loro ministero e che l'Istituto rilascia un'apposita certificazione della qualifica di appartenenza.
  Ai sensi dei commi da 3 a 5 ai ministri di culto sono riconosciuti il diritto a mantenere il segreto d'ufficio la facoltà di richiedere, qualora fosse ripristinato il servizio obbligatorio di leva, l'assegnazione al servizio civile, ovvero, nel caso di mobilitazione generale, l'assegnazione al servizio civile o ai servizi sanitari.
  L'articolo 5 assicura, al comma 1, il diritto all'assistenza spirituale, da parte di propri ministri di culto, agli appartenenti all'Istituto, anche se ricoverati in strutture sanitarie, socio-sanitarie e sociali o se detenuti in istituti penitenziari e, conseguentemente, al g, il libero accesso dei ministri del culto a tali strutture. A tale fine il comma 4 prevede che l'Istituto è tenuto a trasmettere alle amministrazioni competenti l'elenco dei ministri di culto.
  In tale contesto il comma 5 dispone che i relativi oneri finanziari sono a carico dell'Istituto. È previsto inoltre, al comma 7, con riguardo ai militari appartenenti all'Istituto che, in caso di decesso in servizio, il comando militare competente adotta, d'intesa con i familiari del defunto, le misure necessarie ad assicurare che le esequie siano celebrate nel rispetto della volontà del defunto e della sua famiglia.
  In tema di istruzione, l'articolo 6 al comma 1 riconosce agli alunni, come già previsto nelle leggi di approvazione delle intese con altre confessioni religiose, il diritto di non avvalersi degli insegnamenti Pag. 85religiosi, diritto esercitato dai medesimi alunni e da coloro cui compete la responsabilità su di essi.
  Il comma 2 riconosce altresì all'Istituto il diritto di rispondere alle richieste in ordine allo studio e alla conoscenza della dottrina religiosa Soka Gakkai, che possano pervenire dagli studenti o dalle loro famiglie, senza ulteriori oneri a carico dello Stato.
  L'articolo 7, comma 1, garantisce all'Istituto il diritto di istituire liberamente scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione.
  In base al comma 2 alle scuole, cui sia riconosciuta la parità, è assicurata piena libertà nel rispetto delle norme generali sull'educazione, mentre agli alunni è garantito un trattamento equipollente a quello degli alunni delle scuole dello Stato e degli altri enti territoriali.
  L'articolo 8 è dedicato alla tutela degli edifici aperti al culto pubblico dell'Istituto, i quali, ai sensi del comma 1 non possono essere occupati, requisiti, espropriati o demoliti, se non per gravi motivi e previo avviso e accordo con il ministro di culto responsabile dell'edificio.
  Inoltre il comma 2 specifica che, salvo casi di urgente necessità, la forza pubblica non può entrare negli edifici di culto senza previo avviso e accordo con il ministro di culto responsabile.
  Con riferimento agli aspetti di competenza della Commissione Finanze, segnala il comma 3, il quale dispone che, all'interno e all'ingresso dei luoghi di culto e delle loro pertinenze possono essere affissi e distribuiti pubblicazioni e stampati di carattere religioso, senza ingerenza o autorizzazione da parte dello Stato, così come possono essere liberamente raccolte offerte, esenti da qualsiasi tributo.
  Ai sensi del comma 5 l'autorità civile è tenuta a tenere conto delle esigenze religiose dell'Istituto per quanto riguarda la costruzione di nuovi edifici di culto.
  Con riguardo al trattamento delle salme, l'articolo 9 dispone al comma 1 il rispetto delle regole della tradizione degli appartenenti all'Istituto, purché avvenga in maniera conforme alla normativa vigente in materia.
  Analogamente a quanto previsto dalle leggi di approvazione di altre intese, il comma 2 prevede che nei cimiteri possono essere previste aree riservate, ai sensi della normativa vigente.
  Per lo svolgimento delle attività di cui agli articoli 4, 5 e 8, l'articolo 10 prevede che l'Istituto rilasci apposita certificazione della qualificazione di ministro di culto.
  Con riguardo al regime degli enti religiosi, l'articolo 11 disciplina le modalità di riconoscimento come persone giuridiche degli enti aventi fine di religione o di culto aventi sede in Italia, che avviene con decreto del Ministro dell'interno, su domanda, a condizione che l'ente sia rappresentato giuridicamente da un cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea domiciliato in Italia.
  L'articolo 12 concerne l'attività di religione o di culto, specificando che agli effetti civili si considerano attività di religione o di culto dirette al rito del Gongyo e al culto del Gohonzon, alle cerimonie religiose, allo studio dei testi buddisti, all'assistenza spirituale, alla formazione dei ministri di culto e alla diffusione dei principi buddisti, mentre si considerano attività diverse le attività di assistenza, beneficenza, istruzione, educazione e quelle commerciali o aventi scopo di lucro.
  Sempre con riguardo alle materie di competenza della Commissione Finanze, segnala l'articolo 13, il quale regola il regime tributario degli enti.
  In particolare, il comma 1 prevede che agli effetti tributari gli enti dell'Istituto civilmente riconosciuti aventi fine di religione o di culto, come pure le attività dirette a tali scopi, sono equiparati a quelli aventi fine di beneficenza o di istruzione.
  Il comma 2 stabilisce che gli enti dell'Istituto, civilmente riconosciuti, possono svolgere attività diverse da quelle di religione o di culto. Al riguardo, il comma 3 specifica che le attività diverse da quelle di religione o di culto, svolte da tali enti, sono soggette, nel rispetto della struttura e delle finalità di tali enti, alla normativa europea Pag. 86e alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime.
  Sempre riguardo al regime degli enti religiosi, l'articolo 14 si occupa della gestione degli enti dell'Istituto, riconoscendo che la gestione ordinaria e straordinaria degli stessi si svolge senza ingerenze dello Stato.
  L'articolo 15 concerne l'iscrizione nel registro delle persone giuridiche degli enti dell'Istituto civilmente riconosciuti, che avviene secondo i termini previsti dalla normativa vigente. Il comma 2 specifica che nel registro devono essere indicate anche le norme di funzionamento e i poteri degli organi di rappresentanza del rispettivo ente.
  L'articolo 16 disciplina i mutamenti sostanziali con riguardo al fine, al patrimonio e al modo di esistenza degli enti dell'Istituto e ne regola gli effetti ai fini del mutamento, della loro soppressione o della loro estinzione, prevedendo che tali vicende siano civilmente riconosciute con decreto del Ministro dell'interno.
  Con riferimento ai profili di interesse della Commissione Finanze, segnala l'articolo 17, il quale riguarda l'applicazione all'Istituto del sistema dei rapporti finanziari tra lo Stato e le confessioni religiose, ai sensi della legge n. 222 del 1985.
  In tale contesto, ai sensi del comma 1 la Repubblica prende atto che l'Istituto si sostiene finanziariamente con i contributi volontari dei suoi fedeli.
  Il comma 2 consente la deduzione, agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), delle erogazioni in denaro a favore dell'Istituto e degli organismi da essa rappresentati, destinate alle finalità istituzionali dell'Istituto e ad attività di religione o di culto previste dall'articolo 12, comma 1, lettera a), del disegno di legge.
  In base al comma 3, tale deduzione sarà fruibile a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell'intesa e nel limite di 1.032,91 euro con modalità determinate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
  Anche l'articolo 18 interviene su materie di competenza della Commissione Finanze, consentendo all'Istituto di concorrere alla ripartizione della quota dell'otto per mille del gettito IRPEF, da destinare, oltre che ai fini di cui all'articolo 17, anche ad interventi sociali e umanitari, in Italia e all'estero, nonché ad iniziative per la promozione della pace, del rispetto e difesa della vita in tutte le forme esistenti, nonché per la difesa dell'ambiente.
  In merito ricorda che la disciplina dell'otto per mille IRPEF si fonda sulle disposizioni della già richiamata legge n. 222 del 1985, la quale ha stabilito che a decorrere dal 1990 una quota pari all'otto per mille del gettito dell'IRPEF – come determinata sulla base degli incassi relativi all'imposta sui redditi delle persone fisiche, risultanti dal rendiconto generale dello Stato – è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose.
  La scelta relativa all'effettiva destinazione viene effettuata dai contribuenti all'atto della presentazione della dichiarazione annuale dei redditi; in caso di scelte non espresse dai contribuenti, la destinazione viene stabilita in proporzione alle scelte espresse.
  Il regolamento che definisce i criteri e le procedure per l'utilizzazione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale (decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 1998) è stato di recente pressoché interamente riformulato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 82 del 2013, che ha ridisegnato sia la procedura di concessione e di monitoraggio dei contributi, esplicitando i criteri di distribuzione delle risorse secondo principi di certezza e trasparenza, sia il procedimento di valutazione degli interventi da finanziare e di assegnazione dei contributi medesimi, limitandolo ad un periodo massimo di 170 giorni (in luogo degli oltre otto mesi in precedenza necessari).Pag. 87
  Per ciò che concerne la procedura, il termine di presentazione delle domande per l'accesso al contributo è fissato al 30 settembre di ogni anno.
  I soggetti che possono accedere alla ripartizione, previa apposita richiesta alla Presidenza del Consiglio, sono: le pubbliche amministrazioni; le persone giuridiche; gli enti pubblici e privati. Sono escluse, dunque, le persone fisiche e i soggetti che operano per fine di lucro.
  Per ciò che attiene i criteri di ripartizione, la quota dell'otto per mille di diretta gestione statale è ripartita – di regola, sulla base dei nuovi principi indicati dal predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 82 del 2013 – in cinque quote uguali per le cinque tipologie di interventi ammesse a contributo. Uno specifico criterio di riparto geografico è previsto per la quota dell'otto per mille destinata agli interventi straordinari di conservazione dei beni culturali, al fine di perseguire un'equa distribuzione territoriale delle risorse.
  Il riparto delle risorse disponibili è effettuato dalla Presidenza del Consiglio – su valutazione delle domande da parte delle apposite Commissioni tecniche di valutazione, una per ogni tipologia di intervento – con D.P.C.M., da adottare previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.
  Il comma 2 dell'articolo 18 del disegno di legge stabilisce che l'attribuzione delle somme di cui al comma 1 viene effettuata sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi, nel cui modulo l'Istituto verrà indicato con la denominazione «Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai (IBISG)». Per quanto riguarda le quote relative alle scelte non espresse dai contribuenti, l'IBISG dichiara di partecipare alla loro ripartizione in proporzione alle scelte espresse, utilizzando le relative somme per le stesse destinazioni indicate al comma 1.
  Il comma 3 prevede che, a decorrere dal terzo anno successivo a quello di cui al comma 1 del medesimo articolo, lo Stato corrisponde annualmente, entro il mese di giugno, all'IBISG le somme determinate in base alle modalità stabilite dall'articolo 45, comma 7, della legge n. 448 del 1998 (ai sensi del quale La quota dell'otto per mille dell'IRPEF è determinata sulla base degli incassi in conto competenza relativi all'IRPEF, risultanti dal rendiconto generale dello Stato), sulla base delle dichiarazioni annuali relative al terzo periodo di imposta precedente.
  Ancora con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Finanze l'articolo 19 prevede che, su richiesta di una delle due parti, al fine di predisporre eventuali modifiche, si può procedere alla revisione dell'importo deducibile e alla valutazione della quota IRPEF prevista dagli articoli 17 e 18, ad opera di un'apposita Commissione paritetica nominata dall'autorità governativa e dall'Istituto.
  In tale ambito, sempre con riguardo a profili di interesse della Commissione Finanze, segnala l'articolo 20, il quale dispone che l'Istituto trasmetta annualmente al Ministro dell'interno un rendiconto relativo all'effettiva utilizzazione delle somme ricevute grazie alle erogazioni liberali in denaro e alla ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF, di cui agli articoli 17 e 18 del disegno di legge.
  L'articolo 21 sancisce il reciproco impegno a collaborare per la tutela e la valorizzazione dei beni afferenti al patrimonio culturale dell'Istituto e degli enti aventi fine di religione o di culto riconosciuti, anche istituendo a tal fine un'apposita Commissione mista.
  L'articolo 22 interviene in materia di festività religiose, prevedendo a favore degli appartenenti all'Istituto, su loro richiesta, la possibilità di osservare le festività religiose del 16 febbraio e del 12 ottobre. La norma dispone che il diritto di osservare tali festività deve essere esercitato nel quadro della flessibilità dell'organizzazione del lavoro, fatte salve le imprescindibili esigenze dei servizi essenziali previsti dall'ordinamento giuridico italiano.
  L'articolo 23 prevede che eventuali esigenze emerse nella fase attuativa della legge di approvazione dell'intesa e fatte presenti dall'Istituto dovranno essere tenute Pag. 88in considerazione dalle autorità competenti, avviando, se richieste, opportune consultazioni.
  L'articolo 24 sancisce che con l'entrata in vigore della legge di approvazione dell'intesa cesseranno di avere efficacia ed applicabilità, nei riguardi dell'Istituto e degli enti, opere, istituzioni, associazioni, organismi e persone che ne fanno parte, la legge n. 1159 del 1929, recante disposizioni sull'esercizio dei culti ammessi nello Stato, e il relativo regolamento di attuazione, di cui al regio decreto 28 febbraio 1930, n. 289.
  L'articolo 25 dispone che siano promosse opportune intese tra le parti, in caso di modifiche dell'intesa allegata e in caso di iniziative legislative concernenti i rapporti tra lo Stato e l'Istituto o relative a materie disciplinate dall'intesa stessa.
  L'articolo 26 prevede, infine, la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla legge, valutati in 1.846.000 euro per l'anno 2017 e in 1.081.000 euro a decorrere dal 2018. Alla copertura di tali oneri si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2016-2018, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2016, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già prevista per la giornata di domani.

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2015-2016.
C. 3821 Governo, approvato dal Senato.

(Relazione alla XIV Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Paolo PETRINI, presidente e relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, in sede consultiva, il disegno di legge C. 3821, approvato dal Senato, recante disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2015-2016.
  Segnala preliminarmente come, a seguito della riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea operata dalla legge n. 234 del 2012, gli strumenti di adeguamento della normativa italiana all'ordinamento dell'Unione europea, siano costituiti non più dalla legge comunitaria annuale ma da due distinti provvedimenti:
   la legge di delegazione europea, il cui contenuto è limitato alle disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell'Unione europea;
   la legge europea, che contiene norme di diretta attuazione volte a garantire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento europeo, con particolare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa europea.

  I contenuti propri dei due disegni di legge sono stabiliti dall'articolo 30 della legge n. 234 del 2012.
  Per quanto concerne il disegno di legge europea, ai sensi dell'articolo 30 della citata legge n. 234 del 2012, in tale veicolo legislativo sono inserite le disposizioni finalizzate a porre rimedio ai casi di non corretto recepimento della normativa dell'Unione europea nell'ordinamento nazionale che hanno dato luogo a procedure di pre-infrazione, avviate nel quadro del sistema di comunicazione EU Pilot, e di infrazione, laddove il Governo abbia riconosciuto la fondatezza dei rilievi mossi dalla Commissione europea.
  A tale proposito ricorda che il sistema EU PILOT (strumento informatico EU pilot – IT application) dal 2008 è lo strumento principale di comunicazione e cooperazione Pag. 89tramite il quale la Commissione, mediante il Punto di contatto nazionale – che in Italia è la struttura di missione presso il Dipartimento Politiche UE della Presidenza del Consiglio – trasmette le richieste di informazione agli Stati membri al fine di assicurare la corretta applicazione della legislazione UE e prevenire possibili procedure d'infrazione.
  Sotto il profilo procedurale ricorda che l'esame del disegno di legge europea si svolge secondo le procedure dettate dall'articolo 126-ter del Regolamento (per il «disegno di legge comunitaria»), in base alle quali le Commissioni in sede consultiva esaminano le parti di competenza e deliberano una relazione sul disegno di legge, nominando altresì un relatore, che può partecipare alle sedute della XIV Commissione. La Commissione dovrà esprimere sul disegno di legge una relazione, accompagnata da eventuali emendamenti approvati.
  La relazione è trasmessa alla XIV Commissione; le eventuali relazioni di minoranza sono altresì trasmesse alla XIV Commissione, dove possono essere illustrate da uno dei proponenti.
  L'articolo 126-ter, comma 5, del Regolamento prevede che le Commissioni di settore possano esaminare ed approvare emendamenti al disegno di legge europea, per le parti di competenza. Gli emendamenti approvati dalle Commissioni di settore sono trasmessi alla XIV Commissione, che, peraltro, potrà respingerli solo per motivi di compatibilità con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale.
  Passando quindi a illustrare il contenuto del disegno di legge C. 3821, rileva come il testo originario del disegno di legge (A.S. 2228) contenesse 22 articoli, volti alla definizione di 2 procedure di infrazione, di 9 casi di EU Pilot e di una procedura di cooperazione in materia di aiuti di Stato esistenti.
  Per effetto delle modificazioni e integrazioni apportate dal Senato, il testo trasmesso alla Camera si compone di 37 articoli (suddivisi in 9 capi), le cui disposizioni sono finalizzate a definire 4 procedure di infrazione, 10 casi di pre-contenzioso (EU Pilot), una procedura di cooperazione in materia di aiuti di Stato e una procedura di aiuti di Stato. Il provvedimento provvede inoltre all'attuazione di 3 direttive e di una decisione GAI.
  In particolare, il disegno di legge modifica o integra alcune disposizioni vigenti dell'ordinamento nazionale per adeguarne i contenuti al diritto europeo e interviene, in particolare, nei seguenti settori:
   libera circolazione delle merci (Capo I – articoli da 1 a 4)
   libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi (Capo II – articoli 5 e 6)
   giustizia e sicurezza (Capo III – articoli da 7 a 16)
   trasporti (Capo IV – articoli 17 e 18)
   fiscalità, dogane e aiuti di Stato (Capo V – articoli da 19 a 29)
   occupazione (Capo VI – articolo 30)
   ambiente (Capo VII – articoli 31 e 32)
   energia (Capo VII – articolo 33)

  Le principali modifiche al disegno di legge introdotte durante l'esame presso il Senato hanno riguardato:
   la modifica del titolo, che fa ora riferimento all'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea per il biennio 2015-2016;
   lo stralcio dell'articolo 3, contenente disposizioni relative all'indicazione del Paese d'origine sull'etichettatura degli alimenti (Caso EU pilot 5938/13/SNCO), che ora costituiscono un autonomo disegno di legge (A.S. 2228-bis);
   la modifica testuale di 8 articoli:
    l'articolo 1 (Qualità e trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini – Caso EU Pilot 4632/13/AGRI);Pag. 90
    l'articolo 6 (Disposizioni in materia di tassazione delle vincite da gioco – Caso EU Pilot 5571/13/TAXU);
    l'articolo 7 (Disposizioni in materia di obbligazioni alimentari, in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale);
    l'articolo 18 (Disposizioni sanzionatorie per i gestori delle infrastrutture e per le imprese ferroviarie);
    l'articolo 21 (Aliquote IVA applicabili al basilico, al rosmarino e alla salvia freschi destinati all'alimentazione – Caso EU Pilot 7292/15/TAXU);
    l'articolo 24 (Determinazione della base imponibile per alcune imprese marittime – tonnage tax);
    l'articolo 33 (Terzo pacchetto energia – Procedura di infrazione 2014/2286);
    l'articolo 35 (Procedura aiuti di Stato).
   L'inserimento di 16 articoli aggiuntivi relativi alle seguenti materie:
    immissione in commercio dei dispositivi medici, in attuazione della rettifica della direttiva 2007/47/CE (articolo 3);
    disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1297/2014 sulla classificazione, imballaggio, etichettatura sostanze e miscele (articolo 4);
    titolo esecutivo europeo (articolo 8);
    permesso di soggiorno individuale per minori stranieri (articolo 10);
    indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti in attuazione della direttiva 2004/80/CE (articoli da 11 a 16);
    regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, in attuazione delle direttive 2014/86/UE e (UE) 2015/121 (articolo 26);
    investimenti delle imprese marittime (articolo 27);
    tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi, in attuazione della direttiva (UE) 2015/2060 (articolo 28);
    trattamento fiscale delle attività di raccolta dei tartufi (articolo 29);
    diritti dei lavoratori a seguito di subentro di un nuovo appaltatore (articolo 30);
    finanziamento del Garante per la protezione dei dati personali, nonché funzionamento dell'Arbitro per le controversie finanziarie presso la CONSOB (articolo 36).

  Per quanto concerne le norme di interesse della Commissione Finanze, richiama in primo luogo l'articolo 6, il quale prevede che le vincite corrisposte da case da gioco autorizzate in Italia o negli altri Stati membri dell'Unione europea o nello Spazio economico europeo non concorrono a formare il reddito per l'intero ammontare percepito nel periodo di imposta. La norma ha lo scopo di adeguare la normativa italiana all'ordinamento dell'Unione europea, in attuazione di una sentenza in materia della Corte di giustizia del 22 ottobre 2014.
  La normativa italiana sulla tassazione delle vincite corrisposte da case da gioco attualmente prevede una differenza di trattamento fiscale a seconda che le vincite di gioco siano state ottenute in Italia o in un altro Stato membro; la Corte ha ritenuto tale normativa incompatibile con il principio di libera circolazione dei servizi.
  In particolare, nella versione in vigore, il comma 1 dell'articolo 69 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 prevede che i premi e le vincite derivanti da lotterie, concorsi a premio, giochi e scommesse organizzati per il pubblico, derivanti da prove di abilità o dalla sorte, nonché attribuiti in riconoscimento di particolari meriti artistici, scientifici o sociali, costituiscano reddito per l'intero periodo di imposta, senza Pag. 91alcuna deduzione. Tali proventi sono considerati quali redditi diversi (articolo 67, comma 1, lettera d), del TUIR).
  Il comma 1 dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, in materia di accertamento, assoggetta i premi di importo maggiore a 50.000 lire (circa 25,82 euro) ad una ritenuta alla fonte a titolo di imposta. Il comma 2 stabilisce l'ammontare della ritenuta nel 10 per cento per i premi delle lotterie, tombole o simili e nel 20 per cento sui premi dei giochi svolti in occasione di spettacoli radio-televisivi, competizioni o manifestazioni di qualsiasi altro genere. Tuttavia, ai sensi del comma 7 del medesimo articolo 30, la ritenuta sulle vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate (in Italia) è compresa nell'imposta sugli spettacoli di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 640 del 1972. Le case da gioco tenute al pagamento dell'imposta sugli spettacoli sono escluse dall'obbligo di rivalsa dell'imposta nei confronti degli spettatori, dei partecipanti e degli scommettitori.
  La Commissione europea aveva segnalato alle Autorità italiane la possibile violazione del principio di libera circolazione dei servizi di cui all'articolo 56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea nel settembre 2013. Era stata allora aperta la procedura EU-Pilot 5571/13/TAXU. Il 22 ottobre 2014 una sentenza della Terza sezione della Corte di giustizia, determinata da due ricorsi individuali (casi C-344/13 e C-367/13), ha stabilito l'incompatibilità delle norme citate con l'ordinamento dell'Unione europea. La sentenza ha stabilito inequivocabilmente che gli articoli 52 e 56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea devono essere interpretati nel senso che la normativa di uno Stato membro non può assoggettare all'imposta sul reddito le vincite da giochi d'azzardo realizzate in case da gioco situate in altri Stati membri ed esonerare invece dall'imposta redditi simili allorché provengono da case da gioco situate nel territorio nazionale di tale Stato. Né nel caso di specie la disparità di trattamento è stata ritenuta giustificabile per motivi di ordine, sicurezza o sanità pubblica, come previsto dall'articolo 52 del TFUE.
  In tale contesto il comma 1 dell'articolo 6 in primo luogo modifica il comma 1 dell'articolo 69 del TUIR, stabilendo che, fatto salvo quanto previsto dal comma 1-bis del medesimo articolo 69, i premi e le vincite costituiscono reddito per l'intero ammontare percepito nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione. Il nuovo comma 1-bis dell'articolo 69 del TUIR, introdotto dal medesimo comma 1 dell'articolo 6, dispone un'esenzione per le vincite corrisposte da case da gioco autorizzate nello Stato italiano e negli altri Stati membri dell'Unione europea o nello Spazio economico europeo: tali proventi non concorrono dunque a formare il reddito per l'intero ammontare percepito nel periodo di imposta.
  In conseguenza delle modifiche recate del comma 1 il comma 2 dell'articolo 6, abroga il citato comma 7 dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, il quale prevede che la ritenuta sulle vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate è compresa nell'imposta sugli spettacoli.
  Il comma 3 provvede alla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo mediante destinazione di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'applicazione della disposizione di cui all'articolo 16 del disegno di legge in esame, che innalza l'aliquota IVA dei preparati per risotti dal 4 al 10 per cento.
  L'articolo 19 modifica il regime della tassa di circolazione per i veicoli di studenti europei in Italia, oggetto di rilievi nel caso EU Pilot 7192/14/TAXU. A tal fine, viene modificato il Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche (decreto del Presidente della Repubblica n. 39 del 1953), per renderlo compatibile con la direttiva 83/182/CEE, la quale prevede franchigie al regime fiscale per l'importazione temporanea, in provenienza da uno Stato membro, di alcuni mezzi di trasporto ad uso privato o professionale, disciplinando espressamente, all'articolo 5, la fattispecie dei veicoli utilizzati da studenti Pag. 92e immatricolati nello Stato membro in cui gli studenti medesimi risiedono normalmente: in tal caso la direttiva prevede che l'importazione temporanea nello Stato membro in cui essi soggiornano al solo scopo di proseguirvi gli studi comporta l'applicazione di una franchigia sia dalle imposte sui consumi che dalla tassa sulla circolazione degli autoveicoli.
  A fronte di tali previsioni comunitarie il citato decreto del Presidente della Repubblica n. 39 del 1953 non contiene alcun riferimento al caso degli studenti dell'Unione europea che utilizzano in Italia un veicolo immatricolato nello Stato membro in cui risiedono abitualmente, prevedendo invece, all'articolo 18, solo una generica esenzione dal pagamento della tassa di circolazione di durata trimestrale per autoveicoli in importazione temporanea, subordinata alla condizione della reciprocità di trattamento; decorso tale periodo di franchigia, ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 39, la possibilità di circolazione è condizionata, per soli ulteriori nove mesi, al pagamento di un importo pari ad un dodicesimo della tassa annuale per ciascun mese di soggiorno, a condizione di reciprocità di trattamento da parte dello Stato estero.
  In tale contesto normativo la disposizione dell'articolo 20 prevede, dunque, in sostanza, che tali studenti siano esentati da imposte e tasse di circolazione per l'utilizzo in Italia di veicoli immatricolati nello Stato dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo in cui risiedono abitualmente, a condizione che con lo Stato medesimo sussista un adeguato scambio di informazioni.
  In particolare, la lettera a), numero 1), prevede l'esclusione dalla clausola di reciprocità di cui all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 39 per i veicoli immatricolati in uno Stato membro dell'Unione europea o aderente all'Accordo sullo spazio economico europeo (SEE) «con il quale sussiste un adeguato scambio di informazioni», in quanto l'applicazione di tale condizione non appare legittima, poiché in contrasto con gli obiettivi di promuovere la libera circolazione delle persone e delle merci all'interno dell'Unione e di prevenire casi di doppia imposizione.
  La lettera a), numero 2), stabilisce inoltre, sempre all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 39, l'esenzione esplicita dal pagamento della tassa automobilistica, per l'intero periodo del corso di studi svolto in Italia, del veicolo da turismo utilizzato da uno studente che lo abbia immatricolato nello Stato membro dell'Unione europea o aderente all'Accordo sullo spazio economico europeo (SEE), con cui sussista un adeguato scambio di informazioni, in cui egli risieda abitualmente.
  La lettera b) precisa, con riferimento all'esenzione trimestrale di cui all'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 39, già attualmente prevista per autoveicoli in temporanea importazione, che la condizione di reciprocità di trattamento non è applicabile agli Stati membri dell'Unione europea e aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo con cui sussiste un adeguato scambio di informazioni.
  L'articolo 20 dispone la cancellazione del diritto fisso e della tassa di circolazione per gli autotrasportatori albanesi, in esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione con l'Unione europea, ratificato con legge n. 10 del 2008, in quanto tali oneri sono considerati incompatibili con il predetto Accordo, il quale, tra l'altro, all'articolo 59 afferma la volontà di garantire «un traffico di transito stradale illimitato attraverso l'Albania e la Comunità intesa globalmente, l'effettiva applicazione del principio di non discriminazione e la progressiva armonizzazione della normativa albanese in materia di trasporti con quella della Comunità» e all'articolo 13 pone il principio del carattere non discriminatorio di imposte, pedaggi e altri oneri applicati ai veicoli stradali delle Parti contraenti.
  Al riguardo la relazione illustrativa allegata al disegno di legge originario fa presente che la Commissione europea ha indirizzato all'Italia richieste formali di Pag. 93chiarimento in materia, che potrebbero sfociare nell'apertura di una procedura di infrazione.
  La norma è inoltre volta, sempre secondo quanto indicato nella relazione illustrativa del disegno di legge originario, a eliminare una distorsione dei traffici commerciali segnalata dall'autorità portuale di Ancona, consistente nel fatto che gli autotrasportatori albanesi preferiscono transitare per il porto di Trieste, ove, in base ad un decreto del 1960, non è dovuto il diritto fisso di importazione.
  In tale contesto il comma 1 dell'articolo 20 apporta alcune modifiche alla legge n. 10 del 2008, con cui è stato ratificato ed è stata data esecuzione in Italia al citato Accordo di stabilizzazione e associazione tra Albania ed Unione europea.
  In particolare la lettera a) inserisce un nuovo articolo 2-bis, in virtù del quale il Ministero dell'economia e delle finanze potrà, con propri decreti, esentare dalle tasse automobilistiche e dal diritto fisso i trattori stradali, gli autocarri ed i relativi rimorchi adibiti a trasporti internazionali di cose. L'esenzione opererà per i veicoli importati temporaneamente dall'Albania ed appartenenti a persone stabilmente residenti in quel paese. Per l'adozione dei decreti il comma 2 dell'articolo 20 pone il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del disegno di legge.
  In merito ricorda che la legge n. 1146 del 1959 prevede che «in esecuzione di accordi intervenuti con altri Governi, o di convenzioni internazionali oppure quando sussista reciprocità di trattamento tributario o per esigenze dei traffici, possono essere concesse esenzioni o riduzioni dal pagamento del diritto fisso (...) con decreto del Ministro per le finanze d'intesa con quello per i trasporti». L'articolo 2 della legge n. 820 del 1973, prevede a sua volta che «in esecuzione di accordi intervenuti con altri Stati o di convenzioni internazionali oppure quando sussista reciprocità di trattamento tributario o per esigenze dei traffici, con decreto del Ministro per le finanze, possono essere concesse esenzioni o riduzioni dal pagamento delle tasse automobilistiche (...) a favore degli autoveicoli e rimorchi appartenenti a persone residenti stabilmente all'estero e temporaneamente importati in Italia».
  La lettera b) del comma 1 inserisce inoltre nell'articolo 3 della citata legge n. 10 del 2008 un nuovo comma 1-bis, ai fini della copertura finanziaria delle minori entrate derivanti dall'abolizione delle tasse automobilistiche e del diritto fisso: il relativo onere è valutato in euro 3.398.072,52 annui a decorrere dal 2016, cui si fa fronte mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
  L'articolo 21, modificato durante l'esame al Senato, innalza dal 4 al 5 per cento l'aliquota IVA applicabile alle cessioni di basilico, rosmarino e salvia freschi, destinati all'alimentazione. Viene ridotta dal 10 al 5 per cento l'aliquota applicabile alla cessione di piante allo stato vegetativo di basilico, rosmarino e salvia. Viene altresì ridotta dal 22 al 5 per cento l'IVA sull'origano a rametti o sgranato.
  L'innalzamento dell'aliquota al 5 per cento è finalizzata alla chiusura del caso EU Pilot 7292/15/TAXU, nell'ambito del quale la Commissione europea ha rilevato l'incompatibilità con l'ordinamento dell'Unione del numero 12-bis) della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. In base a tale ultima disposizione, alle cessioni in questione viene applicata l'aliquota super-ridotta del 4 per cento, in violazione dell'articolo 110 della direttiva 2006/112/CE, che consente di mantenere le aliquote inferiori al 5 per cento per le sole operazioni che al 1o gennaio 1991 già godevano di tale beneficio. Pertanto, al fine di evitare l'apertura di una procedura d'infrazione, il comma 1 dell'articolo 21, alla lettera a) abroga il numero 12-bis) della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
  La lettera b) del comma 1 inserisce un nuovo numero 1-bis) nella tabella A, parte II-bis allegata al medesimo decreto, che reca l'elenco dei beni e servizi assoggettati ad aliquota IVA ridotta al 5 per cento.Pag. 94
  In tal modo, tra i beni sottoposti alla predetta aliquota del 5 per cento sono ricompresi il basilico, il rosmarino e la salvia freschi, destinati all'alimentazione (attualmente sottoposti ad aliquota del 4 per cento), nonché le piante allo stato vegetativo di basilico, rosmarino e salvia (attualmente sottoposte ad aliquota del dieci per cento, cfr. infra). È introdotto nel novero dei beni sottoposti ad aliquota IVA del 5 per cento anche l'origano a rametti o sgranato, attualmente sottoposto ad aliquota IVA ordinaria (22 per cento).
  La lettera c) del comma 1 prevede l'abrogazione del numero 38-bis) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633, che sottopone le cessioni di piante di basilico, rosmarino e salvia all'aliquota del 10 per cento.
  Il comma 2 quantifica gli oneri derivanti dalle norme introdotte dal comma 1 in 135.000 euro a decorrere dall'anno 2016, disponendo che alla relativa copertura si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il recepimento della normativa europea, disciplinato dall'articolo 41-bis della legge n. 234 del 2012.
  L'articolo 22 innalza dal 4 al 10 per cento l'aliquota IVA applicabile alle cessioni di preparazioni alimentari a base di riso (cosiddetti preparati per risotti) classificate alla voce 21.07.02 della Tariffa doganale comune in vigore al 31 dicembre 1987, attualmente alla voce 1904.9010 della Nomenclatura combinata vigente. La norma è finalizzata alla chiusura del caso EU Pilot 7293/15/TAXU, nell'ambito del quale la Commissione europea ha rilevato l'incompatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea del numero 9) della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, nella parte in cui prevede l'applicazione dell'aliquota super-ridotta del 4 per cento ai prodotti in questione, ciò in violazione dell'articolo 110 della direttiva 2006/112/CE, che consente di mantenere le aliquote inferiori al 5 per cento per le sole operazioni che al 1o gennaio 1991 già godevano di tale beneficio.
  Al fine di evitare l'apertura di una procedura d'infrazione, il comma 1 dell'articolo 22 prevede pertanto l'abrogazione della voce «ex 21.07.02» introdotta al numero 9) della tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, che consentiva l'applicazione dell'aliquota al 4 per cento ai preparati per risotto. A seguito di tale abrogazione i prodotti in questione saranno assoggettati all'aliquota ridotta del 10 per cento per effetto di quanto previsto al numero 80) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, che contempla le «preparazioni alimentari non nominate né comprese altrove (v.d. ex 21.07)».
  L'articolo 23 reca norme volte a sanare la procedura di infrazione in materia di aiuti di Stato n. 11/2010 riguardante la concessione di presunti aiuti ai consorzi agrari in Italia, nell'ambito della quale la Commissione europea ha stabilito che le agevolazioni fiscali di cui godono i consorzi agrari in virtù del riconoscimento operato, a determinate condizioni, dall'articolo 9 della legge n. 99 del 2009, quali società cooperative a mutualità prevalente, costituiscono un aiuto di Stato esistente.
  Ricorda che, per le società cooperative a mutualità prevalente (purché aventi le caratteristiche dell'articolo 2511 e seguenti del codice civile, come modificati dalla riforma del diritto societario del 2003) le imposte sui redditi si applicano solo su una quota di utili netti annuali. In particolare, ai sensi dell'articolo 1, comma 460, della legge n. 311 del 2004:
   per le cooperative di consumo, la quota è del 65 per cento;
   per le cooperative agricole e della piccola pesca, la quota è del 20 per cento;
   per le altre cooperative a mutualità prevalente, la quota è del 40 per cento.

  A tali quote va aggiunto, per tutte le cooperative senza distinzione legata alla condizione di prevalenza ovvero al settore di attività, un'ulteriore quota del 3 per Pag. 95cento, derivante dall'assoggettamento ad IRES del 10 per cento delle somme destinate alla riserva minima obbligatoria delle cooperative, ossia il 30 per cento degli utili annuali (articolo 6, comma 1, del decreto-legge n. 63 del 2002; in precedenza vi era una esenzione totale delle somme destinate alla riserva minima obbligatoria).
  In merito rammenta che l'articolo 9 della legge n. 99 del 2009 ha consentito la costituzione dei consorzi agrari in società cooperative a mutualità prevalente ai sensi delle disposizioni del codice civile, indipendentemente dal rispetto dei criteri per la definizione della prevalenza stabiliti dall'articolo 2513 del codice civile, qualora prevedano nei propri statuti: a) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato; b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi; c) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori; d) l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (articolo 2514 del codice civile).
  Rammenta che, ai sensi dell'articolo 2512 del codice civile, sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, quelle che: 1) svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi; 2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci; 3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci. Le società cooperative a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci.
  La Commissione europea non ha ritenuto che ricorrano le deroghe previste dal Trattato in materia di aiuti di Stato e, per tale ragione, ha dato avvio alla procedura di cooperazione n. 11/2010, a norma dell'articolo 17 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, intesa alla revisione del regime di aiuti a favore dei consorzi agrari. All'esito della predetta procedura di cooperazione, le Autorità italiane si sono impegnate alla revisione del precedente regime attraverso l'elaborazione della proposta normativa in esame.
  In particolare, il comma 1 dell'articolo 23 modifica il citato articolo 1, comma 460, della legge n. 311 del 2004, portando dal 40 per cento al 50 per cento la quota di utili netti annuali soggetta a tassazione per i consorzi agrari di cui all'articolo 9 della legge n. 99 del 2009. Tale percentuale corrisponderebbe sostanzialmente all'aiuto concedibile ai consorzi agrari nei limiti del de minimis.
  Il comma 2 stabilisce che le modifiche al regime fiscale dei consorzi agrari citate si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.
  L'articolo 24, modificato al Senato con l'introduzione dei commi da 11 a 15, novella il regime forfetario di determinazione della base imponibile per alcune imprese marittime (cosiddetta tonnage tax) disciplinato dal capo VI del titolo II del TUIR. Tale regime, introdotto con il decreto legislativo n. 344 del 2003 per una durata di dieci anni, è stato giudicato compatibile con il mercato interno dalla Commissione europea (decisione n. 114/2004). Il Governo italiano ha deciso di prorogare per ulteriori dieci anni il regime della tonnage tax e pertanto ne ha notificato la richiesta alla Commissione, la quale ha approvato la richiesta con la decisione C (2015) del 13 aprile 2015. A seguito dell'interlocuzione con la Commissione europea, sono state predisposte una serie di modifiche al regime d'imposta sul tonnellaggio per il trasporto marittimo. In particolare è fissato a 5 anni il periodo minimo che deve intercorrere tra l'uscita dal regime d'imposta sul tonnellaggio e la Pag. 96possibilità di esservi riammessi. In secondo luogo, si intende rafforzare la normativa sulla tassazione delle plusvalenze relative a navi acquistate prima dell'entrata nel regime di imposta sul tonnellaggio. Infine è prevista la possibilità di regolarizzare il mancato pagamento di somme dovute per obblighi formativi del personale, il quale, in alternativa all'imbarco di cadetti, costituisce una condizione per la permanenza nel regime agevolato.
  Ricorda che gli articoli da 155 a 161 del TUIR, recano la disciplina (opzionale) per la determinazione della base imponibile di alcune imprese marittime (cosiddetta tonnage tax). L'opzione consente la determinazione forfetaria della base imponibile delle navi, secondo quanto previsto dal decreto ministeriale 23 giugno 2005, che reca le relative disposizioni applicative. Tale regime si caratterizza per essere opzionale (durata 10 anni) e commisurato al tonnellaggio delle navi. L'obiettivo di tale normativa è di salvaguardare il settore del trasporto marittimo in Italia e promuovere il rimpatrio da parte degli armatori nazionali delle navi battenti bandiere di comodo.
  Il regime forfettario permette di calcolare l'importo giornaliero del reddito: il calcolo di quello annuo avviene quindi semplicemente moltiplicando l'importo giornaliero per i giorni di effettivo utilizzo della nave, escludendo quindi i periodi di manutenzione e di riparazione sia ordinaria che straordinaria, nonché quelli di disarmo temporaneo dello scafo. Dall'imponibile forfetario non è ammessa alcuna deduzione.
  In tale contesto la lettera a) del comma 1 dell'articolo 24 amplia il periodo di tempo minimo che deve intercorrere tra l'uscita dal regime e la possibilità di esservi riammessi. La normativa vigente prevede l'opzione per la tonnage tax è irrevocabile per 10 anni e può essere rinnovata (articolo 155 del TUIR). Qualora, per qualsiasi motivo, venga meno l'efficacia dell'opzione esercitata, il nuovo esercizio della stessa non può avvenire prima del decorso del decennio originariamente previsto (articolo 157 del TUIR). Attraverso tale modifica si aggiunge che, nel caso di uscita dal regime, deve comunque decorrere un periodo di 5 anni per potervi rientrare. In sostanza, la norma opera solo se la causa di decadenza si verifica dopo il quinto periodo d'imposta di permanenza nel regime.
  La lettera b), numero 1), del comma 1, modifica il regime di determinazione della plusvalenza da assoggettare a tassazione nel caso di vendita di una nave in regime di tonnage tax, già posseduta in periodi antecedenti a quello di ingresso in detto regime (articolo 158, comma 1, del TUIR).
  Con tale modifica, al fine di stabilire i debiti di imposta al momento della vendita della nave, è previsto un confronto tra il valore normale della nave al momento dell'entrata nel regime di imposta sul tonnellaggio e il valore fiscale al momento dell'entrata nello stesso regime d'imposta.
  In particolare la plusvalenza da assoggettare a tassazione sarà pari al minore importo tra la plusvalenza latente (lorda), data dalla differenza tra il valore normale della nave e il costo non ammortizzato della stessa rilevati nell'ultimo giorno dell'esercizio precedente a quello in cui l'opzione per il regime è esercitata, e la plusvalenza realizzata all'atto della cessione della nave. A tali fini, la plusvalenza realizzata è determinata ai sensi dell'articolo 86 del TUIR (plusvalenze patrimoniali): il costo non ammortizzato è calcolato in base alle risultanze del prospetto della dichiarazione dei redditi (valore fiscale) che deve essere redatto nel rispetto della normativa regolamentare vigente. Viene previsto, inoltre, che l'importo della plusvalenza realizzata non può, in ogni caso, essere inferiore a quello corrispondente alla differenza tra la plusvalenza latente (lorda) e i redditi determinati con riferimento alla nave oggetto di cessione in ciascun periodo di permanenza della stessa nel regime di tonnage tax (plusvalenza latente netta). In sostanza, l'importo da assoggettare a tassazione è sempre pari alla plusvalenza latente lorda se questa è inferiore alla plusvalenza realizzata. In caso contrario, soggetta a tassazione è la Pag. 97plusvalenza realizzata, ma l'importo imponibile non può, in tale caso, risultare inferiore alla plusvalenza latente netta. Tale disciplina comporta che non possano emergere minusvalenze conseguenti alla cessione di una nave nel corso della vigenza del regime della tonnage tax.
  La relazione illustrativa del disegno di legge indica che tali modifiche si sono rese necessarie in quanto la Commissione europea, tenuto conto del meccanismo di determinazione della plusvalenza da assoggettare a tassazione previsto dall'articolo 158, comma 1, del TUIR nella versione precedente, ha rilevato la sussistenza di un aiuto aggiuntivo rispetto al regime di tonnage tax ed ha pertanto richiesto di modificare detto meccanismo assoggettando a tassazione la plusvalenza latente lorda, posto che quest'ultima potrebbe essersi formata anche a causa di ammortamenti dedotti in eccedenza rispetto alla vita utile della nave. Tuttavia, la Commissione europea ha considerato possibile che tale aiuto aggiuntivo possa essere ridotto dei redditi assoggettati a tassazione in regime di tonnage tax, in relazione alla stessa nave.
  Il Governo ha ritenuto di accogliere le indicazioni della Commissione europea, pur non rinunciando alla tassazione della plusvalenza realizzata, che funge ora da parametro di confronto rispetto alla plusvalenza latente lorda.
  La scelta, invece, di assoggettare a tassazione la plusvalenza latente lorda, se inferiore alla plusvalenza realizzata, muove dalla ulteriore opportunità di uniformare, per certi aspetti, il trattamento fiscale previsto per le cessioni di navi possedute prima dell'ingresso in regime di tonnage tax con quello previsto dal primo periodo del comma 1 dell'articolo 158 del TUIR per le cessioni di navi acquistate in regime di tonnage tax, in relazione alle quali la plusvalenza/minusvalenza è assorbita dalla determinazione forfetaria del reddito ai sensi dell'articolo 156 del TUIR. È apparso opportuno, infatti, considerare che nell'ipotesi descritta la parte della plusvalenza realizzata che eccede l'importo di quella latente lorda possa essere considerata anch'essa assorbita nell'importo determinato forfettariamente fino alla cessione della nave.
  La relazione illustrativa precisa, inoltre, che per le navi oggetto di cessione e già di proprietà dell'utilizzatore in periodi d'imposta in cui non era efficace l'opzione per il regime della tonnage tax, qualora dalla vendita dovesse realizzarsi una minusvalenza, l'importo da assoggettare a tassazione in applicazione delle suddette modifiche sarà pari alla plusvalenza latente lorda diminuita dei redditi relativi alla stessa nave, determinati in regime di tonnage tax, fino a concorrenza della stessa plusvalenza latente lorda. Ne deriva che il risultato non potrà mai essere negativo. Le nuove regole, pertanto, non consentono la deduzione di eventuali minusvalenze.
  La lettera b), numero 2), del comma 1, reca modifiche formali dirette a coordinare il comma 2 dell'articolo 158 del TUIR con le disposizioni modificate del comma 1.
  Il comma 2 dell'articolo 24 individua la decorrenza delle modifiche apportate dal comma 1, lettera a). Si prevede, in particolare, che la norma relativa al periodo minimo di 5 anni per rientrare nel regime della tonnage tax si applica soltanto con riferimento alle cause di decadenza dal regime che si verificheranno a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della disposizione.
  Nel caso in cui le cause di decadenza si siano verificate in un periodo d'imposta precedente a quello in corso alla predetta data, l'opzione per il regime di tonnage tax potrà essere nuovamente esercitata una volta decorso il decennio originariamente previsto, secondo quanto disposto dall'articolo 157, comma 5, del TUIR, nella versione previgente.
  Il comma 3 individua la decorrenza delle modifiche di cui al comma 1, lettera b). Viene previsto, in particolare, che il nuovo regime di determinazione della plusvalenza derivante dalla cessione della nave (già di proprietà dell'utilizzatore prima dell'opzione) trova applicazione solo per le opzioni per il regime della tonnage tax esercitate a partire dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in Pag. 98vigore della disposizione. Viene, inoltre, precisato che non costituisce un nuovo esercizio dell'opzione il rinnovo di quelle esercitate precedentemente al periodo d'imposta in corso a detta data.
  Nel caso, invece, di rinnovo delle opzioni per la tonnage tax esercitate nei periodi di imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge, il comma 4 stabilisce che la plusvalenza derivante dalla cessione della nave (già di proprietà dell'utilizzatore in assenza dell'opzione) deve essere calcolata ai sensi dell'articolo 86 del TUIR (plusvalenza realizzata): il costo non ammortizzato è determinato secondo i valori fiscali individuati sulla base delle disposizioni vigenti in assenza dell'esercizio dell'opzione per la tonnage tax (nuovo articolo 158, comma 1, terzo periodo, del TUIR). Tale disposizione trova applicazione anche nell'ipotesi di cessione di navi che costituiscano un complesso aziendale, ovvero nel caso in cui rappresentino l'80 per cento del valore dell'azienda a lordo dei debiti finanziari (articolo 158, comma 3, del TUIR).
  La relazione tecnica al riguardo segnala che tale modalità di definizione determinerà l'azzeramento dell'ammontare delle minusvalenze e nel contempo potrebbe comportare un aumento delle plusvalenze con conseguente incidenza sull'importo del reddito imponibile.
  Il comma 5 dell'articolo 24 prevede che per le opzioni esercitate precedentemente al periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore della disposizione, continuano ad applicarsi, fino al rinnovo delle stesse, le disposizioni di cui all'articolo 158 del TUIR, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della legge in esame.
  I commi da 6 a 10 intervengono sulla disciplina della modalità indiretta dell'obbligo formativo (versamento a istituzioni formative), connesso al regime della tonnage tax.
  Ricorda che l'articolo 157 del TUIR individua due ipotesi che comportano la perdita di efficacia dell'opzione:
   locazione a scafo nudo (senza equipaggio e forniture tecniche) della maggior parte delle navi per la maggior parte dei giorni di utilizzazione;
   mancato rispetto dell'obbligo di formazione dei cadetti: tale obbligo è assolto, alternativamente, con l'imbarco di un allievo ufficiale per ciascuna delle navi rientranti nell'opzione, ovvero mediante il versamento di un importo annuo versato a favore del Fondo nazionale marittimi o di poli formativi accreditati dalle regioni.

  Il comma 6 dell'articolo 24 prevede che non si determina l'automatica decadenza dal regime di tonnage tax nel caso in cui l'importo relativo all'obbligo formativo non versato risulti di entità inferiore alla soglia del 10 per cento dell'importo dovuto e comunque inferiore alla soglia di 10.000 euro. Sull'importo dell'omesso versamento si applica la sanzione del 50 per cento.
  Il comma 7 disciplina una procedura di regolarizzazione dell'omesso versamento per l'obbligo formativo. Entro un anno dalla scadenza prevista è possibile regolarizzare l'omesso versamento, totale o parziale, dell'importo formativo dovuto con l'aggiunta delle sanzioni (20 per cento) e degli interessi legali. Tale «ravvedimento» è precluso nel caso in cui le violazioni siano già accertate da parte degli uffici finanziari.
  Il comma 8 prevede l'emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per definire le modalità attuative dei commi 6 e 7.
  Il comma 9 chiarisce la decorrenza delle norme introdotte dai commi da 6 a 8, le quali si applicano ai versamenti dovuti a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge.
  Il comma 10 prevede un regime transitorio per gli omessi o tardivi versamenti relativi all'obbligo formativo che risultano alla data di entrata in vigore della legge: essi possono essere regolarizzati entro novanta giorni con le modalità che saranno previste dal decreto ministeriale di cui al comma 8.
  Ricorda, in tale contesto, che la legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 725, della Pag. 99legge n. 190 del 2014) con una norma interpretativa, prevede che ai fini dell'effettuazione della ritenuta sui compensi corrisposti a non residenti prevista dall'articolo 25, comma 4, del TUIR, non trova applicazione, per la sussistenza del requisito della territorialità, quanto previsto dall'articolo 4 del Codice della navigazione, secondo cui i vettori marittimi ed aerei italiani che si trovino in luogo non soggetto ad alcuna sovranità statuale, si considerano in territorio italiano. In sostanza, la norma sembra escludere i vettori in questione dalla predetta ritenuta. La disapplicazione della norma illustrata consentirebbe inoltre alle predette navi di accedere al regime agevolato della tonnage tax, il quale prevede, tra i requisiti di accesso, l'utilizzo in traffico internazionale.
  I commi da 11 a 15 dell'articolo 24, introdotti al Senato, recano una delega al Governo ad adottare un decreto legislativo di riordino degli incentivi fiscali, previdenziali e contributivi in favore delle imprese marittime. Il termine per l'esercizio della delega è fissato al 31 luglio 2016.
  La finalità dichiarata della delega è la definizione di un sistema maggiormente competitivo che incentivi gli investimenti nel settore marittimo e favorisca la crescita dell'occupazione e la salvaguardia della flotta nazionale, nel rispetto dei princìpi fondamentali dell'Unione europea e delle disposizioni comunitarie sugli aiuti di Stato e sulla concorrenza.
  I princìpi e criteri direttivi di delega, definiti nel comma 12, prevedono:
   a) la semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi per l'accesso e la fruizione dei benefìci fiscali da parte delle imprese e dei lavoratori di settore;
   b) per le navi traghetto Ro-Ro (traghetti adibiti al trasporto merci) e Ro-Ro/pax (traghetti adibiti al trasporto merci e persone) adibite a traffici commerciali tra porti appartenenti al territorio nazionale, continentale e insulare, anche a seguito o in precedenza di un viaggio proveniente da o diretto verso un altro Stato, l'attribuzione dei benefìci fiscali e degli sgravi contributivi alle sole imprese che imbarchino sulle stesse esclusivamente personale italiano o comunitario.
  In merito a tale criterio di delega segnala l'opportunità di valutare se l'attribuzione dei benefici alle solo imprese che imbarchino esclusivamente personale italiano o comunitario sia coerente coi principi dell'Unione europea e costituzionali, in particolare con il principio di ragionevolezza posto che si limita la possibilità delle imprese a godere dei benefici fiscali qualora queste imbarchino lavoratori extracomunitari.
   c) la semplificazione e riordino della normativa di settore, assicurandone la coerenza logica e sistematica.

  Il comma 13 dell'articolo 24 regola la procedura di esercizio della delega, prevedendo che il relativo decreto legislativo sia adottato su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti anche per i profili finanziari.
  Il comma 14 prevede la possibilità del Governo di adottare disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo entro i ventiquattro mesi successivi alla data sua entrata in vigore.
  Il comma 15 reca la clausola di neutralità finanziaria.
  L'articolo 25 designa l'Agenzia delle dogane e dei monopoli quale amministrazione doganale competente, responsabile a livello nazionale del sistema informativo doganale, in attuazione della Decisione 2009/917/GAI, sull'uso dell'informatica nel settore doganale, che ha sostituito la Convenzione sull'uso dell'informatica nel settore doganale del 26 luglio 1995 (cosiddetta «Convenzione SID»).
  In merito ricorda che il Sistema Informativo Doganale o SID (Customs Information System – CIS) è stato istituito dalla Convenzione SID del 1995 per facilitare lo scambio di informazioni cercando di rinforzare e migliorare la cooperazione fra le Pag. 100dogane. Il SID costituisce, sostanzialmente, una banca dati centrale collegata ad ogni Stato membro, ove sono inserite diverse informazioni relative a dati analiticamente indicati della Convenzione stessa, utili allo scopo di facilitare la prevenzione, la ricerca ed il perseguimento di gravi infrazioni alle leggi nazionali. L'articolo 10 della citata Convenzione attribuiva a ciascun Stato membro la designazione dell'amministrazione doganale, responsabile del sistema informativo doganale. Tale Convenzione è stata ratificata nell'ordinamento nazionale dalla legge n. 291 del 1998; con decreto ministeriale 23 febbraio 2007, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli è stata individuata quale autorità responsabile a livello nazionale del suddetto sistema informativo doganale.
  La Convenzione del 1995 è stata sostituita, a decorrere dal 27 maggio 2011, dalla richiamata Decisione 2009/917/GAI, poiché la suddetta Convenzione non risultava sufficiente a conseguire gli obiettivi di prevenzione, la ricerca e il perseguimento di gravi infrazioni alle leggi nazionali. Le istituzioni comunitarie hanno pertanto deciso l'ampliamento dell'accessibilità di tale sistema anche a Europol (l'Ufficio europeo di polizia) ed Eurojust (l'Unità europea di cooperazione giudiziaria), secondo le modalità dettate dalla nuova Decisione.
  La decisione n. 2009/917/GAI, all'articolo 10, rimanda agli Stati Membri l'individuazione dell'amministrazione doganale competente, responsabile a livello nazionale del sistema informativo doganale. Il paragrafo 2 dell'articolo 10 prevede, inoltre, che l'amministrazione doganale competente è responsabile del corretto funzionamento del sistema informativo doganale nello Stato membro e adotta le misure necessarie per garantire l'osservanza della stessa decisione.
  Il comma 1 dell'articolo 25 designa l'Agenzia delle dogane e dei monopoli quale amministrazione doganale competente, responsabile a livello nazionale del sistema informativo doganale.
  Il comma 2 prevede che l'accesso diretto ai dati inseriti nel sistema informativo doganale è riservato, ai sensi dell'articolo 7 della citata decisione n. 2009/917/GAI, all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in qualità di amministrazione doganale responsabile a livello nazionale, nonché al Corpo della Guardia di Finanza, in qualità di forza di polizia economica e finanziaria a norma del decreto legislativo n. 68 del 2001, il quale attribuisce a tale corpo compiti di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni anche in materia di diritti doganali, di confine e altre risorse proprie nonché di uscite del bilancio dell'Unione europea.
  L'articolo 26, introdotto durante l'esame al Senato, intende porre fine alla procedura di infrazione 2016/0106, avviata tra l'altro per il mancato recepimento della direttiva 2014/86/UE in tema di regime fiscale delle società madri e figlie di Stati membri diversi. Si intende altresì recepire nell'ordinamento la direttiva (UE) 2015/121, sempre avente ad oggetto il trattamento fiscale di dette società.
  Rammenta che i termini di recepimento delle predette direttive sono scaduti il 31 dicembre 2015. La Commissione europea, con la lettera del 26 gennaio 2016 ha comunicato l'emissione di un provvedimento di messa in mora dell'Italia, per il mancato tempestivo recepimento della direttiva 2014/86/UE.
  Ricorda inoltre che la citata direttiva 2014/86/UE ha modificato alcune parti della direttiva 2011/96/UE, che disciplina il regime fiscale applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi. Le norme del 2011 avevano esentato dalle ritenute alla fonte i dividendi e le altre distribuzioni di utili versati dalle società figlie alle proprie società madri, eliminando così la doppia imposizione di tali redditi a livello di società madre.
  Tuttavia, il legislatore europeo è intervenuto nel 2014 per evitare che si creassero, in tal modo, situazioni di doppia non imposizione. In particolare, si è inteso evitare che si generassero vantaggi fiscali involontari per i gruppi di società madri e figlie di Stati membri diversi, rispetto ai gruppi di società di uno stesso Stato membro, derivanti da incongruenze nel trattamento fiscale delle distribuzioni di Pag. 101utili tra Stati membri. A tal fine la direttiva 2014/86/UE prescrive che lo Stato membro della società madre e lo Stato membro della sua stabile organizzazione devono evitare alle suddette società di beneficiare dell'esenzione fiscale applicata agli utili distribuiti, nella misura in cui tali utili siano deducibili per la società figlia.
  In tale contesto il comma 1 dell'articolo 26 modifica la vigente disciplina delle imposte sui redditi (contenuta nel TUIR e nelle disposizioni speciali) al fine di evitare vantaggi fiscali per i gruppi di società madri e figlie di Stati membri diversi, rispetto ai gruppi di società di uno stesso Stato membro, derivanti da incongruenze nel trattamento fiscale degli utili distribuiti nelle legislazioni degli Stati membri. Si dispone quindi che le suddette società non beneficino dell'esenzione fiscale sugli utili distribuiti, nella misura in cui tali utili siano deducibili per la società figlia.
  In particolare il predetto comma 1 dell'articolo 26 apporta modifiche all'articolo 89 del TUIR, che disciplina il trattamento dei dividendi ed interessi per i soggetti sottoposti a IRES, aggiungendovi i commi 3-bis e 3-ter.
  Rammenta che, in relazione agli utili percepiti da soggetti IRES, l'articolo 89, comma 2, del TUIR prevede l'esclusione dalla formazione del reddito della società o dell'ente del 95 per cento degli utili distribuiti da società ed enti commerciali residenti.
  Ai sensi del nuovo comma 3-bis dell'articolo 89 del TUIR, la predetta esclusione da tassazione si applica anche:
   ad alcune specifiche remunerazioni su titoli, strumenti finanziari e contratti, limitatamente al 95 per cento della quota non deducibile (ai sensi dell'articolo 109 TUIR), individuate dall'articolo 109, comma 9, lettere a) e b) del TUIR: si tratta in particolare delle remunerazioni dovute su titoli e strumenti finanziari, comunque denominati (di cui all'articolo 44 TUIR, che individua i redditi di capitale), per la quota che direttamente o indirettamente comporti la partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell'affare in relazione al quale gli strumenti finanziari sono stati emessi, nonché delle remunerazioni derivanti da contratti di associazione in partecipazione e dai contratti di cointeressenza ad utili e perdite d'impresa (di cui all'articolo 2554 del codice civile), allorché sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi;
   alle remunerazioni delle partecipazioni al capitale o al patrimonio e a quelle dei titoli e degli strumenti finanziari del citato articolo 44 del TUIR provenienti da soggetti aventi specifici requisiti di legge: si tratta in particolare dei soggetti individuati dal nuovo comma 3-ter dell'articolo 89 del TUIR, ovvero le società che rivestano le forme individuate dall'UE (in particolare, dall'Allegato I, parte A, della citata direttiva 2011/96/UE). Condizione per l'applicazione dell'esclusione è che nella società sia detenuta una partecipazione diretta nel capitale non inferiore al 10 per cento, ininterrottamente per almeno un anno. Inoltre essa:
    1) deve risiedere, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell'Unione europea, senza essere considerata, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residente al di fuori dell'Unione europea;
    2) deve essere soggetta, nello Stato di residenza, senza possibilità di fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, a una delle imposte sulle società elencate nell'Allegato I, parte B, della citata direttiva o a qualsiasi altra imposta sostitutiva delle stesse.

  Il comma 2 dell'articolo 26 intende rendere applicabile la clausola generale antiabuso contenuta nello Statuto del contribuente anche alla tassazione delle società madri e figlie, modificando a tal fine in più parti l'articolo 27-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, che disciplina il rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti.Pag. 102
  Ricorda che, ai sensi del comma 1 del richiamato articolo 27-bis, le società che detengono una partecipazione diretta non inferiore al 20 per cento del capitale della società che distribuisce gli utili hanno diritto al rimborso delle ritenute sugli utili (disciplinate dall'articolo 27) alle seguenti condizioni:
   a) se rivestono una delle forme riconosciute dall'allegato della direttiva n. 435/90/CEE (direttiva rifusa nella più volte citata direttiva 2011/96/UE in tema di tassazione di società madri e figlie; il riferimento sembra dunque doversi intendere effettuato all'Allegato I, parte A della direttiva del 2011);
   b) risiedono, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell'Unione europea, senza essere considerate, ai sensi di una Convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residenti al di fuori dell'Unione europea;
   c) sono soggette, nello Stato di residenza, senza fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, ad una delle imposte indicate nella predetta normativa UE;
   d) la partecipazione è detenuta ininterrottamente per almeno un anno.

  Il predetto comma 2, alla lettera a) in primo luogo sostituisce il vigente comma 1-bis dell'articolo 27-bis.
  Per effetto di tali modifiche, l'esclusione dalla ritenuta sui dividendi viene estesa anche alle remunerazioni individuate dall'introdotto articolo 89, comma 3-bis del TUIR, in misura corrispondente alla quota non deducibile nella determinazione del reddito della società erogante e purché la remunerazione sia erogata a società con i requisiti indicati nel comma 1 dell'articolo 27-bis. Il comma 1-bis, nella formulazione vigente, estende l'esclusione ad alcuni redditi di capitale individuati all'articolo 44 TUIR, purché la remunerazione e gli utili siano erogati a società aventi i requisiti già illustrati (comma 1 dell'articolo 27-bis) che detengono una partecipazione diretta non inferiore al 20 per cento del capitale della società che, rispettivamente, la corrisponde o li distribuisce.
  La lettera b) del comma 2 dell'articolo 26 sostituisce il comma 5 dell'articolo 27-bis. Il vigente comma 5 reca norme applicative dell'intero articolo 27-bis: in particolare esso trova applicazione per le società, aventi le specifiche caratteristiche di cui al già illustrato comma 1, controllate direttamente o indirettamente da uno o più soggetti non residenti in Stati della Comunità europea, a condizione che dimostrino di non detenere la partecipazione allo scopo esclusivo o principale di beneficiare di tale regime.
  La modifica apportata alla disposizione è volta ad attuare la direttiva (UE) 2015/121, la quale ha modificato la già citata direttiva 2011/96/UE allo scopo di evitare eventuali abusi connessi al regime fiscale di favore introdotto per le società madri/figlie. A tal fine è stata quindi inserita una clausola minima comune antiabuso nella direttiva 2011/96/UE per contrastare una costruzione, o una serie di costruzioni giuridico-economiche non genuine, ossia che non rispecchiano la realtà economica. L'articolo 2 della direttiva (UE) 2015/121 prescrive dunque che i benefici derivanti dalla tassazione UE delle società madri e figlie non si applichino a una costruzione o a una serie di costruzioni poste in essere allo scopo principale – o a uno degli scopi principali – di ottenere un vantaggio fiscale in contrasto con l'oggetto o la finalità della direttiva 2011/96/UE. In particolare, una costruzione o una serie di costruzioni è considerata non genuina nella misura in cui non è stata posta in essere per valide ragioni commerciali che riflettono la realtà economica.
  Il nuovo comma 5 dell'articolo 27-bis dispone quindi l'applicazione delle nuove norme in tema di abuso del diritto, di cui all'articolo 10-bis dello Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000), introdotte in attuazione della delega fiscale dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 218 del 2015. Pag. 103
  Il comma 3 dell'articolo 26 prevede la decorrenza delle norme introdotte dall'articolo, le quali si applicano alle remunerazioni corrisposte dal 1o gennaio 2016.
  Con l'articolo 28, introdotto durante l'esame al Senato, si intende attuare la direttiva (UE) 2015/2060, che ha abrogato la direttiva 2003/48/CE in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi.
  Rammenta che la richiamata direttiva 2003/48/CE intendeva garantire che i redditi da risparmio, corrisposti sotto forma di interessi in uno Stato membro a beneficiari effettivi persone fisiche residenti in un altro Stato membro, fossero soggetti a un'imposizione effettiva secondo la legislazione nazionale di quest'ultimo Stato membro, per eliminare le distorsioni dei movimenti di capitali fra Stati membri incompatibili con il mercato interno. L'ambito di applicazione della direttiva riguardava l'imposizione sui redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi su crediti; essa era applicata agli interessi pagati da un «agente pagatore», ovvero un operatore economico (ad esempio un istituto finanziario, una banca o un fondo di investimento) che pagasse interessi ad un beneficiario effettivo o attribuisse il pagamento di interessi a un beneficiario effettivo residente nel territorio dell'UE. Qualsiasi entità stabilita in un paese dell'UE che effettuasse un pagamento di interessi al beneficiario o attribuisse tale pagamento di interessi direttamente a favore del beneficiario era considerata un «agente pagatore», nel significato inteso dalla direttiva.
  La direttiva 2003/48/CE aveva inoltre posto alcuni specifici obblighi informativi: ove il beneficiario fosse residente in un paese dell'UE diverso da quello in cui fosse stabilito l'agente pagatore, si imponeva a quest'ultimo di comunicare all'autorità competente del Paese di stabilimento alcune informazioni minime, come l'identità e la residenza del beneficiario, il nome o la denominazione e l'indirizzo dell'agente pagatore, il numero di conto del beneficiario o, in assenza di tale riferimento, l'identificazione del credito che producesse gli interessi, nonché informazioni relative al pagamento di interessi.
  Inoltre la direttiva imponeva all'autorità competente del paese dell'UE dell'agente pagatore di comunicare le informazioni minime, almeno una volta all'anno, all'autorità competente del paese dell'UE di residenza del beneficiario effettivo.
  Sul tema dello scambio di informazioni è poi intervenuta la direttiva 2011/16/UE, che ha previsto uno scambio automatico obbligatorio di determinate informazioni tra gli Stati membri, con graduale estensione del suo ambito d'applicazione a nuove categorie di reddito e di capitale, ai fini della lotta contro la frode e l'evasione fiscale transfrontaliere.
  Successivamente la direttiva 2014/107/UE ha modificato la normativa del 2011 per estendere lo scambio automatico obbligatorio di informazioni a una più ampia gamma di redditi, secondo lo standard globale pubblicato dal Consiglio dell'OCSE nel luglio 2014; in particolare si prevede, per l'autorità competente di uno Stato membro, di comunicare all'autorità competente di qualsiasi altro Stato membro informazioni con riferimento a dividendi, plusvalenze, altri redditi finanziari e saldi dei conti correnti. La direttiva 2014/107/UE, il cui ambito di applicazione è generalmente più ampio di quello della direttiva 2003/48/CE, disponeva che, in caso di sovrapposizione, dovesse prevalere la direttiva 2014/107/UE e che in alcuni casi residui si continuasse ad applicare unicamente la direttiva 2003/48/CE. Ciò si traduceva nell'esistenza di due standard di informativa all'interno dell'Unione, con vantaggi reputati dalle Autorità europee come modesti rispetto ai costi derivanti dal doppio standard.
  Con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 28 dicembre 2015 è stata data attuazione – oltre all'accordo FATCA con gli Stati Uniti sullo scambio di informazioni fiscal-finanziarie anche alla predetta direttiva 2014/107/UE.
  In tale complesso quadro normativo la direttiva 2015/2060 ha abrogato la direttiva 2003/48/CE, per evitare doppi obblighi Pag. 104di informativa e ridurre i costi sia per le autorità fiscali che per gli operatori economici, con alcune eccezioni temporanee necessarie per tutelare i diritti acquisiti e con specifiche disposizioni rivolte ai regimi fiscali vigenti in Austria.
  Il legislatore europeo ha dunque predisposto delle specifiche modalità per consentire, nonostante l'abrogazione della direttiva 2003/48/CE, che le informazioni raccolte da agenti pagatori, da operatori economici e dagli Stati membri anteriormente alla data di abrogazione siano trattate e trasferite come previsto inizialmente, e che gli obblighi che sorgono anteriormente a tale data siano soddisfatti. Inoltre, in relazione alla ritenuta alla fonte applicata nel periodo transitorio di cui alla direttiva 2003/48/CE, al fine di tutelare i diritti acquisiti dei beneficiari effettivi, gli Stati membri devono continuare ad accordare crediti o rimborsi come previsto inizialmente e rilasciare, su richiesta, certificati che consentano di garantire che non sia applicata la ritenuta alla fonte.
  Di conseguenza, il comma 1 dell'articolo 28 abroga il decreto legislativo n. 84 del 2005, col quale è stata attuata la direttiva 2003/48/CE, a decorrere dal 1o gennaio 2016.
  Ai sensi del comma 2 fino al 30 aprile 2016 si applicano le seguenti previsioni, contenute nell'articolo 1, rispettivamente ai commi 1 e 3, del predetto decreto legislativo n. 84 del 2005:
   le banche, le società di intermediazione mobiliare, le Poste italiane S.p.a., le società di gestione del risparmio, le società finanziarie e le società fiduciarie, residenti nel territorio dello Stato, comunicano all'Agenzia delle entrate le informazioni relative agli interessi pagati o il cui pagamento è attribuito direttamente a persone fisiche residenti in un altro Stato membro, che ne siano beneficiarie effettive; a tal fine le persone fisiche sono considerate beneficiarie degli interessi se ricevono i pagamenti in qualità di beneficiario finale; le suddette comunicazioni sono, altresì, effettuate da ogni altro soggetto, anche persona fisica, residente nel territorio dello Stato, che per ragioni professionali o commerciali paga o attribuisce il pagamento di interessi alle persone fisiche indicate nel primo periodo; i medesimi obblighi si applicano alle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti;
   le predette comunicazioni sono effettuate, all'atto della riscossione, anche dalle entità alle quali sono pagati o è attribuito un pagamento di interessi a vantaggio del beneficiario effettivo, se residenti nel territorio dello Stato se diverse da:
    a) una persona giuridica;
    b) un soggetto i cui redditi sono tassati secondo i criteri di determinazione del reddito di impresa;
    c) un organismo di investimento collettivo in valori mobiliari.

  Ai sensi del comma 3 dell'articolo 28, continuano ad applicarsi, per le informazioni relative all'anno 2015, le norme (di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 84) che obbligano i suindicati soggetti pagatori (di cui all'articolo 1, commi 1 e 3) a comunicare al fisco alcuni elementi informativi (indicati all'articolo 5), con le modalità e i termini stabiliti dal provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate dell'8 luglio 2005.
  Il comma 4 chiarisce che le comunicazioni di informazioni relative ai pagamenti di interessi effettuati nell'anno 2015 devono essere effettuate entro il 30 giugno 2016, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 18 aprile 2005, n. 84.
  Ai sensi del comma 5, fino al 31 dicembre 2016 si applicano gli obblighi di rilascio dei certificati di cui all'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 84: si tratta dei certificati, rilasciati dall'Agenzia delle entrate con validità di tre anni, al beneficiario effettivo residente nel territorio dello Stato, che può chiedere la non applicazione della ritenuta alla fonte sugli interessi prelevati da Lussemburgo e Austria (autorizzati a ciò dalla direttiva 2003/48/CE).
  Il comma 6 prevede che le norme sul credito d'imposta spettante per l'applicazione della ritenuta prelevata da Austria e Pag. 105Lussemburgo, disciplinato dall'articolo 10 del decreto legislativo n. 84, continuino ad applicarsi con riguardo alla ritenuta alla fonte applicata nel 2016 e negli anni precedenti.
  Ricorda al riguardo che il citato articolo 10 del decreto legislativo n. 84, per eliminare la doppia imposizione che potrebbe derivare dall'applicazione della ritenuta alla fonte prelevata da Austria e Lussemburgo alle condizioni previste dalla normativa UE (di cui all'articolo 11 della direttiva 2003/48/CE) prevede che, se gli interessi percepiti dal beneficiario effettivo residente nel territorio dello Stato sono stati assoggettati alla suddetta ritenuta, sia riconosciuto al beneficiario medesimo un credito d'imposta, determinato con le modalità previste per il credito d'imposta per redditi prodotti all'estero dall'articolo 165 del TUIR.
  L'articolo 29 – introdotto al Senato – interviene sul trattamento fiscale delle attività di raccolta dei tartufi, sottoponendo a ritenuta i compensi corrisposti ai raccoglitori occasionali di tartufi e assoggettando i tartufi all'aliquota IVA del 10 per cento.
  Ricorda che l'articolo 1, comma 109, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) ha previsto, nei confronti dei soggetti che effettuano nell'esercizio d'impresa acquisti di tartufi da raccoglitori dilettanti e occasionali non muniti di partita IVA, l'obbligo di emettere autofattura e di versare all'erario, senza diritto alla detrazione, l'IVA concernente le operazioni autofatturate. In tale quadro si consente agli acquirenti di non dover indicare nell'autofattura le generalità del raccoglitore/cedente, che non è titolare di obblighi contabili.
  I cessionari sono inoltre obbligati a comunicare annualmente alle regioni di appartenenza la quantità del prodotto commercializzato e la provenienza territoriale dello stesso, sulla base delle risultanze contabili. I cessionari sono obbligati a certificare al momento della vendita la provenienza del prodotto, la data di raccolta e quella di commercializzazione.
  In particolare, il comma 1 dell'articolo 29 alla lettera a) abroga il primo e il secondo periodo del descritto comma 109, eliminando quindi l'obbligo di autofatturazione per gli acquirenti di tartufi da raccoglitori dilettanti od occasionali non muniti di partita IVA.
  La lettera b) del comma 1 elimina inoltre il riferimento al raccoglitore dilettante al terzo periodo del comma 109, ferma restando la disposizione che esenta il cedente raccoglitore occasionale non munito di partita IVA da obblighi contabili.
  Il comma 2 inserisce un nuovo articolo 25-quater nel decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, volto a sottoporre a ritenuta i compensi corrisposti ai raccoglitori occasionali di tartufi.
  Ai sensi del comma 1 del nuovo articolo 25-quater, gli acquirenti nell'esercizio d'impresa applicano ai compensi corrisposti ai raccoglitori occasionali di tartufi non identificati ai fini dell'imposta sul valore aggiunto una ritenuta a titolo d'imposta, con obbligo di rivalsa.
  La ritenuta si applica all'aliquota fissata dall'articolo 11 del TUIR per il primo scaglione di reddito – pari al 23 per cento – ed è commisurata all'ammontare dei corrispettivi pagati ridotto del 22 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese di produzione del reddito.
  Il comma 3 dell'articolo 29 inserisce i tartufi nella tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, relativa ai beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento, introducendo in tale ambito un nuovo numero 20-bis), il quale comprende «tartufi freschi, refrigerati o presentati immersi in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze atte ad assicurarne temporaneamente la conservazione, ma non specialmente preparati per il consumo immediato»; conseguentemente, è soppressa l'esclusione del tartufo ai numeri 21 e 70 riguardanti gli ortaggi e le piante mangerecce.
  Il comma 4 dell'articolo 29 regola la decorrenza delle nuove disposizioni, che si applicano alle operazioni effettuate a decorrere dal 1o gennaio 2017. Pag. 106
  Il comma 5 reca la copertura finanziaria dell'articolo 29, prevedendo che alle minori entrate, valutate in 2.660.000 euro per l'anno 2017, in 1.960.000 euro per l'anno 2018 e in 2.200.000 euro a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea.
  In merito alle procedure di pre-contenzioso concernenti l'IVA applicabile alla raccolta dei tartufi, ricorda che nell'ambito della procedura EU-pilot 8123/15/TAXU, avviata a dicembre 2015, la Commissione europea intende valutare la conformità al diritto UE del regime IVA applicabile in Italia all'acquisto di tartufi presso raccoglitori dilettanti od occasionali, introdotto con l'articolo 1, comma 109, della legge 30 dicembre 2004 (legge finanziaria del 2005).
  In base a tale disposizione, i soggetti che nell'esercizio di impresa acquistano tartufi da raccoglitori dilettanti od occasionali non muniti di partita IVA sono tenuti ad emettere autofattura con le modalità e nei termini di cui all'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. I soggetti acquirenti omettono l'indicazione nell'autofattura delle generalità del cedente e sono tenuti a versare all'erario, senza diritto di detrazione, gli importi dell'IVA relativi alle autofatture. D'altro canto, la cessione di tartufo non obbliga il cedente raccoglitore dilettante od occasionale non munito di partita IVA ad alcun obbligo contabile.
  I rilievi della Commissione europea riguardano tre profili:
   in primo luogo, il cedente, ossia un «raccoglitore dilettante od occasionale non munito di partita IVA», non è un soggetto passivo ai fini dell'IVA e pertanto la cessione non dovrebbe rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva 2006/112/CE (cosiddetta direttiva IVA). La misura in questione violerebbe quindi l'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della citata direttiva, il quale stabilisce che sono soggette all'IVA le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;
   la negazione del diritto a detrazione dell'IVA sarebbe in contrasto con l'articolo 1, paragrafo 2, secondo comma della direttiva IVA, in base al quale «l'IVA, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all'aliquota applicabile al bene o servizio in questione, è esigibile previa detrazione dell'ammontare dell'imposta che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo»;
   non esisterebbe un quadro merceologico e fiscale del tartufo nella legislazione italiana, anche se il prodotto è considerato coltivabile secondo la legge n. 752 del 1985, che ne disciplina la raccolta e la commercializzazione. Il tartufo sarebbe esplicitamente escluso dai prodotti agricoli elencati nella tabella A allegata al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, con la conseguenza di essere escluso dal regime speciale per i produttori agricoli. La Commissione europea vorrebbe sapere in quale modo le autorità italiane spiegano questa esclusione.

  Nell'ambito dell'articolo 36, introdotto dal Senato, per quanto riguarda i profili di interesse della Commissione Finanze richiama i commi 2 e 3, i quali autorizzano la CONSOB ad assumere un massimo di 15 unità di personale per lo svolgimento dei compiti connessi all'attuazione della disciplina europea e nazionale in tema di risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori in materia finanziaria e, in particolare, per far fronte alle esigenze connesse all'istituzione dell'apposito organismo, l'Arbitro per le Controversie Finanziarie – ACF.
  Più in dettaglio, il comma 2 autorizza le predette assunzioni per dare piena attuazione agli obblighi discendenti dalla predetta direttiva 2013/11/UE e dalla normativa nazionale di recepimento in materia di risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, secondo cui gli Stati membri agevolano l'accesso alle relative procedure, assicurando il regolare svolgimento dei compiti affidati al predetto Arbitro per le Controversie Finanziarie Pag. 107– ACF, che costituisce l'organismo di risoluzione giudiziale delle controversie individuato dall'articolo 2, commi 5-bis e 5-ter, del decreto legislativo n. 179 del 2007.
  Ricorda che i richiamati commi 5-bis e 5-ter dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 179 sono stati introdotti dal decreto legislativo n. 130 del 2015, col quale è stata attuata nell'ordinamento italiano la richiamata direttiva 2013/11/UE in tema di risoluzione stragiudiziale delle controversie dei consumatori. Le norme introdotte prescrivono che i soggetti vigilati dalla CONSOB aderiscano a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con gli investitori diversi dai clienti professionali. In caso di mancata adesione, si prevede che siano applicate sanzioni sia alle società e agli enti coinvolti, sia alle persone fisiche consulenti finanziari (di cui all'articolo 18-bis del Testo unico della finanza – TUF di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998,).
  Le norme primarie hanno demandato a un regolamento della CONSOB l'individuazione dei criteri di svolgimento delle predette procedure di risoluzione delle controversie e i criteri di composizione dell'organo decidente, in modo che risulti assicurata l'imparzialità dello stesso e la rappresentatività dei soggetti interessati. Detto regolamento, espletate le dovute procedure di consultazione, è stato emanato il 6 maggio 2016: in tal modo si istituisce e si disciplina l'Arbitro per le Controversie Finanziarie – ACF.
  L'Arbitro si occupa delle controversie fra investitori e intermediari relative alla violazione da parte di questi ultimi degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza previsti nei confronti degli investitori, incluse le controversie transfrontaliere e le controversie online dei consumatori (oggetto del Regolamento (UE) n. 524/2013). Sono escluse dalla competenza dell'Arbitro le controversie su somme di denaro aventi un importo superiore a 500.000 euro.
  Al richiamato scopo di assicurare la funzionalità dell'Arbitro, la CONSOB procede mediante selezione pubblica, nel limite di spesa di 625.000 euro per l'anno 2016 e di 1.250.000 euro annui a decorrere dall'anno 2017, ad assumere, con corrispondente incremento massimo di 15 unità della relativa dotazione della pianta organica (per mantenere elevati livelli di vigilanza), di personale che, per i titoli professionali o di servizio posseduti, risulti idoneo all'immediato svolgimento dei compiti connessi alle esigenze legate alla risoluzione stragiudiziale delle controversie dei consumatori in materia finanziaria.
  Il comma 3 reca la copertura finanziaria degli interventi derivanti dal comma 2, cui si provvede mediante utilizzo delle risorse disponibili a legislazione vigente nel bilancio della CONSOB, già destinate a finalità assunzionali.
  Per quanto concerne invece le disposizioni del disegno di legge non attinenti agli ambiti di interesse della Commissione Finanze, gli articoli da 1 a 4 del disegno di legge riguardano disposizioni in materia di libera circolazione delle merci.
  In particolare, l'articolo 1 in materia di qualità e trasparenza della filiera degli oli d'oliva vergini, al fine di definire il Caso EU Pilot 4632/13/AGRI, modifica la legge 13 gennaio 2013, n. 9, con riferimento all'evidenza cromatica dell'indicazione di origine delle miscele degli oli d'oliva e alla previsione di un termine minimo di conservazione degli oli d'oliva. La disposizione conferma l'obbligo di inserire in etichetta la previsione di un termine minimo di conservazione, affidandone l'individuazione ai produttori e rafforzando le sanzioni per le relative violazioni.
  L'articolo 2, relativo all'etichettatura del miele, modifica il decreto legislativo n. 179 del 2004 (di attuazione della direttiva 2001/110/CE) onde risolvere il caso EU Pilot 7400/15/AGRI, riguardante confezioni di mieli commercializzati in Italia ma provenienti da altri Stati membri, sulla cui etichetta era indicata la generica nomenclatura «miscela di mieli originari e non originari della CE», al posto dell'indicazione analitica dei singoli Paesi d'origine in cui il miele era stato raccolto. Senza modificare l'impostazione del decreto legislativo n. 179 del 2004, viene Pag. 108aggiunto all'articolo 3 un nuovo comma 4-bis, volto a escludere dall'obbligo di indicazione analitica dei Paesi di provenienza «i mieli prodotti e confezionati in altri Stati membri nel rispetto delle definizioni e delle norme della direttiva 2001/110/CE». L'articolo 3, in materia di immissione in commercio dei dispositivi medici, reca due novelle, rispettivamente, al decreto legislativo n. 46 del 1997 e al decreto legislativo n. 507 del 1992, sostituendo la locuzione «costi/benefici» con il riferimento al rapporto «rischi/benefici». La modifica interviene in attuazione della rettifica della direttiva 2007/47/CE che modifica due direttive precedenti in materia di dispositivi medici, oltre che una direttiva in materia di biocidi.
  L'articolo 4 estende le sanzioni previste dal decreto legislativo n. 186 del 2011 alle violazioni del regolamento (UE) n. 1297/2014, che modifica il regolamento (CE) n. 1272/2008 in materia di classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele.
  In materia di libera prestazione dei servizi e libertà di stabilimento, l'articolo 5 elimina l'obbligo per le Società Organismi di Attestazione (SOA) che accertano i requisiti degli appaltatori di lavori pubblici, di avere la sede legale in Italia, mantenendo per esse il solo obbligo di avere una sede nel territorio della Repubblica. La norma mira a superare la procedura di infrazione 2013/4212 avviata dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia per aver imposto alle SOA l'obbligo di avere la propria sede legale nel territorio della Repubblica ai sensi dell'articolo 64, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010.
  Il Capo III reca disposizioni in materia di giustizia e sicurezza.
  L'articolo 7 dispone in materia di obbligazioni alimentari, in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, nonché di accesso e utilizzo delle informazioni da parte dell'autorità centrale. La norma consente al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia l'accesso, attraverso l'assistenza di altre pubbliche amministrazioni, alle informazioni contenute in banche dati pubbliche relative alla situazione economica di soggetti obbligati al pagamento di alimenti in favore di familiari. Tali informazioni potranno poi, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, essere trasmesse all'ufficiale giudiziario che procede in via esecutiva per riscuotere i crediti alimentari.
  L'articolo 8 interviene sulle procedure di esecuzione forzata da eseguire in un altro Stato membro dell'Unione europea, prevedendo in particolare che l'atto pubblico certificato come titolo esecutivo europeo è immediatamente applicabile negli altri Stati dell'Unione europea.
  L'articolo 9 estende la disciplina sull'accesso al patrocinio a spese dello Stato, prevista per le controversie transfrontaliere in ambito UE, ai procedimenti per l'esecuzione di obbligazioni alimentari e riconosce il diritto al gratuito patrocinio a tutti coloro che presentano domande inerenti alla sottrazione internazionale di minori. Le domande per l'accesso al patrocinio, presentate attraverso il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia, dovranno essere rivolte al consiglio dell'ordine degli avvocati del luogo nel quale l'obbligo alimentare deve essere eseguito. L'articolo 10 dispone il rilascio di un permesso di soggiorno autonomo ai minori stranieri, anche prima del quattordicesimo anno di età, per dare piena attuazione al regolamento (CE) n. 380/2008 che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi. A tal fine, la norma reca modifiche al Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (decreto legislativo n. 286 del 1998), nonché al regolamento recante le relative norme di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999).
  La sezione II del Capo III, costituita dagli articoli da 11 a 16, è interamente dedicata alla disciplina a favore delle vittime di reati intenzionali violenti.
  L'articolo 11, in attuazione della direttiva 2004/80/CE, riconosce, a carico dello Pag. 109Stato, il diritto all'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, facendo salve le provvidenze in favore delle vittime di determinati reati previste da altre disposizioni di legge, ove più favorevoli. Viene demandata a un decreto interministeriale la determinazione degli importi dell'indennizzo, garantendo un maggior ristoro alle vittime dei reati di violenza sessuale e di omicidio.
  L'articolo 12 delinea le condizioni per l'accesso all'indennizzo.
  L'articolo 13 delinea la procedura per la presentazione della domanda di indennizzo. L'articolo 14 rinomina il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura, estendendolo alle vittime dei reati intenzionali violenti, attribuendo ad esso anche la copertura dei corrispondenti indennizzi. In favore del Fondo è stanziato un contributo statale annuale, a partire dal 2016, pari a 2,6 milioni di euro.
  L'articolo 15 reca modifiche alla disciplina del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, di cui alla legge n. 512 del 1999, e del Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura, di cui alla legge n. 44 del 1999. In particolare, la norma interviene sulla denominazione e la composizione dei Comitati di solidarietà previsti dai citati Fondi, nonché sulle condizioni ostative all'accesso al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura.
  L'articolo 16 reca le occorrenti disposizioni finanziarie.
  In materia di trasporti, l'articolo 17 modifica il decreto-legge n. 457 del 1997, che ha istituito il Registro internazionale italiano delle navi in regime di temporanea dismissione di bandiera, consentendo l'iscrizione anche per le navi che appartengono a soggetti comunitari.
  L'articolo 18 introduce sanzioni nei casi di inosservanza delle prescrizioni dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (ANSF) da parte delle imprese ferroviarie, dei gestori delle infrastrutture e degli operatori di settore.
  L'articolo 27 dispone la soppressione degli articoli 2 e 3 della legge n. 88 del 2001, in materia di investimenti nelle imprese marittime, al fine di sanare la procedura in materia di aiuti di Stato n. SA 38919. L'intervento si rende necessario in quanto il regime delineato in Italia da tali norme, in materia di aiuti al funzionamento dell'industria della costruzione navale, non è più compatibile con il mercato comune, posto che il regolamento (CE) n. 1540/98 ha stabilito come data finale per la concessione degli aiuti il 31 dicembre del 2000, ed è scaduto il 31 dicembre 2003.
  In materia di occupazione, l'articolo 30 interviene sul tema dei diritti dei lavoratori a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, riformulando il decreto legislativo n. 276 del 2003. La disposizione specifica che l'esclusione della natura di trasferimento d'azienda (o di parte d'azienda) è subordinata alla sussistenza di elementi di discontinuità che determinino una specifica identità di impresa ed alla condizione che il nuovo appaltatore sia dotato di propria struttura organizzativa ed operativa.
  Sul punto è aperto il caso EU Pilot 7622/15/EMPL per presunta violazione della direttiva 2001/23/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti.
  In materia di tutela dell'ambiente, l'articolo 31 introduce l'obbligo per i cacciatori di annotare, subito dopo l'abbattimento, sul tesserino venatorio la fauna selvatica stanziale e migratoria abbattuta, a tal fine modificando l'articolo 12 della legge n. 157 del 1992 sulla protezione della fauna selvatica omeoterma e il prelievo venatorio.
  La modifica è volta alla parziale chiusura del caso EU Pilot 6955/14/ENVI. L'articolo 32 modifica in più punti la disciplina nazionale di attuazione della direttiva 2009/31/CE, in materia di stoccaggio geologico del biossido di carbonio, al fine di superare i rilievi nell'ambito del Pag. 110caso EU Pilot 7334/15/CLIM. In particolare, le modifiche hanno ad oggetto le condizioni per il rilascio dell'autorizzazione allo stoccaggio di biossido di carbonio; il riesame e l'aggiornamento dell'autorizzazione allo stoccaggio di biossido di carbonio e le attività sottoposte a vigilanza e controllo.
  Le disposizioni in materia di energia sono contenute all'articolo 33, che reca adattamenti alla normativa nazionale vigente sul «terzo pacchetto energia» (decreto legislativo n. 93 del 2011), al fine di consentire l'archiviazione della procedura di infrazione 2014/2286.
  Gli articoli 34 e 35 apportano modifiche alla citata legge n. 234 del 2012, che regola la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea.
  L'articolo 34 interviene sull'articolo 19 della legge n. 234, sostituendo i termini «direttore della Segreteria del CIAE» e «responsabile della Segreteria del CIAE» con il termine «Segretario del CIAE», onde chiarire che a quest'ultimo saranno demandati determinati compiti.
  L'articolo 35 interviene invece sul Capo VIII della legge n. 234 (relativo agli Aiuti di Stato, articoli 44-52) con numerose disposizioni che:
   modificano la disciplina della notifica alla Commissione europea di eventuali misure di concessione di aiuti di Stato alle imprese;
   prevedono una «cabina di regia» unica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso il sistema di notificazione elettronica;
   disciplinano le azioni di recupero di aiuti di Stato rivelatisi illegali, in quanto non compatibili con il mercato interno.

  L'articolo 37 reca la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo un'eccezione esplicita per gli articoli 6, 9, 10, 16, 20, 21, 29 e 36, che dispongono una clausola di copertura autonoma.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già prevista per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 10.55.

RISOLUZIONI

  Martedì 24 maggio 2016. — Presidenza del vicepresidente Paolo PETRINI. – Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 10.55.

7-00976 Pelillo: Modifiche alla disciplina in materia di riscossione.
(Seguito della discussione e conclusione – Approvazione).

  La Commissione prosegue la discussione della risoluzione, rinviata nella seduta del 3 maggio 2016.

  Il Viceministro Enrico ZANETTI non ritiene di esprimere alcun rilievo sulla risoluzione.

  Michele PELILLO (PD), alla luce della valutazione positiva espressa su di essa dal Viceministro, chiede di procedere alla votazione della risoluzione.

  La Commissione approva la risoluzione.

7-00964 Laffranco: Estensione del regime tributario della cedolare secca alle locazioni a uso diverso dall'abitazione.
(Discussione e rinvio).

  La Commissione inizia la discussione della risoluzione.

  Pietro LAFFRANCO (FI-PdL) illustra la propria risoluzione, la quale sottopone all'attenzione del Governo la questione Pag. 111dell'estensione del regime tributario della cedolare secca alle locazioni a uso diverso dall'abitazione.
  Ricorda innanzitutto che, da lungo tempo, nel nostro Paese si è alla ricerca di soluzioni in grado di far fronte all'annosa questione delle abitazioni, cioè di soddisfare la domanda di servizi abitativi da parte non solo degli indigenti, ma anche, ormai, da parte di famiglie e soggetti appartenenti alle classi medie e ai ceti impiegatizi.
  Sottolinea quindi come una caratteristica del mercato dell'edilizia residenziale in Italia sia data dal fatto che esso è fortemente spostato sulla proprietà, a discapito dell'affitto. In tale ambito rileva come il confronto con altri Paesi europei, dove la maggioranza della popolazione vive in case di cui non ha la proprietà, faccia ritenere molto spesso come negativa tale peculiarità italiana, poiché l'offerta deficitaria delle abitazioni in affitto ostacola lo sviluppo dell'economia, frenando la mobilità territoriale della forza lavoro e riflettendosi negativamente sul benessere delle famiglie, le quali sono costrette a destinare quote crescenti del loro reddito al pagamento dei canoni.
  Ricorda che, tra le varie motivazioni addotte per giustificare la dimensione asfittica del mercato degli immobili residenziali in locazione nel nostro Paese, si richiama in particolare la bassa redditività del capitale investito in quest'attività, insufficiente per attrarre adeguati volumi di risorse finanziarie nel settore, con conseguente lenta crescita dell'offerta di abitazioni in affitto. Date tutte le altre condizioni, un elemento al quale si imputa la scarsa disponibilità degli investitori di professione a riversare risorse nell'edilizia residenziale per l'affitto, nonché la propensione dei risparmiatori a preferire l'allocazione dei loro risparmi in attività diverse da quelle immobiliari, è l'elevato livello di pressione fiscale che graverebbe sui ricavi da canoni.
  In merito rammenta che, con il decreto legislativo n. 23 del 2011, in materia di federalismo municipale, è stata istituita la cedolare secca sugli affitti, vale a dire la possibilità, per i proprietari di immobili concessi in locazione, di optare, in luogo dell'ordinaria tassazione IRPEF sui redditi dalla locazione, per un regime sostitutivo, che assorbe anche le imposte di registro e bollo sui contratti, le cui aliquote sono pari al 21 per cento per i contratti a canone libero ed al 19 per cento per quelli a canone concordato.
  Rileva come il principale scopo affidato a questo regime di tassazione dei canoni degli immobili residenziali sia il rilancio del mercato degli affitti: infatti, incentivando i proprietari a locare un maggior numero di alloggi, se ne aumenta l'offerta nel breve periodo, ma, come dimostrato da illustri economisti, la riduzione del carico fiscale sui canoni produce effetti benefici anche nel medio e lungo periodo; infatti, tale misura, oltre a mettere nuovamente in circolazione il patrimonio immobiliare esistente, rende elastica l'offerta di nuove case, poiché la riduzione delle imposte sui canoni di locazione, con il conseguente aumento della redditività netta degli investimenti, spinge verso il mercato dell'edilizia residenziale capitali per la costruzione di nuove abitazioni destinate all'affitto.
  L'applicazione della cedolare secca comporta un forte vantaggio fiscale sia per i proprietari dell'appartamento concesso in affitto, sia per gli inquilini stessi, poiché la registrazione del contratto assorbe ben 5 tasse diverse, dall'imposta di bollo e di registro alle addizionali IRPEF sul reddito, ma soprattutto perché gli inquilini avranno da parte loro la certezza di non vedersi aumentare l'affitto nel corso del contratto, in quanto il proprietario che opta per la cedolare secca rinuncia all'adeguamento ISTAT del canone.
  Segnala quindi come l'istituzione della cedolare secca abbia comportato notevoli vantaggi anche dal punto di vista economico: i dati mostrano infatti che, in soli tre anni (2011-2013), si è passati da poco più di mezzo milione a più di un milione di locazioni cui si applica la cedolare secca, per un ammontare di imponibile di circa 7,5 miliardi di euro (+26 per cento rispetto al 2012) e un'imposta dichiarata Pag. 112di 1,5 miliardi di euro. La crescita nel triennio 2011-2013 del meccanismo impositivo della cedolare secca è in particolare dovuta al successo di questa forma di tassazione nelle regioni del Centro sud, dove il numero di chi ha optato per tale regime, stando alle successive rielaborazioni de Il Sole 24 ore sui dati del Ministero dell'economia e delle finanze, è più che raddoppiato in Molise, Abruzzo, Basilicata, Sardegna, Calabria e Sicilia, contribuendo in parte all'emersione degli affitti in nero.
  Nel complesso, nel 2013, in quasi due casi su tre, i locatori abbiano preferito optare per il regime fiscale della cedolare secca, piuttosto che sommare il reddito da affitto al proprio imponibile IRPEF.
  Osserva inoltre come, per ridare movimento agli affari delle imprese sul territorio e soprattutto per stimolare il commercio e il rifiorire dei negozi di vicinato, si potrebbe estendere i positivi esperimenti fatti nel campo dell'affitto residenziale, attraverso la cedolare secca ed il canone concordato, anche al settore commerciale. In proposito un'indagine condotta da Anama-Confesercenti dell'anno scorso mostra come, dopo due anni di dura crisi economica, il commercio italiano sia totalmente in ginocchio, con 300.000 attività chiuse negli anni più bui della recessione, ovvero dal 2012 al 2015. Sebbene molti osservatori e analisti sostengano che la ripresa sia già iniziata, va rilevato come tale mercato porti ancora i segni di un'economia che ha visto chiudere oltre 600.000 negozi, oggi sfitti, e come, a fronte della crescita, negli ultimi 7 anni, del comparto turistico ricettivo e del commercio ambulante, si si a verificata una forte riduzione dei negozi tradizionali.
  In uno scenario nel quale circa un negozio su quattro è sfitto, serve dunque un insieme di politiche pubbliche in grado di accompagnare la crescita del Paese: a tal fine nessuna agevolazione potrebbe, meglio di una misura legata all'affitto del locale in cui svolgere la propria attività, aiutare tanti nuovi imprenditori ad affrontare il mercato e avviare la propria attività.
  Ritiene quindi che, alla luce degli efficaci risultati derivanti dall'attuazione dello strumento della cedolare secca nel settore residenziale, sia più che opportuno estendere tale misura anche alle locazioni commerciali e istituire contratti a canone agevolato, con relativo sgravio fiscale per il proprietario, ad un comparto, quello aziendale, legato ancora alle normative e alle tipologie contrattuali degli anni Ottanta.
  In questo modo si renderebbe senz'altro più interessante per i proprietari privati l'affitto ad aziende e con ogni probabilità si ridurrebbe la grande quantità di immobili commerciali oggi sfitti con la naturale conseguenza dell'aumento del numero di locazioni gestite sul mercato e la riduzione delle tempistiche medie delle trattative.
  Alla luce delle considerazioni svolte, la risoluzione impegna il Governo ad assumere iniziative per estendere le norme attualmente in vigore sulla cedolare secca anche alle locazioni ad uso diverso dall'abitazione.
  Auspica quindi che il suo atto di indirizzo possa essere oggetto di attenta riflessione da parte della Commissione e del Governo e possa esser approvato quanto prima. In considerazione del carattere politicamente impegnativo della risoluzione, si dichiara altresì disponibile a valutare le eventuali modifiche al testo che si rendessero necessarie per giungere a una soluzione positiva e condivisa della questione.

  Il Viceministro Enrico ZANETTI, nel sottolineare come il Governo condivida l'obiettivo di sostenere la ripresa del mercato immobiliare e sia costantemente impegnato a porre in essere misure in tal senso, ricorda come l'introduzione del trattamento fiscale agevolato della cedolare secca a favore del settore residenziale fosse volta innanzitutto a fare emergere il cosiddetto «sommerso» nel settore degli affitti ad uso abitativo. Al riguardo osserva come tale motivazione non possa sostenere l'estensione del regime della cedolare secca agli immobili locati ad uso commerciale, per i quali il fenomeno degli affitti in nero non ha evidentemente una dimensione rilevante, Pag. 113posto che tali immobili vengono utilizzati per lo svolgimento di attività imprenditoriali e che sussiste in tali casi un conflitto di interessi, il quale induce a dichiarare i contratti di locazione.
  Osserva inoltre come gli effetti finanziari dell'intervento proposto dalla risoluzione risultino, in base a una prima stima, molto rilevanti, essendo quantificabili in circa 1,5 miliardi di euro; si riserva comunque di effettuare un'ulteriore riflessione sulla questione posta dalla risoluzione.

  Paolo PETRINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito della discussione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 11.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

RISOLUZIONI

7-00553 Pagano: Misure a sostegno del credito in favore dei soggetti esercenti impianti fotovoltaici di produzione di energia.

7-00914 Paglia: Modifiche alla disciplina delle mutue di autogestione con finalità di finanza mutualistica e solidale.