CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 21 aprile 2016
630.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 21 aprile 2016. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.

  La seduta comincia alle 14.20.

Documento di economia e finanza 2016.
Doc. LVII, n. 4 e Allegati.

(Parere alla V Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 20 aprile 2016.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che il Governo ha trasmesso alcune correzioni al Documento di economia e finanza 2016.

  Giulio Cesare SOTTANELLI (SCpI), relatore, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato).

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 14.25.

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ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 21 aprile 2016. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.

  La seduta comincia alle 14.30.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della delega in materia di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).
Atto n. 291.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto in oggetto.

  Andrea GIORGIS (PD), relatore, osserva che lo schema di decreto legislativo in esame (Atto del Governo n. 291) reca disposizioni per l'attuazione della delega contenuta nell'articolo 5, comma 1, della legge n. 124 del 2015, recante riforma della pubblica amministrazione.
  Come chiarisce il secondo comma dell'articolo 1, il legislatore delegato ha scelto di attuare la delega prevista dall'articolo 5 con l'adozione di più decreti legislativi. Lo schema di decreto in esame detta alcune disposizioni generali applicabili ai procedimenti relativi alle attività non assoggettate ad autorizzazione espressa e delimita gli ambiti dei relativi regimi amministrativi. Viene rinviata, invece, a successivi decreti legislativi la individuazione dei procedimenti da ricondurre ai quattro regimi amministrativi definiti nella norma di delega, ossia: segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) di cui all'articolo 19 della legge n. 241 del 1990; silenzio assenso di cui all'articolo 20 della legge n. 241 del 1990; comunicazione preventiva; autorizzazione espressa.
  Il provvedimento in esame consta di 4 articoli. L'articolo 1 individua l'oggetto del decreto trasmesso alle Camere per il parere e dei successivi decreti da emanare per l'attuazione della disposizione di delega. L'articolo 2 disciplina la predisposizione dei moduli unificati e standardizzati per la presentazione di istanze, segnalazioni e comunicazioni alle pubbliche amministrazioni, ne regola le modalità di pubblicazione sui siti delle amministrazioni e prevede sanzioni per la mancata pubblicazione. L'articolo 3 introduce una disciplina per la concentrazione dei regimi amministrativi (cosiddetta SCIA unica). L'articolo 4 delimita l'ambito di applicazione soggettivo delle disposizioni del decreto. La norma di delega prevede la possibilità di emanare eventuali disposizioni integrative e correttive entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
  Quanto alla disposizione di delega di cui al citato articolo 5, comma 1, della legge 7 agosto 2015, n. 124, essa ha un duplice oggetto: la precisa individuazione dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività o di silenzio assenso, nonché quelli per i quali è necessaria l'autorizzazione espressa e di quelli per quali è sufficiente una comunicazione preventiva e l'introduzione di una disciplina generale delle attività non assoggettate ad autorizzazione preventiva espressa. Il termine per l'esercizio della delega è di un anno dalla data di entrata in vigore della legge (28 agosto 2016). La disposizione di delega richiama, innanzitutto, i principi e i criteri direttivi desumibili dagli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che disciplinano la segnalazione certificata di inizio attività e il silenzio assenso della amministrazione.
  Gli altri principi e criteri direttivi indicati al comma 1 dell'articolo 5 sono i principi del diritto dell'Unione europea relativi all'accesso alle attività di servizi, nonché i principi di ragionevolezza e proporzionalità. Per quanto concerne l'ambito di applicazione, la direttiva si applica a tutti i servizi non esplicitamente esclusi dalla stessa, intendendosi per «servizio» le Pag. 10prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, come stabilito all'articolo 57 TFUE. In Italia, la direttiva è stata recepita con il decreto legislativo n. 59 del 2010, che all'articolo 14 stabilisce il principio in base al quale i «regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione, di proporzionalità». Nell'oggetto della delega è compresa altresì l'introduzione della disciplina generale delle «attività non assoggettate ad autorizzazione preventiva espressa».
  La formulazione ha un contenuto piuttosto ampio e innovativo, in quanto nelle «attività non assoggettate ad autorizzazione preventiva espressa» sembrano rientrare le attività soggette a SCIA, a silenzio assenso o a mera comunicazione preventiva. L'intento del legislatore è di introdurre nell'ordinamento delle norme generali comuni a diversi regimi di semplificazione previsti dalla legge n. 241 del 1990 per i procedimenti a istanza di parte, accomunati dal fatto di consentire un'attività senza necessità di un provvedimento espresso dell'amministrazione. Tra i contenuti di tale disciplina generale certamente rientrano, per espressa previsione del comma 1 dell'articolo 5, la definizione: delle modalità di presentazione e dei contenuti standard degli atti degli interessati e di svolgimento della procedura, anche telematica; degli strumenti per documentare o attestare gli effetti prodotti dai predetti atti; dell'obbligo di comunicare ai soggetti interessati, all'atto della presentazione di un'istanza, i termini entro i quali l'amministrazione è tenuta a rispondere ovvero entro i quali il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda. Il comma 2 dell'articolo 5 reca la procedura di adozione dei decreti legislativi di cui al comma 1. Il comma 3 prevede la possibilità di emanare eventuali disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi di cui al comma 1, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno di essi.
  Passando all'esame del quadro normativo di riferimento, l'autorizzazione si definisce come l'atto con cui la pubblica amministrazione, su istanza dell'interessato, rimuove un limite legale posto all'esercizio di un'attività inerente un diritto soggettivo o una potestà pubblica preesistenti in capo al destinatario. Il tradizionale sistema di autorizzazione è basato sull'emanazione di provvedimenti espressi. Le ipotesi tradizionalmente assoggettate a regime autorizzatorio hanno come campo di applicazione principale le iniziative economiche dei privati. Pertanto, le autorizzazioni sono state oggetto di numerosi tentativi di riforma, legati alle politiche di liberalizzazione dei mercati che, anche sotto l'influenza determinante del diritto comunitario, hanno caratterizzato la storia amministrativa più recente. La liberalizzazione delle attività private e la semplificazione procedimentale sono state perseguite utilizzando strumenti quali la dichiarazione di inizio attività e il silenzio assenso, disciplinati in generale nel capo IV della legge 7 agosto 1990, n. 241 intitolato alla «semplificazione dell'attività amministrativa», nonché previste da numerose altre disposizioni afferenti a discipline settoriali.
  I due strumenti presentano caratteristiche profondamente diverse. La denuncia di inizio attività (ora segnalazione certificata di inizio attività) rappresenta una misura di liberalizzazione dell'attività del privato, in quanto sostituisce al potere autorizzatorio della pubblica amministrazione, finalizzato all'emanazione di un atto di consenso all'esercizio dell'attività, il diritto ex lege del privato di svolgere un'attività avviandone l'esercizio previa dichiarazione (ora segnalazione). Resta in capo all'amministrazione un potere di controllo, privo di discrezionalità, della corrispondenza di quanto dichiarato dal privato con i presupposti e i requisiti previsti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale.
  Al pari della denuncia di inizio attività, anche il silenzio assenso è ispirato ad una logica di semplificazione dei rapporti tra privati e pubblica amministrazione, ma con caratteristiche strutturali diverse. Si tratta, infatti, di una particolare qualificazione Pag. 11giuridica dell'inerzia dell'amministrazione nei procedimenti ad istanza di parte, in base alla quale, decorso il termine per provvedere senza che l'amministrazione si sia pronunciata, l'istanza presentata dal privato si considera accolta. Pertanto, il silenzio assenso non elimina il regime autorizzatorio, ossia il fatto che sia necessario un provvedimento amministrativo di autorizzazione, bensì semplifica il procedimento per ottenere tale autorizzazione.
  Inoltre, è diverso il campo di applicazione dei due istituti: mentre, infatti, la denuncia di inizio attività (ora SCIA) riguarda settori dove sono previste autorizzazioni aventi carattere vincolato, il silenzio assenso opera in procedimenti in cui sono previste autorizzazioni a carattere discrezionale. Nella versione originaria contenuta negli articoli 19 e 20 della legge n. 241 del 1990, entrambi i regimi della denuncia di inizio attività e del silenzio assenso erano individuati mediante rinvio a regolamenti del Governo. Pertanto il campo di applicazione veniva delimitato dalla ricognizione effettuata per ciascuna fattispecie, che si applicava solo ai procedimenti ricompresi nei due regolamenti. Le riforme succedutesi negli anni seguenti sono andate nella direzione di ampliare il campo di applicazione degli istituti, modificando radicalmente la logica originaria: gli istituti divengono una regola generale, salvo assegnare alla normativa regolamentare il ruolo di stabilire le eccezioni in cui l'istituto non trova applicazione. Con tale finalità, le disposizioni generali contenute nella legge n. 241 del 1990 sono state oggetto di ripetuti interventi di riforma. Al contempo, non sono mancati interventi volti a promuovere una sostanziale liberalizzazione delle attività economiche attraverso l'introduzione di norme generali tese a delimitare l'ambito di applicazione delle autorizzazioni, configurandolo come ipotesi residuale.
  Tuttavia, l'efficacia dei due strumenti della SCIA e del silenzio assenso è stata nella prassi ridimensionata per il numero e la rilevanza delle eccezioni al regime disciplinato dagli articoli 19 e 20, che sono stati talmente significativi da attenuare l'impatto della disciplina generale. Viene altresì in rilievo il fatto che l'applicazione concreta delle due fattispecie, al di fuori dei casi oggetto di norme speciali, è stata di fatto rimessa al prudenziale apprezzamento delle amministrazioni, determinando numerose incertezze interpretative. In tale contesto è pertanto nata l'esigenza di operare una ricognizione specifica dei regimi applicabili alle attività private, come richiesto dalle disposizioni della delega contenuta nell'articolo 5 della legge di riforma n. 124 del 2015. Già in passato erano state assunte iniziative di tal genere, ma senza esito.
  Il decreto-legge n. 1 del 2012 (articolo 1, comma 3) autorizzava il Governo ad adottare uno o più regolamenti di delegificazione per individuare le attività per le quali permane l'atto preventivo di assenso dell'amministrazione, nonché per disciplinare i requisiti per l'esercizio delle attività economiche, nonché i termini e le modalità per l'esercizio dei poteri di controllo dell'amministrazione, individuando le disposizioni di legge e regolamentari dello Stato che vengono abrogate a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti stessi. Il decreto-legge n. 5 del 2012 (articolo 12, comma 4) stabiliva che con i medesimi regolamenti fossero altresì individuate le attività sottoposte ad autorizzazione, a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) con asseverazioni, a SCIA senza asseverazioni, a mera comunicazione e quelle del tutto libere. Tali disposizioni non hanno avuto seguito e, una volta entrate in vigore le nuove disposizioni dell'articolo 5 della legge di riforma della p.a., sono state abrogate dal decreto legislativo n. 10 del 2016.
  Passando a una descrizione sintetica dei due istituti, l'articolo 19 della legge n. 241 del 1990 prevede la sostituzione del regime delle autorizzazioni amministrative concernenti l'esercizio delle attività economiche private con dichiarazioni sostitutive da parte dei soggetti privati interessati. Tale istituto è stato oggetto di numerosi interventi legislativi volti a migliorare l'efficacia e ad ampliare l'impatto della disciplina. Pag. 12Nella sua originaria configurazione, la denuncia di inizio attività, introdotta nell'ordinamento dalla legge n. 241 del 1990 (articolo 19), era un istituto volto a semplificare il complesso regime delle autorizzazioni (intese in senso lato) concernenti l'esercizio di attività economiche private, attraverso la sostituzione degli atti amministrativi lato sensu ampliativi (autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato) con dichiarazioni da parte dei privati interessati, nei soli settori tassativamente indicati a livello regolamentare, alle condizioni e con i limiti previsti dal medesimo articolo 19.
  Un primo significativo intervento di riforma è stato realizzato con la legge n. 537 del 1993, che, novellando l'articolo 19, ha in sostanza trasformato la DIA da istituto eccezionale a istituto generale, ammesso in tutti i casi in cui il provvedimento ampliativo è configurabile come atto vincolato, con le sole eccezioni stabilite a livello regolamentare (articolo 2, commi 10 e 11, della legge n. 257 del 1993).
  A seguito della presentazione della denuncia del privato l'amministrazione competente aveva, entro e non oltre 60 giorni, il potere-dovere di verificare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge e disporre, se del caso, con provvedimento motivato, il divieto di prosecuzione dell'attività e la rimozione dei suoi effetti (salva l'eventuale possibilità per l'interessato di conformare alla normativa vigente l'attività ed i suoi effetti entro un termine prefissatogli dall'amministrazione). Il privato doveva attendere il decorso del termine per poter avviare l'attività denunciata.
  Successivamente, al fine di ampliare ulteriormente le ipotesi nelle quali può essere svolta una attività senza richiedere alle pubbliche amministrazioni provvedimenti di licenza, autorizzazione, permesso ovvero l'iscrizione in albi o ruoli, l'articolo 19 della legge n. 241 del 1990 è stato interamente riscritto dal decreto legge n. 35 del 2005, che ha introdotto una nuova disciplina dell'istituto della denuncia di inizio attività, ridenominata dichiarazione di inizio attività (DIA).
  La nuova DIA poteva surrogare una serie di atti amministrativi ampliativi (autorizzazioni, licenze, concessioni «non costitutive», permessi o nulla-osta comunque denominati), fra i quali la nuova formulazione ricomprendeva espressamente le «domande» per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale (fino ad allora non incluse).
  Il campo di applicazione dell'istituto incontrava alcune eccezioni per una serie di atti rilasciati dalle amministrazioni preposte ad interessi particolarmente sensibili, e per gli atti amministrativi imposti dalla normativa comunitaria.
  Tra le novità procedurali introdotte, oltre a una generale riduzione dei termini (in particolare, la riduzione da 60 a 30 giorni dalla presentazione della DIA del termine per poter iniziare l'attività con contestuale comunicazione all'amministrazione), vi era il divieto alla pubblica amministrazione competente di richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità le quali siano attestate in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. L'ampliamento del campo di applicazione della DIA era comunque ridimensionato: in primo luogo, dalla salvaguardia delle discipline speciali, per cui erano salve le disposizioni di legge vigenti che prevedevano termini diversi per l'inizio dell'attività e per l'adozione da parte dell'amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti e, in secondo luogo, dal contestuale riconoscimento del potere dell'amministrazione competente di assumere «comunque» determinazioni in via di «autotutela», in particolare: la revoca e l'annullamento d'ufficio del provvedimento.
  A distanza di qualche anno, l'articolo 9, commi 3, 4 e 5, della legge n. 69 del 2009, insieme con l'articolo 85, comma 1, del decreto legislativo n. 59 del 2010, hanno apportato alcune parziali modifiche alla disciplina della DIA. Un intervento riformatore più ampio è invece attuato con Pag. 13l'articolo 49, comma 4-bis, del decreto legge n. 78 del 2010, che ha interamente riscritto l'articolo 19 della legge n. 241 del 1990 prevedendo la trasformazione della dichiarazione di inizio attività (DIA) in segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). Tale riforma risponde all'esigenza di liberalizzare l'attività d'impresa, consentendo di iniziare immediatamente l'attività stessa.
  Il principale aspetto di novità della nuova disciplina è dato dal fatto che la SCIA consente l'immediato inizio dell'attività segnalata, senza necessità di attendere la scadenza di alcun termine, ciò traducendosi in una sostanziale accelerazione e semplificazione rispetto alla precedente disciplina.
  Con la presentazione di tale segnalazione, il soggetto può dare inizio all'attività, mentre l'amministrazione, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti legittimanti, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salva la possibilità che l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione. Al soggetto interessato, dunque, si riconosce la possibilità di dare immediato inizio all'attività, fermo restando l'esercizio dei poteri di controllo e inibitori da parte della pubblica amministrazione, ricorrendone gli estremi.
  Dopo l'introduzione della SCIA con la integrale riscrittura dell'articolo 19, la nuova disciplina è stata oggetto di ulteriori affinamenti e interventi correttivi, che si sono concentrati su alcuni aspetti della disciplina. All'esito di tali interventi: è espressamente sancita l'applicabilità della SCIA a tutte le tipologie di intervento edilizio soggette in precedenza al regime della DIA, la quale è rimasta solo per determinate ipotesi. Inoltre sono dimezzati i tempi per i controlli delle amministrazioni sugli interventi realizzati con la SCIA in edilizia, passando, per le verifiche ex post, da 60 a 30 giorni; è stato esplicitato che la SCIA, così come la dichiarazione e la denuncia di inizio attività, non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare le amministrazioni competenti ad effettuare gli adempimenti previsti e, in caso di inerzia, possono esperire esclusivamente l'azione avverso il silenzio; si chiarisce che la segnalazione deve essere accompagnata da attestazioni ed asseverazioni da parte dei tecnici soltanto nei casi previsti dalla normativa vigente; è stata eliminata la possibilità per l'amministrazione di esercitare i poteri di autotutela di cui agli articoli 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990 e, al contempo, sono stati ridefiniti i limiti entro i quali l'amministrazione può intervenire (con poteri inibitori, repressivi e conformativi) sulle attività avviate in base a SCIA.
  L'articolo 20 della legge n. 241 del 1990 include il silenzio assenso tra gli istituti di semplificazione amministrativa. Come per la denuncia di inizio attività, l'originaria formulazione dell'articolo 20, della legge n. 241 del 1990 prevedeva la determinazione con regolamento governativo dei casi in cui la domanda da parte dei privati di rilascio di autorizzazioni, licenze, nulla osta o altri atti di consenso necessari per lo svolgimento di una loro attività si considerava accolta qualora non venga comunicato agli interessati, entro i termini stabiliti in relazione ai vari tipi di atto, il provvedimento di diniego, fermo restando il potere di annullamento dell'atto di assenso illegittimamente formato.
  La disciplina è stata riformata nel 2005 che ha generalizzato il ricorso all'istituto (articolo 21, della legge n. 15 del 2005 e articolo 3 del decreto legge n. 35 del 2005), stabilendo, in particolare, che: in tutti i procedimenti a istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, esclusi quelli disciplinati dall'articolo 19, della legge n. 241 del 1990 (segnalazione certificata di inizio attività), «il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda», se la stessa amministrazione non comunica all'interessato, nel termine indicato dalla legge o dai regolamenti (ai Pag. 14sensi dell'articolo 2, della legge n. 241 del 1990), il provvedimento di diniego; il silenzio assenso non opera qualora l'amministrazione competente indica, nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell'istanza, una conferenza di servizi, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati; nei casi in cui il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, dopo la scadenza del termine l'amministrazione competente può in ogni caso assumere determinazioni in via di autotutela, ossia annullare o revocare l'atto implicito di assenso (articoli 21-quinquies e 21-nonies, della legge n. 241 del 1990).
  La norma, peraltro, contempla un rilevante numero di eccezioni. Il silenzio assenso, infatti, non opera: per gli atti e i procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità; nei casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali; nei casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza; per gli atti e procedimenti individuati con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri adottati su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti. Occorre comunque sottolineare che l'evoluzione normativa più recente ha significativamente ampliato il campo di applicazione dell'istituto. In particolare, per quanto concerne le attività previste nella cosiddetta «direttiva servizi» e disciplinate dal decreto legislativo n. 59 del 2010, come modificata dal decreto legislativo n. 147 del 2012, si stabilisce che ai fini del rilascio del titolo autorizzatorio riguardante l'accesso e l'esercizio delle attività di servizi si segue, ove non diversamente previsto, il procedimento di cui all'articolo 20 della legge n. 241 del 1990 (articolo 17). In ambito edilizio, l'articolo 5 del decreto legge n. 70 del 2011, ha completamente ridisegnato l’iter procedimentale per il rilascio del permesso di costruire, ha previsto, tra le maggiori novità, l'introduzione del silenzio assenso in luogo del precedente regime basato sul silenzio rifiuto.
  Passando al contenuto dello schema di decreto legislativo, l'articolo 1, sotto la rubrica «Libertà di iniziativa privata», individua l'oggetto dello schema di decreto, costituito dalla disciplina generale applicabile ai procedimenti relativi alle attività private non soggette ad autorizzazione espressa e dalla delimitazione dei relativi regimi amministrativi (comma 1). Con riferimento a tale individuazione, occorre tuttavia precisare che le uniche disposizioni generali applicabili sono quelle dell'articolo 2, ossia la disciplina per la predisposizione dei moduli unificati e standardizzati per la presentazione da parte dei privati di istanze, segnalazioni, comunicazioni. L'articolo 3, che completa la disciplina positiva dello schema, si riferisce infatti alla disciplina della SCIA. Si ricorda, inoltre, che nell'ambito della disciplina generale, la disposizione di delega (articolo 5, comma 1, della legge n. 124 del 2015) include la definizione: delle modalità di presentazione e dei contenuti standard degli atti degli interessati e di svolgimento della procedura, anche telematica; degli strumenti per documentare o attestare gli effetti prodotti dai predetti atti; dell'obbligo di comunicare ai soggetti interessati, all'atto della presentazione di un'istanza, i termini entro i quali l'amministrazione è tenuta a rispondere ovvero entro i quali il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda. A tale riguardo, lo schema di decreto trasmesso non prevede l'obbligo da ultimo richiamato.
  Al comma 2, l'articolo 1 indica l'oggetto dei decreti legislativi successivi con cui si procederà ad individuare, a completamento della delega dell'articolo 5: le attività oggetto di procedimento di mera comunicazione; le attività oggetto di SCIA ai sensi dell'articolo 19, della legge n. 241 del 1990; le attività oggetto di silenzio assenso e le attività per le quali è necessaria l'autorizzazione espressa. La disposizione prosegue stabilendo che le attività private non espressamente individuate ai sensi dei Pag. 15medesimi decreti o non specificamente oggetto di disciplina da parte della normativa europea, statale e regionale, non sono soggette a disciplina procedimentale. Lo scopo di tale precisazione, secondo il legislatore delegato, è quello di «garantire certezza sui regimi applicabili alle attività private e di salvaguardare la libertà di iniziativa economica». Tale enunciazione, che appare priva di portata normativa innovativa, riferisce un principio (la non assoggettabilità a disciplina procedimentale) ad attività che in parte saranno individuate con futuri atti legislativi.
  In relazione all'ambito di applicazione, l'articolo 4 dello schema prevede che le disposizioni del decreto si applicano a tutte le pubbliche amministrazioni. E precisa che nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, le regioni e gli enti locali possono stabilire livelli ulteriori di trasparenza e semplificazione. In proposito, si ricorda che l'intesa sancita da parte della Conferenza unificata prevede la necessità di introdurre la clausola in base alla quale le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni di principio desumibili dal decreto, ferme restando le competenze previste dai rispettivi statuti speciali e relative norme di attuazione. Inoltre, propone di introdurre il termine del 1o gennaio 2017 per consentire alle amministrazioni regionali e comunali di adeguarsi alle disposizioni del decreto.
  L'articolo 2 dello schema di decreto disciplina la predisposizione di moduli unificati e standardizzati che definiscono, per tipologia di procedimento, i contenuti tipici delle istanze, delle segnalazioni e delle comunicazioni oggetto dei regimi amministrativi definiti dai decreti di attuazione dell'articolo 5, nonché i contenuti della documentazione da allegare (comma 1). Per le modalità relative alla predisposizione dei moduli, la disposizione rinvia a quanto previsto dall'articolo 24, commi 2 e 3, del decreto legge n. 90 del 2014. Dal richiamo ai commi 2 e 3 sembra, pertanto, derivare che i moduli sono adottati con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, previo parere della Conferenza unificata. Mentre sono necessari accordi o intese in sede di Conferenza unificata, per adottare una modulistica unificata e standardizzata su tutto il territorio nazionale per la presentazione alle pubbliche amministrazioni regionali e agli enti locali di istanze, dichiarazioni e segnalazioni con riferimento all'edilizia e all'avvio di attività produttive. Il comma 2 introduce per le amministrazioni destinatarie delle istanze, segnalazioni e comunicazioni, l'obbligo di pubblicare sul proprio sito istituzionale i moduli e, per ciascuna tipologia di procedimento, l'elenco degli stati, qualità personali e fatti oggetto di dichiarazione sostitutiva, di certificazione o di atto di notorietà, nonché delle attestazioni e asseverazioni dei tecnici abilitati o delle dichiarazioni di conformità dell'Agenzia delle imprese, necessari a corredo della segnalazione, indicando le norme che ne prevedono la produzione. Si consideri che, ai sensi del successivo comma 5, costituisce illecito disciplinare sia la richiesta da parte dell'amministrazione di integrazioni documentali non corrispondenti alle informazioni pubblicate, sia la mancata pubblicazione delle stesse. Il regime di pubblicità che la disposizione introduce si affianca ad altri obblighi di trasparenza dei procedimenti amministrativi disciplinati in generale dal cosiddetto Codice della trasparenza delle pubbliche amministrazioni, adottato con il decreto legislativo n. 33 del 2013. Sui siti istituzionali delle amministrazioni deve essere altresì indicato lo sportello unico al quale i soggetti interessati possono presentare le istanze, segnalazioni e comunicazioni, anche in caso di procedimenti connessi di competenza di altre amministrazioni ovvero di diverse articolazioni interne dell'amministrazione ricevente (comma 3). Sono ammesse più sedi dello sportello solo in quanto funzionali a garantire più punti di accesso sul territorio.
  In merito, il Consiglio di Stato ha osservato che andrebbe precisato, in linea Pag. 16con l'evoluzione ordinamentale, che lo sportello unico deve essere, almeno di regola, «telematico», nonché l'opportunità di precisare nel testo che la data di protocollazione dell'istanza, comunicazione o segnalazione non deve essere diversa dalla data di effettiva presentazione della segnalazione o comunicazione. L'intesa sancita in sede di Conferenza unificata prevede lo spostamento di questa disposizione in capo all'articolo 3.
  La disposizione prescrive inoltre che l'amministrazione rilascia una ricevuta dell'avvenuta presentazione dell'istanza, comunicazione o segnalazione. In relazione a tale obbligo, viene specificato che la ricevuta: costituisce comunicazione di avvio del procedimento ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge n. 241 del 1990. Viene altresì specificato che la ricevuta non è condizione di efficacia della SCIA. Pertanto, ove la ricevuta non venga rilasciata e ferme restando le responsabilità dei dipendenti, la segnalazione è destinata comunque a produrre i suoi effetti.
  Il comma 4 dell'articolo 2 disciplina i poteri sostitutivi tra diversi livelli amministrativi in caso di omessa pubblicazione dei moduli e della relativa documentazione ai sensi dei commi precedenti. Ed, in particolare, stabilisce che: in caso di omessa pubblicazione dei documenti da parte degli enti locali, le regioni adottano le misure sostitutive, anche su segnalazione del cittadino. Per le modalità si fa rinvio, senza ulteriori specificazioni, alla disciplina statale e regionale applicabile nella relativa materia; in caso di omessa pubblicazione da parte delle regioni, si provvede in via sostitutiva ai sensi (ossia con le modalità) dell'articolo 8 della legge n. 131 del 2003, che ha disciplinato il potere sostitutivo da parte del Governo in attuazione dell'articolo 120 della Costituzione.
  Infine, il comma 5 regola le sanzioni per la mancata pubblicazione delle informazioni e dei documenti indicati, nonché per la richiesta di integrazioni documentali non corrispondenti alle informazioni e ai documenti pubblicati, stabilendo che tali fattispecie «costituiscono illecito disciplinare punibile con la sospensione da tre giorni a sei mesi». La disposizione fa salve le sanzioni previste dal decreto legislativo n. 33 del 2013 che, in generale, stabilisce che l'inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione e sono valutati ai fini della retribuzione di risultato e del trattamento economico accessorio collegato alle performance dei dirigenti. Il responsabile non risponde dell'inadempimento se prova che tale inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile (articolo 46).
  L'articolo 3 dello schema di decreto regolamenta, al comma 1, per la prima volta l'ipotesi in cui per lo svolgimento di un'attività soggetta a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) siano necessarie altre SCIA, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche, prevedendo che in tali casi l'interessato presenta un'unica SCIA. L'efficacia della segnalazione è immediata, in quanto, come nel regime ordinario ex articolo 19 della legge n. 241 del 1990, l'attività può essere iniziata dalla data di presentazione della segnalazione.
  Si tratta, come evidenziato nella rubrica dell'articolo, di una concentrazione di più regimi amministrativi che servirebbe a semplificare le ipotesi in cui la SCIA abbia come presupposto il possesso di requisiti che sono oggetto anche di altre segnalazioni o comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche. Nella prassi, infatti, l'elevata numerosità di adempimenti e atti presupposti che i cittadini e le imprese devono procurarsi autonomamente presso amministrazioni diverse rischia di rendere la stessa SCIA più complicata del procedimento ordinario. Pertanto, la fattispecie procedimentale disciplinata dal comma 1 riguarda attività «liberalizzate», ossia attività per le quali all'amministrazione spetta solo verificare la sussistenza di requisiti o presupposti fissati dalle norme. Risultano escluse da tale disciplina le ipotesi in cui per lo Pag. 17svolgimento di un'attività soggetta a SCIA siano necessarie anche autorizzazioni, comunque denominate, espresse o perfezionate con il silenzio assenso. La disposizione prevede che l'interessato presenta una unica SCIA «all'amministrazione indicata nei decreti di cui all'articolo 1», ossia i decreti di ricognizione dei diversi procedimenti. Tale rinvio non consente di comprendere quale sia l'amministrazione competente a ricevere la SCIA unica, specie nel caso in cui per lo svolgimento di un'attività soggetta a SCIA sia necessaria altra SCIA. Pertanto, sarebbe opportuno un chiarimento in merito. In base alla disciplina dettata al comma 1, l'amministrazione che riceve la SCIA la trasmette alle altre amministrazioni interessate, al fine di consentire il controllo sulla sussistenza dei presupposti e requisiti di loro competenza. La disposizione non specifica entro quale termine deve essere fatta la trasmissione. Per amministrazioni interessate parrebbero doversi intendere le amministrazioni destinatarie delle eventuali segnalazioni presupposte dell'attività principale, ovvero quelle destinatarie delle comunicazioni, notifiche, attestazioni.
  Le amministrazioni che ricevono la SCIA, fino a cinque giorni prima della scadenza del termine di 60 giorni previsto dall'articolo 19, della legge n. 241 del 1990 (30 giorni per la SCIA edilizia), possono presentare eventuali proposte motivate (all'amministrazione che ha ricevuto la SCIA) per l'adozione di provvedimenti inibitori, repressivi o sospensivi previsti dal medesimo articolo 19 in caso di accertamento della carenza dei requisiti e dei presupposti. Ove l'attività sia sanabile, spetta all'amministrazione che ha ricevuto la SCIA prescrivere le misure necessarie stabilendo un termine non inferiore a 30 giorni affinché l'interessato si conformi alle indicazioni dell'amministrazione.
  A differenza di quanto previsto dal medesimo articolo 19, in caso di cosiddetta SCIA unica, invece, la sospensione dell'attività intrapresa non opera automaticamente in caso di invito a conformarsi alle indicazioni dell'amministrazione. Infatti, la disposizione prevede che la sospensione è disposta con atto motivato solo in due ipotesi: presenza di attestazioni non veritiere; pericolo per la tutela dell'interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica, difesa nazionale. In merito si ricorda che l'articolo 19, comma 1, della legge n. 241 del 1990 esclude l'utilizzo della SCIA nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali ovvero per gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili (tra cui difesa nazionale e sicurezza pubblica).
  Il comma 1 chiarisce, infine, che anche le comunicazioni e le notifiche normalmente comprese a corredo della SCIA per lo svolgimento di un'attività sono trasmesse alle amministrazioni interessate. In relazione alla sequenza procedimentale descritta, non appare di immediata evidenza il rapporto tra l'amministrazione che riceve la SCIA e le altre amministrazioni interessate nella determinazione dei provvedimenti da adottare in sede di controllo.
  Si ricorda che in sede di Conferenza unificata è stata segnalata l'opportunità di inserire la disciplina della SCIA prevista nello schema di decreto, come modifica espressa all'articolo 19 per evitare di incorrere in disarmonie. Con la medesima finalità è stata inoltre sottolineata l'opportunità di inserire una disposizione aggiuntiva di coordinamento della disciplinata recata dall'articolo 3 con la disciplina sui titoli abilitativi in materia edilizia (Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001).
  Il comma 2 dell'articolo 3 disciplina una seconda e differente ipotesi, che si ha quando l'efficacia della SCIA ha come presupposto l'acquisizione di atti di assenso, comunque denominati, o pareri di altri uffici e amministrazioni, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive. A differenza dei casi che rientrano nella fattispecie di cui al comma 1, questa seconda ipotesi si riferisce ad attività non pienamente liberalizzate, in quanto il presupposto per la presentazione della SCIA è un atto di autorizzazione dell'amministrazione. Per questa ipotesi lo schema di decreto si limita a prevedere la convocazione Pag. 18della conferenza di servizi di cui all'articolo 14 della legge n. 241 del 1990, stabilendo che il termine per la sua convocazione decorre dalla data della presentazione della SCIA allo sportello unico (ovvero dalla data di ricezione da parte dell'amministrazione in caso di presentazione della SCIA tramite raccomandata o modalità telematiche).

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.40.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 21 aprile 2016. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO.

  La seduta comincia alle 14.40.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione delle pubbliche amministrazioni statali e locali e sugli investimenti complessivi riguardanti il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Doc. XXII, n. 42 Coppola.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Paolo COPPOLA (PD), relatore, osserva che la proposta in esame (doc. XXII, n. 42), composta da cinque articoli, nasce dall'osservazione che, nonostante il totale della spesa ICT nella pubblica amministrazione si attesti da anni intorno ai 5 miliardi di euro e nonostante sin dal 1979, con il rapporto Giannini, sia patrimonio della pubblica amministrazione la consapevolezza che la digitalizzazione sia strumento imprescindibile per un corretto funzionamento della macchina amministrativa, i risultati fino ad ora conseguiti sono lontani dal poter essere definiti soddisfacenti. La proposta prevede quindi l'istituzione di una Commissione di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione delle pubbliche amministrazioni statali e locali e sugli investimenti complessivi riguardanti il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
  L'articolo 1, comma 1, definisce gli obiettivi dell'inchiesta parlamentare: raccogliere dati informativi aggiornati e individuare soluzioni, anche di tipo legislativo, per adeguare lo stato dell'innovazione della pubblica amministrazione al livello degli altri Paesi europei. Il comma 2 individua i compiti della Commissione di inchiesta: analizzare gli investimenti effettuati dalle pubbliche amministrazioni (sia statali, sia locali) nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) anche al fine di individuare eventuali diseconomie; comparare la spesa pubblica nel settore delle ICT nei maggiori Paesi europei e l'Italia; esaminare lo stato di informatizzazione delle pubbliche amministrazioni, anche verificando il livello di competenza professionale dei responsabili del settore delle ICT; monitorare il livello di digitalizzazione e di investimento nelle regioni; verificare la possibilità di razionalizzare la spesa nel settore delle ICT.
  L'articolo 2 definisce la composizione e la durata della Commissione. In particolare, il comma 1 proposta prevede che la Commissione sia composta da 20 deputati, nominati dal Presidente della Camera in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, assicurando comunque la presenza di almeno un rappresentante di ciascun gruppo. Il comma 2 dispone che analogamente si procede in caso di eventuali sostituzioni a causa di dimissioni o in caso di altri impedimenti dei componenti. Il comma 3 stabilisce che entro dieci giorni dalla nomina dei componenti, il Presidente della Camera convoca la Commissione che provvede a costituire l'ufficio di presidenza. Il comma 4 dispone che l'elezione dell'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da 2 vicepresidenti e da 2 segretari, avviene a scrutinio segreto da parte della Commissione Pag. 19tra i suoi componenti a maggioranza assoluta dei voti. Nel caso non venga raggiunto tale quorum si procede al ballottaggio tra i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è eletto (o entra in ballottaggio) il più anziano di età. La durata della Commissione è fissata ad 1 anno: a tale proposito, il comma 5 specifica che la Commissione conclude i suoi lavori entro un anno dalla costituzione presentando una relazione alla Camera dei deputati sui risultati dell'inchiesta.
  L'articolo 3, al comma 1, della proposta in esame richiama quanto già previsto dall'articolo 82, secondo comma, della Costituzione in merito alla possibilità per la Commissione di procedere alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. A questo riguardo, la proposta introduce un'ulteriore limitazione. Analogamente a quanto previsto da altri provvedimenti di istituzione di commissioni di inchiesta si precisa che la Commissione non può adottare provvedimenti con riguardo alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e delle altre forme di comunicazione, né limitazioni della libertà personale, ad eccezione dell'accompagnamento coattivo dei testimoni di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale. I commi da 2 a 8 recano la disciplina della richiesta di atti e documenti. In particolare, il comma 2 prevede che la Commissione possa richiedere copie di documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni nelle materie oggetto dell'inchiesta, mentre il comma 3 detta analoga disposizione in relazione copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. Per quanto riguarda le richieste di documenti dell'autorità giudiziaria, il comma 4 stabilisce che questa vi provvede con le stesse modalità delle richieste formulate dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 117 del codice di procedura penale. Ai sensi del comma 5, la Commissione garantisce il mantenimento del segreto funzionale degli atti relativi a procedimenti giudiziari e a indagini e inchieste parlamentari fino al momento in cui gli atti e i documenti trasmessi sono coperti da segreto. Il comma 6 prevede altresì il potere della Commissione di stabilire gli atti e i documenti che non dovranno essere divulgati, ma in ogni caso devono rimanere riservati i documenti relativi a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari fino al termine delle medesime. Inoltre, sempre in tema di segreto il comma 7 dispone che per il segreto d'ufficio, professionale o bancario si applicano le disposizioni vigenti e che è sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato (segreto difensivo ex articolo 103 del codice di procedura penale. Per quanto concerne le audizioni a testimonianza rese davanti alla Commissione, la proposta, al comma 8, richiama l'applicabilità del complesso degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.
  L'articolo 4 prevede l'obbligo del segreto per i componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa, i collaboratori e tutti i soggetti che, per ragioni d'ufficio o di servizio, ne vengono a conoscenza, sugli atti e documenti soggetti al regime di segretezza.
  L'articolo 5, al comma 1, dispone che la Commissione adotti prima dell'inizio dei suoi lavori un regolamento interno che, ai sensi del comma 2, può prevedere la costituzione di uno o più comitati in seno alla Commissione. Al comma 3 viene affermato il principio della pubblicità delle sedute della Commissione, ferma restando la possibilità di riunirsi in seduta segreta ove lo si ritenga opportuno. I commi 4 e 5 stabiliscono che la Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e che, per l'espletamento delle sue funzioni, fruisce di personale, locali e strumenti messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati. Il comma 6 determina le spese per il funzionamento della Commissione nella misura di 50.000 euro all'anno e sono a carico del bilancio interno della Camera.

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  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione.
C. 2839 Marco Meloni, C. 3004 Fontanelli, C. 3006 Formisano, C. 3147 Lorenzo Guerini, C. 3172 Palese, C. 3438 Roberta Agostini, C. 3494 Zampa, C. 3610 D'Alia, C. 3663 Roccella, C. 3693 Centemero, C. 3694 Carloni, C. 3708 Gigli, C. 3724 Quaranta, C. 3731 Mazziotti Di Celso, C. 3732 Toninelli, C. 3733 D'Attorre, C. 3735 Mucci e C. 3740 Vargiu.

(Seguito dell'esame e rinvio – Abbinamento della proposta di legge n. 3735).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 20 aprile 2016.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che è stata assegnata alla I Commissione la proposta di legge: C. 3735 a prima firma della deputata Mucci recante «Disposizioni concernenti la personalità giuridica e lo statuto dei partiti politici, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, nonché modifica al decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, in materia di selezione delle candidature attraverso elezioni primarie e delega al Governo per la disciplina del loro svolgimento».
  Poiché la suddetta proposta di legge verte sulla stessa materia delle proposte di legge già all'ordine del giorno, avverte che ne è stato disposto l'abbinamento, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del regolamento.

  Matteo RICHETTI (PD), relatore, fa presente che la proposta di legge C.3735 Mucci recante « Disposizioni concernenti la personalità giuridica e lo statuto dei partiti politici, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, nonché modifica al decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, in materia di selezione delle candidature attraverso elezioni primarie e delega al Governo per la disciplina del loro svolgimento» è formata da due articoli.
  Definisce la figura giuridica dei partiti, rimandando allo statuto quale elemento indispensabile per il riconoscimento della loro personalità giuridica, che deve contenere elementi basilari che riguardano i processi decisionali e il simbolo. Inquadra l'esercizio delle elezioni primarie come modalità di selezione delle candidature e assicura ai partiti la libertà di organizzazione di queste consultazioni, delegando al Governo la disciplina della loro attuazione. In particolare, tra i criteri direttivi a cui il Governo si dovrà attenere, la proposta prevede l'utilizzo di modalità informatiche per le procedure di votazione e per lo scrutinio centralizzato dei voti. A tal fine il Governo è delegato a provvedere all'istituzione di una commissione di esperti presso l'Agenzia per l'Italia digitale per la definizione delle modalità tecniche di svolgimento delle procedure di registrazione e di elezione.
  Si riserva di presentare nel prosieguo dell’iter una proposta di testo unificato, che tenga conto delle diverse proposte di legge abbinate.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 21 aprile 2016.

  L'ufficio di presidenza si è svolto dalle 14.50 alle 15.

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