CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 19 aprile 2016
628.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 104

AUDIZIONI INFORMALI

  Martedì 19 aprile 2016.

Audizione del Direttore dell'Unità di informazione finanziaria (UIF) della Banca d'Italia, Claudio Clemente, sulle tematiche relative ai servizi di money transfer.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 12.55 alle 13.40.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 19 aprile 2016. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. — Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 13.40.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Panama per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo.
C. 3530 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Marco CAUSI (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini del parere alla III Commissione Affari esteri, il disegno di legge C. 3530, recante ratifica ed esecuzione della Pag. 105Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Panama per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma e a Città di Panama il 30 dicembre 2010.
  Ricorda che tale Accordo bilaterale è stato ratificato da Panama il 10 maggio 2011, mentre, per quanto riguarda l'Italia, l’iter di ratifica della Convenzione, a cui si era dato corso nel 2011, è stato riavviato nel maggio 2015. Il relativo schema di disegno di legge di ratifica è stato approvato dal Consiglio dei ministri n. 95 del 4 dicembre 2015 ed è stato presentato alla Camera il 13 gennaio 2016.
  Segnala preliminarmente come la Convenzione italo-panamense si inserisca nel contesto generale di ampliamento della rete di convenzioni stipulate dall'Italia, al fine di evitare le doppie imposizioni. In particolare, evidenzia come l'esigenza di dotarsi di una convenzione in materia con la Repubblica panamense derivi dalla necessità di creare un quadro giuridico di riferimento, competitivo e non discriminatorio, per gli operatori economici italiani attivi nella regione centroamericana, i quali si relazionano con operatori di Paesi i cui governi hanno già stipulato analoghe convenzioni; la Convenzione, inoltre, mira a favorire una più intensa cooperazione economica e una più stretta collaborazione amministrativa tra i due Paesi.
  In tale ambito rileva che, dopo anni in cui la legislazione panamense era stata ripetutamente giudicata insoddisfacente, nell'autunno del 2015 il Global Forum sulla trasparenza fiscale e lo scambio di informazioni ha approvato il rapporto della cosiddetta «Fase 1» del processo di valutazione, consistente nell'esame della legislazione fiscale e degli accordi in essere, ai fini dello scambio su richiesta, di Panama. La decisione – sancita in sede plenaria dal Global Forum – consente allo Stato centroamericano di passare alla «Fase 2» della peer review: tuttavia, l'assegnazione a Panama del rating di giurisdizione «compliant» verrà effettuata soltanto se in occasione del relativo esame sull'effettività dello scambio di informazioni, previsto nel settembre 2016, emergeranno significativi elementi che possano dimostrare i sostanziali miglioramenti panamensi al riguardo.
  Rammenta inoltre che Panama è uno dei pochissimi Paesi al mondo, nonché l'unico centro finanziario, che finora non ha aderito al nuovo standard di scambio automatico di informazioni sviluppato in sede OCSE; tale Paese ha finora tenuto un atteggiamento ambiguo, in quanto sembra privilegiare un approccio «bilaterale» e «condizionato», vale a dire con contenuto difforme dallo standard OCSE, da negoziare caso per caso.
  Al riguardo evidenzia come tale posizione non venga considerata soddisfacente dalla comunità internazionale poiché essa contraddirebbe l'unicità dello standard internazionale in materia di scambio automatico di informazioni («one single global standard») e permetterebbe fenomeni di arbitraggio. Panama è stato pertanto espunto dalla lista delle giurisdizioni «committed».
  Sottolinea quindi come sia probabile che il Segretariato Generale dell'OCSE presenti pertanto a Panama una duplice richiesta: a) aderire al nuovo standard di scambio automatico di informazioni sviluppato in sede OCSE (CRS-Common Reporting Standard) «senza se e senza ma» (escludendo quindi la possibilità di uno standard «à la carte»); b) firmare la Convenzione multilaterale sulla mutua assistenza amministrativa.
  La relazione illustrativa del disegno di legge evidenzia, altresì, come la struttura della Convenzione corrisponda agli standard più recenti del modello elaborato dall'OCSE, discostandosene solo per taluni aspetti, in relazione ad aspetti particolari dei sistemi fiscali dei due Paesi.
  Con riferimento alle peculiarità della predetta Convenzione, la relazione tecnica allegata al disegno di legge precisa che attualmente Panama rientra tra quei territori che si ritiene applichino una tassazione agevolata sui redditi, come recentemente ribadito dai due decreti ministeriali previsti dalla legge di stabilità per il 2015 Pag. 106ai commi 678 e 680 dell'articolo 1, i quali ne hanno confermato la presenza nella black list di indeducibilità dei costi. Nei confronti di tale Paese sono tuttora vigenti le norme antielusione previsti per i paradisi fiscali; vale quindi il principio secondo il quale si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato.
  In particolare, nei confronti di Panama vige attualmente il principio di indeducibilità delle componenti negative di reddito (ai sensi dell'articolo 110, comma 10, del Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR), fatta salva la possibilità, per il contribuente (prevista dal comma 11 del medesimo articolo 110 del TUIR), di dimostrare l'effettivo esercizio di un'attività industriale o commerciale mediante interpello.
  Nella medesima relazione tecnica viene quindi prospettato come conseguenza della ratifica della Convenzione tra Italia e Repubblica di Panama e del relativo scambio di informazioni di carattere fiscale, l'avviarsi di un processo di collaborazione che potrà generare effetti positivi per l'erario italiano tramite l'emersione di elementi reddito attualmente non evidenziabili.
  Passando al contenuto della Convenzione, essa si compone di 29 articoli e di un Protocollo aggiuntivo, che ne forma parte integrante e che contiene alcune precisazioni relative a disposizioni recate da taluni articoli.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 1, il quale individua la sfera soggettiva di applicazione della Convenzione nelle persone fisiche e giuridiche residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti.
  Per quanto attiene alla sfera oggettiva di applicazione, l'articolo 2, al paragrafo 3, precisa che le imposte specificamente considerate per l'Italia sono l'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF); l'imposta sul reddito delle società (IRES); l'imposta regionale sulle attività produttive IRAP. Per quanto riguarda Panama si tratta invece dell’impuesto sobre la renta.
  La disposizione specifica, al paragrafo 4, che la Convenzione si applicherà anche alle imposte di natura analoga o identica che saranno istituite successivamente alla firma della Convenzione stessa.
  Gli articoli 3, 4 e 5 recano le definizioni delle espressioni utilizzate nella Convenzione. In particolare, l'articolo 3 reca le definizioni generali, mentre l'articolo 4 definisce il concetto di soggetti residenti di una Parte contraente, facendo in primo luogo riferimento ai concetti di domicilio, di residenza o di sede della direzione. In tale contesto il paragrafo 2 dell'articolo 4 affronta il tema delle persone fisiche residenti in entrambi gli Stati, prevedendo in tal caso una serie di criteri progressivi, applicabili man mano:
   si consideri lo Stato dove la persona ha abitazione permanente o ha il centro dei suoi interessi vitali;
   si consideri lo Stato dove la persona soggiorna abitualmente;
   si consideri lo Stato di nazionalità della persona;
   si risolva la questione sulla base di un accordo tra gli Stati (il medesimo criterio si applica per persone diverse da quelle fisiche).

  In tale contesto il numero 1) del Protocollo aggiuntivo precisa che, nel caso di residenza in uno Stato solo per una frazione dell'anno, l'assoggettamento all'imposta, nella misura in cui esso dipende dalla residenza, termina con la fine del giorno in cui è effettuato il cambio di domicilio e l'assoggettamento all'imposta nell'altro Stato inizia a partire dal giorno successivo.
  L'articolo 5 definisce il concetto di stabile organizzazione, ricalcando quella utilizzata in tutti gli accordi di specie stipulati dall'Italia. In particolare fa riferimento al concetto di sede fissa di affari tramite cui l'impresa esercita la sua attività, concetto in cui si comprendono esplicitamente: le sedi di direzione; le succursali; gli uffici; le officine; i laboratori; le miniere; i pozzi di petrolio o le cave; i Pag. 107cantieri e le attività di supervisione collegate; la fornitura di servizi tramite personale impiegato dall'impresa; l'utilizzo di strutture, installazioni, impianti di trivellazione, navi o altre analoghe attrezzature.
  Il paragrafo 4 specifica che non si considera sussistente una stabile organizzazione qualora:
   si faccia uso di un'installazione a soli fini di deposito, di esposizione o consegna;
   i beni o le merci siano immagazzinati ai soli fini di deposito ed esposizione, consegna o trasformazione da parte di altra impresa;
   una sede fissa sia utilizzata ai soli fini di acquisto di beni o di merci, di raccolta di informazioni, ovvero per qualsiasi altra attività di carattere preparatorio o ausiliario.

  Viene inoltre precisato, al paragrafo 6, che non sussiste stabile organizzazione per il solo fatto che un'impresa eserciti la propria attività in una Parte per mezzo di un mediatore, di un commissionario generale o di altro intermediario, né per il fatto che una società residente di una Parte controlli o sia controllata da una società dell'altra Parte. Si è invece in presenza di stabile organizzazione, in base al paragrafo 5, qualora la persona che agisce in una Parte contraente per conto di un'impresa dell'altra Parte disponga abitualmente di poteri che le permettano di concludere contratti a nome dell'impresa non limitati all'acquisto di beni o merci.
  Illustra quindi l'articolo 6, il quale stabilisce che la tassazione dei redditi immobiliari, comprese le attività agricole o forestali, nonché i redditi derivanti da beni immobili di un'impresa e quelli derivanti dai beni immobili utilizzati per l'esercizio di una professione indipendente, è prevista a favore del Paese in cui sono situati gli immobili.
  L'articolo 7 attribuisce il diritto esclusivo di tassazione degli utili delle imprese allo Stato di residenza dell'impresa stessa, fatto salvo il caso in cui questa svolga attività nell'altro Stato per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata; in quest'ultima ipotesi il paragrafo 2 prevede che lo Stato in cui è localizzata la stabile organizzazione può tassare gli utili realizzati sul proprio territorio, ma solo nella misura realizzata mediante tale stabile organizzazione.
  Il paragrafo 3 stabilisce che, nella determinazione degli utili di una stabile organizzazione, sono ammesse in deduzione le spese sostenute per gli scopi perseguiti dalla stabile organizzazione stessa, comprese le spese di direzione e amministrazione.
  Al riguardo il numero 3) del Protocollo aggiuntivo specifica che con tale nozione si intendono le spese direttamente connesse con l'attività della stabile organizzazione.
  Il paragrafo 4, inoltre, stabilisce che, qualora uno degli Stati segua la prassi di determinare gli utili da attribuire a una stabile organizzazione in base al riparto degli utili complessivi dell'impresa tra le diverse parti di essa, si consente al predetto Stato di determinare gli utili imponibili secondo la ripartizione in uso; tuttavia, viene specificato che il metodo di riparto adottato deve essere tale che il risultato sia conforme ai principi contenuti nel medesimo articolo 7.
  Rileva quindi come, in linea con quanto raccomandato in ambito OCSE, l'articolo 8 stabilisca che gli utili derivanti dall'esercizio, in traffico internazionale, della navigazione marittima e aerea sono tassati, esclusivamente nel Paese dove è situata la sede di direzione effettiva dell'impresa di navigazione. Nel caso di direzione effettiva situata a bordo di navi, tale sede si considera situata nello Stato in cui si trova il porto di immatricolazione della nave, ovvero nello Stato in cui è residente l'esercente la nave.
  Con riferimento a tali disposizioni, il numero 4) del Protocollo aggiuntivo evidenzia che gli utili in questione comprendono sia quelli derivanti dal noleggio di navi o aeromobili utilizzati in traffico internazionale, sia gli utili ricavati dalla medesima impresa tramite l'impiego o il noleggio di container utilizzati per il trasporto Pag. 108di beni o merci, qualora essi costituiscano utili occasionali e secondari rispetto agli altri utili derivanti dall'utilizzo di navi o aeromobili in traffico internazionale.
  A tale riguardo, la relazione illustrativa evidenzia come si tratti di un principio fondamentale per l'Italia, soprattutto nel quadro della Convenzione: infatti Panama effettua la tassazione sui redditi delle suddette imprese soltanto sulla parte prodotta sul territorio nazionale e l'applicazione di un diverso criterio impositivo avrebbe comportato il rischio di una sostanziale doppia esenzione dei redditi in questione.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 9, che dispone in tema di imprese associate (cioè nel caso di un'impresa di uno Stato che partecipa alla direzione, al controllo o al capitale di un'impresa dell'altro Stato, ovvero nel caso di medesime persone che partecipano alla direzione, al controllo o al capitale di un'impresa di uno Stato e di un'impresa dell'altro Stato, qualora le imprese predette siano vincolate nelle loro relazioni da condizioni diverse da quelle che sarebbero state convenute tra imprese indipendenti), consente, al paragrafo 2, agli Stati contraenti di effettuare rettifiche in aumento o in diminuzione dei redditi accertati dalle rispettive amministrazioni fiscali e di procedere ai conseguenti aggiustamenti. La norma prevede che possano porsi in essere le eventuali rettifiche del reddito accertato soltanto previo esperimento della procedura amichevole prevista all'articolo 25 della Convenzione in esame.
  Relativamente alle altre categorie di redditi di maggiore interesse ai fini del patto internazionale concluso con Panama, la relazione illustrativa sottolinea come siano state definite condizioni soddisfacenti per l'Italia per ciascuno dei trattamenti convenzionali riservati a dividendi, interessi e canoni.
  Il trattamento convenzionale riservato ai dividendi, disciplinato dall'articolo 10, prevede, ai paragrafi 1 e 2, che esso sia caratterizzato dalla tassazione definitiva nel Paese di residenza del beneficiario e della concorrente facoltà, accordata allo Stato da cui essi provengono, di prelevare un'imposta alla fonte entro limiti espressamente previsti. In particolare, sono state stabilite aliquote differenziate di ritenuta nello Stato della fonte, da applicare all'ammontare lordo, rispettivamente del 5 per cento per partecipazioni di almeno il 25 per cento; negli altri casi l'aliquota prevista è del 10 per cento.
  Il paragrafo 4 specifica che, qualora il beneficiario effettivo dei dividendi eserciti attività industriali, commerciali o professionali mediante una stabile organizzazione o una base fissa situate nella Parte dalla quale provengono i dividendi, e la partecipazione generatrice dei dividendi stessi sia connessa effettivamente a tale organizzazione o base, essi saranno tassabili da parte di detta Parte, secondo la propria legislazione.
  Inoltre, ai sensi del paragrafo 5, gli utili e redditi di una società residente in una Parte che siano ricavati nell'altra Parte non possono esser tassati da quest'ultima, salvo il caso in cui i dividendi siano pagati a un residente situato nella Parte diversa da quella di residenza della società che li distribuisce, e la partecipazione generatrice dei dividendi stessi sia connessa effettivamente a una stabile organizzazione o base fissa.
  Il paragrafo 6 reca una clausola secondo cui le disposizioni dell'articolo non si applicano qualora lo scopo principale o uno degli scopi principali della persona interessata alla creazione o cessione delle azioni su cui sono pagati i dividendi sia quello di ottenere i benefici dell'articolo mediante la creazione o cessione delle azioni stesse.
  Il paragrafo 7 prevede che gli utili derivanti da una stabile organizzazione che una società di uno Stato ha nell'altro Stato possano essere tassati con imposta addizionale in detto altro Stato, a condizione che l'imposta non superi il 5 per cento.
  La relazione tecnica che accompagna il disegno di legge quantifica in 40.000 euro Pag. 109annui la perdita di gettito per l'erario italiano derivante dall'applicazione del disposto dell'articolo 10.
  Per quanto riguarda la tassazione sugli interessi, ai sensi dell'articolo 11, paragrafi 1 e 2, si applica il principio generale della loro definitiva tassazione nello Stato di residenza del percipiente, salvo che detti cespiti non siano imponibili anche nello Stato dal quale essi provengono, e comunque anche in tal caso l'imposta applicata non potrebbe eccedere il 5 per cento dell'ammontare lordo degli interessi se il beneficiario è un istituto bancario e il 10 per cento dell'ammontare lordo degli interessi negli altri casi.
  In base al paragrafo 3 gli interessi provenienti da uno Stato contraente e pagati a un residente dell'altro Stato contraente sono imponibili soltanto in detto altro Stato quando: a) il beneficiario effettivo degli interessi è uno Stato contraente, la Banca Centrale di uno Stato contraente, una delle suddivisioni politiche o amministrative di un suo ente locale; b) gli interessi sono pagati in relazione alla vendita a credito di merci o attrezzature a un'impressa di uno Stato contraente; c) gli interessi sono pagati ad altri enti od organismi (compresi gli istituti finanziari), in dipendenza di finanziamenti concessi da tali istituti o enti nel quadro di accordi conclusi tra i Governi degli stati contraenti.
  Inoltre, ai sensi del paragrafo 5, qualora il beneficiario dei predetti interessi sia residente di una Parte contraente ed eserciti attività industriali, commerciali o professionali mediante una stabile organizzazione o una base fissa situata nell'altra Parte dalla quale provengono gli interessi, e il credito generatore degli interessi sia connesso a tale organizzazione o base, essi saranno tassabili da parte di detta Parte, secondo la propria legislazione.
  Nel caso in cui l'ammontare degli interessi effettivamente pagati ecceda, in forza di particolari relazioni tra il debitore, il beneficiario effettivo e terzi, quanto sarebbe stato convenuto tra debitore e beneficiario in assenza di tali particolari relazioni, il paragrafo 7 specifica che le previsioni dell'articolo 11 si applicano solo alla parte corrispondente a quanto sarebbe stato stabilito in assenza delle predette particolari condizioni, mentre la quota eccedente è imponibile in conformità alla legislazione di ciascuna Parte, tenuto conto delle altre disposizioni della Convenzione.
  Il paragrafo 8 reca una clausola secondo cui le disposizioni dell'articolo non si applicano qualora lo scopo principale o uno degli scopi principali della persona interessata alla creazione o cessione del credito rispetto al quale sono pagati gli interessi sia quello di ottenere i benefici dell'articolo mediante la creazione o cessione del credito stesso.
  Illustra quindi l'articolo 12, il quale, in materia di canoni, ai paragrafi 1 e 2, stabilisce il principio di tassazione definitiva nella Parte di residenza del beneficiario effettivo, salva la possibilità, per la Parte della fonte, di applicare un'imposizione, in misura comunque non superiore al 10 per cento dell'ammontare lordo dei canoni pagati qualora il beneficiario effettivo sia residente della Parte diversa dalla fonte.
  In base al paragrafo 4, qualora il beneficiario effettivo dei canoni sia residente di una Parte contraente ed eserciti attività industriali, commerciali o professionali mediante una stabile organizzazione o una base fissa situate nell'altra Parte da cui provengono i canoni, e il diritto o bene generatore dei canoni sia connesso a tale organizzazione o base, essi potranno essere tassati da tale ultima Parte, secondo la propria legislazione.
  Nel caso in cui l'ammontare dei canoni effettivamente pagati ecceda, in forza di particolari relazioni tra il debitore, il beneficiario effettivo e terzi, quanto sarebbe stato convenuto tra debitore e beneficiario, il paragrafo 6 specifica le previsioni dell'articolo si applicano solo alla parte corrispondente a quanto sarebbe stato stabilito in assenza delle predette particolari condizioni, mentre la quota eccedente è Pag. 110imponibile in conformità alla legislazione di ciascuna Parte, tenuto conto delle altre disposizioni della Convenzione.
  Il paragrafo 7 reca una clausola secondo cui le disposizioni dell'articolo non si applicano qualora lo scopo principale o uno degli scopi principali della persona interessata alla creazione o cessione dei diritti rispetto al quale sono pagati i canoni sia quello di ottenere i benefici dell'articolo mediante la creazione o cessione del diritto stesso.
  Al riguardo specifica come la relazione tecnica quantifichi in 12.000 euro annui la perdita di gettito per l'erario italiano che il disposto dell'articolo 12 comporta.
  L'articolo 13, in corrispondenza agli standard stabiliti dall'OCSE, dispone che la tassazione degli utili da capitale avvenga:
   nel Paese in cui sono situati i beni qualificati come «beni immobili» ai sensi della Convenzione, se si tratta di plusvalenze relative a detti beni, anche nel caso in cui si tratta di alienazione di azioni che derivano per più del 50 per cento del loro valore da tali immobili;
   nel Paese in cui è situata la stabile organizzazione o la base fissa se si tratta di plusvalenze relative a beni mobili appartenenti alla stabile organizzazione o alla base fissa;
   esclusivamente nel Paese in cui è situata la sede di direzione effettiva dell'impresa di navigazione, nel caso di plusvalenze relative a navi o aeromobili utilizzati in traffico internazionale ovvero a beni mobili relativi alla gestione di tali navi o aeromobili;
   esclusivamente nel Paese di residenza del cedente, in tutti gli altri casi.

  In tale ambito il numero 5) del Protocollo aggiuntivo precisa che gli utili che un residente di uno Stato percepisce dall'alienazione di azioni che rappresentano più del 10 per cento dei diritti di voto o del capitale in una società residente dell'altro Stato, qualora tali azioni siano stati detenuti dal soggetto alienante per meno di 12 mesi, sono imponibili nello Stato di residenza della società.
  La relazione tecnica quantifica in 328.000 euro annui la perdita di gettito per l'erario italiano che il disposto dell'articolo 13 comporta.
  Quanto ai redditi derivanti dalla prestazione di servizi, l'articolo 14 prevede l'imposizione nel Paese di residenza dell'operatore.
  È consentita, tuttavia, la tassabilità anche nel Paese di prestazione nel caso di disponibilità di una base fissa nello Stato contraente di prestazione o nel caso di esercizio in loco di un'attività commerciale o industriale attraverso una stabile organizzazione – e comunque la tassabilità è limitata alla misura in cui i redditi derivanti dalla prestazione di servizi sono effettivamente imputabili alla stabile organizzazione ovvero alla base fissa.
  Inoltre l'imposta può essere applicata anche nello Stato di prestazione per quanto riguarda i servizi professionali, di consulenza, di assistenza industriale e commerciale, di servizi tecnici o gestionali, ma in tal caso l'imposta non potrà eccedere il 10 per cento dell'ammontare lordo dei pagamenti se il beneficiario effettivo è un residente dell'altro Stato contraente della Convenzione.
  Illustra quindi l'articolo 15, il quale regola il trattamento fiscale dei redditi derivanti da remunerazioni per lavoro subordinato (diverse dalle pensioni), prevedendo innanzitutto, al paragrafo 1, il principio generale dell'imposizione nello Stato di residenza del lavoratore, salvo il caso in cui la prestazione lavorativa venga svolta nell'altro Stato, che in tal caso è legittimato a tassare tali redditi.
  Ai fini della tassazione esclusiva nel Paese di residenza del lavoratore, il paragrafo 2 prevede che si debbano verificare tre condizioni concorrenti:
   a) permanenza nell'altro Stato per un periodo non superiore ai sei mesi nel corso dell'anno fiscale;
   b) pagamento delle remunerazioni da, o per conto di, un datore di lavoro che non è residente dell'altro Stato;Pag. 111
   c) onere delle remunerazioni non sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nell'altro Stato.

  Per la tassazione delle remunerazioni relative a lavoro subordinato svolto su navi o aeromobili in traffico internazionale il paragrafo 3 fa riferimento allo Stato sede della direzione effettiva dell'impresa.
  L'articolo 16 prevede la tassabilità di compensi e gettoni di presenza che un residente di uno Stato contraente riceve in qualità di amministratore di una società dell'altro Stato contraente nel Paese di residenza della società che li corrisponde.
  L'articolo 17 stabilisce, al paragrafo 1, per i redditi di artisti, musicisti e sportivi, la loro imponibilità nella Parte contraente di prestazione dell'attività. Il paragrafo 2 specifica che tale criterio di tassabilità può sussistere anche nel caso in cui i redditi siano attribuiti a persona diversa dall'artista o dallo sportivo.
  L'articolo 18 prevede che le pensioni e le altre remunerazioni analoghe corrisposte a un residente di uno Stato contraente sono tassabili esclusivamente nel Paese di residenza del beneficiario.
  In base all'articolo 19, paragrafo 1, le remunerazioni, i salari e gli stipendi, diversi dalle pensioni, pagati da una Parte contraente o da una sua suddivisione politica o amministrativa in corrispettivo di servizi resi a detta Parte o suddivisione, sono imponibili soltanto nella Parte da cui provengono i redditi, salvo il caso in cui i servizi siano resi nell'altra Parte e la persona che li percepisce sia residente in quest'ultima Parte, ne abbia la nazionalità e non sia divenuto residente di detta Parte solo per rendervi i servizi.
  Il paragrafo 2 disciplina il caso in cui la pensione sia corrisposta da una Parte ad una persona fisica per corrispettivi resi nei confronti di tale Parte stessa, prevedendo in tale ipotesi che le somme corrisposte siano tassabili nella Parte che le eroga, prevedendo peraltro che tali pensioni siano imponibili soltanto nell'altra Parte se la persona fisica sia residente dell'altra Parte e ne abbia la nazionalità.
  L'articolo 20 prevede che le somme corrisposte per il mantenimento e le spese di istruzione o formazione a studenti, i quali soggiornino per motivi di studio in una Parte diversa da quello di residenza, siano esenti dalla tassazione nella Parte presso cui viene svolta l'attività di studio, comunque per non più di 6 anni consecutivi, a condizione che tali somme provengano da fonti situate al di fuori di tale ultima Parte.
  Ai sensi dell'articolo 21, paragrafo 1, gli elementi di reddito diversi da quelli trattati esplicitamente negli articoli della Convenzione sono imponibili solo nella Parte di residenza del percipiente.
  Il paragrafo 2 specifica che i redditi non immobiliari derivanti dall'esercizio di attività industriale, commerciale o professionale mediante una stabile organizzazione o una base fissa situata nella Parte diversa da quella di residenza del beneficiario, sono tassabili, secondo la sua legislazione, dalla Parte ove è situata tale stabile organizzazione o base fissa.
  Ai sensi del paragrafo 3, qualora i pagamenti per tali attività eccedano, in forza di particolari relazioni tra le persone che hanno svolto l'attività per la cui prestazione sono pagati, quanto sarebbe stato convenuto tra persone indipendenti, le previsioni dell'articolo si applicano solo alla parte corrispondente a quanto sarebbe stato stabilito in assenza delle predette particolari condizioni, mentre la quota eccedente è imponibile in conformità alla legislazione di ciascuna Parte, tenuto conto delle altre disposizioni della Convenzione.
  Il paragrafo 4 reca una clausola secondo cui le disposizioni dell'articolo non si applicano qualora lo scopo principale o uno degli scopi principali della persona interessata alla costituzione o al trasferimento dei diritti produttivi del reddito sia quello di ottenere i benefici dell'articolo mediante tale costituzione o trasferimento.
  Quanto al metodo per eliminare la doppia imposizione internazionale, disciplinato dall'articolo 22, per quel che riguarda l'Italia, si prevede, al paragrafo 1, che gli elementi di redditi disponibili a Pag. 112Panama da parte di un residente italiano possono essere incluse nella base imponibile delle imposte sul reddito italiane, ma in tal caso l'Italia deve detrarre dalle imposte l'ammontare dell'imposta sui redditi pagata a Panama, in armonia con l'ordinamento nazionale, nonché con la scelta adottata in tutte le convenzioni già concluse dal nostro Paese. Tuttavia, l'ammontare della detrazione non potrà comunque essere superiore alla quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito, nella proporzione in cui essi concorrono al reddito complessivo. Inoltre, sempre in Italia, non sarà accordata alcuna detrazione qualora il reddito sia sottoposto, anche su richiesta del beneficiario, a imposizione mediante ritenuta a titolo di imposta.
  Per quel che riguarda Panama, il paragrafo 2 prevede che, se un residente ritrae redditi che, in conformità con le disposizioni della Convenzione, sono imponibili in Italia, Panama esenterà da imposta tali redditi.
  Il paragrafo 3 consente comunque a ciascuna Parte di tenere presenti, ai fini del calcolo della propria imposta, i redditi di un suo residente esentati nell'altra Parte.
  Le disposizioni convenzionali relative alla non discriminazione, contenute nell'articolo 23, formulate in maniera sostanzialmente analoga alle corrispondenti disposizioni degli altri accordi di specie conclusi dall'Italia, prevedono che, in linea di massima, valga il principio secondo cui i residenti di uno Stato contraente non possano essere assoggettati nell'altro Stato a imposizioni diverse rispetto a quelle previste per i residenti di quest'altro Stato, qualora si trovino nella stessa situazione.
  In tale contesto i paragrafi 2, 3 e 4 declinano tale principio con particolare riferimento alla tassazione delle stabili organizzazioni, alla deducibilità dei canoni e alla tassazione delle imprese.
  Tuttavia, con il paragrafo 6 viene introdotta una clausola in base alla quale le disposizioni sulla non discriminazione non potranno essere invocate nei casi in cui uno Stato applichi la propria normativa interna al fine di prevenire l'elusione e l'evasione fiscale.
  A tale disposizione è collegata la clausola generale di cui al numero 8) del Protocollo aggiuntivo, la quale prevede che le disposizioni della Convenzione non potranno essere invocate nei casi in cui uno Stato applichi la propria normativa interna al fine di prevenire l'elusione e l'evasione fiscale.
  Le disposizioni attinenti alla procedura amichevole, di cui all'articolo 24, contemplano la possibilità che un soggetto, il quale ritenga che le misure adottate da uno o da entrambi gli Stati contraenti nei suoi confronti comportino un'imposizione non conforme a quanto disposto dalla Convenzione in esame, possa sottoporre il proprio caso alle competenti autorità del suo Stato di residenza o di nazionalità – purché entro tre anni dalla prima notifica della misura contestata –, prevedendo in tal caso, ai paragrafi 2 e 3, che le competenti autorità delle due Parti contraenti facciano del loro meglio per risolvere in via amichevole la controversia.
  L'articolo 25 dispone in tema di scambio di informazioni tra le autorità competenti degli Stati contraenti con clausole sostanzialmente corrispondenti alle disposizioni degli altri accordi di specie conclusi dal nostro Paese.
  In particolare, al paragrafo 1 è previsto lo scambio di informazioni presumibilmente rilevanti per l'applicazione della Convenzione o per l'applicazione di leggi interne relative alle imposte di qualsiasi genere.
  Ai sensi del paragrafo 2 si prevedono garanzie per la riservatezza delle informazioni ricevute da ciascuna delle Parti contraenti, che potranno essere comunicate solo a organi giudiziari o amministrativi investiti delle questioni fiscali pertinenti, e utilizzate solo per i fini per cui sono state comunicate.
  In base al paragrafo 3, inoltre, nessuno dei due Stati contraenti avrà comunque l'obbligo di adottare provvedimenti amministrativi in deroga a proprie norme legislative o amministrative, né di fornire Pag. 113informazioni non ottenibili in base alla propria normale prassi amministrativa, e neanche di fornire informazioni suscettibili di rivelare segreti commerciali, industriali, professionali, ovvero informazioni la cui divulgazione sarebbe contraria all'ordine pubblico.
  In tale contesto particolare importanza riveste il paragrafo 5, in base al quale nessuna delle due Parti contraenti potrà rifiutare di fornire informazioni sulla mera base del fatto che esse siano detenute da una banca, da un'istituzione finanziaria, da un mandatario o da un agente fiduciario, palesemente in linea con i nuovi orientamenti internazionali per la sostanziale fine del segreto bancario.
  Il numero 6) del Protocollo aggiuntivo reca una serie di precisazioni in merito alle previsioni dell'articolo 25.
  In particolare:
   alla lettera a) viene precisato che lo scambio di informazioni sarà richiesto solo quando lo Stato richiedente abbia esaurito le fonti di informazioni disponibili sulla base della sua procedura fiscale interna;
   alla lettera b) si specifica che l'assistenza amministrativa prevista non comprende le misure dirette solo alla semplice raccolta di elementi di prova, né il caso in cui sia improbabile che l'informazione richiesta sia rilevante per il controllo o l'amministrazione di questioni fiscali di un determinato contribuente;
   alla lettera c) indica i contenuti necessari delle richieste di informazioni;
   alla lettera d) si esclude qualsiasi obbligo per le Parti contraenti di uno scambio automatico di informazioni;
   alla lettera e) si mantengono ferme, nell'ambito dello scambio di informazioni, le norme procedurali relative ai diritti del contribuente, si garantisce al contribuente stesso una procedura equa, senza peraltro impedire o posticipare in maniera indebita lo scambio di informazioni, e si consente agli Stati contraenti di estendere con norma il periodo di accertamento delle imposte.

  Passa quindi a illustrare l'articolo 26, il quale stabilisce che le disposizioni della Convenzione non pregiudicano i privilegi fiscali di cui beneficiano diplomatici o funzionari consolari in virtù delle regole del diritto internazionale o delle disposizioni di accordi particolari e l'articolo 27, che dispone in ordine alle modalità di entrata in vigore della Convenzione stabilendo, al paragrafo 2, che la stessa entrerà in vigore dopo un periodo di tre mesi dal ricevimento dell'ultima delle notifiche del completamento delle procedure interne.
  In tale ambito viene specificato che, per quanto riguarda le ritenute alla fonte, le disposizioni della Convenzione si applicano a decorrere dal 1o gennaio dell'anno successivo all'entrata in vigore della Convenzione stessa, mentre per le imposte su reddito e le altre imposte diverse dalle ritenute alla fonte si fa riferimento all'anno fiscale che inizia a decorrere dal 1o gennaio dell'anno successivo all'entrata in vigore della Convenzione.
  Con particolare riferimento allo scambio di informazioni, il medesimo paragrafo 2, alla lettera c) prevede che le richieste di scambio di informazioni ai sensi dell'articolo 25 possono essere inoltrate per informazioni relative a qualsiasi data entro i tre anni precedenti all'entrata in vigore della Convenzione.
  L'articolo 28 inserisce la clausola della limitation of benefits, la quale consente a uno Stato contraente la limitazione o il diniego dei benefici convenzionali al fine di contrastare possibili manovre elusive del trattato (cosiddetto treaty shopping).
  Ai sensi del paragrafo 2 tale clausola si configura come una disposizione complementare rispetto all'applicazione delle disposizioni anti-evasione e anti-elusione previste dalla legislazione interna di uno Stato, la cui applicazione rimane comunque impregiudicata.
  L'articolo 29 prevede che la denuncia della Convenzione, la quale ha altrimenti durata illimitata, possa intervenire, per via diplomatica, non prima di cinque anni dalla sua entrata in vigore, con notifica da effettuare in anticipo di almeno sei mesi sulla fine di ciascun anno solare.Pag. 114
  Ricorda quindi che alla Convenzione è allegato un Protocollo aggiuntivo, il quale contiene alcune disposizioni supplementari convenute tra le Parti contraenti, in parte già illustrate in precedenza, le quali specificano alcune norme della Convenzione e fanno parte integrante della stessa.
  Osserva, in particolare, come al numero 7) siano incluse le usuali disposizioni in materia di rimborsi connesse alla previsioni all'articolo 22, prevedendosi che le imposte riscosse mediante ritenuta alla fonte in uno Stato sono rimborsate su richiesta dell'interessato o dello Stato di residenza, qualora il diritto alla percezione di tali imposte sia limitato dalla Convenzione
  Al numero 9) è previsto che le autorità competenti dei due Paesi collaboreranno al fine di verificare il funzionamento della Convenzione, nonché la sua continua rispondenza ai rispettivi e reciproci interessi.
  Inoltre, in considerazione del fatto che Panama non ha ancora adottato la legislazione domestica che consentirà di dare corso agli impegni assunti in materia di scambio di informazioni, al numero 10) è stata inserita una clausola con la quale si prevede che gli Stati contraenti adottano la disciplina normativa nazionale necessaria a tal fine.
  Con riferimento al contenuto del disegno di legge, esso riprende il contenuto tipico dei disegni di legge di autorizzazione alla ratifica: l'articolo 1 reca la clausola di autorizzazione alla ratifica della Convenzione e del Protocollo aggiuntivo e l'articolo 2 il relativo ordine di esecuzione.
  L'articolo 3 quantifica gli oneri derivanti dalla Convenzione in 380.000 euro annui a decorrere dal 2016, a cui si provvede facendo ricorso al fondo speciale di parte corrente, con parziale utilizzazione dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
  L'articolo 4, infine, prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione per il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  Nel ricordare quindi che, come già accennato, Panama non ha ancora aderito allo standard di scambio automatico di informazioni sviluppato in sede OCSE (CRS-Common Reporting Standard), sottolinea come l'approvazione della Convenzione bilaterale in esame costituirebbe la base giuridica necessaria all'Italia per ottenere informazioni in relazione ai patrimoni detenuti in territorio panamense da cittadini italiani e auspica la rapida conclusione dell’iter del provvedimento, anche al fine di evitare motivi di imbarazzo nei confronti di Panama, che ha ratificato la Convenzione già nel maggio 2011.
  In tale ambito ricorda altresì che il cosiddetto gruppo G5 (costituito dai governi di Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Italia), nell'ambito del G20 svoltosi recentemente a Washington, ha dato indicazioni affinché i Governi pongano in essere tutti gli sforzi, in sede bilaterale e in sede multinazionale, per incentivare le legislazioni che ancora non assicurano un regime di piena collaborazione in materia fiscale e finanziaria, ad applicare il regime dello standard CRS, al fine di rafforzare efficacemente le politiche internazionali di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale. Fa inoltre presente come il Presidente di Panama abbia dichiarato l'intenzione di aderire al predetto regime e come siano stati già programmati i contatti necessari per realizzare tale obiettivo.
  Alla luce delle considerazioni svolte, preannuncia quindi l'intenzione di formulare una proposta di parere favorevole, invitando altresì la Commissione Affari Esteri, competente nel merito, a procedere nel più breve tempo possibile alla conclusione dell’iter del provvedimento.

  Il Viceministro Enrico ZANETTI ringrazia il relatore per aver inquadrato perfettamente le tematiche affrontate dal provvedimento e per aver segnalato l'esigenza di approvare quanto prima il disegno di ratifica della Convenzione.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già prevista per la giornata di domani, nel corso Pag. 115della quale si procederà a porre in votazione la proposta di parere che sarà formulata dal relatore.

Documento di economia e finanza 2016.
Doc. LVII, n. 4, Allegati e Annesso.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Silvia FREGOLENT (PD), relatrice, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini dell'espressione del parere alla V Commissione Bilancio, il Documento di economia e finanza 2016 (Doc. LVII, n. 4 e Allegati).
  Segnala innanzitutto come, considerata l'ampiezza delle tematiche affrontate dal DEF, in questa sede si limiterà ad una sintetica illustrazione degli aspetti generali del documento, nonché dei principali profili di specifica rilevanza per la Commissione Finanze.
  Innanzitutto ricorda come il DEF costituisca lo strumento di programmazione economica e finanziaria delineato dalla legge n. 296 del 2009, di riforma della contabilità pubblica, che ha sostituito il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) ed il successivo Documento di finanza pubblica (DFP) previsto dalla precedente disciplina contabile.
  Ricorda, infatti, che dal gennaio 2011 ha preso avvio il cosiddetto «semestre europeo», in base al quale la sorveglianza multilaterale dei bilanci nazionali si articola in una serie di fasi che prevedono, tra l'altro, la presentazione contestuale – entro il 10 aprile di ciascun anno – da parte degli Stati membri, dei programmi di stabilità o di convergenza (PSC) e dei programmi nazionali di riforma (PNR), i quali divengono i principali documenti della programmazione economico-finanziaria dei singoli Stati.
  In tale contesto il DEF traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall'Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo e il conseguimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e solidale definiti nella Strategia Europa 2020. Il Documento enuncia, pertanto, le modalità e la tempistica attraverso le quali l'Italia intende conseguire il risanamento strutturale dei conti pubblici e perseguire gli obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, energia e sostenibilità ambientale definiti nell'ambito dell'Unione europea.
  L'esame e l'approvazione da parte delle Camere del DEF è propedeutica all'invio, da parte del Governo, al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, entro il 30 aprile, del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (PNR).
  Conformemente al quadro europeo in materia, il DEF è composto da tre sezioni:
   la Sezione I – Programma di Stabilità dell'Italia (PS), che costituisce l'atto fondamentale di programmazione economico-finanziaria, il quale contiene tutti gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea e, in particolare, dal nuovo Codice di condotta sull'attuazione del Patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi di politica economica da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico;
   la Sezione II – Analisi e tendenze della finanza pubblica (corredata da una Nota metodologica sui criteri di formulazione delle previsioni tendenziali), la quale contiene una serie di dati e informazioni che il Governo era in passato tenuto a fornire nell'ambito della Relazione sull'economia e la finanza pubblica e, in misura minore, nella Decisione di finanza pubblica;
   la Sezione III – Programma Nazionale di Riforma, il quale indica:
    lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale Pag. 116scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;
     gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;
    le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità;
    i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.

  Al Documento sono altresì allegati:
   il rapporto sullo stato di attuazione della riforma della contabilità e finanza pubblica, (Allegato I);
   il documento sulle spese dello Stato nelle regioni e nelle province autonome (Allegato II);
   la relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra (Allegato III);
   la relazione sui fabbisogni annuali di beni e servizi della pubblica amministrazione e sui risparmi conseguiti con il sistema delle convenzioni Consip (Allegato IV);
   la relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate (Allegato V);
   un documento concernente strategie per le infrastrutture di trasporto e logistica (Allegato VI).

  Il Documento contiene, infine, un annesso, recante la Relazione al Parlamento, redatta ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, che illustra l'aggiornamento del piano di rientro verso l'Obiettivo di Medio Periodo (MTO), già autorizzato con la Relazione al Parlamento 2015, deliberata dal Consiglio dei ministri il 18 settembre 2015 ed approvata con risoluzioni adottate in data 8 ottobre 2015 e ulteriormente aggiornato con la Comunicazione al Parlamento 2015, deliberata dal Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2015.
  Passando a esaminare i contenuti specifici del DEF 2016, con riferimento al quadro macroeconomico, il DEF evidenzia come nel 2015, dopo tre anni consecutivi di contrazione, l'economia italiana è tornata a crescere (dello 0,8 per cento in termini reali e dell'1,5 per cento in termini nominali) e nel 2016 tale dinamica di crescita prosegue e si rafforza (dell'1,2 per cento in termini reali e del 2,2 per cento in termini nominali).
  In tale ambito il Documento evidenzia l'aumento dell'occupazione e la diminuzione della disoccupazione, nonché il miglioramento dei conti e la diminuzione della pressione fiscale: al riguardo, il Governo dichiara di perseguire una politica rigorosa ma, nello stesso tempo, di aver avviato una serie di misure espansive che permettono di rilanciare l'economia del Paese, nonostante negli ultimi mesi del 2015 il quadro internazionale abbia mostrato segnali di peggioramento, dovuti alla fase di difficoltà dell'Eurozona, al progressivo rallentamento delle economie emergenti e alla minaccia terroristica.
  Con specifico riferimento al mercato del lavoro il DEF evidenzia come nel 2015 il numero di occupati, sia in termini di unità standard sia in termini di forze di lavoro, sia aumentato dello 0,8 per cento. In base ai dati delle forze di lavoro, all'incremento occupazionale hanno contribuito i lavoratori dipendenti con contratto a tempo determinato e indeterminato. L'occupazione autonoma si è invece ridotta. Il miglioramento dell'occupazione si è riflesso sul tasso di disoccupazione, che si è ridotto di 0,8 punti percentuali, attestandosi all'11,9 per cento. I redditi da lavoro dipendente pro-capite sono cresciuti in media annua di appena lo 0,5 per cento, mentre la produttività del lavoro, misurata sulle ULA (unità lavorative annue), è diminuita dello 0,2 per cento.
  In merito al tasso di inflazione, esso è risultato prossimo allo zero, in quanto l'indice dei prezzi al consumo IPCA è Pag. 117cresciuto solo dello 0,1 per cento, valore sul quale ha inciso la forte riduzione dei prezzi dei beni importati.
  Il DEF dedica inoltre specifica attenzione alle tematiche creditizie, segnalando come nel 2015 le condizioni del credito siano gradualmente migliorate, anche come risultato degli interventi della BCE.
  L'andamento dei prestiti al settore privato (società non finanziarie e famiglie), dopo tre anni di contrazione, si è chiuso con una variazione nulla. I tassi d'interesse praticati alla clientela sono risultati in continua discesa e si sono avvicinati a quelli praticati dai Paesi europei non soggetti alla crisi finanziaria del 2011. Viene inoltre confermata la tendenza all'allentamento dei criteri di offerta, dovuta soprattutto alla pressione concorrenziale tra le banche, al minore rischio percepito, ai più contenuti costi di provvista e ai ridotti vincoli di bilancio degli intermediari e si rileva un'espansione della domanda di prestiti da parte delle imprese, sostenuta dal basso livello dei tassi di interesse e dal maggiore fabbisogno per investimenti fissi, scorte e capitale circolante. Segnali analoghi vengono anche rilevati per le famiglie.
  In relazione ai crediti deteriorati, il Governo ricorda gli interventi messi in campo, quali la riduzione dei tempi per la deducibilità delle perdite sui crediti da 5 a 1 anno e la predisposizione di un sistema di garanzia sulle tranche senior dei crediti cartolarizzati pubblico ma fondato su meccanismi di mercato, nonché le disposizioni per semplificare le procedure concorsuali ed esecutive.
  Con riferimento alle prospettive per il triennio 2016-2018, il DEF stima una crescita tendenziale del PIL reale dell'1,2 per cento annuo, che raggiungerebbe l'1,3 nel 2019, mentre il tasso nominale accelererebbe col crescere dell'utilizzo delle risorse produttive e anche a causa di un recupero del prezzo del petrolio e delle materie prime e del rialzo delle imposte indirette previsto dalle clausole di salvaguardia contenute nella legge di stabilità 2016, sulle quali il Governo preannuncia di voler intervenire in sede di manovra.
  A tale ultimo riguardo ricorda che i commi da 5 a 7 della legge di stabilità 2016 hanno disattivato la clausola di salvaguardia introdotta dalla legge di stabilità 2014 (comma 430 della legge n. 147 del 2013) – che agiva sulle cosiddette tax expenditures – eliminando i prospettati aumenti di 3,272 e 6,272 miliardi di euro.
  I medesimi commi 5 e 7 hanno poi rinviato al 2017 gli aumenti predisposti dall'ulteriore clausola introdotta dalla legge di stabilità 2015 (commi 718 e 719 della legge n. 190 del 2014) – volta a incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta rispettivamente di 2,5 e 2 punti percentuali (con effetti stimati in circa 12,8 miliardi nel 2016 e 19,2 miliardi nel 2017) e le accise su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate non inferiori a 700 milioni di euro a decorrere dal 2018.
  In sintesi:
   l'aumento dell'aliquota IVA del 10 per cento di due punti percentuali è posticipato al 1o gennaio 2017; conseguentemente, a tale data l'aliquota sarà incrementata di tre punti percentuali, vale a dire dal 10 al 13 per cento;
   l'aumento dell'aliquota IVA del 22 per cento di due punti percentuali è posticipato al 1o gennaio 2017 (cioè dal 22 al 24 per cento), mentre l'aumento di un ulteriore punto percentuale dal 1o gennaio 2017 slitta al 1o gennaio 2018 (cioè dal 24 al 25 per cento); è poi soppresso l'ulteriore aumento di 0,5 punti percentuali dal 1o gennaio 2018;
   sono quindi ridotte della metà – da 700 a 350 milioni di euro – le maggiori entrate previste a decorrere dal 2018 mediante aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante.

  Il comma 7 della citata legge di stabilità 2016 ha disattivato l'ulteriore aumento di accisa previsto dal comma 632 della legge di stabilità 2015, già posticipato al 2016 Pag. 118dal decreto-legge n. 153 del 2015 (pari a 728 milioni di euro).
  Quanto al quadro di finanza pubblica, i dati riportati nel DEF relativi al consuntivo 2015 espongono un risultato dell'indebitamento netto pari al 2,6 per cento del PIL, in linea con l'obiettivo programmatico esposto nelle stime contenute nella Nota di aggiornamento del DEF 2015.
  Il rapporto debito/PIL è stato pari al 132, 7 per cento, in lieve aumento rispetto al 2014.
  La discesa dei pagamenti per interessi si è accompagnata al miglioramento del saldo primario, anche se lievemente meno favorevole del previsto, con un surplus pari all'1,6 per cento del PIL a fronte dell'1,7 per cento previsto in settembre.
  Tale differenza è spiegata da un minore gettito da imposte dirette e in conto capitale e da maggiori spese per consumi intermedi rispetto alle aspettative di settembre. Sono aumentate in modo superiore alle previsioni le imposte indirette ed è diminuita la spesa per redditi da lavoro dipendente e per prestazioni sociali in denaro, così come sono diminuite le altre uscite primarie correnti.
  In particolare, le entrate totali sono aumentate dell'1,0 per cento in termini nominali rispetto al 2014. Le entrate correnti sono cresciute dell'1,2 per cento, trainate dalla crescita dei contributi sociali (2,0 per cento) e delle imposte dirette (1,9 per cento), soprattutto grazie alle ritenute IRPEF sui redditi da lavoro dipendente. Anche la crescita dell'IRES ha contribuito al buon andamento delle imposte dirette.
  Le imposte indirette hanno registrato un incremento dello 0,5 per cento. In tale ambito viene registrato un calo del gettito IRAP, il quale deriva a sua volta dall'esclusione del costo per lavoro dipendente dalla base imponibile. Al contrario l'IVA sugli scambi interni ha beneficiato dell'introduzione del meccanismo di scissione dei pagamenti (cosiddetto split payment) e dell'estensione del sistema dell'inversione contabile (cosiddetto reverse charge) ad alcuni settori dell'economia. L'IVA sulle importazioni, invece, ha invece segnato una riduzione, riflettendo il calo del prelievo sugli oli minerali influenzato, a sua volta, dalla progressiva contrazione del prezzo del petrolio.
  In rapporto al PIL, nel 2015 può osservarsi una riduzione sia delle entrate totali, che si attestano al 47,9 per cento, sia delle entrate correnti, che scendono al 47,6 per cento. Le maggiori divergenze rispetto alle previsioni per il 2015 indicate nel DEF dello scorso aprile si osservano per le imposte dirette, che si collocano al 14,8 per cento del PIL (-0,3 punti percentuali rispetto alle attese) e per i contributi sociali, che si collocano al 13,4 per cento del PIL (-0, 1 punti percentuali rispetto alle attese).
  Il DEF evidenzia inoltre come la pressione fiscale nel 2015 sia scesa al 43,5 per cento, ovvero al 42,9 per cento al netto del bonus degli ottanta euro, reso permanente nel medesimo anno.
  In tale contesto evidenzia come sia ferma intenzione del Governo proseguire nel processo di riduzione dell'imposizione fiscale già avviato e che ha già determinato effetti positivi.
  In questo ambito rileva come siano appunto indirizzate alla riduzione della pressione fiscale alcune misure recentemente adottate dal Governo, quali, in particolare: l'esenzione totale dell'Imposta Municipale Unica (IMU) per alcune categorie di soggetti e per particolari tipologie di terreni agricoli; l'istituzione della categoria delle Piccole e Medie Imprese (PMI) innovative (alle quali sono applicate le agevolazioni fiscali già previste per le start-up innovative); la revisione del regime agevolato per i redditi derivanti dalle opere di ingegno (cosiddetto patent box), ampliandone la base imponibile agevolabile.
  Negli anni successivi al 2015, la pressione fiscale si riduce nel 2016 e 2017, passando – rispettivamente – al 42,8 e al 42,7, per poi risalire lievemente al 42,9 negli anni 2018 e 2019.
  Lo scenario previsivo tendenziale è affiancato nel DEF dallo scenario programmatico che, ferme restando le componenti derivanti dagli andamenti economici internazionali (vale a dire le cosiddette componenti Pag. 119«esogene internazionali» considerate nel quadro tendenziale: commercio internazionale, prezzo del petrolio e cambio dollaro/euro), include gli effetti sull'economia prodotti dalle politiche governative previste nel DEF.
  Nello scenario programmatico, dopo un incremento dell'1,2 per cento nel 2016, la crescita del PIL reale nel triennio 2017-2019 risulterebbe più elevata che nel tendenziale, a motivo di una politica fiscale ancora rigorosa, ma più focalizzata sulla promozione dell'attività economica e dell'occupazione. Il PIL reale crescerebbe dell'1,4 per cento nel 2017, quindi dell'1,5 per cento nel 2018 ed infine dell'1,4 per cento nel 2019.
  La crescita dei prezzi (e quindi del deflatore del PIL) sarebbe inizialmente più bassa nello scenario programmatico che in quello tendenziale. Ciò poiché l'entità complessiva della manovra sarebbe inferiore e si sostituirebbero gli aumenti delle imposte indirette previsti dalle clausole di salvaguardia con interventi alternativi di revisione selettiva della spesa, anche di carattere fiscale. Nel biennio 2018-2019 il PIL nominale crescerebbe di più nello scenario programmatico che in quello tendenziale a motivo del migliore andamento complessivo dell'economia.
  L'inflazione sarebbe pari all'1,3 per cento nel 2017 e all'1,6 per cento nel 2018. Ne deriverebbe un aumento di spesa da parte delle famiglie con ricadute anche sugli investimenti, per i quali si prevede un'accelerazione dallo 0,8 per cento di crescita complessiva registrato nel 2015 al 2,2 nel 2016 e quindi, nello scenario programmatico, al 3,0 nel 2017 e 3,2 per cento nel 2018.
  Le politiche di revisione della spesa avrebbero invece un impatto negativo sui consumi pubblici reali rispetto allo scenario tendenziale. Ricorda che dal 2014 i risparmi associati a interventi di razionalizzazione della spesa, in termini di indebitamento netto, ammontano a circa 3,6 miliardi nel 2014, 18 miliardi nel 2015, 25 miliardi nel 2016, 27,6 miliardi nel 2017 e circa 28,7 miliardi nel 2018, e riguardano tutti i livelli di governo.
  Il miglioramento delle condizioni economiche si rifletterebbe sul mercato del lavoro e il tasso di disoccupazione scenderebbe al 10,6 per cento a fine periodo. La maggiore produttività accompagnata da una moderata crescita salariale si ripercuoterebbe in una dinamica contenuta del costo unitario del lavoro.
  L'indebitamento netto per il 2016 è stimato intorno al 2,3 per cento del PIL, a fronte dell'obiettivo di 2,2 per cento formulato in settembre, poi elevato al 2,4 in connessione con gli interventi per la sicurezza e la cultura disposti in novembre dopo gli attentati in Francia.
  In termini di saldo strutturale e di regola di spesa, il Documento rileva come il saldo strutturale, corrispondente a un indebitamento netto del 2,3 per cento del PIL, nel 2016 sarebbe pari all'1,2 per cento del PIL, in peggioramento di 0,7 punti percentuali rispetto al 2015.
  Al riguardo ricorda che l'Italia ha richiesto 0,5 punti di flessibilità per le riforme strutturali e 0,3 punti di flessibilità per gli investimenti pubblici. Qualora la richiesta di flessibilità aggiuntiva da parte dell'Italia fosse pienamente accolta, il peggioramento del saldo strutturale non costituirebbe una deviazione significativa e quindi sarebbe compatibile con il «braccio preventivo» del Patto di stabilità e crescita (PSC). Il nuovo scenario programmatico prevede di ridurre l'indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche all'1,8 per cento del PIL nel 2017 e allo 0,9 nel 2018, portando quindi il saldo in lieve surplus nel 2019 (0,1 per cento del PIL). Su base strutturale, il saldo migliorerebbe dal –1,2 per cento del PIL del 2016 al –1,1 per cento nel 2017 e quindi al –0,8 nel 2018 e al –0,2 per cento nel 2019. Quest'ultimo livello assicurerebbe sostanzialmente il conseguimento dell'Obiettivo di Medio Termine (MTO) dell'Italia.
  Un ulteriore elemento di flessibilità potrebbe derivare dall'esclusione dai vincoli del Patto di Stabilità e Crescita della maggiore spesa per l'emergenza migranti negli anni 2015 e 2016, rispetto a quella sostenuta l'anno precedente.Pag. 120
  Il rapporto debito/PIL dovrebbe mostrare una prima, seppur modesta, riduzione, dopo otto anni di aumento, attestandosi al 132,4 per cento, anche grazie all'avanzo primario, previsto pari all'1,7 per cento del PIL, in leggero aumento rispetto al 2015. Tale previsione tiene conto, tra l'altro, dell'impegno amministrativo nell'attività di riscossione delle entrate e di azioni volte ad accrescere l'entità delle dismissioni immobiliari.
  Nel 2017 la riduzione del rapporto debito/PIL è prevista attestarsi al 130,9 per cento, corrispondente a un calo di circa 1,5 punti percentuali di PIL rispetto all'anno in corso. Negli anni successivi esso è stimato pari al 128 nel 2018 e 123,8 nel 2019.
  In tale contesto ricorda che le clausole di salvaguardia che diventerebbero operative nel 2017, già richiamate in precedenza, rappresentano circa lo 0,9 per cento del PIL. L'intendimento del Governo nell'impostazione della prossima legge di stabilità è quello di proseguire nell'azione di sterilizzazione delle clausole già attuata finora, attuando una manovra alternativa, che consenta comunque di raggiungere un indebitamento netto pari all'1,8 per cento del PIL nel 2017 attraverso interventi di revisione della spesa pubblica, ivi incluse le spese fiscali, e di strumenti che accrescano la fedeltà fiscale e riducano i margini di evasione ed elusione. Ciò ferma restando la prosecuzione, compatibilmente con gli equilibri di bilancio, del processo di riduzione del carico fiscale che grava sui redditi delle famiglie e delle imprese. Nel biennio 2018-2019 si amplierebbero in particolare le misure riguardanti la spending review. Proseguirà inoltre lo sforzo organizzativo e normativo volto ad aumentare il gettito fiscale a parità di aliquote attraverso il contrasto all'evasione e il miglioramento della fedeltà fiscale.
  Il nuovo scenario tiene conto del peggioramento del quadro macroeconomico internazionale segnalato sia da previsori di mercato sia dalle principali organizzazioni internazionali, quali l'OCSE, il FMI e la Commissione Europea. Va anche sottolineato che la caduta del prezzo del petrolio sostiene la domanda interna nei paesi consumatori quali l'Italia, ma riduce consumi e importazioni dei paesi produttori, verso cui le esportazioni italiane erano cresciute molto fino al 2014. Inoltre, il tasso di cambio dell'euro, pur competitivo in un'ottica di lungo termine, si è recentemente apprezzato su base ponderata, portandosi al livello più elevato da inizio 2015.
  Passando ai contenuti del Programma nazionale di riforma (PNR) recato nella Sezione III del DEF, il Documento evidenzia – preliminarmente – come la strategia di riforme strutturali debba essere accompagnata e sostenuta da una politica di responsabilità fiscale che, attraverso la riduzione del carico delle imposte, permetta di sostenere la spesa di imprese e famiglie, rafforzare la crescita in una fase di notevole incertezza economica a livello internazionale e continuare nello sforzo di consolidamento della finanza pubblica e di riduzione del debito.
  Al riguardo segnala come il Programma Nazionale di Riforma rivisiti e ampli l'approccio e gli obiettivi dell'anno precedente e li allinei con la più recente Annual Growth Survey della Commissione Europea e le Raccomandazioni del Consiglio Europeo sia all'Area Euro che all'Italia. Viene altresì delineato un complesso di misure da adottare nel breve termine, con particolare enfasi sulla concreta attuazione delle riforme, allo scopo di sostenere la ripresa economica, rafforzando le politiche esposte nel Programma di Stabilità 2016.
  In particolare, per quanto attiene ai profili di competenza della Commissione Finanze, ricorda che la Raccomandazione n. 2 della Commissione europea suggerisce di attuare la delega fiscale di cui alla legge n. 23 del 2014 entro il settembre 2015, con particolare riguardo alla revisione delle agevolazioni fiscali e dei valori catastali e alle misure per migliorare il rispetto della normativa tributaria.
  La Relazione della Commissione UE del febbraio 2016 rileva come la tassazione italiana risenta di una serie di problemi, i più urgenti dei quali sono il basso livello Pag. 121di adempimento degli obblighi fiscali, la riforma complessiva, che tarda a essere attuata, delle agevolazioni fiscali (in particolare per quanto riguarda le aliquote ridotte dell'imposta sul valore aggiunto) e del vecchio sistema dei valori catastali, la necessità di alleviare il carico fiscale che grava sul lavoro e di riformare la tassazione ambientale.
  La Relazione della Commissione UE afferma che in Italia il carico fiscale sul lavoro, nonostante i recenti sforzi per ridurlo, è molto elevato rispetto alla media dell'UE. In linea con le raccomandazioni del Consiglio del 2016 per la zona euro, l'Italia ha adottato una serie di misure, per lo più attuate mediante le leggi di stabilità del 2015 e del 2016, volte a ridurre il cuneo fiscale nel periodo 2015-2016. Anche la pressione fiscale sul capitale in Italia è superiore alla media dell'UE, ma è destinata a diminuire: si prevede per il 2016 un incentivo agli investimenti per le imprese, grazie alla possibilità di dedurre il 140 per cento degli importi spesi; per il 2017 una riduzione di 3,5 punti percentuali dell'aliquota dell'imposta sul reddito delle società (IRES), che passerà dal 27,5 per cento al 24 per cento.
  La Relazione evidenzia, invece, che permangono problemi significativi per quanto riguarda il regime d'imposta sugli immobili, acuiti da provvedimenti recenti: l'abolizione della tassa sulla prima casa è considerato dalla Commissione un passo indietro nel processo di conseguimento di una più efficiente struttura impositiva che sposti il carico fiscale dai fattori produttivi ai beni immobili. Permangono incertezze anche per quanto riguarda la riforma del sistema catastale, un prerequisito fondamentale per un'equa ed efficace tassazione degli immobili. Mentre il bonus di 80 euro dovrebbe avere un impatto positivo a livello sociale e sul cuneo fiscale del lavoro, l'effetto risultato dell'abolizione della TASI è più controverso, soprattutto se valutato rispetto a usi alternativi delle stesse risorse.
  Un altro punto evidenziato dalla Relazione riguarda l'adempimento degli obblighi tributari che, nonostante alcuni progressi, rimane basso anche a causa delle carenze del modello tributario. In Italia il livello relativamente basso di adempimento degli obblighi fiscali assume forme diverse, tra cui la sottodichiarazione dei redditi, l'evasione fiscale e la frode dell'IVA, cui si aggiunge il peso significativo dell'economia sommersa.
  Al riguardo il Governo ricorda che, in attuazione della delega fiscale, sono stati adottati undici decreti legislativi con l'intento di migliorare il quadro delle norma tributarie e il rapporto tra fisco e contribuenti, semplificando l'assolvimento degli obblighi tributari e favorendo l'emersione spontanea delle basi imponibili. In tal senso segnala, in particolare, i decreti che hanno previsto:
   semplificazioni fiscali, con l'introduzione della dichiarazione precompilata per i lavoratori dipendenti e per i pensionati (decreto legislativo n. 175 del 2014);
   la ridefinizione dell'abuso del diritto, estesa a tutti i tributi e corredata di adeguate garanzie procedimentali e l'introduzione del regime di adempimento collaborativo, secondo le linee proposte dall'OCSE e la previsione della gestione e del controllo interno dei rischi fiscali da parte dei contribuenti (decreto legislativo n.128 del 2015);
   il rafforzamento del ruolo del fisco a sostegno delle imprese con attività internazionali e, in particolare, la riduzione dei vincoli alle operazioni transfrontaliere e il miglioramento del sistema degli interpelli preventivi (decreto legislativo n. 147 del 2015);
   la revisione del contenzioso tributario e degli interpelli (decreto legislativo n. 156 del 2015);
   la revisione delle sanzioni penali e amministrative, secondo criteri di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti (decreto legislativo n. 158 del 2015);
   l'efficientamento della riscossione (decreto legislativo n. 159 del 2015).

Pag. 122

  Con riferimento alle semplificazioni fiscali il DEF ricorda che da quest'anno la dichiarazione precompilata conterrà una consistente quota di spese sanitarie e un numero maggiore di oneri deducibili e detraibili: tale evoluzione farà crescere il numero delle dichiarazioni accettate con effetti positivi sull'attività di controllo dell'Agenzia delle Entrate. È inoltre in via di predisposizione un decreto correttivo del decreto legislativo n.175 del 2014 che introdurrà ulteriori significative semplificazioni degli obblighi dichiarativi, di comunicazione e di versamento in materia di tributi erariali e locali.
  L'emersione spontanea di basi imponibili è favorita dagli interventi in materia di fatturazione elettronica. Per i fornitori delle pubbliche amministrazioni la fatturazione elettronica è divenuta obbligatoria dal 31 marzo 2015. Con il decreto attuativo della delega fiscale in materia di trasmissione telematica delle operazioni IVA e dei corrispettivi (decreto legislativo n. 127 del 2015), a decorrere dal 1o gennaio 2017 i contribuenti che decideranno di avvalersi delle procedure automatizzate di fatturazione o di registrazione dei corrispettivi beneficeranno di importanti semplificazioni negli adempimenti fiscali.
  Per quanto riguarda le misure di contrasto all'evasione fiscale, nel 2016 entreranno in vigore le nuove regole per definire una metodologia stabile e imparziale di rilevazione, calcolo e pubblicazione dei risultati delle strategie di contrasto all'evasione fiscale (decreto legislativo n. 160 del 2015). Al riguardo viene evidenziato che nel 2015 l'Agenzia delle entrate ha recuperato 14,9 miliardi dalle attività di contrasto all'evasione: dato in costante aumento negli ultimi dieci anni. Risultati importanti sono derivati dalle misure introdotte dalla legge di stabilità 2015 per contrastare evasione e frodi IVA: l'introduzione del meccanismo di split payment per i fornitori della PA e l'estensione del reverse charge alle prestazioni di servizi di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative a edifici.
  Un contributo rilevante all'emersione di base imponibile sottratta al fisco è derivato dalla voluntary disclosure (legge n. 186 del 2014). Le richieste di adesione sono state 129 mila, per circa 60 miliardi di imponibile emerso e un gettito stimato di circa 3,8 miliardi (al netto degli interessi). Tali istanze, in corso di verifica, porteranno all'emissione di circa 500 mila accertamenti entro la fine del 2016.
  In risposta ai rilievi della Commissione europea, il Governo afferma che il riordino delle spese fiscali (tax expenditures) avverrà nel quadro delle procedure di bilancio: la Nota di aggiornamento al DEF conterrà gli indirizzi programmatici che – una volta approvata la Nota dal Parlamento mediante apposita risoluzione – diventeranno vincolanti per il Governo ai fini della predisposizione della manovra di bilancio. Pertanto il monitoraggio delle spese fiscali sarà propedeutico al loro riordino. L'azione di riordino delle spese fiscali sarà volta a eliminare o rivedere quelle non più giustificate sulla base delle mutate esigenze sociali ed economiche o quelle che duplicano programmi di spesa pubblica. Il Governo si avvarrà di una Commissione di esperti istituita dal Ministro dell'economia e delle finanze, composta da quindici esperti nelle materie economiche, statistiche, fiscali o giuridico-finanziarie.
  Due aspetti che erano ricompresi nell'ambito di operatività della legge delega fiscale, ma che non hanno trovato attuazione, riguardano la revisione dei valori catastali e il settore dei giochi. Entrambi sono stati peraltro interessati da alcuni interventi contenuti nella legge di stabilità 2016.
  Con riferimento alla revisione dei valori catastali, il DEF afferma che sono necessarie preliminari operazioni di allineamento delle base dati, per valutare in modo accurato gli effetti di gettito e distributivi sui contribuenti. In prima battuta, con la legge di stabilità 2016 il Governo ha inteso privilegiare interventi in aree particolarmente critiche attinenti al processo di determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione produttiva e industriale (cosiddetti «imbullonati»).Pag. 123
  Il Governo ricorda che, a legislazione vigente, sono attivabili, su richiesta degli enti locali, le procedure correnti e straordinarie legate all'accatastamento delle unità immobiliari negli archivi catastali e alla determinazione e accertamento della relativa rendita. Per gli immobili a destinazione residenziale è in vigore la possibilità di interventi mirati di revisione annuale del classamento delle unità immobiliari urbane, ossia la revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali e l'aggiornamento del classamento catastale per intervenute variazioni edilizie.
  Più in generale, per quanto riguarda la tassazione immobiliare, il DEF inquadra le recenti modifiche apportate ai tributi locali (in particolare IMU e TASI) dalla legge di stabilità 2016 nella strategia di alleggerimento del carico fiscale per cittadini e imprese.
  Viene ricordata l'eliminazione della TASI (ad opera della citata legge di stabilità 2016, legge n. 2018 del 2015) sulle abitazioni principali (tranne le abitazioni «di lusso») a partire dal 2016; essa si aggiunge all'eliminazione dell'IMU sui medesimi immobili, decorrente già dal 2014.
  Il DEF stima che gli effetti dell'abolizione della TASI sulle abitazioni principali abbiano un effetto positivo sui consumi dal 2016, che – tenendo conto della crescita stimata dei consumi dello 0,25 per cento negli anni 2017-2018 – avrebbe un effetto costante sul PIL dello 0,1 per cento (rispetto allo scenario di base) negli anni 2016-2019.
  Vengono ricordate inoltre le modifiche, operate della legge di stabilità 2016, alle esenzioni IMU per i terreni agricoli (articolo 1, comma 10, lettere c) e d), e comma 13).
  Il Documento menziona altresì la disciplina del leasing immobiliare, introdotta dalla medesima legge di stabilità 2016 che ne disciplina gli aspetti civilistici e fiscali. Si tratta di una forma di finanziamento alternativa al contratto di mutuo, in favore delle persone fisiche, finalizzata all'acquisto o alla costruzione di un immobile da adibire ad abitazione principale. Sono previste specifiche agevolazioni fiscali (deducibilità ai fini Irpef e riduzione dell'imposta di registro) connesse a tali contratti.
  Sempre con la legge di stabilità 2016 è stato avviato il riordino del settore dei giochi pubblici intervenendo su aspetti fondamentali come il livello di tassazione (aumento del PREU per gli apparecchi), le modalità di tassazione (passaggio al regime della tassazione sul margine per alcuni giochi), la maggiore controllabilità degli apparecchi da divertimento e la pubblicità, disciplinata secondo le linee di indirizzo dell'Unione Europea.
  Per quanto riguarda il contenzioso tributario, dopo aver agito sulla disciplina del processo in attuazione della delega fiscale, il Governo intende anche promuovere una riforma complessiva della giustizia tributaria per garantire ai cittadini una giurisdizione più efficiente e tempi del giudicato più celeri, mediante misure che rafforzino la professionalità dei giudici tributari. Viene segnalato che, in linea con le azioni dell'Agenda digitale italiana ed europea, è stato avviato a dicembre 2015 il processo tributario telematico nelle Regioni pilota di Toscana e Umbria, ed è prevista nel giro di due anni la sua estensione graduale in tutte le altre Regioni d'Italia.
  Con riferimento al settore bancario, la Raccomandazione n. 4 della Commissione UE ha sollecitato il Governo a introdurre misure vincolanti, entro la fine del 2015, per risolvere le debolezze nel governo societario delle banche, con particolare riguardo al ruolo delle fondazioni, nonché ad adottare provvedimenti per accelerare la riduzione generalizzata dei crediti deteriorati.
  Anche nella Relazione della Commissione relativa all'Italia del 26 febbraio 2016, la Commissione sottolinea come i problemi insorti nel settore bancario italiano a seguito della crisi siano stati aggravati da problemi strutturali di lunga data tra cui la frammentazione settoriale, la scarsa efficienza in termini di costi e le carenze in materia di governo societario. La UE ha tuttavia osservato che il sostegno Pag. 124pubblico fornito al settore bancario durante la crisi è stato molto limitato rispetto ad altri paesi europei.
  Il DEF 2016 – in armonia con quanto asserito dalla Commissione UE nella richiamata Relazione – ricorda che, a fronte di una sostanziale solidità del sistema bancario italiano, persiste presso gli istituti di credito un elevato livello dei crediti in sofferenza. Si avverte dunque la necessità di accrescere la resilienza del settore. Stanti i limitati margini di manovra esistenti all'interno dell'attuale normativa europea sulla risoluzione degli enti creditizi, il Governo afferma dunque la necessità di rafforzare il sistema mediante riduzioni della durata delle procedure concorsuali e dei tempi di recupero dei crediti, nonché col rafforzamento dell'efficienza dei tribunali e la possibilità di accordi stragiudiziali.
  In risposta alle sollecitazioni UE il Governo ricorda l'implementazione, nel corso di due anni, di un ampio e unitario disegno di riforma del sistema bancario italiano secondo tre principali temi: il rafforzamento del governo societario delle banche, il raggiungimento di un level playing field con gli altri istituti bancari europei e il miglioramento della qualità e dell'efficienza dell'attività bancaria. Le predette direttrici sono state sviluppate, rispettivamente, attraverso la riforma delle banche popolari, delle fondazioni bancarie e delle banche di credito cooperativo; le disposizioni fiscali che riducono i tempi previsti per la deducibilità delle perdite su crediti da 5 a 1 anno; l'insieme dei provvedimenti per facilitare lo smobilizzo dei crediti in sofferenza, che comprendono anche disposizioni per semplificare e migliorare le procedure concorsuali ed esecutive, nonché accelerare i tempi di recupero dei crediti (miglioramento della qualità ed efficienza dell'attività bancaria).
  Rammenta inoltre che anche il disegno di legge annuale per la concorrenza 2015, attualmente all'esame del Senato, contiene alcune disposizioni in materia bancaria volte a garantire una maggiore concorrenzialità del settore: le principali norme proposte riguardano i costi di assistenza telefonica per i servizi bancari, la confrontabilità delle spese addebitate per i servizi di pagamento e la trasparenza delle polizze assicurative connesse o accessorie all'erogazione di mutui o di credito al consumo.
  In tale ambito rileva come la Commissione UE, nella Relazione di febbraio 2016, richiami le importanti iniziative adottate dal Governo per affrontare il problema delle carenze nel governo societario delle banche italiane e rendere il settore più forte.
  In primo luogo, il decreto-legge n. 18 del 2016 (approvato definitivamente al Senato il 6 aprile 2016) ha recato una complessiva riforma del credito cooperativo. Viene previsto, in sintesi, che l'esercizio dell'attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo (BCC) sia consentito solo agli istituti appartenenti ad un gruppo bancario cooperativo; la capogruppo, partecipata dalle BCC in via maggioritaria, svolge un ruolo di indirizzo e di controllo e ha poteri di nomina dei vertici delle società controllate. Le banche partecipanti stipulano con la capogruppo un contratto di coesione.
  In merito ricorda che le norme così introdotte sono destinate ad avere un'applicazione graduale. Viene fissato, in particolare, un termine di 18 mesi – decorrenti dall'entrata in vigore delle norme secondarie di attuazione emanate del Ministro dell'economia e delle finanze e della Banca d'Italia – per l'invio, da parte della potenziale banca capogruppo, alla Banca d'Italia della documentazione prevista dalla legge. Vi è inoltre un termine per la stipula del contratto di coesione, pari a 90 giorni dall'accertamento preventivo della Banca d'Italia dei requisiti previsti dal decreto. Si prevede inoltre una clausola di opting-in, in virtù della quale, entro 90 giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese di un nuovo Gruppo bancario cooperativo, una BCC può chiedere di aderire al gruppo costituito.
  L'intervento sulle BCC è stato preceduto dalla riforma delle banche popolari, effettuata con il decreto-legge n. 3 del 2015. È stata prevista la trasformazione in Pag. 125S.p.A. delle banche popolari con un attivo, individuale o consolidato, superiore a 8 miliardi, entro il 27 dicembre 2016 (ossia 18 mesi dall'entrata in vigore del regolamento attuativo emanato della Banca d'Italia).
  Le disposizioni di rango secondario, emanate nel giugno 2015 dalla Banca d'Italia, definiscono:
   i criteri di determinazione del valore dell'attivo ai fini del rispetto della soglia massima di 8 miliardi di euro, stabilita dall'articolo 29 del testo unico bancario (TUB) per l'utilizzo del modello di banca popolare;
   le condizioni di limitazione del rimborso delle azioni del socio uscente, anche in caso di recesso a seguito della trasformazione della banca popolare in società per azioni, necessarie in base alla disciplina europea per la computabilità delle azioni delle banche cooperative nel capitale di migliore qualità (CET1). Queste condizioni si applicano anche alle banche di credito cooperativo.

  Esse sono entrate in vigore il giorno stesso dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 72 del 2015, che ha recepito la direttiva 2013/36/UE (CRD IV) sui requisiti di capitale degli istituti bancari, ovvero il 27 giugno 2015. Il cronoprogramma del Governo riferisce la riforma al mese di marzo 2015.
  Il DEF rileva che alcune operazioni previste dalla riforma del 2015 sono già state realizzate, tra cui la trasformazione di Ubi Banca, e che è in corso un'ulteriore fusione di altre due importanti banche. Il Documento di economia e finanza sembra riferirsi alla fusione di Banca Popolare di Milano e Banco Popolare, sulla quale si è espresso il Ministro dell'economia e delle finanze Padoan in una nota del 18 marzo 2016. Il Ministro ha espresso apprezzamento per questa operazione, in considerazione del fatto che da tale fusione «nascerà una banca più grande e più forte, in grado di affrontare il mercato nel quadro delle nuove norme europee di settore e quindi capace di erogare più risorse alle imprese, in una stagione in cui il finanziamento degli investimenti è cruciale per il rilancio dell'economia». In tale ambito rileva come si tratti della prima operazione di fusione nel segmento delle banche popolari.
  Per quanto concerne invece le fondazioni bancarie, il processo di riforma è stato operato dalle fondazioni medesime, con il sostegno del MEF in qualità di Autorità di vigilanza. L'autoriforma prevede in particolare regole sulla diversificazione degli investimenti, limiti all'indebitamento e all'uso di derivati, regole di trasparenza e sul governo societario (limiti ai compensi e alla permanenza in carica per i componenti degli organi delle fondazioni, criteri per la composizione degli organi tra cui la diversità di genere e la professionalità, incompatibilità).
  La Relazione della Commissione UE ricorda che, all'esito dell'autoriforma, le fondazioni dovranno ridurre la loro partecipazione nelle banche di riferimento, entro tre anni (nel caso delle banche quotate in Borsa) o entro cinque anni (nel caso delle banche non quotate). Il protocollo contiene inoltre disposizioni volte a rafforzare il governo societario delle fondazioni e a proteggerne la solidità finanziaria. La Commissione rileva inoltre che, a febbraio 2016, tutte le 88 fondazioni – tranne una – hanno firmato il protocollo o si sono già conformate alle sue disposizioni principali. Alla fine del 2015 oltre 30 fondazioni avevano già allineato il proprio statuto alle disposizioni del protocollo o avevano stabilito contatti con il ministero. Le altre dovrebbero garantire la conformità entro aprile 2016. Inoltre, alcune fondazioni hanno già effettuato dismissioni dalle banche di riferimento.
  Rammenta che la legge di stabilità 2016 ha assegnato alle fondazioni bancarie un ruolo specifico nella lotta contro la povertà educativa: esse parteciperanno alla realizzazione di un apposito Fondo per migliorare l'accesso all'istruzione di qualità o a strumenti formativi e di crescita individuale al di fuori della scuola.
  Per quel che riguarda la problematica dei crediti deteriorati, la Commissione Europea Pag. 126nella Relazione di febbraio 2016 ha osservato come, nonostante il recente rallentamento della crescita dello stock di crediti deteriorati delle banche italiane, essi continuano a influire sulla redditività degli istituti e ad assorbirne le risorse.
  Circa due terzi dello stock lordo di crediti deteriorati sono detenuti dalle cinque principali banche italiane, con prevalenza nell'Italia meridionale e nelle isole rispetto al resto del Paese. La Commissione UE ha inoltre rilevato che il deterioramento della qualità dei prestiti alle imprese è stato il principale fattore all'origine dell'aumento dei crediti deteriorati in Italia, in quanto più dell'80 per cento dei crediti deteriorati riguarda le imprese (in particolare nei settori della costruzione, del commercio all'ingrosso e al dettaglio, delle attività immobiliari).
  Il Governo ricorda che fanno parte del pacchetto di misure volte a migliorare l'efficienza del settore bancario le norme, contenute nel citato decreto-legge n. 18 del 2016, che introducono il meccanismo di Garanzia per la Cartolarizzazione delle Sofferenze – GACS presenti nei bilanci bancari; esso prevede la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza delle banche e, come precisato durante l'esame del provvedimento in sede parlamentare, anche degli intermediati finanziari.
  La garanzia riguarda solo le tranche senior delle cartolarizzazioni, cioè quelle più sicure, che sopportano per ultime le eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese. Il prezzo della garanzia è di mercato ed è crescente nel tempo. Lo Stato rilascerà la garanzia solo se i titoli avranno preventivamente ottenuto un rating uguale o superiore all'investment grade da un'agenzia di rating indipendente.
  Il Governo nel DEF ribadisce che detto intervento non genera oneri per il bilancio dello Stato; viene anzi previsto che le commissioni incassate siano superiori ai costi, e che vi sia pertanto un'entrata netta positiva.
  Sempre allo scopo di favorire il recupero dei crediti, il decreto-legge introduce un'agevolazione temporanea (fino al 31 dicembre 2016) sui trasferimenti di immobili in esito a procedure esecutive e giudiziarie, con una riduzione delle imposte di registro e ipocatastali alla misura fissa di 200 euro (anziché del 9 per cento per valore di assegnazione), a specifiche condizioni.
  In tale contesto rileva come il Ministro dell'economia Padoan, in un'intervista del 13 aprile 2016 riportata sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze, abbia chiarito alcuni aspetti relativi alle misure intraprese dagli investitori privati del fondo Atlante. Si tratta di un'operazione che coinvolge il settore privato, con un intervento parallelo alle nuove misure che il Governo intende approvare per accelerare le procedure fallimentari e concorsuali.
  Il Ministro ha chiarito che il MEF e il Governo hanno svolto un ruolo da facilitatore in rapporto a tale fondo: esso, gestito da una Sgr privata, sarà finanziato da capitali privati su base esclusivamente volontaria. Il fondo avrà due obiettivi principali: contribuire ad alcune ricapitalizzazioni bancarie, con funzioni di backstop e di rete di protezione di ultima istanza, e avviare un meccanismo di acquisto e gestione dei crediti in sofferenza che, come fanno gli operatori di mercato, utilizzi anche l'effetto-leva ampliando il raggio d'azione rispetto ai capitali versati.
  Il tema dei crediti deteriorati delle banche è strettamente connesso – come rilevato dalla Commissione UE – con le criticità delle procedure di fallimento e insolvenza previste dall'ordinamento nazionale, anche in termini quantitativi: l'aumento dei crediti deteriorati è coinciso con un aumento del numero di tali procedure. Il regime di insolvenza e i singoli mezzi di ricorso per la riscossione del debito applicati in Italia appaiano ancora deboli. Il Governo è intervenuto a più riprese per riformare il quadro normativo in materia e definire una regolamentazione in linea Pag. 127con le richieste degli investitori internazionali in materia di insolvenza ed esecuzione forzata.
  Con il decreto-legge n. 83 del 2015 è stata introdotta una prima revisione delle procedure concorsuali, in attesa della più ampia riforma della legge fallimentare. Tali interventi intendono ridurre i costi di recupero crediti e migliorare il prezzo potenziale dei crediti deteriorati in caso di cessione. Detto decreto ha anche introdotto disposizioni fiscali relative agli istituti di credito: con una modifica alla disciplina delle svalutazioni e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese di assicurazione, ne viene consentita la deducibilità in un unico esercizio (rispetto ai precedenti 5 anni) ai fini delle imposte dirette; viene bloccata parzialmente l'applicazione delle disposizioni sui Deferred Tax Assets – DTA (che consentono di qualificare come crediti d'imposta le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio). In particolare, si prevede che esse non trovino applicazione per le attività per imposte anticipate, relative al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, iscritte per la prima volta a partire dai bilanci relativi all'esercizio in corso al 27 giugno 2015.
  La Relazione della Commissione UE rileva che la riforma del 2015 dovrebbe contribuire a ridurre il divario dei prezzi dei crediti deteriorati; afferma tuttavia che i suoi effetti devono ancora farsi sentire, mancando ancora un regime di ristrutturazione funzionale per una certa quota di crediti deteriorati.
  Nel solco del processo di riforma inaugurato con il decreto-legge n. 83 del 2015, il 10 febbraio 2016 il Governo ha presentato alla Camera un disegno di legge delega per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza (C. 3671) con l'obiettivo di affrontare tempestivamente i casi di crisi aziendale al fine di limitare le perdite del tessuto economico, sia nella dimensione strettamente imprenditoriale sia sul piano finanziario, o di risanare l'azienda, con benefici sul piano occupazione e più in generale tutelando il tessuto economico contiguo.
  Nel disegno di legge di riforma del diritto fallimentare:
   viene eliminato il concetto di «fallimento» mettendo al centro i concetti di gestione della crisi e dell'insolvenza;
   vengono semplificate le regole processuali, con lo scopo di ridurre le incertezze interpretative e applicative;
   vengono inserite norme per la revisione delle amministrazioni straordinarie (leggi Prodi e Marzano), sono innalzate le soglie per l'accesso alla procedura e si prevede che i commissari vengano scelti da un apposito albo, per contemperare la continuità produttiva e occupazionale delle imprese con la tutela dei creditori.

  Con riferimento a queste ulteriori iniziative di riforma, la Commissione ha affermato l'importanza di garantire che tutti i parametri pertinenti, ad esempio la capacità del sistema giudiziario, il ruolo degli operatori della giustizia, le competenze dei portatori di interesse e gli aspetti comportamentali dei debitori e dei creditori, siano presi in considerazione per accelerare la ristrutturazione del debito.
  Il DEF dedica una specifica analisi agli effetti macroeconomici dei tre provvedimenti varati dal Governo tra il 2015 e il 2016 per ridurre l'ammontare dei crediti in sofferenza presenti nei bilanci delle banche e migliorare le procedure di insolvenza (decreti legge n. 83 del 2015 e 18 del 2016, nonché il disegno di legge di delega per la riforma delle procedure concorsuali); le misure dovrebbero complessivamente comportare un aumento del prodotto, rispetto allo scenario di base, che raggiungerebbe lo 0,2 per cento nel 2020.
  Il DEF ricorda anche l'avvenuto recepimento delle direttive europee in materia di crisi e risoluzione degli istituti bancari.
  Con i decreti legislativi n. 180 e n. 181 del 2015 è stata infatti recepita nell'ordinamento la direttiva 2014/59/UE, che istituisce Pag. 128un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (direttiva BRRD – Bank Recovery and Resolution Directive). Essa appronta strumenti nuovi che le autorità possono impiegare per gestire in maniera ordinata eventuali situazioni di dissesto non solo a seguito del loro manifestarsi, ma anche in via preventiva o ai primi segnali di difficoltà. Si introducono una molteplicità di strumenti, anche preventivi, di intervento immediato e di «risoluzione» a posteriori della crisi.
  In particolare:
   il decreto legislativo n. 181 del 2015 introduce nel Testo unico bancario (TUB) le disposizioni relative ai piani di risanamento, alle forme di sostegno all'interno dei gruppi bancari, alle misure di intervento precoce; sono inoltre modificate le norme sull'amministrazione straordinaria delle banche e la disciplina della liquidazione coatta amministrativa. Le stesse materie sono inserite nel Testo unico in materia di intermediazione finanziaria (TUF) con riferimento alle società di intermediazione mobiliare (SIM);
   il decreto legislativo n. 180 del 2015 reca la disciplina in materia di predisposizione di piani di risoluzione, avvio e chiusura delle procedure di risoluzione, adozione delle misure di risoluzione, gestione della crisi di gruppi cross-border, poteri e funzioni dell'autorità di risoluzione nazionale e disciplina del fondo di risoluzione nazionale. Le Autorità preposte all'adozione delle misure di risoluzione delle banche potranno attivare una serie di misure, tra cui il temporaneo trasferimento delle attività e delle passività a un'entità (bridge bank) costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato, il trasferimento delle attività deteriorate a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli e il cosiddetto bail-in, ossia la procedura che consente di svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni, per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali.
  Gli Stati membri devono applicare le disposizioni di recepimento a decorrere dal 1o gennaio 2015, ad eccezione delle disposizioni relative ad alcune procedure (cosiddetto bail-in) che devono essere applicate non più tardi del 1o gennaio 2016.
  In tale ambito rammenta inoltre che il decreto-legge n. 183 del 2015, confluito nella legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi da 842 a 854, della legge n. 208 del 2015), abbia introdotto disposizioni urgenti per il settore creditizio, volte a consentire, nel quadro delle procedure di risoluzione delle crisi bancarie, una tempestiva ed efficace risoluzione della Cassa di risparmio di Ferrara Spa, della Banca delle Marche Spa, della Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa e della Cassa di risparmio della Provincia di Chieti Spa, tutte in amministrazione straordinaria. In particolare sono dettate misure e procedure specifiche ed eccezionali per la costituzione di quattro enti ponte, in corrispondenza delle summenzionate banche.
  La legge di stabilità 2016 ha poi istituito un Fondo di solidarietà in favore degli investitori persone fisiche, imprenditori individuali, coltivatori diretti o imprenditori agricoli che, alla data del 23 novembre 2015, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalle predette banche poste in risoluzione. I provvedimenti attuativi di detto Fondo (uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia) avrebbero dovuto essere emanati entro il 1o aprile 2016, ma non risultano ancora adottati, in quanto è in corso in materia un'interlocuzione tra il Governo italiano e la Commissione europea, la quale dovrebbe concludersi nel senso di ampliare e rendere più automatico il meccanismo di ristoro in favore degli obbligazionisti subordinati delle quattro banche poste in risoluzione.
  La Commissione UE, nella Relazione di febbraio 2016, ha rilevato che gli interventi di risoluzione delle quattro banche citate Pag. 129hanno comportato costi supplementari per il settore bancario, gravanti sulla redditività delle banche. In particolare, il Fondo di risoluzione nazionale è intervenuto nelle procedure di risoluzione dei predetti istituti con l'erogazione di risorse pari a 3,6 miliardi di euro, volte a coprire le restanti perdite subite e ricapitalizzare le banche ponte e la bad bank. In mancanza di fondi versati, il fondo di risoluzione ha contratto prestiti presso le principali banche italiane per finanziare l'operazione. Una parte di questi prestiti è già stata rimborsata grazie al pagamento anticipato dei contributi del settore al fondo di risoluzione per i prossimi tre anni. Pur essendo fiscalmente deducibili, i contributi «straordinari» versati dalle banche italiane rappresentano un ulteriore onere sui risultati finanziari del 2015 – soprattutto per le piccole banche – e significano anche che il fondo di risoluzione sta già attingendo alla sua futura capacità finanziaria.
  Il DEF ricorda inoltre il recepimento (con il decreto legislativo n. 30 del 2016) della direttiva in materia di garanzia dei depositanti, in attuazione della direttiva 2014/49/UE. Le norme UE abbreviano a 7 giorni il termine per i rimborsi entro il 2024, aumentano le informazioni fornite ai depositanti e introducono meccanismi di finanziamento dei SGD ex ante, fissati in linea di massima allo 0,8 per cento dei depositi coperti. Si prevede che il finanziamento dei fondi dei sistemi di garanzia venga assicurato dal settore bancario.
  L'importo tutelato, ai sensi della direttiva UE e delle norme di recepimento, è pari a 100.000 euro per depositante.
  Quanto agli strumenti di natura finanziaria e fiscale a sostegno della crescita, ricorda che la Commissione UE, nella più volte citata Relazione, rileva come in Italia i mercati dei capitali continuano a essere meno sviluppati rispetto ad altre economie avanzate, il che riduce le alternative ai prestiti bancari per le imprese. Le imprese italiane sono infatti ancora in gran parte dipendenti dal canale di finanziamento bancario e gravate da oneri fiscali elevati.
  Per quanto riguarda gli incentivi ai canali di finanziamento alternativi a quello bancario, il Documento di economia e finanza enumera anzitutto le iniziative comprese nel pacchetto denominato «Finanza per la crescita», tra cui vengono ricordate, in particolare, le seguenti misure di natura finanziaria:
   i cosiddetti mini bond (strumenti finanziari delle piccole e medie imprese, disciplinati dal decreto-legge n. 83 del 2012) e i project bond (la cui disciplina è stata modificata dal decreto-legge n. 133 del 2014);
   la nuova disciplina delle SIIQ, ovvero le società di investimento immobiliare quotate (decreto-legge n. 133 del 2014);
   le norme in tema di equity crowdfunding, ossia le disposizioni che consentono la raccolta di capitali mediante portali online (decreto-legge n. 179 del 2012, estese dal decreto-legge n. 3 del 2015 alle PMI innovative: la CONSOB ha recentemente approvato la riforma del regolamento del 2013 in materia di equity crowdfunding al fine di semplificarne la disciplina, per ridurre i costi di raccolta e ampliare la platea dei soggetti che possono contribuire a finanziare i progetti d'impresa innovativi – delibera n. 19520 del 24 febbraio 2016);
   le semplificazioni per la quotazione delle PMI, l'introduzione nel Testo Unico Finanziario della disciplina della maggiorazione del voto, la possibilità per fondi di credito, assicurazioni e società di cartolarizzazione di concedere finanziamenti alle imprese (decreto-legge n. 91 del 2014)
   l'ACE (aiuto per la crescita economica) e le misure che ne hanno esteso l'applicazione (decreti-legge n. 201 del 2011, n. 147 del 2013 e n. 91 del 2014), tutte già operative da tempo.

  Per quanto riguarda in particolare gli interventi in materia di garanzie a sostegno degli investimenti delle imprese, il Governo evidenzia che il Fondo centrale di Garanzia per le PMI ha svolto un ruolo Pag. 130rilevante, prevedendone un rafforzamento con interventi correttivi, migliorativi. Il PNR richiama in proposito gli interventi già adottati nel decreto-legge n. 3 del 2015 (articolo 8, comma 2-bis, e articolo 8-bis) e con la legge di Stabilità 2016 (articolo 1, comma 886) che è intervenuta per ampliare le garanzie che possono essere concesse a valere su di esso, destinando almeno il 20 per cento delle risorse disponibili del Fondo alle imprese e agli investimenti localizzati nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Il DEF 2016 riporta che le richieste di accesso ad esso sono cresciute nel 2015 del 17 per cento rispetto al 2014.
  Il PNR include nel quadro delle riforme strutturali finalizzate all'implementazione del sistema di garanzie agli investimenti, il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), fulcro del Piano Junker di investimenti per l'Europa, strumento di garanzia che estende l'operatività della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) (Regolamento UE 2015/2017). Nell'ambito della «Finestra PMI» del FEIS sono state approvate complessivamente 21 operazioni per 318 milioni, a beneficio di oltre 44.000 imprese, mobilitando un totale di oltre 7 miliardi di investimenti. L'intervento si concretizza in accordi di finanziamento, stipulati tra il Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI) della BEI e le banche, che erogheranno nuovi prestiti alle PMI.
  La Legge di Stabilità 2016 (articolo 1, commi da 822 a 830) ha attribuito a Cassa Depositi e Prestiti (CDP) la qualifica di istituto nazionale di promozione nell'ambito dei progetti per il Piano Juncker. Il PNR rileva in proposito che a marzo 2016 il Fondo europeo per gli investimenti (FEI) e il Fondo centrale di Garanzia per le PMI hanno firmato un accordo, che usufruisce del sostegno del FEIS. Si tratta di un contratto di controgaranzia che consente in sostanza al Fondo di Garanzia PMI di sostenere finanziamenti per oltre 1 miliardo a favore di 20 mila PMI italiane nel corso dei prossimi dodici mesi. Con l'obiettivo di incentivare la crescita delle start-up innovative viene introdotta una procedura semplificata di accesso al Fondo di Garanzia.
  Sempre nell'ambito del sistema delle garanzie, il PNR cita il Protocollo d'intesa – siglato a dicembre 2015 da MEF, Cassa Depositi e Prestiti (CdP), SACE e ABI, grazie al quale le PMI beneficeranno di 1 miliardo che sarà concesso dalle banche a condizioni vantaggiose per finanziare investimenti in innovazione e internazionalizzazione, in presenza della garanzia CDP-SACE e della controgaranzia del piano Juncker.
  In tale contesto ricorda inoltre che sono all'esame in sede referente della Commissione la proposta di legge C. 3209, già approvata in prima lettura dal Senato (A.S. 1259), a cui è abbinata la proposta di legge C. 1730, le quali contengono una delega al Governo per la riforma del sistema dei confidi al fine di favorire l'accesso al credito per le PMI e per i liberi professionisti, nonché la proposta di legge C. 1121, che contiene norme per il rafforzamento e la patrimonializzazione dei confidi.
  Per quanto riguarda le misure fiscali volte ad alleggerire il carico tributario sulle imprese, il DEF rammenta anzitutto le norme del decreto-legge n. 3 del 2015 che hanno istituito e disciplinato la categoria della PMI Innovativa, alla quale si riconoscono una serie di semplificazioni e agevolazioni già previste per le start-up innovative, in particolare gli incentivi fiscali (in favore sia degli gli investitori che di coloro i quali intrattengono rapporti, anche di lavoro, con l'impresa) e le norme in materia di raccolta di capitale di rischio attraverso portali online (cosiddetto crowdfunding).
  Con riferimento alle start-up innovative, il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 26 febbraio 2016 estende al 2016 le agevolazioni fiscali per chi investe in queste imprese, innalzando la soglia d'investimenti ammissibili per ciascuna start-up innovativa. Anche per il 2016 alle persone fisiche è consentito detrarre da IRPEF il 19 per cento dei conferimenti rilevanti effettuati, fino a un Pag. 131massimo di 500.000 euro. I soggetti passivi IRES possono dedurre un importo pari al 20 per cento della somma investita, per una cifra non superiore a 1,8 milioni. Le percentuali salgono rispettivamente al 25 per cento e al 27 per cento qualora le start up siano a vocazione sociale o sviluppino e commercializzino prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico.
  Il DEF rammenta inoltre l'intento di stimolare la competitività mediante l'incentivo alla spesa in ricerca e sviluppo tramite il relativo credito d'imposta (introdotto originariamente dal decreto-legge n. 145 del 2013 e reso pienamente operativo dalla legge di stabilità 2015). L'agevolazione è fruibile da tutte le imprese ed è pari al 25 per cento delle spese incrementali sostenute nel periodo 2015-2019, innalzate al 50 per cento per le spese relative all'impiego di personale qualificato e a contratti di ricerca con università o altri enti equiparati e con start-up innovative.
  Rammenta inoltre che, al fine di incentivare la valorizzazione dei brevetti e delle altre opere dell'ingegno, è stato perfezionato il regime opzionale di tassazione agevolata dei redditi derivanti dai beni immateriali (cosiddetto patent box), introdotto dalla legge di stabilità 2015 e modificato dalla legge di stabilità 2016. Esso consiste nell'esclusione dal reddito del 50 per cento dei redditi derivanti dall'utilizzazione di alcune tipologie di beni immateriali (marchi e brevetti) nonché delle plusvalenze derivanti dalla loro cessione, se il 90 per cento del corrispettivo è reinvestito.
  In merito il DEF riferisce che per l'anno di imposta 2015 sono state circa 4.500 le richieste di adesione al nuovo regime del patent box presentate dalle imprese, di cui circa 1.200 solo da imprese della Lombardia. La maggior parte delle domande proviene da aziende con fatturato compreso tra i 5 e i 50 milioni (circa 1.900 domande). Subito dopo si collocano le imprese con fatturato inferiore a 5 milioni (circa 1.400).
  Al fine di agevolare gli investimenti, con la legge di stabilità 2016 è stato aumentato del 40 per cento l'ammortamento per l'acquisto di tutti i beni strumentali nuovi da parte di imprese e professionisti. Lo stesso provvedimento ha ridotto da dieci a cinque anni dei tempi di ammortamento fiscale dell'avviamento commerciale.
  Il DEF elenca inoltre il complesso delle misure volte a incentivare l'internazionalizzazione delle imprese contenute, in particolare, nel decreto-legge n. 145 del 2013 e nel decreto-legge n. 91 del 2014.
  Tra di esse viene citato l'articolo 8 del decreto-legge n. 269 del 2003, come novellato dal decreto-legge n. 145 del 2013 (cosiddetto decreto-legge «destinazione Italia») sul tema del ruling di standard internazionale.
  In merito segnala tuttavia che la disciplina del ruling è stata superata dalla nuova normativa sugli accordi tra imprese aventi attività estera ed amministrazione finanziaria, ad opera dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 147 del 2015, provvedimento che attua la delega fiscale (legge n. 23 del 2014) sotto il profilo dell'internazionalizzazione delle imprese. A tal fine, viene sostituita la previgente disciplina con una nuova procedura per la stipula di accordi preventivi con l'amministrazione finanziaria, ricondotta nell'alveo della disciplina generale dell'accertamento, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
  La legge di stabilità 2016 ha inoltre confermato – sebbene con un decalage – le agevolazioni fiscali e finanziarie per il lavoro a tempo indeterminato per il 2016; ciò, oltre a costituire una maggiore tutela per i lavoratori, dovrebbe rappresentare uno stimolo agli investimenti in formazione e alla crescita della produttività. In sintesi il tasso di esenzione è stabilito al 40 per cento per un periodo massimo di 2 anni e un importo massimo di 3.250 euro annui. Per le Regioni del Sud la decontribuzione per i nuovi assunti a tempo indeterminato è estesa al 2017.
  Rammenta inoltre come sia stata estesa la deducibilità del costo del lavoro dall'imponibile Pag. 132IRAP, nel limite del 70 per cento per ogni lavoratore stagionale impiegato per almeno 120 giorni nel periodo d'imposta, a decorrere dal secondo contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nell'arco di due anni a partire dalla cessazione del precedente contratto.
  La medesima legge di stabilità ha introdotto inoltre uno specifico incentivo per il Mezzogiorno fino al 2019: alle imprese che acquistano beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni del Sud Italia è attribuito un credito d'imposta – per il quale sono stati stanziati 617 milioni l'anno – nella misura massima del 20 per cento per le piccole imprese, del 15 per cento per le medie imprese e del 10 per cento per le grandi imprese.
  Il DEF dedica un'apposita analisi macroeconomica alle sopraindicate misure fiscali e finanziarie, stimando un effetto positivo delle stesse: tali misure comporterebbero un aumento del PIL, rispetto allo scenario base, di 0,2 punti nel 2020, 0,4 punti nel 2025 e di un punto percentuale nel lungo periodo.
  Viene inoltre annunciata l'introduzione di un nuovo pacchetto di misure, che il cronoprogramma fissa per il 2016, con le quali si intende sviluppare ulteriormente le direttrici di policy maturate nell'ambito dell'iniziativa «Finanza per la crescita» già ricordato in precedenza. In particolare, il nuovo pacchetto «Finanza per la Crescita 2.0» conterrà una serie di interventi volti a favorire gli investimenti in capitale di rischio da parte sia di investitori retail, sia istituzionali, nonché volte a facilitare le procedure per la quotazione azionaria delle piccole e medie imprese.
  Nell'esprimere fin d'ora una valutazione positiva sul Documento in esame, si riserva di formulare una compiuta proposta di parere anche alla luce degli eventuali suggerimenti che dovessero emergere nel corso del dibattito.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

Disposizioni per la diffusione del libro su qualsiasi supporto e per la promozione della lettura.
Testo unificato C. 1504 e C. 2267.

(Parere alla VII Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Michele RAGOSTA (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, ai fini del parere alla VII Commissione Cultura, il testo unificato delle proposte di legge C. 1504 Giancarlo Giordano e C. 2267 Zampa, recante disposizioni per la diffusione del libro su qualsiasi supporto e per la promozione della lettura, come risultante dagli emendamenti approvati dalla VII Commissione nel corso dell'esame in sede referente.
  Osserva innanzitutto come il testo, che si compone di 12 articoli, all'articolo 1 definisca i principi e le finalità dell'intervento legislativo, sancendo l'impegno della Repubblica a favorire e sostenere la lettura quale mezzo per la conoscenza e la cultura, a promuovere il libro, in tutte le sue manifestazioni e su qualsiasi supporto, nonché a dotarsi di strumenti e a promuovere interventi volti a sostenere e incentivare la produzione, la conservazione, la fruizione e la circolazione dei libri.
  Il comma 3 stabilisce che lo Stato, le Regioni e gli altri enti territoriali, secondo il principio di leale cooperazione e nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano la piena attuazione di tali principi.
  Illustra quindi l'articolo 2, il quale prevede l'adozione, ogni tre anni, del Piano d'azione nazionale per la promozione della lettura, con lo scopo di garantire continuità alle politiche di promozione della lettura, nonché di garantire gli stanziamenti necessari per la sua realizzazione sulla base di criteri di equità, omogeneità territoriale ed efficacia.Pag. 133
  Il piano è adottato con DPCM, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, d'intesa con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previo parere della Conferenza Unificata, consultazione delle categorie professionali interessate e parere delle competenti Commissioni parlamentari.
  Il comma 3 indica tra le finalità del Piano:
   a) la diffusione dell'abitudine alla lettura;
   b) l'accesso ampio e privo di discriminazioni alla produzione editoriale e al libro;
   c) la promozione della frequentazione di biblioteche e librerie;
   d) la promozione della conoscenza della produzione libraria italiana, incentivandone la fruizione e la diffusione;
   e) la valorizzazione e la promozione della buone pratiche di promozione della lettura realizzate da soggetti pubblici e privati, anche in collaborazione fra loro;
   f) la promozione della formazione continua e specifica degli operatori di tutte le istituzioni coinvolte nella realizzazione del Piano d'azione nazionale;
   g) la promozione nelle istituzioni scolastiche della dimensione interculturale e plurilingue della lettura.

  Inoltre, ai sensi dei commi 5 e 6, il Piano deve prevedere anche interventi mirati su specifiche fasce di lettori, anche al fine di prevenire o contrastare fenomeni di esclusione sociale, nonché contenere indicazioni circa le azioni da avviare per: favorire la lettura nella prima infanzia; promuovere la lettura nei luoghi di detenzione, con specifico riferimento agli istituti penali minorili nazionali, e negli ospedali a favore dei minori ospedalizzati a lunga degenza; promuovere la parità d'accesso alla produzione editoriale da parte delle persone con difficoltà di lettura o disabilità fisiche e sensoriali.
  In base al comma 4 le amministrazioni pubbliche, in collaborazione con l'industria editoriale, promuovono la gestione sostenibile dei libri attraverso l'individuazione di sistemi di certificazione in grado di garantirne un'origine forestale ecologicamente responsabile.
  Il comma 7 affida il coordinamento e l'attuazione delle attività del Piano d'azione, nonché il monitoraggio e la valutazione dei risultati al Centro per il libro e la lettura.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 3, il quale prevede che le Regioni e gli altri enti territoriali attuino il Piano d'azione nazionale di cui all'articolo 2 stipulando Patti locali per la lettura, che prevedano anche la partecipazione di altri soggetti pubblici, in particolar modo le scuole pubbliche, e privati operanti sul territorio e interessati alla promozione della lettura.
  In base al comma 2 tali Patti devono prevedere, sulla base degli obiettivi generali individuati dal Piano d'azione nazionale e alla luce delle specificità territoriali, interventi finalizzati ad aumentare il numero dei lettori abituali nelle aree di riferimento, per l'attuazione dei quali sono previsti specifici finanziamenti sui bilanci degli enti e dei soggetti di cui al comma 1.
  Il comma 3 affida al Centro per il libro e la lettura il compito di provvedere al censimento periodico e alla raccolta di dati statistici relativi all'attuazione dei Patti locali per la lettura.
  Ai sensi del comma 4 il medesimo Centro, d'intesa con l'Associazione nazionale comuni d'Italia, rilascia la qualifica di «Città del libro» alle amministrazioni locali che: annoverino nel loro territorio una o più biblioteche pubbliche in possesso dei requisiti di cui all'articolo 4; attivino un Patto locale per la lettura che preveda la collaborazione continuativa di enti pubblici, istituzioni scolastiche e soggetti privati rappresentativi della filiera del libro; adottino provvedimenti a sostegno delle librerie indipendenti; sostengano programmi per l'avviamento alla lettura in età prescolare e a programmi per la promozione dell'accesso alla lettura da parte di Pag. 134persone a rischio di esclusione sociale; annoverino un festival letterario di rilievo nazionale.
  Illustra l'articolo 4 il quale, al comma 1, prevede che le biblioteche dello Stato, delle Regioni, degli altri enti territoriali, delle Università e degli enti culturali e di ricerca, garantiscono a tutti il diritto allo studio, alla ricerca, alla documentazione, all'apprendimento permanente, allo svago, all'informazione e alla conoscenza registrata, nonché l'accesso ai libri, indipendentemente dalla natura dei supporti e dai formati, la conservazione della produzione editoriale nazionale e l'attuazione degli interventi di promozione della lettura indicati agli articoli 2 e 3 per mezzo di un complesso di servizi, attività e programmi organizzati allo scopo.
  Al comma 2 si prevede che le medesime biblioteche sono affidate alla responsabilità e alla gestione di bibliotecari in possesso dei requisiti previsti dalla disciplina in materia, mentre il comma 3 affida a un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, la determinazione delle caratteristiche e gli standard ai quali le biblioteche pubbliche adeguano l'erogazione dei propri servizi, con particolare riferimento a:
   a) l'articolazione dell'orario;
   b) una dotazione documentaria comprensiva di opere e prodotti editoriali nei principali formati e supporti, adeguata al pubblico di riferimento e costantemente aggiornata;
   c) la possibilità di accesso a distanza a pubblicazioni e documenti digitali;
   d) attività e servizi finalizzati ad alfabetizzare l'utente all'uso delle più diffuse tecnologie dell'informazione e a istruire l'utente sulle tecniche di ricerca dell'informazione;
   e) attività di avviamento alla lettura e di promozione del libro;
   f) attività di consulenza informativa e documentaria.

  In base al comma 4, tali servizi sono erogati in forma singola o associata, attraverso la partecipazione ai sistemi bibliotecari di cui all'articolo 5, mentre, secondo il comma 5, gli standard e i servizi disciplinati dall'articolo concorrono a definire i livelli minimi uniformi di qualità delle attività di valorizzazione su beni di pertinenza pubblica, ai sensi dell'articolo 114 del decreto legislativo n. 42 del 2004, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio.
  Il comma 6 stabilisce che il Centro per il libro e la lettura, al fine di valutare il contributo dato dall'attività delle biblioteche di cui al comma 1 al raggiungimento degli obiettivi del Piano d'azione nazionale, nonché per promuovere il confronto internazionale, definisce, sentite la Conferenza Unificata e la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, nonché in collaborazione con l'Istituto Nazionale di Statistica, modalità di raccolta e di elaborazione omogenee dei dati relativi alle dotazioni, ai servizi, al personale e ai risultati delle medesime biblioteche e cura la raccolta, l'elaborazione periodica e la diffusione dei dati.
  Il comma 7 prevede che le attività e i servizi delle biblioteche di cui al comma 1 e dei sistemi bibliotecari di cui all'articolo 5 che concorrono all'attuazione del Piano d'azione nazionale o dei Patti locali per la lettura accedono alle risorse del Fondo previsto dall'articolo 9, secondo le modalità stabilite dal Centro per il libro e la lettura.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 5, il quale, in materia di sistemi bibliotecari, al comma 1 prevede che le biblioteche di cui all'articolo 4 si organizzano in Reti di biblioteche, che costituiscono i sistemi bibliotecari, e cooperano per il raggiungimento di finalità e obiettivi di servizio comuni, condividendo ove possibile strutture e risorse e coordinando attività e servizi.
  In tale ambito il comma 2 stabilisce che i sistemi bibliotecari territoriali, per specifici servizi o attività, possono avviare progetti di cooperazione bibliotecaria di area vasta, anche se non coincidenti con Pag. 135gli ambiti territoriali individuati dalle Regioni di appartenenza, o progetti di cooperazione con biblioteche di differente tipologia, finalizzati a migliorare la qualità dei servizi e a promuovere la pratica della lettura.
  Al comma 3 è previsto che l'Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche (ICCU), previa intesa in sede di Conferenza Unificata e d'intesa con la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, individui i servizi la cui dimensione ottimale coincide con l'ambito nazionale e le modalità di finanziamento e attuazione della cooperazione bibliotecaria in tali ambiti.
  In base al comma 4, le Regioni disciplinano d'intesa con l'ICCU, nel rispetto dei principi stabiliti dall'intervento legislativo e a seguito di una consultazione dei soggetti interessati, gli ambiti territoriali della cooperazione bibliotecaria e le modalità di costituzione dei sistemi bibliotecari nonché le modalità di adesione al sistema bibliotecario regionale delle biblioteche di interesse locale appartenenti ai privati.
  Illustra quindi l'articolo 6, il quale, intervenendo in materia di digitalizzazione delle collezioni delle biblioteche e di altri istituti, al comma 1 prevede che le biblioteche, gli archivi, i musei, le scuole statali di ogni ordine e grado, gli istituti per la conservazione e la tutela del patrimonio cinematografico e sonoro e la Rai Radiotelevisione Italiana S.p.A. e ogni società del medesimo gruppo favoriscono la digitalizzazione del loro patrimonio, per assicurarne la conservazione a lungo termine, promuoverne la conoscenza e garantirne le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica.
  Il comma 2 stabilisce che il servizio bibliotecario nazionale, coordinato dall'ICCU, provvede all'armonizzazione e all'integrazione dei progetti di digitalizzazione del patrimonio librario degli istituti e dei soggetti previsti al comma 1, indicando altresì i requisiti qualitativi e tecnici per l'ammissibilità di tali progetti a finanziamenti pubblici.
  Il comma 3 affida al Servizio bibliotecario nazionale il compito assicurare l'accesso aperto, libero e gratuito, alle opere presenti anche in formato digitale, nelle raccolte degli istituti e dei soggetti di cui al comma 1 e il loro riuso per qualsiasi finalità, purché a ciò non ostino ragioni di sicurezza pubblica o diritti di terzi. In tale ambito viene previsto che i soggetti pubblici possono stipulare contratti o convenzioni che attribuiscano a terzi il diritto di utilizzazione esclusiva delle riproduzioni digitali delle opere in loro possesso e di cui possono liberamente disporre la comunicazione al pubblico, a determinate condizione specificate dalla disposizione.
  In base al comma 5, nel rispetto della legislazione in materia di diritto d'autore e di diritti connessi, il Servizio bibliotecario nazionale promuove o partecipa a iniziative di digitalizzazione, assicurandone la libera fruizione, nonché promuove o partecipa a iniziative di digitalizzazione di opere fuori commercio, previo accordo con i titolari dei diritti.
  Il comma 6, per il finanziamento delle predette iniziative di digitalizzazione, istituisce un apposito capitolo nello stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, al quale imputare una quota non inferiore al 70 per cento degli importi derivanti dall'applicazione delle sanzioni pecuniarie previste per la riproduzione e la distribuzione illegali di contenuti digitali.
  L'articolo 7, al comma 1, prevede che le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado promuovono l'istituzione di Reti di biblioteche, individuando una scuola capofila, con il compito di garantire il funzionamento del servizio bibliotecario a livello di rete e di coordinare l'attività dei docenti referenti per la lettura in ciascuna delle scuole associate.
  In base al comma 2, inoltre, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca è adottato un regolamento recante disposizioni per l'istituzione e l'organizzazione delle biblioteche nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, il quale stabilisce standard minimi relativi alla sede, al personale, alle Pag. 136raccolte, all'accessibilità, alle prestazioni e alle attività delle biblioteche scolastiche. La norma specifica che al mantenimento e all'incremento della dotazione libraria di ciascuna istituzione scolastica possono concorrere soggetti pubblici e privati.
  In tale ambito il comma 3 abroga, dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2, l'articolo 158 del decreto legislativo n. 297 del 2004, che interveniva in materia di biblioteche scolastiche delle scuole elementari.
  I commi 4 e 5 prevedono che, per assicurare il pieno utilizzo e la migliore gestione delle risorse, le biblioteche scolastiche, singole o in rete, collaborano con i sistemi bibliotecari territoriali e nazionale, condividendo strumenti informatici e di catalogazione, nonché attività di formazione. In tale ambito viene stabilito che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca promuove e incentiva la collaborazione tra le scuole e il Servizio bibliotecario nazionale al fine di un utilizzo condiviso dei sistemi di catalogazione validati e certificati dall'ICCU e dei relativi percorsi di formazione all'uso. Inoltre si affida alle biblioteche scolastiche il compito di promuovere programmi di alfabetizzazione alla ricerca dell'informazione e alla fruizione delle risorse digitali da parte di docenti e studenti. Il comma 7 precisa che la partecipazione a tali programmi è valida ai fini della formazione in servizio dei docenti.
  In base al comma 6, le scuole statali e non statali di ogni ordine e grado, nell'ambito dell'autonomia loro riconosciuta, promuovono la lettura come momento qualificante del percorso didattico ed educativo degli studenti.
  I commi 8 e 9 disciplinano la Settimana della lettura a scuola. In particolare, il comma 8 istituisce la predetta settimana, che viene individuata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca stabilendo altresì che ogni anno a tale iniziativa partecipano le scuole statali e non statali di ogni ordine e grado, come momento di sensibilizzazione alla lettura. Il comma 9 prevede inoltre che, durante la Settimana della lettura a scuola, ogni istituzione scolastica organizzi iniziative di promozione della lettura, in rete con altre scuole del territorio e in collaborazione con istituzioni locali, associazioni di volontariato, librerie, biblioteche, autori ed editori.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 8, il quale contiene disposizioni per promuovere la lettura e l'acquisto di libri stabilendo, al comma 1, che, al fine di promuovere l'acquisto dei libri da parte dei cittadini italiani o di altri Paesi membri dell'Unione europea, residenti nel territorio nazionale, è assegnata una carta elettronica per le librerie a partire dal 1o gennaio 2017. La carta, dell'importo nominale di 200 euro annui, può essere utilizzata per l'acquisto di libri, anche digitali, muniti di codice ISBN, esclusi i libri di testo.
  Il comma 2 prevede che la carta è assegnata, nel rispetto del limite di spesa di 50 milioni di euro annui, ai contribuenti individuati secondo le soglie di reddito stabilite con decreto del Ministro dei beni e le attività culturali e del turismo, sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). La disposizione conseguentemente autorizza la spesa di 50 milioni di euro annui.
  Per quanto riguarda gli aspetti di interesse della Commissione Finanze, segnala come la norma specifichi che le somme assegnate con la carta non costituiscono reddito imponibile del beneficiario e non rilevano ai fini del computo del valore dell'indicatore della situazione economica equivalente. Con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sono definiti i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della carta.
  Al comma 4 viene disciplinata l'attività del Centro per il libro e la lettura, il quale promuove accordi con le associazioni degli editori e dei librai al fine di consentire il rilascio di buoni acquisto di libri in favore di persone in cerca di occupazione, secondo le modalità e i requisiti stabiliti con Pag. 137regolamento adottato con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.
  Sempre per quanto concerne gli ambiti di competenza della Commissione Finanze segnala i commi 3, 5 e 6.
  In particolare, il comma 3 dispone l'abrogazione dell'articolo 9 del decreto-legge n. 145 del 2013, recante misure per favorire la diffusione della lettura.
  In merito ricorda che il richiamato articolo 9 del decreto-legge n. 145 (cosiddetto decreto-legge «destinazione Italia») ha previsto l'istituzione di un buono sconto a favore degli studenti delle scuole secondarie, pubbliche o private, utilizzabile per l'acquisto di libri, anche in formato digitale, con lo sconto del 19 per cento presso gli esercizi commerciali che effettuano vendita di libri al dettaglio. L'agevolazione, disposta fino al 31 dicembre 2016, comporta per le librerie l'attivazione di un credito di imposta utilizzabile in compensazione. Il credito d'imposta, che è compensabile con le imposte dovute dal soggetto beneficiario, spetta per l'acquisto di libri, anche in formato digitale, muniti di codice ISBN, ed è attribuito agli esercizi commerciali che effettuano vendita di libri al dettaglio. Il finanziamento della misura, nella misura massima di 50 milioni di euro, rientra nell'ambito di un apposito Programma operativo nazionale (PON) della programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari.
  Un decreto (non emanato) del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sulla base della popolazione studentesca nell'anno scolastico 2014-2015, avrebbe dovuto fissare l'importo spettante a ogni studente di scuola secondaria di secondo grado (pubblica o legalmente parificata, avente sede nel territorio nazionale); i dirigenti scolastici rilasciano agli studenti un buono sconto di pari importo, utilizzabile ai fini dell'ottenimento di uno sconto del 19 per cento per l'acquisto di libri di lettura, presso gli esercizi commerciali. Inoltre un decreto (anch'esso non emanato) del Ministro dell'economia e delle finanze avrebbe dovuto definire le modalità per usufruire del credito di imposta.
  Il predetto articolo 9 stabilisce inoltre che l'agevolazione sia attivata a seguito della definizione della programmazione 2014/2020 dei fondi strutturali comunitari e previa individuazione di tale misura all'interno del pertinente programma operativo nazionale, a seguito della verifica della coerenza con le linee di intervento in essa previste e dell'approvazione della Commissione europea.
  Il comma 5 dell'articolo 8 modifica il primo periodo del comma 46 dell'articolo 23 del decreto-legge n. 98 del 2011, inserendo tra le finalità alle quali può essere destinata, a scelta del contribuente, una quota pari al cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche anche quella del finanziamento delle attività di promozione dei libri e della lettura.
  Al riguardo ricorda che l'istituto del 5 per mille dell'IRPEF è stato introdotto, a partire dal 2006, con l'istituzione di un apposito Fondo da destinare a una serie di finalità di interesse sociale e di ricerca. L'istituto è stato poi annualmente confermato, da apposite norme di legge, che definiscono il relativo ammontare, da intendersi quale limite massimo di spesa stanziato per le finalità cui è diretto il 5 per mille.
  Da ultimo, l'articolo 1, comma 154, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) ha stabilito in 500 milioni di euro annui l'importo destinato alla liquidazione della quota del 5 per mille a decorrere dall'anno 2015, confermandone a regime la disciplina, recata dall'articolo 2, commi da 4-novies a 4-undecies, del decreto-legge n. 40 del 2010, nonché l'applicazione delle norme attuative di tale disciplina, contenute nel D.P.C.M. 23 aprile 2010.
  Per quanto concerne il criterio di riparto del beneficio, la normativa dà facoltà al contribuente di scegliere di destinare, in sede di dichiarazione dei redditi, la quota del 5 per mille della propria IRPEF a una delle finalità cui il beneficio è destinato (eventualmente, direttamente Pag. 138ad un soggetto specifico, attraverso l'indicazione del codice fiscale del soggetto).
  La scelta del contribuente concorre proporzionalmente a determinare l'entità spettante a ciascun beneficiario, entro il tetto di spesa legislativamente autorizzato.
  Quanto ai beneficiari, le risorse del 5 per mille sono dirette alle seguenti attività:
   sostegno del volontariato e altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), che operano in determinati settori (assistenza sociale, assistenza sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico, promozione della cultura tutela dei diritti civili, ecc.) nonché al sostegno delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori sopra citati;
   finanziamento della ricerca scientifica e dell'università;
   finanziamento della ricerca sanitaria;
   attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;
   sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale;
   a decorrere dall'anno finanziario 2012, finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.

  È previsto uno specifico obbligo di rendicontazione in capo a tutti i soggetti beneficiari del riparto, chiamati a redigere, entro un anno dalla ricezione delle somme, un apposito rendiconto delle stesse, da cui deve risultare chiaramente, anche a mezzo di una relazione illustrativa, la destinazione delle somme attribuite ai soggetti beneficiari.
  Sono inoltre previste sanzioni in caso di violazione degli obblighi di pubblicazione sul sito web da parte dell'amministrazione erogatrice e di comunicazione della rendicontazione da parte dei soggetti beneficiari.
  Il comma 6 dell'articolo 8 interviene sulla disciplina relativa al credito di imposta per favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura (cosiddetto «art-bonus»), di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 83 del 2014, inserendo tra le attività che possono fruire di tale beneficio fiscale anche le attività di promozione della lettura promosse da amministrazioni pubbliche o enti privati non a scopo di lucro ai sensi dell'intervento legislativo.
  Rammenta che l'agevolazione tributaria del cosiddetto Art-bonus è stata introdotta dal citato articolo 1 del decreto-legge n. 83 del 2014, sotto forma di credito di imposta, in favore delle persone fisiche e giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura e dello spettacolo.
  Tale agevolazione, dapprima introdotta in via temporanea (tre anni), è stata resa strutturale dalla legge di stabilità 2016. Il medesimo provvedimento ha confermato al 65 per cento la misura dell'agevolazione anche per l'anno 2016, eliminando la riduzione al cinquanta per cento prevista in origine dalla norma istitutiva (articolo 1, commi 318 e 319 della legge n. 208 del 2015).
  Per usufruire del credito di imposta, le erogazioni liberali devono essere effettuate in denaro e perseguire specifici scopi:
   interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici;
   sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica (vale a dire, ai sensi dell'articolo 101 del decreto legislativo n. 42 del 2004, i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali), nonché delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione;
   realizzazione di nuove strutture, restauro e potenziamento di quelle esistenti di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo (articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 2014).Pag. 139
  Il credito d'imposta è riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15 per cento del reddito imponibile, e ai soggetti titolari di reddito d'impresa nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui. Esso è ripartito in tre quote annuali di pari importo (ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2014).
  L'articolo 9 istituisce nello stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo il Fondo per la promozione del libro e della lettura, finalizzato all'attuazione del Piano d'azione nazionale per la promozione della lettura di cui all'articolo 2 e dei Patti locali di cui all'articolo 3.
  Ai sensi del comma 2 la gestione del Fondo, per la cui alimentazione finanziaria il comma 4 stanzia un milione di euro annui, è affidata al Centro per il libro e la lettura, sulla base degli indirizzi contenuti nel Piano d'azione nazionale.
  Il comma 3 prevede l'accesso alle risorse del Fondo, secondo le modalità stabilite dal Centro per il libro e la lettura, le biblioteche di cui all'articolo 4, comma 1, i sistemi bibliotecari di cui all'articolo 5, le istituzioni scolastiche, le librerie, nonché altre organizzazioni pubbliche o private senza fini di lucro che concorrono all'attuazione del citato Piano d'azione nazionale per la promozione della lettura o dei richiamati Patti locali.
  Ancora per quanto attiene agli ambiti di competenza della Commissione Finanze segnala l'articolo 10, recante misure, principalmente di carattere tributario, per il sostegno delle librerie indipendenti, le quali sono definite dal comma 1 come le imprese commerciali, non controllate da gruppi di società della distribuzione, che esercitano in maniera prevalente la vendita al dettaglio di libri, in locali accessibili al pubblico o in rete.
  A tali fini il comma 2 prevede che, a decorrere dall'anno d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'intervento legislativo e per i successivi quattro anni, il reddito imponibile derivante al proprietario da contratti di locazione stipulati a favore delle librerie indipendenti è ridotto del 30 per cento. La norma specifica che il locatore, per godere del beneficio, è tenuto a indicare nella dichiarazione dei redditi gli estremi di registrazione del contratto di locazione, nonché quelli della denuncia dell'immobile ai fini dell'applicazione dell'imposta municipale propria.
  Inoltre il comma 3 attribuisce, sempre dall'anno d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dell'intervento legislativo e per i successivi quattro anni, alle librerie indipendenti i cui ricavi annui non superino 250.000 euro, un credito d'imposta nella misura del 25 per cento delle spese sostenute per la locazione degli spazi dove si svolge l'attività, fino a un importo massimo di 20.000 euro.
  Il comma 4 demanda a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, la definizione dei criteri per l'accesso alle predette agevolazioni.
  Ai sensi del comma 5 la qualifica di «libreria di qualità» è riconosciuta dal Centro per il libro e la lettura alle librerie indipendenti di cui al comma 1, che assicurano un servizio di qualità caratterizzato da un'offerta ampiamente diversificata di libri, che impiegano personale qualificato e che realizzano nel territorio iniziative di promozione culturale.
  Il comma 6 reca l'usuale clausola di salvaguardia delle competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, prevedendo che esse disciplinino le modalità di riconoscimento della qualifica di libreria di qualità e le misure per favorire l'operatività nel territorio delle librerie con tale qualifica.
  L'articolo 11 reca la copertura finanziaria delle misure recate dal provvedimento, prevedendo, al comma 1, che al relativo onere, determinato in 7 milioni di euro per l'anno 2016 e in 65 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017, si provvede mediante i risparmi di spesa derivanti dalle disposizioni del comma 2 del medesimo articolo.Pag. 140
  In tale ambito assume rilevanza, per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, il predetto comma 2, il quale, a fini di copertura, apporta modifiche ad alcune esenzioni e agevolazioni fiscali di cui all'allegato C-bis annesso al decreto-legge n. 98 del 2011.
  Al riguardo segnala, sul piano della formulazione della disposizione, come il riferimento al predetto allegato C-bis risulti superato, in quanto, ai sensi dell'articolo 21, comma 11, lettera a) della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), vigente fino al 1o gennaio 2015, i regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale sono allegati, ciascun anno, alla Nota integrativa della legge di bilancio, con la specificazione, per ciascun titolo, della quota non avente carattere ricorrente e quella avente carattere ricorrente, nonché degli effetti connessi alle disposizioni normative vigenti, con separata indicazione di quelle introdotte nell'esercizio, nonché con l'indicazione della natura delle agevolazioni, dei soggetti e delle categorie dei beneficiari e degli obiettivi perseguiti.
  Rileva pertanto l'opportunità di modificare la formulazione della norma facendo riferimento all'allegato A alla Nota integrativa della Tabella 1 (Stato di previsione delle entrate) della legge 28 dicembre 2015, n. 209.
  In tale contesto segnala inoltre come l'articolo 1, comma 3, lettera b), del decreto legislativo n. 160 del 2015 abbia apportato modifiche al richiamato articolo 21 della legge di contabilità e finanza pubblica, operative dal 1o gennaio 2016. Novellando il comma 11, lettera a) e con la conseguente introduzione del comma 11-bis all'articolo 21, l'allegato A viene infatti sostituito dalla predisposizione, sempre in allegato allo stato di previsione dell'entrata, di un rapporto annuale sulle spese fiscali, che elenca qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell'imponibile o dell'imposta ovvero regime di favore, derivante da disposizioni normative vigenti, con separata indicazione di quelle introdotte nell'anno precedente e nei primi sei mesi dell'anno in corso. Ciascuna misura è accompagnata dalla sua descrizione e dall'individuazione della tipologia dei beneficiari e, ove possibile, dalla quantificazione degli effetti finanziari e del numero dei beneficiari.
  Tornando quindi all'illustrazione del comma 2 dell'articolo 11, evidenzia come:
   la lettera a) abroghi l'esenzione di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto-legge n. 330 del 1994;
  Al riguardo, segnala come il richiamato articolo 3, comma 7, del decreto-legge n. 330 del 1994 non rechi alcuna esenzione fiscale; detta norma si limita infatti a indicare le modalità di applicazione delle detrazioni IRPEF introdotte al medesimo articolo 3.
   la lettera b) abroghi l'esenzione di cui all'articolo 1, comma 496, della legge n. 266 del 2005, il quale prevede che, in caso di cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, in deroga alla disciplina di cui all'articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR, sulle plusvalenze realizzate si applica, su richiesta del venditore, un'imposta sostituiva dell'imposta sul reddito del 20 per cento;
   la lettera c) riduca, fino a determinare un risparmio di euro 56,5 milioni, l'agevolazione di cui all'articolo 1, comma 48, della legge n. 244 del 2007, il quale prevede l'applicazione di un'imposta sostitutiva per il recupero a tassazione delle deduzioni extracontabili dal reddito d'impresa e dal valore della produzione effettuate fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007.
  Ricorda in proposito che l'articolo 1, comma 33, lettera q), numero 1), della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), ha soppresso, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, la cosiddetta deduzione extracontabile di ammortamenti, accantonamenti e altri componenti negativi di reddito. Come previsto dal comma 34 della citata legge finanziaria 2008, la disciplina abrogata rimane in vigore per il recupero delle eccedenze di Pag. 141ammortamenti, accantonamenti ed altri importi dedotti extracontabilmente. Al fine di favorire il riavvicinamento del reddito imponibile all'utile di bilancio il richiamato articolo 1, comma 48, della legge n. 244, prevede che il recupero delle predette eccedenze, dedotte fino al periodo di imposto in corso al 31 dicembre 2007, possa avvenire, su opzione dei contribuenti, mediante applicazione di una imposta sostitutiva ad aliquote progressive. Le relative disposizioni attuative sono state adottate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 3 marzo 2008.
  L'articolo 12 prevede che con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo sia modificata l'organizzazione del Centro per il libro e la lettura, al fine di consentire al medesimo di svolgere i compiti istituzionali in materia di promozione del libro e della lettura stabiliti dall'intervento legislativo.
  Preannuncia quindi l'intenzione di formulare una valutazione complessivamente favorevole sul provvedimento.

  Il Viceministro Enrico ZANETTI consegna alla Commissione una nota predisposta sul provvedimento dall'Agenzia delle entrate (vedi allegato 1), auspicando che i rilievi in essa contenuti possano essere considerati ai fini della predisposizione della proposta di parere da parte del relatore.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

Modifiche al codice della navigazione in materia di responsabilità dei piloti dei porti e disposizioni in materia di servizi tecnico-nautici.
Nuovo testo C. 2721 Tullo.

(Parere alla IX Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 12 aprile scorso.

  Maurizio BERNARDO, presidente, ricorda che il relatore, Carella, dopo aver illustrato, nella precedente seduta di esame, i contenuti del provvedimento, ha formulato una proposta di parere favorevole con alcune premesse, la quale è già stata invita informalmente vai e-mail a tutti i componenti della Commissione (vedi allegato 2).

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 14.05.

Pag. 142