CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 14 marzo 2016
609.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Lunedì 14 marzo 2016. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. – Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Enrico Morando.

  La seduta comincia alle 16.10.

DL 18/2016: Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio.
C. 3606 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 10 marzo scorso.

  Maurizio BERNARDO, presidente, ricorda che, come chiarito in occasione dell'ultima seduta di esame del provvedimento, nella seduta odierna saranno svolti interventi sul complesso degli emendamenti, per passare poi, nella seduta già convocata per domani, ai pareri ed alle votazioni sulle proposte emendative.
  Avverte inoltre che i deputati Palese e Chiarelli hanno sottoscritto gli articoli aggiuntivi Venittelli 17.01 e Abrignani 17.02.

  Filippo BUSIN (LNA) ricorda innanzitutto come numerose proposte emendative presentate da tutti i gruppi si concentrino su specifici aspetti del provvedimento, dei quali auspica che il Governo espliciti la ratio.
  In particolare segnala come siano oggetto di molti emendamenti l'obbligo, previsto dal nuovo comma 1-bis dell'articolo 36 del TUB, inserito dall'articolo 1, comma 4, in base al quale, in caso di esclusione di un gruppo bancario cooperativo, la banca di credito cooperativo può essere trasformata esclusivamente in una SpA, senza che sia possibile deliberarne la trasformazione in banca popolare. Inoltre segnala come non risulti chiara la motivazione per la quale il comma 2 dell'articolo 1 elevi da 200 a 500 il numero minimo di soci delle BCC e da 50.000 a 100.000 il valore nominale della partecipazione detenibile da ciascun socio.
  Rammenta inoltre le disposizioni più contestate e che ritiene maggiormente criticabili, relative alla predisposizione della cosiddetta wayout, in base alle quali, nel caso in cui una banca di credito cooperativo, a seguito di una operazione straordinaria Pag. 5si trasformi in una SpA, il cui patrimonio netto sia superiore a 200 milioni di euro, si potrà derogare all'obbligo di devolvere il patrimonio ai fondi mutualistici con il pagamento di una imposta straordinaria pari al 20 per cento della consistenza delle riserve.
  In tale contesto evidenzia come dai sopra richiamati aspetti del decreto-legge in esame emerga una logica di penalizzazione delle banche di minori dimensioni, a tutto vantaggio dei grandi gruppi. A tale proposito sottolinea come tale intento non sia supportato da nessuna evidenza concreta, posto che BCC di piccole dimensioni presentano spesso indici patrimoniali e un livello di solidità migliore di quello proprio delle grandi banche di credito cooperativo, ricordando al riguardo come anche la cronaca abbia evidenziato che la gestione degli istituti bancari più grandi è stata meno virtuosa e corretta di quella delle banche più piccole, le quali hanno dato prova di un'ottima governance.

  Daniele PESCO (M5S) chiede se il rappresentante del Governo interverrà solo a conclusione della seduta o se sarà invece possibile sviluppare già oggi un'interlocuzione su singoli aspetti del provvedimento.

  Maurizio BERNARDO, presidente, chiarisce che darà la parola a tutti i deputati che ritengano di intervenire sul complesso degli emendamenti e, quindi, al Viceministro. Nella seduta di domani si procederà invece alla valutazione sui ricorsi presentati avverso i giudizi di inammissibilità dichiarati nel corso della seduta del 10 marzo scorso e, successivamente, all'esame dei singoli emendamenti.

  Rocco PALESE (Misto-CR) ritiene che, ai fini di una proficua discussione sul merito del provvedimento, sarebbe stato indispensabile conoscere preliminarmente l'esito dei ricorsi sui giudizi di inammissibilità. In particolare evidenzia come taluni giudizi risultino incomprensibili e cita il suo emendamento 1.205, volto ad elevare il limite dell'attivo oltre il quale una banca popolare è trasformata in società per azioni e dichiarato inammissibile nonostante l'oggetto del decreto-legge in esame riguardi appunto il sistema bancario.
  Nel rilevare come altre proposte emendative, relative ad aspetti di politica fiscale, siano state viceversa ritenute ammissibili, auspica che, in sede di giudizio sui ricorsi, tali questioni di metodo vengano adeguatamente risolte, ai fini di una corretta discussione sul merito degli emendamenti.

  Daniele PESCO (M5S) critica fortemente l'impianto complessivo della riforma delle banche di credito cooperativo, sottolineando come essa condurrà alla sostanziale demolizione dell'intero sistema delle BCC, il quale ha contribuito, soprattutto negli ultimi anni, a sostenere finanziariamente molte aziende consentendo loro l'accesso al credito.
  Con particolare riferimento alle norme del decreto – legge che impongono la formazione di un grande gruppo bancario cooperativo con a capo una società per azioni capogruppo, rileva come tale previsione determinerà un grave indebolimento del sistema economico del Paese, dato che il grande polo di credito cooperativo che si verrà a creare si troverà a concorrere con gli altri grandi gruppi bancari esistenti e uscirà probabilmente perdente da tale confronto. Nel ricordare come le BCC abbiano costituito un sistema gestito con modalità democratiche, anche grazie alla previsione del voto capitario, siano state gestite in modo sano e corretto, evidenzia come la loro trasformazione impoverirà il Paese privando le aziende di uno strumento di finanziamento molto rilevante. Il Movimento 5 Stelle si dichiara quindi fortemente perplesso circa il complesso delle misure recate dal decreto-legge e ritiene che i numerosi emendamenti presentati anche dai partiti di maggioranza evidenzino il mancato accordo tra il Governo e la maggioranza stessa.
  In particolare, con riferimento alla «way out» ipotizzata nel provvedimento per le BCC che non intendono aderire al gruppo bancario cooperativo, auspica che Pag. 6il Governo, in accoglimento delle numerose proposte emendative presentate in tal senso, acceda a una diversa soluzione: ritiene al riguardo preferibile, in caso di fusione tra BCC, che fosse consentita la costituzione di una società per azioni che svolga l'attività bancaria, le cui azioni fossero di proprietà di una cooperativa. Ritiene infatti che tale soluzione darebbe continuità nella gestione delle piccole banche di credito cooperativo, così preservandone il patrimonio e garantendo il collegamento con il territorio proprio delle piccole BCC ora presenti nel Paese. Chiede quindi al relatore e al Governo un confronto su tali questioni.
  Con riferimento alla previsione, recata dal nuovo comma 5 dell'articolo 150-bis del TUB, in base al quale, qualora le SpA derivanti da operazioni di fusione tra BCC abbiano un patrimonio superiore a 200 milioni di euro, le riserve sono affrancate corrispondendo all'erario un'imposta pari al 20 per cento delle riserve stesse, ritiene si tratti di un intervento che creerebbe anomalie e disparità di trattamento ingiustificate tra banche che si differenziano esclusivamente per l'ammontare di patrimonio. Auspica quindi che, anche su tali aspetti, il Governo e la maggioranza si dimostrino disponibili al dialogo con i gruppi parlamentari, al fine di trovare le migliori soluzioni a vantaggio del sistema del credito cooperativo e, conseguentemente, a vantaggio del Paese.
  Con riferimento agli emendamenti volti a introdurre una disciplina specifica per le BCC presenti nelle regioni a statuto speciale, preannuncia che il Movimento 5 Stelle intende promuovere analoghe misure a favore di tutte le banche di credito cooperativo esistenti, senza distinzioni territoriali.
  In relazione alle misure recate dal decreto-legge che disciplinano la garanzia dello Stato sulle operazioni di cartolarizzazioni aventi come sottostante crediti in sofferenza (GACS), evidenzia come si tratti di un meccanismo assolutamente criticabile e inadeguato rispetto al problema degli ingenti crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari, il quale rappresenta altresì un rischio molto grave per la tenuta del mercato immobiliare e, più in generale, per l'economia del Paese. Ritiene infatti che la cessione delle sofferenze bancarie andrebbe gestita dallo Stato in modo del tutto diverso, prevedendo una sorta di contingentamento della cessione delle sofferenze stesse da parte delle banche ed evitando quindi un'immissione massiccia di tali crediti sul mercato, la quale comporterebbe altresì il rischio di un aggravamento della crisi delle imprese a causa dell'improvviso aumento delle attività di recupero del credito nei loro confronti.
  Con riferimento a un ulteriore aspetto relativo al limite entro il quale le banche possono cedere i crediti oggetto di cartolarizzazione, il cui importo massimo non può essere superiore al valore netto di bilancio dei crediti stessi, sottolinea come tale previsione finisca sostanzialmente per premiare le banche che hanno registrato tali valori a un livello più alto, penalizzando gli istituti che, invece, li hanno svalutati maggiormente, così applicando i principi di bilancio in modo sano e corretto. Evidenzia inoltre come anche le esperienze di altri Paesi, tra i quali cita l'Austria, che hanno sperimentato tali meccanismi con esito negativo, impongano maggiore prudenza; in tale ambito reputa piuttosto esigua la previsione, recata dall'articolo 12 del decreto-legge di un apposito fondo istituito a copertura delle misure previste, la cui dotazione per l'anno 2016 è quantificata in soli 100 milioni di euro.

  Michele PELILLO (PD) esprime un giudizio positivo sul decreto-legge, evidenziando come su molti temi, in particolare su quelli affrontati dai capi II, II e IV del decreto – legge, l'impianto normativo predisposto dal Governo risulti assolutamente adeguato, necessitando solo di qualche precisazione.
  Con riferimento al Capo II del decreto-legge, relativo alla garanzia dello Stato sui crediti in sofferenza ceduti dalle banche e oggetto di cartolarizzazione, evidenzia innanzitutto come le norme in esso Pag. 7contenute siano frutto di un'interlocuzione con la Commissione europea e non possano pertanto essere pertanto modificate a discrezione della Commissione. Ritiene peraltro che tale previsioni non possano essere considerate esaustive e completamente efficaci e debbano pertanto accompagnarsi a altre previsioni in materia di abbreviazione delle procedure esecutive immobiliari e di procedure fallimentari.
  Passando, poi, a trattare il tema, centrale, della riforma delle banche di credito cooperativo, oggetto del Capo I del decreto-legge, apprezza l'esplicita disponibilità che il Governo ha manifestato a modificare e migliorare il decreto, rilevando come si tratti di un aspetto cruciale che trova il Partito democratico concorde nel tentativo di licenziare il miglior testo possibile.
  Si sofferma, quindi, sul ruolo che le banche di credito cooperativo hanno svolto anche durante la recente recessione da poco superata, nella quale spesso esse hanno costituito l'unico baluardo dell'economia reale per resistere alle difficoltà indotte dalla stessa crisi. In tale contesto sottolinea come il provvedimento non intenda demolire un sistema che si è dimostrato efficace, quanto piuttosto valorizzarlo e potenziarlo. Tra l'altro la stessa riforma è stata sollecitata dal sistema delle banche di credito cooperativo, che hanno avvertito per prime l'esigenza di rafforzarsi. Fa presente, tuttavia, come siano note le preoccupazioni che la proposta di autoriforma predisposta da Federcasse aveva destato in alcune are del Paese, ad esempio nel Meridione e in altre zone da sempre indipendenti rispetto a Federcasse. In tale contesto ritiene che il compito cui la Commissione è chiamata sia quello di dare maggiore forza e solidità al sistema delle banche di credito cooperativo, senza tuttavia imporre come una «camicia di forza» una determinata soluzione a quelle banche che non intendano aderire al gruppo bancario cooperativo. Occorre, quindi, trovare un punto di equilibrio che consenta a chi non è convinto di tale fondamentale novità della riforma di subire questa soluzione. Segnala, in particolare, due leve sulle quali si potrebbe agire: la prima è rappresentata dalla soglia di 1 miliardo di euro di patrimonio netto della capogruppo; la seconda è data dalla possibilità di esercitare la cosiddetta «way out», ossia di uscire dal gruppo bancario cooperativo. Su tale secondo aspetto richiama in particolare l'emendamento a sua prima firma 1.158, che tenta di individuare una soluzione equilibrata in materia e rispetto al quale dichiara la massima disponibilità del PD a accogliere i contributi di tutti i gruppi.
  Si dichiara invece non convinto dall'ipotesi, prevista dal decreto-legge, che consente l'affrancamento delle risorse mutualistiche indivisibili per le BCC che intendano trasformarsi in società per azioni, richiamando al riguardo le argomentazioni che sono state espresse dai rappresentanti del mondo cooperativo durante l'attività conoscitiva svolta nel corso dell'esame in sede referente. Sottolinea, infatti, come il Partito democratico non abbia alcuna intenzione di minare le basi del sistema cooperativo. In tale contesto il suo emendamento 1.158 intende appunto distinguere tra l'ipotesi di trasformazione della BCC in un SpA e la diversa ipotesi di scorporo dell'azienda bancaria esercitata dalla BCC e suo conferimento in una SpA interamente partecipata dalla società cooperativa, rilevando come tale ultima fattispecie risulti già conosciuta e praticata dal mondo cooperativistico. In tal caso l'emendamento 1.158 stabilisce che il conferimento deve essere realizzato previa istanza alla Banca d'Italia, presentata dalle BCC interessate da sole o congiuntamente e che la banca richiedente, o almeno una delle banche richiedenti, possiedano un patrimonio netto superiore a 200 milioni di euro. In particolare, evidenzia come l'uso dell'avverbio «congiuntamente» consenta di allargare la platea delle banche interessate, che altrimenti sarebbero ristrette ad appena 14. Inoltre, dal momento che il controllo sulla società bancaria rimarrebbe in capo a una società cooperativa, tale soluzione non renderebbe necessario l'affrancamento delle relative riserve mutualistiche indivisibili, e si utilizzerebbe Pag. 8il patrimonio della cooperativa per costituire la SpA, senza tuttavia consumarlo. Rileva altresì come l'emendamento 1.158 preveda comunque, nel caso di conferimento, che la BCC conferente sia tenuta a corrispondere all'erario il 15 per cento delle riserve indivisibili, previsione sulla quale si dichiara peraltro disponibile a un confronto aperto con gli altri gruppi.
  Esprime invece dubbi e perplessità sulla questione relativa all'opportunità o meno di espungere la previsione del TUB secondo cui le banche di credito cooperativo possano fondersi con banche popolari, che il decreto-legge ha al momento eliminato.
  Segnala, inoltre, altri due emendamenti del Partito democratico che riguardano i poteri della capogruppo del gruppo bancario cooperativo. In primo luogo l'emendamento 1.83 affronta il tema del rapporto tra poteri di indirizzo strategico, di direzione e di coordinamento riconosciuti alla capogruppo e rischiosità della singola banca aderente al gruppo, prevedendo che la valutazione dei parametri di rischiosità delle banche di credito cooperativo sia sottratta alla disponibilità delle parti nell'ambito del contratto di coesione e che, per garantire il massimo livello di oggettività in merito, essa sia invece attribuita a un decreto del MEF, sul quale l'emendamento Ginato 1.135 stabilisce, oltre alla consultazione della Banca d'Italia, anche l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari.
  Considera inoltre necessario soffermarsi sulle sollecitazioni relative alla definizione della fase transitoria di applicazione delle norme del decreto-legge, nonché alla specificazione dei poteri della capogruppo, che alcuni emendamenti intendono ampliare.
  Esprime quindi una valutazione favorevole sulle proposte emendative che si riferiscono al sistema bancario cooperativo della Provincia di Bolzano, assicurando la possibilità, per tali BCC, di costituire un gruppo separato, in considerazione della loro storia e delle loro peculiari caratteristiche.
  Conclude quindi auspicando che la Commissione possa lavorare proficuamente migliorando il provvedimento in maniera condivisa.

  Ferdinando ALBERTI (M5S) chiede quali siano in motivi dell'accanimento del Governo contro le banche di credito cooperativo e quali siano le ragioni per le quali, dopo aver chiesto al mondo delle banche di credito cooperativo di formulare una proposta di autoriforma del sistema, tale proposta sia stata successivamente stravolta dal Governo utilizzando lo strumento del decreto-legge.

  Daniele PESCO (M5S) rileva come non si debba precludere alle banche di credito cooperativo più piccole di fondersi tra loro anche qualora nessuna delle banche che intendano procedere alla fusione abbia singolarmente un patrimonio superiore a 200 milioni.
  Ritiene pertanto che l'emendamento Pelillo 1.158, laddove prevede che le predette BCC possano conferire l'azienda bancaria ad una società per azioni purché almeno una delle banche possieda un patrimonio netto superiore a 200 milioni, sia volto proprio ad escludere tale possibilità.

  Il viceministro Enrico MORANDO considera particolarmente opportuna la discussione odierna, che consente di approfondire nella sede parlamentare propria le questioni affrontate dal decreto-legge.
  In tale contesto sottolinea come su nessun aspetto del provvedimento, in particolare sulle previsioni del Capo I, il Governo assuma un atteggiamento di chiusura agli emendamenti presentati, considerando invece il testo perfettibile e modificabile.
  Con riferimento al quesito posto dal deputato Alberti, evidenzia come l'Esecutivo non abbia adottato il decreto-legge per ragioni di accanimento nei confronti delle banche di credito cooperativo, ma, al contrario, per rispondere ad un'esigenza emersa diffusamente presso gli stessi protagonisti del mondo delle BCC, nonché in Pag. 9seno agli organismi di vigilanza. A tale ultimo proposito sottolinea come i rappresentanti della Banca d'Italia, nel corso dell'audizione svolta nell'ambito dell'istruttoria legislativa sul provvedimento, abbiano suggerito l'opportunità di promuovere l'aggregazione delle BCC in pochi gruppi bancari, ben integrati al loro interno, consentendo in tal modo il rafforzamento patrimoniale e il consolidamento nel settore, nonché di accrescere la sua capacità di accedere al mercato dei capitali, migliorare il governo e il controllo dei rischi, nonché di razionalizzare i costi. In tale contesto rileva come, mentre nel caso della riforma delle banche popolari realizzato con il decreto-legge n. 3 del 2015, la scelta del Governo di procedere fin da subito attraverso un decreto-legge era motivata dalla considerazione che i progetti di riforma di tale settore si erano succeduti per ben venti anni, nonché dalla pressante necessità di salvaguardarne la stabilità, diversamente, nel caso delle banche di credito cooperativo, il Governo ha ritenuto preferibile attendere che lo stesso settore elaborasse una proposta di riforma. In coerenza con tale impostazione, sottolinea come il contenuto del decreto-legge del Governo rispecchi perfettamente l'impostazione elaborata da Federcasse, salvo gli aspetti specifici relativi ai poteri della società capogruppo del gruppo bancario cooperativo, nonché quelli concernenti la possibilità, per le stesse BCC di non aderire al gruppo bancario, che comunque non costituiscono l'elemento portante dell'intervento legislativo in materia.
  Con riferimento alle considerazioni svolte dal deputato Busin, sottolinea inoltre come il Governo non intenda certamente colpire le banche di credito cooperativo più piccole, in quanto il testo del decreto-legge consente già attualmente di non aderire, a certe condizioni, al gruppo bancario cooperativo, prevedendo a tal fine una forma di «way out» rispetto alla quale dichiara peraltro la disponibilità dell'Esecutivo ad apportare modifiche al testo. Rileva, altresì, come la soglia minima di patrimonio del gruppo bancario cooperativo non sia talmente alta da precludere la possibilità di costituire più gruppi, pur rilevando come un eventuale eccessivo abbattimento di tale soglia indebolirebbe gli effetti di stabilizzazione e rafforzamento del sistema delle BCC perseguiti dal decreto-legge. Segnala quindi come l'obiettivo del Governo sia certamente quello di rafforzare le BCC attraverso un processo di aggregazione, senza tuttavia precludere alternative rispetto all'ipotesi di un unico gruppo bancario cooperativo, che pure costituisce l'obiettivo perseguito da larga parte dello stesso settore delle BCC. Per quanto riguarda la cosiddetta clausola di «way out» la soluzione attualmente indicata dal decreto-legge è quella di consentire alle BCC che non intendano aderire al gruppo bancario di trasformarsi in una società per azioni, qualora la BCC abbia un patrimonio netto superiore a 200 milioni, affrancando le riserve mutualistiche ad essa riconducibili attraverso il versamento di un'imposta straordinaria pari al 20 per cento delle riserve stesse. A tale proposito prende atto come tale soluzione non sia considerata pienamente convincente dalle forze politiche, come testimoniato dai numerosi emendamenti in materia presentati sia da gruppi di maggioranza sia da gruppi di opposizione. In tale contesto il Governo è disponibile a individuare una soluzione differente, che non deve tuttavia costituire un precedente rispetto al divieto, per l'intero settore della cooperazione, di affrancare le riserve mutualistiche. Sottolinea, infatti, riprendendo quanto già affermato da numerosi soggetti già intervenuti in materia, come le predette riserve mutualistiche si siano accumulate nel tempo anche grazie alle agevolazioni fiscali di cui godono gli utili delle cooperative, non solo bancarie, agevolazioni le quali risultano giustificate, sotto il profilo della parità concorrenziale rispetto agli altri competitori sui rispettivi mercati, proprio per il fatto che i predetti utili non sono distribuibili ma sono vincolati alle specifiche finalità mutualistiche che caratterizzano le società cooperative. Riguardo all'esigenza di individuare una diversa forma di «way out» rispetto all'adesione al gruppo bancario Pag. 10cooperativo, ritiene che l'ipotesi migliore sia quella di consentire alle banche di credito cooperativo di conferire l'azienda bancaria ad una società per azioni controllata dalla cooperativa, che dunque mantiene la sua caratteristica e le proprie riserve, senza alcuna necessità di operare l'affrancamento delle riserve stesse. A tale proposito valuta positivamente la disponibilità, emersa nel corso del dibattito, a lavorare in questa direzione, apportando al testo le necessarie modifiche, consentendo in tal modo a quelle BCC che hanno sollevato tale esigenza di poter disporre di una soluzione alternativa rispetto all'adesione al gruppo bancario cooperativo, pur non essendo possibile al momento sapere se tale ipotesi sarà effettivamente utilizzata. Reputa quindi che, in tale ambito, si debba porre anche il tema dell'imposizione fiscale da applicare nel caso di conferimento dell'azienda bancaria alla SpA: a tale proposito ritiene che sia necessario prevedere un onere fiscale rilevante a fronte di tale conferimento, come previsto dall'emendamento Pelillo 1.158, che costituisce un punto di riferimento importante per tale discussione. Sottolinea infatti come l'esigenza di prevedere l'onerosità fiscale del conferimento consenta di evitare il rischio di indebolire il gruppo bancario cooperativo in modo non auspicabile.
  Evidenzia quindi l'assoluta apertura del Governo anche rispetto alla definizione dei poteri della capogruppo, rilevando al riguardo come una parte del mondo delle BCC chieda che i poteri della capogruppo siano stabiliti in termini penetranti solo in casi particolari, mentre altra parte del settore delle BCC e le autorità di vigilanza intendano rafforzare i predetti poteri.
  Meritano altresì attenzione gli emendamenti di molti gruppi volti a precisare meglio i poteri attribuiti dal decreto-legge al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Banca d'Italia. A tale proposito sottolinea come il Governo non intenda attribuire al MEF poteri che questi non sia in grado di esercitare non avendo al suo interno le competenze necessarie: pertanto, in questa prospettiva, anche al di là della loro specifica attribuzione, i poteri che presuppongano valutazioni su questioni attinenti alla stabilità ed al rafforzamento patrimoniale delle BCC devono essere esercitati previa istruttoria analitica svolta dalle autorità di vigilanza.
  Rileva quindi la necessità di considerare la specificità delle BCC della provincia di Bolzano, non, genericamente, in omaggio all'autonomia statutaria riconosciuta a tale Provincia, ma in ragione del fatto che le BCC di tale Provincia hanno già realizzato una parte importante delle operazioni di rafforzamento obiettivo del decreto-legge e che dunque non sono necessarie alcune delle misure previste dall'intervento legislativo. Dichiara quindi la disponibilità dell'Esecutivo a valutare le proposte emendative che intendano riconoscere la specificità delle BCC appartenenti al sistema Raiffeisen.

  Sestino GIACOMONI (FI-PdL) ringrazia il Viceministro per l'ampio intervento e per la disponibilità ad accogliere proposte di modifica al decreto-legge, invitando tuttavia il Governo a dimostrare apertura non solo nei confronti delle proposte emendative della maggioranza, ma anche nei confronti di quelle presentate dai gruppi di opposizione.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per domani.

  La seduta termina alle 17.40.