CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 10 febbraio 2016
589.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Mercoledì 10 febbraio 2016. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.

  La seduta comincia alle 15.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, riguardante la criminalizzazione degli atti di razzismo e xenofobia commessi a mezzo di sistemi informatici, fatto a Strasburgo il 28 gennaio 2003.
Nuovo testo C. 3084 Governo.
(Parere alle Commissioni riunite II e III).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Luigi FAMIGLIETTI (PD), relatore, osserva che il disegno di legge autorizza la ratifica e dà esecuzione al Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica e contiene disposizioni di adeguamento dell'ordinamento interno. Il Protocollo – aperto alla firma a Strasburgo, nell'ambito del Consiglio d'Europa, il 28 gennaio 2003, ed entrato in vigore a livello internazionale il 1o marzo 2006 – riguarda la Convenzione sulla criminalità informatica e comporta una estensione di essa mirante a includere nella sua portata i reati legati alla propaganda a sfondo razzistico e xenofobo, consentendo in tal modo alle Parti di poter utilizzare gli strumenti della cooperazione internazionale stabiliti nella Convenzione anche per il contrasto di tali reati. In particolare, il Protocollo prevede che gli Stati parte definiscano come reato la diffusione o altre forme di messa a disposizione del pubblico per il tramite di un sistema informatico: di materiale razzista e xenofobico (articolo 3); di materiale che neghi, minimizzi in modo palese, approvi o giustifichi degli atti che costituiscano la fattispecie di genocidio o crimine contro l'umanità, come definiti dal diritto internazionale e riconosciuti come tali da una decisione definitiva del Tribunale militare internazionale o ogni altra corte internazionale (articolo 6). Fa presente che Pag. 93il provvedimento si compone di quattro articoli: l'articolo 1 e l'articolo 2 contengono, come di consueto, rispettivamente, la clausola di autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione del Protocollo addizionale; l'articolo 4 prevede l'entrata in vigore della legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. In base alla relazione illustrativa al disegno di legge, l'attuazione del Protocollo nell'ordinamento italiano non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. L'articolo 3 del disegno di legge – al fine di dare attuazione ai contenuti del Protocollo integrativo – integra la normativa nazionale finalizzata alla repressione della discriminazione razziale e della xenofobia in tutte le sue manifestazioni. Si tratta dell'articolo 3 della legge n. 654 del 1975, di ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale di New York del 1966, sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, come modificato dalla legge Mancino (legge n. 205 del 1993, di conversione del decreto-legge n. 122 del 1993) e, da ultimo, dalla legge n. 85 del 2006, di riforma dei reati di opinione, che attualmente sanziona: con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (lettera a); con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (lettera b)). Rileva, in proposito, che manca, alla lettera a) di tale disposizione, qualsiasi riferimento alle modalità di commissione degli illeciti (come previste, in particolare, dall'articolo 3 del Protocollo), così come alla rilevanza penale della distribuzione di pubblicazioni che negano o minimizzano grossolanamente, giustificano o approvano il genocidio e i crimini di guerra e contro l'umanità (previsti dall'articolo 6 del Protocollo). Proprio in relazione a tali aspetti, fa notare che il provvedimento, a seguito delle modifiche apportate dalle Commissioni riunite, apporta le seguenti modifiche all'articolo 3 della legge n. 654 del 1975: introduce le nuove fattispecie di reato consistenti nella distribuzione, divulgazione, diffusione o pubblicizzazione di materiale razzista o xenofobo; precisa che tali nuove condotte, nonché la condotta di chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero di chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, dalle quali deriva la pena della reclusione fino a un anno e 6 mesi o della multa fino a 6.000 euro, possono essere tenute con qualsiasi mezzo, anche informatico o telematico; introduce, in relazione alle suddette fattispecie, nonché a quelle di violenza o atti di provocazione alla violenza o istigazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, un'aggravante, quando la pubblica istigazione e il pubblico incitamento si fondano in tutto o in parte sulla minimizzazione in modo grave, sull'approvazione, sulla giustificazione o sulla negazione della Shoah ovvero dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, come definiti dallo statuto della Corte penale internazionale (legge n. 232 del 1999), tenendo conto dei fatti accertati con sentenza passata in giudicato, pronunciata da un organo di giustizia internazionale, ovvero da atti di organismi internazionali e sovranazionali dei quali l'Italia è membro (nuovo comma 3-bis). Tale ultima modifica è volta a coordinare il disegno di legge in discussione con le disposizioni di cui alla proposta di legge S. 54-B, attualmente all'esame del Senato, recante «Modifica all'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 154, in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio». Si ricorda, infatti, che sulle stesse disposizioni interviene, con finalità parzialmente coincidenti, il richiamato A.S. 54-B, che introduce la cosiddetta aggravante di negazionismo. Il provvedimento, tornato all'esame del Senato dopo le modifiche introdotte dalla Camera, si compone di un unico articolo che – aggiungendo un comma Pag. 943-bis all'articolo 3 della legge n. 654 del 1975 – introduce una circostanza aggravante nei casi in cui la propaganda, la pubblica istigazione e il pubblico incitamento all'odio razziale e alla xenofobia si fondino «in tutto o in parte sulla negazione della Shoah ovvero dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra» come definiti dallo Statuto della Corte penale internazionale. Osservo in proposito che la formulazione dell'articolo 3 della legge n. 654 del 1975 elaborata ora dalle Commissioni riunite si discosta da quella all'esame del Senato perché fonda l'aggravante anche sulla minimizzazione in modo grave, sull'approvazione e sulla giustificazione della Shoah. Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, fa presente che il disegno di legge è riconducibile alle materie «rapporti internazionali dello Stato» e «ordinamento penale», entrambe di competenza legislativa esclusiva statale in base all'articolo 117, secondo comma, lettere a) e l), della Costituzione Il disegno di legge, sebbene non introduca nuove e autonome fattispecie di reato, investe due questioni su cui la Corte Costituzionale si è espressa in più occasioni e che possono venire in rilievo con riferimento alle nuove previsioni relative al negazionismo: i limiti che possono incontrare le fattispecie penali rispetto all'articolo 21 della Costituzione sulla libertà di manifestazione del pensiero; la tassatività e determinatezza delle fattispecie penali. Tra le sentenze della Corte costituzionale che hanno investito più direttamente la prima questione, richiama la sentenza 1 del 1957, che ha riguardato il reato di apologia del fascismo introdotto dalla legge Scelba n. 645 del 1952, la sentenza n. 74 del 1958, che ha dato un'interpretazione restrittiva anche al divieto delle «manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste», la sentenza n. 120 del 1957, che ritenne inoltre conforme a Costituzione l'articolo 654 del codice penale (grida e manifestazioni sediziose), la sentenza n. 87 del 1966, che, dichiarando incostituzionale il reato di propaganda per distruggere o deprimere il sentimento nazionale, considerò invece conforme a Costituzione il reato di propaganda sovversiva, la sentenza n. 100 del 1966, con la quale la Corte ha considerato conforme a Costituzione l'articolo 327 del codice penale (eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni, poi abrogato nel 2005), la sentenza n. 84 del 1969 con la quale venne dichiarata l'incostituzionalità dell'articolo 507 del codice penale (boicottaggio), la sentenza n. 65 del 1970 che ha invece imposto un'interpretazione restrittiva al reato di apologia di reato ai sensi dell'articolo 414 ultimo comma del codice penale, la sentenza n. 108 del 1974 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 415 del codice penale nella parte riguardante l'istigazione all'odio fra le classi sociali. Sotto l'altro profilo, segnala che i principi di tassatività e determinatezza delle fattispecie penali comportano – secondo la Corte costituzionale – il dovere per lo Stato di formulare il divieto in modo da consentire di distinguere tra la sfera del lecito e quella dell'illecito (sentenza n. 364 del 1988). La Corte ammette la compatibilità con il principio in rilievo di formule terminative come «e simili», «altri analoghi» ovvero «sintetiche» (si vedano, ad esempio, le sentenze n. 27 del 1961, relativa all'articolo 121 T.U.L.P.S.; n. 120 del 1963; n. 79 del 1982, che ha negato l'illegittimità del reato di cui all'articolo 4 della l. n. 110 del 1975, concernente il divieto di portare fuori dalla propria abitazione «qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l'offesa della persona»). Analogamente, la Corte ha legittimato il rinvio a «concetti extragiuridici diffusi» (sentenze n. 191 del 1970, in materia di osceno; n. 42 del 1972, in materia di violazione dei doveri di assistenza familiare) e a dati «di ordinaria esperienza, o di esperienza tecnica» (sentenza n. 125 del 1971, sull'articolo 28 della legge n. 977 del 1967, concernente il divieto di adibire fanciulli ed adolescenti a prestazioni d'opera pericolose o faticose o gravose), i quali non richiederebbero al Pag. 95giudice un impegno diverso dal normale compito di interpretazione. Sull'ammissibilità dell'uso di formule «elastiche», si vedano le sentenze nn. 302 del 2004 e 5 del 2004. Più in generale, la costante giurisprudenza della Corte afferma che la verifica del rispetto del principio di determinatezza vada condotta «non già valutando isolatamente il singolo elemento descrittivo dell'illecito, ma raccordandolo con gli altri elementi costitutivi della fattispecie e con la disciplina in cui questa si inserisce» (sentenza n. 327 del 2008). Da ultimo, fa notare che la sentenza n. 172 del 2014 ha dichiarato la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 612-bis del codice penale, che disciplina il reato di atti persecutori, impugnato per violazione del principio di determinatezza. Secondo la Corte, la fattispecie si configura come specificazione delle condotte di minaccia o di molestia contemplate dagli articoli 612 e 660 del codice penale; nel prevedere un'autonoma figura di reato il legislatore ha, infatti, ulteriormente connotato tali condotte, richiedendo che siano realizzate in modo reiterato e idoneo a cagionare almeno uno degli eventi indicati (stato di ansia o di paura, timore per l'incolumità e cambiamento delle abitudini di vita), al fine di circoscrivere la nuova area di illecito a specifici fenomeni di molestia assillante che si caratterizzano per un atteggiamento predatorio nei confronti della vittima. Per la Corte, il reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale non attenua, dunque, in alcun modo la determinatezza della incriminazione rispetto alle fattispecie di molestie o di minacce, tenuto conto anche del «diritto vivente» che qualifica il delitto in questione come reato abituale di evento. Inoltre, il ricorso a una enunciazione sintetica della norma incriminatrice, anziché alla analitica enumerazione dei comportamenti sanzionati, non comporta, di per sé, un vizio di indeterminatezza, purché attraverso l'interpretazione integrata, sistemica e teleologica, si pervenga, come nella specie, alla individuazione di un significato chiaro, intelligibile e preciso dell'enunciato. Segnala inoltre che la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo – elaborata in relazione alla libertà di espressione, tutelata dall'articolo 10 della Convenzione – non pare ostativa rispetto alla modifica proposta dalla proposta di legge C. 3084.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 15.05.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Disposizioni per la concessione di una promozione a titolo onorifico agli ufficiali provenienti dai corsi allievi ufficiali di complemento.
C. 679 Palmizio.

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