CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 10 dicembre 2015
557.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 10 dicembre 2015. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene la sottosegretaria di Stato per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Sesa Amici.

  La seduta comincia alle 10.40.

Schema di decreto legislativo recante modifica e abrogazione di disposizioni di legge che prevedono l'adozione di provvedimenti non legislativi di attuazione.
Atto n. 249.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

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  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, in sostituzione del relatore, impossibilitato a partecipare alla seduta, osserva che lo schema di decreto legislativo è stato adottato in base alla delega contenuta nell'articolo 21 della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante deleghe al Governo per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Il comma 1 della disposizione di delega: individua l'arco temporale di entrata in vigore delle disposizioni legislative che prevedono provvedimenti non legislativi di attuazione, compreso tra il 1o gennaio 2012 ed il 28 agosto 2015 (data di entrata in vigore della citata legge delega); attribuisce l'iniziativa al Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro delegato per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento; individua il termine di 90 giorni per l'esercizio della delega, soggetto a scorrimento di ulteriori sessanta giorni a norma del comma 2 (v. infra); enuclea i seguenti principi e criteri direttivi: «a) individuare, fra le disposizioni di legge che prevedono l'adozione di provvedimenti attuativi, quelle che devono essere modificate al solo fine di favorire l'adozione dei medesimi provvedimenti e apportarvi le modificazioni necessarie; b) individuare, fra le disposizioni di legge che prevedono l'adozione di provvedimenti attuativi, quelle per le quali non sussistono più le condizioni per l'adozione dei provvedimenti medesimi e disporne l'abrogazione espressa e specifica; c) garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa; d) identificare le disposizioni la cui abrogazione comporterebbe effetti, anche indiretti, sulla finanza pubblica; e) identificare espressamente le disposizioni che costituiscono adempimento di obblighi derivanti dalla normativa dell'Unione europea; f) assicurare l'adozione dei provvedimenti attuativi che costituiscono adempimenti imposti dalla normativa dell'Unione europea e di quelli necessari per l'attuazione di Trattati internazionali ratificati dall'Italia».
  Il comma 2 disciplina le procedure per l'esercizio della delega: la fase consultiva prevede l'acquisizione dei pareri parlamentari, con il meccanismo del cosiddetto «doppio parere parlamentare»; qualora tali pareri non vengano espressi nei termini, il Governo può comunque procedere nell'esercizio della delega; sono chiamate a pronunciarsi sia le Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari della Camera e del Senato sia la Commissione parlamentare per la semplificazione. Il termine per l'espressione dei pareri è di trenta giorni dalla data di trasmissione. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione: in questo caso sono chiamate a pronunciarsi soltanto le Commissioni competenti per materia, che hanno dieci giorni di tempo dalla nuova trasmissione per esprimersi sulle osservazioni del Governo; è previsto, infine, un meccanismo di scorrimento dei termini per l'esercizio della delega: «Qualora il termine per l'espressione dei pareri cada nei trenta giorni che precedono o seguono il termine per l'esercizio della delega, quest'ultimo è prorogato di sessanta giorni». Lo scorrimento sembrerebbe doversi applicare soltanto in relazione all'espressione del primo parere parlamentare, vista la collocazione nel testo della previsione relativa al meccanismo. Il comma 3 delega il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati a norma dei commi 1 e 2, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e della procedura previsti per l'esercizio della delega principale. Il termine per l'adozione di tali decreti è compreso «Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi di cui al presente articolo».
  Lo schema di decreto legislativo si compone di tre articoli. L'articolo 1 (con la rubrica «Modificazioni») interviene, con modificazioni e soppressioni, su disposizioni contenute in 11 atti legislativi: in 2 leggi finanziarie e 9 decreti-legge. In qualche caso (per esempio al comma 2), le modifiche apportate vanno lette in combinato Pag. 5disposto con le abrogazioni disposte dall'articolo 2. L'articolo 2 (con la rubrica «Abrogazioni») reca l'abrogazione di 46 previsioni relative ad adempimenti di varia natura elencate nell'allegato 1 (si veda la tabella in calce). Infine, l'articolo 3 dispone l'immediata entrata in vigore del provvedimento, a decorrere dal giorno successivo alla sua pubblicazione.
   Come evidenziato nella relazione illustrativa il provvedimento si pone in un'ottica di semplificazione del sistema normativo e di «pulizia dell'ordinamento» mediante l'abrogazione di quelle disposizioni di legge recanti la previsione di provvedimenti attuativi per i quali non sussistono più le condizioni di adozione ovvero la modifica al fine di favorirne l'adozione. A tal fine, nella relazione si fa presente come l'individuazione dei provvedimenti oggetto dello schema di decreto sia stata effettuata sulla base di un censimento, effettuato con la collaborazione di tutte le amministrazioni centrali, tenendo conto di quelli le cui condizioni di adottabilità non risultano più attuali e la cui abrogazione non comporta effetti sulla finanza pubblica né adempimento di obblighi derivanti dalla normativa UE o internazionale. La disposizione di delega individua come data di partenza le disposizioni entrate in vigore dopo il 31 dicembre 2011. In base all'ultimo dei periodici monitoraggi effettuati dall'Ufficio per il programma di Governo della Presidenza del Consiglio dei ministri, al 16 novembre 2015 la situazione è così riassumibile: al 22 febbraio 2014 risultavano da adottare, complessivamente, 889 provvedimenti attuativi (474 imputabili al periodo in cui è stato in carica il Governo Monti; 415 riferiti al periodo in cui è stato in carica il Governo Letta); al 16 novembre 2015 restano da adottare 246 provvedimenti (rispettivamente 141 risalenti all'epoca del Governo Monti e 105 all'epoca del Governo Letta). A tali numeri – comunque in costante diminuzione – si devono aggiungere i 613 previsti da quando è in carica il Governo Renzi (dal 22 febbraio 2014). Lo schema si prefigge dunque l'obiettivo di modificare ed abrogare una serie di previsioni di adempimenti che non hanno trovato attuazione e che non appaiono più necessari. In particolare, le disposizioni abrogate prevedono le seguenti tipologie di adempimenti: 7 regolamenti di delegificazione, la cui procedura di adozione prevede la deliberazione del Consiglio dei ministri; il parere del Consiglio di Stato; la registrazione della Corte dei conti; il parere delle competenti Commissioni parlamentari; 5 decreti del Presidente della Repubblica da emanare in genere su proposta di Ministri, di concerto talora con altri Ministri e con procedure aggravate; 29 decreti ministeriali, per taluni dei quali è esplicitata la natura non regolamentare; 1 Piano nazionale; 4 provvedimenti di Agenzie fiscali.
  Riguardo all'individuazione delle norme oggetto di modificazioni o di abrogazioni, dalla relazione illustrativa emerge come, in taluni casi, l'adempimento si è rivelato superfluo, in quanto le previsioni hanno comunque dispiegato i loro effetti (per esempio, n. 12); in altri casi, sono intervenute successive disposizioni (per esempio, n. 13); in altri casi, infine, l'attuazione della norma si è rivelata impervia e una finalità analoga è stata perseguita con altri strumenti. Non risultano invece disposizioni direttamente riconducibili ai criteri di delega di cui alle lettere d), e) ed f) del comma 1 dell'articolo 21 della legge 124 del 2015. In taluni casi (ad esempio allegato 1, n. 2, 4 e 38) l'abrogazione investe anche le disposizioni di natura sostanziale correlate alla previsione normativa relativa all'adempimento: in questo caso viene in rilievo il criterio di delega di cui alla lettera c) «garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa. Venendo all'esame delle singole disposizioni, l'articolo 1, comma 1, esclude le università statali dalle istituzioni per le quali si prevede l'emanazione da parte del MIUR di linee guida indirizzate alla razionalizzazione e al coordinamento degli acquisti di beni e servizi omogenei per natura merceologica, per importi inferiori alla soglia di rilievo comunitario. A tal fine, novella un periodo dell'articolo 1, comma 450, della legge n. 296 del 2006, introdotto dall'articolo 1, comma 149, Pag. 6della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013). Il citato articolo 1, comma 450, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) dispone che le Amministrazioni dello Stato, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, sono tenute ad approvvigionarsi, per acquisti di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, aventi ad oggetto una qualunque categoria merceologica, facendo ricorso al Mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA). Per le amministrazioni escluse dall'obbligo, tra cui rientrano le università statali, prevede l'emanazione di linee guida ministeriali per gli acquisti di beni e servizi omogenei per natura merceologica tra più istituzioni, avvalendosi delle procedure del mercato elettronico. La relazione illustrativa utilizza diverse argomentazioni a supporto della proposta. In particolare, in primo luogo evidenzia che «la richiesta è in linea con la proposta di modifica dell'articolo 1, comma 339, della legge n. 190 del 2014 i cui effetti finanziari si sono prodotti anche senza l'adozione del Decreto Ministeriale che ne definisce gli indirizzi». La disposizione citata ha disposto la riduzione del Fondo per il finanziamento ordinario (FFO) delle università per euro 34 mln nel 2015 e per euro 32 mln annui dal 2016, in considerazione della razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi che le università dovevano operare sulla base di indirizzi formulati con decreto del MIUR. Nello schema di decreto legislativo non è prevista una modifica del citato articolo 1, comma 339, della legge n.  190 del 2014. La medesima relazione, inoltre, sottolinea che la modifica «è corroborata dal fatto che appare poco opportuna la definizione di linee guida indirizzate alla razionalizzazione e al coordinamento degli acquisiti di beni e servizi omogenei per natura merceologica tra più istituzioni aventi natura diversa». Al riguardo, sarebbe opportuno un chiarimento. Da ultimo, la relazione evidenzia che la medesima finalità della disposizione normativa di cui si propone la modifica è stata raggiunta con il decreto ministeriale 15 ottobre 2013, n. 827, recante linee generali di indirizzo della programmazione delle università, per il triennio 2013/2015, «ove è già stata prevista una linea di indirizzo generale per sostenere i progetti inter-ateneo volti all'unificazione e condivisione di servizi amministrativi, informatici, bibliotecari e tecnici di supporto alla didattica e alla ricerca». Il riferimento sembra essere all'articolo 2, comma 3, del decreto ministeriale citato, relativo alle azioni per il raggiungimento del «Dimensionamento sostenibile del sistema universitario», tra cui si rinviene la «Realizzazione di modelli federativi di università su base regionale o macroregionale», con un unico Consiglio di amministrazione, un unico Presidente, nonché unificazione e condivisione dei richiamati servizi. Al riguardo si evidenzia, dunque, che la disposizione che – secondo la relazione illustrativa – renderebbe superflue le linee guida per le università statali sembrerebbe riguardare specificatamente gli aspetti organizzativi e amministrativi di determinate università che intendessero federarsi tra loro, più che concernere, in generale, gli indirizzi per la razionalizzazione e il coordinamento degli acquisti di beni e servizi omogenei, avvalendosi delle procedure del mercato elettronico.
  L'articolo 1, comma 2, sopprime la disposizione introdotta dal decreto-legge n.1 del 2012 volta ad attribuire alle società di progetto, in aggiunta ai benefici fiscali già previsti, anche una percentuale del 25 per cento del maggiore gettito IVA relativo alle operazioni di importazione riconducibili all'infrastruttura portuale oggetto dell'intervento, per un periodo non superiore ai 15 anni. La norma soppressa è diretta a dare avvio anche nei porti ad opere infrastrutturali facendo ricorso a capitali privati, sostituendo il contributo pubblico anche con parte del maggior gettito IVA generato dall'infrastruttura. La relazione governativa motiva la soppressione della norma in quanto essa non ha mai trovato effetto a causa della mancanza del maggior gettito IVA. Per tale motivo è stato introdotto un meccanismo Pag. 7agevolativo alternativo, con l'articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 2012 che ha inserito il nuovo articolo 18-bis (Autonomia finanziaria delle autorità portuali e finanziamento della realizzazione di opere nei porti) nella legge n. 84 del 1994, in base al quale è stato istituito un fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti; detto fondo è alimentato annualmente per un ammontare pari all'1 per cento dell'IVA all'importazione dovuta sulle merci introdotte per il tramite di ciascun porto, con un limite annuo di 70 milioni di euro, limite innalzato a 90 milioni con l'articolo 22, comma 3, del decreto-legge n. 69 del 2013. Pertanto la soppressione in esame si rende necessaria per evitare la coesistenza di norme che duplicano i meccanismi agevolativi. La proposta di modifica è completata dalla proposta di abrogazione dei commi 2-bis e 2-quater, disposta dall'allegato n. 1 (previsto dall'articolo 2). In particolare il comma 2-bis individua le modalità per la determinazione, per ciascun anno di esercizio dell'infrastruttura, dell'incremento del gettito IVA su cui calcolare la quota del 25 per cento sopra menzionata. Il maggior gettito IVA è pertanto così determinato: per i progetti di nuove infrastrutture, in misura pari all'ammontare delle riscossioni dell'IVA registrato nell'anno; per i progetti di ampliamento ovvero potenziamento di infrastrutture esistenti, in misura pari alla differenza tra l'ammontare delle riscossioni dell'IVA registrato nell'anno e la media delle riscossioni conseguite nel triennio immediatamente precedente l'entrata in esercizio dell'infrastruttura oggetto dell'intervento. Il comma 2-quater prevede che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze – di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti – siano stabilite: le modalità per l'accertamento, il calcolo e la determinazione dell'incremento di gettito sopra evidenziato; le modalità di corresponsione della quota di incremento del predetto gettito alla società di progetto; ogni altra disposizione attuativa delle precedenti disposizioni.
  L'articolo 1, comma 3, interviene su due disposizioni recate dal decreto-legge n. 5 del 2012 in materia di documentazione amministrativa relativa agli stranieri. In particolare, la lettera a), abroga l'articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 5 del 2012, nella parte in cui dispone che le comunicazioni tra comuni e questure previste dal regolamento di attuazione del testo unico immigrazione (decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999), siano effettuate esclusivamente con modalità telematiche. Tale disposizione prevede, inoltre, (articolo 6, comma 2) che le modalità di effettuazione, tra le altre, di queste comunicazioni vengano disciplinate da un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della pubblica amministrazione, sentita la conferenza Stato-città ed autonomie locali. La motivazione dell'abrogazione, esposta nella relazione illustrativa, risiede nel fatto che il medesimo decreto-legge n. 5 del 2012 (articolo 17, comma 4-quinquies) rinvia ad un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, l'individuazione delle modalità per l'acquisizione d'ufficio di una serie di documenti relativi agli stranieri, nonché delle misure idonee a garantire la celerità nell'acquisizione della documentazione. In particolare, l'acquisizione d'ufficio riguarda: i certificati del casellario giudiziale italiano; le iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso sul territorio nazionale; i dati anagrafici e di stato civile; le certificazioni concernenti l'iscrizione nelle liste di collocamento del lavoratore licenziato, dimesso o invalido; le certificazioni necessarie per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio. Andrebbe ulteriormente chiarito se tale documentazione coincida con quella prevista dalla disposizione abrogata. Infatti, la lettera b), modifica il citato articolo 17, comma 4-quinquies, inserendo la previsione che il decreto attuativo disciplini non l'acquisizione di ufficio della documentazione, ma l'acquisizione attraverso sistemi informatici e banche dati, eliminando altresì il riferimento a misure idonee a Pag. 8garantire la celerità nell'acquisizione della documentazione, in quanto assorbite dall'acquisizione in via digitale, nel presupposto che questa sia la modalità più veloce. Occorrerebbe chiarire se la soppressione del riferimento all'acquisizione «d'ufficio» dei dati possa incidere sulle finalità di semplificazione della normativa o se invece permanga comunque l'obbligo per l'amministrazione di acquisire d'ufficio i relativi dati.
  L'articolo 1, comma 4, interviene sulla disciplina relativa all'obbligo della comunicazione di cessione di fabbricati, o di diritti ad essi relativi, all'autorità di pubblica sicurezza, previsto dalla legislazione antiterrorismo (articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59). Si tratta, in particolare, di quei residui casi in cui la cessione dei fabbricati non comporta la registrazione del contratto (ad esempio, per i contratti di comodato di immobili conclusi in forma verbale). In questi casi, il decreto-legge 2012, n. 79, ha semplificato le modalità di comunicazione, prevedendo la possibilità della trasmissione alle autorità locali di pubblica sicurezza dei dati per via telematica. La definizione del modello informatico e delle modalità di trasmissione sono demandate ad un decreto del Ministero dell'interno. La disposizione in esame – modificando il comma 3 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 79 del 2012 – prevede che la comunicazione venga fatta non alle autorità locali di pubblica sicurezza, ma direttamente al questore, al fine – come si legge nella relazione illustrativa – di ridurre i passaggi procedimentali, sfruttando le economie di scala e ottimizzando le risorse disponibili.
  L'articolo 1, comma 5, abroga la previsione della revisione della nozione di servizi operativi delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco, da effettuarsi tramite linee guida adottate con decreto del Presidente del Consiglio (recata dall'articolo 14, comma 8, del decreto legge n. 95 del 2012, cosiddetta spending review). La revisione della nozione di servizi operativi è funzionale alla adozione delle misure per destinare a servizi effettivamente operativi un numero di unità di personale non inferiore a quello corrispondente alle minori assunzioni derivanti dalla limitazione del turn over operata dal medesimo decreto-legge. L'articolo 14, comma 2, del decreto legge n. 95 del 2012 prevede, infatti, che il 2010 e il 2011 i corpi di polizia e il corpo nazionale dei vigili del fuoco possono assumere personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell'anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel medesimo anno. Per gli anni successivi la facoltà di assumere è fissata nella misura del venti per cento per il triennio 2012-2014, del cinquanta per cento nell'anno 2015 e del cento per cento a decorrere dall'anno 2016. Secondo la relazione illustrativa del provvedimento, la revisione della nozione di servizi operativi è possibile senza l'adozione delle linee guida «anche alla luce della sopravvenuta normativa in materia di turn over», successiva al decreto-legge n. 95 del 2012.
  L'articolo 1, comma 5, lettera b), sopprime il primo periodo dell'articolo 14, comma 15, del decreto legge n. 95 del 2012 (legge n. 135 del 2012), che prevede l'adozione di un decreto interministeriale (MIUR-MEF-Funzione pubblica) volto a stabilire criteri e procedure per il transito (disposto dal comma 14), con decreto del direttore generale dell'ufficio scolastico regionale competente, dei docenti titolari delle classi di concorso C999 (insegnanti tecnico-pratici degli enti locali transitati nei ruoli dello Stato per effetto dell'articolo 8, comma 3, della legge n. 124 del 1999) e C555 (esercitazioni di pratica professionale) nei ruoli del personale ATA (amministrativo, tecnico, ausiliario), in base al titolo di studio posseduto. Il decreto interministeriale doveva essere emanato entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto legge e il transito doveva avvenire entro 30 giorni. La relazione tecnica relativa al decreto legge n. 95 del 2012 specificava che si trattava di circa 900 unità, per la maggior Pag. 9parte transitate dagli enti locali, ed evidenziava che la disposizione avrebbe avuto l'effetto di ridurre il fabbisogno di supplenti annuali per il profilo di assistente amministrativo o tecnico o di collaboratore scolastico. La relazione illustrativa relativa allo schema di decreto legislativo in esame sottolinea che, a fini di semplificazione, i criteri e le procedure possono essere definiti con il decreto del direttore dell'ufficio scolastico regionale, già previsto per il transito, caratterizzato da un iter procedurale più snello. Appare necessario valutare l'eventualità di adozione di criteri e procedure differenti da parte dei diversi uffici scolastici regionali.
  L'articolo 1, comma 6, lettera a), e comma 7 modificano la lettera a) dell'articolo 8 del decreto-legge n. 179 del 2012 e l'articolo 13, comma 2-quater, del decreto-legge n. 69 del 2013 che all'articolo 8 appena citato fa espresso riferimento. L'articolo 8, comma 2, del decreto-legge n. 179 del 2012 prevede, tra l'altro, che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica siano adottate le regole tecniche necessarie al fine di adottare, nel trasporto pubblico locale, sistemi di bigliettazione elettronica interoperabili a livello nazionale e di biglietti elettronici integrati nelle città metropolitane. La modifica del comma 2 dell'articolo 8, che introduce l'esplicito riferimento all'articolo 17, comma 3 della legge 400 del 1988, è volta a riconoscere la natura regolamentare del provvedimento citato. La modifica all'articolo 13, comma 2-quater, del decreto-legge n. 69 del 2013, abroga la disposizione che prevede il potere sostitutivo in capo al Presidente del Consiglio dei ministri, in caso di mancata adozione del citato decreto ministeriale, decorsi ulteriori trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione. Come risulta dalla relazione illustrativa allegata, ad oggi non si è proceduto all'adozione del provvedimento in argomento da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in quanto, una volta decorsi i termini previsti dal decreto-legge n. 69 del 2013, tale adozione dal Ministero risulta preclusa dalla sussistenza dei presupposti per l'esercizio del potere sostitutivo della Presidenza del consiglio dei ministri. Con la soppressione di tale potere sostitutivo la disciplina della materia torna ad essere rimessa ai ministri competenti. La disposizione non prevede peraltro un termine per l'adozione del decreto ministeriale.
  Il comma 6, lettera b), dell'articolo 1 dello schema di decreto legislativo in questione interviene per abrogare le disposizioni che prevedono, in materia di inclusione intelligente – come definita ai sensi dell'articolo 20, comma 16, del decreto legge n. 179 del 2012 – che i criteri di individuazione degli interventi rientranti in tale ambito siano stabiliti con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. La giustificazione di tale abrogazione è riconducibile al fatto che nella legge n. 124 del 2015, all'articolo 1, si prevede una ampia delega al Governo avente ad oggetto la modifica e l'integrazione del codice dell'amministrazione digitale che, nell'ambito delle disposizioni attuative della delega, sarà tra l'altro ispirata dall'esigenza di assicurare l'inclusione intelligente. Si ricorda che ai sensi dell'articolo 20, comma 16, del decreto-legge 179 del 2012 «L'inclusione intelligente consiste nella capacità, nelle forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, di offrire informazioni nonché progettare ed erogare servizi fruibili senza discriminazioni dai soggetti appartenenti a categorie deboli o svantaggiate e funzionali alla partecipazione alle attività delle comunità intelligenti, definite dal piano nazionale». Tale disciplina fa a sua volta riferimento all'obiettivo di favorire lo sviluppo delle città e delle comunità intelligenti (smart cities) rispetto al quale l'Agenzia per l'Italia digitale, anche attraverso il Comitato tecnico delle comunità intelligenti, coordina le attività volte alla verifica e al monitoraggio delle iniziative assunte per il conseguimento degli obiettivi appena ricordati.
   II comma 8 dell'articolo 1 dispone l'abrogazione del secondo periodo del comma 2 dell'articolo 11 del decreto legge Pag. 10n. 101 del 2013, che ha previsto l'emanazione (finora non avvenuta) di un decreto del Ministro dell'ambiente per la disciplina delle modalità di una fase di sperimentazione per l'applicazione del SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti), a decorrere dal 30 giugno 2014, ad una serie di soggetti individuati dalla norma (enti/imprese che raccolgono o trasportano rifiuti urbani pericolosi a titolo professionale, compresi i vettori esteri che effettuano trasporti di rifiuti urbani pericolosi all'interno del territorio nazionale o trasporti transfrontalieri in partenza dal territorio, o che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti urbani pericolosi, a partire dal momento in cui detti rifiuti sono conferiti in centri di raccolta o stazioni ecologiche comunali o altre aree di raggruppamento o stoccaggio). La relazione illustrativa giustifica l'abrogazione di tale disposizione alla luce della prossima entrata in vigore di un nuovo sistema semplificato del SISTRI, la cui configurazione informatica è in corso di elaborazione da parte del Ministero dell'ambiente con il supporto tecnico della CONSIP.
  L'articolo 1, comma 9, modifica l'articolo 9, comma 2, del decreto legge n. 104 del 2013, stabilendo che con l'adeguamento del regolamento di attuazione del testo unico immigrazione alla nuova durata del permesso di soggiorno per motivi di studio si preveda la «comunicazione dei dati tra pubbliche amministrazioni attraverso sistemi informatici e banche dati». Il citato articolo 9 del decreto legge n. 104 del 2013 ha esteso la durata massima del permesso di soggiorno per la frequenza dei cittadini di Paesi terzi a corsi di studio o per formazione per l'intero periodo del corso frequentato, anziché per un singolo anno, rinnovabile di anno in anno. Inoltre, ha previsto la possibilità di prolungare il permesso per ulteriori 12 mesi oltre il termine del percorso formativo compiuto (c.d. permesso per attesa occupazione). Gli effetti della disposizione sono differiti all'adozione della normativa di attuazione attraverso l'adeguamento del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, che avrebbe dovuto essere effettuato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. Ai sensi del codice dell'amministrazione digitale le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni avvengono mediante l'utilizzo della posta elettronica o in cooperazione applicativa.
  L'articolo 1, comma 10, modifica l'articolo 7, comma 3-quater, del decreto legge n. 83 del 2014 (legge n. 106 del 2014), nella parte relativa alla definizione del «Programma Italia 2019», volto a valorizzare il patrimonio progettuale dei dossier predisposti dalle città candidate per la «Capitale europea della cultura 2019». Con la novella, si affida a Stato, regioni e comuni interessati la definizione del Programma, attraverso gli accordi previsti per gli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati ed implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e delle province autonome, nonché degli enti locali (articolo 2, comma 203, legge n. 662 del 1996) e anche sotto forma di investimento territoriale integrato (ex articolo 36 del Regolamento (UE) n. 1303 del 2013). In particolare, si prevede che i programmi di ciascuna città, sulla base dei progetti già inseriti nei dossier di candidatura, sono definiti tramite accordo stipulato fra il comune interessato, la regione e il Mibact. Con l'accordo sono individuate le risorse necessarie per la sua realizzazione (anche attraverso il ricorso alle risorse previste dai programmi UE per il periodo 2014-2020). L'elenco ricognitivo degli accordi sottoscritti è adottato, previa intesa in sede di Conferenza unificata, con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, che costituisce approvazione del Programma Italia 2019. La relazione illustrativa evidenzia che la previsione vigente – in base alla quale il Programma Italia 2019 deve essere adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, previa Pag. 11intesa in sede di Conferenza unificata – si è dimostrata di difficile applicazione, in particolare a causa della non chiara definizione del contenuto del decreto e dell'impossibilità, a fronte dell'assenza di previsioni di coperture, di individuare, con lo stesso decreto, la dotazione finanziaria di ciascuna azione. Esplicita, pertanto, che la modifica è diretta a rimettere nel giusto ordine logico-giuridico le azioni esecutive, prevedendo una prima fase istruttoria con gli enti territoriali e rinviando ad una fase successiva l'adozione del decreto ricognitivo di tali interventi
  L'articolo 1, comma 11, lettera a) dello schema di decreto legislativo modifica il termine iniziale dal quale decorrono i 180 giorni per l'emanazione del decreto ministeriale di approvazione dei contratti di programma sottoscritti dall'ENAC con i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale, previsto dall'articolo 1, comma 11, del decreto-legge n. 133 del 2014. Il decreto-legge n. 133 del 2014 prevede infatti che al fine dell'avvio degli investimenti per gli aeroporti di interesse nazionale si provveda, entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione, all'emanazione dei decreti ministeriali di approvazione. Posto che, come risulta dalla relazione illustrativa, non sono stati ancora sottoscritti i suddetti contratti di programma, il termine per l'emanazione dei decreti di approvazione è fatto decorrere, attraverso la modifica introdotta dal comma in esame, dalla data di sottoscrizione dei suddetti piani.
  La lettera b) del comma 11 dell'articolo 1 integra il comma 6 dell'articolo 7 del decreto legge n. 133 del 2014 – che ha istituito, presso il Ministero dell'ambiente, un Fondo destinato al finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche, finanziato mediante la revoca di risorse già stanziate – al fine di specificare le necessarie modalità di trasferimento delle risorse revocate. Viene infatti stabilito che le somme provenienti dalle revoche sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al predetto Fondo. Il citato comma 6 ha demandato la definizione di criteri, modalità ed entità delle risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione, ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente (di concerto, per quanto di competenza, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti), ad oggi non emanato.
  La lettera c) del comma 11 dell'articolo 1, che modifica l'articolo 33, comma 3, primo periodo, del decreto legge n. 133 del 2014, è volta a prevedere che la delibera del Consiglio dei ministri, per l'individuazione delle aree di rilevante interesse nazionale alle quali si applica la disciplina prevista dall'articolo 33 in materia di bonifiche ambientali e rigenerazione urbana, venga adottata su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
  Quanto alle ulteriori disposizioni abrogate di cui all'Allegato. Il punto n. 1 abroga l'articolo 4-bis, comma 6-bis, della legge n. 1216 del 1961. La norma ha previsto l'emanazione di un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate per la denuncia dei premi incassati nell'anno precedente dalle imprese assicuratrici estere che operano in Italia in regime di libera prestazione di servizi, ai fini della determinazione dell'imposta sui premi assicurativi. La relazione governativa afferma che non è necessario emanare un nuovo provvedimento, posto che quello emanato in data 16 aprile 2010 in virtù della norma previgente è ancora idoneo a disciplinare la questione, garantendo una maggiore coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa. Il provvedimento 16 aprile 2010 riguarda l'approvazione del modello INTRA 12 per la dichiarazione mensile relativa agli acquisti da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato effettuati dagli enti non soggetti Iva e dagli agricoltori esonerati e del modello INTRA 13 per la dichiarazione dei singoli acquisti intracomunitari, delle relative istruzioni e delle specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati. Occorre, invece, fare riferimento al modello approvato Pag. 12con il provvedimento 18 maggio 2010 e a quello approvato successivamente con il provvedimento 30 aprile 2013.
  Il punto 2 abroga l'articolo 35, comma 1-bis, della legge 23 dicembre 1994, n. 724. La norma che lo schema di decreto legislativo intende abrogare è stata inserita dall'articolo 54, comma 1, decreto-legge n. 1 del 2012, e prevede l'emanazione di un regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e delle infrastrutture e dei trasporti, per determinare le modalità di costituzione e di gestione di un patrimonio destinato dagli enti locali a garantire le obbligazioni per il finanziamento delle opere pubbliche. In particolare, tale norma consente ai comuni, alle province, alle città metropolitane e, previa autorizzazione di ciascun partecipante, alle unioni di comuni, alle comunità montane e ai consorzi tra enti locali, di attivare prestiti obbligazionari di scopo per il finanziamento di singole opere pubbliche e garantiti da un apposito patrimonio destinato. Tale patrimonio è formato da beni immobili disponibili di proprietà degli enti locali, per un valore almeno pari all'emissione obbligazionaria, ed è destinato esclusivamente alla soddisfazione degli obbligazionisti. Su tale patrimonio non sono ammesse azioni da parte di qualsiasi creditore diverso dai portatori dei titoli emessi dall'ente locale. Secondo la relazione illustrativa, questa norma, intervenuta in un momento di crisi del mercato che suggeriva di consentire agli enti locali di ricorrere a tali forme di indebitamento garantite da un patrimonio immobiliare, destinato esclusivamente alla soddisfazione degli obbligazionisti, appare attualmente inopportuna e controproducente. Agli enti locali sono permesse emissioni obbligazionarie solo in forma di titoli ad ammortamento, che mal si conciliano con la garanzia immobiliare, che è di difficile divisibilità, mentre dovrebbe potersi ridurre in misura esattamente corrispondente al processo di ammortamento del prestito. Inoltre, sempre secondo la relazione, il dover prestare garanzie specifiche sui prestiti obbligazionari degli enti locali sarebbe indicatore di limitata affidabilità creditizia, cosa che potrebbe far diminuire l'affidabilità complessiva dello Stato italiano, specie in una condizione di mercato che si mostra invece favorevole, durante la quale il merito di credito si è ristabilito e può migliorare. L'abrogazione in esame sembra pertanto riguardare l'intera disciplina che consente agli enti locali di emettere obbligazioni garantite da un patrimonio destinato per finanziare le opere pubbliche.
  Il numero 3 dell'allegato 1 abroga l'articolo 23, comma 1-ter, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), inserito dall'articolo 13, comma 2, lettera e), n.1), del decreto-legge, 22 giugno 2012, n. 83. L'articolo 23, comma 1-ter, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, prevede l'adozione di un regolamento, con cui individuare i criteri e le modalità per l'utilizzo esclusivo degli strumenti telematici, ai fini della presentazione della denuncia di inizio attività. Successivamente, l'articolo 24, comma 3, del decreto legge n. 90 del 2014, ha previsto la conclusione di accordi tra il Governo, le regioni e gli enti locali in sede di Conferenza Unificata, al fine di adottare una modulistica unificata e standardizzata su tutto il territorio nazionale per la presentazione delle dichiarazioni e segnalazioni, con riferimento all'edilizia e all'avvio di attività produttive. In attuazione di tale disposizione, sono stati conclusi i seguenti accordi: l'accordo 18 dicembre 2014 tra il Governo, le regioni e gli enti locali, concernente l'adozione di moduli unificati e standardizzati per la presentazione della comunicazione di inizio lavori (CIL) e della comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) per gli interventi di edilizia libera, l'accordo del 16 luglio 2015 per l'adozione di moduli unificati e standardizzati per la presentazione della denuncia di inizio attività alternativa al permesso di costruire (cosiddetta superDIA) e l'accordo del 12 giugno 2014, per l'adozione di moduli unificati e semplificati per Pag. 13la presentazione dell'istanza del permesso di costruire e della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) in edilizia. Occorre infine richiamare l'articolo 5 della legge n. 124 del 2015, recante deleghe per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, delega il governo ad adottare, entro dodici mesi, uno o più decreti legislativi per la precisa individuazione dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività o di silenzio assenso, nonché di quelli per i quali è necessaria l'autorizzazione espressa e di quelli per i quali è sufficiente una comunicazione preventiva, introducendo anche la disciplina generale delle attività non assoggettate ad autorizzazione preventiva espressa, compresa la definizione delle modalità di presentazione e dei contenuti standard degli atti degli interessati e di svolgimento della procedura, anche telematica, nonché degli strumenti per documentare o attestare gli effetti prodotti dai predetti atti, e prevedendo altresì l'obbligo di comunicare ai soggetti interessati, all'atto della presentazione di un'istanza, i termini entro i quali l'amministrazione è tenuta a rispondere ovvero entro i quali il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda.
  Il punto 4 abroga l'articolo 5, comma 8-quater, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, introdotto dall'articolo 1, comma 52, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. La norma che lo schema di decreto legislativo intende abrogare autorizza Cassa depositi e prestiti Spa a prestare garanzia sui finanziamenti relativi agli interventi di incremento dell'efficienza energetica delle infrastrutture pubbliche, compresi quelli relativi alla illuminazione pubblica, realizzati attraverso il ricorso a forme di partenariato tra pubblico e privato o a società private appositamente costituite, in particolare per garantire il pagamento dei corrispettivi dovuti dall'amministrazione pubblica per la realizzazione degli interventi e per la fornitura dei servizi. La norma stabilisce anche le modalità di escussione della garanzia. L'Agenzia delle entrate, entro il 30 settembre di ciascun anno, sulla base dei dati comunicati dalla Cassa depositi e prestiti Spa, provvede a trattenere le relative somme: per i comuni, all'atto del pagamento agli stessi dell'imposta municipale propria riscossa tramite modello F24 o bollettino di conto corrente postale; per le province, all'atto del riversamento alle medesime dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, riscossa tramite modello F24. Le modalità attuative della disposizione sono demandate ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, che dovrebbe, tra l'altro, definire: i criteri, le tipologie e le caratteristiche degli interventi in oggetto; le modalità di selezione nonché di concessione, di gestione e di escussione della garanzia; l'importo massimo utilizzabile; le modalità di comunicazione dei dati da parte della Cassa depositi e prestiti Spa all'Agenzia delle entrate. La norma non fissa la data di adozione del decreto ministeriale. Le somme trattenute sono assegnate alla Cassa depositi e prestiti Spa secondo le procedure già definite nella disciplina sulle anticipazioni di liquidità agli enti locali per il pagamento dei propri debiti commerciali, di cui all'articolo 1, commi 11, 12 e 13, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (legge n. 64/2013). I citati commi, in particolare, il comma 13 del decreto legge n. 35 del 2013 dispongono che in caso di mancata corresponsione da parte dell'ente locale della rata annuale di restituzione dell'anticipazione ricevuta, sulla base dei dati comunicati dalla CDP S.p.A., soggetto competente all'erogazione delle anticipazioni, l'Agenzia delle Entrate provvede a trattenere le relative somme, per i comuni, all'atto del pagamento agli stessi dell'imposta municipale e, per le province, all'atto riversamento alle medesime dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. La relazione illustrativa rileva che, per le medesime finalità, CDP ha costituito un plafond di risorse dedicato Pag. 14proprio a fornire garanzie a favore delle imprese, per assicurare il pagamento da parte delle PA delle forniture commissionate da amministrazioni pubbliche anche per interventi di incremento dell'efficienza energetica delle infrastrutture pubbliche. Inoltre, l'attuazione della disposizione comporterebbe un ulteriore impiego di risorse da parte dell'Agenzia delle entrate per i necessari adeguamenti organizzativi e informatici. Per tali ragioni, sempre secondo la relazione, non sussistono più le condizioni per l'attuazione della disposizione in questione. In relazione agli obblighi comunitari in materia di efficienza energetica delle infrastrutture pubbliche, si ricorda che nel 2014 è stato adottato il decreto legislativo n. 102/2014 di recepimento della Direttiva 2012/27/UE sull'Efficienza Energetica, che fra l'altro istituisce, presso il Ministero dello sviluppo economico, il «Fondo nazionale per l'efficienza energetica. Sulla proposta di revisione di tale decreto presentata dal Governo, finalizzato a dare risposta ai rilievi della Commissione europea di incompleto recepimento nell'ordinamento giuridico italiano della direttiva citata, la Camera ha espresso recentemente reso (il 22 ottobre 2015) parere favorevole con condizioni e osservazioni.
  Il punto 5 abroga l'articolo 18, commi 2-bis e 2-quater della legge 12 novembre 2011, n. 183. Il comma 2-bis individua le modalità per la determinazione, per ciascun anno di esercizio dell'infrastruttura, dell'incremento del gettito IVA su cui calcolare la quota del 25 per cento da attribuire alle società di progetto, relativamente alle operazioni di importazione riconducibili all'infrastruttura portuale oggetto dell'intervento, per un periodo non superiore ai 15 anni. Il maggior gettito IVA è pertanto così determinato: per i progetti di nuove infrastrutture, in misura pari all'ammontare delle riscossioni dell'IVA registrato nell'anno; per i progetti di ampliamento ovvero potenziamento di infrastrutture esistenti, in misura pari alla differenza tra l'ammontare delle riscossioni dell'IVA registrato nell'anno e la media delle riscossioni conseguite nel triennio immediatamente precedente l'entrata in esercizio dell'infrastruttura oggetto dell'intervento. Il comma 2-quater prevede che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze – di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti – siano stabilite: le modalità per l'accertamento, il calcolo e la determinazione dell'incremento di gettito sopra evidenziato; le modalità di corresponsione della quota di incremento del predetto gettito alla società di progetto; ogni altra disposizione attuativa delle precedenti disposizioni. La relazione governativa motiva la soppressione della norma in quanto essa non ha mai trovato effetto a causa della mancanza del maggior gettito IVA. Per tale motivo è stato introdotto un meccanismo agevolativo alternativo, con l'articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 2012 che ha inserito il nuovo articolo 18-bis (Autonomia finanziaria delle autorità portuali e finanziamento della realizzazione di opere nei porti) nella legge n. 84 del 1994, in base al quale è stato istituito un fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti; detto fondo è alimentato annualmente per un ammontare pari all'1 per cento dell'IVA all'importazione dovuta sulle merci introdotte per il tramite di ciascun porto, con un limite annuo di 70 milioni di euro, limite innalzato a 90 milioni con l'articolo 22, comma 3, del decreto-legge n. 69 del 2013. Pertanto la soppressione in esame si rende necessaria per evitare la coesistenza di norme che duplicano i meccanismi agevolativi.
  Il punto 6 abroga l'articolo 13, comma 12-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201. Il comma 12-bis dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, inserito dall'articolo 4, comma 5, lettera h), del decreto-legge n. 16 del 2012, ha integrato la disciplina dell'IMU con una serie di prescrizioni relative alle dichiarazioni d'imposta, ai pagamenti da effettuarsi nel 2012, all'eventuale modificabilità con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri delle aliquote e della detrazione fissate dalla legge, nonché agli adempimenti dei Comuni in relazione all'imposta Pag. 15municipale. In particolare, il comma 12-bis dispone che nel 2012 il pagamento della prima rata dell'IMU è effettuato versando il 50 per cento dell'importo ottenuto applicando alla base imponibile le aliquote di base e l'eventuale detrazione prevista per l'abitazione principale, senza applicazione di sanzioni e interessi. La seconda rata è versata a saldo dell'imposta complessivamente dovuta, salvo conguaglio. Si dispone inoltre che per l'anno 2012 i Comuni iscrivono nel bilancio di previsione l'entrata da imposta municipale propria in base ad importi predeterminati, come stimati dal Dipartimento delle finanze del MEF per ciascun Comune e pubblicati su apposita tabella, da rendere disponibile sul sito internet www.finanze.gov.it. Le norme in esame consentono poi, per mezzo di un o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri – su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze – da emanarsi entro il 10 dicembre 2012: la modifica delle aliquote e delle relative variazioni; la modifica della detrazione per l'abitazione principale. La revisione è finalizzata ad assicurare l'ammontare del gettito complessivo previsto per l'anno 2012; i suddetti decreti sono adottati sulla base del gettito della prima rata dell'IMU e sui risultati dell'accatastamento dei fabbricati rurali. Le norme poi fissano al 31 ottobre 2012 il termine (così prorogato dall'articolo 9, comma 3, del decreto legge n. 174 del 2012) entro il quale i comuni possono approvare o modificare la delibera e il regolamento relativi alle aliquote IMU e alla detrazione per l'abitazione principale, sulla base dei dati aggiornati. La relazione governativa omette di considerare tale intervento, che peraltro – riferendosi al solo anno 2012 – può ritenersi non più necessario.
  Il punto 7 abroga l'articolo 6, comma 2-quinquies, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216. La norma stabilisce che il Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato proponga al Ministro dell'economia e delle finanze di disporre con propri decreti, annualmente, l'aumento dell'aliquota di base dell'accisa sui tabacchi lavorati nella misura necessaria alla copertura degli oneri derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 2-quater e 2-decies dello stesso articolo (disposizioni in materia previdenziale) e all'articolo 15, comma 8-bis, dello stesso decreto (finanziamento dell'informatizzazione degli uffici giudiziari e della sicurezza). La relazione governativa afferma che con provvedimenti del 23/02/2012, del 5/03/2012 e dell'8/03/2012 è stato disposto l'aumento dei prezzi di vendita della quasi totalità delle sigarette, ai sensi dell'articolo 39-quater del decreto legislativo n. 504 del 1995. Tenuto conto delle maggiori entrate derivanti dai suddetti provvedimenti, la norma in esame avrebbe esaurito la sua funzione essendo finalizzata alla copertura degli oneri derivanti dall'applicazione delle disposizioni citate.
  Al n. 8, la disposizione abroga l'articolo 1, comma 3, decreto legge n. 1 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, che prevede l'adozione di un regolamento da parte del Governo volto ad individuare le attività per le quali permane l'atto preventivo di assenso dell'amministrazione e a disciplinare i requisiti per l'esercizio delle attività economiche, nonché i termini e le modalità per l'esercizio dei poteri di controllo dell'amministrazione. Più in particolare tale regolamento è adottato «previa approvazione da parte delle Camere di una relazione che specifichi periodi ed ambiti di intervento degli atti regolamentari». Inoltre l'Autorità garante della concorrenza e del mercato esprime parere obbligatorio, nel termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione degli schemi di regolamento, anche in merito al rispetto del principio di proporzionalità. L'articolo 1 del decreto legge n. 1 del 2012 ha la finalità di attuare il principio di libertà di iniziativa economica sancito dall'articolo 41 della Costituzione e del principio di concorrenza sancito dal Trattato dell'Unione europea. La relazione illustrativa precisa la necessità dell'abrogazione della disposizione in quanto superata dall'articolo 5 della legge n. 124 del 2015, che delega il Governo ad adottare uno o Pag. 16più decreti legislativi per la precisa individuazione dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività o di silenzio assenso, nonché di quelli per i quali è necessaria l'autorizzazione espressa e di quelli per i quali è sufficiente una comunicazione preventiva. L'articolo 12 del decreto-legge n. 5 del 2012 prevede, con finalità di semplificazione analoghe a quelle della disposizione abrogata, l'adozione di regolamenti di delegificazione per la semplificazione di procedimenti amministrativi relativi all'attività di impresa.
  Il punto 9 abroga l'articolo 3, comma 3-quater, del decreto-legge n. 5 del 2012, che prevede che, sulla base del Programma 2012-2015 per la riduzione degli oneri amministrativi gravanti sulle amministrazioni pubbliche nelle materie di competenza statale (adottato con il decreto ministeriale 19 novembre 2012) il Governo emana, entro 31 dicembre di ciascun anno, uno o più regolamenti di delegificazione (ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 400/1988) per la riduzione di oneri amministrativi. Il Piano per la riduzione degli oneri amministrativi sopra citato prevede, ai fini dell'individuazione di specifici interventi di riduzione degli oneri amministrativi gravanti sulle amministrazioni pubbliche, le seguenti aree: per il 2012: Anagrafe, elettorale e stato civile; Previdenza; Difesa. Per gli anni 2013-2014: Immigrazione e cittadinanza; Lavoro pubblico e privato; Esteri; Ambiente. Per l'anno 2015: Istruzione; Beni culturali; Giustizia. Nella relazione illustrativa, l'abrogazione è giustificata dal fatto che i regolamenti in materia di lavoro, anagrafe e stato civile non sono più adottabili in quanto le relative semplificazioni sono state adottate con altri atti. In particolare si fa riferimento a: trasmissione certificato di gravidanza (decreto legge n. 69 del 2013, articolo 36 rectius 34) denuncia infortuni (decreto-legge n. 69 del 2013, articolo 32, comma 6); comunicazioni telematiche in materia di anagrafe e di stato civile (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non specificato, ma si tratta presumibilmente del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 2014, n. 194); Documento unico regolarità contributiva – DURC (decreto ministro del lavoro 30 gennaio 2015). La relazione non fa invece riferimento alle ulteriori materie oggetto del piano su cui interviene l'abrogazione.
  Il n. 10 prevede l'abrogazione dell'articolo 44, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, che stabilisce che, con regolamento, su proposta del Ministero per i beni e le attività culturali, d'intesa con la Conferenza unificata, siano dettate le disposizioni modificative e integrative al decreto del Presidente della Repubblica n. 139 del 2010, regolamento emanato ai sensi dell'articolo 146, comma 9, quarto periodo, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali), al fine di precisare le ipotesi di interventi di lieve entità, nell'ambito della semplificazione delle procedure per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, nonché allo scopo di operare ulteriori semplificazioni procedimentali. Successivamente, l'articolo 12, comma 2, del decreto legge n. 83 del 2014, ha previsto le medesime disposizioni contenute nel citato articolo 44, comma 1, del decreto legge n. 5 del 2012, stabilendo, entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto, l'emanazione del suddetto regolamento, finalizzato a: ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità contemplate dal decreto del Presidente della Repubblica 139 del 2010, con cui è stato disciplinato il procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per tale tipologia di interventi; operare ulteriori semplificazioni procedimentali (ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990). Da ultimo, con l'articolo 25, comma 2 del decreto legge n. 133 del 2014, la delega prevista per l'emanazione del regolamento di cui all'articolo 12, comma 2 del citato decreto legge n. 83 del 2014 è stata ampliata, prevedendo, altresì: a) le tipologie di interventi per i quali l'autorizzazione paesaggistica non è richiesta, ai sensi dell'articolo 149 del medesimo Codice dei beni culturali e del paesaggio, sia nell'ambito degli interventi di lieve entità già compresi Pag. 17nell'allegato 1 al suddetto regolamento di cui all'articolo 146, comma 9, quarto periodo, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, sia mediante definizione di ulteriori interventi minori privi di rilevanza paesaggistica; b) le tipologie di intervento di lieve entità che possano essere regolate anche tramite accordi di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli enti locali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, con specifico riguardo alle materie che coinvolgono competenze proprie delle autonomie territoriali.
   Al n. 11, la disposizione abroga l'articolo 57, comma 14, del decreto legge n. 5 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012 n. 35, che prevede una determinazione del Direttore dell'Agenzia delle Dogane per l'individuazione di misure in materia di bunkeraggio di prodotti energetici, ossia dei prodotti destinati al rifornimento delle navi e, come tali, soggetti ad un regime fiscale più vantaggioso. In particolare, con la predetta determinazione direttoriale dovrebbero essere individuate le misure per la detenzione promiscua di più parti del medesimo prodotto destinato per distinte operazioni di rifornimento, per l'utilizzo della bolletta doganale mensile che riepiloga le operazioni di bunkeraggio, nonché per l'effettuazione delle operazioni di rifornimento nell'arco delle ventiquattro ore con controllo a posteriori su base documentale. La relazione illustrativa precisa che, successivamente all'adozione della predetta disposizione, è stato rilevato presso alcuni poli del territorio nazionale, un incremento delle frodi fiscali nel settore dei bunkeraggi dei prodotti energetici, con particolare riferimento alla fattispecie delle false esportazioni di gasolio, dichiarato come destinato all'imbarco quale provvista di bordo di navi. La predetta frode è stata frequentemente realizzata attraverso il ricorso alla figura del trader ossia dell'intermediario. Tale soggetto, presentando una dichiarazione di esportazione presso un Ufficio Doganale (Dogana di registrazione) dichiara che il prodotto è destinato ad una nave ormeggiata presso un porto su cui ha competenza un altro Ufficio Doganale (Dogana di uscita), rendendo, quindi, difficile per la dogana di registrazione verificare la reale presenza della nave in porto. È stato, infatti, riscontrato in alcuni casi che il prodotto non è mai arrivato a destinazione e la nave che doveva effettuare il bunkeraggio non era presente nel porto, finendo il prodotto in circuiti illegali col fine della fraudolenta immissione in consumo. L'incremento del fenomeno fraudolento descritto non rende possibile l'adozione della predetta determinazione direttoriale e quindi l'introduzione delle misure previste dalla suddetta norma, con particolare riferimento ai controlli a posteriori.
  Il punto 12 abroga l'articolo 4, comma 8, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44. La norma – che lo schema di decreto legislativo intende abrogare – dispone le modalità di recupero da parte dell'Agenzia delle entrate delle somme derivanti da anticipazioni erogate per il 2012 dal Ministero dell'interno in favore dei comuni per i quali i trasferimenti erariali o le risorse da federalismo fiscale da corrispondere nell'anno 2012 risultino insufficienti a recuperare l'anticipazione corrisposta ai sensi del comma 7. La suddetta anticipazione era stata corrisposta dal Ministero dell'interno, entro il mese di marzo 2012, a titolo di acconto sul complesso delle risorse spettanti ai comuni nel 2012 a titolo di federalismo fiscale, nella misura del 70 per cento di quanto corrisposto nel mese di marzo 2011. Tali somme erogate in acconto sono state portate in detrazione da quanto spettante per l'anno 2012 ai singoli comuni a titolo di trasferimenti erariali o di risorse da federalismo fiscale. Qualora i trasferimenti erariali o le risorse da federalismo fiscale da corrispondere nell'anno 2012 fossero risultate insufficienti a recuperare l'anticipazione, il comma 8, che lo schema di decreto legislativo provvede ad abrogare, ne prevede il recupero – da parte dello Stato – a valere sulle entrate derivanti dall'imposta municipale propria (IMU), sulla base dei dati relativi a ciascun comune, come comunicati dal Pag. 18Ministero dell'interno, all'atto del riversamento agli stessi comuni dell'imposta municipale propria; il medesimo comma 8 prevede altresì che entro 30 giorni dal versamento delle somme, con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze, gli importi recuperati fossero assegnati ai pertinenti capitoli di spesa del Ministero dell'interno. Secondo la relazione illustrativa, l'anticipazione corrisposta ai comuni ai sensi del comma 7 del medesimo articolo 4 è stata interamente recuperata a valere sulle risorse spettanti ai comuni per l'anno 2012 a titolo di fondo sperimentale di riequilibrio o di trasferimenti erariali. Pertanto non è stato necessario attivare le modalità di recupero, da parte dell'Agenzia delle entrate, previste dal comma 8. Non si sono dunque verificati i presupposti per l'adozione di tali provvedimenti e, conseguentemente, la norma ha esaurito i suoi effetti.
  Il punto 13 abroga l'articolo 10, comma 3, del decreto-legge n. 16 del 2012, recante Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento. Tale disposizione, in tema di potenziamento dell'accertamento in materia di giochi, affida ad un regolamento, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n.16/2012, la revisione del decreto del Presidente della Repubblica 169/1998, di disciplina dei giochi e delle scommesse relative alle corse ai cavalli, nonché il relativo riparto dei proventi, indicando le seguenti finalità alle quali attenersi nell'opera di riordino: rilancio del settore dell'ippica, che da ultimo registra una diminuzione del numero delle scommesse; organizzazione della gestione dei giochi secondo efficienza ed economicità; previsione di criteri trasparenti e conformi al diritto europeo per la scelta dei concessionari; assicurare il coordinamento tra il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali; garantire una ripartizione delle risorse che consenta all'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico lo svolgimento dei propri compiti; previsione di misure organiche per la promozione della salute e del benessere del cavallo. L'articolo 23-quater, comma 9, del decreto legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, ha disposto la soppressione dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI), prevedendo, altresì, che con decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, venissero ripartite le relative competenze tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l'Agenzia delle dogane e dei monopoli.
  Secondo la relazione illustrativa l'intervenuta soppressione dell'AS.S.I. ha reso non più attuale la disposizione della quale si prevede l'abrogazione. Si fa presente al riguardo che la legge 11 marzo 2014, n. 23, cosiddetta delega fiscale, ha previsto, tra l'altro, criteri direttivi di riforma in materia di giochi pubblici, prevedendo, in particolare, il rilancio del settore ippico, anche attraverso l'istituzione della Lega ippica italiana, con funzioni, fra l'altro, di organizzazione degli eventi ippici, controllo di primo livello sulla regolarità delle corse, ripartizione e rendicontazione del fondo per lo sviluppo e la promozione del settore ippico.
  Il Fondo è alimentato mediante quote versate dagli iscritti alla Lega, nonché mediante quote della raccolta delle scommesse ippiche, del gettito derivante da scommesse su eventi ippici virtuali e da giochi pubblici raccolti all'interno degli ippodromi, attraverso la cessione dei diritti televisivi sugli eventi ippici, nonché di eventuali contributi erariali straordinari decrescenti fino all'anno 2017. La legge delega in materia di giochi non è stata attuata. La XIII Commissione Agricoltura ha all'esame numerose proposte di legge in materia di promozione del settore ippico (C. 753 Faenzi, C. 1033 Lattuca, C. 1061 L'Abbate, C. 1314 Marrocu, C. 1546 Catania e C. 2054 Franco Bordo) per l'esame delle quali è stato istituito un Comitato ristretto che sta lavorando alla definizione di un testo unificato. Pag. 19
  Il punto 14, abroga l'articolo 10, comma 7, del decreto-legge n. 16 del 2012, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento. La disposizione in esame, in tema di potenziamento dell'accertamento in materia di giochi, consente all’ Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) Spa, nel rispetto delle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato, di intervenire finanziariamente, nell'ambito del capitale disponibile, in programmi di sviluppo del settore ippico presentati da soggetti privati, secondo modalità che saranno definite con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
  L'Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA), società interamente partecipata dal Mipaaf, opera come finanziaria per il settore agricolo, agro-industriale e agroalimentare, ed è stata istituita nell'ottobre 2004 allo scopo di subentrare nelle attività allora svolte nel settore da Sviluppo Italia. L'ISA promuove progetti di sviluppo agroindustriale, può assumere partecipazioni in società operanti in agricoltura e nell'agro-alimentare, e può prestare assistenza e consulenza nel settore finanziario ad aziende e enti pubblici e privati. Il disegno di legge di stabilità 2016 (A.C: 3444) attualmente all'esame della Camera, prevede, all'articolo 1, commi 375-380, l'incorporazione di diritto della società Istituto per lo Sviluppo Agroalimentare S.p.A. (ISA) e della società Gestione Fondi per l'Agroalimentare srl (SFGA) nell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), dettando disposizioni sul trasferimento del personale in servizio presso ISA e SGFA e sulla nomina del commissario straordinario, il quale dovrà, tra l'altro, predisporre un piano per il rilancio delle attività del nuovo Istituto.
  Il disegno di legge recante «Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo, agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura» cosiddetto collegato agricolo (A.C. 3119), approvato dal Senato ed attualmente all'esame della XIII Commissione Agricoltura ridisegna all'articolo 14 le competenze e le funzioni di ISA, permettendole di operare anche nel settore della pesca e della logistica su piattaforma informatica di tutti i prodotti agricoli ed agroalimentari indicati nell'Allegato I del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
  Nella relazione illustrativa dello schema in esame si fa presente che la disposizione abrogata va coordinata con il comma 2 dell'articolo 23, della legge n. 266 del 1997, a tenore del quale il Ministro per le politiche agricole sottopone all'approvazione del C.I.P.E. una delibera-quadro contenente la determinazione dei criteri e delle modalità di intervento della R.I.B.S Spa (alla quale è successivamente subentrata l'I.S.A.), ai fini della sua comunicazione alla Commissione delle Comunità europee, ai sensi dell'articolo 93, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea. Il regime di aiuti (aiuto di Stato n. 618/2008) approvato dalla Commissione europea definisce come beneficiari le imprese agricole attive nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli di cui all'Allegato 1 del Trattato di Roma, e limita l'azione dell'I.S.A. agli aiuti per gli investimenti al settore della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli. La relazione evidenzia come, allo stato, senza l'approvazione di un ulteriore specifico regime di aiuti, possano accedere ai finanziamenti dell'I.S.A. solo società di capitali e società cooperative, economicamente e finanziariamente sane, che operano nei settori della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, zootecnici e silvicoli, mentre l'attività ippica, non essendo riconducibile a tale ambito, non può beneficiare di detti finanziamenti.
  Il punto n. 15 dell'allegato 1 dispone l'abrogazione dell'articolo 4, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 49 del 2012, che prevede che, relativamente al primo triennio (2013-2015), i piani predisposti dalle università per la programmazione triennale del reclutamento del personale devono mantenere un equilibrato Pag. 20rapporto tra personale dirigente e tecnico-amministrativo a tempo indeterminato, compresi i collaboratori ed esperti linguistici, e personale docente e ricercatore, entro valori da definire con decreto del MIUR (che doveva essere emanato entro 6 mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo). La relazione illustrativa evidenzia che l'abrogazione «si rende necessaria, in quanto, anche se i criteri si riferiscono al triennio di programmazione in corso, che volge al termine, di tali criteri si deve tener conto anche per i trienni successivi, ai sensi dell'articolo 4, comma 5, del citato decreto legislativo n. 49 del 2012». Al riguardo, sarebbe opportuno un chiarimento. Infatti, il citato comma 5 stabilisce che gli indirizzi della programmazione relativi al triennio successivo sono stabiliti – « anche» (dunque, sembrerebbe, non necessariamente) tenendo conto di quanto disposto per il triennio 2013-2015 – entro i 6 mesi precedenti la scadenza di ciascun triennio, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del MIUR, di concerto con il MEF e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. La relazione illustrativa riporta comunque un'ulteriore motivazione, che evidenzia che «la norma è stata di fatto recepita dal decreto-legge 9 dicembre 2014, n. 893», il quale ha stabilito, in attuazione dell'articolo 8 dello stesso decreto legislativo n. 49 del 2012, i criteri e le modalità di calcolo per la determinazione del costo standard unitario di formazione per studente in corso. In particolare, sottolinea che «il predetto decreto interministeriale definisce un algoritmo per il calcolo del personale tecnico amministrativo (pari al 35 per cento del Punto Organico di I fascia [quest'ultimo è pari al costo medio di un professore di I fascia: euro 115.684 – v. decreto ministeriale 503/2015]) adeguato al supporto dei requisiti necessari per i corsi di studio». Si ricorda, infatti, che, in base all'articolo 8, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 49 del 2012, i «servizi didattici, organizzativi e strumentali, compresa la dotazione di personale tecnico amministrativo», rappresenta una delle voci di costo da considerare ai fini della determinazione del costo standard per studente. Su questa base, l'articolo 2, comma 2, lettera b), del D.I. 893/2014 stabilisce che il costo standard di tali servizi è fissato al 37,5 per cento del costo medio di un professore di I fascia moltiplicato per la dotazione di docenza di cui alla tab. 2, colonna e). Inoltre, la lettera d) dispone che si considera tra le ulteriori voci di costo il numero di collaboratori ed esperti linguistici a tempo determinato e indeterminato, con l'attribuzione, ad ogni unità di personale in servizio, di un costo medio del 10 per cento del costo medio di un professore di I fascia. Dunque, lo stesso D.I. attribuisce un parametro di costo diverso ai servizi didattici, organizzativi e strumentali – nei quali è ricompreso il personale tecnico-amministrativo – e ai collaboratori ed esperti linguistici.
  Quanto al n. 16, la disposizione abroga l'articolo 2 del decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61. La norma – che lo schema di decreto legislativo intende abrogare – prevede l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, per la determinazione del maggior onere derivante per Roma capitale dall'esercizio delle funzioni connesse al ruolo di capitale della Repubblica, tenuto conto anche dei benefici economici che derivano da tale ruolo e degli effetti che si determinano sul gettito delle entrate tributarie statali e locali. Lo schema di decreto è trasmesso alle Camere, ai fini dell'acquisizione del parere della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e delle Commissioni competenti per i profili di carattere finanziario, da esprimere entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può comunque essere adottato. Tale disposizione attuava l'articolo 24, comma 5, lettera b), ossia uno dei criteri della delega al Governo in materia di federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009), che rimette alla disciplina delegata la «assegnazione di ulteriori risorse a Roma capitale, tenendo Pag. 21conto delle specifiche esigenze di finanziamento derivanti dal ruolo di capitale della Repubblica». In attuazione di tale disposizione, il decreto legislativo n. 61 del 2012, costituente il secondo decreto su Roma capitale, all'articolo 2 detta le regole per la determinazione dei costi connessi al ruolo di Roma capitale, rinviando, appunto, a tal fine ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Secondo la relazione illustrativa, la necessità di adottare il decreto attuativo (per il quale il termine, peraltro non ordinatorio, dei sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo sarebbe giunto a scadenza il 18 novembre 2012) è ormai superata dalla previsione dell'articolo 1, comma 531, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), che attribuisce al comune di Roma un contributo di 110 milioni di euro annui quale concorso dello Stato agli oneri che lo stesso comune sostiene in qualità di capitale della Repubblica, a decorrere dall'anno 2015, in attuazione del comma 2 dell'articolo 12 del decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61.
  Il punto 17 abroga l'articolo 4-bis, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 79 del 2012. Tale disposizione, nell'ambito di una serie di misure per il reperimento di risorse aggiuntive in favore dell'amministrazione dell'interno, prevede il versamento di un corrispettivo da parte degli enti interessati per l'accesso ai servizi del sistema dell'Indice Nazionale delle Anagrafi e Sistema di Accesso e di Interscambio Anagrafico (INA – SAIA). L'INA, istituito, presso il Ministero dell'interno, è alimentato e costantemente aggiornato, tramite collegamento informatico, da tutti i comuni, che sono responsabili della tenuta dell'anagrafe della popolazione residente. Gli atti anagrafici sono atti pubblici e l'INA promuove la circolarità delle informazioni anagrafiche essenziali al fine di consentire alle amministrazioni pubbliche centrali e locali collegate la disponibilità, in tempo reale, dei dati anagrafici. Il sistema SAIA è la piattaforma software che consente di condividere i dati anagrafici. La disposizione di cui si propone l'abrogazione demanda ad un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze l'individuazione dei criteri per la determinazione del corrispettivo e le modalità di versamento. Come si legge nella relazione illustrativa, tale previsione è da ritenersi superata a seguito dell'istituzione dell’ Anagrafe della popolazione residente, ad opera del decreto-legge n. 179 del 2012. Il decreto-legge n. 179 del 2012 ha istituito l'ANPR (Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente), quale base di dati di interesse nazionale, con l'intento di costituire una banca dati al servizio di tutte le pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblico servizio che potranno accedervi, attraverso una rete telematica unica, per l'esercizio delle proprie funzioni istituzionali. L'ANPR è destinata a sostituire l'INA, l'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) e le banche dati anagrafiche dei comuni. Disposizioni di attuazione e di funzionamento dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente sono state adottate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 agosto 2013, n. 109, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 2014, n. 194 e decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 2015, n. 126. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 109/2013 (at. 3) prevedeva che le modalità di accesso da parte delle pubbliche amministrazioni e degli organismi che erogano pubblici servizi ai dati e ai servizi resi disponibili dall'ANPR fossero disciplinate da apposite convenzioni aperte all'adesione di tutte le amministrazioni interessate, ai sensi dell'articolo 58, comma 2, del codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005). Quest'ultima disposizione nel frattempo è stata modificata (decreto-legge n. 90 del 2014, articolo 24-quinquies) e ora prevede che le pubbliche amministrazioni comunicano tra loro attraverso la messa a disposizione a titolo gratuito degli accessi alle proprie basi di dati alle altre amministrazioni mediante la cooperazione applicativa.
  Il punto 18 dell'allegato 1 abroga i commi da 3 a 7 dell'articolo 8 del decreto-Pag. 22legge n. 83 del 2012 (legge n. 134 del 2012), riguardanti la costituzione, da parte del Ministro per i beni e le attività culturali, di una fondazione di diritto privato denominata «Fondazione La Grande Brera», finalizzata ad una migliore valorizzazione della collezione della Pinacoteca di Brera e a consentire la gestione secondo criteri di efficienza economica. Le disposizioni di cui si propone l'abrogazione prevedono, fra l'altro: – la costituzione della Fondazione nel 2013, da parte del Ministro per i beni e le attività culturali; – il conferimento in uso alla Fondazione, attraverso l'assegnazione al fondo di dotazione, fra l'altro, della collezione della Pinacoteca e dell'immobile in cui la stessa è ospitata; – l'assicurazione del funzionamento della Fondazione mediante un fondo di gestione, alimentato annualmente dal Ministero per un importo pari a euro 2 mln annui; – la partecipazione alla Fondazione (oltre che del Ministero), quali soci promotori, degli enti territoriali nel cui ambito la Fondazione ha sede, a condizione che gli stessi assumano l'impegno di contribuire stabilmente in misura non inferiore al Ministero; previo consenso del Ministero e dei soci promotori, possono partecipare altri soggetti pubblici e privati che contribuiscano ad incrementare il fondo di dotazione e il fondo di gestione della Fondazione. La relazione illustrativa fa presente che sono venute meno le condizioni oggettive sottostanti alla costituzione della Fondazione, riferendo questa valutazione all'avvio del Progetto La Grande Brera. Al riguardo si ricorda che il 19 luglio 2010 era stato firmato, presso il Comune di Milano, il protocollo d'intesa «Per la Conservazione e la Valorizzazione del Patrimonio culturale della città di Milano», che prevedeva l'espansione della Pinacoteca con l'avvio del progetto de «La Grande Brera» e l'ampliamento dell'Accademia di belle arti di Brera con la creazione di un secondo polo presso l'ex caserma di Via Mascheroni. In particolare, il Ministero della Difesa si impegnava a concedere all'Accademia di belle arti di Brera le caserme Magenta e Carroccio in via Mascheroni per realizzarvi un campus didattico. Alla conclusione di questi lavori, l'Accademia avrebbe ceduto alla Pinacoteca spazi al piano terreno del palazzo di Brera. Si ricorda, inoltre, che con deliberazione n. 38/2012, il CIPE ha assegnato al Mibac euro 70 milioni del Fondo per lo 17 sviluppo e la coesione, dei quali 23 destinati al Progetto La Grande Brera, stabilendo che gli interventi sarebbero stati effettuati attraverso un accordo di programma fra il Ministero e il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, contenente, tra l'altro, un sistema di indicatori di risultato e di realizzazione, cronoprogrammi di attuazione, verifica della sostenibilità finanziaria e gestionale. Qui informazioni ulteriori sul progetto La Grande Brera. Allegato: n. 19. Dipartimento per la digitalizzazione della Presidenza del Consiglio.
  Il punto 19 abroga l'articolo 22, comma 7, del decreto-legge n. 83 del 2012 che prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio per adeguare le strutture della Presidenza del Consiglio in considerazione del trasferimento alla Agenzia per l'Italia digitale delle funzioni svolte dal Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio. Gli articoli 19-22 del decreto-legge n. 83 del 2012 hanno disposto una razionalizzazione delle funzioni pubbliche in materia di innovazione tecnologica e di digitalizzazione della pubblica amministrazione, con la creazione dell'Agenzia per l'Italia digitale. Alla nuova Agenzia sono state attribuite le funzioni precedentemente espletate dall'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, parte di quelle della DigitPA (enti che vengono contestualmente soppressi), nonché quelle facenti capo al Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, destinato ad essere riorganizzato con successivo decreto del Presidente del Consiglio (non ancora emanato). All'Agenzia sono trasferite anche le funzioni in materia di sicurezza delle reti svolte dall'Istituto superiore delle comunicazioni e delle Pag. 23tecnologie dell'informazione. L'adozione di tale provvedimento è ormai superflua in quanto – come ricorda la relazione illustrativa – il Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica è stato soppresso nell'ambito della generale riorganizzazione delle strutture della Presidenza del Consiglio operata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o ottobre 2012 (articolo 13). L'effettivo trasferimento delle funzioni e la soppressione del Dipartimento sono avvenute all'inizio del 2015 con la determinazione delle dotazioni delle risorse umane, finanziarie e strumentali dell'Agenzia per l'Italia digitale, da parte del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 gennaio 2015.
  Il punto 20 abroga l'articolo 59, comma 4, del decreto-legge n. 83 del 2012, recante Misure urgenti per la crescita del Paese. Il comma 3 dell'articolo 59 del decreto-legge n. 83 del 2012, nella versione antecedente la modifica apportata con legge di stabilità 2013, prevedeva che le somme presenti sul bilancio dell'AGEA e non ancora erogate, pari a 19,738 milioni di euro, assegnate alla medesima Agenzia ai sensi di una serie di disposizioni di legge citate nella norma, venissero destinate a finanziare misure a sostegno del settore agricolo e specifici interventi di contrasto alle crisi di mercato. In relazione a quanto era disposto dal comma 3, il comma 4 prevede che un decreto del Mipaaf, adottato di concerto con il dicastero dell'economia, definisca le modalità di applicazione di tale destinazione e vengano quantificate le risorse finanziarie da destinare, in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, ad ogni singola misura o intervento Con l'articolo 1, comma 75, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013, è stato modificato il comma 3 in modo da prevedere che le somme in esame vengano versate all'entrata del bilancio dello Stato entro il 31 gennaio 2013. Nel dettaglio, le risorse residuali assegnate all'AGEA fanno riferimento ai seguenti provvedimenti: legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003), che, con l'articolo 69, comma 9, ha disposto le autorizzazioni di spesa per il 2003 necessarie all'attuazione degli interventi autorizzati dall'Unione europea nel settore bieticolo-saccarifero; decreto-legge n. 2 del 2006, che, con l'articolo 2, ha finanziato gli interventi urgenti nel settore bieticolo-saccarifero; legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), che, con l'articolo 1, comma 405, ha incrementato il Fondo bieticolo nazionale; legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), che, con l'articolo 1, comma 1063, ha attribuito nuove risorse al Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera; legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), che, con l'articolo 2, comma 122, ha ulteriormente incrementato il Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera. Nella relazione illustrativa si sottolinea come il comma 3 della disposizione non è più attuabile essendo venuta meno la destinazione iniziale delle somme a sostegno del settore agricolo e specifici interventi di contrasto alle crisi di mercato.
  Il punto 21 abroga l'articolo 1, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. La disposizione che lo schema di decreto legislativo in esame abroga richiede l'emanazione di un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze che stabilisca le modalità di istituzione da parte del Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi di un elenco delle centrali di committenza. L'elenco è istituito tramite Consip, che provvede anche alla pubblicazione dei dati relativi ai contratti quadro ed alle convenzioni. Secondo la relazione illustrativa, la disposizione si può ritenere superata, in quanto l'articolo 9 del decreto-legge n. 66 del 2014 ha ridisegnato il sistema degli acquisti pubblici, istituendo un elenco dei soggetti aggregatori di cui fanno parte Consip S.p.A., quale centrale di committenza nazionale, le centrali di acquisto regionali e altri soggetti aggregatori aventi i requisiti definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 novembre 2014 Pag. 24(città metropolitane, province, associazioni, unioni e consorzi di enti locali, ivi compresi gli accordi tra gli stessi comuni resi in forma di convenzione per la gestione delle attività). Con delibera dell'ANAC del 23 luglio 2015 è stato pubblicato l'elenco dei soggetti aggregatori, che risulta essere composto, allo stato, di 34 soggetti. Lo stesso decreto-legge n. 66 del 2014 prevede, inoltre, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano individuate le categorie di beni e di servizi nonché le soglie al superamento delle quali le amministrazioni ricorrono a Consip Spa o agli altri soggetti aggregatori per lo svolgimento delle relative procedure. I soggetti aggregatori iscritti nel suddetto elenco, compongono, insieme al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Presidenza del Consiglio dei ministri il Tavolo Tecnico dei soggetti aggregatori, istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 2014. Si ricorda che l'articolo 1, commi 262-267 e commi 269-278 del disegno di legge di stabilità, attualmente all'esame della Camera dei deputati (A.C: 3444) intervengono nuovamente sulla materia dell'acquisizione centralizzata, nell'ottica di un ulteriore rafforzamento.
  Il punto 22 prevede l'abrogazione dell'articolo 2, comma 11, lettera d), del decreto-legge n. 95 del 2012, che demanda ad uno o più decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la disposizione dei processi di mobilità (anche intercompartimentale) che le amministrazioni adottano, nell'ambito delle procedure previste all'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2011 e secondo un ordine di priorità stabilito dal citato articolo 2, comma 11, per la ricollocazione delle unità di personale che risultano in soprannumero all'esito della riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni dello Stato (in misura non inferiore al 20 per cento per il personale dirigenziale di livello generale e di livello non generale e del 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico, per il personale non dirigenziale). Come specificato nella Relazione illustrativa, poiché tutto il personale è stato riassorbito mediante collocamento non è stato necessario intervenire con il decreto in questione, la cui previsione può quindi essere abrogata.
  Quanto punto 23, la disposizione abroga l'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95. La norma, oltre a prevedere la riduzione di un punto, dal 9 all'8 per cento, dell'aggio spettante agli agenti della riscossione sulle somme iscritte a ruolo riscosse e sui relativi interessi di mora, demanda ad un decreto ministeriale, da emanare entro il 30 novembre 2012, il compito di ridurre fino a 4 punti percentuali lo stesso aggio utilizzando le eventuali risorse che si dovessero liberare dai processi di efficientamento nella riscossione dei tributi e dalla riduzione dei costi di funzionamento del gruppo Equitalia SpA. Con il citato decreto, inoltre, si stabiliscono le modalità per assicurare al medesimo gruppo il rimborso dei costi fissi di gestione risultanti dal bilancio certificato. La relazione governativa cita un'istruttoria condotta dal Ministero dell'economia e delle finanze dalla quale è emerso che Equitalia S.p.A non ha capacità di contenimento di costi ulteriori rispetto a quanto già effettuato a seguito delle disposizioni in materia di spending review (Equitalia ha evidenziato che la riduzione di un punto percentuale della misura dell'aggio, prevista dal comma 1 del medesimo articolo 5, a decorrere dal 1o gennaio 2013, ha comportato a proprio carico un onere pari il 50 milioni di euro). Un'ulteriore riduzione della remunerazione dell'aggio, in sostanza, non consentirebbe la copertura dei costi a scapito del funzionamento dell'attività. Pertanto la norma è da considerarsi inattuabile nei termini vigenti. Si segnala, peraltro, che l'articolo 9 del decreto legislativo n. 159 del 2015 ha ridisegnato il meccanismo di remunerazione degli agenti della riscossione, prevedendo che agli agenti della riscossione sia riconosciuto il ristoro degli oneri di riscossione e di esecuzione commisurati al costo di funzionamento del servizio. È anzitutto disposta la riduzione dell'onere di riscossione Pag. 25che grava sui debitori iscritti a ruolo, che passa dall'otto per cento sulle somme iscritte a ruolo riscosse e sui relativi interessi di mora al sei per cento (misura abbattuta del 50 per cento, in caso di pagamento effettuato entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella). I debitori iscritti a ruolo sopportano, altresì, gli oneri legati all'effettuazione delle procedure esecutive e quelli necessari per la notifica della cartella di pagamento o degli altri atti di riscossione. Si prevede che anche gli enti creditori contribuiscano alla remunerazione del sistema. In particolare la nuova disciplina (con la quale è stato riscritto l'articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999) prevede che entro il 31 gennaio di ciascun anno Equitalia Spa, previa verifica da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, deve individuare e rendere pubblici, sul proprio sito web, i costi da sostenere per il servizio nazionale di riscossione. Gli oneri della riscossione ed esecuzione sono commisurati ai costi da sostenere per il servizio nazionale della riscossione. Si demanda a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l'individuazione di criteri e parametri per la determinazione dei costi, nonché i criteri e i parametri in relazione ai quali modificare in diminuzione le quote percentuali poste a carico dei soggetti che intervengono nelle procedure di riscossione, all'esito della verifica sulla qualità e produttività dell'attività, nonché dei risultati raggiunti in termini di efficientamento e razionalizzazione del servizio. Il decreto legislativo n. 159 del 2015 (articolo 9, comma 3) dispone che il primo decreto cui è demandata la fissazione degli oneri afferenti alle spese di procedura, di notifica e di lavorazione degli sgravi per indebito, nonché la tipizzazione delle suddette spese di procedura sia emanato entro il 30 ottobre 2015 (tale decreto non è stato emanato). Il comma 4 prevede una disposizione transitoria che mantiene fermo il precedente regime limitatamente ai carichi affidati alla società sino al 31 dicembre 2015. Andrebbe chiarito se l'abrogazione della norma in esame comporti il ripristino della misura dell'aggio al 9 per cento, sino all'entrata a regime del nuovo sistema previsto dal decreto legislativo n. 159 del 2015, per il quale appare necessaria l'emanazione del decreto ministeriale per l'individuazione di criteri e parametri per la determinazione dei costi del servizio. Peraltro il precedente regime di determinazione dell'aggio si applica solo per i carichi affidati ad Equitalia fino al 31 dicembre 2015. Per tali casi l'abrogazione della norma in esame sembra comportare l'aumento dell'aggio al 9 per cento.
  Il punto 24 abroga l'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. La norma abrogata dallo schema di decreto legislativo richiede un decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'Istat, che definisca le modalità di trasmissione da parte delle amministrazioni pubbliche statali, regionali e locali delle informazioni relative all'elenco dei consorzi di cui fanno parte e delle società a totale o parziale partecipazione alla banca dati delle amministrazioni pubbliche di cui al l'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Tale decreto, secondo la relazione illustrativa, non ha più motivo di essere emanato in quanto, a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 17 del decreto-legge n.90 del 2014, la ex rilevazione CONSOC (che regolamenta la dichiarazione dell'elenco dei consorzi e delle società a totale o parziale partecipazione da parte delle Amministrazioni Pubbliche), prevista ai sensi dell'articolo 1, comma 587, della legge n. 296 del 2006, è confluita nella rilevazione delle partecipazioni del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze, istituita ai sensi dell'articolo 2, comma 222, della legge n. 191/2009. In attuazione dell'articolo 17, comma 3, del decreto-legge n. 90 del 2014 il MEF ha emanato il decreto ministeriale 25 gennaio 2015, di «definizione delle informazioni da trasmettere al Dipartimento del Tesoro relativamente alle partecipazioni detenute dalle Amministrazioni pubbliche e disciplina Pag. 26delle modalità tecniche di comunicazione, acquisizione e fruizione dei dati».
  Quanto ai numeri 25 e 28, l'articolo 15, comma 17-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, inserito dall'articolo 2-bis, comma 1, del decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, istituisce, con decreto di natura non regolamentare del Ministro della salute, una Commissione per la formulazione di proposte per l'aggiornamento delle tariffe massime che le regioni e le province possono corrispondere alle strutture accreditate che erogano assistenza ospedaliera ed ambulatoriale a carico del servizio sanitario nazionale. Per tale finalità, la Commissione, composta da rappresentanti del Ministero della salute, del Ministero dell'economia e delle finanze e della Conferenza delle regioni e delle province autonome, si confronta con le associazioni maggiormente rappresentative dei soggetti titolari di strutture private accreditate. La Commissione conclude i suoi lavori entro sessanta giorni dalla data dell'insediamento. Entro i successivi trenta giorni il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni, provvede all'eventuale aggiornamento delle tariffe. Conseguentemente, il decreto 18 ottobre 2012 ha determinato le tariffe massime di riferimento per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, di assistenza ospedaliera di riabilitazione e di lungodegenza post acuzie e di assistenza specialistica ambulatoriale, valide dalla data di entrata in vigore del decreto e fino alla data del 31 dicembre 2014. Tale termine è stato poi prorogato di un anno, ovvero al 31 dicembre 2015, dall'articolo 7, comma 4, del decreto legge n. 192 del 2014. Successivamente, il Patto per la Salute per gli anni 2014-2016, all'articolo 9, comma 1, ha previsto l'istituzione di una Commissione permanente costituita da rappresentanti dei Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze, della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nonché dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari – A.G.E.N.A.S., con il compito, tra gli altri, di aggiornare e manutenere le tariffe massime di riferimento per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera (per acuti, di riabilitazione e di lungodegenza post-acuzie) e di assistenza specialistica ambulatoriale di cui al decreto ministeriale 18 ottobre 2012. La nuova Commissione permanente prevista dal nuovo Patto per la salute è chiamata quindi a svolgere le medesime funzioni della Commissione di cui all'articolo 15, comma 17-bis, del decreto-legge n. 95 del 2012. Quest'ultima Commissione è stata dunque sostituita dalla nuova Commissione paritetica prevista dal Patto per la Salute per assolvere alle medesime finalità. La disposizione in esame propone pertanto l'abrogazione dell'articolo 15, comma 17- bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 (articolo 2, All. 1, n. 25) e dell'articolo 2-bis, comma 2, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189 (articolo 2, All. 1, n. 29) che si riferisce esclusivamente al termine di emanazione del decreto di natura non regolamentare del Ministero della salute istitutivo della Commissione per la formulazione di proposte per l'aggiornamento delle tariffe massime che le regioni e le province autonome possono corrispondere alle strutture accreditate. Si valuti l'opportunità, per maggiore chiarezza e per motivi di coordinamento formale, di abrogare per intero l'articolo 2-bis del decreto legge n. 158 del 2012 che dispone l'inserimento del citato comma 17-bis, oggetto di abrogazione.
   Il punto 26 abroga l'articolo 5, comma 14, del decreto legislativo n. 109 del 2012, che demanda ad un decreto del Ministro dell'interno le modalità di destinazione del contributo forfettario di 1.000 euro dovuto per la presentazione della dichiarazione di emersione dei lavoratori stranieri occupati irregolarmente da presentarsi entro il 15 ottobre 2012. Ai sensi del comma 17, parte della somma derivante dal contributo (43,55 milioni di euro per l'anno 2012) è stata destinata a copertura degli oneri della regolarizzazione. La destinazione Pag. 27della parte eccedente avrebbe dovuto essere oggetto del decreto ministeriale oggetto della norma in esame. Di questa si propone l'abrogazione, in quanto – come si legge nella relazione illustrativa – il decreto-legge n. 120 del 2013 ha disposto la confluenza delle somme residue della regolarizzazione nei fondi finalizzati a fronteggiare l'emergenza immigrazione. Infatti, il citato decreto-legge n. 120 del 2013 (articolo 1) ha incrementato di 20 milioni di euro per l'anno 2013 il Fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati ed ha istituito un Fondo immigrazione con una dotazione di 190 milioni di euro per l'anno 2013. Per la copertura dei complessivi 210 milioni del finanziamento dei due fondi si è provveduto, tra l'altro, utilizzando 70 milioni derivanti dalle entrate dell'INPS dovute alla regolarizzazione degli immigrati.
  Il punto 27 abroga l'articolo 10, comma 6, del decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150. Tale disposizione prevede che con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, sono stabilite misure per disciplinare la vendita di prodotti fitosanitari attraverso canali alternativi alla vendita diretta, come la vendita on-line. La relazione illustrativa specifica che la vendita on-line si è rivelata incompatibile con le peculiari disposizioni che regolano la vendita dei prodotti fitosanitari. Lo stesso articolo 10, nei commi precedenti, prevede che al momento della vendita debba essere presente almeno una persona, titolare o dipendente, in possesso del relativo certificato di abilitazione, per fornire all'acquirente informazioni adeguate sul corretto uso dei prodotti fitosanitari e dei coadiuvanti, in materia di rischi e sicurezza per la salute umana e per l'ambiente connessi al loro impiego, nonché sul corretto smaltimento dei rifiuti.
  Quanto al punto. 29, abroga l'articolo 15, comma 2, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, della legge 17 dicembre 2012, n. 221. La norma che lo schema di decreto legislativo intende abrogare prevedeva l'emanazione di un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro della pubblica amministrazione e la semplificazione e con il Ministro delegato all'innovazione tecnologica, anche avvalendosi dell'Agenzia per l'Italia digitale, per disciplinare l'estensione delle modalità di pagamento anche attraverso tecnologie mobili. Successivamente, il decreto-legge n. 63 del 2013 ha previsto che tale decreto, non ancora adottato, potesse essere emanato dal Presidente del Consiglio dei ministri anche qualora non fosse pervenuto il concerto dei Ministri interessati. Secondo la relazione illustrativa, il fatto che uno dei criteri di delega della legge n. 124 del 2015 (articolo 1, 21 comma 1, lettera q)) richieda di «prevedere che i pagamenti digitali ed elettronici effettuati con qualsiasi modalità di pagamento, ivi incluso l'utilizzo per i micropagamenti del credito telefonico, costituiscano il mezzo principale per i pagamenti dovuti nei confronti della pubblica amministrazione e degli esercenti servizi di pubblica utilità» rende superata la previsione del citato decreto.
  Il punto n. 30 dell'allegato 1 interviene sull'articolo 20, del decreto-legge n. 179 del 2012 abrogando tutti i riferimenti allo «statuto delle comunità intelligenti» previsti ai commi 3, 17 e 19, nonché i commi 4, 6 e 18 che disciplinano in via diretta il medesimo statuto. Nel dettaglio le disposizioni oggetto di modifica o abrogazione di cui all'articolo 20, e delle quali si tratta prevedono che, con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica, sentiti l'Agenzia e il comitato tecnico delle comunità intelligenti, che partecipa alla definizione di tale statuto (comma 3), previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sia adottato lo «Statuto della cittadinanza intelligente» stabilendo che tale statuto contenga la definizione dei principi e delle condizioni che indirizzano le politiche delle comunità intelligenti e l'elencazione Pag. 28dei protocolli d'intesa tra l'Agenzia e le singole amministrazioni, nei quali ciascuna di esse declina gli obiettivi del piano nazionale delle comunità intelligenti (comma 4). Si prevede altresì nelle disposizioni di cui si prevede l'abrogazione che la sottoscrizione dello Statuto è condizione necessaria per ottenere la qualifica di comunità intelligente (comma 6). Il comma 17, che stabilisce il principio secondo il quale l'accessibilità dei sistemi informatici di cui all'articolo 2 della legge 9 gennaio 2004, n. 4, e l'inclusione intelligente costituiscono principi fondanti del piano nazionale delle comunità intelligenti, contiene un riferimento anche allo statuto delle comunità intelligenti. Il comma 18 prevede una procedura particolare per gli enti che avessero adottato il citato statuto mentre il comma 19, che disciplina le sanzioni, viene modificato eliminando il riferimento al comma 18. La ragione dell'abrogazione, come espressamente rappresentato nella relazione illustrativa, è riconducibile, anche in tale circostanza alla ampia delega conferita al Governo ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 124 del 2015, che prevede i principi di delega riguardanti la cittadinanza digitale. In tale ambito sono da inquadrare anche gli interventi diretti a definire la materia delle «comunità intelligenti» in termini organici. Si ricorda che l'articolo 20, pur rubricato «comunità intelligenti», non contiene una definizione delle medesime: il termine «comunità intelligenti» è infatti la traduzione dell'espressione inglese Smart Cities and Communities. Le Comunità intelligenti sono basate, secondo quanto risulta dalla relazione al decreto-legge n. 179 del 2012: «sulla valorizzazione e la condivisione dell'ingente patrimonio di dati, applicazioni ed esperienze generato dalle comunità medesime [...] attraverso la definizione di un quadro normativo e un modello di governance specifici, in grado di supportarne la crescita».
  Il punto 31 abroga l'articolo 34-septies, comma 2, del decreto-legge n. 179 del 2012, recante Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese. Tale disposizione in esame rinvia ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico entro il 31 dicembre 2012, l'attuazione del comma 1 che ha previsto l'iscrizione anche degli imprenditori ittici di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4 nel registro delle imprese, insieme agli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, ai piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 dello stesso codice, e alle società semplici. Il decreto è chiamato a definire le modalità di integrazione nel registro delle imprese, con particolare riguardo alle informazioni specifiche riguardanti gli imprenditori ittici contenute nella disciplina del registro delle imprese di pesca (articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1639/68, recante il regolamento d'esecuzione della legge n. 963 del 1965 sulla pesca marittima). Si ricorda che nelle cinque sezioni del registro delle imprese di pesca, previsto dall'articolo 63 del regolamento n. 1639 del 1968 istituito presso ogni Capitaneria di porto, devono essere iscritte le imprese che esercitano la pesca professionale, distinte per tipologia di attività tra pesca costiera, pesca mediterranea o d'altura e pesca oltre gli Stretti od oceanica. La relazione illustrativa non specifica le ragioni che sono alla base della proposta di abrogazione della disposizione in esame. Andrebbe in proposito chiarito l'effetto dell'abrogazione sulla disposizione recata dal citato comma 1.
  Il punto 32 abroga l'articolo 1, comma 31, della legge n. 190 del 2012 (cosiddetta legge anticorruzione) che prevede l'adozione di uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione per: l'individuazione delle informazioni rilevanti sottoposte all’ obbligo di pubblicazione nei siti web delle pubbliche amministrazioni ai fini della trasparenza dell'attività amministrativa; la pubblicazione di un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze alle p.a.; l'accessibilità per gli interessati alle informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti Pag. 29amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente. Come evidenziato nella relazione illustrativa, all'attuazione di tale disposizione si è fatto fronte con l'emanazione del decreto legislativo n. 33 del 2013, in materia di trasparenza delle p.a., adottato in base alla delega recata nella medesima legge n. 190 del 2012. In particolare, l'individuazione dettagliata degli obblighi di pubblicazione è recata dai Capi II-V del provvedimento, mentre l'obbligo di pubblicazione dell'indirizzo e-mail e l'accessibilità ai procedimenti amministrativi sono indicati rispettivamente agli articoli 13 e 35.
  Il punto 33 abroga l'articolo 6 del decreto-legge n. 69 del 2013, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia. La disposizione di cui si propone l'abrogazione dispone norme per il gasolio utilizzato per il riscaldamento delle coltivazioni sotto serra da parte dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale. In particolare, per essi viene prevista l'applicazione dell'accisa ridotta per il periodo 1o agosto 2013-31 dicembre 2015, nella misura di 25 euro per mille litri; tale agevolazione era condizionata al fatto che, in sede di richiesta dell'assegnazione del gasolio, ai sensi del decreto ministeriale 14 dicembre 2001, n. 454, le imprese si obbligassero a rispettare la progressiva riduzione del consumo di gasolio per finalità ambientali. Si ricorda che la tabella A allegata al decreto legislativo n. 504 del 1995, nell'indicare gli impieghi dei prodotti energetici che comportano l'esenzione dall'accisa o l'applicazione di un'aliquota ridotta, al punto 5 riporta la voce « Impieghi in lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica «dove, tra l'altro, il gasolio ha una aliquota agevolata pari al 22 per cento. Trattandosi di una forma agevolativa, il comma 2 ribadisce che, ai sensi dell'articolo 25 del regolamento (CE) n. 800 del 2008 della Commissione del 6 agosto 2008, il livello di accisa da corrispondere all'Unione non deve essere inferiore al livello minimo di imposizione definito dalla direttiva (CE) n. 2003/96/CE, e successive modificazioni. Qualora tale livello minimo venga modificato l'accisa dovuta per il gasolio utilizzato per il riscaldamento delle coltivazioni sotto serra viene corrispondentemente adeguata. La sintesi delle informazioni relative alla misura di cui all'articolo in esame viene comunicata alla Commissione europea con le modalità di cui all'articolo 9 del citato regolamento (CE) n. 800/2008. Il comma 3 contiene la quantificazione dell'onere determinato dall'accisa agevolata per le coltivazioni in serra (25 euro per mille litri) disposta dal comma 1 e dalla relativa compensazione del livello minimo di imposizione del livello di accisa da corrispondere all'Unione europea (comma 2), indicata complessivamente in 14,4 milioni di euro per il 2013 e in 34,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015. Alla copertura dell'onere si provvede mediante riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 26 febbraio 2002. Nella relazione illustrativa si evidenzia come la copertura relativa all'anno 2015 dovrebbe ancora essere implementata. Si ritiene, tuttavia, che l'agevolazione in questione, oltre a non essere mai stata resa applicabile, non appare comunque più necessaria, in considerazione del fatto che la campagna di acquisto del gasolio per l'anno 2015 è ormai giunta a conclusione; la sua attuazione comporterebbe, sempre secondo la relazione, esclusivamente un'ulteriore riduzione rispetto a quella disposta dalla legge di stabilità 2015, con conseguente ulteriore ed elevato aggravio per tutte le produzioni agricole. Infine, il comma 4 rinviava la disciplina dell'applicazione dell'articolo di cui si propone l'abrogazione ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze.
  Il punto 34, abroga l'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69. La disposizione prevede un provvedimento dell'Agenzia delle entrate Pag. 30con il quale sono determinati i termini e le modalità di fruizione dei crediti d'imposta (previsti dall'articolo 1, commi da 325 a 328 e da 330 a 337, della legge n. 244 del 2007) per la produzione, la distribuzione e l'esercizio cinematografico per il periodo d'imposta 2014. L'articolo 8 del decreto-legge n. 91 del 2013 ha reso permanenti i citati crediti d'imposta per la produzione, la distribuzione e l'esercizio cinematografico a decorrere dal 1o gennaio 2014, estendendoli ai produttori indipendenti di opere audiovisive. Le disposizioni attuative di tale estensione sono state definite dal decreto ministeriale 5 febbraio 2015. L'articolo 8, comma 4, del decreto-legge n. 91 del 2013 prevede l'emanazione di un decreto ministeriale (non emanato) per l'attuazione della normativa che ha reso stabile il credito d'imposta, anche al fine di garantire il rispetto del limite massimo di spesa.
  Il numero 35 abroga l'articolo 13-bis, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. Tale disposizione richiede l'emanazione di linee guida per l'accreditamento di conformità alla normativa in materia di contratti pubblici, di servizi, soluzioni e piattaforme tecnologiche per le aste on line e per il mercato elettronico da utilizzare per gli acquisti di beni e servizi delle tecnologie della comunicazione e dell'informazione. Tali linee guida dovrebbero essere emanate decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (ora Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC). L'accreditamento indica, tra l'altro, i livelli di sicurezza informatica, gli elementi minimi di tracciabilità dei processi e i requisiti di inalterabilità, autenticità e non ripudio dei documenti scambiati. Secondo la relazione illustrativa, a seguito del ridisegno della normativa degli acquisti centralizzati operata dall'articolo 9 del decreto-legge n. 66 del 2014, tale disposizione entrerebbe in contrasto con la nuova normativa in materia di appalti. Si ricorda inoltre che il disegno di legge di stabilità, attualmente all'esame della Camera dei Deputati (A.C. 3444), prevede all'articolo 1, commi 279-288, norme di razionalizzazione dei processi di approvvigionamento di beni e servizi informatici e di connettività nelle pubbliche amministrazioni. In particolare, i citati commi dispongono che le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto consolidato della PA debbano approvvigionarsi tramite Consip o soggetti aggregatori. Solo in casi eccezionali, e con autorizzazione motivata dell'organo di vertice amministrativo, possono procedere ad acquisti autonomi. Viene inoltre previsto un Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, disponendosi altresì la definizione, mediante appositi accordi in sede di Conferenza Stato-Regioni di criteri uniformi per l'acquisto dei beni e servizi medesimi da parte degli enti del servizio sanitario nazionale.
  Il n. 36, la disposizione abroga l'articolo 37 del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013, che prevede un termine di 60 giorni, per la sottoscrizione delle Convenzioni ai fini dell'individuazione delle «Zone a burocrazia zero». Si ricorda che le Convenzioni possono esser stipulate tre le Regioni, le Camere di commercio, industria, agricoltura e artigianato, i comuni e le loro associazioni, le agenzie per le imprese ove costituite, le altre amministrazioni competenti e le organizzazioni e le associazioni di categoria interessate, comprese le organizzazioni dei produttori. La proposta di Convenzione è effettuata dai Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e per lo sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni ed autonomie locali. Le convenzioni hanno lo scopo di attivare percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa per gli impianti produttivi e le iniziative ed attività delle imprese sul territorio, in ambiti delimitati e a partecipazione volontaria, anche mediante deroghe alle procedure ed ai termini per l'esercizio delle competenze facenti esclusivamente capo ai soggetti partecipanti, Pag. 31dandone preventiva ed adeguata informazione pubblica. Inoltre si segnala che non possono essere istituite zone a burocrazia nelle zone soggette a vincolo paesaggistico-territoriale o del patrimonio storico-artistico. La relazione illustrativa precisa che lo strumento delle Convenzioni non risulta idoneo a derogare la disciplina vigente, tenuto conto che lo stesso presuppone l'accordo di tutte le amministrazioni competenti. Inoltre la legge n. 124 del 2015, Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, prevede numerose misure di semplificazione e riduzione di oneri amministrativi a carico di cittadini e imprese, che, fornendo un quadro normativo di riferimento ispirato alla semplificazione delle procedure amministrative e al superamento di oneri burocratici non giustificati, consentirebbe l'abrogazione della disposizione in questione.
  Il punto 37 dell'allegato 1 abroga l'articolo 39, comma 1-ter, del decreto-legge n. 69 del 2013 (legge n. 98 del 2013), che dispone che con decreto interministeriale (MIBACT-MIT-MEF) si provvede alla revisione del regolamento emanato con D.I. 182/2008 – recante i criteri di utilizzo della quota percentuale degli stanziamenti previsti per le infrastrutture destinati ad interventi a favore dei beni e delle attività culturali, di cui all'articolo 60, comma 4, della legge n. 289 del 2002 – prevedendo, altresì, la trasmissione alle Camere (per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari) dello schema di decreto recante l'atto di indirizzo annuale per la società Arcus Spa, nonché la trasmissione del (solo) atto di indirizzo al Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici, che ha facoltà di proporre osservazioni entro 30 giorni dalla ricezione. In materia, si ricorda, preliminarmente, che il testo originario dell'articolo 60, comma 4, della legge n. 289 del 2002 aveva riservato il 3 per cento degli stanziamenti per infrastrutture alla spesa per interventi a favore dei beni e delle attività culturali, rinviando per la definizione dei criteri di utilizzo ad un regolamento interministeriale. In attuazione, era stato adottato – dopo una fase transitoria – il già citato D.I. 182 del 2008, che aveva disposto, in particolare, che entro il 31 gennaio di ciascun anno il MIT, di concerto con il MEF, sentito il MiBAC, doveva individuare gli stanziamenti per le infrastrutture per i quali andava calcolato il 3 per cento da destinare a interventi a favore dei beni e delle attività culturali. A sua volta, il MEF, d'intesa con i Ministri interessati e sentito il MiBAC, doveva individuare gli ulteriori stanziamenti per infrastrutture iscritti in stati di previsione diversi da quello del MIT, per i quali andava parimenti calcolato il 3 per cento. Gli interventi ammessi al finanziamento dovevano essere inclusi in un apposito programma annuale, approvato dal MiBAC, di concerto con il MIT. Entro il 28 febbraio di ciascun anno, con atto di indirizzo dei due Ministri, dovevano essere indicati gli obiettivi di interesse e i criteri per la selezione degli interventi nell'ambito di specifiche finalità. Le proposte di intervento dovevano pervenire ad ARCUS s.p.a. Il programma degli interventi finanziabili doveva essere approvato entro il 30 giugno di ciascun anno. In seguito, l'articolo 32, comma 16, del decreto-legge n. 98 del 2011 (legge n. 111 del 2011) – poi abrogato dall'articolo 1, comma 105, della legge n. 147 del 2013 – aveva disposto (pur non apportando modifiche testuali all'articolo 60, comma 4, legge n. 289 del 2002) che, a decorrere dal 2012, alla spesa per la tutela e gli interventi a favore di beni e attività culturali era destinata una quota fino al 3 per cento del nuovo Fondo infrastrutture stradali e ferroviarie (istituito dal comma 1 dello stesso articolo 32 nello stato di previsione del MIT, con una dotazione di euro 930 mln per il 2012 e di euro 1000 mln per gli esercizi dal 2013 al 2016). L'assegnazione doveva essere disposta con delibera CIPE, su proposta del MIBACT, di concerto con il MIT e il MEF. In tale contesto, è intervenuto l'articolo 39, comma 1-ter, del decreto-legge n. 69 del 2013. Successivamente, in virtù delle modifiche apportate all'articolo 60, comma 4, della legge n. 289 del 2002, prima dall'articolo Pag. 321, comma 106, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) e, in seguito, dall'articolo 7, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2014 (legge n. 106 del 2014), a decorrere dal 2014, alla spesa per investimenti in favore dei beni culturali è stata destinata una quota pari al 3 per cento delle «risorse aggiuntive annualmente previste per le infrastrutture», iscritte nello stato di previsione del MIT. L'assegnazione della predetta quota è disposta dal CIPE, nell'ambito delle risorse effettivamente disponibili, su proposta del MIBACT, di concerto con il MIT, sulla base della finalizzazione derivante da un programma di interventi. Al riguardo, la relazione illustrativa fa presente, anzitutto, che, «nonostante i numerosi incontri con le altre amministrazioni coinvolte (MEF e MIT) non è stato possibile giungere ad un'interpretazione condivisa circa l'esatta quantificazione delle “risorse aggiuntive annualmente previste per le infrastrutture”, rendendo, di fatto, inattuata questa norma». Evidenzia, inoltre, che «la mancata attuazione di tale norma rende superflua la prevista modifica del D.I. 182/2008 «e che, in ogni caso, il testo vigente dell'articolo 60, comma 4, della legge n. 289/2002 «prevede uno specifico meccanismo per l'impiego delle ivi previste “risorse aggiuntive” (...) che si pone dunque come strumento ordinario, a legislazione vigente, di impegno di tali risorse, nell'eventualità che si giunga, in futuro alla loro determinazione». Al riguardo sembrerebbe opportuno un chiarimento, dal momento che non sembrerebbero essere già definiti taluni aspetti procedurali (ad esempio, i criteri per la selezione degli interventi), e il regolamento di cui al D.I. 182 del 2008 non sembrerebbe più rispondente alla normativa primaria attualmente vigente.
  Quanto al n. 38, abroga l'articolo 50- bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69. La disposizione prevede l'istituzione, a decorrere dal 1o gennaio 2015, di un regime di semplificazione per i soggetti passivi che svolgono un'attività d'impresa, arte o professione che provvedono all'invio telematico all'Agenzia delle entrate dei dati delle fatture emesse e ricevute. Un analogo regime di favore è stato recentemente istituito, a decorrere dal 1o gennaio 2017, dal decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, in attuazione della delega fiscale. La relazione governativa ritiene che l'abrogazione si rende necessaria per rendere coerente la normativa di favore ed evitare la coesistenza di norme che duplicano i regimi premiali. Si evidenzia, peraltro, la diversa decorrenza delle due norme.
  Il punto 39 dell'allegato 1 abroga l'articolo 2, comma 14, del decreto-legge n. 76 del 2013 (legge n. 99 del 2013), che dispone in materia di tirocini formativi da destinare agli studenti delle quarte classi delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali, da realizzarsi, in orario extracurricolare, presso imprese, altre strutture produttive di beni e servizi o enti pubblici. In particolare, prevede piani di intervento, di durata triennale, finalizzati alla realizzazione dei suddetti tirocini formativi, affidando ad un decreto interministeriale (MIUR-MEF) la definizione dei criteri e delle modalità di definizione degli stessi piani, dei requisiti per l'accesso ai tirocini da parte degli studenti, nonché dei criteri per l'attribuzione agli stessi studenti di crediti formativi. Il decreto interministeriale doveva essere adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. La relazione illustrativa motiva l'abrogazione evidenziando che tali previsioni sono superate dalle nuove disposizioni in materia di alternanza scuola-lavoro recate dall'articolo 1, comma 33 e seguenti, della legge n. 107 del 2015 (che prevedono una durata complessiva dei percorsi di alternanza, negli ultimi 3 anni di almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali e di almeno 200 ore nei licei).
  Quanto all'allegato n. 40, la disposizione abroga l'articolo 3, comma 1-bis, del decreto-legge n. 76 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 99 del 2013, n. 99 che prevede che, per gli interventi in materia di autoimpiego e autoimprenditorialità di cui al decreto legislativo n. 185 del 2000, siano finanziati in Pag. 33via prioritaria i bandi che prevedono un'azione di accompagnamento e tutoraggio, rimettendo ad un decreto ministeriale la fissazione della remunerazione dell'impresa che svolga tale attività. La relazione illustrativa precisa che tale intervento non si inserisce correttamente nell'attuale quadro normativo previsto dal decreto legislativo n. 185 del 2000. Più precisamente emergono diversi ordini di problemi: in primo luogo la misura agevolativa opera «a sportello» e non tramite «bandi». In secondo luogo le attività di tutoraggio, strettamente collegate alla fase di erogazione dei benefici finanziari, sono attualmente affidate ad Invitalia e, infine, la disposizione che si va ad abrogare non indica alcun criterio per individuare l'impresa «già operante da tempo, con successo in altro luogo e nella medesima attività» cui affidare i compiti di accompagnamento e tutoraggio, né le relative procedure di selezione, e neppure i parametri per accertare il successo nelle imprese tutorate che legittima il pagamento della remunerazione a favore del tutor. Si ricorda che con decreto ministeriale 140/2015, è stato emanato il Regolamento recante criteri e modalità di concessione alle agevolazioni di cui al capo I del titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, volte a sostenere nuova imprenditorialità, in tutto il territorio nazionale, attraverso la creazione di micro e piccole imprese competitive, a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile, e a sostenerne lo sviluppo attraverso migliori condizioni per l'accesso al credito.
   Il punto 41 dell'allegato 1 abroga l'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge n. 104 del 2013 (legge n. 128 del 2013), che ha previsto l'invio, da parte del MIUR (entro il 31 marzo di ogni anno, a decorrere dal 2014, per via telematica), a tutti gli studenti iscritti alle scuole secondarie di secondo grado, di un opuscolo informativo sulle borse di studio universitarie, nonché degli indirizzi web degli organismi regionali per il diritto allo studio. Per la definizione delle relative modalità ha previsto l'intervento di un decreto ministeriale, senza indicare il relativo termine. La relazione illustrativa fa presente che la previsione è superata con l'intervento della legge n. 107 del 2015, il cui articolo 1, commi 136-141, ha previsto l'istituzione del Portale unico dei dati della scuola, che garantirà «la pubblicità e il facile accesso anche alle informazioni relative alle borse di studio». Al riguardo si segnala che, in base ai commi 137 e 139 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015, nel Portale, i cui dati devono essere stabilmente accessibili e riutilizzabili, sono pubblicati in formato aperto: i dati relativi ai bilanci delle scuole; i dati pubblici afferenti il Sistema nazionale di valutazione; l'anagrafe dell'edilizia scolastica i dati in forma aggregata dell'Anagrafe degli studenti; gli incarichi di docenza; i Piani dell'offerta formativa; i dati dell'Osservatorio tecnologico; i materiali e le opere autoprodotte dalle scuole ai sensi dell'articolo 15 del decreto-legge n. 112 del 2008 (legge n. 133 del 2008); i dati e le informazioni utili a valutare l'avanzamento didattico, tecnologico e di innovazione del sistema scolastico; la normativa, gli atti e le circolari. Dunque, a livello normativo non è previsto che nel Portale unico dei dati della scuola siano pubblicate anche le informazioni relative alle borse di studio universitarie.
  Quanto all'allegato n. 42, la disposizione abroga l'articolo 13, comma 25, del decreto-legge n. 145 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2014, che prevede un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per indicare i criteri di utilizzo delle risorse per i progetti di valorizzazione di aree territoriali, di beni culturali e ambientali e di accoglienza dei Comuni. In particolare l'articolo 13, comma 25 prevede che entro il 31 dicembre 2014, con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, siano disciplinati i criteri per l'utilizzo delle risorse per gli interventi di cui al comma 24 e sono previste le modalità di attuazione dei relativi interventi anche attraverso apposita convenzione con l'Associazione nazionale dei comuni italiani. Il Pag. 34comma 24 della citata disposizione stabilisce che, al fine di promuovere il coordinamento dell'accoglienza turistica, tramite la valorizzazione di aree territoriali di tutto il territorio nazionale, di beni culturali e ambientali, nonché il miglioramento dei servizi per l'informazione e l'accoglienza dei turisti, siano finanziati progetti che individuino uno o più interventi di valorizzazione e di accoglienza tra loro coordinati. Si prevede anche che, in ordine agli interventi previsti, l'impegno finanziario dovesse essere assunto entro il 30 settembre 2015 e si concluda entro venti mesi da quest'ultima data. In via subordinata, si prevede che il finanziamento possa andare ad interventi di manutenzione straordinaria collegati ai medesimi obiettivi di valorizzazione della dotazione di beni storici, culturali, ambientali e di attrattività turistica. La relazione illustrativa precisa che il provvedimento attuativo è stato predisposto, ma la prevista riprogrammazione del PAC 2007-2013, che doveva alimentare il programma, da attivarsi ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 76 del 2013, ossia dalla data di perfezionamento degli atti di riprogrammazione, non ha trovato una posizione condivisa da parte delle amministrazioni coinvolte nella riprogrammazione, quindi non è stato possibile stanziare le risorse necessarie per l'attuazione degli interventi previsti dalla norma, che risulta in concreto non attuabile.
  I punti 43, 45 e 46 abrogano, rispettivamente, l'articolo 1, comma 292, della legge n. 147 del 2013 e i commi 2 e 3 dell'articolo 34 della legge n. 161 del 2014. La legge di stabilità per il 2014 (articolo 1, comma 292, legge n. 147 del 2013) prevede l'emanazione di un decreto interministeriale per l'incremento dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato per lavori agricoli, orticoli, di allevamento, di silvicoltura e piscicoltura e nelle coltivazioni sotto serra, nei limiti di spesa pari a 4 milioni di euro per l'anno 2014, a 21 milioni di euro per l'anno 2015 e a 16 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016. La legge europea 2013-bis (articolo 34, commi 2 e 3 della legge n. 161 del 2014), con un intervento di segno opposto, prevede, a copertura degli oneri recati dal provvedimento, un decreto interministeriale per l'utilizzo delle maggiori entrate derivanti dalla riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato in misura tale da garantire maggiori entrate pari a 4 milioni di euro per l'anno 2014, a 21 milioni di euro per l'anno 2015 e a 16 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016.
   Il punto 44 dell'allegato 1 abroga l'articolo 1, commi 382, 383 e 385 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), che ha previsto la delegificazione della materia relativa all'erogazione di contributi statali alle istituzioni culturali di cui alla legge n. 534 del 1996, principalmente al fine di indirizzarli verso le istituzioni di rilievo nazionale e di razionalizzare il sistema. Il regolamento di delegificazione doveva essere adottato entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Al riguardo si ricorda che, nella seduta della VII Commissione della Camera del 4 agosto 2015, è stato dato conto di una lettera inviata dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, nella quale, rilevato che la modifica della legge n. 534 del 1996, in quanto rappresentativa di un solo tassello della materia, non era sufficiente a sanare le criticità evidenziate negli anni dalle Commissioni parlamentari, è stata annunciata la volontà di attivare una commissione di alto profilo scientifico con il compito di elaborare linee guida per il generale riassetto della materia dei contributi agli enti culturali. Le stesse argomentazioni sono presenti nella relazione illustrativa.

  Andrea CECCONI (M5S), considerata la complessità del provvedimento, si chiede se non sia il caso, nel prosieguo del Pag. 35dibattito, di soffermarsi sulle parti più importanti del provvedimento.

  Emanuele FIANO (PD) giudica opportuno che sia data ai gruppi la possibilità di approfondire il contenuto del provvedimento, sulla base della relazione testé svolta, valutando successivamente la possibilità di concentrare il dibattito su determinate materie.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, condivide l'esigenza di svolgere adeguati approfondimenti sul tema, svolti i quali sarà possibile valutare l'ipotesi di concentrare il dibattito su determinati aspetti di merito. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 10.45.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 10 dicembre 2015. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene la sottosegretaria di Stato per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Sesa Amici.

  La seduta comincia alle 10.45.

Disposizioni in materia di vitalizi e nuova disciplina dei trattamenti pensionistici dei componenti delle Camere e dei consiglieri regionali.
C. 1093 Grimoldi, C. 2409 Nuti, C. 2446 Piazzoni, C. 3140 Caparini, C. 3225 Richetti, C. 3276 Giacobbe, C. 3323 Francesco Sanna e C. 3326 Turco.

(Seguito dell'esame e rinvio – Abbinamento delle proposte di legge nn. 3276, 3323 e 3326).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 24 settembre 2015.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, comunica che sono state assegnate alla I Commissione le proposte di legge C. 3276 Anna Giacobbe recante «Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali», C. 3323 Francesco Sanna recante «Disposizioni in materia di abolizione dei vitalizi e nuova disciplina dei trattamenti pensionistici dei membri del Parlamento» e C. 3326 Tancredi Turco recante «Disposizioni in materia di abolizione dei vitalizi e nuova disciplina dei trattamenti pensionistici dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali».
  Poiché le suddette proposte di legge vertono sulla stessa materia delle proposte di legge già all'ordine del giorno, avverte che ne è stato disposto l'abbinamento, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del regolamento.
  Illustra quindi la proposta di legge C. 3276, a prima firma della deputata Giacobbe, che prevede ulteriori interventi, rispetto alla disciplina vigente, in materia di vitalizi e di trattamenti che hanno un carattere previdenziale destinati ai componenti delle assemblee elettive regionali e nazionali, nonché una nuova disciplina previdenziale per gli amministratori locali. Per tutti i parlamentari in carica e per coloro che assumeranno la carica in futuro si prevede una ancora più marcata equiparazione alla generalità dei lavoratori e l'adozione delle regole previdenziali comuni: una sola pensione, calcolata con metodo contributivo e gestita dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).
  Passando ad esaminare nel dettaglio il contenuto del provvedimento, osserva che l'articolo 1 prevede che gli eletti nel Parlamento europeo, nel Parlamento nazionale, nelle assemblee legislative regionali e negli enti locali, che siano collocati in aspettativa per mandato politico ai sensi dell'articolo 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300, debbano optare tra l'accredito della contribuzione figurativa nel fondo in cui sono iscritti e l'iscrizione obbligatoria alla Gestione separata.
  Qualora gli eletti non siano iscritti al fondo lavoratori dipendenti o ai fondi sostitutivi dell'assicurazione generale obbligatoria Pag. 36per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti o a una cassa professionale, devono obbligatoriamente essere iscritti alla gestione separata.
  Per coloro che optano per l'iscrizione alla Gestione separata, ai fini del calcolo della prestazione pensionistica, i contributi vengono cumulati senza alcun onere, in base al calcolo pro quota, fermo restando il possesso dei requisiti per l'accesso alla pensione previsti per la generalità dei lavoratori.
  Qualora gli eletti siano già titolari di pensione autonoma, è obbligatoria l'iscrizione alla Gestione separata e i relativi contributi versati sono utili per la pensione supplementare.
  All'articolo 2 si prevede che per gli amministratori locali che non risultino titolari di pensione e non siano iscritti ad alcuna forma previdenziale obbligatoria l'amministrazione locale provvede al pagamento di una cifra forfetaria annuale presso la Gestione separata. Si prevede, inoltre, che gli amministratori locali che, al momento dell'assunzione della carica, siano iscritti a un fondo di previdenza complementare, possano mantenere l'iscrizione al fondo medesimo e proseguire volontariamente il pagamento della quota a proprio carico, mentre l'amministrazione locale è tenuta al pagamento della quota spettante al datore di lavoro. Si prevede, altresì, che i cittadini chiamati a ricoprire funzioni pubbliche elettive che, in ragione della mancata iscrizione a un fondo previdenziale obbligatorio, abbiano periodi non coperti da contribuzione abbiano facoltà di riscattare un periodo pari, al massimo, a una consiliatura.
  L'articolo 3 riguarda coloro che sono titolari di vitalizi secondo le norme previgenti rispetto alle modifiche introdotte a partire dal 2012; si prevede che per ciascuno siano considerati in modo cumulato tutti i vitalizi derivanti da mandati elettivi, i trattamenti previdenziali, comunque denominati, compresa l'eventuale prestazione pensionistica obbligatoria in godimento, e che, complessivamente, non possano godere di un trattamento economico superiore all'80 per cento degli emolumenti corrisposti a un eletto in carica nell'istituzione più alta dalla quale abbia origine il o i vitalizi. Le quote eccedenti la misura spettante sono trattenute a titolo di contributo di solidarietà e confluiscono in un fondo per l'equità previdenziale appositamente istituito presso l'INPS, finalizzato a garantire idonee misure di compensazione e di sostegno per le prestazioni pensionistiche delle nuove generazioni.
  L'articolo 4 disciplina i casi di sospensione dell'erogazione del trattamento previdenziale in godimento in caso di rielezione o di conferimento di incarichi istituzionali.
  L'articolo 5 dispone l'immediata entrata in vigore della legge.
  Passando ad esaminare la proposta di legge C. 3323, a prima firma del deputato Francesco Sanna, rileva che essa estende ai periodi di esercizio del mandato parlamentare l'applicazione delle norme generali che disciplinano il sistema pensionistico obbligatorio, assimilando tali periodi, ai soli fini pensionistici, ai periodi di esercizio di attività di lavoro subordinato. In particolare, l'articolo 1, intervenendo sul trattamento pensionistico dei periodi di esercizio del mandato parlamentare, considera retribuzione pensionabile ai fini dell'applicazione dell'aliquota contributiva, nonché del calcolo del trattamento pensionistico, l'indennità annua spettante ai parlamentari a norma dell'articolo 69 della Costituzione (stabilita ai sensi della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, e rideterminata dall'articolo 1, comma 52, della legge 23 dicembre 2005, n. 266).
  Tali periodi, in base all'articolo 2, saranno pienamente totalizzabili o cumulabili con gli altri periodi di contribuzione.
  Ai sensi dell'articolo 3, la gestione della previdenza obbligatoria dei parlamentari è affidata all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) nell'ambito del Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Gli Uffici di presidenza delle Camere possono deliberare di avvalersi dell'INPS per la corresponsione degli assegni già maturati in relazione ai periodi di esercizio del mandato parlamentare precedenti alla data di entrata in vigore della presente legge.Pag. 37
  Si prevede poi, in base all'articolo 4, la possibilità per gli Uffici di presidenza delle Camere di istituire un fondo di previdenza complementare a capitalizzazione, alimentato unicamente dai contributi volontari dei parlamentari e con esclusione di ogni onere a carico del bilancio dello Stato.
  In attesa che vada a regime il nuovo sistema e cioè si affermi, in forma mista dal prossimo 1 gennaio 2016 e in forma piena dalla prossima legislatura, il sistema di previdenza contributiva proposto, la proposta di legge, all'articolo 5, prevede una disciplina transitoria. I parlamentari in carica vedranno calcolato il trattamento loro spettante secondo un meccanismo che comporrà i trattamenti corrispondenti ai diversi periodi contributivi secondo il criterio pro rata temporis.
  Per le prestazioni future e per quelle già in fase di erogazione, maturate prima dell'abolizione del vitalizio ad opera delle delibere degli Uffici di presidenza delle Camere, viene introdotto un limite massimo, universalmente valido, fissato nel valore dell'indennità netta percepita da un parlamentare in carica. Più precisamente, la somma di vitalizi, erogati in virtù dell'esercizio di mandati legislativi nazionali, regionali, europei o di altri organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, non potrà superare il valore dell'indennità parlamentare prevista nel periodo di effettivo mandato di deputato o senatore. A tale regola si deroga nel caso in cui la prestazione o le prestazioni derivanti da cessato mandato parlamentare, consiliare o di altro organo di rango costituzionale – complessivamente considerate – siano corrispondenti per valore a quelle che deriverebbero da un ricalcolo con metodo contributivo.
  Quanto alla proposta di legge C. 3326, a prima firma del deputato Turco, essa prevede, all'articolo 1, non solo l'introduzione di un sistema previdenziale identico a quello vigente per i lavoratori dipendenti, ma anche la sua estensione a tutti gli eletti, compresi coloro che attualmente beneficiano dell'assegno vitalizio, in modo da abolire definitivamente i trattamenti in essere basati ancora sul sistema degli assegni vitalizi.
  L'articolo 2 interviene in materia di indennità spettante ai membri del Parlamento – composta da quote mensili e da un trattamento previdenziale differito – e obbligo di versamento dei contributi previdenziali, prevedendo inoltre, per coloro che optano, in luogo dell'indennità parlamentare, per il trattamento economico in godimento presso la pubblica amministrazione di appartenenza, la possibilità di versare i contributi allo scopo di ottenere la valutazione del mandato parlamentare a fini previdenziali.
  L'articolo 3 prevede che hanno accesso al trattamento previdenziale coloro che hanno versato «almeno 260 contributi settimanali nei cinque anni precedenti», mentre l'articolo 4 disciplina le modalità di erogazione del trattamento nonché i casi di sospensione, estendendo la sospensione a tutte le cariche ricoperte, a prescindere dall'ammontare dell'indennità, introducendola anche in relazione all'assunzione di qualsiasi altra carica, compresa quella di amministratore di enti pubblici o di enti privati a partecipazione pubblica.
  L'articolo 5 dispone la rideterminazione dell'ammontare degli assegni vitalizi e delle pensioni oggi erogati da parte delle Camere prevedendo che vengano ricalcolati entro tre mesi tutti gli importi dei trattamenti attualmente erogati con il nuovo metodo del calcolo contributivo in vigore per i lavoratori dipendenti.
  Pertanto i parlamentari già cessati dal mandato e che attualmente beneficiano del vitalizio o della pensione si vedranno ricalcolati gli importi con il sistema contributivo. Invece, i parlamentari cessati dal mandato e che non percepiscono ancora un trattamento previdenziale perché non hanno ancora raggiunto l'età pensionabile beneficeranno del nuovo trattamento previdenziale al compimento dell'età pensionabile stabilita dalla legge.
  L'articolo 6 estende la nuova disciplina ai consiglieri delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.Pag. 38
  L'articolo 7 prevede l'estensione delle norme relative alla pensione di reversibilità ai parlamentari e ai consiglieri regionali.
  L'articolo 8 dispone il trasferimento della gestione previdenziale dei parlamentari e dei consiglieri regionali, la verifica dei requisiti per l'accesso al trattamento previdenziale e i controlli sul mantenimento degli stessi all'INPS.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam.
C. 2976 Garnero Santanchè e C. 3421 Palmizio.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 9 dicembre 2015.

  Andrea CECCONI (M5S), pur comprendendo le ragioni di sicurezza alla base della presentazione delle proposte in esame, ritiene che gli interventi da esse proposti pongano rilevanti questioni – che richiamano il principio di eguaglianza tra le confessioni religiose e la libertà di culto – sulle quali la Commissione dovrebbe riflettere seriamente. Paventando il rischio, dunque, che il provvedimento generi discriminazioni nell'ambito del godimento di tali libertà, a seconda dell'appartenenza ad una specifica confessione religiosa, si chiede se forme di schedatura, come quelle previste da tale provvedimento, siano previste anche per le altre confessioni.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, fa notare che non esiste alcuna disciplina specifica che preveda forme di registrazione pubblica di confessioni religiose o dei loro luoghi di culto, osservando che, in caso, potrebbero assumere rilievo, per la regolamentazione di simili fattispecie, le norme vigenti che disciplinano, ad esempio, la destinazione d'uso degli edifici o quelle che regolamentano l'autorizzazione delle manifestazioni pubbliche, sulla base di ragioni di sicurezza, collocate in un quadro preciso di principi costituzionali.

  Emanuele FIANO (PD), prima di entrare nel merito specifico della discussione, giudica opportuno che si chiariscano i profili di legittimità costituzionale del testo della proposta, anche attraverso lo svolgimento di audizioni informali di soggetti esperti della materia. Valutati fondati i timori espressi nel dibattito, fa notare che il provvedimento richiama l'esigenza di considerare attentamente il rispetto di importanti principi costituzionali, ricordando come in tale delicata materia esista un'ampia giurisprudenza della Corte costituzionale ed un contenzioso in corso che ha visto, anche di recente, l'impugnazione di norme regionali da parte del Governo.

  Elena CENTEMERO (FI-PdL), relatrice, nel ringraziare i deputati intervenuti per il contributo fornito al dibattito, si augura che il provvedimento in esame – che si propone di affrontare questioni di trasparenza e di sicurezza che ritiene attuali e reali e che richiederebbero, a suo avviso, un approccio serio e non ideologico – non sia strumentalizzato e non dia luogo a confronti demagogici e di pura propaganda politica. Auspicato che siano legittimamente approfondite tutte le questioni attinenti ai profili di legittimità costituzionale, osserva che la normativa proposta nel provvedimento non rappresenta una novità assoluta nel panorama dei Paesi europei, facendo notare che alcuni di essi già hanno introdotto norme tese a disciplinare, ad esempio, la registrazione di determinati edifici di culto nonché la designazione e la formazione degli Imam.

  Celeste COSTANTINO (SI-SEL), pur comprendendo le legittimi preoccupazioni che sono alla base del provvedimento, si augura che non siano proprio i presentatori del provvedimento i primi a strumentalizzare il delicato tema in discussione, Pag. 39approfittando del clima di allarme diffuso nell'opinione pubblica e perseguendo un progetto politico opposto a quello che, a suo avviso, dovrebbe caratterizzare una legittima azione di governo – che, peraltro, a sua avviso, già appare in corso – tesa a fronteggiare adeguatamente le questioni di sicurezza.

  Emanuele FIANO (PD), intervenendo per una precisazione, apprezzata la sensibilità mostrata dalla relatrice nello sgombrare il campo da eventuali strumentalizzazioni politiche, ribadisce l'esigenza di svolgere un adeguato approfondimento delle problematiche di natura costituzionale poste dal testo in esame, attraverso lo svolgimento di un'accurata attività istruttoria.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, rileva che il provvedimento in esame, indubbiamente, pone all'attenzione della Commissione rilevanti questioni che richiamano l'esigenza di verificare il rispetto del principio di eguaglianza e delle libertà fondamentali, attinenti al rapporto con le confessioni religiose, che siano titolari o meno di una intesa con lo Stato. Condividendo la necessità di svolgere un'adeguata attività di natura istruttoria, fa presente che l'ipotesi di svolgere un ciclo di audizioni sul tema sarà valutata in una prossima riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

  Francesco Paolo SISTO (FI-PdL), associandosi alle considerazioni svolte dalla deputata Centemero, osserva che il provvedimento in esame non persegue alcuno scopo strumentale, essendo unicamente volto ad affrontare con serietà una questione di sicurezza che appare di assoluta attualità e complessità. Condivide in ogni caso l'esigenza di adeguati approfondimenti, anche attraverso lo svolgimento di un'attività di tipo istruttorio.

  Elena CENTEMERO (FI-PdL), relatrice, intervenendo per una precisazione, fatto notare che una proposta di legge di analogo tenore è stata presentata anche nella scorsa legislatura, concorda con l'esigenza di svolgere una preliminare attività di tipo istruttorio, al fine di chiarire gli aspetti di rilievo costituzionale.

  Andrea CECCONI (M5S), intervenendo per una precisazione, osserva che il provvedimento, per la delicatezza dei temi affrontati, si presta inevitabilmente a strumentalizzazioni, incidendo sull'emotività dell'opinione pubblica e di coloro che sono particolarmente sensibili ai temi religiosi. Ritiene sia ingiusto far scontare ad un'intera comunità di fedeli che praticano legittimamente la propria fede colpe addebitabili a frange di fanatici estremisti, facendo notare che, nel caso in cui decidesse di assumere determinati interventi, sarebbe opportuno prevedere il medesimo trattamento per tutte le confessioni religiose, al fine di evitare eventuali discriminazioni.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 11.15.

COMITATO RISTRETTO

  Giovedì 10 dicembre 2015.

Disposizioni in materia di conflitti di interessi.
C. 275 Bressa, C. 1059 Fraccaro, C. 1832 Civati, C. 1969 Tinagli, C. 2339 Dadone e C. 2652 Scotto.

  Il Comitato ristretto si è riunito dalle 11.20 alle 11.35.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 10 dicembre 2015.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 11.35 alle 11.55.

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AUDIZIONI INFORMALI

  Giovedì 10 dicembre 2015.

Audizione della Presidente della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, in relazione alle proposte di legge C. 2060 cost. Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia e C. 3224 cost., approvata dal Senato, recanti modifiche allo Statuto speciale della regione Friuli Venezia Giulia, di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, in materia di enti locali, di elettorato passivo alle elezioni regionali e di iniziativa legislativa popolare.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 12 alle 12.15.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Giovedì 10 dicembre 2015. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.

  La seduta comincia alle 12.50.

Indagine conoscitiva sulla gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali.
Audizione del sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.
(Svolgimento e conclusione).

Sulla pubblicità dei lavori.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati. Introduce quindi l'audizione.

  Angelo RUGHETTI, sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  I deputati Andrea CECCONI (M5S), Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), Marilena FABBRI (PD) e Luigi FAMIGLIETTI (PD) intervengono per porre quesiti e formulare osservazioni.

  Angelo RUGHETTI, sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, risponde ai quesiti posti e rende ulteriori precisazioni.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, ringrazia il sottosegretario Angelo Rughetti e dichiara conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.35.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.