CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 3 dicembre 2015
552.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 148

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 3 dicembre 2015. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 8.35.

Schema di decreto legislativo recante norme di attuazione della decisione quadro 2002/465/GAI relativa alle squadre investigative comuni.
Atto n. 228.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole).

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  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 2 dicembre 2015.

  Antonino MOSCATT (PD), relatore, formula una proposta di parere favorevole.

  Nessuno chiedendo di intervenire la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/100/UE che modifica la direttiva 2002/59/CE relativa all'istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d'informazione.
Atto n. 227.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Maria IACONO (PD), relatrice, evidenzia che lo schema di decreto che il Governo sottopone all'esame del Parlamento recepisce il testo della Direttiva 2014/100/UE in materia di monitoraggio del traffico navale. Ricordo che il recepimento della direttiva è scaduto il 18 novembre 2015.
  La direttiva, che consta di 4 articoli, prevede di sostituire l'allegato III alla direttiva 2002/59/CE che disciplina il sistema dell'Unione per lo scambio dei dati marittimi (Safeseanet).
  Tranne che per poche modifiche formali, aventi la funzione di indicare il soggetto competente a svolgere in Italia i compiti previsti dalla normativa europea (pertanto, in alcuni punti, laddove nella Direttiva europea il predetto soggetto è indicato con l'espressione «gli Stati membri», nello schema di decreto quest'ultima è sostituita da «l'Amministrazione»), lo schema di decreto legislativo di cui si tratta riproduce testualmente ed integralmente il contenuto dell'allegato III della direttiva.
  Lo schema di decreto consta infatti di due articoli e dell'allegato III.
  L'articolo 1 dispone la sostituzione dell'allegato III di cui all'articolo 13, comma 4, del decreto legislativo n. 196 del 2005 (che aveva, a sua volta, recepito la precedente direttiva 2002/59/CE).
  L'articolo 2 contiene la clausola di invarianza finanziaria.
  L'allegato III descrive il sistema dell'Unione per lo scambio di dati marittimi (SafeSeaNet), istituito ai sensi della direttiva 2002/59/CE che ha creato un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e di scambio delle informazioni volto a garantire una maggiore sicurezza ed efficienza e una migliore risposta alle situazioni potenzialmente pericolose.
  Tale sistema, oltre a migliorare la sicurezza marittima e dei porti, la protezione dell'ambiente e la prevenzione dell'inquinamento, può fornire informazioni utilizzabili anche per aumentare l'efficienza del traffico e del trasporto marittimo europeo, contribuendo in tal modo a renderlo maggiormente competitivo.
  Le modifiche introdotte dalla nuova Direttiva, e recepite nello schema di decreto, puntano a valorizzare l'esperienza in materia acquisita fino ad oggi e ad aggiornare il monitoraggio grazie ai progressi tecnici fatti dal 2002 con il sistema SafeSeaNet per lo scambio dei dati marittimi.
  Il sistema SafeSeaNet è stato avviato nell'ottobre 2004 dall'Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA), organismo che a sua volta era divenuto operativo nell'anno 2003. Esso migliora la sicurezza marittima e dei porti, la protezione dell'ambiente e la prevenzione dell'inquinamento. Inoltre, esso permette di scambiare informazioni supplementari volte a promuovere l'efficienza del traffico e del trasporto marittimi. Pag. 150
  Tale sistema si inserisce nel contesto di un monitoraggio del traffico navale e di un sistema comune per la condivisione delle informazioni per il settore marittimo che consente di dare accesso ad informazioni relative, ad esempio, alle posizioni delle navi, ai carichi pericolosi o all'inquinamento.
  La nuova versione dell'Allegato III, al pari della versione precedente, innanzi tutto espone i concetti generali e l'architettura di SafeSeaNet.
  Il sistema è formato da una rete di sistemi nazionali e da una banca dati centrale di raccordo. Ogni Stato membro istituisce e provvede alla gestione del sistema nazionale SafeSeaNet sotto la responsabilità di un'autorità nazionale competente (NCA). La Commissione è responsabile della gestione e dello sviluppo a livello di politiche del sistema centrale, in cooperazione con gli Stati membri.
  Tra gli elementi di novità vi è un ampliamento delle responsabilità dell'Agenzia Europea per la Sicurezza Marittima (EMSA). Secondo la formulazione al punto 2.1.2 del nuovo Allegato III, le responsabilità dell'Agenzia Europea per la Sicurezza Marittima non si limitano più alla sola area tecnica, ma si estendono alla documentazione di SafeSeaNet nonché allo sviluppo del funzionamento e dell'integrazione dei messaggi e dei dati elettronici e al mantenimento delle interfacce con il sistema centrale SafeSeaNet.
  Il controllo si esercita attraverso una stretta cooperazione tra Commissione europea e Stati membri. Il sistema centrale funge da punto nodale e collega tutti i sistemi SafeSeaNet nazionali. Vengono inoltre definiti i principi di gestione e le modalità di sviluppo del documento di controllo dell'interfaccia e delle funzionalità e della documentazione tecnica.
  Alla luce dei contenuti dell'atto, formula sin dalla seduta odierna una proposta di parere favorevole.

  Nessuno chiedendo di intervenire la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dalla relatrice.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/54/UE relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità alla Convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione.
Atto n. 238.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Maria IACONO (PD), relatrice, rileva che lo schema di decreto legislativo in esame è stato predisposto ai fini del recepimento della direttiva 2013/54/UE.
  Tale direttiva è intesa ad assicurare che gli Stati membri adempiano, mediante l'istituzione di meccanismi di attuazione e controllo, comprese le ispezioni, gli obblighi derivanti, nella qualità di Stato di bandiera, dalla Convenzione sul lavoro marittimo (CLM) del 2006 dell'Organizzazione internazionale del lavoro.
  Quest'ultima Convenzione stabilisce norme minime comuni, nel settore marittimo, per tutte le bandiere e per tutti i lavoratori coinvolti.
  Il termine per il recepimento della direttiva è scaduto il 31 marzo 2015.
  Ricorda che la Convenzione è entrata in vigore il 20 agosto 2013 e che, in materia di controllo del rispetto delle relative norme, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha emanato il decreto direttoriale n. 13 del 17 giugno 2013, «Istituzione Servizio Ispettivo del Lavoro Marittimo». Quest'ultimo decreto, secondo la relazione illustrativa del presente schema, insieme con le successive circolari attuative (citate nella medesima relazione), costituisce una piena attuazione anticipata della direttiva UE (essa è stata adottata dopo il suddetto decreto). Tuttavia, la Commissione europea ha avviato, nel maggio 2015, nei confronti dell'Italia una procedura di infrazione (procedura 2015/0202) per il mancato recepimento della direttiva. Pag. 151
  L'articolo 1 e l'articolo 3, comma 1, dello schema specificano che il provvedimento legislativo in esame concerne le condizioni di vita e di lavoro di tutti i lavoratori marittimi a bordo di navi mercantili battenti bandiera italiana (adibite alla navigazione marittima).
  L'articolo 2 dello schema reca le definizioni di alcuni termini.
  Il comma 2 dell'articolo 3 demanda ad un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da emanarsi, entro 180 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, previa consultazione con le organizzazioni degli armatori e dei lavoratori marittimi interessati, l'adattamento dei meccanismi di attuazione e di controllo, previsti dal provvedimento legislativo in esame, per le navi che non effettuino viaggi internazionali e la cui stazza lorda sia inferiore alle 200 tonnellate, al fine di tener conto delle loro condizioni specifiche. L'ipotesi dell'adozione di adattamenti per tali navi è consentita da parte dell'articolo II, paragrafo 6, della citata Convenzione del 2006 nonché dall'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva oggetto di recepimento.
  L'articolo 4, comma 1, attribuisce all'autorità competente centrale – costituita, ai sensi del precedente articolo 2, comma 1, lettera a), dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – le funzioni: di attuazione della normativa in materia di ispezione e certificazione relativa al lavoro marittimo, d'intesa con il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto per i profili inerenti alla sicurezza della navigazione; di coordinamento e indirizzo in materia di lavoro marittimo; di programmazione – d'intesa con il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, l'INPS e l'INAIL – di specifiche campagne ispettive, intese alla verifica delle condizioni di vita e di lavoro a bordo delle navi. Il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto assicura il controllo ed il coordinamento dell'attività ispettiva (comma 2 dell'articolo 4). Quest'ultima, insieme con l'attività di certificazione, è svolta (anche per le navi che facciano scalo in porti esteri) dalle autorità competenti locali (commi 3 e 4 dell'articolo 4), le quali (ai sensi del precedente articolo 2, comma 1, lettera b)) sono costituite dagli uffici marittimi periferici, retti da ufficiali del Corpo delle capitanerie di porto.
  Ai sensi dell'articolo 5, gli ispettori, aventi i requisiti professionali minimi indicati nell'allegato I ed inseriti in un apposito elenco (redatto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto), sono autorizzati ad eseguire i controlli relativi all'applicazione delle prescrizioni della suddetta Convenzione e della normativa nazionale in materia di condizioni di vita e di lavoro a bordo.
   I commi da 1 a 4 dell'articolo 6 disciplinano le cadenze temporali delle ispezioni in oggetto. Il comma 5 prevede la categoria dell'ispezione addizionale, la quale è effettuata a seguito di un reclamo presentato alla summenzionata autorità competente locale per presunte violazioni della normativa lavoristica in oggetto. I criteri e le modalità delle ispezioni sono definiti dal comma 6.
  I commi 1 e 2 dell'articolo 7 disciplinano la fase successiva allo svolgimento dell'ispezione. Essa è costituita da: la redazione di un rapporto (in lingua italiana ed in lingua inglese) – destinato al comandante della nave, all'armatore, ai lavoratori marittimi impiegati sulla medesima, ai rappresentanti di questi ultimi (su richiesta), alla suddetta autorità competente locale ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti –; la segnalazione immediata al comandante della nave delle deficienze eventualmente riscontrate, con l'assegnazione di un termine per le relative correzioni. Qualora le deficienze siano rilevanti o siano stati oggetto di un reclamo a bordo, esse sono segnalate anche alle pertinenti organizzazioni degli armatori e dei lavoratori marittimi.
  I successivi commi 3 e 4 prevedono la redazione di un rapporto annuale sulle attività ispettive e sull'attuazione della normativa nazionale. Pag. 152
  L'articolo 8 disciplina la gestione dei reclami ricevuti da un'autorità competente locale circa presunti casi di violazione delle norme della citata Convenzione. Alla ricezione del reclamo consegue lo svolgimento di un'indagine da parte di un ispettore in servizio presso il primo porto di scalo della nave. L'ispettore cerca di favorire una soluzione in relazione al reclamo; in caso negativo, egli fissa un termine per l'armatore, ai fini della formulazione di osservazioni e dell'eventuale presentazione di un piano di azione correttivo. Qualora non sia stata conseguita una soluzione in base a tale procedura, l'autorità competente locale trasmette al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed alle pertinenti organizzazioni degli armatori e dei lavoratori marittimi una copia della relazione dell'ispettore, accompagnata dall'eventuale risposta ricevuta da parte dell'armatore. Ulteriori norme sulla gestione e valutazione dei reclami e sulla trasmissione di informazioni in materia sono poste dai commi 2, 6 e 7.
  Il comma 1 dell'articolo 9 prevede che l'autorità competente locale accerti, tramite l'ispettore, alla scadenza del termine da questi fissato ai sensi del precedente articolo 7, comma 1, che le deficienze, emerse o confermate nel corso dell'ispezione, siano state eliminate in conformità alla Convenzione.
  I commi da 2 a 4 prevedono, per l'ipotesi in cui le deficienze comportino un pericolo per la sicurezza e la salute dei lavoratori marittimi, che l'autorità competente locale disponga la sospensione delle operazioni e che, nei casi più gravi di cui al comma 4, l'ispettore adotti il provvedimento di fermo della nave.
  Il provvedimento di fermo o l'atto di sospensione di un'operazione non è revocato fino all'adozione dei rimedi oppure fino all'accettazione, da parte dell'autorità competente locale, di un piano d'azione dell'armatore, attuabile in modo rapido (commi 3 e 5).
  I commi 6 e 7 pongono norme in materia di informazione delle autorità e delle organizzazioni degli armatori e dei lavoratori marittimi e una disposizione di chiusura sui ricorsi amministrativi.
  L'articolo 10 prevede, per le attività di ispezione e di certificazione di cui ai precedenti articoli 4 e 6, l'adozione di tariffe, a carico dell'armatore – o del raccomandatario marittimo ovvero di altro rappresentante dell'armatore –, in solido con il proprietario della nave.
  L'articolo 11 reca le clausole di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2013/55/UE recante modifica della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI»).
Atto n. 239.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Giampiero GIULIETTI (PD), relatore, sottolinea come lo schema di decreto legislativo in esame (A.G. 239) costituisca attuazione della direttiva 2013/55/UE sul riconoscimento delle qualifiche professionali ed è stato adottato in attuazione della Legge di delegazione europea 2014 (Legge 9 luglio 2015, n. 114).
  La direttiva 2013/55/UE modifica la precedente direttiva 2005/36/CE nonché il regolamento (UE) 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno (IMI).
  Finalità dell'intervento è quello di garantire a coloro che hanno acquisito una qualifica professionale in uno Stato membro Pag. 153di esercitare in Italia tale professione in condizioni di parità con i cittadini italiani.
  In deroga a tale principio generale, si prevede la possibilità di introdurre specifici requisiti e condizioni purché di natura non discriminatoria e rispettose del principio di necessità e proporzionalità.
  Lo schema di decreto in esame – composto da 45 articoli – modifica ed integra numerose disposizioni del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 – di attuazione della precedente direttiva qualifiche 2005/36/CE – sostanzialmente intervenendo nei soli settori bisognosi di adeguamento alla disciplina della nuova direttiva 2013/55/UE.
  Quanto alla direttiva, ricorda che è entrata in vigore il 17 gennaio 2014 e che gli Stati devono recepirla entro il 18 gennaio 2016.
  Nell'ambito delle iniziative volte a completare e rafforzare il mercato interno, la direttiva 2013/55/CE, di modifica della direttiva 2005/36/CE, ha introdotto numerose modifiche alla disciplina sul riconoscimento delle qualifiche professionali nell'Unione.
  La direttiva discende dalla necessità – emersa da valutazioni effettuate dalla Commissione europea sullo stato di attuazione della direttiva 2005/36/CE – di rimuovere gli ostacoli ancora esistenti in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali quali la complessità delle prassi e le irregolarità amministrative, i ritardi nelle procedure di riconoscimento e le resistenze corporative a livello nazionale.
  Tra i punti più qualificanti della nuova disciplina si segnalano:
   l'introduzione di una tessera professionale europea (E.P.C.) volta a facilitare il riconoscimento delle qualifiche professionali conseguite nell'UE; inizialmente, l'EPC sarà disponibile solo per alcune professioni selezionate che presentano una elevata mobilità e che figurano tra quelle per le quali è stato manifestato interesse;
   l'accesso parziale ovvero la possibilità per il professionista di esercitare in uno Stato membro l'attività solo nel settore per cui è pienamente qualificato nello Stato di origine, evitando l'obbligo di misure compensative;
   un migliore accesso alle informazioni relative al riconoscimento delle qualifiche professionali mediante il ricorso a punti di contatto unici istituiti nel quadro della direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno;
   il riconoscimento del tirocinio professionale svolto in altro Stato membro, a condizione che si attenga alle specifiche linee guida pubblicate per ogni professione;
   il superamento della comparazione dei soli livelli di qualifica ai fini del riconoscimento professionale (andranno considerate anche le conoscenze e le abilità acquisite con l'esperienza professionale o mediante formazione permanente);
   la riduzione da due anni a un anno dell'esperienza professionale richiesta per esercitare una prestazione temporanea e occasionale in altro Paese membro;
   la revisione dei requisiti minimi di formazione delle professioni settoriali per i quali vige attualmente il riconoscimento automatico (medico, infermiere, ostetrica, odontoiatra, veterinario, farmacista e architetto);
   una diversa considerazione dei livelli di qualifica ai fini del diritto di stabilimento;
   la possibilità di computare i crediti formativi nella durata di un programma di studio sulla base del sistema europeo di accumulazione e trasferimento dei crediti formativi (European Credit Transfer and Accumulation System, ECTS). Tali crediti sono già utilizzati da una larga parte degli istituti di insegnamento superiore dell'Unione e il loro impiego sta diventando pratica comune anche per i corsi che consentono di conseguire le qualifiche richieste per l'esercizio di una professione regolamentata. Un credito Pag. 154ECTS corrisponde a 25-30 ore di studio, mentre per il completamento di un anno accademico sono di norma richiesti 60 crediti;
   l'introduzione di un meccanismo di allerta in base al quale le autorità competenti dei singoli Stati membri saranno tenute a segnalare alle proprie omologhe degli altri Stati membri i nominativi dei professionisti che lavorano in ambito sanitario (e che esercitano attività relative all'istruzione dei minori, tra cui l'assistenza e l'istruzione della prima infanzia) cui è stato vietato, da un'autorità pubblica o un tribunale, di esercitare, anche temporaneamente, la professione;
   la creazione di un quadro di formazione comune e di verifiche professionali comuni allo scopo di estendere il riconoscimento automatico a nuove professioni;
   la possibilità, per la Commissione UE, di aggiornare la lista delle attività artigianali per le quali è sancito il riconoscimento automatico sulla base della sola esperienza professionale;
   la trasformazione dei punti di contatto nazionali in centri di assistenza, con la creazione di sportelli fisici che forniscono informazione, consulenza e assistenza ai cittadini;
   la previsione di un processo di trasparenza con il quale ogni Stato membro dovrà esaminare la propria disciplina sulle professioni per verificare che non sia discriminatoria.

  Rinvia quindi alla documentazione predisposta dagli uffici per una analisi puntuale dell'articolato. Si limita a segnalare, per quanto di più diretto interesse della XIV Commissione, i contenuti dell'articolo 7, che modifica i compiti assegnati al Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio, previsti all'articolo 6 del D.Lgs. n. 206/2007, con riferimento al riconoscimento delle qualifiche professionali. Le disposizioni sono volte a dare attuazione all'articolo 1, n. 47 della Direttiva 2013/55, che modifica la direttiva 2005/36/CE, inserendo un nuovo articolo 57-ter riguardante i Centri di assistenza, che ciascuno Stato membro dovrà designare entro il 18 gennaio 2016. Le nuove disposizioni integrano i compiti del Dipartimento in quanto Coordinatore nazionale presso la Commissione europea e trasformano l'attuale Punto nazionale di contatto, istituito presso lo stesso Dipartimento, in Centro di assistenza per il riconoscimento delle qualifiche professionali, assegnando a quest'ultimo le funzioni esercitate dalla precedente struttura.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/49/UE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi.
Atto n. 241.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Paolo TANCREDI (AP), relatore, ricorda che lo schema di decreto legislativo in esame è volto a recepire la direttiva 2014/49/UE (cosiddetto Deposit Guarantee Schemes Directive – DGSD), che istituisce un quadro normativo armonizzato a livello dell'Unione Europea in materia di sistemi di garanzia dei depositi, attuando così la delega contenuta all'articolo 7 della legge 9 luglio 2015, n. 114 (legge delegazione europea 2014).
  Ricorda che il 23 settembre 2015 la Commissione europea ha inviato all'Italia una lettera di messa in mora (procedura di infrazione n. 2015/0440), per il mancato recepimento della direttiva 2014/49/UE, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi. Il termine per il recepimento scadeva il 3 luglio 2015.Pag. 155
  Le norme in commento anzitutto disciplinano la dotazione finanziaria dei sistemi di garanzia, che deve essere proporzionata alle passività e deve raggiungere un limite minimo (in linea generale, lo 0,8 dei depositi delle banche aderenti). Sono altresì descritte le modalità per costituire la dotazione finanziaria dei sistemi di garanzia, prevedendo un sistema di contribuzione ex ante (in luogo dell'attuale meccanismo di contribuzione ex post, ovvero che si attiva in caso di necessità). Accanto alle forme di contribuzione ordinaria è prevista una contribuzione straordinaria, in caso di insufficienza della dotazione finanziaria. Sono definiti ambiti e modalità di azione dei sistemi di garanzia, ai quali è consentito intervenire anche nelle fasi della risoluzione delle banche, così come – ove previsto dallo statuto – allo scopo di superare lo stato di dissesto.
  Si conferma il limite di 100.000 euro per i depositi protetti e si chiarisce che il termine per il rimborso è destinato a ridursi progressivamente nel tempo passando, dagli attuali venti, a sette giorni lavorativi, una volta che il quadro normativo sarà a regime (dal 1o gennaio 2024).
  Sono introdotte norme sulla cooperazione dei sistemi di garanzia istituiti in UE e di coordinamento delle relative azioni. Sono attribuiti alla Banca d'Italia poteri di vigilanza e di disciplina sugli SGD, correlati alla nuova normativa. Viene poi puntualmente disciplinato l'insieme di obblighi informativi alla clientela sui sistemi di garanzia stessi e sulla loro operatività.
  Ricorda che i sistemi di garanzia dei depositi – SGD costituiscono un elemento essenziale dell'Unione bancaria. Essa poggia su tre pilastri normativi: i) il Meccanismo di vigilanza unico (SSM), ii) il Meccanismo di risoluzione unico (SRM) e iii) le connesse disposizioni in materia di finanziamento, che comprendono il Fondo di risoluzione unico (SRF), i Sistemi di garanzia dei depositi (SGD) e un meccanismo comune di backstop (linea di credito). I tre pilastri si basano su due serie di norme orizzontali applicabili a tutti gli Stati membri: i requisiti patrimoniali per le banche (pacchetto CRD IV) e le disposizioni della direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD).
  In particolare, assieme alla citata direttiva 2014/59/UE (Bank Recovery and Resolution Directive – BRRD), la direttiva 2014/49/UE (Deposit Guarantee Scheme Directive – DGSD) reca la nuova disciplina in materia di crisi bancarie.
  Tali disposizioni costituiscono l'attuazione in Europa dei principi elaborati dal Financial Stability Board e sottoposti ai capi di Stato e di Governo nell'ambito del G-20. Le due direttive sono il risultato finale di un complesso negoziato, che ha coinvolto la Commissione, i governi nazionali e il Parlamento europeo nell'ambito della procedura ordinaria di co-decisione. Nella consapevolezza che fosse necessario risolvere una volta per tutte questi problemi, il legislatore europeo ha introdotto, entro il solco tracciato dal G20, un nuovo sistema armonizzato di risoluzione delle crisi bancarie atto a conseguire simultaneamente una pluralità di obiettivi: gestire in modo ordinato e coordinato il dissesto, minimizzare le ripercussioni negative sulla stabilità sistemica, preservare la continuità di servizi e funzioni essenziali (ad esempio, i sistemi di pagamento e le infrastrutture di mercato), tutelare i depositi (in particolare, quelli di valore pari o inferiore a 100.000 euro) e i fruitori dei servizi d'investimento, evitare oneri per le finanze pubbliche.
  Per quanto concerne invece il SRM – Meccanismo di risoluzione unico, è entrata in vigore il 26 novembre la Legge n. 188 del 2015, di ratifica dell'Accordo sul trasferimento e la messa in comune dei contributi al fondo di risoluzione unico, provvedimento sul quale la XIV Commissione si è espressa la scorsa settimana.
  Lo schema in esame si compone di cinque articoli. Pag. 156
  L'articolo 1 contiene la nuova disciplina sostanziale dei Sistemi di Garanzia dei Depositi – SGD, a tal fine modificando in più punti il Testo Unico Bancario – TUB, di cui al decreto legislativo 1o; settembre 1993, n. 385.
  In particolare l'articolo 1, ai commi 1 e 2, modifica il Testo Unico Bancario al fine di introdurre le opportune definizioni e di modificare i riferimenti interni ivi presenti, in relazione alle norme introdotte dallo schema in commento sulle garanzie dei depositi. Il comma 3 modifica il vigente articolo 96 del Testo Unico Bancario, che disciplina i soggetti aderenti ai sistemi di garanzia e la natura dei sistemi medesimi. Resta ferma la natura dei sistemi di garanzia quali soggetti di diritto privato alimentati da contributi provenienti dalle banche aderenti.
  Il comma 4 inserisce gli articoli 96.1 e 96.2 nel Testo Unico Bancario, disciplinando la dotazione finanziaria dei sistemi di garanzia. Essi devono avere una dotazione finanziaria proporzionata alle passività e comunque tale da arrivare, entro il 3 luglio 2024, ad almeno lo 0,8 per cento dell'importo dei depositi protetti delle banche aderenti. In attuazione dell'articolo 10, comma 6 della direttiva è prevista la facoltà di stabilire, al ricorrere di determinate condizioni, una dotazione inferiore a tale importo (con decisione del MEF sentita la Banca d'Italia e previa approvazione della Commissione UE), purché comunque non inferiore allo 0,5 per cento dei depositi protetti delle banche aderenti.
  Il comma 5 dell'articolo 1 modifica l'articolo 96-bis del TUB. Con le modifiche al comma 1 si precisa l'ambito operativo degli SGD, che operano anzitutto nei confronti delle banche italiane aderenti (in luogo del riferimento alle banche autorizzate in Italia), ivi comprese le loro succursali estere, così come nei confronti delle succursali italiane di banche estere (extracomunitarie e non) aderenti. Viene introdotto il comma 1-bis col quale si precisano le attività degli SGD e le modalità di intervento.
  Il comma 6 dell'articolo 1 introduce gli articoli da 96-bis.1 a 96-bis.4 nel Testo Unico Bancario, recanti in dettaglio le modalità di intervento degli SGD. In primo luogo, l'articolo 96-bis.1 elenca i depositi ammissibili, generalmente individuati nei crediti che possono essere fatti valere nei confronti della banca in liquidazione coatta amministrativa, relativi ai fondi acquisiti dalla banca con obbligo di restituzione, sotto forma di depositi o sotto altra forma, nonché agli assegni circolari e agli altri titoli di credito ad essi assimilabili. Si individuano inoltre i depositi che non sono ammessi al rimborso.
  Si ribadisce l'attuale limite di importi rimborsabili, pari a 100.000 euro per ciascun depositante. Detto limite, ai sensi della nuova disciplina europea, può essere adeguato ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 7, della direttiva 20 l 4/49/UE da parte della Commissione UE, in funzione del tasso di inflazione nell'Unione europea, sulla base delle variazioni dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo sin dall'ultimo adeguamento pubblicato dalla Commissione medesima.
  Sono disciplinate dettagliatamente le ipotesi in cui tale limite di 100.000 euro non si applica, nei nove mesi successivi all'accredito o al momento in cui divengono disponibili, ai depositi di persone fisiche.
  Il comma 7 dell'articolo 1 dello schema in esame sostituisce l'articolo 96-ter del TUB, che disciplina i poteri della Banca d'Italia nei riguardi dei sistemi di garanzia dei depositi. Resta fermo che l'istituto deve riconoscere i sistemi di garanzia, approvandone gli statuti. Si chiariscono più dettagliatamente le condizioni per detto riconoscimento, con particolare riferimento al ruolo dei sistemi medesimi nel superamento del dissesto bancario.
  Il comma 8 dell'articolo 1 dello schema in esame sostituisce l'articolo 96-quater del TUB in tema di esclusione dai sistemi di garanzia dei depositanti. Resta ferma l'esclusione da un sistema di garanzia in caso di inadempimento di eccezionale gravità agli obblighi derivanti dall'adesione allo stesso e sono analoghe le modalità di Pag. 157contestazione dell'inadempimento; viene abbreviato da un anno a sei mesi il termine per l'adempimento, e da un anno a tre mesi l'ulteriore proroga, a pena di esclusione.
  Il comma 9 dell'articolo 1 dello schema in commento inserisce gli articoli da 96-quater.1 a 96-quater.4 nel Testo Unico Bancario. L'articolo 96-quater.1 si occupa di prestiti tra sistemi di garanzia, recependo integralmente quanto previsto all'articolo 12 della direttiva. Sono disciplinate le ipotesi in cui il prestito può essere concesso e le condizioni di concessione. L'articolo 96-quater.2 reca le norme di cooperazione tra sistemi di garanzia dei depositanti. Con l'articolo 96-quater.3 sono stabilite condizioni e modalità per il trasferimento di una banca a un diverso sistema di garanzia, anche istituito in altro Stato membro; tali norme si applicano anche in caso di fusione o di scissione. L'articolo 96-quater.4 consente al sistema di garanzia di effettuare, se previsto dallo statuto e secondo le modalità concordate tra le banche, interventi ulteriori, mediante risorse corrisposte su base volontaria dalle banche aderenti e senza ricorso alla dotazione finanziaria prevista per le finalità istituzionali individuate dal già commentato articolo 96.1.
  Con l'articolo 2 dello schema sono apportate modifiche di coordinamento alle norme di recepimento della già citata direttiva BRRD (in particolare, al D.Lgs. n. 180 del 2015) per assicurare che l'intervento dei sistemi di garanzia sia coerente rispetto al nuovo contesto della risoluzione delle banche.
  L'articolo 3 disciplina puntualmente le informazioni da fornire ai depositanti, in ottemperanza all'articolo 16 della direttiva. Le banche forniscono ai depositanti le informazioni necessarie per individuare il sistema di garanzia pertinente e le informazioni sulle esclusioni dalla relativa tutela; le informazioni sono messe a disposizione gratuitamente ed in tempo utile prima che il contratto sia concluso o che il depositante sia vincolato da un'offerta, mediante un modulo standard; almeno una volta all'anno al depositante è fornita una versione aggiornata del modulo. Le informazioni necessarie per i depositanti sono anche diffuse sul sito web del sistema di garanzia.
  L'articolo 4 reca le disposizioni transitorie e finali.
  L'articolo 5 reca la clausola di invarianza finanziaria.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/60/UE relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012.
Atto n. 242.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 2 dicembre 2015.

  Mario SBERNA (PI-CD), relatore, rileva come la direttiva oggetto di recepimento sia senz'altro migliorativa della disciplina vigente. Si tratta di misure che si pongono in sintonia con l'articolo 9 della Costituzione, che prevedono tempi più adeguati per lo svolgimento delle indagini e che garantiranno maggiore sicurezza alle piccole e medie imprese che lavorano nel settore.
  Formula pertanto una proposta di parere favorevole.

  Nessuno chiedendo di intervenire la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 9.05.

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SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 3 dicembre 2015. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 9.05.

Disposizioni in materia di fornitura dei servizi della rete internet per la tutela della concorrenza e della libertà di accesso agli utenti.
Nuovo testo C. 2520 Quintarelli.

(Parere alla IX Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole con condizione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato nella seduta del 2 dicembre 2015.

  Marina BERLINGHIERI (PD), relatrice, richiama i contenuti della relazione svolta nella seduta di ieri e formula quindi, alla luce dei rilievi evidenziati, una proposta di parere favorevole con condizione (vedi allegato), che illustra.

  Nessuno chiedendo di intervenire la Commissione approva la proposta di parere favorevole con condizione formulata dalla relatrice.

Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario.
Testo unificato C. 259 Fucci e abb.

(Parere alla XII Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Maria IACONO (PD), relatrice, evidenzia come il provvedimento in esame – che la Commissione esamina ai fini del parere da rendere alla Commissione Affari sociali – detti disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario e si componga di 14 articoli.
  L'articolo 1 definisce la sicurezza delle cure in sanità come parte costitutiva del diritto alla salute, specificando che essa è perseguita nell'interesse dell'individuo e della collettività.
  Il comma 2 dell'articolo 1 stabilisce una connessione tra la sicurezza delle cure e le attività volte alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all'erogazione di prestazioni sanitarie, che concorrono alla realizzazione della sicurezza delle cure.
  Pertanto, il successivo articolo 2 prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dispongano che tutte le strutture che erogano prestazioni sanitarie attivino una adeguata funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario (risk management), al fine di realizzare maggiore appropriatezza nell'utilizzo delle risorse disponibili, garantendo al tempo stesso la tutela del paziente, secondo quanto già previsto dal cosiddetto decreto Balduzzi (articolo 3-bis del decreto-legge n. 158, del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012).
  Pur non entrando nel merito delle scelte organizzative che saranno adottate da ciascuna struttura sanitaria, sulla base delle disposizioni che verranno approvate a livello regionale, il comma 2 dell'articolo 2 stabilisce una serie di compiti nei quali si estrinseca l'attività di gestione e di monitoraggio del rischio sanitario che, ai sensi del comma 3, è coordinata da personale medico dotato delle specializzazioni in Igiene, Epidemiologia e Sanità pubblica o equipollenti ovvero con comprovata esperienza almeno triennale nel settore. Tra i predetti compiti, figurano: a) l'attivazione dei percorsi di audit finalizzati allo studio dei processi interni e delle criticità più frequenti (cosiddetti eventi «sentinella»), con segnalazione anonima del quasi errore. Il richiamo all'articolo 220 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale è volto a sancire l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in sede di audit dagli operatori sanitari coinvolti nell'evento «avverso»; b) rilevazione del rischio di inappropriatezza nei percorsi diagnostici e terapeutici e facilitazione dell'emersione di eventuali attività Pag. 159di medicina difensiva attiva e passiva; c) attività di formazione continua del personale finalizzata alla prevenzione del rischio sanitario; d) assistenza tecnica verso gli uffici legali della struttura sanitaria nel caso di contenzioso e nelle attività di stipula di coperture assicurative o di gestione di coperture auto-assicurative.
  Sempre con riferimento al tema della prevenzione e della gestione del rischio sanitario, gli articoli 3 e 4 prevedono l'istituzione presso ogni regione (senza nuovi oneri per la finanza pubblica) del Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che raccoglie i dati regionali sul contenzioso e sugli errori sanitari (articolo 3) e li trasmette all'Osservatorio nazionale sulla sicurezza in sanità (articolo 4). L'obiettivo è quello di assicurare la continuità del flusso informativo, tra livello regionale e statale.
  In particolare, l'articolo 3, oltre che disciplinare i Centri regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, attribuisce al Difensore civico regionale la funzione di Garante per il diritto alla salute, prevedendo che questi possa essere adito gratuitamente da ciascun soggetto destinatario di prestazioni sanitarie, per la segnalazione, anche anonima, di disfunzioni del sistema dell'assistenza sanitaria.
  L'articolo 4 riguarda l'Osservatorio nazionale sulla sicurezza in sanità, che deve essere istituito, con decreto del Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni (senza nuovi oneri per la finanza pubblica), presso l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS). L'Osservatorio provvede anche alla predisposizione di linee di indirizzo per la prevenzione e la gestione del rischio sanitario, nonché della formazione e l'aggiornamento del personale esercente le professioni sanitarie. Si prevede, altresì, che il Ministro della salute trasmetta con cadenza annuale al Parlamento la relazione sull'attività svolta dall'Osservatorio.
  L'articolo 5 reca, invece, misure riguardanti la trasparenza circa le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture, sia pubbliche e che private, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (co. 1). In particolare, le strutture sono tenute a fornire, su richiesta degli aventi diritto, la documentazione clinica relativa al paziente (co. 2), nonché a pubblicare nel proprio sito internet i dati relativi a tutti i risarcimenti erogati nell'ultimo quinquennio (co. 3).
  Gli articoli 6 e 7, concernenti rispettivamente la responsabilità penale e la responsabilità civile dell'esercente la professione sanitaria (e delle strutture sanitarie, nel caso della responsabilità civile), costituiscono la parte centrale del provvedimento. Tali disposizioni vanno lette congiuntamente a quelle recate dai successivi articoli 8 e 9, inerenti al tentativo obbligatorio di conciliazione e all'azione di rivalsa.
  L'articolo 6, al comma 1, stabilisce i parametri (consenso informato del paziente, rispetto delle buone pratiche clinico-assistenziali e delle raccomandazioni previste dalle linee guida) in base ai quali le prestazioni sanitarie non costituiscono offesa all'integrità psico-fisica del paziente.
  Rilevante è il ruolo attribuito alle linee guida – richiamate poi dal successivo comma 2 e dal comma 3 dell'articolo 7 – che sono adottate dalle società scientifiche iscritte in apposito elenco, istituito con decreto del Ministro della salute.
  Il comma 2 introduce un nuovo articolo nel codice penale, l'articolo 590-ter, riguardante la responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario: si prevede che l'esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, cagioni a causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita risponde dei reati di cui agli articoli 589 e 590 solo in caso di colpa grave. A tale effetti, è esclusa la colpa grave quando, salve le rilevanti specificità del caso concreto, sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali.
  Ricorda che, sulla base della normativa vigente – articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 148 del 2012, che tratta nello stesso comma responsabilità penale e civile Pag. 160– l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si sia attenuto a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve.
  Ai sensi della disposizione di cui al comma 6, quindi, l'esercente la professione sanitaria risponde solo per dolo o per colpa grave, che può derivare da imperizia: evidentemente, quindi, il requisito della gravità della colpa non opera nei casi della negligenza e dell'imprudenza. Si ribadisce la rilevanza delle linee guida, che costituiscono il parametro per l'accertamento della responsabilità da parte dell'autorità giudiziaria.
  Il comma 3 contiene una norma transitoria, per cui la disciplina prevista dal suddetto articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 148 del 2012, continua ad applicarsi, con riferimento a ciascun settore di specializzazione medico-chirurgica, fino alla pubblicazione delle linee guida relative al medesimo settore.
  L'articolo 7 introduce un regime di doppia responsabilità civile, per la struttura e per l'esercente la professione sanitaria: la prima risponde ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile (responsabilità contrattuale, con onere della prova a carico della struttura e termine di prescrizione di dieci anni) dell'operato di esercenti la professione sanitaria di cui si sia avvalsa, anche se non dipendenti della struttura stessa, comprese le prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero attraverso la telemedicina (commi 1 e 2); l'esercente la professione sanitaria – che nello svolgimento della propria attività deve attenersi, fatte salve le specificità del caso concreto, alle buone pratiche clinico-assistenziali e alle raccomandazioni previste dalle suddette linee guida (comma 3) – risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile (responsabilità extracontrattuale, con onere della prova a carico del soggetto che si ritiene leso e termine di prescrizione di cinque anni).
  La previsione della responsabilità contrattuale della struttura è rafforzata dall'obbligo di assicurazione, già previsto dalla normativa vigente e richiamato dal comma 1 dell'articolo 10 del provvedimento, nonché dall'introduzione dell'azione diretta nei confronti dell'assicurazione della struttura sanitaria, di cui all'articolo 11.
  L'articolo 8 prevede, invece, un meccanismo finalizzato a ridurre il contenzioso, attraverso l'espletamento obbligatorio del tentativo di conciliazione, ai sensi dell'articolo 696-bis del codice di procedura civile da parte di chi intende esercitare in giudizio un'azione tesa ad ottenere il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria.
  L'articolo 9 reca un'ulteriore disposizione, a completamento del nuovo regime della responsabilità sanitaria, disciplinando l'azione di rivalsa della struttura sanitaria nei confronti dell'esercente la professione sanitaria, in caso di dolo o colpa grave di quest'ultimo, successivamente all'avvenuto risarcimento (sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale) (commi 1 e 2).
  L'articolo 10, comma 1, come già accennato, pone l'obbligo di assicurazione a carico delle aziende, delle strutture e degli enti che erogano prestazioni sanitarie a favore di terzi per danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso l'azienda, la struttura o l'ente.
  L'obbligo di assicurazione è altresì contemplato per i liberi professionisti in ambito sanitario nonché per coloro che operano a qualunque titolo presso strutture pubbliche o private, al fine di rendere effettiva l'azione di rivalsa di cui al predetto articolo 9.
  L'articolo 11, già richiamato, introduce un'importante novità, costituita dall'azione diretta, da parte del soggetto danneggiato, nei confronti dell'assicurazione della struttura sanitaria ovvero del libero professionista, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l'assicurazione.
  Un'ulteriore disposizione volta a tutelare i soggetti danneggiati è l'articolo 12, che prevede l'istituzione di un Fondo di Pag. 161garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità sanitaria, costituito presso la Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.A. (CONSAP).
  Il Fondo si alimenta con contributi a carico delle imprese autorizzate all'esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria, con le modalità stabilite con regolamento del Ministro dello sviluppo economico.
  L'articolo 13 concerne le modalità con cui avviene la nomina dei consulenti tecnici d'ufficio, dei consulenti tecnici di parte e dei periti nei giudizi di responsabilità sanitaria civili e penali.
  L'articolo 14, infine, contiene una clausola di salvaguardia in base alla quale le disposizioni del provvedimento in oggetto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 9.20.

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