CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 2 dicembre 2015
551.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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INDAGINE CONOSCITIVA

  Mercoledì 2 dicembre 2015. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.10.

Indagine conoscitiva sugli strumenti e i metodi per la valutazione ex ante e ex post dell'impatto della normativa dell'Unione europea.
Audizione di rappresentanti dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).
(Svolgimento e conclusione).

  Michele BORDO, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Introduce, quindi, l'audizione.

  Riccardo CLERICI, capo dell'ufficio Protection Italia dell'UNHCR, e Andrea DE BONIS, funzionario dell'UNHCR, svolgono una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  Intervengono quindi i deputati Gea SCHIRÒ (PD), Ilaria CAPUA (SCPI), Giuseppe GUERINI (PD) e Michele BORDO, presidente.

  Riccardo CLERICI, capo dell'ufficio Protection Italia dell'UNHCR, e Andrea DE BONIS, funzionario dell'UNHCR, rispondono ai quesiti e alle osservazioni formulate.

  Michele BORDO, presidente, ringrazia gli intervenuti e dichiara quindi conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 2 dicembre 2015. — Presidenza del presidente Michele BORDO. — Interviene la sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo, Ilaria Carla Anna Borletti Dell'Acqua.

  La seduta comincia alle 15.10.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/60/UE relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012.
Atto n. 242.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Mario SBERNA (PI-CD), relatore, illustra i contenuti del provvedimento ricordando che lo schema di decreto legislativo in esame dà attuazione, sulla base della delega conferita dalla Legge di delegazione europea 2014 (Legge n. 114/2015) alla direttiva 2014/60/UE, relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro.
  Tale direttiva interviene allo scopo di rafforzare la normativa che consente di ottenere la restituzione di beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro: in particolare, le modifiche intendono superare i limiti riscontrati nell'applicazione della direttiva 93/7/UEE che, come evidenzia il punto 8) della premessa della nuova direttiva, sono derivati, in particolare, dalla ristrettezza del suo ambito di applicazione – risultante dalla condizioni stabilite nel suo allegato –, dai termini brevi per l'avvio di un'azione di restituzione e dai costi legati alla medesima azione.
  Il termine fissato per il recepimento della direttiva – limitatamente alle parti che modificano la direttiva 93/7/UEE – è Pag. 161il 18 dicembre 2015 (articolo 19, comma 1). Dal 19 dicembre 2015 – data a decorrere dalla quale è abrogata la precedente direttiva – i riferimenti alla direttiva 93/7/UEE si intendono fatti alla direttiva 2014/60/UE e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II di quest'ultima (articolo 20).
  Le novità introdotte sono trasposte nel nostro ordinamento mediante modifiche agli articoli 75-86 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004.
  Di seguito illustrerà le modifiche sostanziali, rinviando, per il quadro completo delle modifiche, al testo a fronte allegato al dossier di documentazione predisposto dagli uffici.
  La prima modifica – che novella il comma 2 e abroga il comma 3 dell'articolo 75 del d.lgs. 42/2004 – attiene all'ambito di applicazione. In particolare, si stabilisce che, ai fini della restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro, la qualificazione come «bene culturale» è riferita alla sola legislazione nazionale.
  Al riguardo, ricorda che la direttiva 2014/60/UE ha esteso l'ambito di applicazione a qualsiasi bene che è classificato o definito da uno Stato membro quale «patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale» (articolo 2, primo comma, punto 1), facendo venir meno la seconda condizione prevista dalla direttiva 93/7/UEE (in base alla quale il bene, per poter essere qualificato come «bene culturale» doveva essere considerato «tra i beni del patrimonio nazionale aventi un valore artistico, storico o archeologico» dalla legislazione dello Stato richiedente e, al contempo, appartenere ad una delle categorie di cui all'allegato alla medesima direttiva – che stabiliva, altresì, soglie di «antichità» e di «valore» differenziate per le diverse categorie di beni –, ovvero, non rientrando in una delle stesse categorie, costituire parte integrante delle collezioni pubbliche presenti negli inventari di musei, archivi e fondi di conservazione delle biblioteche o parte integrante degli inventari delle istituzioni ecclesiastiche).
  La relazione illustrativa allegata allo schema sottolinea, al riguardo, che l'eliminazione dell'allegato presente nella direttiva 93/7/UE rappresenta «un cambiamento importante che indica il rispetto della diversità dei sistemi nazionali di protezione dei beni nazionali», che permetterà di recuperare anche beni provenienti da scavi regolari o clandestini, purché essi siano classificati o definiti come patrimonio culturale nel paese richiedente.
  La seconda modifica – che interviene sull'articolo 76, comma 2, lettera d) del decreto legislativo 42/2004 – riguarda l'estensione (da due) a sei mesi del termine per la verifica da parte dello Stato membro cui è stato notificato il ritrovamento che il bene ritrovato costituisca un bene culturale. Il termine continua a decorrere dalla notifica. Così si recepisce l'articolo 5, primo comma, punto 3, della direttiva 2014/60/UE.
  La terza modifica – che inserisce il comma 2-bis nell'articolo 76 e novella il comma 5 dell'articolo 77 del decreto legislativo 42/2004 – attiene alla facilitazione della cooperazione fra le autorità degli Stati membri. In particolare, si prevede che il MIBACT – in quanto autorità centrale – utilizzi un modulo del sistema IMI, specificamente adattato per i beni culturali per diffondere tutte le pertinenti informazioni circa i beni culturali usciti illecitamente, nonché per la notifica alle autorità centrali degli altri Stati membri dell'avvenuta trascrizione delle domande giudiziali di restituzione.
  Al riguardo ricorda che la direttiva 2014/60/UE, per facilitare la cooperazione e la consultazione fra le autorità degli Stati membri, ha introdotto il ricorso al sistema di informazione del mercato interno (IMI) previsto dal regolamento (UE) 1024/2012, utilizzando un modulo specificamente adattato per i beni culturali.
  La quarta modifica – all'articolo 78, comma 1, del Codice dei beni culturali – attiene all'estensione (da uno) a tre anni del termine per agire in giudizio al fine di ottenere il rientro del bene. Il termine decorre (ora) dalla data in cui l'autorità centrale (e non più genericamente «lo Pag. 162Stato») viene a conoscenza del luogo in cui si trovava il bene culturale e dell'identità del suo possessore o detentore. Così si recepisce l'articolo 8, comma 1, primo periodo, della direttiva 2014/60/UE.
  La quinta modifica – all'articolo 78, comma 3, del Codice dei beni culturali – riguarda i beni per i quali l'azione di restituzione è imprescrittibile. In particolare, alle fattispecie di beni già contemplate nell'ordinamento vigente (beni appartenenti a collezioni pubbliche museali, archivi, fondi di conservazione di biblioteche e istituzioni ecclesiastiche), si aggiungono quelli appartenenti a altre istituzioni religiose. Al riguardo, segnala che la direttiva 2014/60/UE ha confermato che l'azione di restituzione si prescrive entro 30 anni a decorrere dalla data in cui il bene culturale è uscito illecitamente dal territorio dello Stato membro richiedente, ovvero, nel caso di beni che fanno parte di collezioni pubbliche o che appartengono a inventari delle istituzioni ecclesiastiche, nonché – quale novità rispetto alle previsioni della direttiva 93/7/UEE –; di beni appartenenti a inventari di altre istituzioni religiose, 75 anni, salvo negli Stati membri in cui l'azione è imprescrittibile (come l'Italia) e nel caso di accordi bilaterali fra Stati membri che prevedono un termine superiore.
  La sesta modifica – novellando l'articolo 79, commi 2 e 4 del decreto legislativo 42/2004 – riguarda il regime dell'equo indennizzo da corrispondere al possessore del bene. La direttiva 2014/60/UE ha stabilito che, qualora sia ordinata la restituzione del bene, il giudice competente dello Stato membro accorda al possessore del bene un equo indennizzo, a condizione che il possessore dimostri di aver usato, all'atto dell'acquisizione, la diligenza richiesta. L'onere della prova relativo all'uso della diligenza richiesta è posto, dunque, a carico del possessore.
  Rispetto al testo vigente dell'articolo 79, comma 2, del d.lgs. 42/2004 – che già dispone che «il soggetto interessato [all'indennizzo] è tenuto a dimostrare di aver usato, all'atto dell'acquisizione, la diligenza necessaria a seconda delle circostanze –, si specifica ora che, per determinare l'esercizio della diligenza richiesta, si tiene conto di tutte le circostanze dell'acquisizione e, in particolare: della documentazione sulla provenienza del bene; delle autorizzazioni di uscita prescritte dal diritto dello Stato richiedente; della qualità delle parti; del prezzo pagato; del fatto che il possessore abbia consultato o meno i registri dei beni culturali rubati e ogni informazione pertinente che avrebbe potuto ragionevolmente ottenere; di ogni altra pratica cui una persona ragionevole avrebbe fatto ricorso in circostanze analoghe.
  Si estende inoltre la possibilità di rivalersi di quanto versato a titolo di indennizzo anche nei confronti di soggetti non residenti in Italia.
  L'ultima modifica – che novella l'articolo 84, comma 3, del decreto legislativo 42/2004 – concerne l'estensione (da tre) a cinque anni della cadenza della relazione sull'applicazione della direttiva 2014/60/UE, che il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo deve predisporre per la Commissione europea. Resta, invece, confermata la cadenza triennale della relazione sull'applicazione del regolamento (CE) n. 116/2009 del 18 dicembre 2008 del Consiglio, relativo all'esportazione di beni culturali, e il fatto che entrambe le relazioni sono trasmesse al Parlamento (ambiti non trattati dalla direttiva 2014/60/UE). In base a tale disposizione la medesima relazione è presentata, per la prima volta, entro il 18 dicembre 2020.
  L'articolo 2 dello schema reca la clausola di invarianza finanziaria; ritiene che il provvedimento in esame potrà addirittura conseguire risparmi di spesa, facilitando il lavoro di coloro che sono impegnati in questi importanti compiti di tutela.
  Sottolinea, in conclusione, l'importanza delle disposizioni illustrate, che scoraggiano l'acquisizione illecita di beni culturali e nel contempo consentiranno di potenziare e rendere maggiormente efficaci le misure di contrasto al trafugamento del patrimonio artistico.

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  Ilaria Carla Anna BORLETTI DELL'ACQUA, Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo, condivide le valutazioni del relatore circa la ratio di attuazione della direttiva, che valuta estremamente positiva e che rafforzerà la strumentazione a disposizione delle autorità investigative preposte, che in questo settore possono essere definite tra le autorità migliori del mondo.

  Michele BORDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/50/UE recante modifica della direttiva 2004/109/CE, sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, della direttiva 2003/71/CE, relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, e della direttiva 2007/14/CE, che stabilisce le modalità di applicazione di talune disposizioni della direttiva 2004/109/CE.
Atto n. 235.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole con condizione).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 1o dicembre 2015.

  Tea ALBINI (PD), relatrice, formula una proposta di parere favorevole con condizione (vedi allegato 1), che illustra.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con condizione formulata dalla relatrice.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/68/UE concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di attrezzature a pressione.
Atto n. 244.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 1o dicembre 2015.

  Chiara SCUVERA (PD), relatrice, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2), che illustra.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere e formulata dalla relatrice.

Schema di decreto legislativo recante norme di attuazione della decisione quadro 2002/465/GAI relativa alle squadre investigative comuni.
Atto n. 228.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Antonino MOSCATT (PD), relatore, ricorda che lo schema di decreto legislativo in esame – che la Commissione affronta ai fini del parere da rendere al Governo – è volto a dare attuazione alla delega conferita al Governo dalla Legge di delegazione europea 2014 (legge 9 luglio 2015, n. 114) per il recepimento della decisione quadro del Consiglio 2002/465/GAI del 13 giugno 2002 relativa alla istituzione di squadre investigative comuni.
  La decisione quadro 2002/465/GAI ripropone integralmente il contenuto dell'articolo 13 della Convenzione di Bruxelles relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale, del 29 maggio del 2000.
  Il citato articolo 13 delinea le squadre investigative comuni quale strumento elettivo di assistenza non rogatoriale finalizzato Pag. 164all'accertamento e alla repressione di fenomeni criminosi che coinvolgano l'ambito territoriale di due o più Stati.
  Nel merito la decisione quadro prevede che, al fine di condurre indagini penali che esigono un'azione coordinata e concertata negli Stati membri, due o più Stati membri possano costituire una squadra investigativa comune. A tal fine le autorità competenti degli Stati membri interessati concludono un accordo comune che definisce le modalità della squadra investigativa comune. L'istituto, pur non essendo circoscritto al contrasto di specifiche forme di criminalità, è concepito come strumento prioritario per combattere il terrorismo, il traffico di stupefacenti e la tratta di esseri umani. La squadra investigativa comune deve essere caratterizzata da uno scopo preciso e una durata limitata.
  Il provvedimento in esame si compone di otto articoli.
  L'articolo 1 individua l'ambito applicativo del decreto legislativo, chiarendo che l'obiettivo del provvedimento è quello di dare attuazione alla decisione quadro n. 2002/465/GAI che prevede l'istituzione di squadre investigative comuni.
  Gli articoli 2 e 3 disciplinano rispettivamente la richiesta di costituzione di squadra investigativa comune presentata dall'autorità giudiziaria italiana e la procedura che segue ad un'analoga richiesta proveniente da Stato estero. In particolare, per quanto riguarda la c.d. procedura attiva, l'articolo 2 stabilisce che la richiesta di costituzione di una squadra investigativa comune può essere presentata da ciascun procuratore della Repubblica. Nel caso in cui diversi uffici del pubblico ministero procedono ad indagini collegate, la richiesta è formulata d'intesa fra loro (comma 3).
  Si consente la costituzione di squadre investigative per indagini particolarmente complesse sul territorio di più Stati, per indagini relative a delitti puniti con pena massima non inferiore a 5 anni di reclusione e per indagini relative ai seguenti delitti: associazione a delinquere finalizzata alla tratta di persone, all'immigrazione clandestina o realizzata allo scopo di commettere delitti di contraffazione; associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti o al contrabbando di tabacchi lavorati esteri; delitti di mafia; delitti di tratta; sequestro di persona a scopo di estorsione; attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti; delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale nonché delitto di strage; omicidio; ipotesi aggravate dei delitti di rapina ed estorsione; reati sessuali ai danni di minori; delitti di criminalità informatica; ipotesi aggravate del delitto di contrabbando di tabacchi, di violenza sessuale e di traffico illecito di stupefacenti; delitti di immigrazione clandestina e delitti di illegale fabbricazione, commercio o detenzione di armi ed esplosivi.
  Con riguardo alla c.d. procedura passiva, ovvero alla richiesta di costituzione di una squadra investigativa comune proveniente da uno Stato membro, in base all'articolo 3, il procuratore della Repubblica riceve la richiesta e, in caso di competenza di altro ufficio, la trasmette immediatamente alla procura competente, dandone avviso alla autorità straniera richiedente (comma 2). Il procuratore della Repubblica competente informa della richiesta il procuratore generale presso la Corte d'appello, così che questi possa eventualmente avvisare della richiesta stessa gli altri pubblici ministeri del distretto che possano essere interessati alle indagini, al fine del coordinamento delle stesse. Se si tratta di indagini per delitti rispetto ai quali è competente la procura distrettuale, la comunicazione è data al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo (comma 3). Il comma 4 prevede che il procuratore della Repubblica, sentito il procuratore generale presso la Corte d'appello o, per i reati di propria competenza, il procuratore antimafia e antiterrorismo, comunichi senza ritardo all'autorità dello Stato estero richiedente la decisione di non dare corso alla richiesta, qualora questa comporti il compimento di atti espressamente vietati dalla legge o contrari ai principi fondamentali dell'ordinamento Pag. 165giuridico italiano. Tale decisione deve essere altresì comunicata anche al Ministro della giustizia, ai fini di consentire «all'organo di indirizzo politico le opportune valutazioni di competenza».
  I primi due commi dell'articolo 4 delineano il contenuto dell'atto costitutivo della squadra investigativa comune, che deve essere sottoscritto dal Procuratore della Repubblica e dall'autorità competente dello Stato membro o degli Stati membri coinvolti (comma 1).
  In particolare, l'atto deve indicare (comma 2) i componenti della squadra, il direttore; l'oggetto e le finalità dell'indagine; il termine entro il quale la squadra investigativa comune può operare; il pubblico ministero sotto la cui direzione opera la squadra, nell'ipotesi in cui la richiesta sia stata formulata d'intesa fra diversi uffici del pubblico ministero (comma 7).
  All'atto costitutivo è allegato il piano di azione operativo, contenente le misure organizzative e l'indicazione delle modalità di esecuzione (comma 3).
  L'articolo 5 dispone in ordine alla qualifica e alla responsabilità penale dei membri distaccati. In particolare il comma 1 individua lo status dei componenti della squadra investigativa comune distaccati dall'autorità estera, precisando che essi assumono, anche agli effetti della legge penale, la qualifica di pubblico ufficiale e ad essi sono attribuite le funzioni di polizia giudiziaria nel compimento delle attività di indagine.
  L'articolo 6 prevede il regime di utilizzazione delle informazioni investigative e degli atti di indagine. Il comma 1 delinea il fondamento normativo dell'azione delle squadre investigative, precisando che esse operano sul territorio italiano in base alla legge italiana.
  Il comma 2 disciplina l'acquisizione al fascicolo del dibattimento degli atti compiuti dalla squadra investigativa, di cui all'articolo 431 del Codice di procedura penale.
  Con riguardo al regime degli atti compiuti all'estero dalla squadra investigativa, il comma 3 precisa che essi hanno la stessa efficacia e utilizzabilità dei corrispondenti atti regolati dalla legge processuale italiana. Si prevede inoltre che il procuratore della Repubblica che ha sottoscritto l'atto costitutivo della squadra investigativa comune possa richiedere all'autorità competente degli altri Stati membri coinvolti nella squadra di ritardare – per un massimo di sei mesi – l'utilizzazione delle informazioni ottenute dai componenti della squadra, quando ciò può pregiudicare altre indagini o procedimenti penali in corso in Italia.
  L'articolo 7 reca disposizioni in materia di responsabilità civile dei membri della squadra investigativa.
  L'articolo 8 reca infine la clausola di copertura finanziaria, indicando gli oneri derivanti dall'attuazione dei provvedimenti e i mezzi per farvi fronte.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/61/UE recante misure volte a ridurre i costi dell'installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità.
Atto n. 243.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Marina BERLINGHIERI (PD), relatrice, rileva che lo schema di decreto legislativo in esame – che la XIV Commissione affronta oggi ai fini del parere da rendere al Governo – reca l'attuazione della direttiva 2014/61/UE recante misure volte a ridurre i costi dell'installazione di reti di comunicazione elettronica.
  Lo schema consta di 14 articoli, ed ha l'obiettivo di facilitare l'installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità, promuovendo un uso condiviso delle infrastrutture esistenti ed una realizzazione Pag. 166più efficiente delle infrastrutture fisiche nuove. Ciò al fine di abbattere i costi, altrimenti assai elevati, dell'installazione di tali reti (articolo 1).
  Secondo quanto stabilito dall'Agenda digitale europea la banda «ultra-larga» (nel provvedimento in esame «rete di comunicazione elettronica ad alta velocità»), è quella che garantisce velocità di connessione superiore a 30 Mbit/s.
  Ricorda in proposito che la Commissione europea ha adottato, il 19 maggio 2010, la comunicazione «Un'agenda digitale europea» (COM(2010)245). L'Agenda rappresenta una delle sette «iniziative faro» della Strategia per la crescita «Europa 2020». Tale Comunicazione prevede tre obiettivi in tema di banda larga ed ultra larga, con diverse scadenze temporali. Considerato ormai raggiunto il primo (ossia la comunicazione su banda larga, con velocità superiore a 2 Mbit/s) tale schema di decreto legislativo tende ad implementare interventi funzionali al raggiungimento degli altri due ovvero:
   banda larga veloce (pari o superiore a 30 Mbit/s) per tutti entro il 2020;
   banda larga ultraveloce (velocità superiore a 100 Mbit/s) per almeno il 50 per cento degli utenti domestici europei entro il 2020.

  L'articolo 2 contiene le definizioni ai fini della disposizione di cui si tratta, che riprendono pressoché testualmente quelle della direttiva. Oltre a quella di «rete elettronica ad alta velocità», sopra ricordata, è definito cosa si intenda per infrastruttura fisica, ossia tutti gli elementi in una rete destinati ad ospitare altri elementi senza essere essi stessi elementi attivi della rete medesima come piloni, tubature, cavidotti, centraline ma anche edifici o accessi di edifici. Le infrastrutture in questione possono essere gestite da soggetti pubblici o imprese private. Tali soggetti sono definiti «gestori di infrastruttura fisica» e sono distinti dagli «operatori di rete» che sono «imprese che forniscono o sono autorizzate a fornire reti pubbliche di comunicazione». Il risultato di lavori edilizi o di ingegneria civile che portino ad un intervento su un'infrastruttura fisica è definito nel provvedimento «opera di genio civile».
  L'articolo 3 definisce l'accesso all'infrastruttura esistente prevedendo che: il soggetto gestore dell'infrastruttura fisica ha il diritto di offrire le proprie infrastrutture agli operatori di rete per l'installazione di elementi di rete di comunicazione elettronica ad alta velocità.
  Il soggetto gestore dell'infrastruttura fisica ha l'obbligo di offrire le proprie infrastrutture agli operatori di rete per l'installazione di elementi di rete di comunicazione elettronica ad alta velocità, a fronte di richiesta di questi ultimi, secondo principi di equità, ragionevolezza, trasparenza e non discriminatorietà. Tale obbligo viene meno, e la richiesta può pertanto essere rifiutata, se vengono dimostrate da parte del gestore dell'infrastruttura fisica ragioni ostative (inidoneità oggettiva dell'infrastruttura fisica a ospitare gli elementi oggetto della richiesta; pregiudizio di alcuni interessi fondamentali, quali incolumità, salute e sicurezza pubblica, integrità e sicurezza delle reti con particolare riferimento alle infrastrutture critiche nazionali; rischio di grave interferenza con altri servizi erogati mediante la stessa infrastruttura; disponibilità di altri mezzi di accesso all'ingrosso rispetto all'infrastruttura fisica oggetto della domanda).
  La procedura per la richiesta prevede che l'operatore di rete debba allegare alla domanda una relazione dettagliata che indichi le ragioni per della richiesta, quale importo è disposta a corrispondere e il cronoprogramma degli interventi da realizzare. Il gestore dell'infrastruttura può aprire una trattativa in merito al prezzo, alle condizioni e ai termini dell'intervento.
  In caso di controversie, l'AGCOM, quale all'organismo di risoluzione delle controversie (articolo 9), decide in forma vincolante entro quattro mesi dalla data di ricezione della richiesta. La decisione è vincolante anche sul prezzo da corrispondere. Anche in tal caso si tratta di un recepimento pressoché testuale del contenuto della direttiva.Pag. 167
  L'articolo 4 prevede una mappatura delle reti di comunicazione elettronica veloci esistenti e di ogni altra infrastruttura fisica funzionale ad ospitarle, presente nel territorio nazionale. A tal fine rimette ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico la definizione delle regole tecniche per la definizione del contenuto del Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture (SINFI). Tale strumento era già previsto e disciplinato ai sensi dell'articolo 6-bis del decreto-legge n. 133 del 2014, che, infatti viene abrogato dall'articolo 14 della disposizione in essere, e si ricollega all'obiettivo, previsto dalla strategia per la banda ultralarga, di creazione di un catasto delle infrastrutture del sotto e del soprasuolo idonee ad ospitare le reti di comunicazione ad alta velocità. I dati così ricavati sono resi disponibili in formato di tipo aperto e interoperabile.
  I gestori di infrastruttura fisica, in caso di realizzazione, manutenzione straordinaria sostituzione o completamento della infrastruttura, comunicano i dati relativi all'apertura del cantiere, al SINFI che pubblica, in qualità di sportello telematico unico, tutte le informazioni relative alle condizioni e alle procedure applicabili al rilascio di autorizzazioni per le opere, anche di genio civile, necessarie ai fini dell'installazione di elementi di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità. L'accesso a tali informazioni può essere limitato, solo nella misura strettamente necessaria, per ragioni connesse alla sicurezza e all'integrità delle reti, alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica, alla riservatezza o a segreti tecnici e commerciali.
  Anche l'articolo 4 appare sostanzialmente conforme al dettato della direttiva.
  L'articolo 5 prevede procedure di coordinamento per lo svolgimento delle opere di genio civile realizzate dal gestore dell'infrastruttura fisica. Si prevede che quest'ultimo abbia il diritto di negoziare accordi con gli operatori di rete per l'installazione di reti di comunicazione elettronica e che debba soddisfare ogni ragionevole richiesta degli operatori di rete di coordinamento delle opere di genio civile (finanziate in tutto o in parte con risorse pubbliche) a condizione che non impediscano al gestore dell'infrastruttura fisica il coordinamento dei lavori, non implichino costi supplementari, ivi compresi ritardi nell'esecuzione delle opere, e che la richiesta sia presentata tempestivamente, almeno un mese prima della presentazione del progetto definitivo. Non si rilevano elementi di difformità rispetto al contenuto della direttiva.
  L'articolo 6 pone in capo al gestore dell'infrastruttura fisica, al proprietario e al committente dell'opera l'obbligo di fornire all'operatore di rete, ai fini del coordinamento delle opere di genio civile programmate o in corso, per le quali è stata rilasciata un'autorizzazione o si prevede la presentazione di una richiesta di autorizzazione nei successivi sei mesi: a) l'ubicazione e il tipo di opere; b) gli elementi di rete interessati; c) la data prevista di inizio dei lavori e la loro durata; d) un punto di contatto. L'articolo recepisce testualmente l'articolo 6 della direttiva, con i necessari adattamenti.
  L'articolo 7 interviene ad integrazione delle pertinenti disposizioni del codice delle comunicazioni elettroniche con riferimento alla fattispecie nella quale le opere di genio civile riguardino più comuni. In tal caso la decisione è assunta, previa valutazione in conferenza di servizi unica per ambito regionale, dal comune di maggiori dimensioni. Il procedimento è concluso nel termine di quattro mesi dal ricevimento della richiesta completa in tutti i suoi elementi, prorogabili per altri 2 mesi solo in casi eccezionali e debitamente motivati. Decorso tale termine la richiesta, nel silenzio dell'amministrazione, è accolta. L'articolo 7 recepisce la direttiva nella parte non già disciplinata dall'articolo 88 del Codice delle comunicazioni elettroniche. Anche in tal caso si può ritenere che l'ordinamento nazionale si sia adeguato alla disciplina della direttiva.
  L'articolo 8 stabilisce che anche i proprietari di unità immobiliari, o il condominio, equipaggiati con un'infrastruttura fisica multiservizio passiva interna all'edificio, Pag. 168hanno l'obbligo, se richiesti, di assicurare, secondo condizioni eque e non discriminatorie, anche con riguardo al prezzo, l'accesso alle infrastrutture agli operatori di rete. I gestori di rete pubblica di comunicazioni hanno il diritto di installare la propria rete, a proprie spese fino al punto d'accesso. Qualora nell'edificio non vi sia un'infrastruttura fisica, i fornitori di reti pubbliche di comunicazioni hanno diritto di far terminare la propria presso l'abitazione dell'abbonato, con il consenso dell'abbonato medesimo, riducendo al minimo l'impatto sulla proprietà di terzi. Anche in tal caso, se non vengono raggiunti accordi, la questione può essere rimessa da ciascuna delle parti all'organismo di risoluzione delle controversie. Anche l'articolo 8 della direttiva era già sostanzialmente recepito in parte da disposizioni nazionali (articolo 6, comma 5-quinquies del decreto-legge n. 133 del 2014; articolo 135-bis del testo unico edilizia, decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001). La conformità è piena, a seguito dell'introduzione delle disposizioni di cui si tratta.
  L'articolo 9 indica l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) quale organismo di risoluzione delle controversie tra operatori di rete e gestori delle infrastrutture fisiche. La decisione dell'Autorità può formare oggetto di ricorso giurisdizionale.
  L'articolo 10 precisa che la natura giuridica della decisione assunta dall'Autorità è quella di ordine, ai sensi dell'articolo 98, comma 11, del Codice delle comunicazioni elettroniche (D. Lgs. 1 agosto 2003, n. 239), che sanziona appunto il mancato adempimento agli ordini e alle diffide impartite dall'Autorità in relazione alle disposizioni del Codice. La sanzione è compresa tra 15.000 e 150.000 euro. Anche tali disposizioni sono coerenti con la direttiva.
  L'articolo 11 fa salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome sulla materia, che perseguiranno le finalità delle disposizioni previste ai sensi dei rispettivi statuti e norme di attuazione.
  L'articolo 12 prevede che, nel caso di conflitto interpretativo tra le norme della disposizione in commento e le disposizioni del Codice delle comunicazioni elettroniche, prevalgano queste ultime. La norma richiama il medesimo principio di risoluzione del conflitto tra norme, individuato dalla direttiva all'articolo 1, comma 4.
  L'articolo 13 contiene la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 14 abroga l'articolo 6-bis del decreto-legge n. 133 del 2014, come sopra ricordato.
  L'articolo 15 disciplina l'entrata in vigore.
  Alla luce dei contenuti del provvedimento, formula sin dalla seduta odierna una proposta di parere favorevole.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dalla relatrice.

  La seduta termina alle 15.35.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 2 dicembre 2015. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 15.35.

Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali.
C. 2093-B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

(Parere alla VIII Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole con condizione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 1o dicembre 2015.

  Michele BORDO, presidente, richiama le posizioni di astensione preannunciate nella seduta di ieri dai gruppi M5S e Pag. 169SI-SEL. Invita quindi il relatore a formulare una proposta di parere.

  Massimiliano MANFREDI (PD), relatore, segnala come nel corso dell'esame del provvedimento presso il Senato, sia stata approvata all'unanimità una disposizione volta a includere tra i rifiuti in plastica compostabile i prodotti sanitari assorbenti non provenienti da ospedali, previo idoneo processo di sanificazione. Al fine di verificare la compatibilità di tale previsione con la normativa dell'Unione europea ritiene opportune formulare una proposta di parere favorevole con condizione (vedi allegato 3), volta a sottoporre la disposizione alla procedura di comunicazione di cui all'articolo 5, paragrafo 1, della Direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con condizione formulata dal relatore.

Disposizioni in materia di fornitura dei servizi della rete internet per la tutela della concorrenza e della libertà di accesso agli utenti.
Nuovo testo C. 2520 Quintarelli.

(Parere alla IX Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Marina BERLINGHIERI (PD), relatrice, ricorda che la XIV Commissione avvia l'esame in sede consultiva della proposta di legge di iniziativa parlamentare (C. 2520 Quintarelli ed altri), recante norme in materia di fornitura dei servizi della rete internet per la tutela della concorrenza e della libertà di accesso degli utenti.
  La proposta di legge A.C. 2520, come modificata dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito, ha ad oggetto la disciplina generale dei servizi della Rete Internet e si concentra, in particolare, sugli aspetti connessi al principio di neutralità della rete.
  Il testo si compone di 6 articoli.
  L'articolo 1 reca le definizioni rilevanti per la proposta di legge. In particolare sono rilevanti le definizioni di:
   rete internet qualificata come «il sistema di reti di comunicazione elettronica pubbliche e interconnesse, incluso il segmento di accesso alla sede di un utente, operante con la «suite» (cioè l'insieme) di protocolli Trasmission control protocol (TCP) e Internet Protocol (IP) come definiti dall’Internet Engineering task force (IETF)», e di cui vengono precisate altresì le connotazioni essenziali;
   fornitore di servizi della società dell'informazione ossia il soggetto fornitore di servizi della società dell'informazione, che fornisce software o contenuti digitali o servizi on line di terzi fornitori di contenuti e servizi attraverso una piattaforma tecnologica che consente l'acquisto da parte dell'utente;
   fornitore di reti o di servizi di comunicazione elettronica ovvero i soggetti autorizzati all'esercizio di reti e di servizi di comunicazione elettronica nel territorio italiano che consentono all'utenza domestica l'accesso a servizi della rete Internet e a fornitori di accesso alla medesima rete.

  Viene anche definita la modalità generale di accesso alla rete ossia l'accesso best effort connotato dal fatto che non viene garantita la consegna dei pacchetti dati a destinazione in quanto, non essendo presenti livelli di qualità del servizio, essa è determinata solo dal carico di rete.
  L'articolo 2 relativo alla qualificazione dei servizi forniti all'utenza, vieta di definire nell'offerta commerciale al pubblico e nella documentazione contrattuale ed informativa dei fornitori di reti e servizi di comunicazione elettronica come «accesso ad internet», un servizio che limiti l'accesso dell'utente a una porzione e/o a un sottoinsieme di servizi usufruiti attraverso Pag. 170la rete internet. Un servizio che consenta il solo accesso ad una tale porzione e/o sottoinsieme di servizi è definito «servizio non internet». La documentazione contrattuale deve indicare, con il maggior grado di precisione tecnicamente possibile, le limitazioni poste al servizio rispetto ad un altro che consenta l'accesso illimitato alla rete internet.
  L'articolo 3 in materia di limiti alla gestione del traffico sancisce il principio di neutralità della rete vietando ai fornitori di reti o servizi di comunicazione elettronica di ostacolare, ovvero rallentare rispetto alla velocità alla quale sarebbe fornito a un utente nella stessa area avente la medesima capacità di banda e con accesso illimitato alla rete internet, l'accesso ad applicazioni e servizi internet.
  Le uniche limitazioni ammissibili sono previste: per ridurre gli effetti della congestione del traffico nella rete internet, a condizione che tipologie differenti di traffico siano trattate con le medesime modalità; preservare l'integrità e la sicurezza della rete internet nonché il servizio del fornitore di reti o servizi di comunicazione elettronica in oggetto o del terminale dell'utente finale; limitare la trasmissione a un utente finale di comunicazioni non richieste, previo consenso dello stesso utente; adempiere ad un obbligo legislativo o giurisdizionale.
  È consentito commercializzare servizi a valore aggiunto di prioritarizzazione di classi di traffico nella rete di accesso per soddisfare una richiesta dell'utenza di affari e residenziale riguardante il proprio segmento di rete di accesso. L'accesso best effort deve in ogni caso far parte dell'offerta, essere pubblicizzato con la medesima evidenza nelle offerte commerciali di cui si tratta e, di queste, deve costituire la tariffa base. È vietato collegare al prezzo di tale offerta specifici servizi o contenuti.
  Si prevede inoltre una procedura nel caso di possibili danni all'integrità e alla sicurezza di internet derivanti dal traffico proveniente da un utente finale.
  Si prevede altresì che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) stabilisca standard minimi, aggiornati annualmente, di qualità per l'accesso al servizio.
  L'articolo 4 riguardante il libero accesso a software, contenuti e servizi, definisce il diritto degli utenti in tema di scelta e selezione, stabilendo che gli utenti hanno il diritto di reperire on line in formato idoneo alla piattaforma tecnologica utilizzata e di utilizzare a condizioni eque e non discriminatorie software proprietari o open source, contenuti e servizi legali di loro scelta.
  In particolare gli utenti hanno il diritto, indipendentemente dalla piattaforma tecnologica interessata di reperire contenuti e servizi dal fornitore di propria scelta alle condizioni con le modalità e nei termini liberamente definiti da ciascun fornitore.
  È pertanto vietato ai fornitori di servizi della società dell'informazione limitare o subordinare all'acquisto di determinati software tali diritti. A ciò si accompagna il diritto di disinstallare software o contenuti non di loro interesse dai propri dispositivi, salvo che non si tratti di elementi imposti da norme imperative.
  I due articoli successivi (articoli 4-bis e 4-ter) intervengono, rispettivamente, in tema di trasparenza e di sanzioni, imponendo ai fornitori di reti o di servizi di comunicazione elettronica di pubblicare sul proprio sito internet, nella sezione trasparenza le offerte ivi menzionate specificando quali consentano l'accesso ad internet e quali invece a porzioni di rete o a sottoinsiemi di servizi e individuando le sanzioni per le violazioni di quanto previsto dalla proposta di legge.
  Segnala in conclusione che lo scorso 26 novembre è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea (GUCE) il Regolamento (UE) 2015/2120 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2015 che stabilisce misure riguardanti l'accesso a un'Internet aperta e che modifica la direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica e il regolamento (UE) n. 531/2012 relativo al roaming sulle reti pubbliche di comunicazioni mobili all'interno dell'Unione.Pag. 171
  A seguito dell'emanazione del Regolamento 2015/2120 i servizi della rete e la libertà di accesso degli utenti diventano oggetto di disciplinata da parte di norme europee, immediatamente applicabili negli Stati membri, posto che il Regolamento – per sua natura – non necessita di atti di recepimento nell'ordinamento interno.
  Andrebbe pertanto valutata, da un lato, l'eventuale sovrapposizione di norme contenute nella proposta di legge con le disposizioni del Regolamento, nonché l'opportunità di introdurre misure nazionali in materia, anche in virtù di quanto stabilito all'articolo 10 del Regolamento che consente il mantenimento delle misure nazionali, limitatamente a quelle vigenti alla data di entrata in vigore del Regolamento stesso, al più tardi sino al 31 dicembre 2016.

  Giuseppe Stefano QUINTARELLI (SCpI) intende innanzitutto richiamare l'intenso lavoro svolto presso la Commissione Trasporti, con la partecipazione di tutti i gruppi. Rileva quindi che sebbene il Regolamento richiamato dalla relatrice sia effettivamente entrato in vigore, il BEREC – organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (Body of European Regulators for Electronic Communications) – entro il 30 agosto 2016 dovrà, con finalità di applicazione coerente del regolamento, formulare orientamenti per l'attuazione degli obblighi di vigilanza e applicazione delle autorità nazionali di regolamentazione. Le normative nazionali difformi avranno un anno di tempo per adeguarsi. La proposta di legge in esame – i cui contenuti hanno peraltro suscitato notevole interesse presso altri Stati membri dell'Unione europea – potrà quindi avere effetti positivi anche sugli orientamenti del BEREC, fornendo indicazioni utili nel quadro di un dibattito ancora aperto in Europa.
  Coglie quindi l'occasione per segnalare che la Commissione europea ha lanciato una procedura di consultazione riguardante standard per il Mercato Unico Digitale (DSM), che tocca anche questioni affrontate dall'articolo 4 del provvedimento in discussione. Riterrebbe particolarmente utile che il Parlamento partecipasse a tale consultazione.

  Sergio BATTELLI (M5S) concorda con le osservazioni del collega Quintarelli, e richiama a sua volta il positivo lavoro svolto presso la Commissione Trasporti, Si tratta di una proposta di legge buona e coraggiosa, che il M5S, da sempre favorevole ad un accesso libero a internet, condivide.

  Marina BERLINGHIERI (PD) ritiene opportuno verificare la compatibilità delle norme contenute nella proposta di legge con le disposizioni del Regolamento 2015/2120.
  Richiama quindi l'attenzione dei colleghi sul fatto che, su tale regolamento, né la Camera né il Senato si siano pronunciati in fase ascendente; ritiene che sarebbe stato assai preferibile intervenire allora, piuttosto che ora, mediante un'iniziativa legislativa che si suppone potrebbe avere riflessi sugli orientamenti del BEREC. Sottolinea la necessità che il lavoro del Parlamento intervenga per orientare le scelte europee mentre queste sono ancora in fase di elaborazione.

  Giuseppe Stefano QUINTARELLI (SCpI) rileva come il citato regolamento europeo sia stato adottato in grande fretta, nel momento in cui si temeva la possibile uscita della Grecia dall'eurozona, al fine di offrire un segnale positivo di utilità, con particolare riguardo alla previsione di abolizione del roaming.

  Michele BORDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.55.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.55 alle 16.

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