CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 3 novembre 2015
533.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 39

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 3 novembre 2015. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO – Interviene il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 13.30.

Schema di decreto legislativo recante modifiche del decreto legislativo n. 385 del 1993 e del decreto legislativo n. 98 del 1998, in attuazione della direttiva 2014/59/UE che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento.
Atto n. 208.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato, da ultimo, nella seduta del 28 ottobre scorso.

  Maurizio BERNARDO, presidente, avverte che il relatore, Carbone, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, ha Pag. 40formulato una proposta di parere sul provvedimento (vedi allegato 1).

  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani, nel corso della quale si procederà alla votazione della proposta di parere del relatore.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/59/UE che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento.
Atto n. 209.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato, da ultimo, nella seduta del 28 ottobre scorso.

  Paolo PETRINI (PD), relatore, formula una proposta di parere sullo schema di decreto (vedi allegato 2).
  In particolare la proposta di parere contiene innanzitutto una condizione relativa alla cosiddetta clausola di «depositor preference estesa» (cioè la clausola in base alla quale, dopo i depositi protetti, i crediti vantati dai sistemi di garanzia dei depositanti e i depositi di persone fisiche, microimprese e piccole e medie imprese, gli altri depositi presso la banca sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri crediti chirografari). Tale condizione chiede che, nell'ambito dell'applicazione dei meccanismi di bail-in, di cui all'articolo 91, comma 1-bis, lettera c), del Testo unico bancario (TUB), introdotto dall'articolo 1, comma 33, dello schema di decreto legislativo n. 208, ci si attenga strettamente all'ordine gerarchico tra i creditori contemplato dall'articolo 108 della direttiva 2014/59/UE, ovvero si preveda che tale clausola si applichi dal 1o gennaio 2019.
  Rileva infatti come il rinvio dell'entrata in vigore della predetta clausola di «depositor preference estesa» sarebbe funzionale sia a far maturare una maggior consapevolezza dei risparmiatori sul nuovo sistema di gestione delle crisi bancarie, sia a consentire alle banche di operare nella raccolta di finanziamenti senza dover sostenere costi eccessivi.
  In tale ambito illustra inoltre le osservazioni contenute nella proposta di parere, sottolineando come esse siano volte a introdurre, a tutela dei depositari, elementi di trasparenza e di chiarezza, soprattutto nella fase di introduzione di tale nuovo e complesso sistema di risoluzione delle crisi, facendo anche propri alcuni rilievi espressi in merito dalla CONSOB.
  Nel sottolineare la necessità di favorire la rapida approvazione del provvedimento e di procedere celermente al recepimento nell'ordinamento nazionale della direttiva 2014/59/UE, sia per consentire la conclusione della procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia per il mancato recepimento della predetta direttiva 2014/59/UE, sia per garantire chiarezza e stabilità al quadro normativo in materia in un momento in cui talune banche si trovano in una situazione di difficoltà, auspica quindi che possa procedersi all'espressione del parere sugli schemi di decreto n. 209 e n. 208 nella seduta già convocata per la giornata di domani.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani, nel corso della quale si procederà alla votazione della proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 13.35.

SEDE REFERENTE

  Martedì 3 novembre 2015. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 13.35.

Pag. 41

DL 153/2015 Misure urgenti per la finanza pubblica.
C. 3386 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Giovanni SANGA (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, in sede referente, il disegno di legge C. 3386, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 153 del 2015, recante misure urgenti per la finanza pubblica.
  Per quanto riguarda il contenuto del decreto-legge, che è stato modificato dal Senato e si compone di 3 articoli, segnala come l'articolo 1 modifichi gli strumenti della copertura finanziaria disposta nell'ambito del meccanismo della clausola di salvaguardia di cui all'articolo 1, comma 632, terzo periodo, della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014).
  In particolare viene disposto a tal fine e per il solo anno 2015, l'utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dalle procedure di voluntary disclosure di cui alla legge n. 186 del 2014 per la regolarizzazione dei capitali detenuti all'estero, in luogo dell'impiego delle entrate derivanti dall'aumento dell'accisa sui carburanti che slitta conseguentemente all'anno 2016.
  Nel dettaglio, il comma 1 dell'articolo 1 dispone:
   alla lettera a), che, in caso di mancato rilascio delle autorizzazioni degli organismi europei alle misure di deroga in relazione all'estensione del meccanismo del reverse charge alla grande distribuzione ed all'introduzione dello split payment, alla copertura degli effetti finanziari negativi che ne deriverebbero si provvede, per l'anno 2015, con le maggiori entrate derivanti dalla cosiddetta voluntary disclosure, attestate dall'Agenzia delle entrate nel medesimo anno sulla base delle richieste di accesso alla procedura di collaborazione volontaria, acquisite dalla medesima Agenzia;
   alla lettera b) che, conseguentemente, venga meno il riferimento al provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli che avrebbe dovuto disporre l'incremento di aliquota dell'accisa, entro la data del 30 settembre 2015, per l'eventualità del mancato rilascio delle predette autorizzazioni UE;
   alla lettera c) che l'importo da coprire sia ridefinito in 728 milioni di euro (in luogo dei previgenti 1.716 milioni) e sia fissata la nuova decorrenza dell'incremento, eventuale, delle accise sui carburanti, a partire dall'anno 2016 (in luogo del 2015).

  In merito ricorda che l'articolo 1, commi da 629 a 632, della citata legge n. 190 del 2014 ha apportato alcune novità in materia di IVA, incrementando tra l'altro il numero delle ipotesi di applicazione del meccanismo di inversione contabile (cosiddetto reverse charge): tale sistema è stato esteso tra l'altro al settore della grande distribuzione alimentare (ipermercati, supermercati e discount alimentari).
  Le richiamate norme della legge di stabilità per l'anno 2015 hanno subordinato l'efficacia dell'estensione del reverse charge al settore della grande distribuzione ad un'apposita autorizzazione UE, ai sensi della disciplina comunitaria in materia di IVA (rilascio, da parte del Consiglio dell'Unione europea, di una misura di deroga ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE).
  In tale ambito ricorda che il 22 maggio 2015 la Commissione europea ha trasmesso al Consiglio una Comunicazione (COM(2015)214 final), a norma dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE, con la quale si oppone alla richiesta italiana di deroga alla disciplina comunitaria dell'IVA per la materia della grande distribuzione. La Commissione UE ha infatti rilevato che un'applicazione indistinta e globale del reverse charge ad un alto numero di prodotti, destinati essenzialmente al consumo finale, non potesse essere considerata una misura speciale prevista dall'articolo 395 Pag. 42della direttiva IVA. Inoltre, la Commissione ha ritenuto che non ci fossero prove sufficienti del fatto che la misura richiesta potesse contribuire a contrastare le frodi; al contrario, ha reputato che la misura in questione implicasse seri rischi di frode a scapito del settore delle vendite al dettaglio e a scapito di altri Stati membri. Infine, la Commissione non ha condiviso la stima di impatto positivo effettuata dalle Autorità italiane, perché la misura in questione non risultava utile.
  Per quanto riguarda invece l'introduzione del cosiddetto split payment la legge di stabilità 2015 ne ha disposto con efficacia immediata (1o gennaio 2015). Anche in relazione a tale innovazione è stato previsto, ai sensi della disciplina europea, il rilascio di una apposita misura di deroga.
  Ricorda in merito che il meccanismo dello «split payment» è costituito da speciali modalità di versamento dell'imposta sul valore aggiunto, per le operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici che non risultano debitori d'imposta: al fornitore del bene o del servizio viene erogato il solo importo del corrispettivo pagato dalla P.A., al netto dell'IVA indicata in fattura; l'imposta è quindi sottratta alla disponibilità del fornitore e acquisita direttamente dall'Erario.
  Il 12 giugno 2015 la Commissione Europea ha annunciato l'espressione di un parere favorevole sulle misure riguardanti lo split payment. La proposta della Commissione subordina tale misura a precisi limiti temporali (fino al 31 dicembre 2017). In accoglimento di tale proposta il Consiglio UE ha autorizzato l'Italia, in deroga all'articolo 206 della direttiva 2006/112/CE, a prevedere che l'IVA dovuta sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi alle pubbliche amministrazioni debba essere versata dall'acquirente/destinatario su un apposito conto bancario bloccato dall'Amministrazione fiscale. La misura di deroga trova applicazione temporanea (dal 1o gennaio 2015 al 31 dicembre 2017).
  Rammenta inoltre che il già richiamato comma 632 della legge di stabilità 2015 prevedeva, in caso di mancato rilascio delle citate misure di deroga alla disciplina comunitaria dell'IVA in materia di reverse charge per la grande distribuzione alimentare e di split payment, un aumento dell'aliquota dell'accisa sui carburanti tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 1.716 milioni di euro, a decorrere dal 2015. Nello specifico, veniva affidata a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottare entro il 30 settembre 2015, la determinazione di un aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché l'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a complessivi 1.716 milioni di euro a decorrere dal 2015.
  Per quanto riguarda le entrate derivanti dalla voluntary disclosure, evidenzia come la relazione tecnica allegata al decreto legge indichi che esse ammontano, secondo i dati comunicati dall'Agenzia delle entrate relativi a parte delle istanze di adesione già pervenute, a 1.406 milioni di euro, e siano dunque già sufficienti per coprire sia la disattivazione della clausola di salvaguardia sopra illustrata prevista dal l'articolo 1, comma 632, terzo periodo, della legge di stabilità 2015, sia la copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni in materia di pagamenti dei debiti degli enti locali di cui all'articolo 13 del decreto- legge n. 102 del 2013, cui una parte delle risorse della voluntary è destinata ai sensi dell'articolo 10, comma 9, del decreto- legge n. 192 del 2014. Pertanto il positivo andamento degli incassi della voluntary consente di sterilizzare gli aumenti degli acconti IRES ed IRAP per l'anno 2015 e gli incrementi di accisa sui carburanti, a decorrere dal 2016, che sarebbero previsti in attuazione della clausola di salvaguardia contenuta nell'articolo 15, comma 4, dello stesso decreto-legge n. 102 del 2013, a copertura degli oneri derivanti dal predetto articolo 13 del medesimo citato decreto-legge n. 102. In dettaglio, il minor gettito da coprire per la disattivazione di tale ultima clausola di Pag. 43salvaguardia recata dal citato decreto- legge n. 102 è pari a 671,1 milioni di euro per l'anno 2015 ed a 17,8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016.
  Rileva invece che, qualora l'andamento delle entrate provenienti dalla voluntary disclosure non avesse consentito la copertura degli oneri derivanti dal richiamato articolo 13 del decreto-legge n. 102 del 2013, la norma (di cui all'articolo 10, comma 9, del decreto-legge n. 192 del 2014) avrebbe richiesto l'attivazione della clausola di salvaguardia in essa disciplinata, con conseguente incremento della percentuale degli acconti IRES e IRAP per il periodo d'imposta 2015 e un aumento delle accise a decorrere del 2016.
  In estrema sintesi ricorda che la disciplina della collaborazione volontaria (cosiddetta voluntary disclosure) in materia fiscale è stata introdotta dalla legge n. 186 del 2014, inserendo nel decreto-legge n. 167 del 1990, in materia di monitoraggio fiscale, gli articoli da 5-quater a 5-septies.
  In sostanza è previsto che i soggetti che detengono attività e beni all'estero ed hanno omesso di dichiararli possono sanare la propria posizione nei confronti dell'erario pagando l'intera misura delle imposte dovute. Per effetto della collaborazione volontaria viene altresì garantita la non punibilità per alcuni reati fiscali e il pagamento in misura ridotta delle sanzioni tributarie.
  La procedura non può essere utilizzata se la richiesta di accesso è presentata dopo che l'autore ha avuto conoscenza dell'inizio di attività di accertamento fiscale o di procedimenti penali per violazioni tributarie, ed opera per le violazioni dichiarative commesse sino al 30 settembre 2014.
  Viene introdotto un nuovo reato fiscale che punisce coloro i quali, nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria, esibiscano o trasmettano documentazione e dati non rispondenti al vero.
  Inoltre, l'articolo 3 della legge n. 186 introduce, attraverso l'aggiunta del nuovo articolo 648-ter.1 al codice penale, il reato di autoriciclaggio, attribuendo rilevanza penale alla condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisca o trasferisca o comunque impieghi denaro, beni o altre utilità in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della provenienza delittuosa.
  I commi da 2 a 4 dell'articolo 1 estendono la procedura di collaborazione volontaria, con modalità simili, ai contribuenti autori di violazioni riguardanti obblighi di dichiarazione per attività detenute in Italia (cosiddetta collaborazione volontaria nazionale), in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive, imposta regionale sulle attività produttive e imposta sul valore aggiunto, nonché alle violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta.
  Ricorda inoltre che, entro trenta giorni dalla data di esecuzione dei versamenti relativi alla procedura di collaborazione, l'Agenzia delle entrate deve comunicare all'Autorità giudiziaria la conclusione della procedura di collaborazione volontaria, affinché questa informazione sia utilizzata per l'applicazione delle cause di non punibilità previste dalle stesse norme (in particolare dall'articolo 5-quinquies, comma 1, lettere a) e b). Le stesse cause di non punibilità si applicano anche alle ipotesi introdotte dall'articolo 2, comma 4, del decreto-legge n. 128 del 2015 in relazione a imponibili, imposte e ritenute, correlati alle attività dichiarate nell'ambito della disclosure per i periodi d'imposta per i quali è scaduto il termine per l'accertamento.
  Rammenta che, con il provvedimento del 14 settembre 2015 n.116808/2015, l'Agenzia delle entrate ha disposto che la trasmissione della relazione di accompagnamento all'istanza di accesso alla procedura di collaborazione volontaria e della relativa documentazione a supporto sia effettuata entro 30 giorni dalla data di presentazione della prima o unica istanza.
  Al fine di poter assolvere in maniera esaustiva ai prescritti obblighi comunicativi nei confronti dell'Autorità giudiziaria, il Provvedimento del Direttore dell'Agenzia del 14 settembre 2015 ha previsto la possibilità di indicare nella relazione (anche Pag. 44se già presentata) gli elementi relativi alle annualità non più accertabili, ma correlati alle attività dichiarate nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria, concedendo più tempo per l'invio della stessa. Al riguardo rileva quindi come non si tratti di un adempimento ulteriore, ma di una facoltà che consente al contribuente di evidenziare da subito all'Amministrazione finanziaria la sussistenza di cause di non punibilità per anni ricadenti fuori dal perimetro della voluntary e che può essere facilmente assolta anche attraverso la produzione di documenti attestanti la situazione patrimoniale al 31 dicembre dei periodi d'imposta coinvolti e comunque non anteriori al 2008.
  Ricorda inoltre che la legge n. 186 del 2014, nell'introdurre la volontary disclousure, ha stabilito, all'articolo 1, comma 7, che le entrate derivanti dalla voluntary, non scontate ai fini dei saldi di finanza pubblica, devono affluire in un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere destinate, anche mediante riassegnazione:
   a) al pagamento dei debiti commerciali scaduti in conto capitale, anche prevedendo l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno;
   b) all'esclusione dai medesimi vincoli del patto di stabilità interno delle risorse assegnate a titolo di cofinanziamento nazionale dei programmi dell'Unione europea e di quelle derivanti dal riparto del Fondo per lo sviluppo e la coesione;
   c) agli investimenti pubblici;
   d) al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, di cui all'articolo 1, comma 431, della legge n. 147 del 2013.

  Passa quindi a illustrare l'articolo 2, il quale modifica alcune disposizioni della procedura di collaborazione volontaria introdotta dalla già citata legge n. 186 del 2014.
  In particolare, segnale il comma 1, il quale apporta alcune modifiche al decreto-legge n. 167 del 1990, novellando gli articoli 5-quater e 5-quinquies, a loro volta introdotti dalla citata legge n. 186 del 2014.
  In dettaglio, la lettera a) modifica i commi 2 e 5 dell'articolo 5-quater:
   il numero 1) della lettera a), sostituendo il terzo periodo del comma 2 stabilisce l'irrevocabilità della richiesta di accesso alla collaborazione volontaria e prevede che la stessa non possa essere presentata più di una volta, anche indirettamente o per interposta persona;
   il numero 2) prevede invece, sostituendo l'intero comma 5, che la procedura di collaborazione volontaria possa essere attivata fino al 30 novembre 2015 (e non più entro il 30 settembre 2015) e che l'istanza possa essere integrata con documenti ed informazioni entro il 30 dicembre 2015. Al fine di assicurare la trattazione unitaria delle istanze e la data certa per la conclusione dell'intero procedimento, i termini di decadenza per l'accertamento, nonché i termini di decadenza per la notifica dell'atto di contestazione, che scadono a decorrere dal 31 dicembre 2015, sono fissati, anche in deroga a quelli ordinari, al 31 dicembre 2016, limitatamente agli imponibili, alle imposte, alle ritenute, ai contributi, alle sanzioni e agli interessi relativi alla procedura di collaborazione volontaria e per tutte le annualità e le violazioni oggetto della procedura stessa.

  In tale contesto rammenta che, nel corso dell'esame al Senato, la norma è stata integrata prevedendo che, in deroga all'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 (il quale regola le attribuzioni e la competenza territoriale degli uffici delle imposte in materia di imposte sui redditi) e all'articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (il quale regola invece le competenze degli uffici in materia di IVA), la competenza sulla gestione delle istanze per l'accesso alla voluntary presentate, per la prima volta, a decorrere dal 10 novembre 2015 nonché sull'emissione dei relativi atti, compresi quelli di accertamento e di contestazione delle violazioni, per tutte le annualità oggetto della procedura di collaborazione Pag. 45volontaria, è attribuita ad un'articolazione dell'Agenzia delle entrate che sarà individuata con un provvedimento del Direttore dell'Agenzia stessa, da emanare entro la data di entrata in vigore della disposizione (cioè entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge). La norma specifica che per i predetti atti, impugnabili ai sensi del decreto legislativo n. 546 del 1992, si applicano le disposizioni in materia di competenza per territorio, e in materia di legittimazione processuale dinanzi alle commissioni tributarie dettate dallo stesso decreto legislativo n. 546, previste per le articolazioni dell'Agenzia delle entrate ivi indicate.
  La lettera b) del comma 1 interviene invece sui commi 1 e 3 dell'articolo 5-quinquies del decreto-legge n. 167:
   il numero 1) della lettera b) inserisce nel comma 1 una nuova lettera b-bis), la quale sancisce l'applicazione, anche alla procedura di voluntary, delle disposizioni in materia di prevenzione del riciclaggio e di finanziamento del terrorismo di cui al decreto legislativo n. 231 del 2007, ad eccezione di quanto previsto dall'articolo 58, comma 6, del medesimo decreto n. 231 (il quale stabilisce che la violazione del divieto di utilizzo in qualunque forma di conti o libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia aperti presso Stati esteri, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria dal 10 per cento al 40 per cento del saldo);
   il numero 2), intervenendo sul comma 3 dell'articolo 5-quinquies prevede, in relazione al reato di utilizzo di denaro o beni provenienti da attività illecite (di cui all'articolo 648-ter. 1 del codice penale) che le condotte ivi previste non siano punibili se commesse in relazione ai delitti di cui al comma 1, lettera a), dell'articolo 5-quinquies sino alla data del 30 novembre 2015, data entro la quale può essere attivata la procedura di collaborazione volontaria, o sino alla data del 30 dicembre 2015 in presenza di integrazione dell'istanza o di presentazione dei documenti e delle informazioni di cui all'articolo 5-quater, comma 1, lettera a).

  Tale previsione si connette con lo spostamento dei termini per aderire alla voluntary disposto dall'articolo 2, comma 1, lettera a), numero 2), del decreto-legge.
  Il comma 2 dell'articolo 2 stabilisce, alla lettera a), che, ai soli fini della collaborazione volontaria, le disposizioni di cui all'articolo 5, commi da 1-bis a 1-quinquies del decreto legislativo n. 218 del 1997 (abrogati a decorrere dal 1o gennaio 2015 dall'articolo 1, comma 637, lettera c), numero 1.2), della legge n. 190 del 2014), nel testo vigente alla data del 30 dicembre 2014, continuano ad applicarsi fino al 31 dicembre 2016.
  Ricorda che i predetti commi da 1-bis a 1-quinquies intervengono sulla disciplina dell'accertamento con adesione, prevedendo, in sostanza:
   che il contribuente possa prestare adesione ai contenuti dell'invito a comparire formulato dall'ufficio al contribuente, mediante comunicazione al competente ufficio e versamento delle somme dovute entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione; alla comunicazione di adesione, che deve contenere, in caso di pagamento rateale, l'indicazione del numero delle rate prescelte, deve essere unita la quietanza dell'avvenuto pagamento della prima o unica rata; in presenza dell'adesione la misura delle sanzioni applicabili è ridotta alla metà;
   che il pagamento delle somme dovute indicate nell'invito a comparire debba essere effettuato entro venti giorni, senza prestazione delle garanzie ivi previste in caso di versamento rateale; sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi al saggio legale calcolati dal giorno successivo al versamento della prima rata;
   che in caso di mancato pagamento delle somme dovute il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate provvede all'iscrizione a ruolo a titolo definitivo delle predette somme;
   che le precedenti disposizioni non si applichino agli inviti preceduti dai processi verbali di constatazione definibili ai sensi Pag. 46dell'articolo 5-bis, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 218 per i quali non sia stata prestata adesione e con riferimento alle maggiori imposte ed altre somme relative alle violazioni indicate nei processi verbali stessi che consentono l'emissione degli accertamenti.

  La lettera b) del comma 2, integrata nel corso dell'esame al Senato, prevede invece che, sempre ai soli fini della collaborazione volontaria, l'ammontare di tutte le prestazioni corrisposte dalla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità Svizzera (LPP), ivi comprese le prestazioni erogate dai diversi enti o istituti svizzeri di prepensionamento, in qualunque forma erogate, le quali sono imponibili in Italia ai sensi dell'articolo 18 della Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra Italia e Svizzera, siano assoggettate, ai fini delle imposte dirette, su istanza del contribuente, all'aliquota del 5 per cento. La ratio della norma è indicata dalla relazione illustrativa al disegno di legge di conversione con l'obiettivo di ridurre gli adempimenti richiesti ai contribuenti nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria.
  A tale ultimo riguardo ricorda che la Convenzione stipulata nel 1976 tra Italia e Svizzera per evitare le doppie imposizioni, prevede (diversamente dalle altre convenzioni bilaterali stipulate dall'Italia con altri Paesi confinanti quali la Francia e l'Austria) una potestà impositiva esclusiva nel Paese di lavoro, secondo le relative norme di diritto interno, con compensazione finanziaria a favore dei comuni italiani di confine. Pertanto il cittadino residente in un comune italiano entro la fascia di confine di 20 km che si reca quotidianamente in Svizzera per lavoro, facendo comunque ritorno, la sera, al proprio domicilio italiano, non deve versare tasse in Italia sul reddito percepito in Svizzera: tutto il reddito di lavoro dipendente prodotto nel territorio svizzero è assoggettato ad imposizione (secondo i tre livelli di tassazione federale, cantonale e comunale) soltanto in Svizzera.
  Rammenta inoltre che il 23 febbraio 2015 i rappresentanti dei Governi italiano e svizzero hanno firmato un Protocollo che modifica la Convenzione per evitare le doppie imposizioni e consente lo scambio di informazioni su richiesta ai fini fiscali, prefigurando la fine del segreto bancario, sul cui disegno di legge di ratifica la Commissione Finanze ha espresso parere favorevole nella seduta del 28 ottobre scorso. In forza di tale Protocollo la Svizzera, impegnandosi allo scambio di informazioni, viene equiparata ai fini della voluntary disclosure ad un Paese non black list. La Svizzera si è inoltre impegnata ad adottare lo scambio automatico di informazioni a partire dal 2018, con riferimento all'annualità 2017.
  La lettera b-bis), introdotta nel corso dell'esame al Senato, chiarisce l'ambito di applicazione dell'esonero dall'obbligo di dichiarare gli investimenti detenuti all'estero ovvero le attività estere di natura finanziaria in favore dei lavoratori italiani transfrontalieri. In dettaglio viene stabilito che tale esonero, previsto dall'articolo 38, comma 13, lettera b), del decreto-legge n. 78 del 2010, si applica, con riferimento al conto corrente costituito all'estero per l'accredito degli stipendi o altri emolumenti derivanti dalle attività lavorative ivi svolte, anche al coniuge e ai familiari di primo grado eventualmente cointestatari o beneficiari di procure e deleghe sul conto stesso.
  L'articolo 3 regola l'entrata in vigore del decreto-legge.

  Maurizio BERNARDO, presidente, rileva come l'organizzazione dei lavori per l'esame in sede referente del provvedimento sarà definita nel corso della riunione odierna dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 13.40.

Pag. 47

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 3 novembre 2015. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. — Interviene il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 13.40.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato del Liechtenstein sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Protocollo e Protocollo aggiuntivo.
(C. 3332 Governo).

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Alessandro PAGANO (AP), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini del parere alla III Commissione Affari esteri, il disegno di legge C. 3332, recante ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Principato del Liechtenstein sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Protocollo e Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 26 febbraio 2015.
  Rileva quindi come emerga dalla relazione introduttiva al provvedimento, nonché dalla relazione tecnico-normativa, che la ratio della stipula dell'Accordo, il quale è strettamente aderente agli standard internazionali dettati dall'OCSE, risiede nella necessità di adattare i rapporti finanziari tra l'Italia e il Principato del Liechtenstein al nuovo quadro internazionale, dettato soprattutto in seno all'OCSE e al G20, che vede il potenziamento degli strumenti contro l'evasione e l'elusione fiscale internazionali. A tal fine è consentita una maggiore cooperazione tra le rispettive Amministrazioni finanziarie e si restringe drasticamente la discrezionalità di ciascuna delle Parti nel prestare assistenza e informazioni all'altra Parte.
  In tale contesto evidenzia come l'Accordo possa avere effetti positivi sull'esito della procedura di collaborazione volontaria, cosiddetta voluntary disclosure (disciplinata dalla legge n. 186 del 2014, e ora oggetto di modifica ad opera del decreto-legge n. 153 del 2015, il cui disegno di legge di conversione è all'esame della Commissione), in quanto allarga la platea dei potenziali aderenti alla procedura per la regolarizzazione dei capitali. In sostanza rileva come, per effetto della sottoscrizione tempestiva dell'accordo rispetto alla tempistica prevista dalla voluntary disclosure, il Principato del Liechtenstein, impegnandosi allo scambio di informazioni, venga equiparato ad un Paese non black list.
  Pertanto, i contribuenti che intendono aderire alla regolarizzazione non subiscono il raddoppio dei termini di accertamento e il conseguente peggioramento del trattamento sanzionatorio previsto, invece, per chi regolarizza capitali da Paesi compresi nella cosiddetta «black list».
  Rammenta al riguardo che la predetta legge n. 186 del 2014 ha introdotto una procedura di collaborazione volontaria del contribuente con l'Amministrazione fiscale per l'emersione e il rientro in Italia di capitali detenuti all'estero. La procedura sostanzialmente trova applicazione anche per quanto riguarda le irregolarità riguardanti attività detenute in Italia. Il medesimo provvedimento ha introdotto il reato di autoriciclaggio. I soggetti che detengono attività e beni all'estero ed hanno omesso di dichiararli potranno sanare la propria posizione nei confronti dell'erario pagando, in un'unica soluzione e senza possibilità di compensazione, l'intera misura delle imposte dovute e le sanzioni (queste ultime in misura ridotta). Per effetto della collaborazione volontaria viene garantita la non punibilità per alcuni reati fiscali relativi agli obblighi dichiarativi ed il pagamento in misura ridotta delle sanzioni tributarie. La procedura non può essere utilizzata se la richiesta di accesso è Pag. 48presentata dopo che l'autore ha avuto conoscenza dell'inizio di attività di accertamento fiscale o di procedimenti penali per violazioni tributarie, ed opera per le violazioni dichiarative commesse sino al 30 settembre 2014, con possibilità di esperire la procedura fino al 30 novembre 2015 (termine così prorogato, rispetto all'originario 30 settembre 2015, dall'articolo 2 del citato decreto-legge n. 153 del 2015).
  In tale contesto evidenzia come risulti rilevante, ai fini degli effetti dell'Accordo, la previsione di cui all'articolo 5-quater, comma 4, del decreto-legge n. 167 del 1990 (introdotto dalla legge n. 186 del 2014), come modificata dall'articolo 10, comma 12-quaterdecies, del decreto-legge n. 192 del 2014, la quale ha eliminato il raddoppio dei termini per emettere l'atto di contestazione per le violazioni da monitoraggio fiscale nella procedura di collaborazione volontaria con riferimento ai Paesi cosiddetti black list che stipulano tempestivamente accordi con l'Italia volti a consentire un effettivo scambio di informazioni fiscali.
  Più precisamente, perché non operi il predetto raddoppio dei termini l'articolo 5-quater, comma 4, del decreto-legge n. 167 stabilisce che debbano verificarsi congiuntamente le seguenti condizioni:
   1) ai sensi dell'articolo 5-quinquies, comma 7, del decreto-legge n. 167 del 1990, introdotto dalla citata legge n. 186 del 2014, il Paese black list presso il quale erano o sono detenuti gli investimenti e le attività estere oggetto della collaborazione volontaria abbia stipulato con l'Italia, entro il 2 marzo 2015 (cioè entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 186 del 2014), un accordo che consente un effettivo scambio di informazioni conforme all'articolo 26 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni elaborato dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), anche con riferimento al periodo tra la data della stipula e quella dell'entrata in vigore dell'accordo: tale condizione si verifica dunque con riferimento all'Accordo in esame, il quale è stato appunto stipulato il 26 febbraio 2015;
   2) ai sensi dell'articolo 5-quinquies, comma 4, primo periodo, lettera c), del richiamato decreto-legge n. 167 del 1990, il contribuente che ha attivato la procedura e che vuole mantenere le attività oggetto di collaborazione volontaria nel Paese black list ove già le deteneva deve rilasciare all'intermediario finanziario estero presso cui le attività erano o sono detenute l'autorizzazione a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di procedura (cosiddetto waiver) ed allegare copia di tale autorizzazione, controfirmata dall'intermediario finanziario estero, alla richiesta di collaborazione volontaria, in relazione ai periodi d'imposta successivi a quello di adesione alla collaborazione volontaria, fino all'effettiva operatività dello scambio di informazioni conforme al predetto articolo 26 (cosiddetto monitoraggio rafforzato);
   3) in base all'articolo 5-quinquies, comma 5, del decreto-legge n. 167 del 1990, nel caso in cui il contribuente trasferisca, successivamente all'attivazione della procedura, le attività oggetto di collaborazione volontaria presso un altro intermediario localizzato fuori dall'Italia o da gli Stati membri dell'Unione europea o aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo, deve rilasciare all'intermediario finanziario estero presso cui le attività sono trasferite l'autorizzazione a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto della procedura a partire dal periodo d'imposta nel corso del quale avviene il trasferimento.

  Sempre in ordine agli effetti dell'Accordo, il già citato articolo 5-quinquies, comma 7, del decreto-legge n. 167 del 1990 prevede inoltre che, qualora le attività oggetto della procedura di collaborazione volontaria sono o erano detenute in Paesi i quali stipulino con l'Italia, entro la predetta data del 2 marzo 2015, un accordo che permetta un effettivo scambio di informazioni conforme all'articolo 26 del modello di convenzione contro le doppie Pag. 49imposizioni elaborato dall'OCSE, la misura della sanzione minima per le violazioni dell'obbligo di dichiarazione delle predette attività è fissata al 3 per cento dell'ammontare non dichiarato e non si applica il raddoppio delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per gli investimenti detenuti negli Stati a regime fiscale privilegiato nel caso di omessa o tardiva dichiarazione.
  Per quanto riguarda i più recenti altri accordi bilaterali sottoscritti dall'Italia in materia, rammenta che il 23 febbraio 2015 i rappresentanti dei Governi italiano ed elvetico hanno firmato un Protocollo che modifica la Convenzione per evitare le doppie imposizioni e consente lo scambio di informazioni su richiesta ai fini fiscali. Il 2 marzo è stato firmato un accordo apposito con il Principato di Monaco, con un Protocollo aggiuntivo che disciplina le richieste di gruppo: le autorità fiscali italiane potranno presentare richiesta di informazioni su gruppi di contribuenti relativamente a comportamenti considerati a rischio. Di tenore analogo è l'accordo firmato il 1o aprile 2015 con la Santa Sede. Ricorda che su tutti e tre gli Accordi appena citati la Commissione ha recentemente espresso parere favorevole.
  Passando al contenuto specifico dell'Accordo, il quale si compone di 13 articoli, illustra l'articolo 1, che definisce l'oggetto dell'Accordo, prevedendo che le autorità competenti delle Parti contraenti si prestino assistenza scambiandosi informazioni verosimilmente rilevanti per l'applicazione delle rispettive normative interne, in relazione alle imposte oggetto dell'Accordo. Le informazioni si riferiscono alla determinazione, all'accertamento e alla riscossione di dette imposte, nonché al recupero dei crediti fiscali con relative misure di esecuzione, ovvero a indagini e procedimenti per reati tributari.
  Viene stabilito inoltre che i diritti e le garanzie assicurate alle persone dall'ordinamento della Parte interpellata restano applicabili, ma solo nella misura in cui essi non impediscano o posticipino indebitamente l'effettivo scambio di informazioni.
  Segnala quindi l'articolo 2, in base al quale una Parte interpellata non è obbligata a fornire informazioni che non siano in possesso delle propria autorità o di persone entro la sua giurisdizione territoriale.
  L'articolo 3, al comma 1, enumera le imposte considerate dall'Accordo: per quanto riguarda l'Italia si tratta dell'IRPEF, dell'IRES, dell'IRAP, dell'IVA, delle imposte sulle donazioni e successioni, dell'imposta sui premi assicurativi, dell'imposta sulle transazioni finanziarie, dell'imposta sul valore degli immobili situati all'estero, dell'imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero e delle imposte sostitutive.
  Per quanto riguarda invece il Principato del Liechtenstein osserva come si tratti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle società, delle imposte societarie, sulle plusvalenze immobiliari, sul patrimonio, nonché dell'imposta cedolare e dell'imposta sul valore aggiunto.
  Il comma 2 prevede l'applicazione dell'Accordo anche ad ogni imposta di identica natura che venga istituita dopo la data della firma dell'Accordo, nonché ad ogni imposta di natura sostanzialmente analoga, ma in questo caso solo su intesa delle competenti autorità delle due Parti, le quali peraltro si notificheranno ogni modifica sostanziale apportata alle imposte oggetto dell'Accordo e alle relative misure connesse alla raccolta delle informazioni.
  L'articolo 4 reca numerose definizioni rilevanti per l'interpretazione dell'Accordo.
  Illustra quindi l'articolo 5, il quale riguarda lo scambio di informazioni su richiesta. In particolare, il comma 1 prevede che la Parte interpellata fornisca le informazioni richieste indipendentemente dal fatto che la medesima Parte interpellata necessiti di tali informazioni ai propri fini fiscali e che il comportamento cui sono collegate costituisca un reato ai sensi della propria legislazione, mentre il comma 3 contempla anche la possibilità che la Parte interpellata fornisca le informazioni sotto forma di deposizioni testimoniali Pag. 50e di copie autenticate di documenti originali, laddove ciò sia consentito dal proprio diritto interno.
  Il comma 2 specifica che la Parte destinataria della richiesta di informazioni è tenuta a utilizzare tutte le misure rilevanti per la raccolta di informazioni che già non siano in suo possesso, a prescindere dal fatto che la Parte richiesta necessiti delle informazioni per i propri fini fiscali.
  In tale contesto segnala in particolare il comma 4, in base al quale ciascuna Parte contraente assicura che le proprie autorità competenti abbiano l'effettivo potere di ottenere informazioni in possesso di banche, istituti finanziari o di qualsiasi persona che operi in qualità di agente, fiduciario o intestatario, nonché informazioni sulla proprietà nominale e sulla proprietà effettiva di società di capitali, società di persone, fondazioni, trust. Peraltro l'Accordo non crea alcun obbligo per le Parti di fornire assolutamente informazioni sulla proprietà riferentisi a società quotate in Borsa o a fondi comuni di investimento pubblici. La previsione comporta il superamento del segreto bancario tra Italia e Liechtenstein, in conformità agli standard OCSE in materia, nonché all'obiettivo prioritario di contrasto all'evasione fiscale.
  I commi 5 e 6 riguardano le modalità della cooperazione tra le competenti autorità delle due Parti, rispettivamente per quanto riguarda la richiesta di informazioni fiscali e l'inoltro delle stesse.
  L'articolo 6 riguarda le indagini fiscali all'estero, e indica le modalità secondo le quali rappresentanti delle autorità competenti di una Parte contraente possano, su richiesta da avanzare con ragionevole anticipo, interrogare persone ed esaminare documenti nel territorio dell'altra Parte, previo consenso scritto delle persone interessate, ovvero partecipare a verifiche fiscali nel territorio dell'altra Parte contraente.
  L'articolo 7 concerne i casi in cui sia possibile rifiutare una richiesta di informazioni fiscali in base all'Accordo, nonché le relative eccezioni, stabilendo, al comma 4, che la Parte interpellata non ha l'obbligo di ottenere o fornire informazioni che la Parte richiedente non potrebbe ottenere in base alla propria legislazione fiscale o alla sua normale prassi amministrativa.
  Inoltre, il comma 2, lettera a) prevede che una Parte contraente non è obbligata a fornire informazioni suscettibili di rivelare un segreto commerciale, industriale o professionale – tra questi tuttavia non figurano le informazioni di cui al precedente articolo 5, comma 4, relative a banche e istituti finanziari –, né l'Accordo impone a una Parte contraente di ottenere o fornire informazioni su comunicazioni riservate tra un cliente e un legale procuratore o avvocato, qualora tali comunicazioni siano relative alla prestazione di consulenza legale o all'utilizzazione in procedimenti giudiziari esistenti o previsti. Ai sensi del comma 2, lettera b), inoltre, l'Accordo non impone a una Parte di adottare provvedimenti amministrativi in deroga al proprio ordinamento, fatti salvi gli obblighi di informazione di cui al citato articolo 5, comma 4.
  Il comma 1, stabilisce altresì, alla lettera a), che la richiesta può essere rifiutata se non è conforme all'Accordo, e alla lettera b), che la Parte interpellata può rifiutare una richiesta di informazioni se la loro divulgazione sia contraria all'ordine pubblico.
  In base al comma 3, non si può opporre un rifiuto a motivo del fatto che la pretesa fiscale da cui ha origine la richiesta di informazioni sia oggetto di controversia.
  Ai sensi del comma 5, la Parte interpellata può rifiutare di adempiere ad una richiesta di informazioni se queste siano collegate a una disposizione della legislazione fiscale della Parte richiedente che comporti una discriminazione ai danni di un cittadino della Parte interpellata.
  Passa a illustrare l'articolo 8, il quale prevede, al comma 1, un vincolo di segretezza delle informazioni ricevute nell'ambito della collaborazione bilaterale da uno Stato contraente. In base al comma 2 tali informazioni possono essere comunicate soltanto alle persone o autorità – e tra Pag. 51queste i tribunali e le autorità amministrative – competenti nell'accertamento e nella riscossione delle imposte, ovvero nelle procedure e procedimenti riguardanti tali imposte, o ancora nelle decisioni sui ricorsi per esse presentati e nel controllo delle precedenti attività correlate. Coloro che ricevono le informazioni sono tenute ad utilizzarle solo per le proprie ragioni d'ufficio, anche se potranno rivelarle in ambito giudiziario. Ai sensi dei commi 3 e 4 l'utilizzazione ad altri fini delle informazioni ricevute è subordinata al consenso scritto dell'autorità competente della Parte che le ha rilasciate, così come la comunicazione ad altri Stati non partecipanti all'Accordo.
  Ai sensi del comma 5 i dati personali potranno essere trasmessi solo per quanto necessario all'applicazione dell'Accordo, e fatte salve le disposizioni di legge della Parte interpellata.
  L'articolo 9 prevede la ripartizione delle spese per le attività di scambio di informazioni previste dall'Accordo, le quali saranno di norma a carico della Parte interpellata per quanto concerne i costi ordinari, e dell'altra Parte in relazione ai costi straordinari: è comunque previsto che le autorità competenti delle due Parti si consultino occasionalmente, soprattutto in caso di costi significativi.
  Ai sensi dell'articolo 10, in caso di controversie sull'interpretazione o l'applicazione dell'Accordo, le competenti autorità delle due Parti ne perseguiranno il superamento attraverso una procedura amichevole, fatta salva la possibilità che le Parti concordino anche ulteriori modalità di risoluzione della controversia.
  In base all'articolo 12 l'Accordo entrerà in vigore il giorno successivo alla data di ricevimento della seconda delle due notifiche con le quali le Parti si comunicheranno l'espletamento delle procedure interne necessarie all'entrata in vigore dell'Accordo medesimo, il quale avrà poi effetto per tutte le richieste concernenti atti, fatti, eventi e circostanze relativi al periodo che inizia dalla data della firma dell'Accordo.
  Illustra quindi l'articolo 13, secondo il quale ciascuna delle Parti può denunciare l'Accordo tramite comunicazione scritta all'autorità competente dell'altra Parte contraente. Ai sensi del comma 3 la decadenza dell'Accordo non comporta tuttavia il venir meno per le Parti del vincolo alla riservatezza previsto dall'articolo 8 in riferimento alle informazioni fiscali nel frattempo ottenute.
  Con riferimento al Protocollo all'Accordo, che in base all'articolo 11 del medesimo ne costituisce parte integrante, esso riporta specificazioni in ordine ad alcune disposizioni dell'Accordo, e più in particolare sulla possibilità delle indagini fiscali nel territorio dell'altra Parte, sull'applicazione dell'Accordo a fattispecie esistenti dalla data della firma di esso e, infine, sulla procedura per le richieste di informazioni.
  Per quanto poi concerne il Protocollo aggiuntivo all'Accordo, esso consta di un lungo preambolo e di due articoli: il preambolo richiama gli impegni delle Parti nei confronti degli standard internazionali in tema di scambio di informazioni finanziarie, ma anche la normativa italiana per l'emersione e il rientro di attività finanziarie detenute all'estero (la già richiamata legge n. 186 del 2014).
  Rileva quindi come, in sostanza l'articolo 1 del Protocollo consenta di effettuare, per il periodo intercorrente tra la firma dell'Accordo e la data di attuazione di un accordo tra Liechtenstein e Italia sullo scambio automatico delle informazioni basato sul modello comune di comunicazione (Common reporting standard) dell'OCSE, richieste di scambio di informazione fiscali di gruppo (group requests) in ordine a situazioni che configurino modelli consolidati o in via di formazione, a loro volta finalizzati all'elusione o all'evasione fiscale (si tratta cioè di categorie di comportamenti che fanno presumere l'intenzione dei contribuenti di nascondere al fisco italiano patrimoni e attività detenute irregolarmente in Liechtenstein). Inoltre è previsto che, fino a quando non saranno attuate in Liechtenstein le procedure di adeguata verifica previste dal predetto Pag. 52Common reporting standard dell'OCSE, le procedure di identificazione dei titolari di conto residenti in Italia ai fini delle richieste di gruppo si baseranno sulla legislazione antiriciclaggio del Liechtenstein.
  In questo contesto l'articolo 2 del Protocollo definisce anche analiticamente il proprio ambito di applicazione nei confronti delle diverse tipologie di conto chiuso, conto sostanzialmente svuotato e conto inattivo.
  Segnala inoltre come, insieme all'Accordo, al Protocollo e al Protocollo aggiuntivo, sia stata firmata anche una Dichiarazione congiunta di carattere politico con la quale i due Paesi confermano il reciproco impegno ad applicare lo scambio automatico di informazioni sulla base dello standard globale OCSE dal 2017. L'Italia, subito dopo l'entrata in vigore dell'Accordo e del Protocollo includerà formalmente il Liechtenstein nelle white list. Con la Dichiarazione congiunta, inoltre, Italia e Liechtenstein si sono impegnati ad avviare i negoziati per una convenzione contro le doppie imposizioni, una volta entrati in vigore l'Accordo, il Protocollo e il Protocollo aggiuntivo.
  Per quanto riguarda il contenuto del disegno di legge di ratifica, rileva come esso si componga di tre articoli.
  L'articolo 1 reca l'autorizzazione alla ratifica del provvedimento, l'articolo 2 il relativo ordine di esecuzione, mentre l'articolo 3 stabilisce che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  La relazione tecnica allegata al disegno di legge indica che dall'accrescimento della cooperazione tra le rispettive Amministrazioni finanziarie è lecito attendersi incrementi del gettito fiscale, ancorché non preventivamente quantificabili; in tale ambito viene specificato che il Protocollo aggiuntivo, integrando i requisiti previsti dalla citata legge n. 186 del 2014 in materia di rientro dei capitali, consentirà ai contribuenti italiani di regolarizzare tali capitali in modo più agevole, in caso aderiscano alla procedura di collaborazione volontaria prevista dalla citata legge n. 186, contribuendo in tal modo all'azione di emersione e trasparenza perseguita da tale ultimo intervento legislativo. In ogni caso, dalle attività connesse allo scambio di informazioni non deriveranno maggiori oneri per il bilancio dello Stato, in quanto esse possono essere espletate con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Propone quindi di esprimere parere favorevole sul provvedimento.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 13.45.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.45 alle 13.50.

AUDIZIONI INFORMALI

  Martedì 3 novembre 2015.

Audizione dei rappresentanti dell'Istituto italiano dei Castelli, sulle tematiche relative alla tassazione sugli immobili.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 13.50 alle 14.40.

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