CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 14 ottobre 2015
521.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 14 ottobre 2015. — Presidenza della presidente Flavia PICCOLI NARDELLI.

  La seduta comincia alle 14.05.

DL 146/2015: Misure urgenti per la fruizione del patrimonio storico e artistico della Nazione.
C. 3315 Governo.
(Parere alla XI Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole con condizioni).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 13 ottobre 2015.

  Flavia PICCOLI NARDELLI, presidente, poiché non vi sono obiezioni, accoglie la richiesta di attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Ricorda che nella seduta di ieri si è svolta la relazione introduttiva della collega Coscia sul provvedimento in esame che è stato depositato dal gruppo SEL una proposta di parere, già distribuita ieri e pubblicata nei resoconti. Comunica altresì che stamane è pervenuta un'ulteriore proposta di parere, a prima firma Simone Valente, per il gruppo Movimento 5 Stelle. Anche tale documento è in distribuzione (vedi allegato 1). Avverte infine che nella seduta odierna la Commissione dovrà concludere l'esame del provvedimento con l'espressione del parere, posto che i tempi presso la Commissione lavoro per l'esame in sede referente sono assai ristretti. Dà quindi la parola ai colleghi che intendono intervenire nel dibattito.

  Luigi GALLO (M5S), intervenendo sull'ordine dei lavori, lamenta che la Commissione abbia a disposizione tempi tanto ristretti per l'esame di questo importante provvedimento, a causa dell'altrettanto celere esame in sede referente, congiuntamente alla IX Commissione del disegno di legge sulla riforma della governance della RAI, il quale avrebbe potuto essere tranquillamente discusso in maniera meno affrettata e più approfondita.

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  Chiara DI BENEDETTO (M5S), dopo aver ricordato che il suo gruppo ha presentato una proposta di parere contrario, sottolinea come il provvedimento scaturisca in definitiva da una regolare assemblea sindacale svolta dai lavoratori del Colosseo. Il decreto legge è dunque totalmente sbagliato: lo è come strumento, inappropriato alla circostanza; lo è nella tempistica nella tempistica prescelta; e lo è in ragione dell'estensione alla fruizione dei beni culturale che consegue nella legge n. 146 del 1990. Il decreto legge, quindi, lede i diritti dei lavoratori, che nel caso specifico avevano la sola colpa di rivendicare il pagamento delle prestazioni straordinarie che viceversa non erano state retribuite. Tutto ciò è avvenuto a fronte di scelte d'investimento da parte del MIBACT con cui si sono indirizzate risorse nell'esternalizzazione dei servizi di tutela e aggiuntivi.

  Annalisa PANNARALE (SEL) reputa il provvedimento irresponsabile, costituzionalmente illegittimo – in quanto privo dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza – e inutile. Le sarebbe piaciuto che questa fosse stata la sede per una coraggiosa e genuina discussione sul concetto di cultura e di come essa appartenga al patrimonio spirituale e materiale del nostro Paese in chiave civica e collettiva. Purtroppo, come già ha avuto modo di osservare ieri, il dibattito è cominciato male, con un pretestuoso attacco alla prerogative del lavoro. Non a caso questo decreto-legge è stato assegnato in sede referente all'XI Commissione. Il Governo ha compiuto un vero e proprio colpo di mano, approfittando di un fatto, cui è stato volutamente attribuito il carattere della cronaca, laddove invece si era trattato di un momento di esercizio dei diritti sindacali del tutto lecito e compatibile con l'accesso dei turisti al sito. Rimedi per eventuali abusi del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali sono già previsti dall'ordinamento, senza contare che il diritto di sciopero è stato di recente oggetto di un accordo tra l'ARAN e le parti sindacali. Nella locuzione «vigilanza sui beni culturali» già contenuta nell'articolo 1 della legge n. 146 del 1990, del resto, potrebbe ben leggersi anche il concetto di apertura al pubblico dei siti. Si domanda quando il Governo comincerà a parlare di cultura con un registro diverso, impostando politiche volte al potenziamento degli organici e all'individuazione di risorse adeguate.

  Flavia PICCOLI NARDELLI, presidente, chiede alla collega Pannarale se abbia ben inteso che ella consideri ricompresa nella vigilanza dei beni culturali anche la fruizione.

  Annalisa PANNARALE (SEL) crede che si tratti di un'interpretazione ben plausibile.

  Simona Flavia MALPEZZI (PD) non può condividere le lamentele che ha ascoltato sinora. Con il decreto legge n. 146 del 2015 si supera una volta e per tutte il concetto – che fu affermato dall'allora Ministro Tremonti – che la «cultura non si mangia». Questo è un risultato anche la collega Pannarale dovrebbe salutare con gioia, dal momento che probabilmente in anni passati manifestava insieme a lei nelle piazze contro le politiche dei governi di centro-destra che mortificavano il settore della cultura. Il decreto di legge di oggi non è un attacco ai lavoratori ma solo una risposta all'esigenza di considerare servizio pubblico essenziale quello reso ai turisti di fruire dei beni culturali del Paese, promuovendone l'immagine internazionale. Al riguardo, il contenuto del decreto-legge avvicina l'Italia ad altri Stati europei, come la Francia e la Gran Bretagna. In tali realtà, i lavoratori dei siti culturali esercitano i propri diritti sindacali senza interrompere il servizio e senza lasciare fuori dai musei moltitudini di visitatori, anche garantendo eventuali percorsi alternativi all'interno delle strutture.

  Gianna MALISANI (PD) ha letto in chiave problematica il testo del decreto-Pag. 106legge. Ne comprende le ragioni; capisce però anche i motivi dei lavoratori, che si sono determinati alle forme di lotta che hanno guadagnato le pagine dei giornali. Il settore dei beni culturali soffre da molti anni di una cattiva gestione, del blocco del turn over e della carenza di personale specializzato. Forse le sigle sindacali non sono esenti da colpe, se non hanno stimolato per tempo cambi di rotta. Pensa però che il testo del decreto-legge possa essere cambiato in meglio presso la Commissione di merito, anche recependo il parere che la Commissione cultura si appresta a dare. Più nel dettaglio spera che sia chiarito che il decreto legge si applica solo ai beni pubblici e non a quelli privati.

  Giancarlo GIORDANO (SEL) considera il presente provvedimento ipocrita e rozzo: ipocrita in quanto si è voluta dare un'immagine dell'Italia che non rappresenta le condizioni di sfruttamento nelle quali sono costretti a lavorare, ad esempio, gli addetti al sito archeologico di Pompei; rozzo in quanto si sono compressi i diritti dei lavoratori senza che si siano individuate ben più in alto le responsabilità della cattiva gestione del patrimonio culturale italiano. Osserva, inoltre, che si è approfittato di un'assemblea sindacale indetta a seguito del mancato pagamento di emolumenti accessori per colpire i diritti dei lavoratori, senza che sia stato effettuato dal legislatore un contemperamento degli interessi in gioco. Rileva, d'altronde, che non necessariamente bisogna poter accedere in un determinato giorno o in una determinata fascia oraria ad un luogo d'interesse culturale, potendosi usualmente differire tale accesso ad un momento successivo.

  Giuseppe CIVATI (Misto) si rammarica che la discussione di questo pomeriggio sarà persino più breve dell'assemblea sindacale dei lavoratori del Colosseo, che ha scatenato l'emanazione del decreto-legge. Si associa al rilievo della collega Pannarale circa la mancanza oggettiva dei requisiti di necessità e urgenza del provvedimento, posto che sarebbe stato ampiamente sufficiente attivare i meccanismi negoziali. La priorità di Governo e Parlamento dovrebbe essere quella di tenere aperti i luoghi culturali, non di recludervi i lavoratori. Voterà contro un parere favorevole e comunque contro il disegno di legge di conversione.

  Roberto RAMPI (PD) teme che siano male indirizzati gli strali sull'incostituzionalità del decreto-legge, perché altrimenti lo stesso Presidente della Repubblica non l'avrebbe emanato. Il provvedimento peraltro ha superato lo scrutinio delle pregiudiziali di costituzionalità in Assemblea. Alla Commissione cultura spetta solo di valutare se fosse opportuno ricomprendere la fruizione dei beni culturali nel novero dei servizi pubblici essenziali, compiendo un bilanciamento tra gli interessi dei lavoratori e quelli dei turisti. In questo caso, si confrontano due interessi pubblici (quelli dei lavoratori dipendenti di pubbliche amministrazioni e quelli alla fruizione del nostro magnifico patrimonio culturale) e non già il diritto al profitto privato (pur legittimo) e i diritti del lavoro. Dei tre nemici della cultura, uno è stato sconfitto (la mentalità per cui la cultura non si mangia). Gli altri due devono però essere ancora combattuti: l'insensibilità e la sottovalutazione della valorizzazione dei beni culturali.

  Luisa BOSSA (PD) non ha le certezze del collega Rampi. Teme – al contrario – che il decreto-legge sia stato concepito come risposta mediatica alle immagini televisive dei turisti chiusi fuori dai siti archeologici. Concorda poi che l'articolo 105 del Codice dei beni culturali comprende già nella vigilanza la fruizione dei beni culturali.

  Rocco BUTTIGLIONE (AP) pensa che il decreto-legge sia stato adottato come risposta a un fatto gravissimo, vale a dire il sabotaggio della ripresa economica, che comincia a manifestarsi. Essa è trainata da due fattori, l'automobile e il turismo. Mettere a repentaglio questa tendenza al Pag. 107miglioramento non è perdonabile. Tuttavia, al Parlamento si presenta una diversa questione, di natura tecnico-giuridica: se possa dirsi che esista un diritto alla fruizione dei beni culturali. Se così fosse dovrebbe immaginarsi anche un obbligo «a far fruire» da parte dello Stato, cosa che evidentemente non è: le 4500 strutture museali presenti in Italia non possono essere materialmente sempre a disposizione di tutti né possono esserlo le immense ricchezze italiane, una consistente parte delle quali è chiusa in casse nei magazzini. Quanto poi all'ambito di applicazione del decreto legge, crede che debba essere ben chiarito se esso si applichi solo ai beni pubblici o anche a quelli privati. Crede forse che il criterio discretivo non debba risiedere nella proprietà del bene (pubblica o privata) bensì nella dimensione. I grandi siti dovrebbero essere sempre aperti.

  Maria MARZANA (M5S) crede che, certamente, sia necessario assicurare la fruizione dei beni culturali; tuttavia anche il pagamento di prestazioni lavorative straordinarie effettuate dai lavoratori le pare un passaggio ineludibile. Del resto, la chiusura di luoghi d'interesse culturale spesso è dovuta a cause del tutto estranee all'esercizio dei diritti sindacali.

  Simone VALENTE (M5S) osserva come il titolo del provvedimento sia bugiardo: esso non corrisponde affatto al suo contenuto. Deve poi introdurre nel ragionamento della Commissione il tema dei servizi aggiuntivi. Attraverso l'esternalizzazione di questi, si assiste al dirottamento di ricchezze pubbliche a imprese private. È per questo che ieri ha chiesto i dati aggiornati all'anno 2014 riferiti a tali servizi. Peraltro spesso le ditte private sfruttano i lavoratori addetti. Auspica quindi che si cambi il modello di gestione di tali servizi, in particolare con la loro internalizzazione, anche solo parziale, sulla falsariga del modello francese.

  Luigi GALLO (M5S), salutato il collega Lainati, che siede nella postazione solitamente riservata ai sottosegretari, osserva che, nonostante il settore sanitario, scolastico e dei trasporti siano stati considerati servizi pubblici essenziali, da assoggettare quindi alla disciplina della legge n. 146 del 1990, ciò non ha certo portato a buoni risultati, in particolare a seguito delle privatizzazioni avutesi in quegli ambiti. Sottolinea, poi, che la normativa introdotta con il decreto-legge non potrebbe evitare assemblee del tipo di quelle svoltesi a Pompei e al Colosseo. Rifacendosi anche all'intervento del collega Simone Valente, offre alcuni ragguagli sui profitti delle società private appaltatrici dei servizi aggiuntivi, che hanno conseguito utili considerevoli negli ultimi anni. Sottolinea inoltre che altre questioni rivestono importanza ai fini di un'effettiva fruizione dei beni culturali, quali un adeguato sistema di trasporti verso le aree di interesse e maggiori risorse per il MIBACT.

  Camilla SGAMBATO (PD) rimarca che, a differenza dell'assemblea svoltasi recentemente presso il Colosseo, le note assemblee sindacali tenutesi a Pompei e presso la Reggia di Caserta non erano state regolarmente indette. Se concorda con il collega Rampi, non può essere d'accordo con l'onorevole Buttiglione, che propone di distinguere tra luoghi di interesse culturale di maggiore o minore dimensione. A seguire tale discrimine, resterebbe escluso, per esempio, dall'alveo della nuova disciplina il mitreo di Santa Maria Capuavetere, che – pur piccolo in assoluto – è tuttavia il mitreo più grande d'Italia e di pregio indiscutibile, tanto che i turisti, dopo aver visto l'anfiteatro romano, aspettano che il custode interrompa il servizio presso tale sito e li porti a visitare l'altro.

  Maria COSCIA (PD), relatrice, ascoltato il dibattito, presenta una proposta di parere favorevole con condizioni (vedi allegato 2).

  Chiara DI BENEDETTO (M5S) annuncia voto contrario sulla proposta della collega Coscia e spera che si giunga all'approvazione Pag. 108della proposta di Simone Valente.

  Annalisa PANNARALE (SEL) voterà contro la proposta della collega Coscia.

  Flavia PICCOLI NARDELLI, presidente, avverte che metterà previamente in votazione la proposta di parere della relatrice e che, ove questa fosse approvata, saranno precluse le altre due proposte.

  La Commissione approva la proposta di parere della relatrice Coscia. Risultano pertanto precluse le restanti proposte di parere.

  La seduta termina alle 15.50.

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