CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 29 settembre 2015
512.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
COMUNICATO
Pag. 96

SEDE REFERENTE

  Martedì 29 settembre 2015. — Presidenza del presidente Cesare DAMIANO. – Interviene la sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo, Ilaria Carla Anna Borletti Dell'Acqua.

  La seduta comincia alle 14.15.

DL 146/15: Misure urgenti per la fruizione del patrimonio storico e artistico della Nazione.
C. 3315 Governo.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del disegno di legge.

  Cesare DAMIANO, presidente, avverte che, come stabilito nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, dello scorso 24 settembre, nella seduta odierna avrà luogo la relazione introduttiva della relatrice ed eventuali interventi nell'ambito della discussione generale, mentre l'esame proseguirà al termine di un apposito ciclo di audizioni informali volto ad approfondire il contenuto del provvedimento, secondo modalità che potranno essere definite nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, convocato al termine delle sedute di oggi.

  Alessia ROTTA (PD), relatrice, osserva preliminarmente che il decreto-legge del quale la Commissione avvia oggi l'esame ha lo scopo di inserire tra i servizi pubblici essenziali ai quali si applica la regolamentazione del diritto di sciopero prevista dalla legge n. 146 del 1990 l'apertura al pubblico del patrimonio storico e artistico del nostro Paese.
  Sottolinea che la relazione illustrativa allegata al disegno di legge di conversione del decreto in esame ricorda, in proposito, come già in passato la Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali abbia ipotizzato di applicare le disposizioni della legge n. 146 del 1990 a scioperi indetti nel settore dei beni culturali, come nel caso dello sciopero, poi revocato, indetto nei musei statali fiorentini per il giorno di Pasqua del 2015. La Pag. 97relazione evidenzia, tuttavia, che allo stato, in assenza di una modifica alla normativa di rango legislativo, l'apertura al pubblico dei musei e dei luoghi della cultura non potrebbe considerarsi a pieno titolo riconducibile nell'ambito dei servizi pubblici essenziali. Si evidenzia, tuttavia, che l'interruzione del servizio prestato nel settore dei beni culturali è suscettibile di creare disagi che coinvolgono migliaia di persone, con punte di decine di migliaia nei siti più visitati, e si è, pertanto, ravvisata l'esigenza di assicurare un contemperamento tra l'esercizio del diritto di sciopero e i diritti connessi alla fruizione del patrimonio storico e artistico. Osserva a tale riguardo, che occorre considerare che già la legge n. 146 del 1990, nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del decreto in esame, prevedeva che fossero garantiti i servizi finalizzati alla tutela del patrimonio storico-artistico, richiamando in modo espresso quelli finalizzati alla vigilanza sui beni culturali. La relazione allegata al provvedimento evidenzia, in proposito, lo stretto legame esistente tra la tutela di un museo e la sua apertura al pubblico, considerando che la conservazione del patrimonio culturale è funzionale alla sua fruizione. In questo senso, si richiama il principio sancito dall'articolo 9, secondo comma, della Costituzione, secondo il quale la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione, nonché l'articolo 3 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modificazioni, che evidenzia come l'attività di tutela dei beni costituenti il patrimonio culturale è finalizzata alla loro individuazione, protezione e conservazione per fini di pubblica fruizione. Analogamente, l'articolo 101 del medesimo Codice prevede, al comma 3, che gli istituti e i luoghi della cultura pubblici sono destinati alla pubblica fruizione ed espletano un servizio pubblico, mentre il successivo comma 4 stabilisce che le strutture espositive e di consultazione e i luoghi della cultura appartenenti a soggetti privati e aperti al pubblico espletano un servizio privato di utilità sociale. Rileva che, alla luce di tale contesto normativo, il decreto punta pertanto a riconoscere come servizio pubblico essenziale la fruizione del patrimonio storico e artistico, anche considerando che con la riforma del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo i musei statali sono stati regolati come istituti in senso proprio.
  Quanto al contenuto del provvedimento, segnala che il decreto-legge n. 146 del 2015 si compone di due soli articoli. L'articolo 1 introduce una modifica all'articolo 1, comma 2, lettera a), della legge n. 146 del 1990, che reca norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati, inserendo nell'elenco dei servizi essenziali concernenti la tutela della vita, della salute, della libertà e della sicurezza della persona, dell'ambiente e del patrimonio storico-artistico, da garantire nel loro contenuto essenziale anche in caso di sciopero, anche l'apertura al pubblico di musei e luoghi della cultura di cui all'articolo 101 del decreto legislativo n. 42 del 2004. In proposito, ricordato che l'elenco di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 146 del 1990 non viene considerato come tassativo, ritiene opportuno considerare che, ai sensi del comma 1 di tale articolo del Codice dei beni culturali e del paesaggio, sono istituti e luoghi della cultura i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali, così come definiti dal successivo comma 2.
  Al fine di valutare l'esatta portata dell'estensione prevista dal decreto in esame, ritiene che potrebbe essere opportuno verificare se il riferimento contenuto nella disposizione a «musei e luoghi della cultura» anziché a «istituti e luoghi della cultura» intenda definire un ambito applicativo diverso rispetto a quello disegnato dagli articoli da 101 a 103 del decreto legislativo n. 42 del 2004, ovvero si tratti di una formulazione equivalente. In tale ultimo caso, ritiene che potrebbe essere opportuno fare riferimento anche nell'articolo 1, comma 1, del decreto in esame a «istituti e luoghi della cultura». Pag. 98
  Anche alla luce di quanto previsto dai commi 3 e 4 dell'articolo 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, osserva che potrebbe, inoltre, essere utile chiarire in modo univoco se il provvedimento si applichi ai luoghi della cultura e ai musei pubblici o anche a quelli di appartenenza privata aperti al pubblico. Il testo, infatti, non prevede una espressa limitazione del suo campo applicativo, ma alcuni passaggi della relazione illustrativa sembrano fare riferimento esclusivamente a luoghi e istituzioni di appartenenza pubblica.
  Quanto agli effetti dell'inclusione dell'apertura di musei e luoghi della cultura tra i servizi pubblici essenziali ai fini dell'applicazione della normativa sullo sciopero di cui alla legge n. 146 del 1990, ritiene utile ricordare in questa sede che tale disciplina intende assicurare un contemperamento dell'esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà e alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all'assistenza e previdenza sociale, all'istruzione e alla libertà di comunicazione, attraverso la definizione di regole e procedure da seguire in caso di conflitto collettivo volte a garantire l'effettività del contenuto essenziale di tali diritti. In questa ottica, il legislatore ha introdotto, in sostanza, tre ordini di limiti al diritto di sciopero, prevedendo in primo luogo l'obbligo di un preavviso non inferiore a dieci giorni e, negli stessi termini, l'indicazione della durata, delle modalità di attuazione e delle motivazioni dell'astensione collettiva dal lavoro, nonché la garanzia di misure dirette a consentire l'erogazione delle prestazioni indispensabili. Osserva che, dal canto loro, le amministrazioni o le imprese erogatrici dei servizi devono dare adeguata comunicazione agli utenti almeno cinque giorni prima dell'inizio dello sciopero, dei modi e dei tempi di erogazione dei servizi nel corso dello sciopero e delle misure per la loro riattivazione al termine dell'astensione dal lavoro. Il compito di individuare concretamente le prestazioni indispensabili spetta alla contrattazione collettiva, che può disporre l'astensione dallo sciopero di quote strettamente necessarie di lavoratori tenuti alle prestazioni e indicare, in tal caso, le modalità per l'individuazione dei lavoratori interessati, ovvero possono disporre forme di erogazione periodica. Ricorda che nei contratti e negli accordi collettivi devono essere in ogni caso previste procedure di raffreddamento e di conciliazione, obbligatorie per entrambe le parti, da esperire prima della proclamazione dello sciopero. La Commissione di garanzia istituita dalla legge n. 146 del 1990 valuta l'idoneità degli accordi conclusi ad assicurare il contemperamento tra diritto di sciopero e diritti della persona e, in caso di valutazione negativa, formula alle parti una propria proposta e, in caso di indisponibilità delle parti a raggiungere un accordo, adotta con propria delibera la provvisoria regolamentazione delle prestazioni indispensabili, delle procedure di raffreddamento e di conciliazione e delle altre misure di contemperamento, comunicandola alle parti interessate, che sono tenute ad osservarla fino al raggiungimento di un accordo valutato idoneo. Osserva che, qualora sussista il fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati, è prevista l'attivazione di un tentativo di conciliazione e, in caso di suo esito negativo, l'adozione con ordinanza delle misure necessarie, che possono consistere nel differimento dell'astensione collettiva ad altra data, anche unificando astensioni collettive già proclamate, la riduzione della sua durata ovvero nella prescrizione di misure idonee ad assicurare livelli di funzionamento del servizio pubblico compatibili con la salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati.
  Con specifico riferimento al provvedimento in esame, osserva che la Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ha rappresentato la necessità di addivenire in tempi rapidi alla sottoscrizione di un accordo tra le parti, in grado di individuare le prestazioni indispensabili da assicurare in caso di sciopero nelle materie oggetto del decreto fissando un Pag. 99termine di sessanta giorni, decorrenti dallo scorso 24 settembre, entro il quale le parti dovranno sottoporre il testo dell'accordo al giudizio di idoneità della Commissione stessa, la quale ha sottolineato che, in mancanza di soluzioni concordate tra le parti entro il suddetto termine, potrà esercitare il proprio potere sostitutivo di regolamentazione della materia.
  Rileva, infine, che l'articolo 2, come di norma nei provvedimenti di urgenza, disciplina l'entrata in vigore del decreto-legge, che ha luogo nello stesso giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

  La Sottosegretaria Ilaria Carla Anna BORLETTI DELL'ACQUA, concordando con le considerazioni della relatrice, si riserva di intervenire nel prosieguo della discussione.

  Silvia CHIMIENTI (M5S) ribadisce la contrarietà del gruppo M5S sul metodo adottato dal Governo, che ha preso a pretesto un'assemblea sindacale, regolarmente convocata e comunicata alla Soprintendenza, per intervenire sulla legge che regola il diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali. Un intervento sulla legge n. 146 del 1990, al fine di superarne le lacune, avrebbe, a suo avviso, potuto realizzarsi seguendo il procedimento legislativo ordinario, senza la necessità di ricorrere alla decretazione d'urgenza. L'adozione di un decreto-legge, infatti, fornisce al Presidente del Consiglio l'ennesima occasione per pubblicare un tweet, anche se l'intervento si sostanzia in una lesione dei diritti dei lavoratori. Ritiene, infatti, che questi avrebbero dovuto essere ascoltati prima e che, anzi, sarebbe stato necessario provvedere per tempo al pagamento di quanto dovuto in relazione alle prestazioni straordinarie svolte. Ribadisce che il dibattito che ha portato all'adozione del decreto si sia basato sulla confusione tra l'istituto dell'assemblea sindacale e l'istituto dello sciopero, falsando completamente ogni seria discussione su quanto accaduto al Colosseo lo scorso 18 settembre. Ricorda che, sul decreto-legge, il M5S ha presentato una pregiudiziale di costituzionalità, discussa nell'odierna seduta antimeridiana, evidenziando l'insussistenza di un caso straordinario di necessità e di urgenza, e richiesto dalla Costituzione per l'adozione di un provvedimento di urgenza. Sottolinea, infine, che il danno all'immagine dell'Italia non è stato provocato dal comportamento, conforme alla legge, dei lavoratori ma dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che non ha rispettato i diritti dei lavoratori, e dal Presidente del Consiglio, che ha approfittato di un pretesto per digitare tweet e provocare i titoli dei giornali, lasciando alla Commissione il compito di ratificare quanto stabilito per decreto.

  Renata POLVERINI (FI-PdL) segnala che un intervento sulla legge n. 146 del 1990, a suo avviso necessario, in quanto la legge si palesa ormai datata e manifestamente lacunosa, si sarebbe dovuto realizzare attraverso l'iniziativa del Parlamento e non per effetto dall'ennesima prova di forza del Governo. Si tratta, a suo avviso, dell'ennesima dimostrazione della marginalità cui il Governo vuole costringere il Parlamento e, in particolare, le Commissioni competenti in materia di lavoro.

  Titti DI SALVO (PD) osserva che l'affermazione della collega Chimienti, che ha osservato che il lavoro della Commissione sarebbe limitato alla conversione in legge dei tweet del Presidente del Consiglio, debba essere meglio argomentata. Analogamente, a suo avviso è da argomentare anche l'interpretazione, sempre della collega Chimienti, in base alla quale sarebbe punitivo per i lavoratori del settore dei beni culturali l'inserimento dell'apertura dei musei nell'ambito di applicazione dalla legge n. 146 del 1990.

  Walter RIZZETTO (Misto-AL) ricorda che l'assemblea sindacale dei lavoratori del Colosseo era stata regolarmente autorizzata dalla Soprintendenza. Evidentemente, vi è stato un difetto di comunicazione al pubblico. Ritiene, del resto, che Pag. 100non si possa porre a carico delle organizzazioni sindacali l'onere di fare sapere ai turisti che il Colosseo non sarebbe stato visitabile in concomitanza con l'assemblea legittimamente convocata. Tale compito, a suo avviso, non spettava certo dei lavoratori ma alla Soprintendenza. Si dichiara, infine, d'accordo con la collega Polverini sulla marginalità della Commissione rispetto a temi di grande importanza, come quello dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, regolarmente lasciati all'iniziativa del Governo.

  Marco MICCOLI (PD) osserva che la discussione sul decreto in esame, per essere veramente utile, dovrebbe essere inserita nell'ambito di un più generale dibattito sull'opportunità di valorizzare il settore dei beni culturali, quale vero e proprio asset strategico nell'economia del nostro Paese, attraverso opportuni programmi di investimenti nel settore, anche con riferimento al personale impiegato e al suo rafforzamento.

  Monica GREGORI (Misto) si dichiara basita dall'atteggiamento del Governo che, da un lato, continua ad erodere le competenze del Parlamento e, dall'altro, attacca i diritti dei lavoratori, garantiti in primo luogo dagli articoli 1 e 4 della Costituzione. A suo avviso, si stanno limitando i diritti dei lavoratori per errori che non possono essere loro imputati. Nel segnalare che l'intervento del Governo rappresenta una autentica forzatura, ricorda che vi sono ambiti nei quali i diritti dei lavoratori sono minacciati e sui quali sarebbe opportuno un intervento altrettanto urgente, riferendosi in particolare alle problematiche relative ai rapporti tra clausole sociali e libertà di diritto di impresa.

  Cesare DAMIANO (PD), presidente, dopo avere sottolineato la necessità di assicurare, come già avviene in altri settori quale quello dell'assistenza sanitaria, il contemperamento tra il diritto di sciopero dei lavoratori e la garanzia della prestazione dei servizi essenziali, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta, ricordando che l'esame preliminare proseguirà al termine del previsto ciclo di audizioni.

  La seduta termina alle 14.45.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 29 settembre 2015. — Presidenza del presidente Cesare DAMIANO.

  La seduta comincia alle 14.45.

Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015.
Doc. LVII, n. 3-bis e allegati.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e rinvio).

  Cesare DAMIANO, presidente, avverte che, come convenuto nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, del 24 settembre 2015, l'espressione del parere di competenza avrà luogo nella giornata di domani.

  Gessica ROSTELLATO (PD), relatrice, rileva che a Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015 reca un aggiornamento tanto del quadro tendenziale quanto di quello programmatico, sia con riferimento alle grandezze macroeconomiche sia con riferimento agli obiettivi di finanza pubblica. Osserva che, come evidenziato dal documento, le previsioni tendenziali, oltre a rivedere al rialzo la crescita del prodotto interno lordo per il 2015, dallo 0,7 per cento allo 0,9 per cento, scontano anche negli anni successivi un miglioramento dell'economia sulla base dei ritmi attuali.
  Ben più significative sono, a suo avviso, le revisioni apportate al quadro programmatico. Come chiarito dalle premesse del documento e analiticamente descritto nella relazione ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, il Pag. 101Governo, pur mantenendo fermo l'obiettivo di consolidare le finanze pubbliche e ridurre il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo, attua una revisione della progressione verso il consolidamento fiscale, rallentandone il ritmo attraverso l'utilizzo dei margini di flessibilità riconosciuti dalla disciplina dell'Unione europea in correlazione alle riforme strutturali e alle spese per investimento. Osserva che la scelta di perseguire una politica economica più favorevole alla crescita, pur nell'indispensabile equilibrio con gli obiettivi di consolidamento finanziario, è motivata in primo luogo dagli scenari economici internazionali, caratterizzati da un clima di incertezza e dalla presenza di segnali di rallentamento delle grandi economie emergenti, che rischiano di determinare una crescita del commercio mondiale inferiore alle attese, con inevitabili ripercussioni anche sulle esportazioni del nostro Paese. Sottolinea che le premesse alla Nota evidenziano inoltre, con specifico riferimento agli ambiti di competenza della nostra Commissione, che il Governo intende promuovere un rafforzamento dell'occupazione a un ritmo più sostenuto di quello registrato negli ultimi mesi, nei quali, peraltro, si sono colti positivi segnali in termini di incremento del numero dei partecipanti al mercato del lavoro, di incremento assoluto del numero degli occupati e di riduzione del tasso di disoccupazione. L'obiettivo è, in particolare, quello di reintegrare nel mercato del lavoro il più rapidamente possibile i disoccupati e gli inattivi, al fine di contrastare fenomeni di scoraggiamento e di dispersione del capitale umano. Da ultimo, sottolinea che la promozione di politiche volte a sostenere la crescita punta anche a compensare il rischio di deflazione, considerato che il tasso di inflazione è ancora lontano dall'obiettivo del 2 per cento indicato dalla Banca centrale europea, con effetti negativi sul piano del percorso di riduzione del rapporto tra debito e prodotto interno lordo.
  Osserva che il nuovo quadro programmatico prevede un incremento del Prodotto interno lordo pari allo 0,9 per cento per l'anno in corso, in linea con quanto indicato nel quadro tendenziale, riportato dalla Nota, all'1,6 per cento per ciascuno degli anni 2016 e 2017, all'1,5 per cento per l'anno 2018 e all'1,3 per cento nell'anno 2019. Negli anni a decorrere dal 2016 il quadro programmatico sconta un miglioramento rispetto al quadro tendenziale, nel quale la crescita del prodotto interno lordo è quantificata in misura pari all'1,3 per cento per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018 e all'1,2 per cento per l'anno 2019. Rileva che, tra i provvedimenti che dovrebbero contribuire alla creazione di tale differenziale, la Nota segnala in primo luogo la disattivazione delle clausole di salvaguardia, che determinerebbe effetti positivi quantificati in misura pari allo 0,2 per cento del PIL nel 2016, allo 0,4 per cento del PIL in ciascuno degli anni 2017 e 2018 e allo 0,2 per cento nell'anno 2019. Ulteriori effetti positivi sono inoltre attesi dalla riduzione del carico fiscale su famiglie e imprese, che dovrebbe contribuire a un incremento del PIL dello 0,1 per cento in ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, e da altre misure espansive, tra le quali il recepimento della sentenza della Corte costituzionale sul rinnovo dei contratti pubblici, che contribuirebbero all'incremento del PIL per lo 0,1 per cento negli anni 2016 e 2017. Effetti di segno opposto verrebbero, invece, dalla revisione della spesa e degli sgravi fiscali e da altre coperture finanziarie.
  Venendo al versante della finanza pubblica, segnala che il rapporto tra indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e PIL sarebbe pari al 2,6 per cento nell'anno in corso, in conformità con il quadro tendenziale, per scendere al 2,2 per cento nel 2016, all'1,1 per cento nel 2017 e allo 0,2 per cento nel 2018. Nel 2019 si avrebbe, invece, un indebitamento netto positivo (accreditamento netto) pari allo 0,3 per cento in rapporto al PIL. Si tratta di dati superiori a quelli del quadro programmatico recato dal DEF di aprile 2015 e a quelli tendenziali. Ricorda che, nel vecchio quadro programmatico, infatti, il rapporto tra indebitamento netto e PIL era pari all'1,8 per cento nel 2016, allo 0,8 Pag. 102per cento nel 2017, mentre nel 2018 il saldo era previsto pari a zero e si prevedeva per il 2019 un accreditamento netto pari allo 0,4 per cento. Nel quadro tendenziale il tasso di indebitamento netto è pari all'1,4 per cento per il 2016 e si raggiunge il pareggio di bilancio nel 2017, per poi conseguire valori positivi di accreditamento pari allo 0,7 per cento del PIL nel 2018 e all'1 per cento nel 2019. Sul piano dei saldi strutturali, si rinvia al 2018 il conseguimento del pareggio di bilancio, che nel precedente quadro programmatico era previsto per il 2017.
  Osserva che la Nota in esame e l'allegato III evidenziano che, al fine di promuovere una politica economica più orientata alla crescita, il Governo ha inteso avvalersi dei margini di flessibilità riconosciuti dalla normativa dell'Unione, creando spazi finanziari compresi, negli anni a decorrere dal 2016, tra lo 0,2 e lo 0,4 per cento del prodotto interno lordo. La Nota precisa, inoltre, che l'indebitamento programmatico relativo al 2016 non include un margine addizionale di disavanzo, fino a 0,2 punti percentuali, che potrebbe essere concesso qualora in sede europea sia riconosciuta la rilevanza, ai fini dell'applicazione del Patto di stabilità e crescita, dell'impatto economico-finanziario dell'accoglienza degli immigrati, nell'attuale fase di emergenza. Rileva che, nel complesso, l'indebitamento netto potrà aumentare rispetto al dato tendenziale di circa 17,9 miliardi di euro nel 2016, compresi circa 3,3 miliardi di euro connessi all'emergenza immigrazione, di 19,2 miliardi di euro nel 2017, di 16,2 miliardi di euro nel 2018 e di 13,9 miliardi di euro nel 2019. In vista della legge di stabilità 2016, il Governo indica come priorità misure per l'alleviamento della povertà e stimolo all'occupazione, agli investimenti privati, all'innovazione, all'efficienza energetica e alla rivitalizzazione dell'economia anche meridionale, il sostegno alle famiglie e alle imprese anche attraverso l'eliminazione dell'imposizione fiscale sulla prima casa, sui terreni agricoli e sui macchinari «imbullonati», nonché l'azzeramento per l'anno 2016 delle clausole di salvaguardia. Per il 2017 si prevede sin d'ora una riduzione della tassazione gravante sugli utili aziendali.
  Rileva che, per quanto attiene ai dati macroeconomici in materia di lavoro, la Nota espone un quadro tendenziale che fa segnare una progressiva riduzione del tasso di disoccupazione, che passa dal 12,7 per cento del 2014 al 12,2 per cento nell'anno 2015, all'11,9 per cento nell'anno 2016, all'11,5 per cento nell'anno 2017, al 11,2 per cento nell'anno 2018 e al 10,9 per cento nell'anno 2019. A tale processo fa riscontro un analogo incremento del tasso di occupazione per i soggetti tra 15 e 64 anni di età, che passa dal 55,7 per cento dello scorso anno, al 56,1 per cento del 2015, per poi crescere al 56,4 per cento nel 2016, al 56,7 per cento nel 2017, al 57 per cento nel 2018 e al 57,2 per cento nell'anno 2019. Sul piano programmatico, i dati registrano invece progressi ancora maggiori a decorrere dall'anno 2017: il tasso di disoccupazione sarebbe infatti pari all'11,3 per cento nell'anno 2017, al 10,7 per cento nell'anno 2018 e al 10,2 per cento nell'anno 2019, mentre il tasso di occupazione dei soggetti tra 15 e 64 anni di età crescerebbe al 56,8 per cento nel 2017, al 57,2 per cento nel 2018 e al 57,6 per cento nel 2019.
  Osserva che, riguardo al mercato del lavoro, la Nota tratta in diversi punti le misure già adottate o le iniziative da assumere con riferimento alla Raccomandazione n.5, indirizzata all'Italia dal Consiglio europeo a conclusione delle procedure del semestre europeo 2015. La raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 14 luglio 2015 sul programma nazionale di riforma 2015 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2015 dell'Italia (2015/C 272/16) invita, in particolare, il nostro Paese a: adottare i decreti legislativi riguardanti la configurazione e il ricorso alla cassa integrazione guadagni, la revisione degli strumenti contrattuali, l'equilibrio tra attività professionale e vita privata e il rafforzamento delle politiche attive del mercato del lavoro; promuovere, di concerto con le parti sociali e conformemente Pag. 103alle prassi nazionali, un quadro efficace per la contrattazione di secondo livello; nell'ambito degli sforzi per ovviare alla disoccupazione giovanile, adottare e attuare la prevista riforma della scuola e ampliare l'istruzione terziaria professionalizzante.
  A tale riguardo, la Nota di aggiornamento fa una sintetica menzione, nell'ambito della tabella concernente le azioni adottate in risposta alle raccomandazioni del Consiglio europeo, ai provvedimenti adottati in attuazione della delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183, il cosiddetto Jobs Act, all'implementazione della Garanzia giovani, al sostegno all'autoimprenditorialità dei giovani, al potenziamento dell'alternanza tra scuola e lavoro, prevista dall'articolo 1, commi 33 e seguenti, della legge 13 luglio 2015, n. 107, e alla revisione della disciplina dell'apprendistato. Per quanto attiene al rafforzamento della contrattazione decentrata, la Nota richiama la «contrattazione tra le parti sociali» sulla rappresentatività dei sindacati, mentre per quanto attiene alla semplificazione delle procedure amministrative, si richiama la digitalizzazione della certificazione relativa al Documento unico di regolarità contributiva (DURC). Per quanto attiene, infine, all'investimento sul capitale umano, segnala l'approvazione della riforma della scuola di cui alla richiamata legge n. 107 del 2015.
  Osserva che, nella tabella che reca il cronoprogramma per le riforme, la Nota di aggiornamento dà quindi conto dell'attuazione delle deleghe di cui alla legge n. 183 del 2014, nel frattempo perfezionatasi, a seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale degli ultimi quattro decreti attuativi del cosiddetto Jobs Act. Quanto all'impatto sul prodotto interno lordo, la Nota, confermando quanto indicato nel Documento di economia e finanza 2015, stima che il complesso di tali decreti legislativi avrà un effetto positivo sul PIL quantificato in 0,6 punti percentuali nel 2020 e in 1,3 punti nel lungo periodo. Ricorda che il Documento di economia e finanza stimava che il complesso delle misure contenute nei decreti avrebbe determinato un incremento dell'occupazione dell'1 per cento nel 2020, dell'1,5 per cento nel 2025 e del 2 per cento nel lungo periodo. Effetti positivi sono altresì ricondotti alla riduzione del cuneo fiscale sul lavoro prevista dalla legge di stabilità 2015, che, grazie alla stabilizzazione del bonus di 80 euro per i lavoratori dipendenti con redditi più bassi e alla deducibilità integrale dall'IRAP della componente relativa al costo del lavoro, porterebbe a una crescita del prodotto interno lordo dello 0,4 per cento nel 2020 e nel lungo periodo.
  Segnala che, nell'ambito dell'esame dei recenti andamenti dell'economia italiana, la Nota in esame dedica uno specifico Focus al miglioramento del mercato del lavoro e ai risultati registrati nell'anno in corso nel campo della riduzione della disoccupazione. Il documento rileva, in proposito, che nel primo semestre del 2015 l'occupazione è cresciuta oltre le previsioni formulate all'inizio dell'anno da molti analisti, con un effetto di trascinamento sulla media del 2015 pari a circa mezzo punto percentuale. In particolare, nel primo semestre del 2015 gli occupati sono aumentati dello 0,8 per cento rispetto allo stesso semestre dell'anno precedente, con un incremento tendenziale pari allo 0,9 per cento nel secondo trimestre. La Nota indica che al miglioramento dell'occupazione hanno contribuito lo sgravio contributivo previsto dall'articolo 1, commi 118 e seguenti, della legge di stabilità 2015, i primi effetti dei decreti legislativi attuativi del cosiddetto Jobs Act e una ripresa della produzione lievemente più rapida del previsto. Nei primi due trimestri del 2015, il tasso di disoccupazione si attesta al 12,4 per cento e risulta in diminuzione, di 0,2 punti percentuali anche nel Mezzogiorno, dopo oltre tre anni di incrementi consecutivi. Il Focus rileva una elevata reattività dell'occupazione rispetto alle variazioni del PIL, che viene attribuita, almeno in parte, al fisiologico recupero della domanda di lavoro dopo una prolungata fase di recessione e si considera associata anche ad una maggiore flessibilità dei salari e ad una più elevata efficienza del mercato Pag. 104del lavoro. La Nota rileva, infatti, come tra il 2008 e il 2015 le retribuzioni di fatto abbiano avuto una dinamica inferiore all'aumento complessivo dei prezzi, mentre la maggiore efficienza del mercato del lavoro sarebbe testimoniata dalla riduzione del rapporto tra persone in cerca di lavoro e posti vacanti nel settore privato non agricolo, diminuito di circa un terzo rispetto al picco raggiunto a metà del 2013.
  Rileva che, in merito alla tipologia dei rapporti di lavoro, la Nota osserva, da un lato, che lo sgravio contributivo previsto dalla legge di stabilità per il 2015 e i primi effetti dei decreti legislativi attuativi delle deleghe di cui alla legge n. 183 del 2014 hanno contribuito all'incremento – verificatosi nel primo semestre del 2015 – del rapporto percentuale tra i nuovi contratti a tempo indeterminato e il totale dei nuovi contratti di lavoro: tale rapporto si è, infatti, attestato intorno al 18-19 per cento, mentre negli anni precedenti era diminuito fino al 15 per cento. Tale stabilizzazione dei rapporti non manifesta, tuttavia, ancora effetti significativi sul piano dello stock complessivo degli occupati: il rapporto tra il numero complessivo di lavoratori con contratto a tempo indeterminato ed il totale dei lavoratori – dato che riflette naturalmente anche i flussi di cessazione dei rapporti – risulta, infatti, nel primo semestre del 2015, ancora in lieve flessione (-0,3 per cento rispetto allo stesso periodo del 2014).
  Segnala, riguardo alla scomposizione per fasce anagrafiche, che la Nota rileva che le recenti variazioni positive del numero degli occupati si riflettono prevalentemente nella fascia di lavoratori con più di 54 anni di età, anche a causa dell'elevamento dei requisiti per il pensionamento, previsto degli interventi in materia pensionistica di cui all'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 e successive modificazioni. La Nota evidenzia, peraltro, che nel secondo trimestre del 2015, per la fascia degli occupati tra 35 e 54 anni, si è registrato per la prima volta dalla metà del 2012 un incremento – sia pur lieve – del numero di occupati (+0,1 punti percentuali rispetto al corrispondente trimestre del 2014).
  La Nota segnala anche la riduzione del tasso di inattività, che raggiunge il 35,9 per cento, livello più basso registrato dal 1993, grazie principalmente al contributo delle fasce di età tra 44 e 64 anni e tra 25 e 34 anni.
  Per quanto riguarda il lavoro pubblico, osserva che la Nota richiama innanzitutto la recente approvazione della legge delega n.125 del 2015, che segna l'avvio di un vasto processo di riforma della pubblica amministrazione, la cui conclusione, con l'adozione di tutti i decreti legislativi di attuazione, è prevista entro dicembre 2015. Nella tabella che reca il cronoprogramma per le riforme, a tali provvedimenti si ascrivono, nel complesso, effetti positivi in termini di crescita del prodotto interno lordo pari allo 0,4 per cento nel 2020 e all'1,2 per cento nel lungo periodo, in linea con quanto più analiticamente riportato nel Documento di economia e finanza 2015.
  Con specifico riferimento al pubblico impiego, nell'ambito delle misure adottate in relazione alla Raccomandazione n. 3 del Consiglio europeo, ricorda che la Nota richiama le misure assunte per l'efficientamento della dotazione organica della Pubblica amministrazione. In particolare, la Nota ricorda che si è conclusa la fase di raccolta delle informazioni sulle dotazioni organiche; sono state definite le tabelle di equiparazione del personale, nell'ambito degli ordinamenti professionali dei diversi comparti, al fine di agevolare i percorsi di mobilità interna; sono state adottate varie misure per la ricollocazione del personale delle Province presso Regioni ed enti locali.
  Nell'ambito dello scenario programmatico, infine, sottolinea che la Nota richiama la recente sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 2015 che ha dichiarato l'illegittimità del blocco dei trattamenti economici dei dipendenti pubblici, osservando che le stime della spesa per redditi da lavoro dipendente in rapporto al PIL, costruite secondo il criterio della Pag. 105legislazione vigente, non considerano gli oneri che deriveranno dalla ripresa della dinamica retributiva nel pubblico impiego, per i quali si dovranno effettuare specifici appostamenti di bilancio.
  Osserva che, riguardo al settore previdenziale, la Nota richiama innanzitutto il decreto-legge n. 65 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 109 del 2015, con cui il Governo ha dato attuazione ai principi enunciati nella sentenza della Corte Costituzionale n. 70 del 2015, che ha dichiarato l'incostituzionalità del blocco della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici di importo superiore a tre volte il trattamento minimo introdotto dal 2011. Come chiarito nella Relazione per il Parlamento che ha accompagnato il provvedimento, gli oneri per la parte relativa agli arretrati 2012-2014 e per la quota maturata nel 2015 sono stati contabilizzati nell'anno in corso, mentre le quote degli anni successivi sono imputate nei rispettivi esercizi; gli arretrati pagati nell'anno in corso costituiscono, invece, una misura una tantum. Gli effetti del decreto-legge n. 65 del 2015 nell'anno corrente porteranno quindi l'indebitamento netto a legislazione vigente al 2,6 per cento del PIL.
  Ricorda che, in analogia con i precedenti documenti di programmazione, nel quadro della valutazione dell'evoluzione del rapporto tra debito e prodotto interno lordo, la Nota dedica uno specifico focus alle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano. La Nota, confermando lo scenario già delineato nel DEF 2015, osserva che le misure adottate nel corso degli anni compensano in larga parte l'andamento negativo, la cosiddetta «gobba pensionistica», che si prospettava per i prossimi decenni in considerazione dell'incremento della speranza di vita e del passaggio alla fase di quiescenza delle generazioni del baby boom. In particolare, a seguito di andamenti negativi imputabili essenzialmente alla contrazione del prodotto interno lordo nella fase più acuta della crisi economica, a partire dal 2015-2016, in presenza di un andamento della crescita più favorevole, il rapporto fra spesa pensionistica e PIL tenderà a ridursi fino al 2030, in virtù del processo di innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento e del progressivo passaggio al metodo di calcolo contributivo. Attorno al 2030 tale rapporto dovrebbe attestarsi circa al 15 per cento. Nei quindici anni successivi, la misura del rapporto percentuale tornerebbe a crescere, a causa dell'ampliamento delle tendenze negative delle dinamiche demografiche e in ragione degli effetti sull'importo delle pensioni derivanti dal precedente posticipo del collocamento in quiescenza. Il rapporto dovrebbe raggiungere un valore massimo pari a circa il 15,5 per cento intorno al 2044, per poi decrescere nel successivo periodo. Nella parte finale del periodo di previsione il rapporto decrescerebbe fino al 13,7 per cento intorno al 2060, essenzialmente a causa del completamento della transizione dal sistema di calcolo misto a quello contributivo e del progressivo esaurimento delle coorti dei pensionati nati negli anni del baby boom.

  Cesare DAMIANO (PD), presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del documento alla seduta convocata per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 14.55.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 29 settembre 2015.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.55 alle 15.