CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 24 settembre 2015
510.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 28

SEDE REFERENTE

  Giovedì 24 settembre 2015. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene la sottosegretaria di Stato per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Sesa Amici.

  La seduta comincia alle 8.55.

Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza.
Testo unificato C. 9 d'iniziativa popolare, C. 200 Di Lello, C. 250 Vendola, C. 273 Bressa, C. 274 Bressa, C. 349 Pes, C. 369 Zampa, C. 404 Caparini, C. 463 Bersani, C. 494 Vaccaro, C. 525 Marazziti, C. 604 Fedi, C. 606 La Marca, C. 647 Caruso, C. 707 Gozi, C. 794 Bueno, C. 836 Caruso, C. 886 Porta, C. 945 Polverini, C. 1204 Sorial, C. 1269 Merlo, C. 1443 Centemero, C. 2376 Bianconi, C. 2495 Dorina Bianchi e C. 2794 Fitzgerald Nissoli.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 23 settembre 2015.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, ricorda che sono stati accantonate nella seduta di ieri le proposte emendative Beni 1.215, Giorgis 2.1 e 2.2, Costantino 2.25 e Marazziti 2.01. Chiede alla relatrice di esprimere il proprio parere,

  Marilena FABBRI (PD), relatrice, con riguardo agli emendamenti Beni 1.215, Giorgis 2.1 e 2.2 e Costantino 2.25 e all'articolo aggiuntivo Marazziti 2.01, accantonati nella seduta di ieri, invita i presentatori a ritirarli al fine di una ripresentazione in Assemblea. Le proposte emendative concernono tutte la questione della norma transitoria per i maggiorenni stranieri in possesso dei requisiti previsti dalla nuova disciplina per l'acquisizione della cittadinanza, prevedendo però platee diverse a cui applicarla. È una questione di grande rilevanza che aveva preferito non inserire nel testo unificato adottato in attesa di conoscere in maniera più puntuale la platea degli aventi diritto. Ricorda che si era impegnata nella seduta di ieri a formulare una proposta di riformulazione degli emendamenti ma allo stato attuale ciò non è stato possibile e desidera scusarsi con il Presidente e i colleghi. Si impegna a valutare la questione per l'esame in Assemblea e chiede la collaborazione del Governo per ottenere dati, anche dall'ISTAT, che sarebbero di grande aiuto a trovare una soluzione che, lo ricorda, andrebbe incontro all'esigenza di molti stranieri che vivono stabilmente in Italia da molti anni e che qui hanno studiato e lavorano.

  Andrea GIORGIS (PD) ritiene che il tema dell'applicabilità in via transitoria delle disposizioni del testo in esame sia molto serio e ponga questioni essenziali legate al principio di eguaglianza, che andrebbero valutate con attenzione, al di là delle implicazioni strettamente economiche e tecniche eventualmente connesse ad un allargamento di platea. Fa notare che sarebbe irragionevole escludere dall'ambito di applicazione del provvedimento – che tra i requisiti fondamentali Pag. 29richiesti per l'acquisto della cittadinanza prevede la residenza stabile nel territorio nonché l'inserimento culturale nella società – coloro che abbiano già maturato tali requisiti o che addirittura ne posseggano ulteriori. Dichiara dunque di ritirare i suoi emendamenti 2.1 e 2.2, auspicando, tuttavia, che vi sia un forte impegno politico ad affrontare la questione delle norme transitorie in Assemblea, in vista di una sua risoluzione.

  Mario MARAZZITI (PI-CD) concorda con quanto affermato dal collega Giorgis e ritiene che sia possibile un largo consenso sulla base dei principi da lui enunciati. Personalmente avrebbe preferito che nel testo fossero risolte anche questioni legate agli stranieri adulti, ma in ogni caso pensa che si siano fatti grandi passi in avanti. L'introduzione dello ius culturae per l'acquisizione della cittadinanza a suo avviso rappresenta infatti un grande strumento di integrazione e, di conseguenza, anche di sicurezza perché evita la formazione di situazioni di marginalità e di disagio sociale. Riguardo alla norma transitoria, accetta di ritirare l'articolo aggiuntivo 2.01 anche perché, alla luce dell'esame degli emendamenti, si trova a convergere sulla posizione indicata dal collega Giorgis. Ritiene infatti fondamentale accordare diritti che sono «sorgivi» alla luce della nuova disciplina e che come legislatori sarebbe veramente difficile non prevedere una norma transitoria, al fine di evitare discriminazioni. Sottolinea poi come tale norma rimanga nell'ambito dei minori oggetto del testo e che riguarda una platea con numeri minimali rispetto a quella oggetto del testo unificato.

  Cristian INVERNIZZI (LNA) ricorda che il suo gruppo ha affrontato con serietà l'esame di un testo che riguarda un tema politicamente molto rilevante per i propri elettori, rinunciando, di fatto, all'ostruzionismo, al fine di affrontare realmente in questa sede il merito delle questioni. Sottolinea, inoltre, la mancanza di chiarezza che sta caratterizzando l'esame del provvedimento, lamentandosi dell'operato della maggioranza. Al riguardo, fa presente che la maggioranza stessa, partita dall'approvazione di un testo base finalizzato a regolare la cittadinanza dei minori extracomunitari, giunge ora, attraverso un'ipotetica norma transitoria, la cui concreta definizione peraltro viene rimandata alla discussione del provvedimento in Assemblea, ad allargare la platea degli aventi diritto alla cittadinanza fino a ricomprendere soggetti che si trovano a vivere da almeno trent'anni sul territorio italiano i quali, non avendo fino ad oggi attivato alcuna procedura per ottenere il riconoscimento di uno status cui avrebbero diritto, hanno senza dubbio dimostrato uno scarso interesse a divenire cittadini del nostro Paese.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, desidera sottolineare che l'esame in Commissione è stato approfondito e compiuto, anche grazie all'atteggiamento dei deputati della Lega Nord Autonomie. Osserva che non è anomalo che alcune questioni vengano rinviate all'esame in Assemblea. Nel caso specifico si tratta di un tema di rilevanza politica tra l'altro non presente nel testo unificato adottato come testo base e che, quindi, necessita di un ulteriore approfondimento.

  Ignazio LA RUSSA (FdI-AN) ritiene che il provvedimento in esame ben rappresenti la disonestà intellettuale della maggioranza, la quale, a suo avviso, in nome di diritti di cui si dichiara falsamente portatrice e paladina, introduce sovente nell'ordinamento, nell'ambito di diversi settori – cita, ad esempio, la materia dell'immigrazione nonché quella dell'adozione dei minori – disposizioni che generano esclusivamente problemi e conflitti. Fa notare che anche nel campo della cittadinanza tale spirito ideologico ha prevalso, producendo un testo normativo assolutamente inadeguato, che lascia spazio ad incertezze interpretative suscettibili di favorire furbizie e scorciatoie illegali da parte di chiunque sia intenzionato ad acquistare la cittadinanza a tutti i costi. Giudica ad esempio un'ipocrisia collegare Pag. 30l'acquisto della cittadinanza alla mera frequenza di un corso scolastico e non all'effettivo conseguimento del titolo, ritenendo da condannare fermamente che la maggioranza sfrutti, subdolamente ed in modo omertoso, l'immagine dei bambini per i propri fini. Preannuncia, in conclusione, che il suo gruppo darà battaglia in Assemblea, nel tentativo di fermare un provvedimento che giudica in termini assolutamente negativi.

  Celeste COSTANTINO (SEL) ritiene che la maggioranza, con il suo atteggiamento poco chiaro, stia mettendo a dura prova la pazienza delle opposizioni, dal momento che, su un tema delicato come quello della cittadinanza, sta imponendo scelte legislative che appaiono il frutto di un compromesso al ribasso. Dopo aver rilevato l'irragionevolezza della scelta di escludere dal testo la disciplina sugli adulti, fa notare che nel corso dell'esame degli emendamenti sono state introdotte modifiche peggiorative, che hanno reso più complicata la procedura di acquisizione della cittadinanza. Soffermandosi sul tema delle norma transitorie poi, si chiede per quale motivo non sia stato possibile risolvere la questione in Commissione, giudicando paradossale che il Governo non sia già in possesso dei dati tecnici necessari. Pur ringraziando la relatrice per il lavoro svolto, ritiene che tale situazione di incertezza dipenda esclusivamente dall'attuale quadro dei rapporti di forza interni alla maggioranza e al Governo, dal quale emergono contrasti e confuse interpretazioni normative. Dichiara in ogni caso di ritirare il suo emendamento 2.25, auspicando che vi sia un forte impegno politico ad affrontare in Assemblea la questione importante della disciplina transitoria, della cui mancata risoluzione riterrebbe responsabile la maggioranza.

  Dorina BIANCHI (AP) desidera ringraziare la relatrice per l'impegno a trovare una soluzione sulla questione della norma transitoria e per tutto il lavoro svolto che ha permesso di arrivare a un testo che, a suo avviso, è un buon passo in avanti per risolvere la questione dei bambini che hanno svolto un percorso regolare di studio. Esprime in proposito soddisfazione per gli emendamenti approvati ieri che hanno collegato l'acquisizione della cittadinanza per ius culturae al conseguimento di un grado di competenza e che hanno introdotto per i genitori il requisito del permesso UE per soggiornanti di lungo periodo. Un permesso che richiede un livello di acquisizione della lingua italiana e il requisito del reddito minimo. Si è poi portato a due anni il tempo di presentazione della domanda di cittadinanza per chi ha compiuto la maggiore età. Si permette così di estendete questo diritto ai ventenni e ciò dovrebbe costituire un elemento di riflessione anche rispetto alla questione della norma transitoria.

  Teresa PICCIONE (PD) dichiara di sottoscrivere l'emendamento Beni 1.215 e di ritirarlo.

  Ignazio LA RUSSA (FdI-AN) dichiara che il suo gruppo lo ha designato come relatore di minoranza sul provvedimento in vista dell'esame in Assemblea.

  Cristian INVERNIZZI (LNA) fa presente di essere stato designato dal suo gruppo come relatore di minoranza sul provvedimento.

  Marilena FABBRI (PD), relatrice, ringrazia tutti i colleghi per il lavoro svolto, compresi i deputati del gruppo della Lega Nord con i quali ha condiviso alcune problematiche pur sussistendo posizioni diverse sulle relative soluzioni. Ringrazia, in particolare, i colleghi per la qualità delle proposte emendative presentate che, lungi dall'avere un intento meramente ostruzionistico, hanno permesso l'avvio di un lavoro di approfondimento, ancora in divenire, che, coerentemente con la stessa essenza del Parlamento, ha portato e porterà, in sede di esame del provvedimento in Assemblea, a prendere decisioni frutto di mediazioni tra le diverse forze politiche.
  Nel ribadire l'importanza del lavoro fin qui svolto, si impegna fin d'ora a continuare Pag. 31i necessari approfondimenti relativi alla definizione di una norma transitoria ispirata ai principi dettati dalla Costituzione.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, fa presente che il testo risultante a seguito dell'esame degli emendamenti sarà trasmesso alle Commissioni competenti in sede consultiva ai fini dell'acquisizione dei prescritti pareri. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 9.35.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Giovedì 24 settembre 2015. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.

  La seduta comincia alle 9.35.

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2015.
Emendamenti C. 3305 Governo, approvato dal Senato.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Alessandro NACCARATO, presidente, in sostituzione della relatrice, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

  La seduta termina alle 9.40.

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 24 settembre 2015. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO.

  La seduta comincia alle 14.10.

Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare.
C. 2957, approvata dal Senato ed abb.

(Esame e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, illustra il provvedimento in esame facendo presente che la proposta di legge C. 2957 – approvata dal Senato l'11 marzo 2015 – interviene sulla disciplina dell'affido contenuta nella legge 184 del 1983, in particolare, la proposta ridefinisce il rapporto tra procedimento di adozione e istituto dell'affidamento familiare allo scopo di garantire la continuità affettiva con la famiglia affidataria del minore di cui sia dichiarata l'adottabilità.
  Ricorda che nel caso dell'affido la famiglia o la persona che si rende disponibile ad accogliere il minore gli offre una casa e un ambiente affettivo temporanei, in quanto la responsabilità genitoriale permane in capo alla famiglia d'origine – o all'autorità che ha provveduto al suo provvisorio allontanamento – e l'obiettivo cui punta l'istituto dell'affido è quello di reintegrare il minore nella sua famiglia di origine. Nel caso dell'adozione, invece, la famiglia che accoglie il minore è consapevole di assumere in tutto e per tutto, al termine del periodo di affidamento preadottivo, la responsabilità genitoriale in maniera definitiva e non reversibile. La prassi ha però dimostrato che l'affidamento, talvolta, perde il carattere di «soluzione provvisoria e temporanea» che la Pag. 32legge invece gli attribuisce. Il periodo massimo di affidamento previsto dalla legge è pari a 2 anni, prorogabile da parte del tribunale dei minorenni laddove se ne riscontri l'esigenza (quando la sospensione dell'affido rechi pregiudizio al minore. Nella relazione al provvedimento presentato al Senato si cita il Rapporto dell'Istituto degli Innocenti del dicembre 2012 su affidamenti familiari e collocamenti in comunità, elaborato per conto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali da cui risulta che i bambini e gli adolescenti in affidamento familiare da oltre due anni, cioè oltre il termine ordinario previsto dalla legge, sia pari circa al 60 per cento del totale.
  In un numero elevato di casi, la situazione critica che aveva giustificato l'allontanamento dalla famiglia originaria si risolve poi negativamente e il minore è quindi dichiarato adottabile. A questo punto è possibile – e capita non di rado – che i bambini siano sottoposti ad una seconda separazione e trasferiti ad una terza famiglia perché la famiglia affidataria che se ne è presa cura non può, in base alla legislazione vigente, chiedere la sua adozione.
  Su questo aspetto interviene la proposta di legge in esame, tesa a favorire, ai fini dell'adozione, la considerazione positiva dei legami costruiti in ragione dell'affidamento, avendo cura di specificare che questi hanno rilievo solo ove il rapporto instauratosi abbia di fatto determinato una relazione profonda, proprio sul piano affettivo, tra minore e famiglia affidataria.
  In particolare l'articolo 1, introduce tre nuovi commi (5-bis, 5-ter e 5-quater) nell'articolo 4 della legge n. 184, prevedendo, una corsia preferenziale per l'adozione a favore della famiglia affidataria, laddove – dichiarato lo stato di abbandono del minore – risulti impossibile ricostituire il rapporto del minore con la famiglia d'origine. Il nuovo comma 5-bis stabilisce che, laddove sia accertata l'impossibilità di recuperare il rapporto tra il minore e la famiglia d'origine e sia dunque dichiarata l'adottabilità, il tribunale dei minorenni, nel decidere in ordine alla domanda di adozione legittimante presentata dalla famiglia affidataria debba tenere conto dei legami affettivi «significativi» e del rapporto «stabile e duraturo» consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria. In definitiva, tale corsia preferenziale opera soltanto quando la famiglia affidataria soddisfi tutti i requisiti per l'adozione legittimante previsti dall'articolo 6 della legge del 1983 (stabile rapporto di coppia, idoneità all'adozione e differenza d'età con l'adottato) nonché quando l'affidamento, contrariamente alla natura dell'istituto, si sia sostanziato di fatto in un rapporto stabile e prolungato sul piano anche affettivo tra la famiglia (o la persona) affidataria e il minore.
  Si osserva che al comma 5-bis, e in più parti del testo, viene fatto riferimento ad un «prolungato periodo di affidamento»: al fine di evitare incertezze in sede applicativa si potrebbe valutare l'opportunità di specificare maggiormente tale riferimento tenendo conto, in particolare, che, come detto, il periodo dell'affido nei termini ordinari di legge è pari a 2 anni, prorogabile.
  Il comma 5-ter tutela comunque il diritto del minore alla continuità affettiva anche ove il minore faccia ritorno nella famiglia di origine o sia adottato da famiglia diversa da quella affidataria o sia dato in affidamento ad altra famiglia. In tali ipotesi, infatti, se rispondente all'interesse del minore, deve essere tutelata comunque la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi con la famiglia affidataria.
  Inoltre, ai sensi del nuovo comma 5-quater, il giudice, nel decidere sul ritorno in famiglia, adozione e nuovo affidamento, deve non solo tenere conto della valutazione dei servizi sociali, ma anche procedere all'ascolto del minore maggiore di 12 anni e, se capace di discernimento, anche del minore infradodicenne. Tale previsione si coordina sia con quella di cui all'articolo 4, comma 1, della legge 184 (riferita alla decisione sull'affido) che con quella di cui all'articolo 25, comma 1, della medesima legge 184 (riferita alla decisione del tribunale dei minori sull'adozione Pag. 33legittimante al termine dell'affidamento preadottivo) che stabiliscono identico obbligo di ascolto del minore ultradodicenne (o anche minore, se capace di discernimento).
  L'articolo 2 interviene sul comma 1 dell'articolo 5 della legge n. 184 del 1983, che riguarda i diritti e doveri dell'affidatario, e garantisce alla famiglia o alla persona cui sia stato affidato il minore la legittimazione ad intervenire nei procedimenti che riguardano il minore. Più in particolare, la norma impone l'obbligo, a pena di nullità, di convocare l'affidatario in tutti i procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato, riconoscendogli nel contempo la facoltà di presentare memorie nell'interesse del minore.
  L'articolo 3 del provvedimento introduce il comma 1-bis nell'articolo 25 della legge del 1983, prevedendo che le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 25 trovino applicazione anche nell'ipotesi di prolungato periodo di affidamento. Il comma 1 dell'articolo 25 prevede che il tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di adottabilità, decorso un anno dall'affidamento, sentiti i coniugi adottanti, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, il pubblico ministero, il tutore e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno, verifica che ricorrano tutte le condizioni previste dalla legge e, senza altra formalità di procedura, provvede sull'adozione con sentenza in camera di consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare luogo all'adozione. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all'adozione nei confronti della coppia prescelta.
  L'articolo 4, infine, riguarda una delle ipotesi di «adozione in casi particolari» (che prescinde dallo stato di abbandono) ovvero quella riferita all'articolo 44, comma 1, lettera a), della legge 184 del 1983. Si tratta del caso dell'orfano di padre e di madre che può essere adottato da persone legate da vincolo di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori. In tal caso, l'adozione è consentita anche alle coppie di fatto e alla persona singola; se però l'adottante è coniugato e non separato, l'adozione deve essere richiesta da entrambi i coniugi. Nel confermare la linea interpretativa favorevole a considerare positivamente i legami costruiti in ragione dell'affidamento, la novella della citata lettera a) specifica che il rapporto «stabile e duraturo» è considerato ai fini dell'adozione dell'orfano di entrambi i genitori anche ove maturato nell'ambito di un prolungato periodo di affidamento.
  Segnala, inoltre, che la proposta di legge non prevede alcuna disposizione di carattere transitorio.
  Evidenzia, infine, che il provvedimento costituisce esercizio della competenza legislativa esclusiva statale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), con riguardo all'ordinamento civile.
  Formula una proposta di parere con due osservazioni (vedi allegato).

  Elena CENTEMERO (FI-PdL) si chiede come sia possibile salvaguardare la continuità affettiva per i minori in quei casi in cui i soggetti affidatari non posseggano i requisiti previsti dalla legge vigente per l'adozione.

  Francesco Paolo SISTO (FI-PdL) ricorda che nella precedente legislatura ha svolto le funzioni di relatore presso la Commissione Giustizia per un provvedimento di contenuto analogo. Ritiene quindi di grande rilevanza il fatto che ai fini dell'adozione si tenga conto dei requisiti affettivi maturati nel periodo di affido. Un problema si creerebbe nel caso che si usasse il canale dell'affido per superare i requisiti previsti per l'adozione, ma nel testo in esame non si incide su questo istituto. Non sussiste, quindi, violazione dei principi costituzionali, in particolare di quelli dell'articolo 3 e dell'articolo 24.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD) si chiede se non sia il caso di Pag. 34riflettere anche circa possibili interventi sulla normativa dell'adozione, che mirino a salvaguardare il principio della continuità affettiva in determinate ipotesi.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, ribadisce che sui criteri per l'adozione il provvedimento in esame non contempla alcun intervento.

  Andrea GIORGIS (PD) si chiede se un intervento normativo di tale portata rischi di «inquinare» la ratio della disciplina sull'affido, finendo per favorirne un'evoluzione applicativa suscettibile di assimilarlo all'adozione, istituto quest'ultimo che, a suo avviso, svolge una funzione diversa. Fa notare, quindi, che ciò potrebbe portare a privilegiare la scelta di soggetti affidatari in possesso dei requisiti richiesti per l'adozione, finendo per escluderne altri, con il risultato di mutare drasticamente la finalità originaria dell'affido.

  Roberta AGOSTINI (PD) chiede al Presidente e relatore una precisazione sulle due osservazioni proposte. In particolare domanda quale natura e quali rilievi avrebbe la norma transitoria e se non sarebbe una soluzione più equilibrata lasciare alla discrezionalità del giudice la valutazione sulla quantificazione del periodo di prolungamento dell'affido ai fini di quanto previsto dal testo in esame.

  Francesco Paolo SISTO (FI-PdL) desidera tranquillizzare il collega Giorgis sui possibili effetti delle disposizioni della proposta di legge. L'effetto più rilevante è che bambini che hanno trovato un'insperata continuità affettiva possano mantenerla. Osserva poi che nell'interpretazione della norma esiste la variabile della valutazione del giudice.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, risponde alle osservazioni della collega Roberta Agostini. La ragionevolezza della richiesta di inserire una norma transitoria si riferisce ai procedimenti in corso per i quali non è chiara l'applicabilità o meno della nuova disciplina.
  Per quanto riguarda la questione della valutazione del periodo di prolungamento dell'affido, ritiene lasciare una discrezionalità eccessivamente ampia al giudice, cosa che potrebbe dar vita a numerosi contenziosi.
  Concorda con il collega Giorgis sulla differenza tra gli istituti dell'affido e dell'adozione. Il problema di sostenibilità della norma a suo avviso sussiste ma sottolinea come accada sempre che l'aggiunta di un diritto crei difficoltà nella sua regolazione.

  Teresa PICCIONE (PD) ritiene opportuno lasciare una certa discrezionalità ai giudici che sono chiamati di volta in volta a compiere la scelta più indicata per la tutela del minore.

  Andrea GIORGIS (PD) fa notare che, prima di intervenire per legge su tale delicata materia, sarebbe opportuno svolgere un'esauriente ricognizione in ordine agli orientamenti della giurisprudenza, anche al fine di comprendere l'impatto che deriverebbe da un simile intervento normativo. Altrimenti, si rischierebbe, a suo avviso, di imporre per legge criteri interpretativi in materia di affido, condizionando un'evoluzione giurisprudenziale che, peraltro, potrebbe già tendere, di fatto, verso la salvaguardia della continuità affettiva.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, fa notare che le importanti questioni poste sembrano collocarsi al di fuori dall'ambito di competenza della Commissione, che è limitato ai profili di costituzionalità del provvedimento. Invita quindi i deputati a concentrasi sulla deliberazione di competenza della Commissione.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del presidente.

  La seduta termina alle 14.35.

Pag. 35

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 24 settembre 2015. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene il viceministro dell'interno, Filippo Bubbico.

  La seduta comincia alle 14.45.

Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante approvazione del piano per il riordino dell'Autorità nazionale anticorruzione.
Atto n. 200.

(Esame ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Roberta AGOSTINI (PD), relatrice, illustra il contenuto del provvedimento in titolo osservando che lo stesso è emanato in attuazione di quanto disposto dall'articolo 19, comma 4, del decreto-legge n. 90 del 2014 (convertito dalla legge n. 114 del 2014). Il citato articolo 19 del decreto-legge n. 90 del 2014 ha complessivamente ridefinito le funzioni dell'ANAC con l'obiettivo principale di concentrare la missione istituzionale dell'autorità sui compiti relativi alla garanzia della trasparenza e alla prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazioni. In tale direzione, il legislatore ha provveduto in primo luogo a trasferire all'Autorità tutti i compiti e le funzioni dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP), istituita dall'articolo 4 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, con funzioni di vigilanza sugli appalti di lavori, delle forniture e dei servizi, compresi i settori speciali e quelli d'interesse regionale. Tale autorità è stata contestualmente soppressa (con la decadenza dei relativi organi) a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto. Contestualmente all'assorbimento della vigilanza sul sistema dei contratti pubblici, la nuova ANAC ha dunque visto rafforzato il proprio ruolo nella prevenzione della corruzione, con l'attribuzione di ulteriori compiti che sono: il compito di ricevere notizie e segnalazioni di illeciti, non solo da parte dei cittadini, ma anche quelle dei dipendenti pubblici nelle forme di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, che disciplina l'ipotesi in cui il pubblico dipendente denuncia all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti (ora anche all'ANAC) o riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro (whistleblowers); il potere di applicare, nei confronti dei soggetti obbligati, sanzioni amministrative, i cui proventi possono essere utilizzati dall'Autorità per le proprie attività istituzionali, nel caso in cui le pubbliche amministrazioni non provvedano ad adottare il Piano triennale di prevenzione della corruzione, il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità o il codice di comportamento dei dipendenti. Inoltre, sono trasferiti all'Autorità anche tutti i compiti già spettanti al Dipartimento della funzione pubblica in materia di prevenzione della corruzione in base alle previsioni della legge anticorruzione (articolo 1, commi 4, 5 e 8, della legge n. 190 del 2012). L'assetto funzionale è completato dal conferimento di funzioni nell'ambito dell'Expo 2015. In particolare, il decreto-legge n. 90 del 2014 assegna al Presidente dell'Autorità: il compito di formulare proposte al Commissario unico delegato del Governo per l'Expo Milano 2015 ed alla società Expo 2015 per la corretta gestione delle procedure di appalto per la realizzazione dell'evento Expo 2015 (articolo 19, comma 7); una serie di compiti di alta sorveglianza al fine di garantire la correttezza e la trasparenza delle procedure connesse alla realizzazione delle opere dell'EXPO 2015. Per tali finalità, nello svolgimento delle attività di verifica della legittimità degli atti relativi all'affidamento e all'esecuzione dei contratti e di ispezione e di accesso alle banche dati, si prevede che il Presidente dell'ANAC si avvalga di una apposita unità operativa speciale (articolo 30). A fronte di questo insieme di nuove attribuzioni, l'Autorità Pag. 36nazionale anticorruzione ha perso le attribuzioni originarie in materia di misurazione e valutazione della performance, che sono state invece assegnate al Dipartimento della funzione pubblica. Oltre a questa diversa imputazione di funzioni, il decreto-legge n. 90 del 2014 (articolo 19, comma 10) ha anche autorizzato il Governo ad adottare un regolamento di delegificazione per riordinare le funzioni in materia di misurazione e valutazione della performance. Infine, è stata soppressa ogni competenza dell'ANAC in materia di qualità dei servizi pubblici. In attuazione del riordino l'Autorità ha adottato un nuovo regolamento sul funzionamento del Consiglio con provvedimento 3 marzo 2015. L'articolo 19, comma 3, del decreto-legge n. 90 del 2014, prevede che il Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione presenti, entro il 31 dicembre 2014, al Presidente del Consiglio dei ministri un piano per il riordino dell'Autorità stessa, recante: il trasferimento definitivo all'Autorità delle risorse umane, finanziarie e strumentali della soppressa AVCP; la confluenza in un unico ruolo del personale in servizio presso l'ANAC e di quello della AVCP; la riduzione non inferiore al venti per cento del trattamento economico accessorio del personale dipendente, inclusi i dirigenti; la riduzione delle spese di funzionamento non inferiore al venti per cento. Il successivo comma 4 prevede l'approvazione formale del Piano con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro 60 giorni dalla presentazione del medesimo piano al Presidente del Consiglio dei ministri. Come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento in esame, l'Autorità ha presentato il Piano il 30 dicembre 2014, entro i termini di legge. È seguito un lungo ed approfondito lavoro istruttorio, nel corso del quale, è emersa, tra l'altro, una impostazione del Piano che tendeva a rivendicare ad esso una funzione più ampia di quella di semplice riordino prevista dalla legge, in un'ottica di delegificazione non consentita senza una esplicita autorizzazione. Pertanto, una successiva versione è stata presentata al Presidente del Consiglio il 16 giugno 2015 e quindi trasmessa alla Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari.
  Passando ad esaminare il contenuto del provvedimento, lo schema di regolamento in esame consta di tre articoli recanti l'approvazione del Piano di riordino dell'ANAC (articolo 1), l'istituzione del ruolo del personale dell'ANAC e la determinazione della pianta organica (articolo 2) nonché alcune disposizioni finali e abrogative (articolo 3). L'Autorità nazionale anticorruzione svolge attività di prevenzione della corruzione nelle amministrazioni pubbliche, nelle società partecipate e controllate anche mediante l'attuazione della trasparenza in tutti gli aspetti gestionali, nonché mediante l'attività di vigilanza nell'ambito dei contratti pubblici. Nel corso della legislatura, dapprima il decreto-legge n. 101 del 2013 e, successivamente, il decreto-legge n. 90 del 2014, hanno ridisegnato la fisionomia organizzativa e funzionale dell'autorità. L'articolo 1, oltre a recare la formula di approvazione del Piano per il riordino dell'ANAC, allegato all'atto in esame (comma 1), dispone il trasferimento in via definitiva all'Autorità le risorse umane, finanziarie e strumentali della soppressa Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, le cui funzioni sono state trasferite all'ANAC ad opera del citato decreto-legge n. 90 del 2014 (comma 2). Il trasferimento delle risorse umane e il personale dell'ANAC è oggetto specifico dell'articolo 1 che, al comma 1, istituisce il ruolo del personale dipendente dell'Autorità costituito dal personale del ruolo della ex-AVCP e del personale in servizio presso l'ANAC alla data del 19 agosto 2014. Si tratta, per quest'ultimo, di personale dipendente da altre amministrazioni pubbliche in quanto non è stato mai costituito un ruolo autonomo dell'ANAC; infatti, l'Autorità si è avvalso finora di un contingente di 30 unità, costituito da personale di altre amministrazioni in posizione di comando o fuori ruolo o con contratto a tempo determinato (decreto legislativo n. 150 del 2009, articolo 13, Pag. 37comma 4, disposizioni in materia di personale si rinvengono anche nell'articolo 2 del decreto del Ministro per la pubblica amministrazione 12 marzo 2010). La dotazione organica del nuovo ruolo è determinata nel Piano di riordino (Tabella A) ed è recepita nel comma 2. La dotazione massima è fissata in 350 unità articolata come segue: 1 dirigente di livello generale; 35 dirigenti di livello non generale; 207 funzionari; 107 impiegati operativi. Per l'immissione in ruolo del personale dell'ANAC proveniente da altre amministrazione si tiene conto della tabella di equiparazione adottata in attuazione dell'articolo 29-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001 che, al fine di favorire la mobilità nel pubblico impiego, prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sia adottata una tabella di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.50.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Giovedì 24 settembre 2015. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene il viceministro dell'interno, Filippo Bubbico.

  La seduta comincia alle 14.50.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un meccanismo di ricollocazione di crisi e modifica il regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide.
(COM(2015) 450 final).

Proposta di decisione del Consiglio che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia, della Grecia e dell'Ungheria.
(COM(2015) 451 final).
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un elenco comune dell'UE di paesi di origine sicuri ai fini della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, e che modifica la direttiva 2013/32/UE.
(COM(2015) 452 final).

(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, fa presente che la Commissione avvia oggi l'esame di tre progetti di atti normativi: una proposta di decisione e due proposte di regolamenti adottati dalla Commissione europea in attuazione dell'Agenda europea sulla migrazione.
  L'Agenda, il cui esame è già in corso presso la nostra Commissione, ha segnato un cambiamento assai significativo nell'approccio dell'Istituzione europea al tema della gestione dei flussi migratori.
  Si propone, infatti, un approccio sistemico e globale, articolato in misure che intervengono contestualmente su piani diversi e in termini coerenti al fine di: rafforzare la lotta alla tratta degli esseri umani e all'immigrazione clandestina e, allo stesso tempo, garantire vie legali di ingresso, gestire in modo coordinato e sostanzialmente coerente le domande di asilo, migliorare le attività per il salvataggio in mare dei migranti. Il cambiamento strategico che ha ispirato la Commissione europea nella predisposizione dell'Agenda sulla migrazione discende dalla consapevolezza che siamo in presenza di un fenomeno non transitorio ma strutturale che presumibilmente, come segnalano gli organismi internazionali specializzati, a partire dall'UNHCR per proseguire con Pag. 38l'OCSE, è destinato a durare nei prossimi anni. L'aumento massiccio dei flussi migratori registratosi, in particolare, nel 2014 deriva da un complesso di fattori di criticità la cui soluzione non appare imminente: l'aggravamento e la proliferazione di guerre e conflitti interni in alcuni paesi alle frontiere dell'Europa; il peggioramento della situazione in alcuni Stati soggetti a regimi autoritari violenti. Tutto ciò induce una massa crescente di persone di tutte le età ad abbandonare i paesi di provenienza per cercare rifugio altrove. In base alle stime dell'UNHCR, ammonterebbe a circa 60 milioni il numero dei migranti «forzati» in tutto il mondo nel 2014, con un considerevole aumento rispetto ai 37 milioni di dieci anni fa. Il dato più allarmante è quello dei minori che costituiscono la metà dei rifugiati complessivi. D'altra parte, non si deve trascurare il fatto che se l'Europa è percepita come un approdo sicuro è perché l'Unione europea si connota a livello internazionale proprio per la priorità accordata alla tutela della democrazia e alla salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali della persona, a prescindere dal sesso, dalla razza e dalla religione. Né si può trascurare il fatto che il principio del riconoscimento del diritto di asilo ai soggetti che si trovano in specifiche condizioni trova ampio riscontro in tutti i testi costituzionali dei paesi europei. L'Agenda sulla migrazione, come detto in precedenza, e gli atti che sono stati successivamente adottati per la sua attuazione, costituiscono la dimostrazione concreta dell'impegno della Commissione Juncker per realizzare finalmente una politica comune in questa materia, senza farsi bloccare dai veti e dalle resistenze di alcuni Stati membri più riottosi. I tre documenti all'esame della Commissione prevedono un complesso di misure che per un verso sono finalizzate ad avviare un programma di parziale ricollocazione di un certo numero di rifugiati, in modo da distribuire in maniera più equa il relativo onere tra «diversi Stati membri, riducendo il carico gravante su quelli più esposti (in particolare Italia, Grecia e Ungheria) e, per altro verso, individuano alcuni Stati dichiarati «sicuri», con presunzione relativa.
  In particolare, la proposta (COM(2015)451) prevede la ricollocazione di emergenza di 120 mila persone in evidente bisogno di protezione internazionale dall'Italia (15.600), dalla Grecia (50.400) e dall'Ungheria (54.000) agli altri Stati membri. La misura è stata proposta in considerazione della situazione di notevole afflusso di migranti in luglio e agosto 2015 per quanto riguarda l'Italia (42 mila migranti irregolari giunti dal Mediterraneo centrale), Grecia (137 mila migranti irregolari introdotti attraverso le isole dell'Egeo nordorientale e del Dodecanneso, nonché attraverso la frontiera greco-turca), e Ungheria (circa 80 mila attraversamenti alla frontiera tra serbo-ungherese. Tale misura si aggiunge a quella proposta dalla Commissione lo scorso 27 maggio (recante la ricollocazione 40 mila persone in evidente bisogno di protezione internazionale dall'Italia e dalla Grecia verso gli altri Stati membri dell'UE); pertanto, ove entrambe le proposte di decisione fossero adottate, si arriverebbe ad un numero di 160 mila persone da ricollocare. Il numero di 120 mila richiedenti asilo da ricollocare corrisponde a circa il 62 per cento del numero totale di cittadini di paesi terzi in evidente bisogno di protezione internazionale entrati irregolarmente in Italia e in Grecia nel luglio e agosto 2015 ed in Ungheria in tutto il 2015. Anche per questo schema di ricollocazione vale la chiave di distribuzione adoperata nella precedente proposta: popolazione (40 per cento); PIL (40 per cento), media delle domande di asilo presentate in passato (10 per cento), tasso di disoccupazione (10 per cento).
  La proposta prevede a sostegno della ricollocazione uno stanziamento di 780 milioni di euro provenienti dal bilancio dell'UE a favore degli Stati membri partecipanti, compreso un prefinanziamento del 50 per cento per garantire che le amministrazioni pubbliche a livello nazionale, regionale e locale dispongano dei mezzi per intervenire con grande rapidità. Pag. 39A tal proposito è prevista l'assegnazione di 6 mila euro per ogni persona trasferita allo Stato membro in cui viene ricollocata; sono previsti invece 500 euro al Paese da cui il richiedente asilo viene ricollocato per gli oneri relativi al trasferimento. Secondo tale clausola la Commissione europea può valutare i motivi notificati dal paese e decidere se sia giustificata la mancata partecipazione al programma per un massimo di 12 mesi. In caso di partecipazione parziale alla ricollocazione, l'importo viene ridotto in proporzione. L'importo andrebbe assegnato al Fondo asilo, migrazione e integrazione come entrata con destinazione.
  La proposta prevede infine norme analoghe a quanto stabilito con la decisione adottata dal Consiglio il 14 settembre (recante il primo meccanismo di ricollocazione a favore di Italia e Grecia) per quanto riguarda il sostegno operativo per Italia Grecia da parte degli altri Stati membri (attraverso le attività coordinate dalle agenzie UE interessate). Inoltre, come nel precedente provvedimento, è stabilito a carico dei paesi beneficiari l'obbligo di garantire l'operatività di meccanismi idonei ad assicurare l'identificazione, la registrazione e il rilevamento delle impronte digitali dei migranti, per identificare le persone bisognose di protezione internazionale e sostenerne la ricollocazione oltre che per identificare i migranti irregolari da rimpatriare.
  Con questo obbligo, l'Italia è chiamata a rimediare a una carenza che più volte è stata segnalata dalle Istituzioni europee; per le stesse finalità è previsto che gli altri Stati membri possano nominare propri rappresentanti a sostegno delle autorità italiane e greche, oltre che per rafforzare l'obiettivo di impedire che i soggetti interessati si muovano verso altri paesi membri. Trattandosi di un punto estremamente delicato, appare opportuno acquisire le valutazioni del Governo sulla effettiva capacità delle strutture competenti ad adempiere all'obbligo previsto, sia pure avvalendosi dell'aiuto degli organismi competenti dell'Unione europea, in particolare l'EASO e dei funzionari di altri paesi membri. Così come sembra opportuno acquisire l'avviso del Governo sulla congruità delle risorse a disposizione, anche considerati gli stanziamenti aggiuntivi previsti dall'Unione europea, ad assicurare un adeguamento del sistema italiano che ha mostrato notevoli difficoltà nel far fronte agli oneri connessi all'accoglienza e alla gestione dei flussi migratori. Ciò appare tanto più opportuno nell'imminenza della presentazione in Parlamento dei documenti di bilancio.
  A carico dell'Italia e della Grecia è altresì previsto l'obbligo di redigere e aggiornare una tabella di marcia che comprenda misure adeguate nei settori dell'asilo, della prima accoglienza e del rimpatrio dirette a migliorare le capacità, la qualità e l'efficacia dei loro sistemi in questi settori, e misure che garantiscano l'adeguata attuazione della decisione. Il mancato rispetto di tale obbligo può comportare la sospensione del programma di ricollocazione. Il 22 settembre 2015 il Consiglio straordinario giustizia e affari interni ha adottato a larga maggioranza (ovvero senza raggiungere l'unanime consenso) la decisione sul meccanismo di ricollocazione di 120 mila persone, apportando notevoli modifiche alla proposta originaria della Commissione. In particolare, la relocation si applica esclusivamente a beneficio di Italia e Grecia, e non più anche all'Ungheria (Stato membro che avrebbe votato contro l'adozione della decisione): con l'entrata in vigore della decisione, Italia e Grecia beneficeranno del meccanismo di ricollocazione rispettivamente per 15.600 e 50.400 persone; in una seconda fase, ad un anno dall'entrata in vigore della decisione. Anche i residui 54 mila (originariamente previsti a beneficio dell'Ungheria) sarebbero ricollocati da Italia e Grecia in proporzione alla redistribuzione effettuata nella prima fase e secondo le modalità proposte dalla Commissione europea e approvate dal Consiglio.
  L'eventualità della sostituzione dei 54 mila rifugiati dall'Ungheria all'Italia e alla Grecia è subordinata a due condizioni: la prima di carattere temporale, prevedendo il testo tale sostituzione avverrebbe non Pag. 40immediatamente ma con una decorrenza successiva, ancorché indeterminata (si noti che nel comunicato ufficiale del Consiglio in esito alla riunione dei ministri si fissa come data di decorrenza un anno a seguito dell'entrata in vigore della decisione); la seconda connessa all'eventualità che la Commissione ritenga che un adattamento del meccanismo di ricollocazione sia giustificato dall'evoluzione della situazione sul terreno o che uno Stato membro sia confrontato a una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi a seguito di un brusco spostamento dei flussi migratori e tenendo conto dei pareri del potenziale Stato membro beneficiario; in tale ultimo caso la Commissione può presentare al Consiglio una proposta recante una diversa distribuzione dei richiedenti asilo riallocati.
  Il Consiglio ha inoltre ritenuto di non approvare la misura proposta dalla Commissione relativa alla cosiddetta clausola di solidarietà, che avrebbe consentito agli Stati membri di non accogliere per giustificati motivi i richiedenti asilo riallocati secondo lo schema di redistribuzione, versando un contributo dello 0,002 del PIL al bilancio UE. Secondo quanto deciso dal Consiglio, in circostanze eccezionali, uno Stato membro può notificare al Consiglio e alla Commissione la propria incapacità temporanea a partecipare al processo di ricollocazione fino al 30 per cento dei richiedenti a esso assegnati per motivi debitamente giustificati e compatibili con i valori fondamentali dell'Unione sanciti dall'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea. La Commissione valuta i motivi addotti e presenta proposte al Consiglio in merito alla temporanea sospensione della ricollocazione fino al 30 per cento dei richiedenti assegnati allo Stato membro interessato. Ove giustificato, la Commissione può proporre di prorogare il termine per ricollocare i richiedenti nella quota restante fino a 12 mesi. Entro un mese, il Consiglio decide sulle proposte della Commissione. Danimarca e Regno Unito non partecipano alla decisione citata mentre l'Irlanda ha espresso l'intenzione di partecipare.
  Ai sensi della decisione l'Italia e la Grecia devono inoltre presentare alla Commissione una tabella di marcia che comprenda misure adeguate nei settori dell'asilo, della prima accoglienza e del rimpatrio dirette a migliorare le capacità, la qualità e l'efficacia dei loro sistemi in questi settori, e misure che garantiscano l'adeguata attuazione della presente decisione. L'Italia e la Grecia attuano pienamente la tabella di marcia.
  Qualora l'Italia o la Grecia non rispettino tali obblighi, la Commissione può decidere, dopo aver dato allo Stato interessato la possibilità di esporre le proprie opinioni, di sospendere l'applicazione della decisione nei confronti di detto Stato membro per un periodo massimo di tre mesi. La Commissione può decidere di prorogare la sospensione una volta sola per un ulteriore periodo di massimo tre mesi.
  Dando seguito a quanto previsto nell'Agenda europea sulla migrazione la Commissione ha presentato una proposta di regolamento (COM (2015) 450) che modifica il regolamento cosiddetto Dublino (recante norme relative alla competenza di uno Stato membro a trattare una domanda di asilo) istituendo un meccanismo permanente di solidarietà da attivare in qualsiasi momento a favore degli Stati membri dell'UE che si trovino ad affrontare situazioni di crisi e il cui regime di asilo sia sotto estrema pressione a causa di un afflusso massiccio e sproporzionato di cittadini di paesi terzi.
  In particolare, il regolamento prevede che qualora, sulla base di informazioni comprovate, in particolare delle informazioni ottenute dall'EASO e da Frontex, la Commissione stabilisca che uno Stato membro si trova ad affrontare una situazione di crisi che ostacola l'applicazione del regolamento Dublino a causa dell'estrema pressione esercitata da un afflusso massiccio e sproporzionato di cittadini di paesi terzi o apolidi, che ne sottopone il sistema di asilo a considerevoli Pag. 41sollecitazioni, si applica il meccanismo di ricollocazione di crisi a beneficio di tale Stato membro.
  La ricollocazione è quantificata sulla base di chiavi di distribuzione simili a quelle previste per i meccanismi di ricollocazione di emergenza citati (popolazione: 40 per cento; PIL totale: 40 per cento; numero medio di domande di asilo nei 5 anni precedenti per milione di abitanti, con un tetto massimo del 30 per cento della popolazione e del PIL: 10 per cento; tasso di disoccupazione, con un tetto massimo del 30 per cento della popolazione e del PIL: 10 per cento)
  In sintesi spetta alla Commissione europea definire le situazioni di emergenza in base al numero delle domande di asilo degli ultimi sei mesi, pro capite, e in base al numero degli attraversamenti irregolari delle frontiere negli ultimi sei mesi.
  Più dettagliatamente, la procedura prevede che la la Commissione, quando appura che sono soddisfatte le condizioni per la ricollocazione in relazione a un determinato Stato membro, adotta un atto delegato per attivare il meccanismo di ricollocazione. L'atto delegato a) verifica l'esistenza di una situazione di crisi nello Stato membro beneficiario della ricollocazione; b) determina il numero di persone da ricollocare da tale Stato membro; c) determina la distribuzione di tali persone tra gli Stati membri applicando la formula della chiave di distribuzione; d) stabilisce il periodo di applicazione del meccanismo di ricollocazione di crisi. L'atto delegato entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di un mese dalla data in cui è stato notificato dalla Commissione; esso si applica per un periodo massimo di due anni.
  Nel determinare il numero di persone da ricollocare la Commissione tiene conto in particolare dei seguenti elementi: (a) numero di richiedenti protezione internazionale pro capite nello Stato membro beneficiario della ricollocazione nei 18 mesi, e soprattutto nei sei mesi, precedenti l'adozione dell'atto delegato rispetto alla media dell'Unione; (b) capacità del sistema di asilo di tale Stato membro; (c) partecipazione di tale Stato membro a precedenti iniziative di solidarietà, nonché la misura in cui ha beneficiato di precedenti misure di solidarietà dell'UE. Il numero di persone da ricollocare non può superare il 40 per cento del numero di domande presentate in tale Stato membro nei sei mesi precedenti l'adozione dell'atto delegato. Secondo la proposta della Commissione, il meccanismo permanente deve inoltre tener conto dei bisogni, della situazione familiare e delle competenze dei richiedenti asilo. La proposta prevede l'applicazione della sopradescritta clausola di solidarietà temporanea.
  Si applicano infine disposizioni simili a quelle previste dai meccanismi temporanei di ricollocazione, relativamente all'obbligo a carico dello Stato beneficiario di redigere una tabella di marcia che comprenda misure che garantiscano l'adeguata attuazione del meccanismo di ricollocazione di crisi, nonché alla facoltà (in caso di mancato rispetto di tale obbligo) in capo alla Commissione di sospendere la redistribuzione qualora lo Stato beneficiario non rispetti l'obbligo citato.
  Dando seguito alle conclusioni del Consiglio europeo del 25 e 26 giugno, la Commissione europea ha pubblicato la proposta di regolamento (COM (2015) 452) recante un elenco dei paesi d'origine sicuri. In tal modo si intende accelerare l'iter delle domande di asilo dei richiedenti provenienti da paesi che tutta l'UE considera sicuri e l'eventuale rimpatrio ove non sussistano (secondo una valutazione individuale) le condizioni per concedere protezione.
  La Commissione propone, in sostanza, di inserire l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, il Kosovo (per cui conseguentemente le domande di asilo non dovrebbero essere automaticamente accettate), il Montenegro, la Serbia e la Turchia nell'elenco dell'UE dei paesi d'origine sicuri. Tali Paesi: soddisfano i criteri comuni della direttiva 2013/32 sulle procedure di asilo secondo i quali un paese può essere considerato sicuro; sono parti dei principali Pag. 42trattati internazionali sui diritti umani; nella maggior parte sono stati designati paesi candidati dal Consiglio europeo, soddisfacendo i cosiddetti «criteri di Copenaghen» (ovverosia il rispetto dei principi di democrazia, Stato di diritto, diritti umani e tutela delle minoranze).
  Nessuno chiedendo di intervenire rinvia, il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.55.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 24 settembre 2015. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene il viceministro dell'interno, Filippo Bubbico.

  La seduta comincia alle 14.55.

Disposizioni in materia di erogazione dei vitalizi ai componenti delle Camere e ai consiglieri regionali cessati dal mandato.
C. 1978 cost. Zanetti e C. 3173 cost. Mazziotti Di Celso.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, fa presente, innanzitutto, che le proposte di legge costituzionale C. 1978 e C. 3173 intervengono in materia di vitalizi e trattamenti pensionistici dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali. La sola proposta C. 1978 interviene anche in ordine alla disciplina dei tetti alle retribuzioni erogate dalle pubbliche amministrazioni.
  Per la quanto riguarda la fonte, se entrambe le proposte di legge hanno rango costituzionale, la proposta di legge n. 3173 si configura quale proposta di revisione costituzionale, modificando gli articoli 69 e 122 della Costituzione, mentre la proposta n. 1978 non incide direttamente sulla Carta fondamentale. La stessa proposta n. 3173, introduce alcune disposizioni di carattere transitorio che non novellano la Costituzione.
  Entrambe le proposte evidenziano, nella relazione illustrativa, come il ricorso alla fonte costituzionale consenta di superare le eventuali problematiche legate al tema dei diritti acquisiti: le due proposte, infatti, prevedono la retroattività delle norme introdotte. È noto infatti che molte proposte di riforma del sistema esistente siano state contestate anche sulla base della dottrina dei diritti acquisiti, e questo nonostante la giurisprudenza della Corte Costituzionale che ha chiarito come il vitalizio dei parlamentari non possa essere totalmente equiparata al sistema pensionistico ordinario (v. sentenza n. 289 del 1994).
  La proposta di legge costituzionale n. 1978 incide sulla disciplina dei vitalizi dei membri delle due Camere (articolo 1), su quella dei membri dei consigli regionali (articolo 2) e in materia di limiti massimi delle retribuzioni delle amministrazioni pubbliche (articolo 3). In particolare, l'articolo 1, in materia di vitalizi dei parlamentari, interviene in primo luogo sui requisiti soggettivi dei beneficiari, disponendo che possono accedere ai vitalizi i parlamentari che hanno ricoperto la carica di deputato o senatore per almeno 10 anni consecutivi o 15 anni non consecutivi e che hanno raggiunto l'età pensionabile prevista dalla normativa «di volta in volta vigente per la generalità dei cittadini» (comma 1). Il comma 2 stabilisce la retroattività della norma che si applica anche con riferimento ai diritti in corso di maturazione e ai vitalizi già in corso di erogazione. Vengono fatte salve esclusivamente le somme già percepite dai beneficiari fino alla data di entrata in vigore della legge costituzionale.
  Il comma 3 reca ulteriori disposizioni sui vitalizi in corso di erogazione. In primo luogo, esso dispone un limite massimo ai vitalizi in corso di erogazione pari cinque volte il trattamento economico previsto per le pensioni minime (pari per il 2015, ai sensi della circolare INPS 1/2015, ad euro 502,39 lordi mensili per 13 mensilità). Pag. 43Inoltre, i vitalizi continuano ad essere erogati a condizione che il beneficiario abbia compiuto 70 anni. Qualora il beneficiario non avesse ancora raggiunto questa età, l'erogazione del vitalizio è sospesa e riprende dopo il compimento del settantesimo anno.
  L'articolo 2 riproduce in maniera analoga il contenuto delle disposizioni di cui all'articolo 1 anche ai vitalizi dei consiglieri regionali (anche delle regioni a statuto speciale).
  L'articolo 3 riguarda il tetto massimo delle retribuzioni pubbliche, disponendo che nessun incarico o ufficio ricoperto nell'ambito della pubblica amministrazione e di società controllate da enti pubblici, ad esclusione delle società quotate in mercati regolamentati, possa essere superiore al trattamento economico vigente per il Presidente della Repubblica (comma 1).
  Il comma 2 stabilisce che tale limite si applica anche ai contratti e ai rapporti di lavoro in essere alla data di entrata in vigore della legge (che sono di conseguenza rideterminati).
  La proposta di legge costituzionale C. 3173 introduce nella Costituzione la previsione dei vitalizi dei membri delle Camere (articolo 1) e di quelli dei membri dei consigli regionali (articolo 2).
  In particolare, l'articolo 1, al comma 1, novella l'articolo 69 della Costituzione che stabilisce il diritto dei membri del Parlamento a percepire una indennità stabilita della legge.
  La modifica introdotta dalla proposta in esame prevede che i parlamentari, una volta cessati dalla carica, ricevano un vitalizio, o altra forma di trattamento pensionistico, nei casi stabiliti dalla legge, nel rispetto dei seguenti principi di carattere generale: contribuzione; ragionevolezza; proporzionalità alla durata della permanenza in carica.
  Come previsto per l'indennità parlamentare dal vigente articolo 69 della Costituzione, la proposta attribuisce alla legge la disciplina del vitalizio o di altra forma di trattamento pensionistico dei parlamentari. Il comma 2 introduce una disposizione transitoria e finale (che non modifica la Costituzione) volta ad estendere anche ai trattamenti in essere al momento dell'entrata in vigore del provvedimento in esame le disposizioni del novellato articolo 69 Cost.
  L'articolo 2 introduce una specifica disposizione costituzionale – che richiama i medesimi principi previsti per i vitalizi e gli altri trattamenti pensionistici dei parlamentari (contribuzione, ragionevolezza, proporzionalità rispetto alla durata) – per i consiglieri regionali, modificando l'articolo 122 della Costituzione.
  Tale disposizione costituzionale, com’è noto, attiene al sistema elettorale delle regioni, la cui disciplina viene demandata alla legge regionale nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalla legge statale e di alcuni principi costituzionali, direttamente previsti dallo stesso articolo 122. Tra questi, l'indicazione di una serie di incompatibilità, l'obbligo per il consiglio regionale di eleggere un presidente e un ufficio di presidenza, l'insindacabilità dei consiglieri regionali.
  La proposta in esame aggiunge a questi elementi anche il principio in base al quale se le regioni riconoscono ai membri del consiglio vitalizi o altri trattamenti pensionistici, questi devono essere conformi ai medesimi principi di cui sopra, validi per i parlamentari nazionali.
  Il comma 2, in maniera speculare al comma 2 dell'articolo 1, estende anche ai trattamenti in essere dei consiglieri regionali (al momento dell'entrata in vigore del provvedimento in esame) le nuove disposizioni.
  Nessuno chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di vitalizi e nuova disciplina dei trattamenti pensionistici dei componenti delle Camere e dei consiglieri regionali.
C. 1093 Grimoldi, C. 2409 Nuti, C. 2446 Piazzoni, C. 3140 Caparini e C. 3225 Richetti.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Pag. 44

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, fa presente che il tema dei vitalizi e del trattamento pensionistico dei parlamentari e dei consiglieri regionali è stato oggetto di attenzione e di forti polemiche negli ultimi anni.
  La polemica ha riguardato in primo luogo l'entità e i presupposti per il riconoscimento di questi trattamenti ai componenti degli organi elettivi, che soprattutto in passato erano completamente slegati dall'ammontare dei contributi e venivano riconosciuti con vincoli di durata del mandato, anzianità o età molto ridotti. In secondo luogo, come noto, più recentemente si è accesa una polemica sul tema della revoca o sospensione dei trattamenti ai parlamentari condannati per determinati reati che ha portato a delle decisioni dell'Ufficio di Presidenza. Le proposte di legge all'esame della commissione si muovono appunto lungo questi due filoni. Le proposte di legge C. 2409 (Nuti ed altri) e C. 2446 (Piazzoni ed altri) intervengono in materia di assegno vitalizio dei consiglieri regionali, prevedendo che tale assegno non venga erogato in caso di condanna definitiva, oltre che per i delitti contro la pubblica amministrazione (come già previsto dalla normativa vigente), anche per i delitti di mafia.
  La proposta di legge C. 2409 dispone, inoltre, la sospensione dell'assegno vitalizio, non prevista attualmente, in caso di condanna non definitiva per le medesime tipologie di reati. Prevede altresì che le predette cause di esclusione e di sospensione si applichino a tutti i soggetti che percepiscono assegni vitalizi erogati da altri organi della Repubblica.
  Le proposte di legge modificano, quindi, l'articolo 2 del decreto-legge n. 174 del 2012, finalizzato alla riduzione dei costi della politica nelle regioni, che prevede, fra l'altro, l'introduzione, da parte delle regioni medesime, di limiti ai vitalizi dei consiglieri.
  In particolare, l'articolo 1, comma 1, della proposta di legge C. 2409 e la proposta di legge C. 2446 intervengono sulla lettera n) del comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 174 del 2012, che dispone che le regioni adeguino i propri ordinamenti al fine di prevedere l'esclusione, ai sensi degli articoli 28 e 29 del codice penale, dell'erogazione dei vitalizi dei consiglieri regionali ai condannati in via definitiva per reati contro la pubblica amministrazione.
  Ricorda che i delitti contro la pubblica amministrazione sono disciplinati dal Libro II, Titolo II, del codice penale. Si tratta, tanto dei delitti dei pubblici ufficiali contro la PA (articoli da 314 a 335-bis, ovvero dal peculato alle varie ipotesi di corruzione), quanto dei delitti dei privati contro la PA (articoli da 336 a 360 c.p., ovvero dalla violenza a pubblico ufficiale all'oltraggio al magistrato in udienza, dal traffico di influenze illecite alla frode nelle pubbliche forniture).
  Le proposte di legge in esame aggiungono ai reati che determinano, in caso di condanna definitiva, l'esclusione del vitalizio, quelli di associazione a delinquere di tipo mafioso (articolo 416-bis c.p.), lo scambio elettorale politico mafioso (articolo 416-ter c.p.). La proposta di legge C. 2409 fa altresì riferimento ai reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal delitto di associazione mafiosa ovvero per agevolare l'attività dell'associazione.
  La suddetta lettera n) – su cui intervengono le proposte di legge in titolo – richiama inoltre («ai sensi di») gli articoli 28 e 29 del codice penale, che disciplinano l'interdizione dai pubblici uffici, quale pena accessoria che consegue di diritto alla condanna, come effetto penale di essa (ai sensi dell'articolo 20 c.p.).
  Il comma 3 prevede che agli organi competenti le sentenze di condanna relative ai suddetti reati devono essere comunicate entro 15 giorni all'organo preposto all'erogazione del trattamento vitalizio.
  In sede di prima attuazione, entro 3 mesi dalla data dell'entrata in vigore della legge, il Ministero della giustizia è tenuto a trasmettere ai predetti organi i nominativi dei soggetti condannati per le Pag. 45stesse fattispecie. In tali casi, la revoca e la sospensione non hanno effetti retroattivi.
  Le altre proposte di legge all'esame della Commissione (C. 1093 Grimoldi, C. 3140 Caparini e C. 3225 Richetti) intervengono, invece, sulla disciplina dei vitalizi dei parlamentari e dei consiglieri regionali.
  In particolare, la proposta di legge C. 1093 prevede che i vitalizi vengano erogati ai parlamentari cessati dal mandato – per la parte che eccede i 5.000 euro lordi mensili – in titoli di Stato di eguale importo. Tale misura decorre dalla data di entrata in vigore della proposta di legge (articolo 1, comma 1). La definizione delle disposizioni attuative (articolo 1, commi 2 e 3) è rimessa alla determinazione, per le parti di competenza, degli Uffici di presidenza della Camera e del Senato e del Ministero dell'economia e delle finanze (con proprio decreto).
  La proposta di legge C. 3140, che si compone di un unico articolo, dispone l'abolizione dell'assegno vitalizio dei parlamentari e dei consiglieri regionali a decorrere dalla data della sua entrata in vigore. Tale previsione si applica – secondo quanto espressamente previsto – ai soggetti in carica ed a quelli cessati dal mandato (comma 1). Conseguentemente, è stabilito che ai parlamentari ed ai consiglieri regionali (in carica e cessati dal mandato) sia riconosciuta una rendita calcolata sul sistema contributivo ai sensi dell'articolo 24, del decreto legge n. 201 del 2011 (comma 2).
  Per quanto riguarda i parlamentari, è affidata alle determinazioni degli Uffici di presidenza della Camera e del Senato l'attuazione delle nuove previsioni. Per l'assunzione delle deliberazioni degli Uffici di presidenza è fissato il termine di 30 giorni dall'entrata in vigore della proposta di legge (comma 3).
  La proposta di legge dispone la riduzione (per un importo pari ai mancati risparmi) dei trasferimenti statali a qualunque titolo spettanti alle regioni nel caso in cui le stesse non provvedano ad adeguare, ove necessario, la disciplina degli assegni vitalizi dei consiglieri regionali a quanto previsto dalla proposta di legge in esame entro il primo rinnovo del consiglio regionale o provinciale (Trento e Bolzano) successivo all'entrata in vigore della proposta medesima.
  La proposta di legge C. 3225 è volta all'abolizione dei vitalizi dei parlamentari e all'estensione nei loro confronti del sistema previdenziale contributivo vigente per i dipendenti pubblici.
  La proposta prevede altresì che il nuovo sistema, interamente contributivo, si applichi integralmente non solo ai parlamentari in carica, ma anche a quelli cessati dal mandato che percepiscono gli assegni vitalizi o il trattamento previdenziale nella misura definita dalla disciplina vigente al momento della maturazione del diritto. È disposta inoltre l'estensione di tale disciplina nei confronti dei consiglieri regionali, attraverso l'adozione di provvedimenti da parte delle regioni e delle province autonome. Sotto il profilo delle fonti, la materia del trattamento previdenziale di deputati e senatori, attualmente disciplinata da regolamenti interni delle Camere, viene definita con legge ordinaria.
  L'articolo 1 reca le finalità della proposta di legge in esame e l'ambito di applicazione della stessa. L'obiettivo del provvedimento consiste nell'abolizione degli assegni vitalizi e di ogni tipo di trattamento pensionistico vigente degli eletti, comunque esso sia denominato, e nella loro sostituzione con un trattamento previdenziale basato sul sistema contributivo vigente per i lavoratori dipendenti delle amministrazioni statali (comma 1).
  Per quanto riguarda l'ambito di applicazione, il medesimo articolo 1 (comma 2) chiarisce che la proposta di legge si applichi a tutti gli eletti: a quelli in carica alla data di entrata in vigore della legge, a quelli eletti successivamente e a quelli cessati dal mandato.
  L'articolo 2 modifica la legge n. 1261 del 1965 che disciplina l'Indennità dei parlamentari in attuazione dell'articolo 69 della Costituzione.Pag. 46
  L'articolo 3 prevede l'adeguamento da parte del regioni e delle province autonome alle disposizioni della legge, quale principio di coordinamento della finanza pubblica.
  Le regioni e le province autonome dovranno adottare propri provvedimenti in tal senso entro 6 mesi. In caso di inadempienza si prevede quale sanzione la riduzione dei trasferimenti statali a qualunque titolo spettanti alle regioni, in misura proporzionale ai mancati risparmi derivanti dal mancato adeguamento, con una disposizione analoga a quella dell'articolo 2 del decreto-legge n. 174 del 2012.
  L'articolo 4 reca disposizioni in materia di versamento dei contributi previdenziali, specificando che, ai fini della determinazione del trattamento previdenziale (di cui all'articolo 1 della legge n. 1261 del 1965, come modificato dall'articolo 2 del provvedimento in esame), i parlamentari siano assoggettati al versamento di contributi previdenziali trattenuti d'ufficio sull'indennità parlamentare (comma 1). È inoltre previsto che, nel caso in cui i parlamentari optino (ai sensi dell'articolo 68 del decreto legislativo n. 165 del 2001) per il trattamento economico in godimento presso l'amministrazione di appartenenza, in luogo dell'indennità parlamentare, gli stessi possano chiedere di essere ammessi al versamento di contributi, allo scopo di ottenere la valutazione del mandato parlamentare ai fini previdenziali. In tal caso, le trattenute si effettuano sulle competenze accessorie (comma 2).
  L'articolo 5 prevede l'istituzione presso l'INPS di un'apposita gestione separata dei fondi destinati al trattamento previdenziale dei parlamentari.
  Nella suddetta gestione separata, dotata di autonomia finanziaria, contabile e di gestione, afferiscono le risorse destinate unicamente al trattamento previdenziale dei parlamentari (comprese le quote contributive a carico del parlamentare e dell'organo di appartenenza, di cui al successivo articolo 8, comma 3), definite in sede di programmazione del bilancio di previsione della Camera e del Senato, nell'ambito della dotazione finanziaria triennale, e sono iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze in un apposito capitolo («Gestione separata previdenza dei parlamentari presso l'INPS»), nell'ambito delle spese per il funzionamento degli organi costituzionali (comma 1).
  La gestione delle summenzionate risorse è affidata ad un Consiglio di amministrazione, appositamente istituito, composto dal Presidente dell'INPS, che lo presiede, e da cinque rappresentanti degli organi interessati (individuati dai rispettivi Uffici di presidenza); i componenti del consiglio non percepiscono alcuna indennità, comunque denominata (comma 2).
  L'articolo 6 stabilisce i requisiti per l'accesso al trattamento previdenziale. In particolare, il trattamento previdenziale è riconosciuto ai parlamentari cessati dal mandato parlamentare, che lo hanno esercitato per almeno cinque anni, al compimento del sessantacinquesimo anno di età; la frazione di anno superiore a sei mesi è computata come anno intero ai fini della maturazione del diritto, fermo restando il versamento per intero dei contributi (commi 1 e 2).
  Infine, si dispone che, in caso di annullamento dell'elezione di un parlamentare, al parlamentare che lo sostituisce è attribuita figurativamente la contribuzione relativa al periodo della legislatura compreso tra la data in cui si è verificata la causa di annullamento e la data del subentro, fermo restando il versamento per intero dei contributi da parte dello stesso (comma 3).
  L'articolo 7 prevede che la determinazione del trattamento previdenziale venga effettuata con il sistema di calcolo contributivo vigente per la generalità dei lavoratori. In particolare, il comma 1 dispone che il trattamento pensionistico dei parlamentari (che è corrisposto in 12 mensilità) sia determinato con il sistema contributivo, in particolare moltiplicando il montante individuale dei contributi per i coefficienti di trasformazione in vigore per i lavoratori dipendenti e autonomi, di cui alla tabella A dell'allegato 2 della Pag. 47legge n. 247 del 2007, in relazione all'età del parlamentare al momento del conseguimento del diritto alla pensione.
  Ai sensi del comma 2, per le frazioni di anno si applica un incremento pari al prodotto tra un dodicesimo della differenza tra il coefficiente di trasformazione dell'età immediatamente superiore e il coefficiente dell'età inferiore a quella del parlamentare e il numero di mesi.
  L'articolo 8, comma 1, definisce le modalità di determinazione del montante contributivo individuale, individuato applicando alla base imponibile contributiva l'aliquota di cui al successivo comma 3. La contribuzione così ottenuta si rivaluta su base composta al 31 dicembre di ciascun anno, con esclusione della contribuzione dello stesso anno, al tasso annuo di capitalizzazione.
  Ai sensi del comma 2, la base imponibile contributiva viene determinata sulla base dell'indennità parlamentare, con esclusione di qualsiasi ulteriore indennità di funzione o accessoria.
  L'ammontare delle quote contributive a carico del parlamentare e dell'organo di appartenenza è pari a quello per i lavoratori dipendenti delle amministrazioni statali, di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 335 del 1995 (comma 3).
  Il comma 4, infine, dispone il metodo di calcolo del tasso annuo di capitalizzazione (ricalcando anche in questo caso il metodo utilizzato per i lavoratori dipendenti), dato dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo nominale, calcolata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), con riferimento ai 5 anni precedenti l'anno da rivalutare. In occasione delle revisioni della serie storica del P.I.L. operate dall'ISTAT, il tasso di variazione da considerare ai fini della rivalutazione del montante contributivo è quello relativo alla serie preesistente anche per l'anno in cui si verifica la revisione e per quello relativo alla nuova serie per gli anni successivi.
  L'articolo 9 reca norme in tema di decorrenza dell'erogazione del trattamento previdenziale. In via generale, il comma 1 dispone che l'erogazione del suddetto trattamento decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale il parlamentare cessato dal mandato ha compiuto il sessantacinquesimo anno di età. I successivi commi 2 e 3 fissano termini diversi di decorrenza per determinate situazioni: nel caso in cui alla data di cessazione del mandato il parlamentare ha già raggiunto i 65 anni di età ed è in possesso dei requisiti previsti dal precedente articolo 6, il trattamento previdenziale decorre dal primo giorno del mese successivo, nel caso in cui il mandato abbia avuto termine nella seconda metà del mese, e dal sedicesimo giorno dello stesso mese, nel caso in cui il mandato abbia avuto termine nella prima metà del mese (comma 2); nel caso di cessazione del mandato per fine legislatura, coloro che hanno maturato il diritto percepiscono il trattamento previdenziale con decorrenza dal giorno successivo alla fine della legislatura stessa (comma 3).
  L'articolo 10 prevede la sospensione dell'erogazione del trattamento previdenziale del parlamentare in godimento in caso di elezione o nomina ad altra carica pubblica. L'articolo in esame non solo estende la sospensione a tutte le cariche incompatibili con il mandato parlamentare (sia quelle definite incompatibili per legge costituzionale, sia quelle per legge ordinaria) e a prescindere dall'ammontare dell'indennità, ma introduce la sospensione anche in relazione all'assunzione di qualsiasi altra carica, compresa quella di amministratore di enti pubblici o di enti privati in controllo pubblico. Tuttavia, in tal caso si ha la sospensione solamente se l'ammontare dell'indennità superi quella del trattamento previdenziale (comma 1). Il comma 2 prevede che, una volta concluso l'incarico che ha provocato la sospensione dell'erogazione del trattamento previdenziale, questo riprende a partire alla cessazione dell'incarico medesimo. Inoltre, si dispone in ordine alla rivalutazione del trattamento previdenziale nei periodi di sospensione: nel caso di rielezione al Parlamento nazionale, il trattamento previdenziale è integrato da contributi Pag. 48dovuti nel corso del nuovo mandato, negli altri casi, è rivalutato alla stregua della legislazione vigente ai sensi dell'articolo 12.
  L'articolo 11 equipara il diritto alla pensione ai superstiti alle condizioni previste per tutti i lavoratori. In particolare, si dispone che, in caso di morte del titolare del trattamento previdenziale (a condizione che al momento della morte il titolare sia in possesso dei requisiti contributivi indicati nel provvedimento in esame) trovino applicazione le disposizioni per i lavoratori dipendenti e autonomi di cui all'articolo 13 del Regio decreto-legge n. 636 del 1939, e all'articolo 1, comma 41, della legge 335 del 1995, nonché le disposizioni vigenti ai fini della verifica dei requisiti previsti per l'accesso alla pensione ai superstiti, nonché al calcolo delle aliquote di reversibilità e alle modalità di liquidazione e di rivalutazione della pensione medesima.
  L'articolo 13 reca una serie di disposizioni transitorie e finali.
  In primo luogo, si dispone in ordine alla rideterminazione, da parte delle Camere, dell'ammontare di tutti gli assegni vitalizi e pensioni attualmente erogate, entro sei mesi, in modo da adeguarle alle nuove norme introdotte dal provvedimento in esame. In ogni caso l'importo non può essere inferiore a quello dell'assegno sociale (comma 1).
  Per quanto riguarda l'età pensionabile, si prevede che i parlamentari cessati dal mandato e che attualmente già beneficiano del vitalizio o della pensione continuino a percepire il trattamento previdenziale (ricalcolato con il sistema contributivo come previsto dal comma 1), anche se non hanno raggiunto i 65 anni di età (comma 2). Invece, gli ex parlamentari che non percepiscono ancora un trattamento previdenziale perché non hanno ancora raggiunto l'età pensionabile beneficeranno del nuovo trattamento previdenziale al compimento del sessantacinquesimo anno di età (comma 3). Infine, il comma 4 reca una norma di chiusura che rinvia, per quanto non previsto dal provvedimento in commento, alle norme generali di disciplina del sistema pensionistico obbligatorio del lavoratori del settore statale. L'articolo 14 dispone l'immediata entrata in vigore della legge.
  Rileva che, nell'analisi delle proposte di legge occorrerà tenere conto di numerosi aspetti sostanziali e procedurali, così come di rilevanti principi costituzionali. Sarà, a suo avviso, importante la fase delle audizioni, così come un'analisi comparativa per verificare il trattamento della questione negli altri Paesi europei. Le proposte di legge in questione, infatti, non puntano in nessun caso all'eliminazione di qualsiasi prestazione previdenziale legata alla carica elettiva, ma piuttosto all'eliminazione di privilegi e storture che hanno caratterizzato alcuni aspetti del sistema.
  Ritiene in ogni caso che le diverse proposte di legge contengano molti spunti utili e auspica che si possa arrivare a un testo condiviso su un argomento così sensibile.

  Francesco SANNA (PD) informa il Presidente e la Commissione di aver depositato in data odierna una proposta di legge ordinaria sulla materia

  Marilena FABBRI (PD) informa che è in via di assegnazione una proposta di legge sulla materia a prima firma della collega Giacobbe.

  Andrea CECCONI (M5S) chiede al Presidente come intende procedere nei lavori data la diversità di esame tra proposte ordinarie e costituzionali. Ritiene anche che si ponga un problema sulla scelta della materia affrontata dalle proposte di legge abbinate: se si affronta la questione dei vitalizi, decade automaticamente quella dell'applicazione del sistema pensionistico e con essa le proposte di legge che la propongono. Concorda con il Presidente sull'utilità di disporre uno studio comparato sulla materia.
  Ritiene, infine, rilevante la modalità con cui si trattano i diritti acquisiti per evitare le censure di legittimità della Corte costituzionale.

Pag. 49

  Matteo RICHETTI (PD), considerato che la Costituzione non tocca espressamente il tema dei vitalizi né quello dei diritti quesiti, ritiene sia preferibile concentrarsi sulle proposte di legge di natura ordinaria. Rispetto all'esame di tali provvedimenti, giudica utile mettere la Commissione nelle condizioni di svolgere ogni approfondimento utile, sia attraverso le audizioni, sia acquisendo tutta la documentazione necessaria, come, ad esempio, le delibere assunte negli anni dagli Uffici di presidenza della Camera dei deputati.

  Andrea GIORGIS (PD) si chiede se non sia il caso di ampliare l'oggetto della discussione arrivando ad includere la materia complessiva del trattamento economico dei parlamentari, affrontando, quindi, anche questioni connesse al tema delle incompatibilità tra le diverse attività.

  Elena CENTEMERO (FI-PdL) concorda con il collega Giorgis sul tema della trasparenza davanti ai cittadini, ma ritiene che non debba essere usato in modo demagogico e che non si debba cedere a slanci di antipolitica. Fa riferimento in proposito a uno studio condotto da lei in sede di Consiglio d'Europa sulle donne in politica, dove è emersa l'importanza del finanziamento pubblico della politica per favorire la presenza femminile, considerato che la politica ha dei costi elevati.

  Riccardo NUTI (M5S) riguardo all'ipotesi del collega Giorgis di affrontare il tema dell'incompatibilità all'interno dell'esame dei provvedimenti sui vitalizi, osserva che a suo avviso andrebbe collocata più correttamente all'interno della regolazione del conflitto d'interessi. La discussione va limitata ai vitalizi e non può essere allargata ad altri temi. Sottolinea che se è vero che la politica costa, è anche vero che produce ben poco, se si guarda alle leggi approvate e ai tempi di lavori di questo Parlamento che non corrispondono all'investimento economico fatto dai cittadini. E dato il numero elevato di persone che vive sotto la soglia di povertà, questo non è assolutamente accettabile. Ricorda che se le proposte di legge sui vitalizi sono oggi all'esame della Commissione è grazie al gruppo del Movimento 5 Stelle che ha chiesto la calendarizzazione della proposta di legge di cui è primo firmatario. Sui tempi di esame, ritiene che debbano essere esaminate le proposte di legge ordinarie. Ricorda che sul piano costituzionale un emendamento analogo alla proposta di legge costituzionale a prima firma Zanetti è stato respinto nel corso di esame del disegno di legge costituzionale del Governo di riforma della parte seconda della Costituzione. Evidenzia che la sua proposta di legge che revoca i vitalizi ai condannati in via definitiva non pone problemi di legittimità costituzionale e pone fine allo scandalo di vitalizi erogati a consiglieri regionali condannati per reati di stampo mafioso.

  Giuseppe LAURICELLA (PD) ritiene che il tema del trattamento economico dei parlamentari e, più in generale, del finanziamento pubblico della politica – sulla cui abolizione si è sempre espresso in senso contrario – sia delicato e vada affrontato con serenità, evitando impostazioni ideologiche che rischierebbero di condurre a soluzioni normative suscettibili di favorire la creazione di una classe politica fondata sul censo e composta da soli abbienti o da soggetti che sarebbero ostaggio delle lobby finanziarie. Esprime perplessità sui provvedimenti in esame che ritiene presentino vizi di costituzionalità, considerato che la disciplina dei vitalizi è stata sempre ricondotta all'autonomia delle Camere, distintamente dall'indennità dei parlamentari, che è espressamente indicata dalla Costituzione e regolata dalla legge.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, ritiene opportuno che la Commissione proceda anzitutto a svolgere le audizioni sul tema, acquisendo tutti gli elementi che potranno essere utili all'approfondimento sia dei provvedimenti ordinari sia di quelli costituzionali, atteso che la questione della costituzionalità dell'intervento normativo in Pag. 50tale delicata materia appare dirimente. Svolgendo considerazioni di natura personale, dichiara di essere a favore di un intervento normativo che si collochi in un quadro di piena legittimità costituzionale, che, a suo avviso, non potrebbe essere assicurato dalle proposte ordinarie, sulle quali, considerate anche le recenti tendenze della giurisprudenza costituzionale, potrebbe incombere il giudizio della Consulta. Fa notare che nessuna delle proposte in esame appare volta ad abolire i vitalizi dei parlamentari. Esse si limitano, piuttosto, a ricondurre i trattamenti pensionistici a criteri di maggiore proporzionalità.

  Riccardo NUTI (M5S) osserva che i ricorsi a cui faceva riferimento il Presidente non riguardano il decreto-legge n. 174 del 2012 sul quale interviene la sua proposta di legge.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta, sospesa alle 15.50, è ripresa alle 16.

Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza.
Testo unificato C. 9 d'iniziativa popolare, C. 200 Di Lello, C. 250 Vendola, C. 273 Bressa, C. 274 Bressa, C. 349 Pes, C. 369 Zampa, C. 404 Caparini, C. 463 Bersani, C. 494 Vaccaro, C. 525 Marazziti, C. 604 Fedi, C. 606 La Marca, C. 647 Caruso, C. 707 Gozi, C. 794 Bueno, C. 836 Caruso, C. 886 Porta, C. 945 Polverini, C. 1204 Sorial, C. 1269 Merlo, C. 1443 Centemero, C. 2376 Bianconi, C. 2495 Dorina Bianchi e C. 2794 Fitzgerald Nissoli.

(Seguito dell'esame e conclusione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta antimeridiana odierna.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che sul testo unificato sono pervenuti il parere favorevole della II Commissione (Giustizia), il parere di nulla osta della IV Commissione (Difesa), il parere favorevole con una condizione ed osservazioni della VII Commissione (Cultura) e il parere favorevole con osservazioni della XII Commissione (Affari sociali).
  Non sono pervenuti i pareri delle Commissioni III (Affari esteri), VI (Finanze), XI (Lavoro) e della Commissione per le questioni regionali. La V Commissione (Bilancio) esprimerà il proprio parere all'Assemblea.

  Marilena FABBRI (PD), relatrice, ritiene, considerata la ristrettezza dei tempi per la conclusione dell'esame in sede referente, che i contenuti dei pareri espressi dalle Commissioni possano essere valutati e tenuti in considerazione nel corso dell'esame del provvedimento in Assemblea.
  Sottopone alla Commissione le seguenti proposte di coordinamento: all'articolo 1, al comma 1, lettera b), capoverso comma 2-bis), primo periodo, dopo le parole: «entro il compimento della maggiore età» sono inserite le seguenti: «dell'interessato»; all'articolo 1, al comma 1, lettera c), capoverso comma 2-bis), terzo periodo, dopo le parole: «entro il compimento della maggiore età» sono inserite le seguenti: «dell'interessato»; all'articolo 1, al comma 1, lettera d), capoverso lettera f-bis), le parole: «triennale e quadriennale» sono sostituite dalle seguenti: «triennale o quadriennale»; all'articolo 1, al comma 1, lettera g), capoverso Art. 23-ter, la parola: «residenti» è soppressa.

  La Commissione approva le proposte di coordinamento formulate dalla relatrice.
  La Commissione delibera, quindi di conferire il mandato alla relatrice, Marilena Fabbri, di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, ricorda che, i deputati Ignazio La Russa e Cristian Invernizzi sono stati designati, Pag. 51dai rispettivi gruppi, relatori di minoranza, ai sensi dell'articolo 79, comma 12, del Regolamento.
  Si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

  La seduta termina alle 16.10.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 24 settembre 2015.

  L'ufficio di presidenza si è svolto dalle 15.50 alle 15.55.

Pag. 52