CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 21 luglio 2015
486.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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ELEZIONE DEL PRESIDENTE, DEI VICEPRESIDENTI E DEI SEGRETARI

  Martedì 21 luglio 2015. — Presidenza della presidente provvisoria Carla RUOCCO, indi del Presidente eletto Maurizio BERNARDO.

  La seduta comincia alle 13.

Sui lavori della Commissione.

  Daniele CAPEZZONE (FI-PdL), intervenendo sui lavori della Commissione, desidera esprimere, a conclusione della sua esperienza di Presidente della Commissione, un indirizzo di saluto a tutti i componenti della Commissione stessa, nonché esprimere un augurio al futuro Presidente ed agli altri componenti del nuovo Ufficio di Presidenza. Ringrazia inoltre tutti i deputati della Commissione per l'apporto collaborativo fornito in questi anni alle attività della Commissione, nonché gli uffici per la loro preziosa collaborazione.
  Sottolinea come tutti i componenti della Commissione possano dirsi orgogliosi per il lavoro svolto in questi due anni, sia per quanto riguarda il profilo del metodo, che ha consentito tanto ai gruppi di maggioranza, quanto ai gruppi di opposizione, di svolgere appieno le loro funzioni in un clima di fairplay e di rispetto delle regole, sia per quanto riguarda i profili di merito. A tale proposito richiama con particolare soddisfazione l'attività svolta con la Commissione in merito alla riforma del sistema della riscossione dei tributi, che ha consentito di rafforzare le tutele a favore dei contribuenti, nonché l'approvazione del disegno di legge di delega per la riforma del sistema fiscale, la quale è stata realizzata con il concorso di tutte le forze politiche. Pag. 42
  Non ritiene invece di poter esprimere altrettanta soddisfazione per il metodo che si sta seguendo in questi giorni, sia alla Camera sia al Senato, con riferimento all'attribuzione di alcuni incarichi, ripercorrendo logiche di spartizione che occorrerebbe superare.

  Marco CAUSI (PD) ringrazia, sia a titolo personale sia a nome del gruppo del PD, il Presidente Capezzone, che ritiene abbia costituito un esempio di come deve essere condotta una Commissione parlamentare, assicurando sempre grandissima correttezza istituzionale, garantendo a tutte le forze politiche di poter esprimere le proprie posizioni e di fornire il loro contributo, nonché consentendo alla Commissione di svolgere un'importante attività legislativa di iniziativa parlamentare, che non si è limitata alla sola discussione delle proposte del Governo, ma ha valorizzato in modo attivo le proposte di origine parlamentare.

  Maurizio BERNARDO (AP) si associa ai ringraziamenti rivolti al Presidente Capezzone, ricordando altresì l'egregio lavoro da lui svolto fin dalla XV legislatura, nel corso della quale egli ricopriva il ruolo di Presidente della Commissione Attività produttive.

  Giulio Cesare SOTTANELLI (SCpi) ringrazia il Presidente Capezzone, evidenziando come, durante la sua presidenza, che si è sempre caratterizzata per un elevato profilo, egli abbia condotto i lavori della Commissione in modo eccellente, con simpatia, correttezza e spirito pragmatico.

  Sebastiano BARBANTI (Misto-AL) ringrazia a sua volta il Presidente Capezzone per il lavoro svolto alla guida della Commissione, sottolineando, oltre alle caratteristiche di competenza tecnico-professionale e politica, anche la disponibilità dimostrata attraverso il confronto con tutti i componenti della Commissione.

  Filippo BUSIN (LNA), nel sottolineare la propria vicinanza ideale e politica con il Presidente Capezzone, lo ringrazia per il lavoro svolto nella condizione della Commissione. Rileva quindi, in particolare, come egli abbia saputo contemperare la tutela delle forze di minoranza, attraverso la garanzia di uno spazio adeguato a loro favore, con l'esigenza di condurre i lavori in maniera efficiente ed efficace, come reso evidente dall'ottimo lavoro svolto dalla Commissione.

  Sandra SAVINO (FI-PdL) ringrazia innanzitutto, a nome del suo gruppo, il Presidente Capezzone per la professionalità, l'autorevolezza, l'equilibrio e la sensibilità istituzionale dimostrati nella conduzione dei lavori della Commissione, sottolineando come egli abbia svolto tale funzione con passione, dimostrando altresì elevate capacità professionali e notevole conoscenza delle materie di competenza della Commissione. Auspica quindi che egli intenda nel prossimo futuro fornire un importante contributo all'attività del suo gruppo politico.

  Ferdinando ALBERTI (M5S) ringrazia il Presidente Capezzone per l'attività svolta alla guida della Commissione. Nel sottolineare come ciò non ricada sotto la responsabilità del Presidente, ricorda tuttavia che, nel corso di questi primi due anni di legislatura, la Commissione abbia esaminato solo un provvedimento segnalato dal gruppo M5S e come non sia stato completato l’iter di un importante risoluzione presentata dal gruppo stesso, relativa alla revisione della disciplina concernente l'obbligo di accettare pagamenti mediante carte di debito.

  Carla RUOCCO presidente, si associa ai ringraziamenti rivolti al Presidente Capezzone, rilevando come, anche nei momenti di più aspro confronto all'interno della Commissione, egli sia riuscito a condurre il dibattito in maniera equilibrata, così da condurre la Commissione stessa a un'equilibrata soluzione delle questioni di merito.
  Avverte quindi che la Commissione è oggi convocata per il rinnovo dell'Ufficio di Presidenza.

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Elezione del presidente.

  Carla RUOCCO presidente, indìce la votazione per l'elezione del presidente.
  Comunica il risultato della votazione:
   Presenti  37   
   Votanti  36   
   Astenuti  1   
Maggioranza assoluta dei voti  19   

  Hanno riportato voti:
   Bernardo  26   
   Villarosa  5   
   Causi  1   
   Schede bianche  4   

  Proclama eletto presidente il deputato Maurizio Bernardo, che invita ad assumere la Presidenza.

  Hanno preso parte alla votazione i deputati:
   Alberti, Barbanti, Bernardo, Busin, Capozzolo, Carbone, Carella, Causi, Colaninno, Currò, De Maria, Di Maio Marco, Fico, Fontana Cinzia Maria, Fragomeli, Fregolent, Gebhard, Ginato, Giorgetti Alberto, Gutgeld, Laffranco, Lodolini, Maietta, Moretto, Pagano, Paglia, Pastorino, Pelillo, Pesco, Petrini, Pisano, Ruocco, Sanga, Savino Sandra, Sottanelli, Zoggia.
   Si è astenuto il deputato Capezzone.

  Maurizio BERNARDO, presidente, desidera ringraziare tutti i componenti della Commissione, esprimendo un augurio di buon lavoro.

Elezione dei vicepresidenti e dei segretari.

  Maurizio BERNARDO, presidente, indìce la votazione per l'elezione di due vicepresidenti e di due segretari.
  Comunica il risultato della votazione per l'elezione dei vicepresidenti:
   Presenti  37   
   Votanti  36   
   Astenuti  1   

  Hanno riportato voti:
   Pelillo  20   
   Alberto Giorgetti  6   
   Villarosa  5   
   Busin  2   
   Ruocco  1   
   Schede nulle  1   
   Schede bianche  1   

  Proclama eletti vicepresidenti i deputati Pelillo e Alberto Giorgetti.
  Comunica il risultato della votazione per l'elezione dei segretari:
   Presenti  37   
   Votanti  36   
   Astenuti  1   

  Hanno riportato voti:
   Gebhard  22   
   Busin  5   
   Alberti  5   
   Causi  1   
   Villarosa  1   
   Schede nulle  1   
   Schede bianche  1   

  Avverte che, avendo riportato lo stesso numero di voti i deputati Busin e Alberti, i quali hanno anche la stessa anzianità come deputati, risulta eletto il deputato Busin, in quanto più anziano per età. Proclama quindi eletti segretari i deputati Gebhard e Busin.

  Hanno preso parte alla votazione i deputati:
   Alberti, Barbanti, Bernardo, Busin, Capozzolo, Carbone, Carella, Causi, Colaninno, Currò, De Maria, Di Maio Marco, Fico, Fontana Cinzia Maria, Fragomeli, Fregolent, Gebhard, Ginato, Giorgetti Alberto, Gutgeld, Laffranco, Lodolini, Moretto, Pagano, Paglia, Pastorino, Pelillo, Pesco, Petrini, Pisano, Ruocco, Sanga, Savino Sandra, Sottanelli, Villarosa, Zoggia.
   Si è astenuto il deputato Capezzone.

  La seduta termina alle 14.05.

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SEDE CONSULTIVA

  Martedì 21 luglio 2015. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO.

  La seduta comincia alle 14.05.

Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena.
C. 2798 Governo.
(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Emanuele LODOLINI (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare in sede consultiva, ai fini del parere alla II Commissione Giustizia, il disegno di legge C. 2798, recante modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena, cui sono abbinate talune proposte di legge.
  Segnala innanzitutto come il provvedimento si ponga l'obiettivo di garantire l'efficienza del sistema giudiziario penale, la durata ragionevole del processo, sia pure nel mantenimento delle garanzie, soprattutto difensive, l'effettiva finalità rieducativa della pena, nonché un maggiore e più efficace contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione.
  Per quanto riguarda il contenuto del provvedimento, illustra l'articolo 1, il quale introduce, al comma 1, un nuovo articolo 162-ter nel codice penale, all'interno del capo dedicato all'estinzione del reato; in tale ambito la nuova previsione introduce una nuova causa di estinzione del reato per condotte riparatorie nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione. In tali casi, il giudice deve dichiarare estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l'imputato ha riparato il danno cagionato dal reato mediante le restituzioni o il risarcimento e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato. La riparazione deve realizzarsi nel termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
  Tuttavia l'imputato può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a un anno, per il pagamento di quanto dovuto a titolo di risarcimento, anche in forma rateale, se dimostra di non avere potuto adempiere per fatto a lui non imputabile. Il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito e, se necessario, impone specifiche prescrizioni. Durante la sospensione del processo resta sospeso anche il corso della prescrizione. All'esito delle condotte riparatorie il giudice deve dichiarare l'estinzione del reato.
  Il comma 2 introduce un nuovo articolo 649-bis nel codice penale, all'interno del Titolo relativo ai delitti contro il patrimonio, al fine di prevedere anche in tale ambito l'estinzione del reato per condotte riparatorie, estendendo le previsioni del nuovo articolo 162-ter ad alcuni delitti procedibili d'ufficio.
  Rileva come si tratti di alcune ipotesi di furto aggravato indicate dall'articolo 625 del codice penale (furto con violenza sulle cose o con qualsiasi mezzo fraudolento; furto con destrezza; furto di bagaglio di viaggiatori; furto di tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero di bovini o equini, anche non raccolti in mandria); dell'introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo di cui all'articolo 636 del codice penale; dell'uccisione o danneggiamento di animali altrui di cui all'articolo 638 del codice penale.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 2, il quale stabilisce la disciplina transitoria relativa ai processi in corso alla data di Pag. 45entrata in vigore della legge. Al riguardo viene previsto che le nuove disposizioni sulle condotte riparatorie si applicano anche a tali processi e il giudice dichiara l'estinzione anche quando le condotte riparatorie siano state compiute oltre il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. A tal fine l'imputato, nella prima udienza, fatta eccezione di quella del giudizio di legittimità, successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, può chiedere la fissazione di un termine, non superiore a sessanta giorni, per provvedere alle restituzioni, al pagamento di quanto dovuto a titolo di risarcimento e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato. Il giudice ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito. Durante la sospensione del processo, il corso della prescrizione resta sospeso.
  Fa presente come l'articolo 3 aumenti i limiti di pena previsti per il reato di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (corruzione propria, disciplinata dall'articolo 319 del codice penale).
  La pena della reclusione è aumentata nel minimo da 4 a 6 anni, mentre il massimo è innalzato da 8 a 10 anni; tale inasprimento intende evitare l'applicazione di sanzioni troppo lievi in caso di patteggiamento, limitare l'applicazione di benefici come la sospensione condizionale e innalzare il periodo di prescrizione.
  L'articolo 4 apporta numerose modifiche all'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, relativo ad ipotesi particolari di confisca, sostituendo in particolare, alla lettera a) del comma 1, il comma 1 del medesimo articolo 12-sexies, relativo alla cosiddetta confisca allargata.
  Tale disposizione prevede che, nei casi di condanna o di patteggiamento per associazione mafiosa e per altri reati di particolare gravità, è sempre disposta la confisca dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito. Tale misura atipica si caratterizza in particolare per la mancanza del nesso di pertinenzialità tra beni confiscati e reato per cui è intervenuta la condanna. Anche se la sproporzione tra reddito dichiarato e valore dei beni richiama i presupposti della confisca di prevenzione, qui non è richiesto alcun indizio della provenienza illecita del bene, trattandosi di una misura patrimoniale penale che segue una condanna o l'applicazione della pena su richiesta (e non l'accertamento della pericolosità della persona, come nella confisca di prevenzione).
  In tale contesto rileva come le novità introdotte dalla disposizione siano le seguenti:
   1) ai reati alla cui condanna segue la confisca allargata sono aggiunti i gravi delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale; in tale ambito segnala, in quanto attinente ai profili di competenza della Commissione Finanze, il richiamo (operato mediante il rinvio all'articolo 51, comma 3-bis) al delitto di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri di cui all'articolo 291-quater del decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, il richiamo alle circostanze aggravanti previste per il medesimo delitto dall'articolo 295, secondo comma, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 43, nonché il richiamo all'articolo 12-quinquies, comma 1, del predetto decreto-legge n. 133, il quale punisce chiunque attribuisca fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione dei delitti ricettazione, riciclaggio o impiego di denaro, beni o altre utilità (di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale); inoltre la previsione della confisca è estesa alle attività organizzate per il traffico di rifiuti di cui all'articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
   2) sono aggiunti tra i delitti che consentono tale tipo di confisca i delitti Pag. 46commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale.

  Sempre per quanto concerne le modifiche riguardanti i profili di competenza della Commissione Finanze, segnala l'inserimento nel nuovo comma 1 del predetto articolo 12-sexies, di un ultimo periodo, il quale prevede che il condannato non possa giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego di evasione fiscale.
  Per quanto riguarda le altre modifiche apportate al citato articolo 12-sexies dalle lettere da b) a f) dell'articolo 4:
   è integrata la disciplina della cosiddetta confisca per equivalente, prevedendosi, nel caso in cui la confisca allargata di cui al comma 1 non sia possibile, che il giudice ordini la confisca di altre somme denaro, beni e altra utilità di cui il reo abbia la disponibilità, anche per interposta persona, di valore equivalente «di legittima provenienza»;
   è previsto che al sequestro e alla confisca allargata e per equivalente si applicano le disposizioni in materia di tutela dei terzi e di esecuzione del sequestro previste dal codice antimafia, nonché la collaborazione dell'Agenzia nazionale;
   è disposto che nel processo civile debbano essere citati i terzi interessati che risultino titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni oggetto di sequestro di cui l'imputato abbia, a qualunque titolo, la disponibilità;
   è prevista l'applicabilità della disciplina del predetto articolo 12-sexies anche quando, pronunciata la sentenza di condanna in un grado di giudizio, il reato sia dichiarato estinto per prescrizione o amnistia dal giudice di appello o dalla Cassazione; in tal caso, il giudice del gravame decide sull'impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell'imputato;
   viene stabilito che – a seguito del formarsi del giudicato sulla sentenza di condanna – nonostante la morte della persona nei cui confronti sia stata disposta la confisca dei beni, il procedimento inizia (o prosegue) nei confronti degli eredi o degli aventi causa.

  Illustra quindi l'articolo 5 il quale, al comma 1, sostituisce l'articolo 159 del codice penale, integrando le attuali cause di sospensione del corso della prescrizione per prevedere, in particolare, che la prescrizione resti sospesa a seguito di sentenza non definitiva di condanna.
  La disposizione prevede infatti:
   che, in caso di rogatoria all'estero, il termine di prescrizione resti sospeso per un massimo di 6 mesi;
   che, dopo la sentenza di condanna in primo grado, il termine di prescrizione resti sospeso fino al deposito della sentenza di appello, e comunque per un tempo non superiore a 2 anni;
   che, dopo la sentenza di condanna in appello, anche se pronunciata in sede di rinvio, il termine di prescrizione resti sospeso fino alla pronuncia della sentenza definitiva e comunque per un tempo non superiore a un anno; in entrambi i casi, ai termini di due anni e un anno vanno eventualmente aggiunti i termini di 15 e 90 giorni previsti dall'articolo 544 del codice di procedura penale per l'ipotesi in cui non sia possibile procedere immediatamente alla redazione della sentenza (comma 2, 15 giorni), ovvero la stesura della motivazione della sentenza sia particolarmente complessa per l'alto numero delle parti o la gravità delle imputazioni (comma 3, 90 giorni);
   che, in caso di assoluzione dell'imputato in secondo grado ovvero di annullamento della sentenza di condanna nella parte relativa all'accertamento della responsabilità, i periodi di sospensione di 2 anni (concesso per il giudizio d'appello) e di un anno (concesso per il giudizio di Cassazione) vengano ricomputati ai fini del calcolo del termine di prescrizione;Pag. 47
   che, in caso di concorso tra la causa di sospensione dovuta alle condanne nei gradi di merito e le altre cause sospensive previste dal primo comma (autorizzazione a procedere, deferimento ad altro giudizio, impedimento delle parti o dei difensori, rogatoria all'estero), il termine sia conseguentemente prolungato.

  Il comma 2 indica il regime transitorio, disponendo che le modifiche al regime della prescrizione si applicheranno ai soli fatti commessi dopo l'entrata in vigore della nuova formulazione dell'articolo 159 del codice penale.
  Segnala come gli articoli da 6 a 8 conferiscano deleghe al Governo in materia penale, per quanto riguarda la revisione del casellario giudiziale e le relative disposizioni di coordinamento e attuazione.
  In particolare, l'articolo 6 delega il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi per modificare alcuni istituti previsti dal codice penale e per assicurare maggiore coerenza e conoscibilità alle fattispecie penali.
  In base al comma 1, il Governo dovrà:
   modificare il regime di procedibilità di alcuni reati, prevedendo in particolare la procedibilità a querela dell'offeso in relazione ai reati contro la persona ed ai reati contro il patrimonio che arrechino offese di modesta entità all'interesse protetto; al riguardo viene specificato che la procedibilità d'ufficio dovrà essere mantenuta quando la persona offesa da tali condotte sia incapace per età o per infermità;
   riformare la disciplina delle misure di sicurezza, in particolare rivedendo l'istituto dell'infermità mentale, anche alla luce della normativa sul superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, e riformando i presupposti di applicazione delle misure con riferimento categorie della abitualità e della tendenza a delinquere;
   ricondurre al codice penale le fattispecie incriminatrici attualmente contenute nelle leggi speciali, quando le stesse siano riconducibili a settori di tutela penale che, per omogeneità di materia o di interesse protetto, possono essere inserite nel codice. Ciò dovrebbe garantire una «migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni».

  Passa quindi a illustrare l'articolo 7, il quale delega il Governo a modificare la disciplina del casellario giudiziale. La norma non individua particolari principi e criteri direttivi per l'attuazione della riforma, limitandosi a prevedere che la revisione della disciplina del casellario debba avvenire «alla luce delle modifiche intervenute nella materia penale, anche processuale, e dei principi e dei criteri contenuti nella normativa nazionale e nel diritto dell'Unione europea in materia di protezione dei dati personali».
  L'articolo 8 delega il Governo ad adottare decreti legislativi, nel rispetto delle procedure e dei termini fissati dagli articoli 6 e 7, con riguardo alle disposizioni di attuazione e di coordinamento, nonché le norme transitorie, che si rendano opportune in relazione alle suddette riforme.
  L'articolo 9 riguarda la definizione del procedimento per incapacità dell'imputato, distinguendo l'ipotesi in cui l'incapacità sia reversibile da quella in cui essa sia irreversibile.
  Al riguardo ricorda che, in base alle disposizioni vigenti, si tratta dei casi in cui non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere e vi è ragione di ritenere che, per infermità mentale sopravvenuta al fatto, l'imputato non sia in grado di partecipare coscientemente al processo.
  In tale contesto l'articolo 9, oltre a integrare, al comma 1, l'articolo 71 del codice di procedura penale in modo da prevederne l'applicabilità al solo caso in cui l'incapacità sia reversibile, al comma 2 introduce nel codice di procedura penale un nuovo articolo 72-bis, relativo alla definizione del procedimento per incapacità irreversibile dell'imputato, il quale prevede che, se, a seguito degli accertamenti previsti, risulta che lo stato mentale dell'imputato è tale da impedire la cosciente Pag. 48partecipazione al procedimento e tale stato è irreversibile, il giudice, revocata l'eventuale ordinanza di sospensione del procedimento, pronuncia sentenza di non doversi procedere, salvo che ricorrano i presupposti per l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca.
  L'articolo 10 riguarda le indagini preliminari e il procedimento di archiviazione.
  In particolare, il comma 1 modifica l'articolo 104 del codice di procedura penale, relativo ai colloqui del difensore con l'imputato in custodia cautelare.
  In merito ricorda che attualmente, nel corso delle indagini preliminari, quando sussistono specifiche ed eccezionali ragioni di cautela, il giudice su richiesta del pubblico ministero può, con decreto motivato, dilazionare, per un tempo non superiore a cinque giorni, l'esercizio del diritto di conferire con il difensore.
  La modifica proposta circoscrive la possibilità di dilazionare il colloquio con il difensore alle indagini preliminari concernenti reati di maggior allarme sociale. Si tratta dei reati per i quali è competente il Pubblico ministero del tribunale capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente e dei reati per i quali è possibile l'avocazione delle indagini da parte del Procuratore generale presso la Corte d'appello.
  Il comma 2 modifica la disciplina degli accertamenti tecnici non ripetibili su iniziativa del Pubblico ministero.
  In base alle disposizioni vigenti qualora, prima del conferimento dell'incarico al consulente da parte del p.m., la persona sottoposta alle indagini formuli riserva di promuovere incidente probatorio, il pubblico ministero dispone che non si proceda agli accertamenti salvo che questi, se differiti, non possano più essere utilmente compiuti. In base alla modifica introdotta all'articolo 360 del codice di procedura penale, la riserva perde efficacia e non può essere ulteriormente formulata se la richiesta di incidente probatorio non è proposta entro il termine di cinque giorni dalla formulazione della riserva stessa.
  Il comma 3 modifica il comma 5 del predetto articolo 360 del codice di procedura penale, con finalità di coordinamento con il nuovo comma 4-bis introdotto dal comma 2. È infatti specificato che l'inutilizzabilità degli esiti degli accertamenti, disposti dal p.m. malgrado l'espressa riserva formulata dalla persona sottoposta alle indagini, non opera nel caso di inefficacia della riserva di incidente probatorio.
  Il comma 4 modifica la disciplina dei provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione, abrogando la disposizione di cui al comma 6 dell'articolo 409 del codice di procedura penale, secondo cui l'ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità previsti per i procedimenti in camera di consiglio dall'articolo 127, comma 5. La modifica risulta connessa alla nuova disciplina della nullità del provvedimento di archiviazione prevista dal nuovo articolo 410-bis del codice di procedura penale di cui al comma 5 dell'articolo 10.
  Il comma 5 introduce infatti un nuovo articolo 410-bis nel codice di procedura penale, relativo alla nullità del provvedimento di archiviazione, in base al quale il decreto di archiviazione è nullo:
   se emesso in mancanza dell'avviso alla persona offesa (che abbia dichiarato di volerne essere informata) della relativa richiesta ovvero prima della scadenza del termine di dieci giorni entro cui la parte offesa può prendere visione degli atti e prima della presentazione dell'atto di opposizione;
   se, essendo stata presentata opposizione, il giudice omette di pronunciarsi sulla sua ammissibilità.

  In tali ipotesi si applica il procedimento previsto per la correzione degli errori materiali previsto dall'articolo 130 del codice di procedura penale.
  L'ordinanza di archiviazione (ovverosia l'ordinanza con cui il giudice, quando non accoglie la richiesta di archiviazione, dispone che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l'imputazione) è nulla Pag. 49solo nei casi previsti dall'articolo 127, comma 5, con riguardo ai procedimenti in camera di consiglio (mancato rispetto delle disposizioni sull'avviso alle parti circa la data dell'udienza; sul diritto ad essere sentiti del p.m., degli altri destinatari dell'avviso e dei difensori; sul rinvio dell'udienza per legittimo impedimento dell'imputato). In tali casi di nullità, l'interessato, entro quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento, può proporre impugnazione davanti alla corte di appello, che provvede con ordinanza non impugnabile, senza intervento delle parti interessate, previo avviso, almeno dieci giorni prima, della udienza fissata per la decisione alle parti medesime, che possono presentare memorie non oltre il quinto giorno precedente l'udienza. La corte di appello, se l'impugnazione è fondata, annulla il provvedimento impugnato e ordina la restituzione degli atti al giudice che ha emesso il provvedimento. Altrimenti conferma il provvedimento impugnato o dichiara inammissibile l'appello, condannando la parte privata impugnante al pagamento delle spese del procedimento, e, nel caso di inammissibilità, anche a quello di una somma in favore della cassa delle ammende da euro 258 a euro 2.065.
  Il comma 6 modifica, per ragioni di coordinamento, l'articolo 411 del codice di procedura penale, il quale individua gli altri casi di archiviazione (mancanza di una condizione di procedibilità, avvenuta estinzione del reato, fatto non previsto dalla legge come reato), cui comunque si applicano le disposizioni sulla richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato (articolo 408), sui provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione (articolo 409) e sull'opposizione alla richiesta di archiviazione (articolo 410). Il nuovo articolo 410-bis è quindi aggiunto all'elenco degli articoli che si applicano anche negli altri casi di archiviazione.
  Gli articoli da 11 a 16 introducono modifiche alla disciplina in materia di riti speciali, udienza preliminare, istruzione dibattimentale e struttura della sentenza di merito.
  In particolare, segnala come l'articolo 11 intervenga sulla disciplina dell'udienza preliminare per abrogare l'articolo 421-bis del codice di procedura penale, relativo all'ordinanza per l'integrazione delle indagini.
  La disposizione prevede che, ove non provveda alla chiusura della discussione dell'udienza preliminare ritenendo matura la decisione allo stato degli atti (ai sensi dell'articolo 421, comma 4, del codice di procedura penale), il giudice, se ritiene incomplete le indagini preliminari ordina ulteriori indagini, fissando il termine per il loro compimento e la data della nuova udienza preliminare. Del provvedimento è data comunicazione al Procuratore generale presso la Corte d'appello, il quale può disporre con decreto motivato l'avocazione delle indagini.
  Viene eliminata inoltre la possibilità per il giudice di disporre d'ufficio l'assunzione di prove ritenute evidentemente decisive per la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere; tali prove potranno dunque essere assunte solo a richiesta di parte.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 12, il quale modifica la disciplina dell'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, che viene riarticolata su un doppio grado di giudizio.
  In particolare, le modifiche dell'articolo 428 del codice di procedura penale prevedono:
   che tale sentenza emessa in sede di udienza preliminare sia impugnabile in appello, anziché direttamente in cassazione;
   la non impugnabilità, per l'imputato, della sentenza di non luogo a procedere per fatto compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una legittima facoltà;
   la soppressione del secondo periodo del comma 2, secondo il quale la persona offesa costituita parte civile nel processo penale può proporre ricorso per cassazione.

  Inoltre, il comma 3 dell'articolo 428 (che prevede la superata previsione della Pag. 50decisione della cassazione sull'impugnazione della sentenza in camera di consiglio) è sostituito da tre nuovi commi (da 3 a 3-ter), in base ai quali:
   la Corte d'appello decide sull'impugnazione con rito camerale;
   se ad appellare è il pubblico ministero, la corte, ove non confermi la sentenza: o dispone con decreto il giudizio formando il fascicolo dibattimentale o pronuncia sentenza di non luogo a procedere con formula meno favorevole all'imputato; se, invece, ad appellare è l'imputato, se non conferma la sentenza, la corte d'appello pronuncia il non luogo a procedere con formula più favorevole all'imputato;
   il ricorso per cassazione contro la sentenza di non luogo a procedere pronunciata in appello può essere presentato dall'imputato e dal Procuratore generale presso la Corte d'appello per i soli motivi di cui alle lettera a), b) e c) dell'articolo 606 del codice di procedura penale (esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri; inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale; inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza);
   sull'impugnazione della sentenza di appello decide la Corte di cassazione in camera di consiglio.

  Illustra l'articolo 13, che modifica l'articolo 438 del codice di procedura penale, in materia di giudizio abbreviato.
  In particolare, il comma 1 riformula il comma 4 del predetto articolo 438, il quale attualmente prevede che sulla richiesta dell'imputato (che il processo sia definito all'udienza preliminare allo stato degli atti) il giudice provvede con ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato. Tale disposizione è integrata dalla previsione che, ove la richiesta dell'imputato avvenga subito dopo il deposito dei risultati delle indagini difensive, il giudice provvede soltanto dopo che sia decorso l'eventuale termine chiesto dal pubblico ministero per lo svolgimento di indagini suppletive; in tale ipotesi, l'imputato può revocare la richiesta di giudizio abbreviato.
  Il comma 2 aggiunge allo stesso articolo 438 un comma finale secondo cui dalla richiesta di giudizio abbreviato in udienza preliminare deriva:
   la sanatoria delle eventuali nullità (escluse quelle assolute) e la non rilevabilità delle inutilizzabilità (salvo quelle derivanti da un divieto probatorio);
   la preclusione a sollevare ogni questione sulla competenza territoriale del giudice.

  Illustra l'articolo 14, il quale modifica la disciplina dell'applicazione della pena su richiesta delle parti (cosiddetto patteggiamento) di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale.
  Il comma 1 modifica in realtà l'articolo 130 del codice di procedura penale (sulla correzione di errori materiali nelle sentenze), inserendovi un comma 1-bis secondo il quale, quando nella sentenza ai sensi dell'articolo 444 si deve correggere soltanto la specie o la quantità della pena a seguito di errore nella determinazione o nel computo, sarà lo stesso giudice che ha emesso la sentenza a provvedere. In caso di impugnazione del provvedimento (con riferimento, evidentemente, all'impugnazione del solo pubblico ministero ai sensi dell'articolo 448, comma 2, del codice di procedura penale, essendo le sentenze di patteggiamento altrimenti inappellabili) alla rettifica provvede la Corte di cassazione ai sensi dell'articolo 619, comma 2 del codice di procedura penale (ovvero senza bisogno di pronunciare annullamento della sentenza).
  Il comma 2 modifica il comma 1 dell'articolo 444 del codice di procedura penale, intervenendo sulla disciplina dell'applicazione della pena su richiesta delle parti. L'ambito di applicazione dell'istituto Pag. 51è ridotto dall'abbassamento da cinque a tre anni del limite di pena detentiva che consente il patteggiamento. Il nuovo limite è coincidente con quello che, ordinariamente, comporta la sospensione dell'ordine di esecuzione per l'applicazione al di fuori del circuito carcerario delle misure alternative alla detenzione.
  In merito rammenta come attualmente l'articolo 444, comma 1, preveda che l'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l'applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria.
  Il comma 3 sopprime il comma 1-bis dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il quale – ove la pena superi due anni, soli o congiunti a pena pecuniaria – esclude dall'applicazione della pena su richiesta i procedimenti per i gravi delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater (delitti con finalità di terrorismo) del codice di procedura penale, i procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600-bis (prostituzione minorile), 600-ter, primo, secondo, terzo e quinto comma (illeciti in materia di pornografia minorile), 600-quater, secondo comma (detenzione di ingenti quantità di materiale pornografico minorile), 600-quater.1 (pornografia virtuale), relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies (turismo sessuale), nonché 609-bis (violenza sessuale), 609-ter (violenza sessuale aggravata), 609-quater (atti sessuali con minorenne) e 609-octies (violenza sessuale di gruppo) del codice penale, nonché quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale.
  Il comma 4 aggiunge allo stesso articolo 444 del codice di procedura penale un comma 1-ter, il quale subordina alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato la richiesta di patteggiamento nei procedimenti per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti dai seguenti articoli del codice penale: 314 (peculato), 317 (concussione), 318 (corruzione per l'esercizio della funzione), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 319-quater (induzione indebita a dare o promettere utilità) e 322-bis (peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri).
  I commi 5, 6 e 7 intervengono sull'articolo 445 del codice di procedura penale, relativo agli effetti dell'applicazione della pena su richiesta, per:
   affermare che la sentenza di patteggiamento non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento né l'applicazione di pene accessorie e di misure di sicurezza, fatta eccezione della confisca penale nei casi previsti dall'articolo 240 del codice penale (ovvero la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto); attualmente, il pagamento di tali spese e l'applicazione delle pene accessorie e delle misure di sicurezza è previsto per le sentenze di patteggiamento che prevedano una pena superiore ai due anni di pena detentiva (soli o congiunti a pena pecuniaria);
   eliminare i limiti all'estinzione del reato previsti dal comma 2 dell'articolo 445, eliminando il riferimento all'irrogazione della pena detentiva non superiore a due anni.

  Il comma 8 aggiunge un comma 2-bis all'articolo 448 del codice di procedura penale, il quale prevede che il ricorso per cassazione da parte del pubblico ministero e dell'imputato contro la sentenza del giudice che accoglie il patteggiamento possa essere presentato soltanto per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato (vizi della volontà), al difetto di Pag. 52correlazione tra richiesta e sentenza, all'erronea qualificazione del fatto e alla illegalità della pena o delle misure di sicurezza applicate.
  Il comma 9 aggiunge inserisce un nuovo articolo 448-bis nel codice di procedura penale che introduce il nuovo istituto processuale della sentenza di condanna su richiesta dell'imputato.
  Al riguardo viene previsto che il solo imputato potrà chiedere personalmente al giudice una condanna a pena specificamente determinata e comunque, tenuto conto delle circostanze e della diminuzione da un terzo alla metà, non superiore a 8 anni.
  La richiesta, che potrà essere avanzata entro specifici limiti temporali del procedimento di primo grado (fino alla chiusura della discussione, in udienza preliminare; fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, nel giudizio), è subordinata all'ammissione del fatto-reato da parte dell'imputato che dovrà chiedere l'immediato interrogatorio. A differenza del patteggiamento, tale istituto prevede una specifica ammissione di responsabilità dell'imputato e costituisce una vera e propria sentenza di condanna.
  Il giudice, dopo l'interrogatorio dell'imputato, se ritiene raggiunta la prova della sua responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio, emette sentenza di condanna, ad esclusione del caso in cui la pena risulti al giudice troppo esigua in relazione ai limiti massimi edittali previsti (8 anni); nella sentenza, il giudice decide anche sulla domanda dell'eventuale parte civile.
  Se la richiesta dell'imputato è, invece, rigettata dal giudice, questi, salvo il caso di proscioglimento, dispone il giudizio immediato.
  Il nuovo articolo 448-bis prevede, tuttavia, esclusioni oggettive dall'ambito di applicazione del nuovo istituto. L'imputato non potrà, quindi, chiedere al giudice la sentenza di condanna in oggetto in relazione a una serie di delitti di particolare gravità ed allarme sociale. Il catalogo dei reati esclusi è lo stesso del vigente comma 1-bis dell'articolo 444 codice di procedura penale, il quale – nel caso in cui la pena superi due anni, soli o congiunti a pena pecuniaria – esclude nei procedimenti per tali reati la possibilità di patteggiamento.
  In relazione ai possibili gravami, il nuovo articolo 448-bis prevede l'inappellabilità per l'imputato della sentenza di condanna da lui stesso richiesta. Al contrario, il pubblico ministero potrà appellare la decisione ma solo ove la sentenza modifichi il titolo del reato inizialmente ascritto all'imputato o escluda l'esistenza di un'aggravante ad effetto speciale o stabilisca una pena di specie diversa da quella ordinaria prevista per il reato.
  Il comma 10 coordina il contenuto dell'articolo 651 codice di procedura penale (relativo all'efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile o amministrativo di danno) con l'introduzione del nuovo istituto relativo alla sentenza di condanna a richiesta dell'imputato.
  Illustra quindi l'articolo 15, il quale modifica l'articolo 493 codice di procedura penale, relativo alle richieste di prove in sede di dibattimento.
  In particolare, la lettera a) sostituisce il comma 1 del predetto articolo 493, ripristinando la distinzione tra pubblico ministero e altre parti in relazione all'esposizione dei fatti e delle prove richieste.
  Infatti, laddove l'attuale formulazione della disposizione prevede che il pubblico ministero, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato nell'ordine indicano i fatti che intendono provare e chiedono l'ammissione delle prove, il nuovo comma 1 ritorna sostanzialmente alla formulazione dei primi due commi dell'articolo 493 anteriore alla legge n. 479 del 1999 (cosiddetta riforma Carotti): oltre a stabilire la priorità (rispetto alle altre parti) dello stesso pubblico ministero nella richiesta di prove al giudice, prevede che egli debba esporre concisamente i fatti oggetto dell'imputazione per consentire al giudice di valutare la rilevanza e la pertinenza delle prove di cui si chiede l'ammissione. Successivamente, Pag. 53le altre parti e l'imputato indicano i fatti che intendono provare e chiedono l'ammissione delle prove.
  La lettera b) modifica invece il comma 4 dell'articolo 493, il quale prevede attualmente che il presidente impedisce ogni divagazione, ripetizione e interruzione e ogni lettura o esposizione del contenuto degli atti compiuti durante le indagini preliminari. In tale sede, è introdotto l'obbligo per il presidente del tribunale (o della corte d'assise) di regolare l'esposizione introduttiva delle parti.
  L'articolo 16 interviene sull'articolo 546 del codice di procedura penale, in relazione al contenuto della sentenza.
  In merito ricorda che, in base al primo comma del predetto articolo 546, la sentenza contiene: a) l'intestazione «in nome del popolo italiano» e l'indicazione dell'autorità che l'ha pronunciata; b) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private; c) l'imputazione; d) l'indicazione delle conclusioni delle parti; e) la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, con l'indicazione delle prove poste a base della decisione stessa e l'enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie; f) il dispositivo, con l'indicazione degli articoli di legge applicati; g) la data e la sottoscrizione del giudice.
  In tale contesto la disposizione sostituisce integralmente la lettera e) del comma 1, prevedendo anche l'indicazione dei risultati acquisiti e dei criteri di valutazione della prova adottati. Il complessivo contenuto degli elementi valutativi di cui alla lettera e) dovrà, inoltre, aver riguardo:
   all'accertamento dei fatti e alle circostanze relative all'imputazione e alla loro qualificazione giuridica;
   alla punibilità e alla determinazione della pena e della misura di sicurezza; alla responsabilità civile da reato;
   all'accertamento dei fatti dai quali dipende l'applicazione di norma processuali.

  Segnala quindi come gli articoli da 17 a 19 modifichino alcuni aspetti della disciplina delle impugnazioni penali.
  In particolare, l'articolo 17, il quale interviene sulla parte del codice di procedura penale che disciplina in generale le impugnazioni, al comma 1 modifica l'articolo 571, comma 1, del codice di procedura penale, per specificare che l'impugnazione può essere proposta personalmente dall'imputato purché non si tratti di ricorso per cassazione. La previsione va letta in combinato con la modifica dell'articolo 613 del codice di procedura penale, operata dall'articolo 19, comma 4, che esclude per il giudizio in cassazione che l'imputato possa presentare personalmente l'atto di ricorso.
  I commi 2 e 3 modificano l'articolo 591 del codice di procedura penale, relativo all'inammissibilità dell'impugnazione, per prevedere che la maggior parte dei vizi che determinano l'inammissibilità siano rilevabili da parte dello stesso giudice che ha pronunciato il provvedimento da impugnare, senza dover attendere l'intervento del giudice di secondo grado. In particolare, il comma 2 inserisce nel predetto articolo 591 un nuovo comma 1-bis, attraverso il quale si affida al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato il compito di dichiarare, con ordinanza, anche d'ufficio, e senza formalità, l'inammissibilità dell'impugnazione in presenza dei seguenti vizi dell'atto:
   difetto di legittimazione all'impugnazione;
   improponibilità del mezzo di impugnazione in quanto il provvedimento non è impugnabile;
   mancata enunciazione dei motivi dell'impugnazione;
   inosservanza delle modalità di presentazione e spedizione dell'atto di impugnazione; – violazione dei termini previsti per l'impugnazione;
   intervenuta rinuncia all'impugnazione.

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  Il comma 3, modificando il comma 2 dell'articolo 591, precisa che, superato il filtro iniziale da parte del giudice a quo, anche il giudice dell'impugnazione può comunque dichiarare l'inammissibilità del gravame, ma solo per i seguenti restanti vizi:
   difetto di interesse a impugnare;
   inosservanza dei requisiti di forma diversi dalla mancata enunciazione dei motivi.

  L'articolo 18 reintroduce nel codice di procedura penale il cosiddetto concordato sui motivi in appello, abrogato nel 2008.
  In particolare, il comma 1 inserisce l'articolo 599-bis del codice di procedura penale, che consente alle parti di concludere un accordo sull'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi d'appello, da sottoporre al giudice d'appello, che deciderà in merito in camera di consiglio. Se l'accordo comporta una rideterminazione della pena, anche tale nuova pena dovrà essere concordata tra le parti (pubblico ministero, imputato e persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria) e sottoposta al giudice.
  In base al comma 3 del nuovo articolo 599-bis, se il giudice decide di non accogliere l'accordo tra le parti che gli viene sottoposto, ordina la citazione a comparire al dibattimento; la richiesta e la rinuncia perdono effetto ma potranno essere riproposte nel dibattimento.
  Diversamente dal testo in vigore fino al 2008, il disegno di legge delimita il campo d'applicazione dell'istituto, escludendolo in relazione ad alcuni reati e quando si procede nei confronti di alcuni imputati. In particolare, il concordato in appello non potrà trovare applicazione se si procede per:
   i reati associativi di grave allarme sociale di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale; i reati con finalità di terrorismo di cui all'articolo 51, comma 3-quater, del codice di procedura penale;
   i reati di sfruttamento sessuale dei minori;
   i reati di violenza sessuale.

  Il concordato in appello non potrà essere proposto neanche se si procede contro un delinquente abituale, professionale o per tendenza.
  Rileva come, con disposizione innovativa, il comma 4 del nuovo articolo 599-bis disponga che il procuratore generale presso la Corte d'appello debba confrontarsi con i pubblici ministeri del suo ufficio e del distretto per poi indicare criteri idonei a orientare la valutazione di tutti i pubblici ministeri del distretto rispetto al concordato sui motivi in appello; tali criteri dovranno essere elaborati tenendo conto della diversa tipologia dei reati e della complessità dei procedimenti penali. La disposizione, peraltro, fa salvo quanto previsto dall'articolo 53 del codice di procedura penale, ovvero l'autonomia del pubblico ministero nell'udienza.
  Il comma 2 interviene sull'articolo 602 del codice di procedura penale, relativo al dibattimento in appello, per ripristinare la previsione sul concordato sui motivi in appello anche in questa fase, introducendo una previsione analoga a quella abrogata nel 2008. Diversamente da quanto previsto prima dell'abrogazione del 2008, però, la modifica esclude anche in questo caso che il concordato possa trovare applicazione a fronte dei reati e degli imputati indicati dall'articolo 599-bis del codice di procedura penale.
  Il comma 3 modifica l'articolo 603 del codice di procedura penale per prevedere la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale anche nel seguente caso:
   l'appello è proposto dal pubblico ministero;
   è appellata una sentenza di proscioglimento;
   l'appello fondato sulle valutazioni di attendibilità della prova dichiarativa;
   l'appello non appare manifestamente infondato.

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  Passa quindi a illustrare l'articolo 19, il quale dispone in ordine ai procedimenti dinanzi alla Corte di cassazione.
  In particolare, il comma 1 interviene sull'articolo 48 del codice di procedura penale, che, nell'ambito della rimessione del processo penale, disciplina la decisione che la Corte di cassazione assume in camera di consiglio e, al comma 6, prevede che in caso di rigetto o inammissibilità della richiesta di rimessione, le parti private che l'hanno richiesta possano essere condannate a pagare una somma da 1.000 a 5.000 euro. In merito, segnala che la modifica prevede che tale somma possa essere aumentata fino al doppio in ragione della causa di inammissibilità del richiesta di rimessione e che, ogni due anni, tali cifre possano essere riviste con decreto ministeriale, tenendo conto dell'andamento dell'inflazione.
  I commi 2 e 3 intervengono sul ricorso per cassazione, modificando l'articolo 610 del codice di procedura penale per gli aspetti relativi all'inammissibilità del ricorso.
  In particolare la modifica prevede:
   che quando il presidente della Corte rileva una causa di inammissibilità del ricorso, trasmettendolo all'apposita sezione, la cancelleria della Corte debba, nell'avviso che invia alle parti relativo alla data dell'udienza, enunciare anche la causa di inammissibilità rilevata con specifico riferimento al contenuto dei motivi di ricorso;
   che, quando l'inammissibilità non sia stata già dichiarata dal giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, alla dichiarazione di inammissibilità possa provvedere la Cassazione senza formalità di procedura;
   che la Cassazione possa, sempre senza formalità, dichiarare l'inammissibilità del ricorso contro la sentenza di patteggiamento e contro la sentenza che accoglie il concordato sui motivi in appello;
   che contro le dichiarazioni di inammissibilità della Corte di cassazione sia proponibile il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, da rivolgere alla stessa Corte, in base all'articolo 625-bis del codice di procedura penale.

  Il comma 4 modifica l'articolo 613 del codice di procedura penale, per escludere che la parte possa provvedere personalmente alla presentazione del ricorso per Cassazione; il ricorso, le memorie e gli eventuali motivi nuovi devono essere sottoscritti sempre da un difensore abilitato al patrocinio in Cassazione.
  I commi 5 e 6 modificano l'articolo 616 del codice di procedura penale per quanto riguarda la condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria in caso di inammissibilità del ricorso. Le modifiche, analogamente a quanto previsto per la richiesta di rimessione del processo, prevedono che la sanzione pecuniaria possa essere aumentata fino al triplo in ragione della causa di inammissibilità del ricorso e che, ogni due anni, tali cifre possano essere riviste con decreto ministeriale, tenendo conto dell'andamento dell'inflazione.
  Il comma 7 modifica l'articolo 618 del codice di procedura penale, il quale oggi prevede, in caso di possibile contrasto giurisprudenziale, che le sezioni della Corte possano rimettere la decisione di un ricorso a loro assegnato alle sezioni unite.
  La modifica conferma questa previsione ma aggiunge due ulteriori commi all'articolo 618, con i quali stabilisce:
   che la rimessione alle sezioni unite può essere effettuata dalle sezioni semplici anche quando queste si trovino a dover decidere di un ricorso eventualmente applicando un principio di diritto già enunciato dalle sezioni unite ma non condiviso dai giudici della sezione competente: la riforma dunque invita le sezioni a rimettere la decisione alle sezioni unite piuttosto che decidere in contrasto con quanto dalle stesse affermato;
   che le sezioni unite possono enunciare il principio di diritto anche d'ufficio, quando il ricorso sia stato dichiarato inammissibile per una causa sopravvenuta.

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  Il comma 8 modifica l'articolo 620 del codice di procedura penale, per specificare in quali casi la Corte di cassazione può procedere all'annullamento della decisione senza rinvio della causa al giudice di merito. In particolare viene sostituita la lettera l) del comma 1, che attualmente prevede che la Cassazione possa trattenere la causa quando «ritiene superfluo il rinvio ovvero può essa medesima procedere alla determinazione della pena o dare i provvedimenti necessari». La modifica specifica che la Corte può procedere autonomamente se non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto e, quanto alla rideterminazione della pena, se può essere effettuata sulla base delle statuizioni del giudice di merito.
  Il comma 9 interviene sul ricorso straordinario per la correzione dell'errore materiale o di fatto contenuto nei provvedimenti pronunciati dalla Corte di cassazione, di cui all'articolo 625-bis del codice di procedura penale. La modifica in particolare, interviene sull'ipotesi di rilevazione d'ufficio, dunque da parte della stessa cassazione, dell'errore, per precisare che:
   la rilevazione dell'errore può essere effettuata senza formalità;
   la Corte può rilevare l'errore entro 90 giorni dalla deliberazione, laddove attualmente, non è posto alcun limite di tempo dall'intervento della Corte; pertanto, ai sensi della nuova previsione la Corte potrà rilevare d'ufficio l'errore nei primi 90 giorni dalla deliberazione, successivamente saranno le parti a poter richiederne la correzione, entro 180 giorni dal deposito del provvedimento.

  Illustra quindi l'articolo 20, comma 1, il quale abroga l'articolo 625-ter del codice di procedura penale, concernente la rescissione del giudicato, introdotto dalla legge n. 67 del 2014, con riferimento alla nuova disciplina concernente gli imputati irreperibili. Rammenta in merito che l'articolo 625-ter stabilisce che spetta alla Corte di Cassazione decidere in ordine alla domanda di rescissione del giudicato presentata dal condannato o sottoposto a misura di sicurezza in via definitiva, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, qualora provi che l'assenza è stata dovuta a una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.
  Il comma 2 inserisce nel Titolo IV del codice di procedura penale, relativo alla revisione, un nuovo articolo 629-bis, il quale riproduce la stessa disciplina della rescissione del giudicato già prevista dall'articolo 625-ter, con una rilevante differenza: analogamente agli altri casi di revisione, spetta alla Corte d'appello territorialmente competente decidere in ordine alla richiesta e, in caso di accoglimento, revocare la sentenza e disporre la trasmissione degli atti al giudice di primo grado.
  Il comma 3 reca la disciplina transitoria, prevedendo che le nuove disposizioni si applicano anche in riferimento ai giudicati già formati al momento dell'entrata in vigore della legge, salvo che sia stata già presentata la richiesta di rescissione.
  L'articolo 21 prevede che i presidenti di Corte di appello, con la relazione sull'amministrazione della giustizia all'inizio di ogni anno giudiziario, debbano riferire dati e valutazioni circa la durata dei giudizi di appello avverso le sentenze di condanna, in relazione al periodo di sospensione del termine di prescrizione di cui al nuovo articolo 159, comma 2, del codice penale, e dati e notizie sull'andamento dei giudizi di appello definiti ai sensi del nuovo articolo 599-bis del codice di procedura penale sul concordato anche con rinuncia ai motivi di appello.
  Segnala quindi come l'articolo 22 modifichi l'articolo 129 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, concernente le informazioni sull'azione penale relativa ai reati ambientali.
  In particolare, viene precisato che, quando esercita l'azione penale per i reati previsti nel codice dell'ambiente ovvero per i reati previsti dal codice penale o da leggi speciali comportanti un pericolo o un pregiudizio per l'ambiente, il pubblico ministero – nell'informare il Ministero dell'ambiente e la Regione nel cui territorio i Pag. 57fatti si sono verificati – deve dare notizia dell'imputazione (anziché indicare, come oggi previsto, la norma di legge che si assumono violate).
  La disposizione sopprime inoltre le disposizioni in base a cui i procedimenti di competenza delle amministrazioni (Ambiente, Salute, Politiche agricole, Regione), che abbiano ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l'autorità giudiziaria, possono essere avviati o proseguiti anche in pendenza del procedimento penale, in conformità alle norme vigenti. È altresì soppressa la disposizione secondo cui, per le infrazioni di maggiore gravità, sanzionate con la revoca di autorizzazioni o con la chiusura di impianti, l'ufficio competente, nei casi di particolare complessità dell'accertamento dei fatti addebitati, può sospendere il procedimento amministrativo fino al termine di quello penale, salva la possibilità di adottare strumenti cautelari.
  Illustra quindi l'articolo 23, il quale riguarda la riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, modificando il decreto legislativo n. 106 del 2006.
  In particolare, al comma 1, tra le funzioni proprie del procuratore della Repubblica – oggi consistenti nell'assicurare il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell'azione penale ed il rispetto delle norme sul giusto processo da parte del suo ufficio – è inserita anche la seguente funzione: assicurare l'osservanza delle disposizioni relative all'iscrizione delle notizie di reato.
  Inoltre, al comma 2, tra le finalità che debbono essere perseguite dal procuratore generale presso la Corte di appello, oltre alla verifica del corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale ed il rispetto delle norme sul giusto processo, nonché il puntuale esercizio da parte dei procuratori della Repubblica dei poteri di direzione, controllo e organizzazione degli uffici ai quali sono preposti, è inserita anche l'osservanza delle disposizioni relative all'iscrizione delle notizie di reato.
  L'articolo 24 delega il Governo a modificare entro un anno, con più decreti legislativi, la disciplina del processo penale e dell'ordinamento penitenziario, secondo i principi e i criteri direttivi previsti dagli articoli 25 e 26.
  L'articolo 25, nell'ambito di tale delega, individua principi e criteri direttivi per la riforma del processo penale in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni e di giudizi di impugnazione.
  Per quanto riguarda le intercettazioni:
   è prevista l'emanazione di disposizioni per garantire la riservatezza delle comunicazioni e conversazioni telefoniche e telematiche oggetto di intercettazione, in conformità all'articolo 15 della Costituzione, attraverso prescrizioni che incidano anche sulle modalità di utilizzazione cautelare dei risultati delle captazioni e che diano una precisa scansione procedimentale all'udienza di selezione del materiale intercettativo, avendo speciale riguardo alla tutela della riservatezza delle comunicazioni e conversazioni delle persone occasionalmente coinvolte nel procedimento, in specie dei difensori nei colloqui con l'assistito, e delle comunicazioni comunque non rilevanti a fini di giustizia penale;
   è prevista la semplificazione delle condizioni per l'impiego delle intercettazioni delle conversazioni e comunicazioni telefoniche e telematiche nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione;
   è prevista la garanzia giurisdizionale per l'acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico, telematico ed informatico, e il potere d'intervento d'urgenza del pubblico ministero.

  Per quanto riguarda le impugnazioni:
   è prevista la ricorribilità per cassazione soltanto per violazione di legge sia della sentenza che conferma la pronuncia di assoluzione di primo grado, individuando i casi in cui possa affermarsi la conformità delle due decisioni di merito, sia delle sentenze emesse in grado di appello nei procedimenti di competenza del giudice di pace;Pag. 58
   è previsto che il Procuratore generale presso la Corte di appello possa appellare soltanto nei casi di avocazione e di acquiescenza del pubblico ministero presso il giudice di primo grado;
   è prevista la legittimazione del pubblico ministero ad appellare avverso la sentenza di condanna solo quando questa abbia modificato il titolo del reato o abbia escluso la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o che stabilisca una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato;
   è prevista la legittimazione dell'imputato ad appellare avverso le sentenze di proscioglimento emesse al termine del dibattimento, salvo che siano pronunciate con le formule: «il fatto non sussiste»; «l'imputato non lo ha commesso»; «il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima»;
   è prevista la proponibilità dell'appello solo per uno o più dei motivi tassativamente previsti, con onere di indicazione specifica, a pena di inammissibilità, delle eventuali prove da assumere in rinnovazione;
   è prevista la titolarità dell'appello incidentale in capo all'imputato, stabilendo limiti di proponibilità;
   è previsto che l'inammissibilità dell'appello venga dichiarata in camera di consiglio con l'intervento del pubblico ministero e dei difensori.

  L'articolo 26 contiene una delega diretta a modificare l'ordinamento penitenziario, secondo una serie di principi e criteri direttivi:
   a) semplificazione delle procedure, anche con la previsione del contraddittorio differito ed eventuale, per le decisioni di competenza del magistrato e del tribunale di sorveglianza, fatta eccezione di quelle relative alla revoca delle misure alternative alla detenzione;
   b) revisione dei presupposti di accesso alle misure alternative, sia con riferimento ai presupposti soggettivi sia con riferimento ai limiti di pena, al fine di facilitare il ricorso alle stesse;
   c) eliminazione di automatismi e preclusioni che impediscono o rendono molto difficile, sia per i recidivi sia per gli autori di determinate categorie di reati, l'individualizzazione del trattamento rieducativo e revisione della disciplina di preclusione ai benefici penitenziari per i condannati alla pena dell'ergastolo;
   d) previsione di attività di giustizia riparativa e delle relative procedure, quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale sia in ambito intramurario che in misura alternativa;
   e) maggiore valorizzazione del lavoro, in ogni sua forma intramuraria ed esterna, quale strumento di responsabilizzazione individuale e di reinserimento sociale dei condannati;
   f) previsione di un più ampio ricorso al volontariato sia all'interno del carcere, sia in collaborazione con gli Uffici di esecuzione penale esterna;
   g) disciplina dell'utilizzo dei collegamenti audiovisivi sia a fini processuali, nel rispetto del diritto di difesa, sia per favorire le relazioni familiari;
   h) riconoscimento del diritto all'affettività delle persone detenute e delle condizioni generali di esercizio di tale diritto;
   i) adeguamento delle norme di ordinamento penitenziario alle esigenze rieducative dei detenuti minori di età.

  Fa quindi presente come l'articolo 27 deleghi il Governo ad adottare norme di attuazione delle disposizioni previste negli articoli 25 e 26, nonché le norme di coordinamento delle stesse con tutte le altre leggi dello Stato, nonché le norme di carattere transitorio.
  L'articolo 28 autorizza il Governo, ad adottare, con la stessa procedura, disposizioni Pag. 59integrative e correttive, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di delega fissati dagli articoli 25 e 26.
  L'articolo 29 reca la clausola di invarianza finanziaria, mentre l'articolo 30 regola l'entrata in vigore del provvedimento.
  Formula quindi fin d'ora una proposta di parere favorevole sul provvedimento.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

Disposizioni in materia di agricoltura sociale.
C. 303-760-903-1019-1020-B.
(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Paolo PETRINI (PD) relatore, rileva come la Commissione sia chiamata nuovamente a esaminare in sede consultiva, ai fini del parere alla XIII Commissione Agricoltura, il testo unificato delle proposte di legge C. 303-B e abbinate, approvato dalla Camera e modificato dal Senato, recante disposizioni in materia di agricoltura sociale, sul quale la Commissione Agricoltura intende chiedere il trasferimento alla sede legislativa.
  Ricorda che il testo unificato si basa sulle proposte di legge C. 303 Fiorio, C. 760 Russo, C. 903 Bordo, C. 1019 Zaccagnini e C. 1020 Schullian.
  Rammenta inoltre che la Commissione Finanze ha già espresso il proprio parere sul provvedimento nella seduta del 2 luglio 2104, nel corso dell'esame in prima lettura alla Camera.
  Per quanto riguarda il contenuto del provvedimento, come modificato nel corso dell'esame al Senato, l'articolo 1 individua le finalità dell'intervento legislativo, che intende promuovere l'agricoltura sociale, nel rispetto del principio costituzionale (di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione) secondo cui lo Stato ha legislazione esclusiva sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale, nonché delle competenze regionali.
  Segnala come l'articolo 2, modificato dal Senato, al comma 1 comprenda nella definizione di agricoltura sociale le attività esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, in forma singola o associata, e dalle cooperative sociali, dirette a realizzare:
   a) l'inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e di lavoratori svantaggiati, di persone svantaggiate e di minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale;
   b) le prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l'utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell'agricoltura;
   c) le prestazioni e servizi terapeutici che affiancano e supportano le terapie della medicina tradizionale, anche attraverso l'ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante;
   d) i progetti finalizzati all'educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l'organizzazione di fattorie sociali e didattiche, quali iniziative di accoglienza e soggiorno dei bambini e delle persone in difficoltà sociale, fisica e psichica.

  Il comma 3 specifica che attività di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, esercitate dall'imprenditore agricolo, costituiscono attività connesse a quelle agricole ai sensi del terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile.
  Al riguardo ricorda, per quanto attiene ai profili di interesse della Commissione Finanze, come la riconduzione delle citate attività di agricoltura sociale nell'ambito delle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile possa avere ricadute anche sul regime tributario dei soggetti che le esercitano. Pag. 60
  In particolare, ai fini IRPEF gli articoli da 32 a 34 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 recano la specifica disciplina del reddito agrario, la quale si applica, ai sensi dell'articolo 32, comma 1, lettera c), del TUIR, anche alle attività agrarie connesse, di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, ma limitatamente a quelle dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali. Sono pertanto escluse dal novero del predetto 32, comma 1, lettera c), del TUIR le altre attività connesse indicate dal terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, cioè le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità.
  Il regime del reddito agrario prevede, in estrema sintesi, che il reddito sia determinato, in base all'articolo 34 del TUIR, mediante l'applicazione di tariffe d'estimo.
  Inoltre l'articolo 56-bis del TUIR stabilisce, al comma 3, che, per le attività agrarie connesse dirette alla fornitura di servizi, di cui al già citato terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, il reddito è determinato applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 25 per cento.
  Ai fini IRAP i produttori agricoli titolari di reddito agrario di cui all'articolo 32 del TUIR con volume d'affari superiore a 7.000 euro annui assoggettati all'imposta sono inoltre destinatari (salva opzione contraria) della specifica disciplina di determinazione del valore della produzione netta stabilita dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 446 del 1997, ai sensi del quale la base imponibile dell'imposta è determinata dalla differenza tra l'ammontare degli corrispettivi e l'ammontare degli acquisti destinati alla produzione, in deroga alla regola generale (di cui all'articolo 5 del medesimo decreto legislativo n. 446), secondo cui essa è determinata (in sintesi) dalla differenza tra il valore e i costi della produzione. Inoltre il comma 1.1 dell'articolo 11 prevede che le deduzioni forfetarie dalla base imponibile previste per ogni lavoratore impiegato a tempo indeterminato e le deduzioni degli oneri contributivi relativi al personale previste dallo stesso articolo 11 si applicano, per i produttori agricoli, nella misura del 50 per cento degli importi ivi previsti, anche per ogni lavoratore agricolo dipendente a tempo determinato impiegato nel periodo di imposta purché abbia lavorato almeno 150 giornate e il contratto abbia almeno una durata triennale.
  Ricorda inoltre che, per quanto riguarda l'IVA, l'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 reca un regime speciale per i produttori agricoli, cioè per i soggetti che esercitano le attività indicate nel già citato articolo 2135 del codice civile, salva opzione del contribuente per l'applicazione del regime ordinario. In sintesi, segnala che, ai sensi del comma 1 del predetto articolo 34, per le cessioni di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte della tabella A) allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 effettuate dai produttori agricoli, la detrazione, dall'imposta dovuta dal soggetto passivo sulle operazioni effettuate, dell'imposta assolta o addebitata dal medesimo soggetto passivo sugli acquisti da lui effettuati nell'esercizio di impresa, arte o professione, è calcolata in maniera forfettaria, in misura pari all'importo risultante dall'applicazione, all'ammontare imponibile delle operazioni stesse, delle percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole.
  Inoltre, ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 34, i produttori agricoli Pag. 61che nell'anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d'affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti di cui al comma 1, sono esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale, fermo restando l'obbligo di numerare e conservare le fatture e le bollette doganali.
  In merito segnala come, nel parere favorevole espresso dalla VI Commissione nel corso dell'esame in prima lettura, erano state formulate due osservazioni riferite entrambe al comma 3, che non sono state recepite nel successivo iter del provvedimento.
  Ricorda che le predette osservazioni segnalavano, da un lato, l'opportunità di specificare se tale disposizione renda applicabile alle predette attività il regime IRPEF del reddito agrario di cui agli articoli da 32 a 34 del TUIR, nonché le previsioni di cui all'articolo 56-bis, comma 3, del medesimo TUIR, in materia di determinazione del reddito mediante applicazione di un coefficiente di redditività del 25 per cento.
  Inoltre rammenta che veniva segnalata l'opportunità di specificare se la disposizione del predetto comma 3 dell'articolo 2 renda applicabile alle predette attività di agricoltura sociale la specifica disciplina di determinazione del valore della produzione netta stabilita, ai fini IRAP, dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 446 del 1997 per i produttori agricoli titolari di reddito agrario di cui all'articolo 32 del TUIR con volume d'affari superiore a 7.000 euro annui, assoggettati alla citata imposta.
  Il comma 4 stabilisce che le attività di cui al comma 1 possono essere esercitate anche dalle cooperative sociali, il cui fatturato derivante dall'esercizio delle attività agricole svolte sia prevalente; nel caso in cui il suddetto fatturato sia superiore al 30 per cento, le medesime cooperative sociali sono considerate operatori dell'agricoltura sociale, ai fini della legge, in misura corrispondente al fatturato agricolo.
  Il comma 5 prevede altresì che le attività indicate dal comma 1 possano essere svolte in associazione con le cooperative sociali, con le imprese sociali, con le associazioni di promozione sociale, nonché con organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni e enti di patronato, ferme restando la disciplina e le agevolazioni applicabili a ciascuno dei soggetti richiamati in base alla normativa vigente.
  Ai sensi del comma 6 le predette attività sono realizzate, ove previsto dalla normativa di settore, in collaborazione con i servizi socio-sanitari e con gli enti pubblici competenti per territorio, secondo piani territoriali di sostegno e di promozione all'agricoltura sociale che gli enti pubblici competenti per territorio e i distretti socio-sanitari sono tenuti a predisporre, al fine di favorire processi di aggregazione tra imprese, produttori agricoli e istituzioni locali.
  L'articolo 3 disciplina le modalità di riconoscimento degli operatori dell'agricoltura sociale, prevedendo, al comma 1, che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, adeguino, se necessario, le proprie disposizioni al fine di consentire il riconoscimento di tali operatori presso gli enti preposti alla gestione dei servizi e delle prestazioni sociali e che le imprese riconosciute siano iscritte in un elenco ufficiale costituito a livello regionale. In tale ambito le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono chiamate a regolare il riconoscimento provvisorio degli operatori che alla data di entrata in vigore della legge già svolgono attività di agricoltura sociale da almeno due anni, fissando un termine non inferiore ad un anno per l'adeguamento di tali operatori ai requisiti previsti dalla normativa vigente.
  L'articolo 4 consente agli operatori dell'agricoltura sociale di costituire organizzazioni di produttori (OP) di cui al decreto legislativo n. 102 del 2005, per i prodotti dell'agricoltura sociale.Pag. 62
  L'articolo 5 reca disposizioni relative ai locali per l'esercizio delle attività di agricoltura sociale.
  In tale ambito segnala, in quanto rilevante per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, il comma 1, modificato durante l'esame al Senato, il quale specifica che i fabbricati o le porzioni di fabbricati rurali destinati dagli imprenditori agricoli all'esercizio delle attività di cui all'articolo 2 mantengono il riconoscimento della ruralità a tutti gli effetti. In tale ambito il Senato ha specificato che la previsione si riferisce ai fabbricati o alle porzioni di fabbricati rurali già esistenti nel fondo.
  A tale proposito segnala come il riconoscimento del carattere di ruralità di tali immobili comporti effetti anche sul piano dell'imposizione locale immobiliare, in particolare per quanto riguarda l'assoggettamento di tali immobili all'IMU e alla TASI.
  In particolare rammenta che dal 2014 i fabbricati rurali ad uso abitativo scontano IMU e TASI secondo le ordinarie modalità di legge (dunque anche, ove ricorrano le condizioni di legge, secondo le disposizioni previste per l'abitazione principale).
  L'aliquota massima complessiva dell'IMU e della TASI non può superare i limiti prefissati per la sola IMU al 31 dicembre 2013, vale a dire il 10,6 per mille (in caso di aliquota ordinaria ovvero la minore aliquota prevista per le specifiche tipologie di immobili). Per il 2014, l'aliquota massima della TASI relativa all'abitazione principale non può eccedere il 2,5 per mille.
  Ricorda che il decreto-legge n. 16 del 2014 attribuisce ai comuni la possibilità di elevare l'aliquota massima TASI di un ulteriore 0,8 per mille (rispetto all'attuale 2,5). La facoltà di aumentare l'aliquota è condizionata al finanziamento di detrazioni d'imposta sulle abitazioni principali che generino effetti equivalenti alle detrazioni IMU. Le nuove aliquote massime per la TASI sull'abitazione principale potranno essere, quindi, pari a 3,3 per mille. Tale limite riguarda il solo anno 2014, non avendo il legislatore introdotto analoga previsione per gli anni successivi. Per le altre tipologie di immobili, per cui l'aliquota massima fissata al 31 dicembre 2013 per l'IMU era 10,6 per mille, tale limite viene ora innalzato all'11,4 per mille.
  Con riferimento al 2013, il decreto – legge n. 102 del 2013 ha abolito per il medesimo l'anno 2013 la prima rata dell'IMU su abitazioni principali, terreni agricoli e fabbricati rurali, mentre il decreto – legge n. 133 del 2013 ha esentato dal pagamento della seconda rata dell'IMU 2013 le seguenti categorie di immobili: abitazioni principali e assimilati; casa coniugale assegnata al coniuge; immobili del personale in servizio permanente delle Forze armate; terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali; fabbricati rurali ad uso strumentale.
  Per quel che attiene invece ai fabbricati rurali strumentali essi sono esenti da IMU dal 2014, per effetto di quanto previsto dall'articolo 1, comma 708, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013).
  Dallo stesso anno 2014 i medesimi fabbricati sono assoggettati a TASI, con un'aliquota che non può superare l'1 per mille.
  Al riguardo il Ministero dell'economia e delle finanze ha chiarito che non è possibile in alcun caso aumentare l'aliquota TASI da applicare ai fabbricati rurali ad uso strumentale, pari all'1 per mille, né è possibile applicare la maggiorazione dello 0,8 per mille.
  Sono considerati fabbricati strumentali quelli diretti alla manipolazione, trasformazione e vendita dei prodotti agricoli.
  Gli effetti finanziari dell'esenzione IMU in favore dei fabbricati rurali ad uso strumentale sono stimati dal Governo in 64 milioni di euro annui. Tale gettito dovrebbe corrispondere ad un'aliquota ordinaria dello 0,2 per cento. Rammenta che la stima del relativo gettito TASI (introdotta dalla legge di stabilità 2014) è stata effettuata, come affermato dalla relazione tecnica, applicando l'aliquota ordinaria TASI (1 per mille) alla base imponibile IMU. Pertanto, fa presente come si possa Pag. 63ritenere che il gettito ad aliquota ordinaria TASI dovrebbe essere stimato in misura pari a 32 milioni di euro annui.
  L'articolo 9, comma 8 del decreto legislativo n. 23 del 2011 (cosiddetto federalismo municipale) ha esentato dall'IMU i fabbricati rurali a uso strumentale nei comuni classificati montani o parzialmente montani, di cui all'elenco predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Per il medesimo anno 2012 sono state previste deroghe alle ordinarie modalità di versamento dell'IMU dovuta sui fabbricati rurali ad uso strumentale.
  Per quanto riguarda gli anni 2012 e 2013, nel 2012 i fabbricati rurali hanno scontato l'IMU con aliquota ridotta allo 0,2 per cento, con facoltà dei comuni di diminuirla ulteriormente fino allo 0,1 per cento (comma 8 dell'articolo 13 del decreto – legge n. 201 del 2011).
  Per l'anno 2013, i fabbricati rurali strumentali sono stati esentati dal pagamento dell'IMU (per effetto del decreto-legge n. 102 del 2012 e del decreto-legge n. 133 del 2012), fatta salva la cosiddetta «mini IMU».
  Rammenta che, per quanto attiene ai criteri attualmente vigenti per il riconoscimento del carattere di ruralità dei fabbricati, tale disciplina è sostanzialmente dettata dall'articolo 9 del decreto – legge n. 557 del 1993.
  In particolare, per quanto riguarda i fabbricati o porzioni di fabbricati destinati ad edilizia abitativa il comma 3 del citato articolo 9 indica che ai fini del riconoscimento della ruralità di tali immobili agli effetti fiscali, essi devono soddisfare le seguenti condizioni:
   a) il fabbricato deve essere utilizzato quale abitazione:
    1) dal soggetto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sul terreno per esigenze connesse all'attività agricola svolta;
    2) dall'affittuario del terreno stesso o dal soggetto che con altro titolo idoneo conduce il terreno a cui l'immobile è asservito;
    3) dai familiari conviventi a carico dei soggetti di cui ai numeri 1) e 2) risultanti dalle certificazioni anagrafiche; da coadiuvanti iscritti come tali a fini previdenziali;
    4) da soggetti titolari di trattamenti pensionistici corrisposti a seguito di attività svolta in agricoltura;
    5) da uno dei soci o amministratori delle società agricole, aventi la qualifica di imprenditore agricolo professionale;
   a-bis) i soggetti di cui ai numeri 1), 2) e 5) della lettera a) devono rivestire la qualifica di imprenditore agricolo ed essere iscritti nel registro delle imprese;
   c) il terreno cui il fabbricato è asservito deve avere superficie non inferiore a 10.000 metri quadrati ed essere censito al catasto terreni con attribuzione di reddito agrario. Qualora sul terreno siano praticate colture specializzate in serra o la funghicoltura o altra coltura intensiva, ovvero il terreno è ubicato in comune considerato montano il suddetto limite viene ridotto a 3.000 metri quadrati;
   d) il volume di affari derivante da attività agricole del soggetto che conduce il fondo deve risultare superiore alla metà del suo reddito complessivo, determinato senza far confluire in esso i trattamenti pensionistici corrisposti a seguito di attività svolta in agricoltura. Se il terreno è ubicato in comune considerato montano, il volume di affari derivante da attività agricole del soggetto che conduce il fondo deve risultare superiore ad un quarto del suo reddito complessivo, determinato secondo la disposizione del periodo precedente;
   e) i fabbricati ad uso abitativo, che hanno le caratteristiche delle unità immobiliari urbane appartenenti alle categorie A/1 ed A/8, ovvero le caratteristiche di lusso, non possono comunque essere riconosciuti rurali.

  Per quanto attiene invece alle costruzioni strumentali il comma 3-bis del citato articolo 9 prevede che deve riconoscersi loro carattere di ruralità a fini fiscale se Pag. 64sono necessarie allo svolgimento dell'attività agricola di cui all'articolo 2135 del codice civile e sono in particolare destinate:
   a) alla protezione delle piante;
   b) alla conservazione dei prodotti agricoli;
   c) alla custodia delle macchine agricole, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione e l'allevamento;
   d) all'allevamento e al ricovero degli animali;
   e) all'agriturismo, in conformità a quanto previsto dalla legge n. 96 del 2006;
   f) ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricole nell'azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento, assunti in conformità alla normativa vigente in materia di collocamento;
   g) alle persone addette all'attività di alpeggio in zona di montagna;
   h) ad uso di ufficio dell'azienda agricola;
   i) alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative e loro consorzi;
   l) all'esercizio dell'attività agricola in maso chiuso.

  Il comma 2 prevede che le regioni e le province autonome promuovano prioritariamente il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso degli imprenditori agricoli ai fini dell'esercizio di attività di agricoltura sociale.
  Illustra quindi l'articolo 6, il quale prevede ulteriori misure di sostegno.
  In particolare, ai sensi del comma 1 le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere possono prevedere, nelle gare concernenti i relativi servizi di fornitura, criteri di priorità per l'inserimento di prodotti agroalimentari provenienti da operatori dell'agricoltura sociale.
  In base al comma 2 i comuni sono chiamati a definire modalità idonee di presenza e di valorizzazione dei prodotti provenienti dall'agricoltura sociale nelle aree pubbliche ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo n. 114 del 1998, che disciplina appunto il commercio su aree pubbliche.
  In tale ambito segnala, in quanto attinente agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, il comma 3, il quale stabilisce che nelle operazioni di alienazione e locazione dei terreni demaniali agricoli e di quelli appartenenti agli enti pubblici territoriali e non territoriali, previste dall'articolo 66 del decreto-legge n. 1 del 2012, devono essere previsti criteri di priorità per favorire l'insediamento e lo sviluppo delle attività di agricoltura sociale, anche utilizzando i beni e i terreni confiscati ai sensi del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.
  Al riguardo ricorda che il citato articolo 66 del decreto-legge n. 1 del 2012 prevede che entro il 30 giugno di ogni anno, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, anche sulla base dei dati forniti dall'Agenzia del demanio, nonché su segnalazione dei soggetti interessati, sono individuati i terreni agricoli e a vocazione agricola, non utilizzabili per altre finalità istituzionali, di proprietà dello Stato, nonché di proprietà degli enti pubblici nazionali, da locare o alienare a cura dell'Agenzia del demanio. Tale alienazione o locazione avviene mediante procedura negoziata senza pubblicazione del bando, per gli immobili di valore inferiore a 100.000 euro, e mediante asta pubblica per quelli di valore pari o superiore a 100.000 euro. L'individuazione del bene ne determina il trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato.
  In connessione con il comma 3, il comma 4 integra l'articolo 48, comma 3, lettera c), del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nel senso di Pag. 65prevedere che i beni immobili confiscati alle organizzazioni mafiose e trasferiti agli enti locali possono essere assegnati in concessione a titolo gratuito dai medesimi enti locali anche agli operatori dell'agricoltura sociale riconosciuti ai sensi delle disposizioni vigenti.
  Il comma 6 prevede che le regioni, nella predisposizione dei piani regionali di sviluppo rurale, possano promuovere la realizzazione di programmi finalizzati allo sviluppo della multifunzionalità delle imprese agricole, basati su pratiche di progettazione integrata territoriale e di sviluppo dell'agricoltura sociale.
  Segnala quindi l'articolo 7, comma 1, che istituisce presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali l'Osservatorio sull'agricoltura sociale, al quale sono attribuiti i compiti di:
   a) definire linee guida per l'attività delle istituzioni pubbliche in materia di agricoltura sociale, con particolare riferimento a criteri omogenei per il riconoscimento delle imprese e per il monitoraggio e la valutazione delle attività di agricoltura sociale, alla semplificazione delle procedure amministrative, alla proposizione di strumenti di assistenza tecnica, di formazione e di sostegno alle imprese, alla definizione di percorsi formativi riconosciuti;
   b) monitorare ed elaborare le informazioni sulla presenza e sullo sviluppo delle attività di agricoltura sociale nel territorio nazionale;
   c) raccogliere e valutare le ricerche concernenti l'efficacia delle pratiche di agricoltura sociale;
   d) proporre iniziative finalizzate al coordinamento e alla migliore integrazione dell'agricoltura sociale nelle politiche di coesione e di sviluppo rurale;
   e) proporre azioni di comunicazione e animazione territoriale finalizzate al supporto delle iniziative delle regioni e degli enti locali.

  Il comma 3 prevede che dell'Osservatorio facciano parte 20 componenti, di cui:
   a) cinque rappresentanti delle amministrazioni dello Stato, nominati rispettivamente dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dal Ministro della salute e dal Ministro della giustizia;
   b) cinque rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;
   c) due rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale;
   d) due rappresentanti delle reti nazionali di agricoltura sociale;
   e) due rappresentanti delle organizzazioni del terzo settore maggiormente rappresentative a livello nazionale, individuati nell'ambito degli operatori già attivi nel territorio nel settore dell'agricoltura sociale;
   f) due rappresentanti delle associazioni di promozione sociale con riferimenti statutari all'ambito agricolo;
   g) due rappresentanti delle organizzazioni maggiormente rappresentative della cooperazione.

  Formula quindi fin d'ora una proposta di parere favorevole sul provvedimento.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame a una seduta da convocare nella giornata di domani.

Sui lavori della Commissione.

  Sebastiano BARBANTI (Misto-AL) sottopone all'attenzione della Presidenza la sua risoluzione n. 7-00728, della quale chiede l'inserimento all'ordine del giorno dei lavori della Commissione. Evidenzia, infatti, la rilevanza di tale atto di indirizzo, il quale intende impegnare il Governo ad adottare iniziative per evitare che l'azione di supplenza posta in essere dai Pag. 66comuni nell'attività di programmazione e controllo del gioco legale, in attesa che vengano emanati gli atti normativi mancanti, vengano poste nel nulla, con grave danno per la cittadinanza, in particolare per le persone afflitte da ludopatie.

  Ferdinando ALBERTI (M5S) chiede l'inserimento all'ordine del giorno della Commissione della risoluzione n. 7-00720, presentata dal suo gruppo, la quale impegna l'Esecutivo ad assumere le iniziative necessarie per assicurare che, a decorrere dall'anno 2015 e in via permanente, il termine di scadenza per la presentazione del modello 770 sia fissato al 30 novembre di ciascun anno e che con tale modello debbano essere trasmessi esclusivamente i dati non ancora in possesso della pubblica amministrazione.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nel prendere atto delle esigenze prospettate dai deputati Barbanti e Alberti, esprime la propria disponibilità a valutare l'inserimento dei richiamati atti di indirizzo all'ordine del giorno della Commissione, preannunciando a tal fine la prossima convocazione dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, per definire l'organizzazione dei lavori della Commissione stessa.

  La seduta termina alle 14.15.