CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 14 luglio 2015
481.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Martedì 14 luglio 2015. — Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE.

  La seduta comincia alle 14.05.

DL 83/2015: Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria.
C. 3201 Governo.
(Parere alla II Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Paolo PETRINI (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini dell'espressione del parere alla II Commissione Giustizia, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, il disegno di legge C. 3201, di conversione del decreto-legge n. 83 del 2015, recante misure urgenti in materia fallimentari, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione finanziaria.
  Per quanto riguarda il contenuto del decreto-legge, che si compone di 24 articoli, suddivisi in 5 titoli, nel rilevare innanzitutto la grande importanza del provvedimento, fa presente come attengano in primo luogo ai profili di competenza della Commissione Finanze gli articoli 16 e 17.
  L'articolo 16 modifica la disciplina fiscale delle svalutazioni e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese di assicurazione ai fini delle imposte dirette, in particolare consentendone la deducibilità in un unico esercizio (rispetto ai precedenti 5 anni) e apportando una specifica disciplina transitoria ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP.
  I commi da 1 a 5 recano la nuova disciplina delle perdite sui crediti valida ai fini delle imposte sul reddito.
  In dettaglio, segnala il comma 1, il quale modifica il comma 3 dell'articolo 106 del Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986).
  Ricorda al riguardo che i termini di deducibilità di perdite e svalutazioni sono stati oggetti di una progressiva modifica Pag. 133nel corso del tempo, volta a consentire una più rapida deduzione delle poste negative.
  In un primo momento, per effetto di quanto disposto dall'articolo 82, comma 11, del decreto-legge n. 112 del 2008, per gli enti creditizi e finanziari le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, derivanti da operazioni di erogazione del credito alla clientela (compresi i crediti finanziari concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attività ad esse collegate) erano deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,30 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato dell'ammontare delle svalutazioni dell'esercizio; l'ammontare complessivo delle svalutazioni oltre lo 0,30 per cento era deducibile in quote costanti nei diciotto esercizi successivi.
  Con le modifiche apportate dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 160, della legge n. 147 del 2013) tale regime è stato modificato al fine di eliminare il predetto limite dello 0,30 e abbassare da diciotto a cinque esercizi (quello in cui sono contabilizzate e nei quattro successivi) il periodo per la deduzione delle poste negative. A tale regime sono state sottratte le perdite su crediti realizzate mediante cessione a titolo oneroso, deducibili integralmente nell'esercizio in cui sono rilevate in bilancio. Precisa, inoltre, che le svalutazioni e le perdite deducibili in quinti si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio.
  Per effetto del nuovo regime recato dal comma 1 dell'articolo 16:
   le partite negative sono rese integralmente deducibili nell'esercizio in cui sono rilevate in bilancio, eliminando dunque l'obbligo di distribuzione su cinque esercizi;
   la nuova disciplina della deducibilità per gli enti creditizi e finanziari si applica non solo alle svalutazioni e alle perdite su crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo, come previsto dalla disciplina previgente, bensì anche alle perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso;
   ai fini del calcolo della deducibilità, le svalutazioni e le perdite diverse da quelle realizzate mediante cessione a titolo oneroso si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio (tale metodologia di calcolo era prima applicata alle svalutazioni e alle perdite deducibili in quinti).

  Il comma 2 chiarisce che la nuova disciplina recata dal comma 1 si applica dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2015.
  In merito la relazione illustrativa del disegno di legge chiarisce che le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche alle imprese di assicurazione per i crediti vantati verso gli assicurati, in base alla previsione di cui all'articolo 16, comma 9, del decreto legislativo n. 173 del 1997, in materia di conti annuali e consolidati delle imprese di assicurazione, il quale esplicitamente prevede l'applicazione alle svalutazioni dei crediti nei confronti degli assicurati delle previsioni di cui all'articolo 106, comma 3 (prima della riforma del 2004 articolo 71), del TUIR.
  I commi da 3 a 5 contengono la disciplina transitoria per il primo periodo di applicazione della misura.
  In primo luogo, il comma 3 sancisce che, per il primo periodo di applicazione, le svalutazioni e le perdite, diverse dalle perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso, siano deducibili nei limiti del 75 del loro ammontare.
  Ai sensi del comma 4 il restante 25 per cento delle predette svalutazioni e perdite, così come le rettifiche e riprese di valore nette, iscritte in bilancio fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2014, non ancora dedotte ai sensi del previgente comma 3 dell'articolo 106 (che prevedeva l'obbligo di ripartire la deduzione su cinque anni), sono deducibili in dieci anni nelle seguenti misure:
   per il 5 per cento del loro ammontare nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016;
   per l'8 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017;Pag. 134
   per il 10 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018;
   per il 12 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2024;
   per il 5 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2025.

  Il comma 5 mantiene immutata la determinazione dell'acconto sull'IRES dovuta per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2015 e per i due periodi d'imposta successivi, senza tenere dunque delle modifiche operate dai commi da 1 a 4.
  I commi da 6 a 10 recano le correlate modifiche al regime IRAP.
  In particolare, la lettera a) del comma 6 sostituisce l'articolo 6, comma 1, lettera c-bis) del decreto legislativo n. 446 del 1997, al fine di chiarire che per le banche e gli altri enti finanziari, nella base imponibile sono computate le rettifiche e riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, se riconducibili ai crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo, senza la necessità di distribuirle, in quote costanti, nell'esercizio in cui sono contabilizzate e nei quattro successivi, come invece previsto dalla normativa previgente.
  Analoga misura è disposta dalla lettera b) del comma 6 per le imprese di assicurazione, mediante una modifica all'articolo 7, comma 1, lettera b-bis), del citato decreto legislativo n. 446 del 1997. Per le imprese di assicurazione, dunque, saranno computate nella base imponibile IRAP le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili a crediti nei confronti di assicurati iscritti in bilancio a tale titolo, senza l'obbligo, previsto in precedenza, di ripartire tali poste su cinque esercizi.
  Il comma 7 sancisce, analogamente a quanto previsto a fini IRES, che le nuove norme IRAP in materia di perdite si applicano dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015.
  I commi da 8 a 10 recano la disciplina transitoria per l'applicazione della nuova disciplina di cui ai commi 6 e 7, con una disposizione che riprende quanto previsto dalle norme appena illustrate in materia di imposte sui redditi.
  In particolare il comma 8 stabilisce che per il primo periodo di applicazione le rettifiche, le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette sono deducibili nei limiti del 75 per cento del loro ammontare.
  L'eccedenza (25 per cento), insieme alle rettifiche e riprese di valore nette iscritte in bilancio dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013 e non ancora dedotte ai sensi della previgente disciplina, sono deducibili in dieci anni con le seguenti modalità:
   per il 5 per cento del loro ammontare nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016;
   per l'8 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017;
   per il 10 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018;
   per il 12 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2024;
   per il 5 per cento nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2025.

  Il comma 10 chiarisce che ai fini dell'acconto IRAP dovuto per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2015 e per i due periodi d'imposta successivi, non si tiene conto delle modifiche operate dai commi da 6 a 9.
  In merito agli effetti finanziari dell'articolo 16, il comma 11 stima che la disposizione determini maggiori entrate pari a 137 milioni di euro per il 2016, in 107 milioni di euro per il 2017, in 505 milioni di euro per il 2018, in 130 milioni di euro per il 2020, in 451 milioni di euro per il 2021, in 360 milioni di euro per il 2022, in 245 milioni di euro per il 2023, in 230 milioni di euro per il 2024 e in 189 milioni di euro annui a decorrere dal 2025. Pag. 135
  La disposizione stabilisce che le predette maggiori entrate confluiscono nel Fondo per far fronte a esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge 190 del 2014).
  Il comma 12 modifica il richiamato comma 200 della legge di stabilità al fine di stabilire che detto Fondo sia ripartito annualmente con più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri – in luogo di un solo decreto – su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.
  L'articolo 17 blocca parzialmente l'applicazione delle disposizioni sui Deferred Tax Assets – DTA, che consentono di qualificare come crediti d'imposta le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio; in particolare, viene previsto che esse non trovino applicazione per le attività per imposte anticipate, relative al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, iscritte per la prima volta a partire dai bilanci relativi all'esercizio in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge.
  In sostanza, in forza della disposizione le norme in tema di trasformazione di DTA in crediti d'imposta non sono più applicabili per le attività relative al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, mentre le altre ipotesi di trasformazione in crediti di imposta delle DTA continuano a trovare applicazione secondo le regole ordinarie.
  Al riguardo la relazione tecnica allegata al disegno di legge, prudenzialmente non ascrive effetti finanziari di maggior gettito alla norma, che pure potrebbero verificarsi.
  Ricorda che l'articolo 2, commi 55 e seguenti, del decreto-legge n. 225 del 2010 prevede alcune fattispecie di trasformazione delle imposte anticipate (o imposte differite attive o DTA) in crediti d'imposta.
  La prima fattispecie è prevista dal comma 55 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 225, ai sensi del quale le imposte differite attive che possono essere trasformate in credito verso l'Erario sono quelle che si originano dal differimento della deduzione dei componenti negativi relativi:
   alla svalutazione dei crediti degli enti finanziari e creditizi, nonché alle perdite su crediti, non ancora dedotte ai fini delle imposte sui redditi;
   alle rettifiche di valore nette per deterioramento dei crediti, non ancora dedotte dalla base imponibile IRAP;
   al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d'imposta ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP (in merito ricorda che la risoluzione n. 94/E del 2011 l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che tale previsione può essere applicata anche dalle società che svolgono attività diverse da quella bancaria, limitatamente alla sola fattispecie relativa al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, ossia alle fattispecie la cui applicazione viene bloccata dalla norma dell'articolo 17).

  La trasformazione è possibile solo qualora nel bilancio individuale della società sia rilevata una perdita d'esercizio.
  Il comma 56 dell'articolo 2 del richiamato decreto-legge n. 225 ha fissato la decorrenza della predetta trasformazione dalla data di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea dei soci o dell'organo competente per legge (anche nel caso di patologia dell'andamento aziendale), operando per un importo pari al prodotto – da effettuarsi sulla base dei dati del medesimo bilancio approvato – tra: la perdita d'esercizio e il rapporto fra le attività per imposte anticipate e la somma del capitale sociale e delle riserve.
  La seconda fattispecie di trasformazione di imposte anticipate in crediti d'imposta è prevista dal comma 56-bis dell'articolo 2 del decreto-legge n. 225, il quale prevede la trasformazione in crediti d'imposta delle DTA da perdite fiscali, per la quota di queste dovuta alla deduzione dei componenti negativi di reddito di cui al comma 55. La trasformazione riguarda le DTA da perdite fiscali «generate» dai Pag. 136componenti negativi di reddito di cui al comma 55 per l'intero ammontare delle stesse che trova capienza nella perdita fiscale dell'esercizio. La trasformazione decorre dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui viene rilevata la perdita fiscale di cui al comma in esame. La trasformazione di una parte delle DTA in credito d'imposta comporta che l'ammontare della perdita fiscale dell'esercizio computabile in diminuzione del reddito imponibile nei periodi d'imposta successivi va depurato della quota di perdita fiscale che ha dato luogo alle DTA trasformate in crediti d'imposta.
  La terza fattispecie (introdotta dalla legge di Stabilità 2014) è regolata dal comma 56-bis.1 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 225 e riguarda le DTA generate dalle componenti negative IRAP: si possono di trasformare in crediti d'imposta – in caso di base imponibile IRAP, ovvero valore della produzione netta, negativa – la quota delle attività per imposte anticipate di cui al comma 55, riferita ai componenti negativi di cui al medesimo comma (perdite e svalutazioni; rettifiche di valore per deterioramento) che hanno concorso alla formazione del valore della produzione netta negativo. La trasformazione decorre dalla data di presentazione della dichiarazione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive in cui viene rilevato il valore della produzione netta negativo di cui al presente comma.
  La fattispecie di cui al comma 56-bis.1 è applicabile ai bilanci di liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all'amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d'Italia.
  La quarta fattispecie di trasformazione di imposte anticipate in crediti d'imposta è prevista dal comma 56-ter dell'articolo 2 del decreto-legge n. 225, ai sensi del quale la disciplina si applica anche ai bilanci di liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all'amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d'Italia.
  Il comma 57 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 225 chiarisce che il credito d'imposta non è rimborsabile né produttivo di interessi, potendo essere ceduto ovvero utilizzato in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, senza limiti di importo. Tale credito, da indicare nella dichiarazione dei redditi, non concorre alla formazione del reddito d'impresa né della base imponibile dell'IRAP. Il credito d'imposta può essere ceduto al valore nominale nell'ambito dello stesso gruppo, secondo le modalità previste dall'articolo 43-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973. L'eventuale credito che residua dopo aver effettuato le compensazioni è rimborsabile.
  Dal periodo d'imposta in corso alla data di approvazione del bilancio non sono deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte anticipate trasformate in credito d'imposta.
  Segnala quindi come presentino altresì aspetti di interesse della Commissione Finanze, sia pure in maniera meno immediata e non sotto il profilo tributario, anche gli articoli 1, 9 e 10.
  L'articolo 1, intende facilitare il reperimento di risorse finanziarie da parte dell'imprenditore, in vista della conclusione dei concordati.
  In particolare, viene modificato l'articolo 182-quinquies della legge fallimentare (regio decreto n. 267 del 1942) in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, il quale prevede che il debitore il quale presenta una domanda di ammissione al concordato preventivo o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o una proposta di accordo volta ad evitare azioni cautelari o esecutive può chiedere al tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti prededucibili, se un professionista designato dal debitore, verificato il complessivo fabbisogno finanziario Pag. 137dell'impresa sino all'omologazione, attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.
  La ratio delle modifiche proposte è quella di superare l'interpretazione secondo cui la richiesta di autorizzazione alla contrazione dei finanziamenti interinali deve essere accompagnata, oltre che dall'attestazione dell'esperto, anche dal piano e dalla proposta di concordato, limitando in tal modo l'utilità pratica della disposizione e ritardando il momento in cui l'impresa può accedere alla finanza prededucibile, nelle more della preparazione della documentazione concordataria, con conseguente riduzione delle concrete prospettive di risanamento dell'impresa in crisi.
  In tale contesto il comma 1, lettera a) espressamente precisa, modificando il primo comma dell'articolo 182-quinquies della legge fallimentare, che la richiesta di autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili può essere avanzata dal debitore anche prima del deposito del piano relativo alle modalità e ai tempi di adempimento della proposta di concordato preventivo e della relativa documentazione prescritta dall'articolo 161 della legge fallimentare.
  La lettera b) del comma 1 introduce un nuovo terzo comma nel citato articolo 182-quinquies della legge fallimentare, in base a cui il debitore può essere autorizzato fin dalla presentazione della domanda «prenotativa», a contrarre limitati finanziamenti prededucibili a sostegno dell'attività aziendale, nel periodo necessario a presentare l'istanza di autorizzazione del vero e proprio finanziamento interinale. Rileva come si supponga che quest'ultimo, dovendo sostenere l'attività di impresa durante la procedura, sia di importo ben superiore.
  In particolare, il debitore che presenta una domanda di ammissione al concordato preventivo, anche in assenza del piano, o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o una proposta di accordo volta ad evitare azioni cautelari o esecutive può chiedere al tribunale di essere autorizzato in via di urgenza a contrarre finanziamenti prededucibili, funzionali a urgenti necessità relative all'esercizio dell'attività aziendale fino alla scadenza:
   del termine fissato dal tribunale per la presentazione della proposta del piano e della relativa documentazione prescritta o;
   fino all'udienza di omologazione o;
   fino al termine di non oltre 60 giorni, stabilito dal tribunale, per il deposito dell'accordo di ristrutturazione, nel momento in cui dispone il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive.

  La richiesta può avere ad oggetto anche il mantenimento di linee di credito autoliquidanti in essere al momento del deposito della domanda.
  A tale ultimo proposito segnala l'opportunità di precisare nella disposizione di rango primario la definizione di «linee di credito autoliquidanti», locuzione utilizzata principalmente in ambito bancario e in particolare nelle circolari della Banca d'Italia.
  La lettera c) modifica il terzo comma dell'articolo 182-quinquies della legge fallimentare, estendendo anche alla cessione dei crediti la possibilità già prevista, per il tribunale, di concedere pegno o ipoteca a garanzia dei medesimi finanziamenti.
  Illustra quindi l'articolo 9, il quale inserisce nella legge fallimentare un nuovo articolo 182-sexies che integra – con specifico riferimento a banche ed intermediari finanziari – la disciplina dell'accordo di ristrutturazione dei debiti dettata dall'articolo 182-bis della stessa legge, al fine di togliere a banche che vantino crediti di modesta entità il potere di interdizione in relazione ad accordi di ristrutturazione che vedano l'adesione delle banche creditrici maggiormente esposte, attuando inoltre la Raccomandazione della Commissione europea del 12 marzo 2014 «su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all'insolvenza».Pag. 138
  Il nuovo articolo 182-septies stabilisce quale condizione preliminare dell'accordo il fatto che le banche e gli intermediari finanziari aderenti vantino un credito verso l'impresa che sia almeno pari al 50 per cento del totale dell'indebitamento complessivo.
  Sostanzialmente è previsto che, in tale ipotesi, l'accordo di ristrutturazione del debito può essere concluso se vi aderiscono creditori finanziari che rappresentano il 75 per cento del credito della categoria, fermo restando l'integrale pagamento dei creditori non finanziari.
  Il debitore può chiedere l'estensione dell'accordo alle banche (e intermediari finanziari) non aderenti, aventi posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli degli aderenti, quando tali operatori finanziari siano stati messi in condizione di partecipare alle trattative e compiutamente informati dei termini dell'accordo di ristrutturazione. Questi possono aderire oppure ricorrere al tribunale cui spetta l'omologazione dell'accordo.
  Il tribunale, verificate positivamente le condizioni sopraindicate e ritenuto che le banche e gli intermediari finanziari ai quali si chiede l'estensione dell'accordo possano risultare soddisfatti nei loro crediti «in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili», procede all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione del debito.
  Analoga disciplina (compresa le condizioni procedurali indicate) degli effetti sulle banche non aderenti si applica in relazione alle convenzioni che possono essere raggiunte su una eventuale moratoria temporanea dei crediti verso una o più banche aderenti all'accordo (rimane ferma la necessità del raggiungimento del citato 75 per cento). Tali moratorie, molto frequenti nella prassi, possono essere opposte dalle banche negli stessi termini indicati in relazione all'accordo di ristrutturazione. Ove la convenzione di moratoria sia confermata dal tribunale, gli operatori finanziari non aderenti possono reclamare il relativo decreto alla corte d'appello.
  Specifici limiti sono quindi posti a quanto può essere imposto alle banche non aderenti per effetto degli accordi e delle convenzioni di moratoria. In particolare, tali limiti riguardano l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, l'utilizzo di affidamenti esistenti e l'erogazione di nuovi finanziamenti.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 10, il quale, alla lettera a) modifica l'articolo 236 della legge fallimentare, al fine di estendere la disciplina sanzionatoria ivi prevista (per i soli concordato preventivo e amministrazione controllata) alle ipotesi di illecito riferite ai nuovi istituti di ristrutturazione del credito con intermediari finanziari e convenzione di moratoria introdotti dall'articolo 9 del decreto-legge.
  In particolare, il numero 2) della lettera a), integrando il primo comma del citato articolo 236, prevede che l'imprenditore il quale, per ottenere l'omologazione della ristrutturazione o il consenso degli intermediari finanziari alla convenzione di moratoria (di cui al nuovo articolo 182-septies), si sia attribuito attività inesistenti o abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni.
  Il numero 3) estende a «ristrutturazione» e «convenzione» la disciplina sanzionatoria dettata dagli articoli 223, 224, 227, 232 e 233 della legge fallimentare.
  La lettera b) modifica l'articolo 236-bis della legge fallimentare, a cui, per ragioni di coordinamento, è estesa alla ristrutturazione del credito con intermediari finanziari e alla convenzione di moratoria, la disciplina sanzionatoria del falso in attestato e in relazioni.
  È pertanto punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro il professionista che, nelle relazioni, previste dall'articolo 182-septies, espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti. Aumenti di pena sono previsti se il fatto è commesso per conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri o se ne deriva un danno per i creditori. Pag. 139
  Per quel che concerne invece le altre norme del decreto-legge non attinenti agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala l'articolo 2, che introduce nella disciplina del concordato preventivo di cui alla legge fallimentare un nuovo articolo 163-bis, il quale prevede l'apertura di una procedura competitiva rispetto all'offerta avanzata da un soggetto individuato, in ordine al trasferimento verso corrispettivo in denaro dell'azienda o di uno o più rami d'azienda o di specifici beni.
  La nuova disposizione consente, al comma 1, la presentazione di altre offerte concorrenti, in modo che le condizioni economiche assicurino il miglior realizzo dell'azienda e il ristoro dei creditori concordatari, al fine di ottenere le migliori condizioni economiche.
  In tale ambito il commissario giudiziale deve valutare, motivando le proprie conclusioni, la congruità dell'offerta tenendo conto a tal fine:
   dei termini e delle condizioni dell'offerta;
   del corrispettivo;
   delle caratteristiche dell'offerente.

  L'offerta e il piano possono prevedere che il trasferimento abbia luogo prima della omologazione.
  Il commissario può ritenere, alla luce di manifestazioni di interesse comunque pervenute, del valore dell'azienda o del bene, che l'offerta prevista nel piano non corrisponda al miglior interesse dei creditori. In tal caso chiede al tribunale, con istanza motivata, di aprire un procedimento competitivo.
  Spetta quindi al tribunale, sentito il commissario, decidere sull'istanza oppure disporre d'ufficio l'apertura di un procedimento competitivo, tenendo conto – oltre che del valore dell'azienda o del bene – della probabilità di conseguire una migliore soddisfazione dei creditori.
  Il tribunale dispone quindi con decreto l'apertura del procedimento competitivo che deve:
   stabilire le modalità di presentazione di offerte irrevocabili;
   prevedere che ne sia assicurata in ogni caso la comparabilità;
   stabilire i requisiti di partecipazione degli offerenti;
   stabilire le forme e i tempi di accesso alle informazioni rilevanti, gli eventuali limiti al loro utilizzo e le modalità con cui il commissario deve fornirle a coloro che ne fanno richiesta;
   stabilire la data dell'udienza per l'esame delle offerte;
   stabilire le modalità di svolgimento della procedura competitiva, le garanzie che devono essere prestate dagli offerenti e le forme di pubblicità del decreto.

  È poi previsto che l'offerta iniziale divenga irrevocabile dal momento in cui viene modificata in conformità a quanto previsto dal decreto e viene prestata la garanzia stabilita con il medesimo decreto.
  Le offerte debbono poi essere presentate in forma segreta e non sono efficaci qualora non conformi al decreto e, comunque, se sottoposte a condizione.
  Le offerte sono poi rese pubbliche nell'udienza appositamente fissata, alla presenza degli offerenti e di qualunque interessato.
  Se sono state presentate più offerte migliorative, il giudice dispone la gara tra gli offerenti.
  In ogni caso, con la vendita o con l'aggiudicazione, se precedente, a soggetto diverso da colui che ha presentato l'offerta iniziale, quest'ultimo è liberato dalle obbligazioni eventualmente assunte nei confronti del debitore e in suo favore il commissario dispone il rimborso delle spese e dei costi sostenuti per la formulazione dell'offerta, entro il limite massimo del 3 per cento del prezzo in essa indicato. Segnala come, in tal modo, si voglia evitare che la prospettiva di una procedura competitiva possa avere effetti disincentivanti rispetto alla presentazione di proposte di acquisto durante la fase iniziale del processo Pag. 140di risoluzione concordata della crisi. Il tetto al rimborso è invece diretto a evitare un'eccessiva lievitazione a carico della procedura dei costi.
  Il debitore deve modificare la proposta e il piano di concordato in conformità all'esito della gara.
  L'ultimo comma del nuovo articolo 163-bis stabilisce che la nuova disciplina debba essere applicata, in quanto compatibile, anche all'affitto di azienda o di uno o più rami d'azienda e alle cessioni nella fase del concordato con riserva.
  Il comma 2 dell'articolo 2 modifica l'articolo 182 della legge fallimentare concernente i provvedimenti in caso di cessione di beni a seguito della omologazione.
  In particolare viene integrato il primo comma dell'articolo 182, con la specifica previsione che, qualora il concordato consista nella cessione dei beni, il tribunale debba disporre che il liquidatore effettui la pubblicità prevista dall'articolo 490, primo comma, del codice di procedura civile e fissi il termine entro cui tale pubblicità debba essere eseguita.
  Viene poi sostituito il quinto comma dell'articolo 182 della legge fallimentare, stabilendo che alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo si applichino gli articoli da 105 a 108-ter della legge fallimentare in quanto compatibili, e specificando inoltre che la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo, sono effettuati su ordine del giudice, salvo diversa disposizione contenuta nel decreto di omologazione per gli atti acquista successivi.
  L'articolo 3 modifica alcuni articoli della legge fallimentare con l'obiettivo di rendere possibile ai creditori la presentazione di proposte di concordato alternative a quella presentata dall'imprenditore all'assemblea dei creditori, consentendo quindi a questi ultimi di optare per la proposta che meglio tuteli i loro interessi.
  In particolare, il comma 1 modifica l'articolo 163 della legge fallimentare, concernente l'ammissione alla procedura di concordato preventivo.
  Le modifiche prevedono che il tribunale:
   1) delega un giudice alla procedura di concordato;
   2) ordina la convocazione dei creditori non oltre trenta giorni dalla data del provvedimento e stabilisce il termine per la comunicazione di questo ai creditori;
   3) nomina il commissario giudiziale osservate le disposizioni degli articoli 28 e 29;
   4) stabilisce il termine non superiore a quindici giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma pari al 50 per cento delle spese che si presumono necessarie per l'intera procedura, ovvero la diversa minor somma, non inferiore al 20 per cento di tali spese, che sia determinata dal giudice. Su proposta del commissario giudiziale, il giudice delegato può disporre che le somme riscosse vengano investite secondo quanto previsto dall'articolo 34, primo comma.

  Qualora non sia eseguito il deposito prescritto, il commissario giudiziale provvede a norma dell'articolo 173, primo comma.
  Il termine per la convocazione dei creditori ordinata dal tribunale è portato da 30 a 120 giorni dalla data del provvedimento del tribunale medesimo.
  Fa presente, come siano inoltre introdotti quattro nuovi commi, dopo il terzo, in base a cui uno o più creditori che, anche per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda di concordato, rappresentino almeno il 10 per cento dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale, possono presentare una proposta concorrente di concordato preventivo e il relativo piano non oltre 30 giorni prima dell'adunanza dei creditori.
  Il 10 per cento viene computato senza considerare i crediti della società che controlla Pag. 141la società debitrice, delle società da questa controllate e di quelle sottoposte a comune controllo. La relazione che deve accompagnare il piano e la relativa documentazione può essere limitata alla fattibilità del piano per quegli aspetti che non siano già oggetto di verifica da parte del commissario giudiziale e può essere omessa qualora non ve ne siano.
  È stabilito un requisito di ammissibilità delle proposte di concordato concorrente. Non deve infatti risultare che la proposta di concordato del debitore assicura il pagamento, ancorché dilazionato, di almeno il 40 per cento dell'ammontare dei crediti chirografari. La proposta può prevedere l'intervento di terzi e, qualora il debitore sia una società per azioni o a responsabilità limitata, può prevedere un aumento di capitale della società con esclusione o limitazione del diritto di opzione.
  I creditori che presentano una proposta di concordato concorrente hanno diritto di voto sulla medesima solo se collocati in una autonoma classe.
  Se la proposta concorrente prevede diverse classi di creditori essa, prima di essere comunicata ai creditori, deve essere sottoposto al giudizio del tribunale che verifica la correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi.
  Il comma 2 modifica l'articolo 165 della legge fallimentare, relativo al commissario giudiziale.
  In dettaglio sono introdotti due nuovi commi all'articolo 165, in base ai quali il commissario giudiziale è tenuto a fornire ai creditori che ne fanno richiesta, valutata la congruità della richiesta medesima e previa assunzione di opportuni obblighi di riservatezza, le informazioni utili per la presentazione di proposte concorrenti, sulla base delle scritture contabili e fiscali obbligatorie del debitore, nonché ogni altra informazione rilevante in suo possesso. In ogni caso si applica il divieto di cui all'articolo 124, primo comma, ultimo periodo, della legge fallimentare, in base a cui la proposta di concordato preventivo non può essere presentata dal fallito, da società cui egli partecipi o da società sottoposte a comune controllo se non dopo il decorso di un anno dalla dichiarazione di fallimento e purché non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo.
  Tale disciplina, inoltre, si applica anche in caso di richieste, da parte di creditori di terzi, di informazioni utili per la presentazione delle offerte concorrenti di cui al nuovo articolo 163-bis.
  Il comma 3 modifica l'articolo 172 della legge fallimentare, sulle operazioni e la relazione del commissario giudiziale.
  Viene in primo luogo ampliato da 10 giorni a 45 giorni prima dell'adunanza dei creditori il termine entro cui il commissario giudiziale deve depositare in cancelleria l'inventario del patrimonio del debitore e la relazione sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato, sulle garanzie offerte creditori.
  È inoltre introdotto un nuovo comma dopo il primo in base a cui, qualora, nei termini previsti, siano depositate proposte concorrenti, il commissario giudiziale riferisce in merito ad esse con relazione integrativa da depositare in cancelleria e da comunicare i creditori, almeno 10 giorni prima dell'adunanza dei medesimi.
  Con una previsione di carattere esemplificativo («di regola»), si stabilisce che la relazione integrativa deve contenere una comparazione particolareggiata tra tutte le proposte depositate. Le proposte di concordato, ivi compresa quella presentata dal debitore, possono essere modificate fino a 15 giorni prima dell'adunanza dei creditori. Analoga relazione integrativa viene redatta qualora emergano informazioni che i creditori devono conoscere ai fini dell'espressione del voto.
  Il comma 4 modifica l'articolo 175 della legge fallimentare, concernente la discussione della proposta di concordato.
  In dettaglio, per ragioni di coordinamento è innanzitutto integrato il primo comma, con l'espressa menzione dell'obbligo del commissario di illustrare anche le proposte alternative eventualmente presentate dai creditori.
  È poi soppresso il secondo comma, in base a cui la proposta di concordato Pag. 142preventivo non può più essere modificata dopo l'inizio delle operazioni di voto.
  Il nuovo terzo comma stabilisce:
   che ciascun creditore può esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibili o convenienti le proposte di concordato e sollevare contestazioni sui crediti concorrenti (il testo previgente faceva riferimento alla unica proposta di concordato, ritenuta non ammissibile o «accettabile»);
   che il debitore possa esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibili o fattibili le eventuali proposte concorrenti.

  È quindi inserito un comma in fine al predetto articolo 175, in base a cui sono sottoposte alla votazione dei creditori tutte le proposte presentate dal debitore e dai creditori, seguendo, per queste ultime, l'ordine temporale del loro deposito.
  Il comma 5 modifica l'articolo 177 della legge fallimentare, sulla maggioranza per l'approvazione del concordato, in modo da tenere conto delle modifiche apportate con riguardo alle proposte concorrenti.
  In dettaglio, viene integrato il primo comma dell'articolo 177 con una serie di disposizioni sulle votazioni relative alle richieste di concordato preventivo.
  Al riguardo è previsto che, quando sono poste al voto più proposte di concordato, si considera approvata la proposta che ha conseguito la maggioranza più elevata dei crediti ammessi al voto; in caso di parità, prevale quella del debitore o, in caso di parità fra proposte di creditori, quella presentata per prima.
  Quando nessuna delle proposte concorrenti poste al voto sia stata approvata con le maggioranze prescritte, il giudice delegato, con decreto da adottare entro trenta giorni dal termine previsto per il dissenso dei creditori che non hanno partecipato al voto (venti giorni dalla chiusura del verbale) rimette al voto la sola proposta che ha conseguito la maggioranza relativa dei crediti ammessi al voto, fissando il termine per la comunicazione ai creditori e il termine a partire dal quale i creditori, nei venti giorni successivi, possono far pervenire il proprio dissenso. In ogni caso deve essere raggiunta la maggioranza per l'approvazione del concordato (maggioranza dei crediti ammessi al voto, anche all'interno del maggior numero di classi di creditori).
  Inoltre, al quarto comma del predetto articolo 177, alle categorie di soggetti esclusi dal voto sono aggiunte la società che controlla la società debitrice, le società da questa controllate e quelle sottoposte a comune controllo.
  Il comma 6 inserisce quattro nuovi commi nell'articolo 185 della legge fallimentare, relativamente al seguito del debitore alla proposta di concordato approvata e omologata.
  In tale ambito viene previsto che:
   il debitore è tenuto a compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla proposta di concordato presentata da uno o più creditori, qualora sia stata approvata e omologata;
   nel caso in cui il commissario giudiziale rilevi che il debitore non sta provvedendo al compimento degli atti necessari a dare esecuzione alla suddetta proposta o ne sta ritardando il compimento, deve senza indugio riferirne al tribunale. Il tribunale, sentito il debitore, può attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti a questo richiesti;
   il soggetto che ha presentato la proposta di concordato approvata e omologata dai creditori può denunziare al tribunale i ritardi o le omissioni da parte del debitore, mediante ricorso al tribunale notificato al debitore e al commissario giudiziale, con il quale può chiedere al tribunale di attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti a questo richiesti;
   fermo restando il disposto dell'articolo 173 (revoca dell'ammissione al concordato e dichiarazione di fallimento nel corso della procedura), il tribunale, sentiti in camera di consiglio il debitore e il Pag. 143commissario giudiziale, può revocare l'organo amministrativo, se si tratta di società, e nominare un amministratore giudiziario stabilendo la durata del suo incarico e attribuendogli il potere di compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla suddetta proposta, ivi incluso, qualora tale proposta preveda un aumento del capitale sociale del debitore, la convocazione dell'assemblea straordinaria dei soci avente a oggetto la delibera di tale aumento di capitale e l'esercizio del voto nella stessa. Quando è stato nominato il liquidatore, i compiti di amministratore giudiziario possono essere a lui attribuiti.

  Passa quindi a illustrare l'articolo 4, il quale modifica l'articolo 161 della legge fallimentare, al fine di evitare che dall'ammissione al concordato preventivo derivino vantaggi per i creditori del tutto aleatori e non determinati.
  In particolare la disposizione prevede che, con il piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, il debitore debba in ogni caso precisare le specifiche utilità economiche che ogni creditore ricaverebbe dal concordato.
  Segnala l'articolo 5, che modifica la disciplina di cui all'articolo 28 della legge fallimentare relativamente alla nomina del curatore fallimentare.
  In particolare il comma 1 modifica il terzo comma del predetto articolo 28, sulle situazioni di incompatibilità della nomina a curatore, estendendo da 2 a 5 anni anteriori alla dichiarazione di fallimento il periodo in cui vige l'incompatibilità alla nomina di chi ha concorso al dissesto dell'impresa. Analoga incompatibilità riguarda chi abbia svolto funzioni di commissario giudiziale in un concordato con lo stesso debitore nonché colui che, con quest'ultimo, era unito in associazione professionale;
  Sono inoltre inserite tre nuovi commi nel corpo dello stesso articolo 28, secondo i quali:
   il curatore deve essere in possesso di una struttura organizzativa e di risorse che permettano il rispetto dei tempi previsti dal programma di liquidazione di cui all'articolo 104-ter della legge fallimentare;
   la sentenza dichiarativa di fallimento motiva sulla sussistenza dei requisiti della nomina a curatore e, anche in base alle risultanze dei rapporti riepilogativi semestrali sull'attività svolta, trasmessi da questi al giudice, tiene conto delle indicazioni dei creditori sulla nomina del curatore eventualmente espresse durante il procedimento;
   viene istituito presso il Ministero della Giustizia un registro nazionale, accessibile al pubblico e gestito con modalità informatiche dove confluiscono, oltre ai provvedimenti di nomina dei curatori fallimentari, anche quelli dei commissari e liquidatori giudiziali; sul registro vanno annotati anche le chiusure dei fallimenti, le omologhe del concordato nonché l'ammontare dell'attivo e passivo delle procedure concorsuali chiuse.

  Il comma 2 autorizza – per l'istituzione del citato registro nazionale presso il Ministero della giustizia – la spesa di 100.000 euro per l'anno 2015.
  Illustra l'articolo 6, il quale modifica l'articolo 104-ter della legge fallimentare, relativo al programma di liquidazione dell'attivo, prevedendo termini procedurali più stringenti.
  In particolare viene integrata la formulazione del comma 1 prevedendo che, in ogni caso, il programma di liquidazione debba essere formato entro 180 giorni dalla sentenza che dichiara il fallimento e che il mancato rispetto di quest'ultimo termine è giusta causa di revoca del curatore.
  Viene stabilito inoltre, attraverso un'integrazione del terzo comma, che il programma debba precisare il termine entro il quale sarà ultimata la liquidazione dell'attivo del fallimento e che tale termine non possa eccedere i 2 anni, salvo che il curatore ritenga necessario, motivandone le ragioni, un termine maggiore per liquidare specifici cespiti.Pag. 144
  Al quarto comma si prevede che il curatore, oltre che da altri professionisti, può essere autorizzato dal giudice delegato ad essere coadiuvato nella vendita dei beni anche da società specializzate, prevedendo come giusta causa di revoca del curatore il mancato rispetto dei termini previsti dal programma di liquidazione.
  Segnala l'articolo 7, che modifica – anche in tal caso a fini di velocizzazione della procedura – gli articoli 118 e 120 della legge fallimentare in materia di chiusura del fallimento.
  La lettera a) del comma 1 aggiunge alcuni periodi al secondo comma dell'articolo 118, in base ai quali si stabilisce:
   che si proceda alla chiusura del fallimento a seguito di ripartizione dell'attivo anche quando vi siano giudizi pendenti, relativi a rapporti patrimoniali del fallito compresi nel fallimento nei quali il curatore, ai sensi dell'articolo 43 della legge fallimentare, è legittimato a stare in causa anche negli (eventuali) gradi ulteriori di giudizio; la previsione, che riproduce quanto già stabilito dal Testo unico bancario per la chiusura della liquidazione coatta amministrativa, intende anche facilitare il rispetto del termine biennale stabilito ora dall'articolo 104-ter, come modificato dall'articolo 6 del provvedimento;
   che anche le rinunce alle liti e alle transazioni devono essere autorizzate dal giudice delegato, derogando all'articolo 35 della legge fallimentare, ai sensi del quale le rinunce (con le riduzioni di crediti, i compromessi, le ricognizioni di diritti di terzi, la cancellazione di ipoteche, la restituzione di pegni, lo svincolo delle cauzioni, l'accettazione di eredità e donazioni e gli atti di straordinaria amministrazione) sono di competenza del curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori;
   che le somme necessarie a coprire le spese di giudizio nonché quelle ricevute per effetto di provvedimenti non definitivi sono trattenute dal curatore; al riguardo è previsto che dopo la chiusura del fallimento le somme trattenute e quelle che residuano dagli accantonamenti siano ripartite tra i creditori con le modalità disposte dal tribunale con il decreto motivato di chiusura della procedura fallimentare;
   che eventuali sopravvenienze dell'attivo derivanti dai giudizi pendenti non comportano la riapertura della procedura di fallimento;
   la tardiva ammissione all'esdebitazione del fallito quando, a seguito del riparto supplementare conseguente alla chiusura di un giudizio pendente, i creditori siano stati in parte soddisfatti; al riguardo si prevede che la richiesta di esdebitazione va avanzata entro un anno dalla data del citato riparto.

  La lettera b) integra il secondo comma dell'articolo 120 della legge fallimentare con la previsione che, nonostante la chiusura del fallimento, la pendenza dei giudizi inerenti i rapporti patrimoniali del fallito consente la permanenza in carica del curatore e del giudice delegato, pur ai soli fini previsti dall'articolo 118, secondo comma, come modificato dalla lettera a).
  Viene stabilito inoltre che i creditori non possono mai agire su quanto è oggetto dei giudizi in corso.
  Rileva quindi come l'articolo 8 modifichi l'articolo 169-bis della legge fallimentare, relativo alla disciplina degli effetti dei contratti in corso di esecuzione in cui è parte il debitore che ha chiesto il concordato preventivo, al fine di uniformare tale disciplina a quella analoga dettata per il fallimento e di superare i dubbi interpretativi inerenti alla possibilità del debitore di sciogliersi da tali contratti evitando così il protrarsi di lunghi contenziosi che ritardano la definizione del concordato.
  In particolare la lettera a) del comma 1 sostituisce la rubrica della disposizione «Contratti in corso di esecuzione» con quella «Contratti pendenti», con l'obiettivo di estendere gli effetti dell'articolo 169-bis anche ai contratti stipulati ma non ancora in corso di esecuzione.
  La lettera b) modifica la procedura di scioglimento dei contratti pendenti, prevedendo al riguardo:
   che la richiesta di scioglimento dal contratto può essere avanzata anche successivamente Pag. 145alla presentazione del ricorso di ammissione al concordato;
   che lo scioglimento è autorizzato dal giudice delegato con decreto motivato, sentito l'altro contraente;
   che lo scioglimento (o la sospensione) del contratto hanno effetto dalla data di comunicazione all'altro contraente del decreto autorizzativo del giudice delegato, chiarendo in tal modo il dubbio, ricorrente nella prassi, sull'esatta decorrenza dello scioglimento.

  Inoltre viene stabilito che allo scioglimento del contratto consegue il diritto dell'altro contraente all'indennizzo equivalente al risarcimento del danno per mancato adempimento e che tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato.
  Nell'ambito del secondo comma del richiamato articolo 169-bis, ove si stabilisce che allo scioglimento del contratto consegue il diritto dell'altro contraente all'indennizzo equivalente al risarcimento del danno per mancato adempimento e che tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato, la lettera c) prevede che la domanda di concordato costituisce limite per la prededucibilità di tali crediti; infatti è stabilito che il credito derivante da prestazioni eseguite legalmente (e in conformità ad accordo o usi negoziali) dopo la presentazione della domanda di concordato costituisce credito prededucibile.
  La lettera d) inserisce un ultimo comma nel predetto articolo 169-bis relativo allo scioglimento del contratto di locazione finanziaria (leasing) in corso di esecuzione alla data di presentazione della domanda di concordato preventivo, estendendo anche al concordato preventivo i principi stabiliti dall'articolo 72-quater per lo scioglimento del contratto di leasing nel fallimento.
  In tale ambito viene stabilito:
   che in caso di scioglimento del contratto di locazione finanziaria il concedente ha diritto alla restituzione del bene e deve versare al debitore l'eventuale differenza tra la maggior somma ricavata dalla vendita (o da altra collocazione del bene stesso) avvenute a valori di mercato rispetto al credito residuo in linea capitale; la somma versata al debitore, derivante dalla citata differenza, è acquisita alla procedura di concordato;
   che il concedente la locazione ha diritto di far valere verso il debitore un credito – soddisfatto come credito anteriore al concordato – determinato dalla differenza tra quello vantato alla data del deposito della domanda di concordato e quello ricavato dalla nuova allocazione del bene.

  Illustra quindi l'articolo 11, il quale integra il contenuto dell'articolo 107 della legge fallimentare, stabilendo che le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione, effettuati dal curatore del fallimento tramite procedure competitive, possano prevedere che il versamento del prezzo possa essere rateizzato.
  Viene fatto rinvio, in quanto compatibili, all'applicazione di alcune disposizioni del codice di procedura civile sulla possibile vendita con incanto, sulle modalità della vendita e sull'eventuale inadempienza dell'aggiudicatario del bene.
  Inoltre viene esplicitato quanto previsto in generale dal comma 1 sull'obbligo del curatore di assicurare adeguate forme di pubblicità delle vendite, la massima informazione e partecipazione degli interessati.
  Segnala l'articolo 12, il quale introduce nel codice civile un nuovo articolo 2929-bis, finalizzato a prevedere una forma semplificata di tutela esecutiva del creditore pregiudicato da atti dispositivi del debitore, compiuti a titolo non oneroso. L'azione esecutiva semplificata ivi prevista non necessita, in particolare, di un atto di citazione ma è introdotta direttamente in sede esecutiva contestualmente all'atto di pignoramento.
  In particolare la nuova previsione contempla la possibilità che il creditore, titolare Pag. 146di un credito sorto prima dell'atto pregiudizievole, munito di titolo esecutivo (atto di pignoramento) proceda ad esecuzione forzata sul bene anche in assenza di una sentenza definitiva di revocatoria che abbia dichiarato l'inefficacia di tale atto. Tale azione esecutiva sarà possibile in presenza di due condizioni:
   che con l'atto pregiudizievole il debitore abbia costituito un vincolo di indisponibilità o alieni a titolo gratuito un bene immobile o un bene mobile registrato; in caso di alienazione, l'azione è proposta come espropriazione verso il terzo proprietario; l'azione non sarà esperibile, quindi, per atti onerosi o che non riguardino detta tipologia di beni;
   che il creditore abbia trascritto il pignoramento entro un anno dalla data di trascrizione dell'atto pregiudizievole.

  Analoga forma di tutela è riservata al terzo creditore anteriore che potrà intervenire nell'esecuzione promossa da altri nel sopracitato termine di un anno (dalla trascrizione dell'atto pregiudizievole).
  Sia il debitore sia il terzo proprietario, come ogni altro interessato al mantenimento del vincolo sul bene, potranno proporre opposizione all'azione esecutiva sia ove contestino i presupposti alla base dell'azione di cui all'articolo 2929-bis, sia quando rivendichino la buona fede ovvero la mancata conoscenza del pregiudizio che l'atto di disposizione del bene arrecava al creditore.
  Illustra l'articolo 13, che apporta numerose modifiche alla disciplina dell'esecuzione forzata contenuta nel codice di procedura civile.
  In particolare, il comma 1, la lettera a), modifica l'articolo 480 del codice di procedura civile, relativo alla forma e al contenuto dell'atto di precetto, disponendo che il precetto debba contenere anche un avvertimento al debitore sulla possibilità di avvalersi degli accordi di composizione della crisi previsti dalla legge n. 3 del 2012 sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento.
  La disposizione si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (ai sensi dell'articolo 23, comma 7).
  La lettera b) modifica l'articolo 490 del codice di procedura civile, che disciplina la pubblicità degli avvisi nell'ambito delle procedure di espropriazione forzata, sostituendo all'attuale affissione nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento, la pubblicazione sul sito internet del Ministero della giustizia.
  Su tale sito istituzionale, infatti, dovrà essere individuata un'area pubblica da denominare «portale delle vendite pubbliche».
  Inoltre viene sostituito il terzo comma dell'articolo 490, relativo alla pubblicazione sui quotidiani. Rispetto alla precedente formulazione, non si impongono tali forme di pubblicità, ma le si rimette alla valutazione del giudice, che decide solo previa istanza dei creditori.
  La lettera c) apporta modifiche alla disciplina della conversione del pignoramento, di cui all'articolo 495 del codice di procedura civile; in tale ambito viene consentita la rateizzazione mensile non solo per i beni immobili ma anche per i beni mobili e allungando le rate da 18 a massimo 36 mesi, e viene disposto inoltre che ogni 6 mesi il giudice provveda a distribuire ai creditori le somme recuperate.
  La lettera d), modificando l'articolo 497 del codice di procedura civile, dispone che il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi 45 giorni senza che sia stata chiesta l'assegnazione o la vendita, laddove prima dell'entrata in vigore del decreto-legge i creditori avevano tempo 90 giorni per chiedere di procedere.
  La disposizione si applica esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, ai sensi dell'articolo 23, comma 6, del decreto.
  La lettera e) interviene sull'articolo 530 del codice di procedura civile, che, nell'ambito della procedura di esecuzione Pag. 147mobiliare presso il debitore, disciplina il provvedimento per l'assegnazione o la vendita. In tale ambito:
   anche in questo caso si richiede che almeno 10 giorni prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte o della data dell'incanto sia data alla procedura adeguata pubblicità sul portale delle vendite pubbliche;
   viene stabilito che, se il valore dei beni pignorati supera i 20.000 euro (limite fissato dall'articolo 525, secondo comma), il giudice dell'esecuzione può disporre che il versamento del prezzo sia rateizzato entro massimo 12 mesi.

  La lettera f), intervenendo sull'articolo 532 del codice di procedura civile, che nell'ambito dell'esecuzione mobiliare presso il debitore disciplina la vendita a mezzo di commissionario, rende questa modalità di vendita la regola, imponendo al giudice di procedere in tal senso quando la vendita possa essere effettuata senza incanto.
  La disposizione si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, ai sensi dell'articolo 23, comma 7, del decreto.
  Inoltre viene precisato che le cose pignorate devono essere affidate all'istituto vendite giudiziarie, ovvero ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza, che risulti iscritto nell'elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni mobili pignorati.
  Viene confermato altresì che il giudice fissa il prezzo minimo della vendita e l'importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione, ma aggiunge che spetta al giudice anche:
   fissare il numero complessivo degli esperimenti di vendita, che non può essere inferiore a tre;
   individuare i criteri per determinare i relativi ribassi;
   definire le modalità di deposito della somma ricavata dalla vendita.

  Il soggetto incaricato della vendita non può restituire gli atti in cancelleria prima di 6 mesi, ma non può neanche protrarre le attività di vendita oltre l'anno. In caso di rinuncia, il giudice, a meno che non intervengano istanze di integrazione del pignoramento, dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo, anche se non ricorrono i presupposti per dichiarare l'infruttuosità dell'espropriazione forzata a norma dell'articolo 164-bis delle disposizioni di attuazione.
  La disposizione si applica alle vendite disposte successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, anche rispetto alle procedure esecutive già pendenti alla medesima data, ai sensi dell'articolo 23, comma 10, del decreto-legge.
  La lettera g) coordina con le suddette modifiche all'articolo 532 del codice di procedura civile il testo dell'articolo 533, in tema di obblighi del commissionario, disponendo che, trascorso infruttuosamente il termine di 12 mesi, questi debba restituire gli atti alla cancelleria del giudice dell'esecuzione fornendo prova delle attività compiute per realizzare la vendita del bene.
  Anche questa disposizione si applica alle vendite disposte successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, anche rispetto alle procedure esecutive già pendenti alla medesima data, ai sensi dell'articolo 23, comma 10.
  La lettera h), intervenendo sull'articolo 534-bis del codice di procedura civile, in tema di delega per le operazioni di vendita all'incanto, elimina – anche in questo caso – ogni discrezionalità del giudice, che dovrà quindi procedere con questa modalità (nella normativa previgente egli aveva invece solo la facoltà di sceglierla), senza sentire gli interessati.
  La lettera i) modifica l'articolo 534-ter del codice di procedura civile, che disciplina il ricorso al giudice dell'esecuzione da parte del professionista delegato per la vendita all'incanto che ravvisi difficoltà. In tale ambito si consente questa modalità di Pag. 148accesso al giudice, chiamato a risolvere i problemi della vendita, non solo al professionista ma anche al commissionario (che interviene, come detto, nella vendita senza incanto).
  Inoltre viene previsto che, contro il decreto con il quale il giudice dell'esecuzione prende posizione, le parti possono presentare reclamo ai sensi dell'articolo 669-terdecies del codice di procedura civile (il reclamo al collegio va presentato entro 15 giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione; il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento reclamato).
  La lettera l) interviene sull'articolo 545 del codice di procedura civile, che, nell'ambito dell'espropriazione presso terzi, disciplina i crediti impignorabili.
  In tale ambito viene stabilito che:
   le somme dovute a titolo di pensione (o di indennità che svolge la medesime funzione, o di assegno di quiescenza) sono impignorabili nella misura corrispondente all'importo dell'assegno sociale aumentato della metà; la restante parte è pignorabile con i vincoli già visti (ovvero, per crediti alimentari nella misura fissata dal giudice; per tributi nella misura di un quinto; in caso di concorso di pignoramenti, nella misura della metà);
   in caso di accredito su conto corrente di qualsiasi somma riconducibile a rapporto di lavoro o trattamento di quiescenza, le somme sono impignorabili nella misura corrispondete al triplo dell'assegno sociale, se l'accredito è anteriore al pignoramento; se l'accredito è successivo al pignoramento, valgono le regole ordinarie (ovvero, per crediti alimentari nella misura fissata dal giudice; per tributi nella misura di un quinto; in caso di concorso di pignoramenti, nella misura della metà);
   il pignoramento eseguito in violazione di legge è inefficace, o parzialmente inefficace, e il vizio è rilevabile d'ufficio dal giudice.

  Tali disposizioni si applicano esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, ai sensi dell'articolo 23, comma 6.
  La lettera n) apporta modifiche all'articolo 567 del codice di procedura civile, che, nell'ambito dell'espropriazione immobiliare, disciplina l'istanza di vendita, accorciando i tempi (da 120 a 60 giorni) per gli adempimenti richiesti al creditore procedente.
  La disposizione si applica esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, ai sensi dell'articolo 23, comma 6.
  La lettera o) sostituisce l'articolo 568 del codice di procedura civile, relativo alla determinazione del valore dell'immobile. Tale determinazione viene demandata al giudice, che terrà conto del valore di mercato (e degli elementi che gli forniranno le parti e l'esperto). In particolare, la disposizione detta dei criteri che l'esperto dovrà seguire nel determinare il valore di mercato, tra i quali spiccano la superficie dell'immobile e il valore al metro quadro, ma anche i vincoli gravanti sul bene e le eventuali passività condominiali.
  La lettera p) modifica l'articolo 569 del codice di procedura civile, relativo al provvedimento che autorizza la vendita. In tale ambito le modifiche accelerano le procedure, riducendone i tempi; prevedono che il giudice debba nell'ordinanza di vendita indicare il prezzo e determinare altresì il termine entro il quale dovrà essere versato il prezzo; consentono al giudice di autorizzare il pagamento rateale del prezzo stesso.
  La lettera q) modifica l'articolo 571 del codice di procedura civile, relativo alle offerte d'acquisto nella vendita senza incanto: rispetto alla disciplina previgente, che riteneva l'offerta inefficace se inferiore al prezzo determinato a norma dell'articolo 568, si prevede di respingere le offerte inferiori di oltre un quarto il prezzo stabilito (che, peraltro, viene contestualmente riportato ai valori di mercato e dunque presumibilmente alzato).
  Contestualmente, la lettera r), che interviene sull'articolo 572 del codice di Pag. 149procedura civile, e dunque sulla decisione sull'offerta, prevede che questa sia senz'altro accolta se pari o superiore al valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 568 (prima dell'entrata in vigore del decreto-legge era richiesto che l'offerta fosse superiore di un quinto rispetto al valore dell'immobile). Se invece l'offerta è inferiore al valore fissato, ma in misura non superiore a un quarto, il giudice può procedere alla vendita se ritiene che non vi sia modo di conseguire un prezzo più alto.
  La lettera s) interviene sull'articolo 573 del codice di procedura civile, relativo alla gara tra gli offerenti nel caso in cui vi siano invece più offerte; in merito si consente la vendita a favore del miglior offerente solo se il giudice ritiene che con una nuova vendita non sia possibile conseguire un prezzo più alto. Se più offerte si equivalgono, il bene sarà assegnato a colui che ha presentato l'offerta per primo. Nel determinare il valore dell'offerta, il giudice dovrà tener conto non solo del prezzo ma della situazione complessiva dell'offerente (cauzione prestata, tempi e forme del pagamento del prezzo).
  La lettera t) integra l'articolo 574 del codice di procedura civile, sui provvedimenti relativi alla vendita, per disciplinare il pagamento rateale del prezzo. In particolare, viene previsto:
   che il giudice dell'esecuzione, con decreto, possa autorizzare l'aggiudicatario che ne faccia richiesta ad immettersi comunque nel possesso dell'immobile venduto;
   che lo stesso giudice debba però far prestare all'aggiudicatario una fideiussione pari ad almeno il 30 per cento del prezzo di vendita; la fideiussione è rilasciata a favore della procedura esecutiva, a garanzia del rilascio dell'immobile in caso di inadempienza dell'aggiudicatario, nonché del risarcimento dei danni eventualmente arrecati all'immobile;
   che la fideiussione debba essere rilasciata da banche, società assicuratrici o intermediari finanziari sottoposti a revisione contabile.

  La modifica all'articolo 587 del codice di procedura civile, relativo all'inadempienza dell'aggiudicatario, è volta essenzialmente a coordinare le ipotesi di inadempienza con il previsto pagamento rateale del prezzo; in tale ambito la lettera u), infatti, prevede che costituisca inadempimento anche il mancato versamento di una sola rata entro 10 giorni dalla scadenza del termine.
  Le lettere v), z) e aa), che modificano rispettivamente gli articoli 588, 589 e 590 del codice di procedura civile, hanno finalità di coordinamento.
  La lettera bb) modifica l'articolo 591 del codice di procedura civile, che disciplina il provvedimento di amministrazione giudiziaria o il nuovo incanto, al fine di garantire il miglior prezzo di vendita, a tutela dei creditori e del debitore. A tal fine:
   se il primo tentativo di vendita non ha avuto esito, il giudice dell'esecuzione può procedere con la vendita all'incanto, ma solo se ritiene che con tale modalità sarà possibile vendere il bene a un prezzo superiore della metà il valore del bene determinato a norma dell'articolo 568;
   il giudice può decidere di ribassare il prezzo di vendita fino a un quarto. Prima della riforma era obbligatorio abbassare il prezzo di un quarto, con il decreto-legge è rimesso al giudice dell'esecuzione determinare il quantum della diminuzione del prezzo;
   se fallisce anche il secondo tentativo di vendita, il giudice assegna il bene al creditore o ai creditori richiedenti, fissando il termine entro il quale l'assegnatario deve versare l'eventuale conguaglio.

  La lettera cc) modifica l'articolo 591-bis del codice di procedura civile, in tema di delega a un notaio o ad un professionista (avvocati o commercialisti) delle operazioni di vendita.
  In tale ambito:
   viene sostituita alla facoltatività, l'obbligo per il giudice dell'esecuzione di delegare le operazioni di vendita; a tale Pag. 150obbligo si può fare eccezione solo se, sentiti i creditori, il giudice ritiene che gli interessi delle parti siano meglio tutelati da una vendita diretta;
   viene prevista la revoca della delega se il professionista non rispetta i termini e le direttive impartite per causa a lui imputabile.

  La lettera dd) modifica la disposizione sulla forma dell'opposizione all'esecuzione di cui all'articolo 615 del codice di procedura civile, per consentire al giudice, in caso di contestazione parziale del diritto dell'istante, di sospendere l'efficacia esecutiva del titolo esclusivamente in relazione alla parte contestata.
  La lettera ee) inserisce nel codice di procedura civile un nuovo articolo 631-bis, per disciplinare le conseguenze dell'omessa pubblicità sul portale delle vendite pubbliche. La nuova disposizione precisa che se tale pubblicità non è realizzata il processo esecutivo si estingue. Se la pubblicità non è stata possibile per malfunzionamenti del portale, e tale situazione è accertata ufficialmente, la sanzione dell'estinzione non si applica.
  La lettera ff) interviene sull'articolo 492-bis del codice di procedura civile, recentemente inserito dal legislatore per disciplinare la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, eliminando in tale ambito il riferimento al creditore procedente – che aveva indotto alcuni interpreti a ritenere che il procedimento di autorizzazione innanzi al presidente del tribunale potesse essere avviato esclusivamente dopo il pignoramento – e prevede che la richiesta di autorizzazione possa essere proposta al presidente del tribunale solo dopo la notificazione del precetto, salve specifiche ragioni di urgenza.
  Il comma 2 dell'articolo 13 autorizza le spesa per gli interventi informatici connessi al portale delle vendite pubbliche di 900.000 euro nel 2015 e di 200.000 euro annui a decorrere dal 2016.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 14, il quale detta una serie di modifiche alle norme di attuazione del codice di procedura civile aventi natura di coordinamento con le disposizioni introdotte dal decreto-legge.
  In particolare il comma 1, lettera a), modifica l'articolo 155-quinquies, per permettere al creditore di ottenere dai gestori delle banche dati l'autorizzazione a richiedere i dati rilevanti del debitore anche prima dell'adozione del decreto dirigenziale del Ministero della giustizia che attesta la piena funzionalità delle strutture tecnologiche che attestino la piena funzionalità delle stesse banche dati; l'efficacia di tale previsione è condizionata all'adozione del citato decreto entro 12 mesi dalla vigenza della legge di conversione del decreto in esame.
  Le lettere b) e c), rispettivamente, modificano l'articolo 161-ter (prevedendosi la possibilità di interconnessione tra il portale telematico delle vendite pubbliche, previsto dall'articolo 13 del decreto-legge e quello dei gestori delle vendite telematiche) e introducono un nuovo articolo 161-quater, che detta la disciplina di dettaglio delle modalità di pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche (al riguardo viene stabilito che la pubblicazione è di regola effettuata da un professionista delegato in conformità di specifiche tecniche da adottare con decreto del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia; la segnalazione degli avvisi di vendita sul portale vanno inviati mediante PEC a chi ne ha fatto richiesta e si è registrato; il portale archivia e gestisce i dati sulle vendite).
  La lettera d) aggiunge un nuovo articolo 169-sexies, il quale che prevede l'istituzione presso ogni tribunale di un elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni mobili pignorati, formato dal presidente del tribunale, sentito il Procuratore della Repubblica.
  La lettera e) integra il contenuto dell'articolo 173-bis che, nell'espropriazione immobiliare, detta la disciplina della stima del bene da parte dell'esperto nominato dal giudice. Per il particolare rilievo delle operazioni di stima sono ancor più dettagliati i dati che dalla stima devono obbligatoriamente risultare con riferimento, in Pag. 151particolare: alle opere abusive e alla loro possibile sanatoria; all'eventuale possibilità di condono; ai relativi costi da sopportare e alle oblazioni già pagate o da pagare; al censo, livello o uso civico che eventualmente gravi sul bene pignorato e all'eventuale affrancazione da tali oneri; all'informazione sulle spese fisse di gestione manutenzione del bene, spese straordinarie e condominiali non pagate nell'ultimo biennio anteriore alla perizia; all'esistenza di provvedimenti giudiziari in corso sul bene pignorato. È abbreviato da 45 a 30 gg il termine dall'udienza fissata per la comparizione delle parti e dei creditori ai sensi dell'articolo 569 del codice di procedura civile.
  La lettera f) modifica l'articolo 173-quinquies per consentire che l'offerta d'acquisto del bene immobile in esecuzione e la prestazione della cauzione avvengano con modalità telematiche di pagamento (carte di credito, di debito o prepagate); viene previsto che la cauzione potrà essere prestata anche con fideiussione o altra garanzia comunque rilasciata da banche, assicurazioni e intermediari finanziari vigilati.
  Il comma 2 dell'articolo 14 aggiunge un nuovo articolo 16-novies nel decreto-legge n. 179 del 2012 con cui si stabilisce l'uso esclusivo di modalità telematiche per le domande di iscrizione e la tenuta dell'albo dei consulenti tecnici, dell'albo dei periti presso il tribunale, dell'elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni pignorati e dell'elenco dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita.
  Segnala come venga previsto che le domande sono inserite sulla base delle sopracitate specifiche tecniche, stabilite dal responsabile dei servizi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e che il presidente del tribunale forma e tiene gli indicati albi e gli elenchi con modalità informatiche e sulla base delle indicate specifiche tecniche.
  Inoltre, per quanto riguarda i profili di interesse della Commissione Finanze, viene stabilito che eventuali tributi, bolli e diritti per l'iscrizione negli albi ed elenchi indicati siano corrisposti con mezzi di pagamento telematico ovvero con carte di credito, di debito, carte prepagate o altri mezzi di pagamento con moneta elettronica.
  Le disposizioni dell'articolo 16-novies acquistano efficacia 30 giorni dopo la pubblicazione sul sito del Ministero della giustizia delle indicate specifiche tecniche. Sono, infine, dettate istruzioni per l'iscrizione agli albi ed elenchi informatici dei professionisti che già risultano iscritti (è previsto un termine di 90 gg. per l'inserimento dei propri dati con modalità telematiche e in conformità alle specifiche tecniche).
  Il comma 3 modifica l'articolo 122 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1229 del 1959, mirando sostanzialmente alla riduzione del compenso degli ufficiali giudiziari per le operazioni da essi compiuti nel processo esecutivo.
  Si prevede, in particolare, tale riduzione – a carico del creditore che procede e liquidato dal giudice – in caso di chiusura anticipata del processo esecutivo.
  È inoltre introdotto un tetto massimo per i compensi (attualmente parametrati al ricavato) e sono previste ipotesi in cui tale compenso non è dovuto.
  Il comma 4 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'istituzione dell'elenco dei soggetti specializzati per la vendita dei beni mobili pignorati, autorizzando a tal fine la spesa di 150.000 euro per l'anno 2015.
  Illustra quindi l'articolo 15, il quale interviene sul Testo unico delle spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per fissare in 100 euro il contributo che, nell'ambito della procedura di esecuzione forzata, deve pagare il creditore procedente per dare idonea pubblicità alla vendita di un bene immobile o mobile registrato.
  La disposizione assume che tale pubblicità venga data sul portale delle vendite pubbliche, previsto dall'articolo 490 del codice di procedura civile, come modificato dall'articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto-legge.Pag. 152
  Il pagamento del contributo dovrà essere effettuato con sistemi telematici ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con altri mezzi di pagamento con moneta elettronica, attraverso gli intermediari abilitati che riversano le somme alla Tesoreria dello Stato.
  La norma prevede che ogni tre anni l'importo del contributo potrà essere rivisto con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia, in base alla variazione dell'indice dei prezzi al consumo.
  Viene stabilito altresì che le entrate derivanti dall'applicazione del contributo saranno riassegnate dall'apposito capito dell'entrata del bilancio del Ministero della giustizia e destinate al funzionamento degli uffici giudiziari nonché all'implementazione e allo sviluppo dei sistemi informatizzati.
  Segnala quindi l'articolo 18, il quale disciplina il trattenimento in servizio del magistrati ordinari che hanno maturato i requisiti per il collocamento a riposo, scaglionando – in deroga a quanto già disposto dal recente decreto-legge n. 90 del 2014 – il loro pensionamento, così da consentire al Consiglio superiore della magistratura di procedere ordinatamente al conferimento degli incarichi direttivi che si renderanno vacanti, al fine di evitare che il collocamento a riposo al 31 dicembre 2015 di un alto numero di magistrati (previsto dal predetto decreto-legge n. 90 del 2014, paralizzi le attività degli uffici giudiziari.
  In particolare la disposizione conferma che i magistrati ordinari che alla data del 31 dicembre 2015 avranno compiuto 72 anni dovranno essere collocati a riposo entro la fine dell'anno e dispone che i magistrati ordinari che alla medesima data non abbiano compiuto 72 anni, ma debbano essere collocati a riposo nel periodo 31 dicembre 2015 – 30 dicembre 2016, siano trattenuti in servizio fino al 31 dicembre 2016, in considerazione del fatto che il Consiglio Superiore della Magistratura è chiamato a svolgere una valutazione comparativa tra gli aspiranti ai posti vacanti, che richiede tempi congrui.
  L'articolo 19 introduce nuove disposizioni di completamento del cosiddetto processo civile telematico.
  In particolare, il comma 1, lettera a), interviene sull'articolo 16-bis del decreto legge n. 179 del 2012, che disciplina il deposito telematico degli atti processuali, prevedendo, al comma 1-bis, che in tutti i procedimenti civili, tanto in primo grado quanto in appello, il deposito dell'atto introduttivo, o del primo atto difensivo, nonché di tutti i documenti che si offrono in comunicazione, possa essere fatto con modalità telematiche, laddove la disciplina previgente obbligava al deposito telematico di tutti gli atti processuali successivi all'atto introduttivo. La disposizione precisa che se le parti optano per il deposito telematico, dovranno rispettare la disciplina regolamentare sulla sottoscrizione e trasmissione degli atti telematici, e il deposito si perfezionerà nel rispetto di quelle modalità.
  Attraverso una modifica al comma 9-bis del citato articolo 16-bis decreto-legge n. 179 viene specificato che ogniqualvolta si fa riferimento al difensore occorra equiparargli il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente.
  La lettera b) del medesimo comma 1 inserisce nella sezione relativa alla giustizia digitale del predetto decreto-legge n. 179 del 2012 due nuovi articoli 16-decies e 16-undecies.
  Il nuovo articolo 16-decies disciplina il potere di certificare la conformità all'originale delle copie degli atti notificati; la disposizione trova applicazione quando viene depositato con modalità telematiche un atto formato su supporto analogico, e notificato dall'ufficiale giudiziario o dall'avvocato con modalità non telematiche: in tali casi spetta al difensore, al dipendente di cui si avvale la PA, al consulente tecnico, al professionista delegato, al curatore o al commissario giudiziale, attestare la conformità della copia digitale all'atto originale; la copia e l'attestazione di conformità all'originale equivarranno così all'originale dell'atto notificato.Pag. 153
  Il nuovo articolo 16-undecies specifica come deve essere fatta l'attestazione di conformità, prevedendo:
   che se l'attestazione riguarda una copia analogica, deve essere apposta in calce o a margine della copia stessa, ovvero su foglio separato ma congiunto materialmente alla copia;
   che se l'attestazione riguarda una copia informatica, deve essere apposta nello stesso documento informatico oppure apposta su un documento informatico separato che dovrà contenere l'indicazione dei dati essenziali per individuare la copia a cui si riferisce; se l'attestazione è su un documento informatico separato, questo dovrà essere allegato al messaggio di PEC con il quale si deposita telematicamente la copia.

  Il comma 2 dell'articolo 19 autorizza la spesa di 44,85 milioni di euro nel 2015, di 3 milioni nel 2016, di 2 milioni nel 2017 e di 1 milione di euro a decorrere dal 2018 per il completamento del processo civile telematico e gli ulteriori processi di digitalizzazione del Ministero della giustizia.
  Con riferimento all'articolo 20, segnala come la lettera a) sopprima le disposizioni in materia di riorganizzazione dei TAR prevista dal decreto-legge n. 90 del 2014, abrogando le disposizioni che ne scandivano i tempi e ne dettavano le modalità. In assenza di tale intervento, a partire dal 1o luglio 2015 sarebbero state soppresse le sezioni staccate di TAR di Parma, Pescara e Latina.
  La lettera b) posticipa al 1o gennaio 2016 l'entrata in vigore della disposizione che nel processo amministrativo impone la sottoscrizione con firma digitale di tutti gli atti processuali (del giudice, dei suoi ausiliari, del personale di cancelleria e delle parti).
  L'articolo 21 prevede l'ingresso nel ruolo dell'amministrazione giudiziaria di 2.000 unità di personale proveniente da province e aree metropolitane.
  La disposizione stabilisce che agli oneri connessi si provvederà attraverso il fondo per il recupero di efficienza del sistema giudiziario e il potenziamento dei relativi servizi, nonché per il completamento del processo telematico, previsto dall'articolo 1, comma 96, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014), il quale ha una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2015, di 90 milioni di euro per l'anno 2016 e di 120 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 22, il quale reca, al comma 1, le disposizioni concernenti la copertura finanziaria degli oneri finanziari derivanti dal provvedimento, pari a 46 milioni di euro nel 2015, a 49,2 milioni nel 2016, a 94,2 milioni nel 2017 e a 93,2 milioni a decorrere dal 2018.
  Tale copertura è integralmente posta a carico del già richiamato Fondo istituito dalla legge di stabilità 2015 presso il Ministero della giustizia per il recupero di efficienza del sistema giudiziario e il potenziamento dei relativi servizi, nonché per il completamento del processo telematico.
  Il comma 2 prevede che le risorse del Fondo non utilizzate potranno essere destinate al potenziamento degli interventi già previsti del decreto-legge, per l'efficientamento del sistema giudiziario, nonché, in caso di indisponibilità delle risorse del fondo unico giustizia, al rifinanziamento delle borse di studio per gli stage formativi presso gli uffici giudiziari.
  Illustra quindi l'articolo 23, il quale detta un'articolata disciplina transitoria delle disposizioni contenute nel decreto legge.
  Il comma 1 prevede, nel concordato preventivo, che la disciplina delle offerte concorrenti prevista dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge si applichi ai procedimenti di concordato introdotti successivamente all'entrata in vigore del decreto-legge (28 giugno 2015); che quella sulle proposte concorrenti (di cui all'articolo 3) e sulla integrazione del contenuto della proposta di concordato (di cui all'articolo 4) si applichino ai procedimenti di concordato introdotti dopo la vigenza delle legge di conversione del decreto-legge.
  Il comma 2 stabilisce, invece, che una serie di disposizioni collegate all'istituzione Pag. 154del portale delle vendite pubbliche (articolo 2, comma 2, lettera b); articolo 13, comma 1, lettera b), numero 1) e lettera c) numero 1; articolo 14, comma 1, lettere b) e c), trovino applicazione 30 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle specifiche tecniche stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
  Il comma 3 detta la disciplina transitoria per le disposizioni introdotte dagli articoli 5 e 6 del provvedimento, relative rispettivamente ai requisiti del curatore fallimentare e al programma di liquidazione da questi predisposto.
  Al riguardo viene previsto che le nuove disposizioni dell'articolo 28 della legge fallimentare, introdotte dall'articolo 5 comma 1, lettere a) e b), primo e secondo capoverso, sulle incompatibilità del curatore fallimentare, sulla necessità che questi disponga di struttura organizzativa e risorse adeguate nonché sulla attestazione, nella sentenza dichiarativa del fallimento, della sussistenza dei requisiti di nomina del curatore) si applichino ai fallimenti dichiarati dopo la data di entrata in vigore del decreto-legge (cioè dopo il 28 giugno 2015).
  Il comma 4 prevede la disciplina transitoria dell'articolo 5, comma 1, lettera b), terzo capoverso, per la vigenza delle disposizioni sul registro nazionale istituito presso il Ministero della giustizia (dove confluiscono i provvedimenti di nomina dei curatori fallimentari, dei commissari e liquidatori giudiziali e dove vanno annotate le chiusure dei fallimento, le omologhe del concordato nonché l'ammontare dell'attivo e passivo delle procedure concorsuali chiuse). Sulla base della citata disciplina transitoria, le disposizioni sul registro nazionale acquistano efficacia 60 giorni dopo la pubblicazione sul sito Internet del Ministero della giustizia delle specifiche tecniche da parte del responsabile per i sistemi informativi automatizzati dello stesso Ministero, da adottarsi entro sei mesi dalla citata data di entrata in vigore del decreto-legge.
  Il comma 5 prevede che si applichino ai fallimenti e ai concordati preventivi aperti alla data di vigenza del decreto-legge (28 giugno 2015) le seguenti disposizioni:
   l'articolo 11, sulla rateizzazione del prezzo;
   l'articolo 2, comma 2, che modifica l'articolo 182 della legge fallimentare.

  Il comma 6 prevede che si applichino esclusivamente alle procedura di esecuzione forzata iniziate dopo l'entrata in vigore del decreto-legge le disposizioni dell'articolo 13 relative:
   alla perdita di efficacia del pignoramento (lettera d));
   ai crediti impignorabili (lettere l) e m));
   alla riduzione dei tempi per l'istanza di vendita nell'espropriazione immobiliare (lettera n)).

  Il comma 6 fa anche riferimento all'articolo 12, comma 1, lettera b), sebbene tale ultima disposizione non abbia una partizione in commi e lettere.
  Il comma 7 dispone l'applicazione dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge della disposizione di cui all'articolo 7, sulla chiusura della procedura di fallimento e di quelle dell'articolo 13, relative al contenuto dell'atto di precetto (lettera a)) e alla vendita a mezzo di commissario (lettera f)).
  Il comma 8 prevede che l'articolo 8 sui contratti pendenti nel concordato preventivo si applichi alle istanze di scioglimento depositate dopo l'entrata in vigore del decreto-legge.
  Il comma 9 disciplina l'efficacia delle modifiche recate al codice di procedura civile relative alle procedure di esecuzione forzata dall'articolo 13. Quando non sia diversamente disposto tali novelle si applicano anche a procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge: quando è già stata disposta la vendita, essa ha comunque luogo con le Pag. 155norme previgenti e la riforma troverà applicazione solo se il giudice dispone una nuova vendita.
  In base al comma 10 le disposizioni dell'articolo 13 sulla chiusura anticipata del processo esecutivo (lettera f), n. 2) e sulla restituzione degli atti alla cancelleria (lettera g)) si applicano solo alle vendite disposte successivamente all'entrata in vigore del decreto-legge anche nelle procedure esecutive pendenti a tale data.
  Il comma 11 dispone che la disciplina dell'articolo 503 del codice di procedura civile sulle modalità della vendita forzata, nella formulazione integrata dall'articolo 19, comma 1, del decreto-legge n. 132 del 2014 (che ha aggiunto un comma che prevede che la vendita con incanto può essere disposta solo quando il giudice ritiene probabile che la vendita con tale modalità abbia luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene determinato a norma dell'articolo 568 del codice di procedura civile) si applichi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (28 giugno 2015) anche alle procedure esecutive pendenti all'11 novembre 2014, data di entrata in vigore della legge n. 162 del 2014 (di conversione del citato decreto-legge n. 132 del 2014).
  L'articolo 24 regola l'entrata in vigore del decreto-legge.
  Propone quindi di esprimere parere favorevole sul provvedimento.

  Daniele PESCO (M5S) stigmatizza, in particolare, il contenuto dell'articolo 16, il quale, modificando la disciplina fiscale delle svalutazioni e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari ai fini delle imposte dirette e consentendone la deducibilità in un unico esercizio, istituisce in sostanza una bad bank di fatto.
  A tale riguardo ricorda che la legge di stabilità per il 2014 aveva ampliato la possibilità per gli istituti di credito di dedurre le perdite derivanti da cessioni di crediti, rilevando come lo Stato abbia già sostenuto costi molto alti a causa di tali misure, delle quali le banche hanno ampiamente approfittato per vendere grandi asset di crediti non riscossi.
  Chiede quindi quale sia la motivazione posta alla base di tale ulteriore intervento, il quale comporta enormi benefici fiscali per gli istituti di credito, senza peraltro introdurre alcuna previsione che vincoli le banche stesse a utilizzare tali vantaggi per aumentare la concessione di credito alle famiglie e alle imprese.
  Nel ricordare che il suo gruppo ha presentato numerose proposte emendative su tale tematica, auspica che il Governo abbia il coraggio e l'onestà di tener conto degli stessi al fine di migliorare concretamente il decreto-legge e di correggerne le evidenti storture.

  Giovanni PAGLIA (SEL) chiede al relatore chiarimenti circa l'indicazione, contenuta nella relazione tecnica allegata al disegno di legge, secondo la quale le previsioni dell'articolo 16 avrebbero, nel 2015, un effetto finanziario neutrale, mentre comporterebbero addirittura, per gli anni successivi, un incremento del gettito erariale. Considera infatti tale valutazione molto aleatoria, essendo ancora molto difficile prevedere quale sarà il comportamento delle banche rispetto alle loro politiche di bilancio. In tale contesto considera più onesto rinviare tale quantificazione ad un momento successivo, atteso che, alla luce delle nuove previsioni, molto probabilmente gli istituti di credito saranno in condizioni, per le prossime annualità, di non versare alcuna somma a titolo di IRES.

  Paolo PETRINI (PD), relatore, con riferimento alle considerazioni del deputato Paglia, rileva innanzitutto come la quantificazione degli effetti di gettito determinati dall'articolo 16 sia effettuata in modo puntuale dalla relazione tecnica sulla base dei dati contenuti nei bilanci bancari. Sottolinea quindi come l'effetto di maggior gettito sia riconducibile, sostanzialmente, alla disciplina transitoria prevista dal medesimo articolo 16, la quale prevede una parziale sterilizzazione della deducibilità relativamente alle perdite realizzate nel primo periodo di applicazione delle nuove norme, nonché la spalmatura delle percentuali Pag. 156di deducibilità delle perdite realizzate negli anni precedenti, lungo un periodo temporale che si protrarrà fino al 2025.

  Daniele PESCO (M5S) stigmatizza come le banche siano esentate dall'obbligo di dimostrare l'effettività delle perdite da loro portate in deduzione, con un regime di evidente favore rispetto a tutti gli altri contribuenti.

  Marco CAUSI (PD) evidenzia come le nuove norme introdotte dall'articolo 16 del decreto-legge consentano di allineare i valori del bilancio civilistico ai valori fiscali, rilevando a tale proposito come le banche abbiano tutto l'interesse a svalutare, nei propri bilanci i crediti incagliati.
  In tale contesto segnala come uno degli elementi di maggiore rilevanza delle previsioni dell'articolo 16 sia dato dal fatto che la nuova disciplina di deducibilità risulta finanziata, in via transitoria, attraverso un regime transitorio di maggior rigore relativamente alla deducibilità delle perdite pregresse.
  Nel sottolineare come la finalità delle nuove norme sia quella di superare l'attuale disallineamento tra valori civilistici e valori fiscali, il quale determinava strutturalmente l'insorgere di crediti di imposta di rilevante ammontare in favore delle banche, ritiene che il superamento di tale condizione consentirà di rendere più trasparente l'intero sistema e di superare i rilievi sollevati a livello europeo in materia.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già prevista per la giornata di domani, nel corso della quale si procederà alla votazione della proposta di parere favorevole già formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 14.20.