CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 16 giugno 2015
464.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
COMUNICATO
Pag. 52

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 16 giugno 2015. — Presidenza della vicepresidente Flavia PICCOLI NARDELLI.

  La seduta comincia alle 11.

Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale, al codice di procedura penale e al codice di procedura civile in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante nonché di segreto professionale. Ulteriori disposizioni a tutela del soggetto diffamato.
Nuovo testo C. 925-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Flavia PICCOLI NARDELLI, presidente, poiché non vi sono obiezioni, accoglie la richiesta di attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

  Mara CAROCCI (PD), relatrice, espone che la proposta di legge in materia di diffamazione (A.C. 925 e A.S. 1119) torna alla Camera, per una terza lettura, dopo che la Camera stessa l'aveva approvata nel 2013 e che il Senato vi ha apportato alcune modifiche, approvando il testo nell'ottobre 2014. Ricorda quindi che la diffamazione è il reato di chi offende l'onore e la reputazione altrui (il codice penale distingue l'ingiuria dalla diffamazione, nel senso che l'offeso nell'ingiuria è presente, mentre nella diffamazione è assente e le parole diffamatorie sono rivolte a più persone) e che questo reato è perseguibile a querela di parte, ma più spesso viene fatto valere in sede civile come fatto illecito (articolo 2043 cod. civ.). La Cassazione ormai è consolidatissima sui seguenti Pag. 53assunti. I requisiti che devono sussistere affinché la cronaca e la critica giornalistica, ai sensi dell'articolo 21 della Costituzione, scrimini i reati contro l'onore sono: a) la verità dei fatti narrati; b) l'interesse pubblico della notizia; c) l'intrinseca correttezza espositiva.
  Rileva, al riguardo, che la critica ovviamente – di per sé – non può essere vera o falsa, ma necessita di modalità corrette e proporzionate. La proposta di legge concerne i soggetti responsabili per il delitto di diffamazione, interessandosi pertanto degli ambiti cui la disciplina è estesa, dei doveri del direttore responsabile, dei modi con cui occorre rimediare alle diffamazioni commesse e delle pene previste per la diffamazione. In prima lettura, questa Commissione discusse il parere nelle sedute del 30 e del 31 luglio 2013. Circa l'oggetto del parere della Commissione cultura, osserva che l'articolo 21 della Costituzione stabilisce che tutti i cittadini hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. I mezzi di diffusione della manifestazione del pensiero rientrano nell'ambito delle competenze della VII Commissione. Viceversa, il concetto di diffamazione, vale a dire l'oggetto del quesito di che confine passi tra libera manifestazione del pensiero e diffamazione, attiene ai contenuti del pensiero manifestato e quindi alla competenza della Commissione giustizia. L'articolo 21 della Costituzione prevede, altresì, che sia la legge (calata in un provvedimento giudiziario motivato) che possa limitare la libertà di manifestazione del pensiero a tutela di interessi di spessore equivalente (quali, per esempio, la dignità e l'onore delle persone) e prevedere anche il sequestro dello stampato per i casi in cui siano violate le disposizioni per l'indicazione dei responsabili dello stampato medesimo. Rileva, in definitiva, che la Commissione cultura può esprimersi su tutto il provvedimento, poiché esso non tocca il problema dei contenuti della comunicazione. Fa eccezione a questa conclusione la parte relativa agli aspetti di stretto diritto processuale.
  Poste queste premesse, fa notare che l'articolato interviene essenzialmente – sia pur non in modo esclusivo – sulla legge sulla stampa del 1948, che fu approvata precipuamente per restituire al settore la libertà che sotto il ventennio fascista le era stata sottratta.
  Andando nel dettaglio dell'articolato, ricorda che l'articolo 1, al comma 2, modifica l'articolo 8 della legge del 1948, a proposito del diritto alla rettifica. Evidenzia che nel testo vigente della legge del 1948 (poi modificato nel 1981), una persona che sia stata indicata nominativamente nello stampato e cui siano stati attribuiti fatti o comportamenti diffamatori può chiederne la rettifica con un testo che non ecceda le 30 righe, che il quotidiano deve pubblicare entro due giorni. Rileva poi che, nonostante la lettera della legge, generalmente i quotidiani raccolgono le richieste di rettifica in un'apposita rubrica (qualche volta vicina alle lettere al direttore) cui non è dato particolare risalto grafico. A tale prassi fa eccezione la rettifica domandata da personalità pubbliche. È tuttavia assai frequente che la rettifica sia accompagnata da repliche e puntualizzazioni in corsivo del cronista, talora in modo da sminuire o ironizzare sulla smentita.
  Sottolinea dunque che la proposta di legge nel testo risultante dalla lettura al Senato – e poi dalla terza lettura in Commissione alla Camera – non solo estende il diritto di rettifica dalle testate cartacee a quelle on-line, ma impone al direttore responsabile precise e inderogabili modalità di attuazione della rettifica. Si dice, infatti, che la rettifica deve avere un suo proprio titolo standard e debba avere anche le stesse caratteristiche grafiche, di metodologia, visibilità e accesso al sito della notizia cui si riferiscono. L'unico spazio concesso al direttore responsabile per il rifiuto è dato dal carattere penalmente rilevante della rettifica (eccezione già contenuta nella legge) e dal carattere inequivocabilmente falso della rettifica medesima: in questi due casi il direttore Pag. 54non pubblica la rettifica. Per i periodici il termine entro cui pubblicare la rettifica è di 15 giorni.
  Ricorda altresì che già nel testo che la Camera approvò nel 2013 è previsto l'inserimento nella legge del 1948 di un articolo 11-bis che offre al giudice criteri di quantificazione del danno nelle cause civili per pubblicazioni illecite e diffamatorie (tali criteri oggi sono desunti già da una densissima e collaudata stratificazione giurisprudenziale). Inoltre, il termine di prescrizione dell'azione civile di danno per diffamazione viene ridotta da cinque a due anni.
  Quanto invece al profilo penale, osserva che in questo testo viene eliminata la pena detentiva per il reato di diffamazione, essendo rimasta la sola pena pecuniaria da 5 mila a 10 mila euro per diffamazione a mezzo stampa semplice; e da 10 mila a 50 mila euro per quella aggravata. Restano immodificate, dalla prima lettura della Camera, diverse altre disposizioni tra cui il principio della residenza della persona offesa come criterio per individuare il luogo del giudice competente o, dalla lettura in Senato, come per esempio l'obbligo per il giudice di trasmettere all'Ordine dei giornalisti copia della condanna all'esecuzione della rettifica.
  Ricorda che all'articolo 3, rispetto al testo del Senato, la II Commissione della Camera, in terza lettura, ha soppresso la norma sul cosiddetto «diritto all'oblio», concetto di precaria, quando non addirittura discutibile, fondatezza teorica, dato il suo evidente impatto negativo sulla genuinità della ricerca storica. Il Senato ha modificato la nuova disposizione che la Camera ha aggiunto dopo il quarto comma e che estende il diritto di rettifica alla stampa non periodica, attualmente non disciplinato. Si prevede, a richiesta dell'offeso, che l'autore dello scritto (o, ex articolo 57-bis, c.p., l'editore ovvero, se del caso, lo stampatore), provvedano, in caso di ristampa o nuova diffusione anche in versione elettronica (e-book) alla pubblicazione – anche sul proprio sito Internet ufficiale – delle dichiarazioni o delle rettifiche chieste dai soggetti che si ritengano diffamati, purché queste non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale; per coordinamento con le modifiche introdotte, il Senato ha escluso l'obbligo di pubblicazione di dichiarazioni e rettifiche documentalmente false. Anche in tali casi, la rettifica deve essere pubblicata – nella prima ristampa utile, nel sito e nelle nuove pubblicazioni elettroniche – entro 2 giorni dalla richiesta. La rettifica deve avere idonea collocazione e caratteristica grafica e fare chiaro riferimento allo scritto che l'ha determinata.
  Rileva poi che il Senato ha, infine, aggiunto al nuovo comma un ultimo periodo che «sana», a tutela del soggetto diffamato, le ipotesi di mancata rettifica per impossibilità di una ristampa o di una nuova diffusione dello stampato o di pubblicazione nel sito internet; in tali casi, la rettifica andrà pubblicata su un quotidiano a diffusione nazionale.
  Evidenzia poi che gli articoli 3 e 5 contengono misure volte a disincentivare l'eccessivo ricorso alla querela o all'azione di danno per diffamazione. È prevista infatti la possibilità per il giudice di condannare il querelante al pagamento di una somma da devolvere alla Cassa delle ammende e, per quel che concerne il processo civile, di condannare l'attore per azione temeraria ad una somma che tuttavia non ecceda la metà dell'oggetto della domanda risarcitoria non accolta dal giudice. Da ultimo, la Commissione Giustizia ha aggiunto una disposizione che inserisce il credito nei confronti della proprietà delle testate, del direttore responsabile e del giornalista, tra i crediti privilegiati se il credito medesimo deriva dal regresso per aver risarcito danni per diffamazione.
  Ricorda, altresì, per completezza, che in larga misura le condizioni che la VII Commissione aveva posto nel parere del luglio 2013 avevano trovato accoglimento nel testo. Si tratta, in particolare, della condizione di cui al n. 1, laddove si raccomandava una più generalizzata estensione della disciplina della legge del 1948 alle testate radiotelevisive; la necessità che il direttore responsabile comunicasse all'autore dell'articolo il contenuto della richiesta Pag. 55di rettifica; l'efficacia scriminante della rettifica medesima e, da ultimo, l'introduzione di misure volte a disincentivare le cause temerarie.
  In definitiva, sottolinea che il provvedimento, come pure fu osservato nel 2013 dalla Commissione cultura, è apprezzabile per alcuni aspetti. Anzitutto, estendere la disciplina della legge della stampa anche alle testate on-line è un passo ormai doveroso, dal momento che l'informazione su Internet sta lentamente soppiantando la diffusione cartacea. In secondo luogo, l'abolizione della sanzione penale detentiva per la diffamazione potrebbe contribuire a sdrammatizzare taluni passaggi della polemica politica, specie in periodi elettorali. In terzo luogo, le disposizioni che servono a dissuadere dalla presentazione di querele infondate o dall'intrapresa di azioni civili temerarie e pretestuose sono tutte un netto progresso in favore della garanzia per un'attività giornalistica schietta, seria e fruibile. Aggiunge che resta sul tappeto, però, una questione inerente all'articolo 1, comma 5, del progetto di legge, laddove si apportano modifiche all'articolo 13 della legge del 1948. Come già si è detto, tale disposizione prevede la sola pena pecuniaria per la diffamazione a mezzo stampa, la pubblicazione della sentenza e l'interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da 1 a 6 mesi. Al comma 4 dell'articolo 13 è previsto, tuttavia, che la rettifica assuma il valore di una causa di non punibilità. La disposizione dice, infatti, che l'autore dell'offesa e il direttore responsabile che pubblichino la rettifica, sia stata essa chiesta dal diffamato o dal cronista stesso, non sono punibili. Che la rettifica escluda la punibilità sul piano penale è un'evidente modifica normativa, poiché la Corte di cassazione, nel silenzio della legge, ha sempre ritenuto il contrario. Ritiene, allora, opportuno che sia chiarito se la rettifica, che nel nuovo regime esclude la punibilità, abbia anche il valore di escludere la responsabilità civile.
  Si riserva, in conclusione, di formulare una proposta di parere alla luce del dibattito che verrà svolto in Commissione.

  Flavia PICCOLI NARDELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
C. 3098 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Simona Flavia MALPEZZI (PD), relatrice, ricorda che il disegno di legge in esame, già approvato dal Senato, composto di 18 articoli, reca deleghe al Governo per la riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni. In tale ambito, le disposizioni che più direttamente riguardano i settori sui quali la VII Commissione è competente si rinvengono, anzitutto, negli articoli 7, comma 1, lettera e), riguardante l'ordinamento sportivo e il Comitato italiano paralimpico, e 10, concernente gli enti pubblici di ricerca. In particolare, l'articolo 7, comma 1, lettera e), introdotto durante l'esame al Senato, delega il Governo ad intervenire, oltre che per la semplificazione e il coordinamento delle norme riguardanti l'ordinamento sportivo e il riconoscimento delle peculiarità dello sport per persone con disabilità, anche per lo «scorporo» del Comitato italiano paralimpico dal CONI, con sua trasformazione in ente autonomo di diritto pubblico e utilizzazione di parte delle risorse finanziarie attualmente in disponibilità o attribuite al CONI e, per tutte le attività strumentali, comprese le risorse umane, di CONI Servizi SpA, attraverso un apposito contratto di servizio. Prevede, infine, che il personale attualmente in servizio presso il CIP transita in CONI Servizi SpA.
  Ricorda che il termine per l'esercizio della delega è fissato in 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge. Al riguardo, segnala che un primo aspetto da chiarire riguarda che cosa si intenda per «scorporo» del CIP dal CONI, posto che, Pag. 56in base allo statuto, lo stesso CIP è (solo) posto sotto la vigilanza del CONI per le attività di alto livello e di preparazione paralimpica e di partecipazione ai Giochi Paralimpici. Se, dunque, si intende escludere la vigilanza del CONI, sarebbe opportuno utilizzare questa terminologia. Un secondo aspetto che meriterebbe di essere chiarito riguarda il riferimento alla utilizzazione di parte delle risorse finanziarie attribuite al CONI: ciò, in considerazione della circostanza che le linee di finanziamento dei due organi sono sempre state distinte e che, in particolare, la legge di stabilità per il 2015 ha stabilizzato, dal 2015, il finanziamento delle attività istituzionali del CIP, fino ad allora disposto annualmente, autorizzando la spesa di 7 milioni di euro annui.
  Rileva poi che l'articolo 10, anch'esso introdotto durante l'esame al Senato, intende favorire e semplificare le attività degli enti pubblici di ricerca – che, ovviamente, non fanno capo solo al MIUR – e rendere le procedure e le norme più consone alla peculiarità dei loro scopi istituzionali, anche considerando la loro autonomia. Osserva che i principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega – anche in tal caso da esercitare entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, sentite le parti sociali per la compatibilità con le previsioni del contratto collettivo nazionale – attengono a: definizione del ruolo dei ricercatori e tecnologi degli Enti pubblici di ricerca (EPR), recependo la Carta europea dei ricercatori e il documento European Framework for Research Careers, con particolare riguardo alla libertà di ricerca, all'autonomia professionale, alla formazione e all'aggiornamento professionale dei ricercatori; definizione, per il sistema della ricerca pubblica, di un sistema di regole più snello ed appropriato a gestirne la peculiarità dei tempi e delle esigenze, con particolare riferimento agli acquisti (di beni e servizi), alle partecipazioni internazionali, alle missioni, al reclutamento, alle spese generali e ai consumi, nonché di regole improntate ai principi di responsabilità ed autonomia decisionale, anche attraverso la riduzione dei controlli preventivi ed il rafforzamento di quelli successivi; razionalizzazione e semplificazione dei vincoli amministrativi, contabili e legislativi, limitandoli prioritariamente a quelli di tipo «a budget». Si prevede, inoltre, un più generico principio di semplificazione della normativa riguardante gli EPR e un coordinamento con le migliori pratiche internazionali. Al riguardo, segnala che l'obiettivo della semplificazione normativa sembrerebbe già declinato nei più specifici obiettivi che ho prima ricordato.
  Aggiunge che ulteriori disposizioni di interesse della Commissione si rinvengono:
   a) all'articolo 2, che reca una delega al Governo per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, da esercitare sempre entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge. In particolare, si conferma la previsione, già recata dalla disciplina vigente, in base alla quale si considera comunque acquisito l'assenso delle amministrazioni preposte (fra l'altro) alla tutela del patrimonio storico-artistico che, entro il termine dei lavori della conferenza, non si siano espresse nelle forme di legge. Si prevede, inoltre, la definizione, nel rispetto dei princìpi di ragionevolezza, economicità e leale collaborazione, di meccanismi e termini per la valutazione tecnica e per la composizione degli interessi pubblici nei casi in cui la legge preveda la partecipazione al procedimento delle medesime amministrazioni, in modo da pervenire in ogni caso alla conclusione del procedimento entro i termini previsti;
   b) all'articolo 3, che novella la legge sul procedimento amministrativo (legge n. 241 del 1990), introducendo nel capo IV, dedicato alla semplificazione dell'attività amministrativa, un nuovo articolo 17-bis che disciplina una particolare ipotesi di silenzio-assenso tra amministrazioni pubbliche nell'ambito dei procedimenti volti all'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi (si tratta, dunque, di un termine endoprocedimentale). In particolare, si prevede che le amministrazioni devono comunicare le rispettive decisioni Pag. 57all'amministrazione proponente entro 30 giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, salva la possibilità di interruzione del termine per esigenze istruttorie o per la presentazione di proposte di modifica, ipotesi nella quale il pronunciamento deve intervenire nei 30 giorni che seguono la ricezione degli elementi richiesti. Decorso inutilmente il termine, l'assenso, il concerto o il nulla osta si intende acquisito. Tale regola si applica anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta di amministrazioni preposte alla tutela dei beni culturali, ma in tal caso il termine è di sessanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente, salvo che termini diversi siano stabiliti da disposizioni di legge o dai provvedimenti del Consiglio dei ministri in caso di disaccordo. Osserva, però, che alla luce delle numerose novità normative già previste dal Governo e dal Parlamento nel settore dei beni culturali e del paesaggio, è ragionevole sostenere che la soluzione per migliorare ulteriormente il buon andamento dell'amministrazione di tutela del patrimonio culturale risieda in un potenziamento delle risorse strumentali e umane a disposizione e non nella introduzione di meccanismi automatici quali quello del «silenzio-assenso»: si potrebbe a questo punto provare a ripristinare la formulazione originale del testo approvato in Consiglio dei ministri, riferita al silenzio intercorrente esclusivamente tra amministrazioni statali e non tra amministrazioni pubbliche generalmente intese;
   c) all'articolo 7, laddove si delega il Governo alla riorganizzazione dell'amministrazione statale e, dunque, anche dei Ministeri. Ricorda che le linee direttrici sono costituite, fra l'altro, dalla riduzione degli uffici e del personale (anche dirigenziale) destinati ad attività strumentali e dal correlativo rafforzamento degli uffici che erogano prestazioni ai cittadini; dal riordino o dalla soppressione degli uffici e degli organismi per i quali risultino disfunzioni organizzative o finanziarie o duplicazioni di funzioni o strutture; dalla previsione che tutte le designazioni o nomine di competenza governativa o ministeriale devono essere esaminate dal Consiglio dei ministri; dalla disciplina degli uffici di diretta collaborazione di Ministri, viceministri e sottosegretari, per i quali si prevede la determinazione, da parte del Presidente del Consiglio, delle risorse finanziarie ad essi destinate, in relazione ad attribuzioni e dimensioni dei rispettivi Ministeri, anche al fine di garantire un'adeguata qualificazione professionale del personale impiegato. A tal proposito, sottolinea che gli uffici periferici competenti in materia di tutela del patrimonio culturale dovrebbero essere esclusi dalle indicate previsioni, per poter esercitare più pienamente le proprie funzioni di tutela del patrimonio culturale nazionale;
   d) all'articolo 9, che prevede l'istituzione del «sistema della dirigenza pubblica», articolato in ruoli unificati e coordinati, accomunati da requisiti omogenei di accesso e da procedure analoghe di reclutamento, basati sui principi del merito, dell'aggiornamento, della formazione continua, e caratterizzato dalla piena mobilità tra i ruoli. In particolare, questo articolo prevede l'istituzione di tre ruoli unici, riferiti a dirigenti statali, dirigenti regionali e dirigenti degli enti locali. Ricorda che nel ruolo unico dei dirigenti statali – istituito presso la Presidenza del Consiglio – rientrano, per quanto più direttamente interessa la VII Commissione, i dirigenti delle amministrazioni statali, di enti pubblici non economici nazionali, delle università statali, degli enti pubblici di ricerca (per i quali ultimi bisognerebbe chiarire se si intenda fare riferimento ai dirigenti amministrativi) e delle agenzie governative. È, invece, esclusa dai suddetti ruoli unici la dirigenza scolastica, per la quale è fatta salva la relativa disciplina speciale in materia di reclutamento e inquadramento. Per i dirigenti, viene, inoltre, prevista la soppressione dell'attuale distinzione in due fasce. È, contestualmente, istituita una Commissione per la dirigenza statale, chiamata, fra l'altro, a verificare il rispetto dei criteri di conferimento degli incarichi, nonché dell'effettiva adozione e del concreto utilizzo Pag. 58dei sistemi di valutazione al fine del conferimento e della revoca degli stessi incarichi. Aggiunge che ai decreti delegati spetta la definizione, per l'accesso alla dirigenza, degli istituti del corso-concorso e del concorso, secondo i principi di delega indicati nel testo, fra cui la cadenza annuale, il possesso di un titolo di studio non inferiore alla laurea magistrale, il superamento di un successivo esame dopo un primo periodo di immissione in servizio, l'esclusione di graduatorie di idonei. Altri criteri di delega riguardano: la definizione di una disciplina sul conferimento degli incarichi, nel rispetto di una serie di principi, tra cui lo svolgimento della procedura con avviso pubblico; la durata quadriennale degli incarichi, rinnovabili previa partecipazione alla procedura di avviso pubblico e con facoltà di rinnovo per ulteriori due anni senza la procedura selettiva per una sola volta; la definizione di presupposti oggetti per la revoca degli incarichi; la rilevanza della valutazione; il riordino delle norme relative alle ipotesi di responsabilità dirigenziale, amministrativo-contabile e disciplinare dei dirigenti; la definizione della disciplina retributiva secondo criteri fra i quali, in particolare, l'omogeneizzazione del trattamento economico nell'ambito di ciascun ruolo unico e la determinazione di limiti assoluti correlati alla tipologia di incarico;
   e) all'articolo 11, che, al fine di favorire e promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche prevede – per quanto più direttamente interessa la Commissione cultura – che le stesse, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente, stipulino convenzioni con asili nido e scuole dell'infanzia e organizzino, anche attraverso accordi con altre amministrazioni pubbliche, servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica. Tale previsione si pone in continuità e armonia con l'articolo 22, comma 2, lettera f) – nel testo all'esame del Senato – del recente disegno di legge cosiddetto della «Buona Scuola». Si riserva, infine, anche alla luce del dibattito che si svolgerà in Commissione, di formulare una proposta di parere nel prosieguo dell'esame del provvedimento.

  Francesco D'UVA (M5S), pur dichiarandosi favorevole allo «scorporo» del CIP dal CONI – disciplinato dall'articolo 7, comma 1, lettera e) – ritiene utile che si chiarisca quanto testé evidenziato in merito dalla relatrice. Con riferimento, poi, alla delega prevista all'articolo 10, concernente l'attività degli enti pubblici di ricerca, osserva che i criteri e principi direttivi ivi indicati risultano assai generici, attribuendosi in tal modo all'Esecutivo troppa discrezionalità nell'emanazione dei decreti legislativi attuativi. Rileva inoltre come appaia incongruo che gli oltre 20 enti di ricerca pubblici siano vigilati da una pluralità di Ministeri, ritenendo forse più opportuno che tutti gli enti di ricerca facciano riferimento, in particolare, al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca o al Ministero dello sviluppo economico, differenziandosi a seconda che l'attività concerna la ricerca di base o quella applicata. Reputa, infine, opportuno prevedere meccanismi che permettano a ciascun ricercatore di transitare da un ente di ricerca a un altro, senza che questo comporti un pregiudizio per lo status del ricercatore.

  Laura COCCIA (PD) osserva che lo scorporo del CIP dal CONI non deve costituire l'occasione per far assumere ulteriori incarichi alle medesime persone, creandosi in tal modo evidenti conflitti d'interesse.

  Gianna MALISANI (PD), dopo aver ringraziato la relatrice per l'accurato lavoro svolto, osserva come, finora, sembra sia stato messo in discussione – da altre amministrazioni pubbliche – l'importante lavoro svolto dalle Soprintendenze territoriali del MIBACT, che ha come scopo irrinunciabile quello della tutela e salvaguardia del nostro patrimonio storico, culturale e artistico. Rileva, quindi, come l'aver portato – all'articolo 3, capoverso Art. 17-bis, comma 3 – a 60 giorni, invece Pag. 59che a 30 come previsto in via generale, il termine dopo il quale si perfeziona il silenzio-assenso con riferimento agli atti emanati da amministrazioni a tutela dei beni culturali, potrebbe non essere sufficiente, dovendosi forse aumentare tale termine a 90 giorni. Un'apposita condizione in tal senso, nel parere che la VII Commissione si accinge ad esprimere, dovrebbe essere posta. Ciò deve essere valutato anche alla luce della scarsità di personale assegnato alle soprintendenze territoriali del MIBACT – di cui auspica un significativo incremento, dovendosi porre inoltre particolare attenzione alla disciplina relativo alla dirigenza, a livello territoriale, in questo settore – e delle disposizioni di cui all'articolo 2, in materia di Conferenza di servizi.

  Flavia PICCOLI NARDELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Moldova, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2014.
C. 3027 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Giulia NARDUOLO (PD), relatrice, ricorda che il disegno di legge in esame reca la ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e la Moldova, dall'altra, fatto a Bruxelles il 27 giugno 2014, che è stato assegnato in sede referente alla III Commissione. Il provvedimento in oggetto si inserisce – come l'analogo Accordo di associazione con l'Ucraina, appena esaminato in sede consultiva dalla VII Commissione – nell'ambito delle iniziative di politica estera dell'Unione europea.
  Rileva, quindi, per quanto riguarda specificamente le relazioni tra l'Unione europea e la Moldova, che, rispetto all'Accordo di partenariato e cooperazione in vigore dal 1998, queste hanno conosciuto un ampliamento e un arricchimento, così da indurre le Parti, nel 2010, a iniziare i negoziati per un nuovo Accordo, da stipulare alla luce della nuova strategia europea del Partenariato orientale. Aggiunge che, nel suo complesso, l'Accordo va inteso alla stregua di una vera e propria agenda per le riforme, volta a stimolare l'adeguamento della Moldova agli standard normativi europei in tutti i campi e per questo vengono incluse nell'Accordo politiche nazionali in tema di appalti, concorrenza, proprietà intellettuale e sviluppo sostenibile e previsioni specifiche volte a incidere sulla modernizzazione dell'economia della Moldova.
  Con riferimento al contenuto dell'Accordo ed evidenziando gli aspetti di diretta competenza della VII Commissione – che appaiono limitati tenuto conto dell'ampiezza e della natura delle materie in esso trattate – ricorda che il testo in esame si compone di un preambolo, 465 articoli organizzati in 7 Titoli, 35 Allegati relativi a questioni tecniche e ad aspetti normativi dell'Unione europea soggetti a progressivo adeguamento da parte moldova e 4 protocolli.
  Osserva quindi che, nel suo complesso, l'Accordo si articola attorno a cinque fulcri fondamentali:
   a) la condivisione di valori e principi – quali la democrazia, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, lo Stato di diritto, lo sviluppo sostenibile e l'economia di mercato;
   b) una cooperazione più forte nella politica estera e di sicurezza, con particolare riguardo alla stabilità della regione;
   c) la creazione di un'area di libero scambio ampia e approfondita;
   d) uno spazio comune di giustizia, libertà e sicurezza, con particolare riguardo Pag. 60ai profili migratori, alla lotta al riciclaggio, ai traffici illegali di droga e al crimine organizzato;
   e) la cooperazione in 28 settori chiave, di cui meglio si dirà in seguito.

  Per quanto riguarda gli aspetti d'interesse per la VII Commissione, rileva che il Titolo IV (Cooperazione economica e in altri settori) contiene gli impegni delle Parti in 28 settori chiave, corrispondenti ad altrettanti Capi in cui il Titolo IV si articola. Si riferisce, in particolare, al Capo 18 in materia di società dell'informazione; al Capo 23, in materia di istruzione, formazione, multilinguismo, gioventù e sport; al Capo 24 in materia di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione; al Capo 25 relativo a cultura, politica audiovisiva e media. In relazione al Capo 18, in materia di società dell'informazione (articoli 98-102), questo prevede che le parti rafforzino la cooperazione per sviluppare la società dell'informazione – a vantaggio di cittadini e imprese – mediante la diffusione delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC), promuovendo, tra l'altro, l'accesso alla banda larga e lo sviluppo dei servizi pubblici on line e migliorando la sicurezza della rete.
  Con riferimento, poi, al Capo 23 del medesimo Titolo IV (articoli 122-126), in materia di istruzione, formazione, multilinguismo, gioventù e sport, si prevede che le parti cooperino per promuovere l'apprendimento permanente e stimolare la cooperazione e la trasparenza a tutti i livelli di istruzione e di formazione, in specie con riferimento all'istruzione superiore. In particolare, tale cooperazione si concentra, tra l'altro, sui seguenti aspetti:
   a) promozione dell'apprendimento permanente, quale elemento fondamentale per la crescita e l'occupazione;
   b) ammodernamento dei sistemi di istruzione e formazione;
   c) promozione di una convergenza nel campo dell'istruzione superiore, derivante dal processo di Bologna (che ha come obiettivo quello di costruire uno Spazio europeo dell'istruzione superiore) e dal progetto dell'Unione europea per la modernizzazione dei sistemi d'istruzione superiore;
   d) rafforzamento della cooperazione accademica internazionale. Le Parti, inoltre, promuovono la cooperazione e gli scambi per l'apprendimento permanente delle lingue (articolo 124) e nel campo dello sport e dell'attività fisica, mediante lo scambio di informazioni e di buone pratiche, al fine di promuovere uno stile di vita sano, i valori sociali ed educativi dello sport e la buona governance in ambito sportivo, nelle società dell'Unione europea e della Repubblica Moldova (articolo 126).

  Relativamente, poi, al Capo 24 del Titolo IV (articoli 127-129) in materia di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (le attività di dimostrazione sono quelle finalizzate a dimostrare la validità delle nuove tecnologie, le quali non possono essere ancora commercializzate, ma da cui ci si aspetta di trarre un beneficio economico) osserva che l'Accordo prevede, in via generale, che le Parti promuovano la cooperazione in tutti i settori relativi alla ricerca scientifica civile e allo sviluppo tecnologico e alla dimostrazione (RST) sulla base del reciproco vantaggio e a condizione di assicurare l'adeguata ed effettiva tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Segue una specificazione delle singole modalità di cooperazione in tale settore.
  Aggiunge, infine, con riferimento al Capo 25 del Titolo IV (articoli 130-133) relativo a cultura, politica audiovisiva e media, che in esso si prevede che le Parti promuovano la cooperazione culturale conformemente ai principi sanciti dalla Convenzione per l'educazione, la scienza e la cultura (Unesco) del 2005 sulla protezione e promozione della diversità delle espressioni culturali (articolo 130). Le Parti inoltre sviluppano un dialogo regolare e cooperano per promuovere in Europa l'industria audiovisiva e incoraggiare le coproduzioni nei settori cinematografico Pag. 61e televisivo. È previsto altresì che la cooperazione potrebbe riguardare, tra l'altro, il tema della formazione dei giornalisti e di altri professionisti dei media, nonché il sostegno ai media stessi, per rafforzarne l'indipendenza, la professionalità e i legami con i media dell'Unione europea (articolo 131). Sono previste, infine, tra gli altri aspetti, la mobilità dell'arte e degli artisti e il dialogo interculturale (articolo 132).
  Segnala, inoltre, la disposizione di cui al Titolo V, articolo 261, paragrafo 2, lettera d), che prevede, tra le eccezioni alle disposizioni del Capo 6 del predetto Titolo V, la garanzia che le Parti possano comunque adottare o applicare i provvedimenti necessari per la tutela del patrimonio nazionale di valore artistico, storico o archeologico.
  Ricorda, poi, il Capo 9 del suddetto Titolo V (277-332) concernente i diritti di proprietà intellettuale: obiettivo di tali disposizioni, come recita l'articolo 277, è quello di agevolare la produzione e la commercializzazione di prodotti innovativi e creativi tra le Parti e di conseguire un opportuno ed efficace livello di protezione e rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Seguono quindi disposizioni – cui rimanda – concernenti la protezione accordata al diritto d'autore e diritti connessi (articolo 280), gli autori (articolo 281), gli artisti interpreti o esecutori (articolo 282), i produttori di fonogrammi (articolo 284), gli organismi di radiodiffusione e comunicazione al pubblico (articoli 284-285). Evidenzia, poi, l'indicazione della durata della protezione, indicata all'articolo 286, il quale, in particolare, prevede che i diritti d'autore di opere letterarie e artistiche durino tutta la vita dell'autore e sino al termine del settantesimo anno dopo la sua morte e che i diritti degli artisti interpreti o esecutori scadano non prima di 50 anni dopo la data dell'esecuzione. Seguono disposizioni sulla protezione delle misure tecnologiche e delle informazioni sul regime dei diritti (articoli 287-288), sul diritto degli autori sulle vendite successive delle opere d'arte (articolo 290) e sulla cooperazione in materia di gestione collettiva dei diritti (articolo 291).
  Segnala, inoltre – sempre nell'ambito del Capo 9 del Titolo V – le disposizioni sui marchi commerciali (articoli 292-295), sulle indicazioni geografiche (articoli 296-306), sui disegni e modelli (articoli 307-311) e sui brevetti (articoli 312-317).
  Sottolinea, infine, l'articolo 434 del Titolo VII, che istituisce un Consiglio di associazione, incaricato di esercitare la vigilanza e il controllo sull'applicazione e attuazione dell'Accordo: questo si riunisce periodicamente, a livello ministeriale, almeno una volta l'anno, ed è composto da membri del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea, da una parte, e da membri del Governo della Repubblica di Moldova, dall'altra. Ricorda, inoltre, che viene istituito anche un Comitato parlamentare di associazione, composto da membri del Parlamento europeo, da un lato, e da membri del Parlamento della Repubblica di Moldova, dall'altro, e che l'Accordo viene concluso per una durata illimitata.
  Con riferimento al contenuto del disegno di legge di ratifica, rileva che questo si compone di quattro articoli: i primi due contengono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo e l'ordine di esecuzione del medesimo.
  Aggiunge che l'articolo 3 reca la quantificazione e la copertura degli oneri finanziari derivanti dall'attuazione del Protocollo III allegato all'Accordo, in materia di assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale, valutati in 6.360 euro annui a decorrere dal 2016, ai quali si farà fronte con corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Segnala quindi che la relazione tecnica annessa al provvedimento chiarisce preliminarmente come l'attuazione della cooperazione nei settori previsti dall'Accordo di associazione tra Unione europea e Moldova non richieda contributi addizionali né cofinanziamento da parte degli Stati membri, essendo demandata agli organi istituzionali Pag. 62competenti dell'Unione europea. Trascurabile è poi definita la perdita di gettito IVA per il venir meno dei dazi sulle importazioni dalla Moldova. Pertanto le uniche disposizioni in grado di produrre effetti sulla finanza pubblica del nostro Paese sarebbero limitate appunto ai citati articoli 7 e 11 del Protocollo III all'Accordo di associazione, relativo all'assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale, con particolare riferimento alle spese di missione.
  Per ulteriori approfondimenti sull'intero provvedimento, rimanda alla documentazione predisposta dagli uffici, riservandosi di formulare una proposta di parere nel prosieguo dell'esame.

  Flavia PICCOLI NARDELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 11.45.