CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 13 maggio 2015
444.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Mercoledì 13 maggio 2015. — Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE. – Interviene il sottosegretario per l'economia e le finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 13.30.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, avverte che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-05567 Villarosa: Esenzione dall'imposta di bollo dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione attraverso il mercato elettronico della PA.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) illustra la propria interrogazione, la quale sottopone all'attenzione del Governo alcune questioni relative all'attuazione della disciplina relativa al mercato elettronico della pubblica amministrazione, nel quale le amministrazioni possono acquistare beni e servizi da fornitori abilitati.
  In tale ambito l'interrogazione sottolinea in primo luogo come l'amministrazione imponga alle imprese fornitrici della pubblica amministrazione di produrre in forma cartacea gli ordini di acquisto realizzati nell'ambito del mercato elettronico della PA e di scontare su tali documenti l'imposta di bollo. Rileva quindi come l'applicazione di tale imposta a soggetti che attraversano una fase di grave difficoltà economica comporti un ulteriore aggravio nei loro confronti, a fronte di un gettito a favore dell'Erario che non sarebbe molto rilevante, essendo stimabile in circa 50 milioni di euro.
  Evidenzia inoltre come il suo atto di sindacato ispettivo sia inoltre volto a indurre il Governo a un ripensamento circa il sistema di gestione del numero verde del call center di AcquistinretePA, il quale risulta essere a pagamento, ponendo così un ulteriore onere a carico delle imprese interessate.

  Il Sottosegretario Enrico ZANETTI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), nel ringraziare il Sottosegretario per la risposta, accoglie con favore il fatto che il Governo si dimostri attento rispetto alle esigenze, prospettate dalla sua interrogazione, delle imprese che utilizzano il mercato elettronico della pubblica amministrazione. Ritiene al riguardo che sia possibile dare positivamente soluzione alla questione segnalata, anche in considerazione del fatto che l'esenzione dall'applicazione dell'imposta di bollo degli ordini d'acquisto prodotti in tale ambito determinerebbe un minor gettito erariale piuttosto contenuto.
  Con particolare riferimento ai costi connessi al numero verde del call center di AcquistinretePA, sottolinea l'esigenza che, anche ove fossero previsti dei costi per i servizi aggiuntivi, tali costi non riguardino comunque le chiamate finalizzate alla risoluzione dei problemi riscontrati dagli utenti nell'utilizzo del sistema.

  Girolamo PISANO (M5S) rileva come la parte finale della risposta del Sottosegretario, relativa alle modalità di supporto per quanti accedono al Portale «Acquistinrete» presupponga l'esistenza di un sistema perfettamente funzionante, mentre lo stesso risulta, a suo avviso, farraginoso e inefficiente sotto diversi aspetti.
  Nel sottolineare, inoltre, come tale sistema risulti sempre più in uso da parte delle pubbliche amministrazioni, essendo stato adottato anche dagli enti locali, e debba pertanto essere necessariamente utilizzato anche dalle imprese fornitrici, sottolinea la necessità di intervenire per migliorarlo.

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5-05568 Paglia: Possibilità per i comuni di applicare aliquote differenziate della TASI sugli immobili destinati a esercizio commerciale in ragione della presenza o meno in tali immobili di apparecchiature destinate al gioco d'azzardo.

  Giovanni PAGLIA (SEL), rinuncia a illustrare la propria interrogazione.

  Il Sottosegretario Enrico ZANETTI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Giovanni PAGLIA (SEL), ringrazia per la risposta, la quale indica che i comuni possono differenziare, sia pure entro i limiti di legge e in modo non arbitrario, le aliquote della TASI sugli immobili destinati a esercizio commerciale in ragione della presenza o meno in tali immobili di apparecchiature destinate al gioco d'azzardo.

5-05569 Barbanti: Accertamenti in merito alla contabilizzazione di operazioni in strumenti finanziari derivati poste in essere dalla banca Monte dei Paschi di Siena e rafforzamento degli assetti di vigilanza in materia.

  Sebastiano BARBANTI (Misto-AL) illustra la propria interrogazione, la quale prende avvio dalla notizia, resa nota da fonti di stampa, che la Procura di Milano ha concluso nello scorso aprile l'inchiesta aperta nei confronti dei legali rappresentanti del Monte dei Paschi di Siena per il reato di false comunicazioni all'assemblea dei soci relativo al bilancio di esercizio del 2009 e del reato di manipolazione di mercato, in relazione alla complessa operazione di ristrutturazione dei derivati denominata «Alexandria» eseguita da Monte dei Paschi con la banca giapponese Nomura.
  Rammenta come, dai documenti della Procura, emerga che, per effetto della struttura contrattuale adottata nel bilancio al 31 dicembre 2009, approvato il 27 aprile 2010, le diverse componenti della suddetta operazione di finanza strutturata venivano contabilizzate disgiuntamente, allocandole in portafogli diversi e omettendo una rappresentazione unitaria delle stesse che consentisse di coglierne l'effettiva sostanza economica di credit default swap, secondo i principi internazionali IAS/IFRS, in base ai quali la sostanza deve prevalere sulla forma contrattuale adottata.
  In particolare, segnala come, in base agli atti dell'indagine, i 3,5 miliardi di BTp oggetto dell'operazione con Nomura fossero stati appostati sotto la voce «attività disponibili per la vendita, quindi come asset nella disponibilità della banca, mentre secondo i pm questi asset erano «solo figurativi».
  Fa inoltre presente come la stessa operazione di cui la Procura ha individuato la natura fittizia sia a tutt'oggi contabilizzata dalla banca come un investimento di titoli di Stato e ricorda che la circostanza che tale operazione fosse in realtà un derivato era stata già sollevata degli ispettori inviati da Banca d'Italia presso la sede del Monte Paschi di Siena, i quali, nel marzo 2012, rilevando l'anomalia di tale operazione, riportarono nel rapporto finale le seguenti osservazioni: «lo schema dei flussi di cassa della complessiva struttura, può essere definita in breve struttura BTp 2034, replica quello di una posizione short in un CDS, in cui MPS vende protezione sul rischio Italia a Nomura su un nozionale di 3,05 miliardi dietro la corresponsione di un premio annuale di 44 punti base».
  Ricorda inoltre che, sempre gli stessi ispettori, analizzando sotto un profilo contabile l'operazione, rilevarono che «i titoli BTp 2034 sono stati iscritti nel portafoglio Afs (asset for sales), il Repo è stato iscritto come debito verso le banche e contabilizzato a costo ammortizzato, così come il cash collateral. Quanto agli Irs (interest rate swap) sono stati contabilizzati come derivati di copertura sul rischio di tasso» e che essi aggiunsero che «l'operazione nel suo complesso si sostanzia in un derivato creditizio. E di norma i derivati di credito sono iscritti (in bilancio) nel portafoglio attività finanziarie di negoziazione e le variazioni del fair value sono rilevate nel conto economico. L'azienda ha invece contabilizzato Pag. 120le diverse componenti dell'operazione (...) allocandole in diversi portafogli» così anticipando, di fatto, le determinazioni della Procura di Milano.
  Nel rilevare come, nonostante le rilevazioni dell'Organo di Vigilanza e della Procura di Milano, a tutt'oggi il bilancio di Monte dei Paschi di Siena continui a esporre le poste contabili in maniera errata e fuorviante, rimandando a una lettura solo apparentemente più approfondita a dei prospetti «pro-forma», segnala inoltre che, in corrispondenza dell'assemblea degli azionisti il 16 aprile scorso, la Banca ha rivelato che se le operazioni con Nomura e Deutsche Bank fossero state riconosciute come derivati, la massima perdita possibile (c.d. Value at Risk of Var) in un giorno sarebbe stato di euro 81 milioni di euro nel 2014 e di 163 milioni di euro nel 2013, ovvero ben al di sopra dei valori ufficialmente dichiarati nel bilancio 2014.
  Sottolinea quindi come gli impegni sottoscritti dall'Italia con la Commissione Europea nel novembre 2013 a fronte dell'approvazione degli aiuti di Stato a MPS, imponessero alla banca di non superare un livello di rischio nell'attività di trading, il quale risulta invece ampiamente superato, e ricorda che la principale banca d'affari a livello mondiale (Goldman Sachs) ha dichiarato un livello di rischio (VAR) di USD 51 milioni nel 2014 e USD 63 milioni nel 2013.
  In tale contesto rileva come si debba dedurre che MPS, pur avendo una struttura di capitale relativamente debole al punto da richiedere un nuovo aumento di capitale appena approvato dai soci (3 miliardi di euro) e pur dovendo ancora restituire 1 miliardo di euro di aiuti di Stato, abbia posizioni speculative di rischio ben superiori a quelle della Goldman Sachs.
  Richiama inoltre l'articolo 154-ter del Testo unico della finanza, il quale attribuisce alla CONSOB, nel caso in cui essa abbia accertato che le relazioni finanziarie non sono conformi alle norme che ne disciplinano la redazione, il potere di chiedere all'emittente di rendere pubblica tale circostanza e di pubblicare le informazioni necessarie a ripristinare una corretta informazione del mercato».
  Pur nel rispetto del principio di non colpevolezza fino all'emanazione di sentenza passata in giudicato, evidenzia quindi che, qualora quanto rilevato dalla Procura di Milano si dimostrasse vero, non solo il bilancio del 2009 della BMPS sarebbe falso, ma lo sarebbero anche tutti quelli successivi, poiché se i 3,5 miliardi di BTp oggetto dell'operazione con Nomura erano «solo figurativi», ne conseguirebbe l'inesistenza di BTP nella struttura di «Alexandria».
  Fa inoltre presente come, secondo fonti di agenzia, gli attuali vertici di MPS avrebbero avviato trattative con la banca giapponese Nomura per la chiusura dell'operazione di ristrutturazione del derivato e rileva come che tali circostanze possano far supporre che la vicenda in esame possa essere ricondotta nella fattispecie dell'omessa vigilanza, a carico delle autorità di controllo indipendenti del settore, ovvero di CONSOB e Banca d'Italia, a partire dall'anno 2009.
  Ritiene inoltre che, poiché l'informazione sull'inesistenza dei titoli BTP apparentemente facenti parte dell'operazione Alexandria non è provenuta né dalla CONSOB né dalla Banca d'Italia, sia logico ritenere che i magistrati inquirenti abbiano appreso la notizia dell'inesistenza dei BTP direttamente da Monte Titoli, la quale è anch'essa sottoposta alla vigilanza della CONSOB.
  Ricorda inoltre che la CONSOB non ha chiesto alcuna verifica a Monte Titoli né a seguito delle comunicazioni effettuate in tal senso dall'Autorità di vigilanza tedesca (Bafin) alla Deutsche Bank e alla CONSOB stessa, né quando Nomura ha dichiarato ai magistrati che i suddetti BTP non esistevano.
  In tale contesto l'interrogazione chiede al Ministro dell'economia se sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative strutturali, necessarie e urgenti, intenda porre in essere al fine di scongiurare, per il futuro, il ripetersi di simili episodi.Pag. 121
  L'atto di sindacato ispettivo chiede inoltre se il Ministro non ritenga opportuno modificare la disciplina delle due autorità amministrative indipendenti, la Banca d'Italia e la CONSOB, al fine di indurre a maggiore solerzia e attenzione la dirigenza delle stesse, prevedendo nuove e più efficaci forme di responsabilità, seppur collegate alla particolare indipendenza di cui le due istituzioni godono, onde prevenire il ricorso a pratiche finanziarie tanto spericolate ed evitare ripercussioni sulla stabilità delle finanze pubbliche e sul legittimo affidamento dei clienti delle banche.

  Il Sottosegretario Enrico ZANETTI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

  Sebastiano BARBANTI (Misto-AL), nel ringraziare il Sottosegretario, si dichiara tuttavia insoddisfatto della risposta, evidenziando come essa, in analogia a quanto molto spesso accaduto in occasione dello svolgimento di precedenti interrogazioni, abbia completamente eluso la questione posta dalla sua interrogazione.
  Con riferimento ai profili di responsabilità ricadenti sulla CONSOB, considera paradossale che quest'ultima non abbia sollevato rilievi su tale vicenda, nonostante le comunicazioni trasmesse alla stessa CONSOB dalla BAFIN, le risultanze emerse dall'indagine della Procura di Milano, l'evidente violazione dei principi contabili internazionali e le notizie emerse in occasione dell'assemblea degli azionisti della banca del 16 aprile scorso. Ritiene quindi che in tale caso si evidenzi la palese violazione, da parte della CONSOB stessa, dei propri doveri di vigilanza, fino a concretizzare la fattispecie di vera e propria omessa vigilanza.
  Sottolinea pertanto, in termini più generali, l'esigenza che il Governo compia un'attenta riflessione circa i limiti e le modalità con le quali la Banca d'Italia e la CONSOB esercitano i propri poteri e assolvono ai propri compiti, ritenendo che il doveroso rispetto dell'indipendenza di tali autorità non possa fornire giustificazione a forme di abuso di potere, come nelle vicende relative a MPS richiamate dal suo atto di sindacato ispettivo.
  Reputa inoltre grave che il Parlamento non possa intervenire in tali ambiti, a tutela degli azionisti coinvolti e, più in generale, della collettività, ritenendo a tal fine opportuno che la risposta del Governo fornisse elementi anche in tal senso.

5-05570 Causi: Iniziative per la cancellazione delle segnalazioni pregiudizievoli registrate presso la centrale dei rischi e i sistemi di informazioni creditizie.

  Marco CAUSI (PD) rinuncia a illustrare la propria interrogazione.

  Il Sottosegretario Enrico ZANETTI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).

  Marco CAUSI (PD) si dichiara soddisfatto della risposta.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 14.10.

INTERROGAZIONI

  Mercoledì 13 maggio 2015. — Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE. – Interviene il sottosegretario per l'economia e le finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 14.10.

5-05291 Moretto: Attuazione della norma della legge di stabilità 2015 relativa al credito d'imposta in favore dei fondi pensione.

  Il Sottosegretario Enrico ZANETTI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 5).

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  Sara MORETTO (PD) ringrazia il Sottosegretario per la risposta, accogliendo con favore la notizia che il 7 maggio scorso è stato adottato il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di attuazione delle norme concernenti l'istituzione del credito d'imposta in favore delle forme di previdenza complementare.
  Ritiene infatti che, come evidenziato dal suo atto di sindacato ispettivo, tali misure possano avere il duplice effetto di compensare l'incremento delle imposte che ha colpito anche tali forme di investimento, nonché di costituire una forma di sostegno all'economia attraverso la previsione di agevolazioni fiscali per le somme investite in attività di carattere finanziario.
  Con riferimento all'individuazione, effettuata nell'ambito del decreto, delle attività che daranno luogo a tali benefici fiscali, giudica inoltre in modo particolarmente favorevole il fatto che, oltre al settore delle infrastrutture, sia stato incluso anche quello delle PMI, il quale incide fortemente sull'intera economia reale e che potrà trarre ampio vantaggio da tale strumento di attrazione degli investimenti.

5-05553 Pisano: Problematiche relative alle ritenute alla fonte a titolo di acconto operate sui redditi imponibili.

  Il Sottosegretario Enrico ZANETTI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 6).

  Girolamo PISANO (M5S) si dichiara soddisfatto della risposta, la quale indica la disponibilità del Governo e dell'Agenzia delle entrate a mettere a disposizione un'ampia quantità di dati sui temi oggetto dell'interrogazione.
  Con riferimento al merito della sua interrogazione, ribadisce come essa sottoponga all'Esecutivo la complesse questioni applicative relative allo scomputo delle ritenute alla fonte a titolo di acconto operate l'anno successivo a quello di competenza, con riferimento alle difficoltà derivanti dal mancato rilascio, da parte del sostituto, della certificazione attestante le ritenute effettuate sui compensi entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di imputazione dei compensi stessi.
  Sottolinea infatti come le modifiche normative introdotte in tale ambito abbiano condotto a una maggiore semplificazione degli oneri dichiarativi a carico dei sostituti d'imposta, ma abbiano al tempo stesso determinato una situazione di maggiore difficoltà per i contribuenti sostituiti, nella fase in cui subiscono controlli fiscali. Auspica pertanto che il Governo possa intervenire a controbilanciare tale situazione, anche cogliendo l'occasione fornita in tal senso dallo schema di decreto legislativo, attuativo della legge delega per la riforma fiscale, in tema di fatturazione elettronica, del quale la Commissione ha appena avviato l'esame, prevedendo in quest'ultimo ambito che i contribuenti i quali scelgono di aderire a tale nuovo sistema siano esclusi dall'applicazione delle ritenute d'imposta.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 14.20.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 13 maggio 2015. — Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE. – Interviene il sottosegretario per l'economia e le finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 14.20.

Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio.
C. 3088, approvata dal Senato, e abb.
(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

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  Daniele CAPEZZONE, presidente, avverte che la Commissione dovrà concludere l'esame del provvedimento entro domani, prima dell'avvio delle votazioni in Assemblea, in quanto la Commissione Giustizia terminerà l'esame, in sede referente, dell'intervento legislativo nella stessa mattinata di domani.

  Andrea DE MARIA (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini del parere alla Commissione Giustizia, la proposta di legge C. 3008, approvata dal Senato, recante disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio, adottata come testo base dalla II Commissione, cui sono abbinate numerose altre proposte di legge.
  In tale contesto sottolinea innanzitutto la grande rilevanza del provvedimento, il quale pone in atto una serie di interventi normativi di notevole rilievo sotto il profilo del contrasto alla corruzione e alle infiltrazioni criminali che spesso si connettono a tali fenomeni, nonché per quanto riguarda la disciplina sanzionatoria in materia di falso in bilancio.
  Nell'esprimere fin d'ora una valutazione positiva sul provvedimento, evidenzia come esso adempia all'impegno di assicurare una condizione di legalità che costituisce elemento fondamentale per la vita democratica nonché per la ripresa economica del Paese.
  In particolare, per quanto riguarda i temi del falso in bilancio, le modifiche apportate dall'intervento legislativo sanano la ferita inferta alla legalità dalle modifiche apportate a tale disciplina nelle ultime legislature, individuando una soluzione equilibrata che tiene conto delle legittime esigenze del sistema delle imprese.
  Passando a un'illustrazione puntuale del contenuto della proposta di legge, che non è stata modificata dalla Commissione Giustizia nel corso dell'esame in sede referente e che si compone di 12 articoli, suddivisi in 2 Capi, evidenzia come il Capo I, composto dagli articoli da 1 a 8, rechi norme in materia di delitti contro la pubblica amministrazione e di associazioni di tipo mafioso.
  L'articolo 1, il quale modifica il codice penale per inasprire le pene principali e le pene accessorie previste per i delitti commessi dal pubblico ufficiale contro la pubblica amministrazione.
  In particolare, la lettera a) del comma 1 interviene sull'articolo 32-ter del codice penale, relativo all'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, cioè al divieto di concludere contratti con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, pena accessoria che è applicata al soggetto che viene condannato per taluni delitti indicati nell'articolo 32-quater del codice penale (malversazione a danno dello Stato; indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato; concussione; corruzione per l'esercizio della funzione; corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio; induzione indebita a dare o promettere utilità; corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio; istigazione alla corruzione; peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri; turbata libertà degli incanti; inadempimento di contratti di pubbliche forniture; frode nelle pubbliche forniture; associazione a delinquere; associazioni di tipo mafioso, anche straniere; rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro; rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio; manovre speculative su merci; truffa in danno dello Stato).
  In tale ambito la lettera a) innalza da tre a cinque anni il termine massimo di durata di tale incapacità, restando fermo che l'incapacità non può comunque essere inferiore a un anno.
  La lettera b) modifica l'articolo 32-quinquies del codice penale, che disciplina i casi nei quali alla condanna consegue l'estinzione del rapporto di lavoro o di Pag. 124impiego nei confronti del dipendente pubblico. L'estinzione del rapporto di lavoro deriva oggi dalla condanna alla reclusione non inferiore a 3 anni per i delitti di peculato, concussione, corruzione per l'esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere utilità, ovvero corruzione di persona incaricata di pubblico servizio.
  In tale contesto la novella abbassa a 2 anni di reclusione il limite minimo, previsto per la condanna, che determina la cessazione del rapporto di lavoro.
  La lettera c) interviene sulla pena accessoria della sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte, prevista dall'articolo 35 del codice penale in caso di condanna per una contravvenzione, aumentando la durata di tale pena accessoria, la cui durata minima è portata da 15 giorni a 3 mesi e la cui durata massima è innalzata da 2 anni a 3 anni.
  La lettera d) modifica la pena prevista per il delitto di peculato dall'articolo 314 del codice penale, il quale attualmente punisce con la reclusione da 4 a 10 anni il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria.
  In tale contesto la novella eleva il limite massimo edittale a dieci anni e sei mesi.
  La lettera e) interviene sul reato di corruzione per l'esercizio della funzione, previsto dall'articolo 318 del codice penale, il quale attualmente punisce con la reclusione da 1 a 5 anni il pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa.
  In tale contesto la novella eleva il limite massimo edittale a 6 anni di reclusione.
  La lettera f) novella l'articolo 319 del codice penale, che disciplina la corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, prevista per il pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa.
  In tale contesto la novella incrementa di due anni sia la pena minima (che passa da 4 a 6 anni) sia la pena massima (che passa da 8 a 10 anni).
  La lettera g) inasprisce le sanzioni per il reato di corruzione in atti giudiziari disciplinato dall'articolo 319-ter del codice penale.
  La novella prevede che se i fatti indicati negli articoli 318 (corruzione per l'esercizio di una funzione) e 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da 6 a 12 anni (laddove la norma vigente prevede una pena da 4 a 10 anni). Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a 5 anni, la pena è della reclusione da 6 a 14 anni (laddove la norma vigente prevede una pena da 5 a 12 anni); se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a 5 anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da 8 a 20 anni (laddove la norma vigente prevede una pena da 6 a 20 anni).
  La lettera h) interviene sul reato di induzione indebita a dare o promettere utilità, di cui al primo comma dell'articolo 319-quater del codice penale, il quale attualmente punisce con la reclusione da 3 a 8 anni il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, salvo che il fatto costituisca più grave reato.
  In tale contesto la novella prevede la reclusione da un minimo di 6 anni a un massimo di 10 anni e 6 mesi.
  La lettera i) introduce una nuova attenuante nell'articolo 323-bis del codice penale, attraverso la quale si prevede, per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione, una diminuzione della pena da un terzo a due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività Pag. 125delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite.
  In particolare l'attenuante per ravvedimento operoso potrà essere applicata ai seguenti delitti: corruzione per l'esercizio della funzione; corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio; corruzione in atti giudiziari; induzione a dare o promettere utilità; corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio; pene per il corruttore; istigazione alla corruzione; peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri.
  L'articolo 2 modifica l'articolo 165 del codice penale, relativo agli obblighi cui deve sottostare il condannato per potere accedere all'istituto della sospensione condizionale della pena.
  La novella, inserendo un ulteriore comma nel citato articolo 165, subordina la concessione della sospensione condizionale della pena al condannato per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione anche alla condizione specifica della riparazione pecuniaria nei confronti dell'amministrazione lesa, consistente in una somma equivalente al profitto del reato ovvero all'ammontare di quanto indebitamente percepito dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio.
  Tale condizione trova applicazione in caso di condanna per uno dei seguenti reati: peculato; concussione; corruzione per l'esercizio della funzione; corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio; corruzione in atti giudiziari; induzione indebita a dare o promettere utilità; corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio; peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri.
  La disposizione specifica che la riparazione pecuniaria non si sostituisce all'eventuale ulteriore risarcimento del danno.
  Illustra quindi l'articolo 3, il quale, modificando l'articolo 317 del codice penale, amplia la categoria di quanti possono commettere il reato proprio di concussione (il quale si sostanzia attualmente nella condotta del pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, ed è punito con la reclusione da sei a dodici anni), aggiungendo al pubblico ufficiale anche l'incaricato di un pubblico servizio.
  L'articolo 4 disciplina la riparazione pecuniaria nei confronti dell'amministrazione lesa, stabilendo, in caso di condanna per delitto contro la pubblica amministrazione, che al pubblico ufficiale, o all'incaricato di un pubblico servizio, colpevole debba essere ordinato anche il pagamento di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all'ammontare di quanto indebitamente percepito, da effettuare in favore dell'amministrazione di appartenenza ovvero, nel caso della corruzione in atti giudiziari, in favore dell'amministrazione della giustizia.
  Tale ordine di pagamento, il cui adempimento è presupposto per l'eventuale accesso alla sospensione condizionale della pena, trova applicazione in caso di condanna per uno dei seguenti reati: peculato; concussione; corruzione per l'esercizio della funzione; corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio; corruzione in atti giudiziari; induzione indebita a dare o promettere utilità; corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio; peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri.
  Anche in questo caso la disposizione specifica che la riparazione pecuniaria non esime dall'eventuale obbligo al risarcimento del danno.Pag. 126
  Passa quindi a illustrare l'articolo 5, il quale inasprisce le pene per il delitto di associazione mafiosa. In particolare la lettera a) modifica il primo comma dell'articolo 416-bis del codice penale, elevando la pena per la partecipazione all'associazione mafiosa, che passa nel minimo da 7 a 10 anni e nel massimo da 12 a 15 anni.
  La lettera b) interviene sul secondo comma del predetto articolo 416-bis, aumentando la pena detentiva da comminarsi a coloro che promuovono o dirigono o organizzano l'associazione; in particolare la misura della reclusione, ora prevista da un minimo di 9 a un massimo di 14 anni, passa a un minimo di 12 a un massimo di 18 anni.
  La lettera c) modifica il quarto comma dell'articolo 416-bis, innalzando le pene ivi previste per la fattispecie di associazione armata:
   per colui che vi partecipa, la pena, attualmente prevista da 9 a 15 anni di reclusione, è portata a 12 anni nel minimo e a 20 anni nel massimo;
   per colui che la promuove, dirige, organizza, la pena, attualmente prevista da 12 a 24 anni, è portata a 15 anni nel minimo e a 26 anni nel massimo.

  Con riferimento all'articolo 6, segnala come esso modifichi la disciplina del patteggiamento di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale, prevedendo che quando si procede per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione, l'accesso a questo rito speciale sia subordinato alla restituzione del prezzo o del profitto conseguito.
  La previsione riguarda i procedimenti per i seguenti delitti: peculato; concussione; corruzione per l'esercizio della funzione; corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio; corruzione in atti giudiziari; induzione indebita a dare o promettere utilità; peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri.
  L'articolo 7 integra il comma 3 l'articolo 129 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che impone al pubblico ministero, in conseguenza dell'esercizio dell'azione penale, l'obbligo di informare una serie di soggetti diversi, a seconda dell'imputazione e del presunto autore del reato.
  In tale ambito la novella prevede che il pubblico ministero debba dare notizia dell'imputazione al Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione quando esercita l'azione penale per uno dei seguenti delitti: concussione; corruzione per l'esercizio della funzione; corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, semplice e aggravata; corruzione in atti giudiziari; induzione indebita a dare o promettere utilità; corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio; istigazione alla corruzione; peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri; traffico di influenze illecite; turbata libertà degli incanti; turbata libertà del procedimento di scelta del contraente.
  L'articolo 8 modifica la legge n. 190 del 2012 (cosiddetta «legge Severino»), recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, intervenendo sulla disciplina dell'Autorità nazionale anticorruzione istituita dall'articolo 1 della richiamata legge n. 190.
  In particolare, il comma 1, aggiungendo una lettera f-bis) al comma 2 dell'articolo 1 della predetta legge n. 190, attribuisce all'Autorità nazionale anticorruzione anche l'esercizio della vigilanza e del controllo sui contratti esclusi in tutto o in parte dall'ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici (ad esempio contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza; appalti aggiudicati in base a norme internazionali, particolari contratti di servizi) di cui agli articoli 17 e seguenti del Codice degli appalti.Pag. 127
  Il comma 2 introduce inoltre specifici obblighi informativi verso l'Autorità nazionale anticorruzione.
  Rileva, in particolare, come in dettaglio venga stabilito, in riferimento ai procedimenti di scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, che le stazioni appaltanti devono trasmettere all'Autorità nazionale anticorruzione una serie di informazioni relative all'appalto (la struttura proponente; l'oggetto del bando; l'elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l'aggiudicatario; l'importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell'opera, servizio o fornitura; l'importo delle somme liquidate).
  È previsto inoltre che nelle controversie concernenti le materie di cui al comma 1, lettera e) dall'articolo 133 del Codice della giustizia amministrativa (si tratta delle controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, di quelle relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nonché di quelle concernenti i provvedimenti applicativi dell'adeguamento dei prezzi), il giudice amministrativo trasmette all'Autorità nazionale anticorruzione ogni informazione o notizia rilevante emersa nel corso del giudizio che, anche in esito a una sommaria valutazione, ponga in evidenza condotte o atti contrastanti con le regole della trasparenza.
  Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, per i profili di diritto delle società commerciali, segnala il Capo II del provvedimento, composto dagli articoli da 9 a 12, i quali dettano disposizioni penali in materia societaria.
  In tale contesto gli articoli 9, 10 e 11 riformano la disciplina del codice civile in materia di falso in bilancio.
  In merito ricorda che la vigente normativa del codice civile distingue tra la fattispecie base di natura contravvenzionale, di cui all'articolo 2621 «False comunicazioni sociali» (costruita come reato di pericolo) e quella di natura delittuosa di cui all'articolo 2622, che sanziona il danno effettivo subito dalla società, dai soci o dai creditori in conseguenza del falso in bilancio.
  In entrambi i casi di falso in bilancio la punibilità è, attualmente, esclusa:
   nel caso in cui le falsità o omissioni delle scritture contabili della società non alterino sensibilmente la situazione economica, finanziaria o patrimoniale della società o del gruppo societario di cui fa parte la società;
   nel caso in cui porti a una variazione del risultato di esercizio non superiore al 5 per cento, oppure una variazione del patrimonio societario non superiore all'1 per cento.

  Nel solo caso di falso in bilancio di cui all'articolo 2622, la punibilità è comunque esclusa ove le stime successive alla dichiarazione differiscano meno del 10 per cento rispetto alle stima corretta.
  L'articolo 9 riformula l'articolo 2621 del codice civile sul falso in bilancio in società non quotate, il quale consiste, ai sensi del primo comma dell'articolo novellato, nell'esporre consapevolmente fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero od omettere consapevolmente fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore.
  Ai sensi del secondo comma la punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.Pag. 128
  Rispetto alla formulazione vigente del citato articolo 2621 la prima modifica riguarda il fatto che le false comunicazioni sociali, attualmente sanzionate come contravvenzione, tornano ad essere un delitto, punito con la pena della reclusione da 1 a 5 anni.
  Non sono invece modificati i soggetti in capo ai quali la responsabilità è ascritta (amministratori, direttori generali, dirigenti addetti alla predisposizione delle scritture contabili, sindaci e liquidatori) ed è confermata la procedibilità d'ufficio (salvo nelle ipotesi in cui il fatto sia di lieve entità). Stante il limite di pena, nelle indagini su tale delitto non sarà possibile disporre le intercettazioni.
  Oltre al passaggio da contravvenzione a delitto, gli ulteriori principali elementi di novità del nuovo reato di falso in bilancio sono i seguenti:
   scompaiono le soglie di non punibilità (attualmente previste dal terzo e quarto comma dell'articolo 2621);
   è modificato il riferimento al dolo, in quanto permane il fine del conseguimento per sé o per altri di un ingiusto profitto, ma viene meno «l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico» mentre è esplicitamente introdotto nel testo il riferimento alla consapevolezza delle falsità esposte;
   viene eliminato il riferimento all'omissione di «informazioni», che è sostituito da quello all'omissione di «fatti materiali rilevanti» (la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene);
   è introdotto l'elemento oggettivo ulteriore della «concreta» idoneità dell'azione o omissione a indurre altri in errore;
   in conseguenza della soppressione del terzo e quarto comma viene meno anche il quinto comma del vigente articolo 2621, il quale prevede, nei casi previsti dai predetti commi terzo e quarto, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall'esercizio dell'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'impresa.

  Illustra quindi l'articolo 10, il quale introduce nel codice civile l'articolo 2621-bis (Fatti di lieve entità) e l'articolo 2621-ter (Non punibilità per particolare tenuità).
  Il nuovo articolo 2621-bis disciplina l'ipotesi che il falso in bilancio di cui all'articolo 2621 sia costituito da fatti «di lieve entità», salvo che costituiscano più grave reato.
  Ai sensi del primo comma tale fattispecie, punita con la reclusione da sei mesi a tre anni (fatta salva la non punibilità per particolare tenuità del fatto) viene qualificata dal giudice tenendo conto:
   della natura e delle dimensioni della società;
   delle modalità o degli effetti della condotta.

  In base al secondo comma del nuovo articolo 2621-bis analoga sanzione si applica anche nel caso in cui le falsità o le omissioni riguardano società che non superano i limiti indicati dal secondo comma dell'articolo 1 della legge fallimentare.
  Si tratta, quindi, delle società:
   a) con un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a trecentomila euro;
   b) che hanno realizzato, negli ultimi tre esercizi, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a duecentomila euro;
   c) che hanno un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a cinquecentomila euro.

Pag. 129

  In tal caso, il delitto è procedibile a querela della società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale.
  Il nuovo articolo 2621-ter prevede che, ai fini della non punibilità prevista dall'articolo 131-bis del codice penale per particolare tenuità dell'illecito (ai sensi del quale, nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate in base: alla natura, alla specie, ai mezzi, all'oggetto, al tempo, al luogo e ad ogni altra modalità dell'azione; alla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; alla intensità del dolo o dal grado della colpa, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale), il giudice valuta, in modo prevalente, l'entità dell'eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori dal falso in bilancio di cui agli articoli 2621 e 2621-bis, derogandosi quindi ai criteri generali sulla non punibilità per particolare tenuità del fatto previsti dal citato articolo 131-bis.
  In sostanza, dunque, in base ai nuovi articoli 2621, 2621-bis e 2621-ter del codice civile, in presenza di condotte concretamente idonee a indurre altri in errore nelle comunicazioni sociali relative a società non quotate, si potrà avere:
   a) l'applicazione della pena della reclusione da uno a cinque anni;
   b) l'applicazione della pena da sei mesi a tre anni se, in presenza delle citate condotte, i fatti sono di lieve entità, tenuto conto di una serie di elementi oppure per le società di minori proporzioni;
   c) la non punibilità per particolare tenuità in base alla valutazione del giudice, prevalentemente incentrata sull'entità del danno.

  L'articolo 11 sostituisce l'articolo 2622 del codice civile, attualmente relativo alla «fattispecie di false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori», che viene sostituita dal delitto di «false comunicazioni sociali delle società quotate».
  Ai sensi del novellato articolo 2622 la condotta illecita per il falso in bilancio nelle società quotate consiste nell'esporre consapevolmente fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettere fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore sulla situazione economica della società. Le società quotate sono individuate dal nuovo articolo 2622, primo comma, come le società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese della UE. Tale condotta è sanzionata con la pena della reclusione da tre a otto anni.
  In merito ricorda che il vigente articolo 2622 del codice civile, al primo comma punisce a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, cagionano un danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori.
  In base al secondo comma si procede a querela anche se il fatto integra altro delitto, ancorché aggravato, a danno del patrimonio di soggetti diversi dai soci e dai Pag. 130creditori, salvo che sia commesso in danno dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.
  Ai sensi del terzo comma nel caso di società con azioni quotate, la pena per i fatti previsti al primo comma è la reclusione da uno a quattro anni e il delitto è procedibile d'ufficio.
  Il quarto comma prevede che la pena è da due a sei anni se, nelle ipotesi di cui al terzo comma, il fatto cagiona un grave nocumento ai risparmiatori. In base al quinto comma il nocumento si considera grave quando abbia riguardato un numero di risparmiatori superiore allo 0,1 per mille della popolazione risultante dall'ultimo censimento ISTAT ovvero se sia consistito nella distruzione o riduzione del valore di titoli di entità complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto interno lordo.
  Il sesto comma estende la punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
  Il settimo comma esclude la punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all'1 per cento.
  L'ottavo comma specifica che in ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.
  In base al decimo comma nei casi previsti dai commi settimo e ottavo, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall'esercizio dell'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'impresa.
  Rispetto alla disposizione vigente, oltre alla modifica della rubrica si innalza la misura della pena minima e massima che passa dalla reclusione da sei mesi a tre anni alla reclusione da tre ad otto anni: tale incremento della pena massima rende possibile l'uso delle intercettazioni nelle relative indagini.
  Rileva inoltre come non sia invece modificato il novero dei soggetti attivi del reato, che rimangono gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti addetti alla predisposizione delle scritture contabili, i sindaci e i liquidatori, con la differenza che qui si tratta di ruoli ricoperti in società quotate.
  Gli ulteriori principali elementi di novità del nuovo delitto di falso in bilancio delle società quotate di cui all'articolo 2622, primo comma, del codice civile, che parzialmente coincidono con quelli di cui all'articolo 2621, sono dati dal fatto che:
   la fattispecie è configurata come reato di pericolo anziché (come attualmente previsto) di danno; scompare, infatti, ogni riferimento al danno patrimoniale causato alla società
   scompaiono, come nel falso in bilancio delle società non quotate di cui al nuovo articolo 2621, le soglie di non punibilità attualmente previste dal commi quarto e seguenti del vigente articolo 2622;
   anche in tal caso viene modificato il riferimento al dolo, in quanto permane il fine del conseguimento per sé o per altri di un ingiusto profitto, ma viene meno «l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico», mentre è esplicitamente introdotto nel testo il riferimento alla consapevolezza delle falsità esposte;
   è eliminato il riferimento all'omissione di «informazioni», sostituito da quello all'omissione di «fatti materiali rilevanti» Pag. 131la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene;
   è introdotto, come nel nuovo articolo 2621, l'elemento oggettivo ulteriore della «concreta» idoneità dell'azione o omissione a indurre altri in errore.

  Il comma 2 del nuovo articolo 2622 equipara alle società quotate in Italia o in altri mercati regolamentati dell'UE, ai fini dell'integrazione della fattispecie penale di false comunicazioni sociali delle società quotate, le seguenti tipologie societarie:
   le società emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea (ovvero quelle società che, pur non essendo ancora quotate, hanno avviato le procedure necessarie);
   le società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema multilaterale di negoziazione italiano;
   le società che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea;
   le società che fanno appello al pubblico risparmio (cosiddette società aperte, che possono essere anche non quotate ma le cui azioni sono diffuse in modo rilevante tra il pubblico secondo i parametri sanciti dalla CONSOB) o che comunque lo gestiscono.

  Ai sensi del terzo comma del nuovo articolo 2622, la disciplina sanzionatoria trova applicazione anche con riguardo alle falsità o omissioni riguardanti beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi, analogamente a quanto previsto dal sesto comma del vigente articolo 2622.
  Segnala quindi l'articolo 12, che modifica l'articolo 25-ter del decreto legislativo n. 231 del 2001, relativo alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, il quale reca una disciplina dei criteri di imputazione della responsabilità degli enti valevole per i reati societari.
  In particolare, la lettera a) del comma 1 modifica l'alinea del comma 1 del citato l'articolo 25-ter, intervenendo sui criteri soggettivi di imputazione della responsabilità e che comporta l'applicazione di sanzioni pecuniarie (per quote). La norma, nella formulazione vigente, limita per i reati societari la cerchia dei possibili autori del fatto a soggetti che ricoprono specifici ruoli nella compagine organizzativa dell'ente (amministratori, direttori generali, liquidatori o persone sottoposte alla loro vigilanza); in tale contesto la modifica apportata dalla lettera a) supera tale limitazione mediante la soppressione del riferimento ai citati ruoli di vertice.
  Le ulteriori modifiche al richiamato articolo 25-ter del decreto legislativo n. 231 recate dalle lettere b), c), d) ed e) sono strettamente collegate all'introduzione nel codice civile degli articoli 2621, 2621-bis e 2622 del codice civile operata dagli articoli 9, 10 e 11 della proposta di legge.
  La lettera b) interviene sulla lettera a) del comma 1 del citato articolo 25-ter, da un lato, sostituendo il riferimento al reato contravvenzionale con quello al «delitto di false comunicazioni sociali» di cui al nuovo articolo 2621 e, dall'altro, elevando il limite massimo edittale della relativa sanzione pecuniaria da trecento a quattrocento quote.
  La lettera c) introduce una nuova lettera a-bis) nel comma 1 dell'articolo 25-ter in conseguenza dell'introduzione del nuovo articolo 2621-bis (falso in bilancio di lieve entità) nel codice civile, prevedendo, in relazione a tale fattispecie, la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote.
  La lettera d) sostituisce la lettera b) dell'articolo 25-ter, prevedendo, in conseguenza dell'introduzione del nuovo delitto di false comunicazioni sociali delle società quotate di cui al nuovo articolo 2622 del codice civile, per tale delitto la sanzione Pag. 132pecuniaria da quattrocento a seicento quote, laddove la disciplina vigente prevede una sanzione da trecento a seicentosessanta quote.
  La lettera e) abroga la lettera c) dell'articolo 25-ter, il quale prevede per il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori nelle società quotate (di cui all'articolo 2622, terzo comma, del codice civile), la sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote.
  Propone quindi di esprimere parere favorevole sulla proposta di legge C. 3008.

  Daniele PESCO (M5S) ritiene innanzitutto indispensabile comprendere se il provvedimento possa essere ancora migliorato, ovvero se la maggioranza lo consideri ormai non più modificabile.
  Con particolare riferimento all'articolo 9, evidenzia come la riformulazione, da esso recata, dell'articolo 2621 del codice civile, relativo al falso in bilancio nelle società non quotate, ponga una serie di problemi. In particolare, trattandosi di un reato doloso, considera inutile il richiamo, contenuto nella nuova formulazione dell'articolo, al fatto che i soggetti attivi del reato debbano avere consapevolezza circa l'esposizione da parte loro di fatti materiali non rispondenti al vero, evidenziando inoltre come tale riferimento possa porre seri problemi applicativi. Non condivide altresì il fatto che la versione novellata dell'articolo faccia riferimento a fatti materiali rilevanti, in quanto essa esclude dalla fattispecie penale talune condotte atte comunque a indurre in errore i soci, costituendo pertanto anche esse una forma di falso in bilancio. Analoghe considerazioni possono svolgersi anche con riferimento al nuovo articolo 2622 del codice civile, relativo al falso in bilancio nelle società quotate, introdotto dall'articolo 11 della proposta di legge, la quale fa anch'essa riferimento alla rilevanza dei fatti materiali oggetto della fattispecie penale.
  Sottolinea quindi come la misura della pena prevista dal nuovo articolo 2621 impedirà di disporre intercettazioni nel corso delle indagini su tale delitto, rendendo in tal modo più difficile l'attività investigativa. Non condivide inoltre che la fattispecie penale non si applichi alle fondazioni, alle quali invece tale disciplina dovrebbe essere estesa.
  Con riferimento alle previsioni recate dall'articolo 10 della proposta di legge, le quali consentono al giudice di ridurre le sanzioni applicabili nel caso in cui il falso in bilancio sia considerato di particolare tenuità dal giudice in base alla natura e alle dimensioni della società coinvolta, ovvero di applicare l'istituto della non punibilità per particolare tenuità ai casi di falso in bilancio, sulla base di una valutazione sostanzialmente discrezionale dello stesso giudice, sottolinea come tali previsioni comportino il rischio che i falsi in bilancio relativi a società di maggiori dimensioni risultino non puniti mentre si perseguono i falsi in bilancio relativi a società più piccole, violando in tal modo il principio costituzionale di uguaglianza.

  Girolamo PISANO (M5S), in relazione alle modifiche apportate dall'articolo 10 della proposta di legge in materia di disciplina penale del falso in bilancio per i fatti lieve entità, evidenzia come tali previsioni amplino eccessivamente gli spazi interpretativi lasciati al giudice e possono dunque avere effetti criminogeni, nella misura in cui la valutazione, soggettiva, e quindi discutibile, del giudice stesso, possa esporre quest'ultimo a rischi di corruzione.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, sottolinea come norme formulate in termini troppo vaghi amplino eccessivamente l'ambito di interpretazione affidato ai giudici, con il rischio di attrarre nell'ambito di applicazione della norma penale anche fatti che non meriterebbero tale tipo di sanzione. Sottolinea come tale problematica si ponga in particolare rilevanza per quanto riguarda la disciplina dei bilanci, i quali sono largamente basati su stime e valutazioni, le quali possono risultare in conflitto con il successivo evolversi delle circostanze concrete.

Pag. 133

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), anche alla luce delle valutazioni espresse dal Procuratore aggiunto della Repubblica presso la Procura di Milano, dottor Francesco Greco, nel corso di una sua recente audizione al Senato, chiede al Sottosegretario se il Governo intenda intervenire anche sulla prescrizione del falso in bilancio, in considerazione del fatto che le analisi dei bilanci delle società richiedono necessariamente tempi piuttosto lunghi.

  Il Sottosegretario Enrico ZANETTI ritiene che la questione sollevata dal deputato Villarosa attenga a valutazioni spettanti al Ministero della Giustizia.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame a una seduta da convocare nella mattinata di domani.

  La seduta termina alle 14.40.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 13 maggio 2015. — Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE. – Interviene il sottosegretario per l'economia e le finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 14.40.

Schema di decreto legislativo recante misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese.
Atto n. 161.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Giovanni SANGA (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini dell'espressione del parere al Governo, lo schema di decreto legislativo recante misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese (Atto n. 161).
  Ricorda innanzitutto che lo schema di decreto legislativo è stato predisposto ai sensi della delega conferita al Governo dalla legge n. 23 del 2014, la quale, nel perseguire l'obiettivo generale della riduzione della pressione tributaria sui contribuenti, reca, oltre ai principi di delega generali e alle procedure di delega, i principi e criteri direttivi di delega specifici per una vasta serie di materie: la revisione del catasto dei fabbricati (articolo 2); le norme per la stima e il monitoraggio dell'evasione e il riordino dell'erosione fiscale (articoli 3 e 4); la disciplina dell'abuso del diritto e dell'elusione fiscale (articoli 5); la cooperazione rafforzata tra l'amministrazione finanziaria e le imprese, con particolare riguardo al tutoraggio, alla semplificazione fiscale e alla revisione del sistema sanzionatorio (articoli da 6 a 8); il rafforzamento dell'attività conoscitiva e di controllo (articolo 9); la revisione del contenzioso tributario e della riscossione degli enti locali (articolo 10); la revisione dell'imposizione sui redditi di impresa e la previsione di regimi forfetari per i contribuenti di minori dimensioni, nonché la razionalizzazione della determinazione del reddito d'impresa e delle imposte indirette (articoli da 11 a 13); la disciplina dei giochi pubblici (articolo 14); le nuove forme di fiscalità ambientale (articolo 15).
  Per quanto attiene allo stato di attuazione della predetta delega ricorda che finora sono stati emanati in via definitiva tre decreti legislativi.
  In particolare, il 7 agosto 2014 la Commissione Finanze della Camera ha espresso parere favorevole, con alcune condizioni e osservazioni, sullo schema di decreto legislativo in materia di semplificazioni fiscali (Atto del Governo n. 99). Tra le misure previste nello schema di decreto ricorda l'introduzione della dichiarazione dei redditi precompilata, la revisione della disciplina concernente i rimborsi IVA e lo snellimento degli adempimenti connessi ad operazioni intracomunitarie e con i Paesi esteri. Sono semplificati alcuni adempimenti in riferimento alla struttura delle addizionali regionali e comunali.Pag. 134
  A seguito dell'accoglimento parziale delle condizioni e osservazioni espresse dalle Commissioni parlamentari, il 30 settembre 2014 il Governo ha ritrasmesso, ai fini dell'espressione del parere parlamentare definitivo, lo schema di decreto (Atto del Governo n. 99-bis). Rispetto al testo originario, sono state introdotte norme in materia di società in perdita e di responsabilità solidale negli appalti ed è stata soppressa la norma in materia di società tra professionisti. Il 16 ottobre 2014 la Commissione ha reso parere favorevole in ordine a tale ultima formulazione dello schema di decreto. Nella Gazzetta Ufficiale del 28 novembre 2014 è stato pubblicato il decreto legislativo n. 175 del 2014, recante semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata.
  Rammenta quindi che, in attuazione delle disposizioni di delega in materia di accise (contenute in particolare nell'articolo 13, comma 2 della legge delega), il 22 ottobre 2014 la Commissione Finanze della Camera ha espresso parere favorevole, con condizioni e osservazioni, sullo schema di decreto legislativo volto a ridefinire l'imposizione sui tabacchi, sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo e sui fiammiferi (Atto del Governo n. 106). A seguito dell'esame dello schema 106-bis, trasmesso dal Governo dopo la seconda deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, la Commissione Finanze della Camera in data 25 novembre 2014 ha espresso su di esso parere favorevole. Nella Gazzetta Ufficiale del 23 dicembre 2014 è stato pubblicato il decreto legislativo n. 188 del 2014, in materia di tassazione dei tabacchi lavorati, dei loro succedanei, nonché di fiammiferi.
  L'11 luglio 2014 il Governo ha trasmesso lo schema di decreto legislativo riguardante la revisione delle Commissioni censuarie (Atto del Governo n. 100). Il 6 agosto 2014 la Commissione Finanze della Camera ha espresso parere favorevole, con alcune osservazioni e condizioni. A seguito dell'esame dello schema n. 100-bis, trasmesso dal Governo dopo la seconda deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, la Commissione Finanze della Camera, in data 22 ottobre 2014, ha espresso parere favorevole. Nella Gazzetta Ufficiale del 15 gennaio 2015 è stato pubblicato il decreto legislativo n. 198 del 2014, in materia di composizione, attribuzioni e funzionamento delle commissioni censuarie.
  In tale contesto sottolinea inoltre come l'attuazione della delega fiscale rappresenti uno degli interventi di riforma strategiche indicate dal DEF 2015, che le inserisce tra le venti azioni del Cronoprogramma del Programma nazionale di riforma (PNR).
  Per quanto riguarda la tempistica circa l'espressione del parere parlamentare sullo schema di decreto, segnala come il relativo termine sia fissato al 29 maggio 2015, prorogabile di venti giorni. Qualora il Governo non intenda adeguarsi ai contenuti dei pareri parlamentari, è tenuto a ritrasmettere nuovamente lo schema di decreto, sul quale le Commissioni competenti devono esprimere il parere entro dieci giorni.
  In conseguenza delle modifiche apportate all'articolo 1 della citata legge n. 23 dall'articolo 1, comma 2, lettera a), della legge n. 34 del 2015, di conversione del decreto – legge n. 4 del 2015, il termine di esercizio della delega, che è stato prorogato di tre mesi al 26 maggio 2015, risulta ulteriormente prorogato di 3 mesi, fino al 26 settembre 2015, in quanto il termine di espressione del parere sullo schema di decreto spira nei trenta giorni precedenti al predetto termine del 26 maggio, come del resto anche nel caso degli altri due schemi di decreto di attuazione della delega fiscale recentemente trasmessi dal Governo (si tratta dello schema di decreto legislativo in materia di trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici – Atto n. 162 e dello schema di decreto legislativo recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente – Atto n. 163).
  Passando al contenuto dello schema di decreto, che si compone di 15 articoli, segnala in primo luogo come esso attui le Pag. 135disposizioni di delega concernenti, in particolare, i profili di certezza nella determinazione del reddito e della produzione netta (in sostanza, rispettivamente, delle basi imponibili delle imposte sul reddito e dell'IRAP) per favorire l'internazionalizzazione degli operatori economici, contenute principalmente nell'articolo 12 della richiamata legge n. 23.
  A tal fine il legislatore delegato dovrà applicare le raccomandazioni degli organismi internazionali e dell'Unione europea, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
   a) introduzione di criteri chiari e coerenti con la disciplina di redazione del bilancio, in particolare per determinare il momento del realizzo delle perdite su crediti, ed estensione del regime fiscale previsto per le procedure concorsuali anche ai nuovi istituti introdotti dalla riforma del diritto fallimentare e dalla normativa sul sovraindebitamento, nonché alle procedure similari previste negli ordinamenti di altri Stati;
   b) revisione della disciplina impositiva riguardante le operazioni transfrontaliere, con particolare riferimento all'individuazione della residenza fiscale, al regime di imputazione per trasparenza delle società controllate estere e di quelle collegate, al regime di rimpatrio dei dividendi provenienti dagli Stati con regime fiscale privilegiato, al regime di deducibilità dei costi di transazione commerciale dei soggetti insediati in tali Stati, al regime di applicazione delle ritenute transfrontaliere, al regime dei lavoratori all'estero e dei lavoratori transfrontalieri, al regime di tassazione delle stabili organizzazioni all'estero e di quelle di soggetti non residenti insediate in Italia, nonché al regime di rilevanza delle perdite di società del gruppo residenti all'estero;
   c) revisione dei regimi di deducibilità degli ammortamenti, delle spese generali, degli interessi passivi e di particolari categorie di costi, salvaguardando e specificando il concetto di inerenza e limitando le differenziazioni tra settori economici;
   d) revisione, razionalizzazione e coordinamento della disciplina delle società di comodo e del regime dei beni assegnati ai soci o ai loro familiari, nonché delle norme che regolano il trattamento dei cespiti in occasione dei trasferimenti di proprietà, con l'obiettivo, da un lato, di evitare vantaggi fiscali dall'uso di schermi societari per utilizzo personale di beni aziendali o di società di comodo e, dall'altro, di dare continuità all'attività produttiva in caso di trasferimento della proprietà, anche tra familiari;
   e) armonizzazione del regime di tassazione degli incrementi di valore emergenti in sede di trasferimento d'azienda a titolo oneroso, allineandolo, ove possibile, a quello previsto per i conferimenti.

  A tale proposito sottolinea innanzitutto come su tali temi sia aperto da tempo un ampio confronto a livello mondiale, anche grazie al notevole lavoro di approfondimento svolto in materia dall'OCSE, al fine di apportare ai sistemi tributari tutte le modifiche necessarie a contrastare la delocalizzazione delle attività produttive, l'erosione delle basi imponibili, nonché i fenomeni di concorrenza fiscale ed annosa.
  In tale prospettiva lo schema di decreto costituisce un primo, significativo passo in avanti nel rapporto tra imprese e fisco, al fine di definire un quadro più chiaro e condiviso della disciplina tributaria su un'ampia serie di tematiche.
  Segnala quindi come lo schema di decreto attui le previsioni di delega di cui all'articolo 9, comma 1, lettera i), della legge n. 23 del 2014, nella parte in cui si impegna il Governo a introdurre sistemi di tassazione delle attività transnazionali basati su adeguati meccanismi di stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale nazionale.
  In attuazione delle suddette prescrizioni, lo schema apporta numerose modifiche alla vigente disciplina delle imposte sui redditi (a tal fine novellando in più punti il TUIR di cui al decreto del Presidente della Repubblica. n. 917 del 1986), Pag. 136nonché le conseguenti modifiche alla disciplina IRAP (di cui al decreto legislativo n. 446 del 1997) e, ove necessario, anche alla disciplina in materia di accertamento e ad altre norme speciali.
  Dal momento che le norme introducono complessivamente modifiche agevolative, viene stimato che dalla nuova disciplina discendano effetti finanziari in termini di minori entrate pari a 99,3 milioni di euro per il 2016 e 28 milioni per il 2017 e 40,7 milioni di euro a decorrere dal 2018. Alla copertura di detti oneri si provvede mediante i meccanismi all'uopo predisposti dalla stessa legge di delega.
  In tale contesto rileva come le norme introdotte dallo schema non abbiano la medesima decorrenza.
  In particolare, in deroga alle norme generali sull'efficacia nel tempo delle norme tributarie riferite a tributi periodici, si applicano dal periodo di imposta in corso all'entrata in vigore dello schema:
   le norme (articolo 3) sul sistema di tassazione dei dividendi esteri;
   le norme relative alla deducibilità dei costi black list (articolo 5, comma 1);
   le disposizioni sull'applicazione del regime del consolidato fiscale alle società «sorelle» (articolo 6);
   le modifiche alla disciplina sulle società controllate e collegate estere (articolo 8);
   le modifiche alle modalità di individuazione dei paesi a regime fiscale privilegiato (articolo 10);
   l'introdotta disciplina sul trasferimento intracomunitario di sede all'estero (articolo 11);
   le nuove norme sul trasferimento di residenza nello Stato da parte di enti e società commerciali (articolo 12);
   le nuove norme in materia di deducibilità delle perdite sui crediti (articolo 13);
   le novelle alla disciplina del credito d'imposta per redditi prodotti all'estero (articolo 15).

  Trovano invece applicazione dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dello schema:
   l'articolo 4, che ridisciplina il sistema di interessi passivi;
   le norme dell'articolo 5 diverse da quelle che hanno modificato la deducibilità dei costi black list; in assenza di ulteriori precisazioni, è da presumersi che le altre disposizioni dell'articolo 5 seguano le già richiamate regole generali di efficacia delle norme tributarie nel tempo;
   le norme sulla determinazione del reddito di società ed enti non residenti (articolo 7);
   le modifiche al regime fiscale delle spese di rappresentanza (articolo 9);
   la disciplina della branch exemption (articolo 14).

  Inoltre, la disciplina sugli accordi tra fisco e imprese aventi attività estera (di cui all'articolo 1) trova applicazione posticipata, decorrente dalla data individuata dalle relative disposizioni secondarie di attuazione. La normativa sulle consulenze per i nuovi investimenti (di cui all'articolo 2) si applica dalla data di emanazione del provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate di individuazione delle strutture competenti ad effettuare la relativa attività.
  Passando all'analisi delle singole disposizioni dello schema di decreto, l'articolo 1 dello schema reca una complessiva revisione degli accordi tra imprese aventi attività estera ed amministrazione finanziaria, attualmente disciplinata dal cosiddetto ruling di standard internazionale. A tal fine viene sostituita la vigente disciplina (contenuta nell'articolo 8 del decreto legislativo n. 269 del 2003) con una nuova procedura per la stipula di accordi preventivi con l'amministrazione finanziaria, Pag. 137che viene ricondotta nell'alveo della disciplina generale dell'accertamento, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
  In merito evidenzia come le modifiche apportate a tale disciplina siano volte a favorire gli investimenti esteri, chiarendo preventivamente il quadro tributario applicabile all'attività di tali imprese.
  In particolare, con le modifiche proposte si estende la procedura di accordo preventivo anche alla definizione dei valori di ingresso e di uscita in caso di trasferimento della residenza, come disciplinato dal TUIR, nonché all'attribuzione di utili e perdite alla stabile organizzazione in un altro Stato di un'impresa o un ente residente ovvero alla stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente.
  Resta fermo che gli accordi vincolano le parti per il periodo d'imposta nel corso del quale sono stipulati e per i quattro periodi d'imposta successivi e che precludono all'Amministrazione finanziaria l'esercizio di poteri di controllo e accertamento per le parti coperte dall'accordo. Rispetto a quanto attualmente previsto dalla disciplina vigente, viene fissata una disciplina transitoria, che si applica al periodo intercorrente tra la data di presentazione dell'istanza e quella di conclusione dell'accordo: in tale lasso di tempo, il contribuente ha la possibilità di effettuare il ravvedimento operoso ovvero di presentare dichiarazione integrativa, senza applicazione in entrambi i casi di sanzioni, a condizione che in tale periodo ricorrano le circostanze di fatto e di diritto a base dell'accordo.
  Viene chiarito poi che, ove gli accordi discendano da altri accordi conclusi con le autorità competenti di Stati esteri a seguito delle procedure amichevoli previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni, i patti sottoscritti con l'Amministrazione italiana vincolano le parti secondo quanto convenuto con dette autorità, anche a decorrere da periodi di imposta precedenti, purché non anteriori al periodo d'imposta in corso alla data di presentazione dell'istanza da parte del contribuente.
  Più in dettaglio, il comma 1 dell'articolo 1 abroga la normativa in materia di ruling di standard internazionale contenuta nell'articolo 8 del decreto legislativo n. 269 del 2003, al fine di sostituirla con le norme contenute nei commi 2 e seguenti.
  Il comma 2 introduce nel decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 un nuovo articolo 31-ter, che disciplina gli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale.
  Tali accordi preventivi trovano applicazione con principale riferimento ai seguenti ambiti:
   in rapporto alla preventiva definizione, in contraddittorio con l'utente, dei metodi di calcolo dei prezzi di trasferimento infragruppo (cosiddetto transfer pricing) di cui al comma 7 dell'articolo 110 TUIR, come già previsto dalla disciplina vigente; con le modifiche proposte si estende la procedura di accordo preventivo anche alla definizione dei valori di ingresso e di uscita in caso di trasferimento della residenza, rispettivamente, ai sensi degli articoli 166 e 166-bis del TUIR, rispettivamente modificato dall'articolo 11 dello schema e introdotto dall'articolo 12 dello schema;
   attribuzione di utili e perdite alla stabile organizzazione in un altro Stato di un'impresa o un ente residente ovvero alla stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente; anche tale oggetto dell'accordo costituisce un elemento di novità rispetto alla disciplina vigente, in rapporto alla nuova disciplina degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni contenuta nello schema;
   valutazione preventiva della sussistenza o meno dei requisiti che configurano una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato, tenuti presenti i criteri previsti dall'articolo 162 del TUIR, nonché dalle vigenti Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate all'Italia. In estrema sintesi, il richiamato articolo 162 TUIR reca i principi e i criteri per l'individuazione di una «stabile organizzazione» Pag. 138di impresa; essa designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l'impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato. In particolare, ai sensi del comma 9 dell'articolo 162, il fatto che un'impresa non residente con o senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato controlli un'impresa residente, ne sia controllata, o che entrambe le imprese siano controllate da un terzo soggetto esercente o meno attività d'impresa non costituisce di per sé motivo sufficiente per considerare una qualsiasi di dette imprese una stabile organizzazione dell'altra;
   individuazione, nel caso concreto, della disciplina e delle norme, anche di origine convenzionale, concernenti l'erogazione o la percezione di dividendi, interessi, royalties e altri componenti reddituali a o da soggetti non residenti (come già previsto dalla disciplina vigente).

  Come previsto attualmente, gli accordi vincolano le parti per il periodo d'imposta nel corso del quale sono stipulati e per i quattro periodi d'imposta successivi (di conseguenza, cinque periodi d'imposta in tutto salvo modifiche di fatto e di diritto). Rispetto a quanto attualmente previsto dalla disciplina vigente:
   viene chiarito che ove gli accordi discendano da altri accordi, conclusi con le autorità competenti di Stati esteri a seguito delle procedure amichevoli previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, i patti sottoscritti con l'Amministrazione italiana vincolano le parti secondo quanto convenuto con dette autorità, anche a decorrere da periodi di imposta precedenti, purché non anteriori al periodo d'imposta in corso alla data di presentazione dell'istanza da parte del contribuente (nuovo articolo 31-ter, comma 2); in tal caso è possibile la decorrenza dell'accordo dalla data della richiesta;
   il comma 3 del nuovo articolo 31-ter fissa una disciplina transitoria, applicabile al periodo intercorrente tra la data di presentazione dell'istanza e quella di conclusione dell'accordo: in tale periodo di tempo il contribuente ha comunque la possibilità di effettuare il ravvedimento operoso ovvero di presentare dichiarazione integrativa, senza applicazione in entrambi i casi di sanzioni, a condizione che in tale periodo ricorrano le circostanze di fatto e di diritto a base dell'accordo.

  Ricorda che l'istituto del ravvedimento operoso e della dichiarazione integrativa sono stati potenziati recentemente dal legislatore fiscale, che con le norme della legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi 637 e seguenti della legge n. 190 del 2014) ha ampliato i termini e le condizioni per avvalersi di tali strumenti di tax compliance.
  Per quanto concerne gli aspetti procedurali di cui all'articolo 31-ter, comma 4, in base alle norme UE l'Amministrazione finanziaria invia copia dell'accordo all'autorità fiscale competente degli Stati di residenza o di stabilimento delle imprese con le quali i contribuenti pongono in essere le relative operazioni.
  Anche secondo il comma 5 del nuovo articolo 31-ter, è prevista la richiamata limitazione dei poteri di accertamento del fisco, che valgono per i periodi d'imposta di validità dell'accordo: l'Amministrazione finanziaria esercita i poteri di accertamento e di ispezione soltanto in relazione a questioni diverse da quelle oggetto dell'accordo medesimo. Resta fermo che la richiesta di accordo preventivo è presentata al competente Ufficio della Agenzia delle entrate, secondo quanto stabilito con successivo provvedimento del Direttore della medesima Agenzia, che definirà altresì le modalità di verifica del rispetto dei termini dell'accordo e del sopravvenuto mutamento delle condizioni di fatto e di diritto su cui l'accordo si basa (articolo 31-ter, comma 6).
  Il comma 7 dell'articolo 31-ter contiene una disposizione di chiusura e di coordinamento sistematico, con la quale viene chiarito che ogni riferimento alle norme attualmente vigenti deve essere fatto al Pag. 139nuovo articolo del decreto del Presidente della Repubblica 600 del 1973 introdotto. La decorrenza dell'applicazione delle nuove norme è invece fissata al di fuori dell'articolo 31-ter: il comma 3 dell'articolo 1 dello schema le posticipa alla data individuata dalle disposizioni secondarie di attuazione sopra richiamate, che sostituiscono le norme attuative dell'abrogato articolo 8 (segnatamente, il provvedimento del 23 luglio 2004). Le norme di attuazione sono emanate entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore dello schema di decreto legislativo in esame.
  L'articolo 2, con lo scopo di dare certezza al contribuente in merito ai profili fiscali del piano di investimento che intende attuare, prevede un'attività di consulenza dell'Agenzia delle entrate relativa ai nuovi investimenti esteri. In particolare, l'impresa deve presentare un business plan nel quale debbono necessariamente essere descritti l'ammontare dell'investimento, i tempi e le modalità di realizzazione dello stesso, l'incremento occupazionale e i riflessi, anche in termini quantitativi, che l'investimento ha sul sistema fiscale italiano. Su tale documentazione l'Agenzia delle entrate svolgerà un'attività di consulenza e formulerà un parere valido sotto diversi profili. Per l'accesso all'istituto è prevista una soglia minima per l'investimento, che deve essere documentata dal contribuente, che può consistere anche nella ristrutturazione di imprese in crisi qualora ci siano effetti positivi sull'occupazione. L'ammontare dell'investimento si può realizzare in più esercizi: l'Agenzia delle entrate emana un parere motivato entro centoventi giorni, prorogabili di ulteriori novanta, nel caso sia necessario acquisire ulteriori informazioni. Se il contribuente dà attuazione al parere reso dall'Agenzia delle entrate, può accedere, a prescindere dell'ammontare del suo volume d'affari o dei sui ricavi e al ricorrere degli altri requisiti previsti, al regime dell'adempimento collaborativo.
  Più in dettaglio, il comma 1 dell'articolo 2 individua i destinatari della norma nelle imprese che intendono effettuare investimenti nel territorio dello Stato, purché pari o superiori a trenta milioni di euro e purché aventi significative e durature ricadute sull'occupazione. Detti soggetti possono presentare all'Agenzia delle entrate un'istanza di interpello in merito a:
   trattamento fiscale del loro piano di investimento e delle eventuali operazioni straordinarie che si ipotizzano per la sua realizzazione, ivi inclusa, ove necessaria, la valutazione circa l'esistenza o meno di un'azienda;
   valutazione preventiva circa l'eventuale assenza di abuso del diritto fiscale o di elusione, sussistenza delle condizioni per la disapplicazione di disposizioni antielusive e accesso ad eventuali regimi o istituti previsti dall'ordinamento tributario.

  Viene chiarito che, con riferimento ai tributi non di competenza dell'Agenzia delle entrate, quest'ultima provvederà ad inoltrare la richiesta dell'investitore agli enti di competenza che renderanno autonomamente la risposta.
  Ai sensi del comma 2 l'Agenzia delle entrate rende una risposta scritta e motivata entro centoventi giorni, prorogabili, nel caso sia necessario acquisire ulteriori informazioni, di ulteriori novanta giorni, che decorrono dalla data di acquisizione di dette informazioni. La risposta è basata sul piano di investimento e su tutti gli ulteriori elementi informativi forniti dall'investitore, anche su richiesta dell'Agenzia delle entrate, a seguito di interlocuzioni con la parte interessata. Ove necessario, l'Agenzia delle entrate può accedere, previa intesa con il contribuente, presso le sedi di svolgimento dell'attività dell'impresa, in tempi concordati, allo scopo di prendere diretta cognizione di elementi informativi utili ai fini istruttori. Analogamente a quanto previsto dalle vigenti disposizioni in materia di interpello, ove l'Agenzia non risponda entro i termini previsti si intende che l'Amministrazione finanziaria concordi con l'interpretazione o il comportamento prospettato dal richiedente.Pag. 140
  Il comma 3 chiarisce che il contenuto della risposta (ancorché implicita ai sensi del comma 2) vincola l'Amministrazione finanziaria e resta valido finché restano invariate le circostanze di fatto e di diritto sulla base delle quali è stata resa o desunta la risposta. La sanzione per eventuale violazione di tale norma è la nullità di ogni atto di qualsiasi genere, anche di carattere impositivo o sanzionatorio, emanato dall'Amministrazione finanziaria in difformità a detto contenuto. Il contribuente che dà esecuzione alla risposta, a prescindere dall'ammontare del suo volume d'affari o dei suoi ricavi, può accedere all'istituto dell'adempimento collaborativo già menzionato, al ricorrere degli altri requisiti previsti dalla legge.
  Il comma 4 affida all'Agenzia delle entrate il compito di verificare l'assenza di mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto rilevanti ai fini del rilascio della risposta, nonché e la corretta applicazione delle indicazione date nella stessa mediante l'utilizzo degli ordinari poteri istruttori. Resta fermo l'esercizio degli ordinari poteri di controllo dell'Amministrazione finanziaria esclusivamente in relazione a questioni diverse da quelle oggetto del parere.
  Ai sensi del comma 5, l'Agenzia delle entrate pubblica annualmente la sintesi delle posizioni interpretative rese ai sensi del presente articolo che possano avere generale interesse.
  Il comma 6 affida a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il compito di individuare le modalità applicative dell'interpello previsto dall'articolo. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanarsi entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto del Ministro sono individuate le strutture competenti al rilascio della risposta ed alla verifica della corretta applicazione della stessa.
  In ordine all'applicazione delle nuove norme, il comma 7 la fissa alla data di emanazione del provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate di individuazione delle strutture competenti.
  L'articolo 3 dello schema intende ridisciplinare il sistema di tassazione dei dividendi esteri e, in particolare, da Stati aventi un regime fiscale privilegiato, attualmente disciplinata da diversi articoli del TUIR.
  In sintesi, con le norme in esame:
   si sottopongono integralmente a tassazione i soli utili provenienti da società residenti in «paradisi fiscali» relativi al possesso di partecipazioni dirette in tali società, o di partecipazioni di controllo in altre società «intermedie» residenti all'estero, che conseguono utili dalla partecipazione in società residenti in Stati o territori a regime privilegiato, e nei limiti di tali utili;
   ove si dimostri che la società o l'ente non residente da cui provengono gli utili svolge un'effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello Stato o territorio di insediamento (dunque ricorre alla già richiamata «prima esimente»), viene riconosciuto al soggetto controllante residente in Italia, ovvero alle sue controllate residenti che percepiscono gli utili, un credito d'imposta in ragione delle imposte assolte dalla società partecipata sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione degli utili conseguiti e nei limiti dell'imposta italiana relativa a tali utili;
   è previsto che, per disapplicare la norma che prevede l'imposizione integrale degli utili e delle plusvalenze «provenienti» da società ed enti localizzati in Stati o territori black list, il soggetto/socio residente nel territorio dello Stato (anche non titolare di una partecipazione di controllo) deve sempre dimostrare che dal possesso delle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a fiscalità privilegiata, anche mediante la presentazione di apposito interpello;
   si punisce con una sanzione amministrativa pecuniaria la mancata indicazione, Pag. 141nella dichiarazione di redditi, di dividendi e plusvalenze relativi a partecipazioni in imprese ed enti esteri siti in Paesi e territori a fiscalità privilegiata, ove previsto dalla legge. In particolare, tale sanzione è pari al 10 per cento dei proventi non indicati, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 euro.

  In dettaglio il comma 1, alla lettera a), sostituisce il primo periodo del menzionato articolo 47, comma 4, del TUIR. Le norme proposte intendono sottoporre integralmente a tassazione i soli utili, provenienti da società residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, relativi al possesso di partecipazioni dirette in tali società, o di partecipazioni di controllo – anche di fatto, diretto o indiretto – in altre società «intermedie» residenti all'estero, che conseguono utili dalla partecipazione in società residenti in Stati o territori a regime privilegiato, e nei limiti di tali utili. La relazione illustrativa allegata allo schema evidenzia come tale limitazione trovi fondamento nel fatto che soltanto in queste ipotesi il socio italiano è in grado di conoscere la provenienza degli utili e di agire come dominus dell'investimento partecipativo nella società di black list. La relazione illustrativa chiarisce altresì che, nel caso di disapplicazione della disciplina CFC per il ricorrere della sopra richiamata «prima esimente», si verifica un effetto distorsivo, determinato dal mancato riconoscimento al socio di controllo residente nel territorio dello Stato – ovvero alle sue controllate residenti che percepiscono gli utili – di un credito per le imposte assolte dal soggetto partecipato estero nello Stato o territorio di localizzazione, da detrarre dall'imposta italiana dovuta sull'utile percepito. In sostanza, il socio di controllo in tale ipotesi subisce una tassazione, ove rimpatri gli utili, più onerosa di quella che avrebbe subito qualora avesse tassato per trasparenza il reddito della partecipata black list. In quest'ultima ipotesi, infatti, dall'imposta italiana dovuta su reddito della CFC avrebbe potuto detrarre le imposte pagate nello Stato estero dal soggetto controllato e, in caso di distribuzione, i relativi utili non avrebbero concorso alla formazione del suo reddito complessivo. Analogo effetto si verifica in caso di realizzo della plusvalenza derivante dalla cessione della partecipazione che, non godendo della cosiddetta participation exemption, concorre alla formazione del reddito complessivo del socio italiano per l'intero importo, senza usufruire di alcun credito a fronte delle imposte assolte dal soggetto partecipato black list. Al fine di ovviare a tali fenomeni distorsivi, le norme proposte riconoscono al socio di controllo residente nel territorio dello Stato – ovvero alle sue controllate residenti – un credito d'imposta ai sensi dell'articolo 165 del TUIR sugli utili percepiti e sulle plusvalenze realizzate. Il credito d'imposta spetta al socio pro-quota, ossia in proporzione alla sua quota di partecipazione e al periodo di detenzione.
  Con le modifiche all'articolo 47, comma 4, in ossequio alle nuove norme che presiedono all'individuazione dei regimi fiscali privilegiati (per cui rimanda anche alla scheda relativa all'articolo 10 dello schema in esame), in primo luogo viene chiarito che per Stati o territori a regime fiscale privilegiato, utili per individuare i criteri di tassazione degli utili, si intendono quelli inclusi nel provvedimento o nel decreto emanato ai sensi dell'articolo 167, comma 4, del TUIR (come modificato e integrato dalla legge di stabilità 2015) e non più gli Stati o i territori non inclusi nelle white list di cui all'articolo 168-bis del TUIR. Le norme chiariscono un ulteriore punto relativo agli utili percepiti dagli stati black list: ove venga dimostrato che la società o l'ente non residente da cui provengono gli utili svolge un'effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello Stato o territorio di insediamento (dunque ricorre alla già richiamata «prima esimente»), si riconosce al soggetto controllante residente in Italia, ovvero alle sue controllate residenti che percepiscono gli utili, un credito d'imposta, ai sensi dell'articolo 165 del TUIR (anch'esso modificato dalle disposizioni in esame, per cui Pag. 142rimanda alla scheda di lettura dell'articolo 15), in ragione delle imposte assolte dalla società partecipata sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione degli utili conseguiti e nei limiti dell'imposta italiana relativa a tali utili. La disposizione intende dunque evitare fenomeni distorsivi. Ai soli fini dell'applicazione dell'imposta, l'ammontare del credito d'imposta di cui al periodo precedente è computato in aumento del reddito complessivo. Se nella dichiarazione è stato omesso solo il computo del credito d'imposta in aumento del reddito complessivo, si può procedere di ufficio alla correzione, anche in sede di liquidazione dell'imposta dovuta in base alla dichiarazione dei redditi. Qualora il contribuente intenda far valere la sussistenza delle condizioni indicate nella lettera c) del comma 1 dell'articolo 87 del TUIR (ovvero che non è stato conseguito l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati) ma non abbia presentato istanza di interpello, ovvero non abbia ricevuto risposta favorevole, la percezione di utili provenienti da partecipazioni in imprese o enti esteri con regimi privilegiati deve essere segnalata nella dichiarazione dei redditi da parte del socio residente. Ove l'indicazione manchi o sia incompleta, le norme propongono l'applicazione della sanzione amministrativa pari al 10 per cento dei dividendi conseguiti dal soggetto residente e non indicati, con un minimo di 1.000 ed un massimo di 50.000 euro (ai sensi dell'articolo 8, comma 3-ter, del decreto legislativo n. 471 del 1997, introdotto dal comma 3 dell'articolo).
  La lettera b) del comma 1 apporta diverse modifiche all'articolo 68 del TUIR, nella parte in cui esso disciplina la tassazione delle plusvalenze di fonte estera.
  Il numero 1) della lettera b) anzitutto apporta modifiche di coordinamento alla norma, al fine di sostituire il riferimento ai paesi «non white list» con l'indicazione degli Stati o territori a regime fiscale privilegiato ai sensi del richiamato articolo 167, comma 4, del TUIR.
  Analogamente a quanto previsto per i dividendi, al fine di far valere l'intento non elusivo, viene imposto al socio residente in Italia che non ha presentato interpello o non ha ricevuto risposta favorevole l'obbligo di indicare la percezione di plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in imprese o enti esteri localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato nella dichiarazione dei redditi; nei casi di mancata o incompleta indicazione, si applica la sanzione amministrativa pari al 10 per cento dei proventi dal soggetto residente e non indicati, con un minimo di 1.000 ed un massimo di 50.000 euro (ai sensi dell'articolo 8, comma 3-ter, del decreto legislativo n. 471 del 1997, introdotto dal comma 3 dell'articolo).
  Il numero 2 della lettera b) aggiunge un nuovo comma 4-bis nell'articolo 68, che attribuisce il sopra richiamato credito d'imposta anche per le plusvalenze realizzate su partecipazioni in imprese ed enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, in presenza della «prima esimente», in ragione delle imposte assolte dalla società partecipata sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione delle partecipazioni cedute e nei limiti dell'imposta italiana relativa a tali plusvalenze.
  La lettera c) del comma 1 modifica l'articolo 86 del TUIR aggiungendovi un comma 4-bis che chiarisce l'applicazione, con le modalità sopra esposte, del suddetto credito d'imposta anche per le plusvalenze patrimoniali (ovvero relative a tutti i beni relativi all'impresa diversi dai beni-merce), realizzate su partecipazioni in imprese ed enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.
  Le lettere d) e lettera e) apportano, rispettivamente, conseguenti modifiche all'articolo 87 e 89 del TUIR in materia di plusvalenze e di utili (dividendi e interessi) percepiti da soggetti residenti in Paesi a fiscalità privilegiata.
  In sostanza, per disapplicare la norma che prevede l'imposizione integrale degli utili e delle plusvalenze «provenienti» da società ed enti localizzati in Stati o territori Pag. 143black list, il soggetto/socio residente nel territorio dello Stato (anche non titolare di una partecipazione di controllo) deve sempre dimostrare la sussistenza sin dall'inizio del periodo di possesso della «seconda esimente» di cui all'articolo 167, comma 5, lettera b), ossia che dal possesso delle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a fiscalità privilegiata, anche mediante la presentazione di apposito interpello.
  Nei casi in cui il contribuente intenda far valere la sussistenza delle condizioni sopra indicate ma non abbia presentato l'istanza di interpello ovvero, avendola presentata, non abbia ricevuto risposta favorevole, la percezione di utili o il realizzo di plusvalenze derivanti da partecipazioni in imprese o enti esteri localizzati in paradisi fiscali deve essere segnalata nella dichiarazione dei redditi da parte del socio residente. A seguito della mancata o incompleta indicazione nella dichiarazione dei redditi si applica la sanzione amministrativa pari al 10 per cento dei proventi non indicati, con un minimo di 1.000 ed un massimo di 50.000 euro (ai sensi dell'articolo 8, comma 3-ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, introdotto dal comma 3 dell'articolo in esame).
  Il comma 2 dell'articolo 3 modifica l'articolo 27, comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, che disciplina la ritenuta a titolo d'acconto (del 26 per cento) sui redditi di natura finanziaria derivanti dai paradisi fiscali, al fine di coordinarne il testo con le disposizioni in commento e, in particolare, per correttamente riferirsi all'articolo 167, comma 4 TUIR.
  La disposizione introduce nell'articolo 8 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 un nuovo comma 3-bis, che punisce con una sanzione amministrativa pecuniaria la mancata indicazione, nella dichiarazione di redditi, di dividendi e plusvalenze relativi a partecipazioni in imprese ed enti esteri siti in paesi e territori a fiscalità privilegiata, ove previsto dalla legge. In particolare, tale sanzione è pari al 10 per cento dei dividendi e delle plusvalenze conseguiti dal soggetto residente e non indicati, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 euro.
  Il comma 4 dell'articolo 3 chiarisce che le norme dell'articolo in esame si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore dello schema.
  L'articolo 4 modificala normativa in tema di deducibilità degli interessi passivi. In particolare le norme dell'articolo:
   intervengono sulla definizione del cosiddetto risultato operativo lordo – ROL per includervi anche i dividendi provenienti dalle società controllate estere;
   abrogano la disposizione che consente di calcolare il limite di deducibilità degli interessi passivi includendo «virtualmente» nel consolidato nazionale anche le società controllate estere, in modo da poter tener conto anche del ROL di tali società;
   modificano le norme sulla deducibilità degli interessi passivi per i finanziamenti assistiti da ipoteca, in favore delle società che svolgono attività immobiliare, specificando che sono destinatarie di tale normativa le società che svolgono in via effettiva e prevalente attività immobiliare, ovvero quelle società il cui valore dell'attivo patrimoniale è costituito per la maggior parte dal valore normale degli immobili destinati alla locazione e i cui ricavi sono rappresentati per almeno i due terzi da canoni di locazione;
   abrogano la norma che limita la deducibilità degli interessi passivi su titoli obbligazionari negoziati in paesi non «white list», apportando conseguenti modifiche di coordinamento in altre norme.

  Nel dettaglio, il comma 1, lettera a) modifica l'articolo 96, comma 2 del TUIR, norma che definisce il cosiddetto risultato operativo lordo – ROL.
  Per effetto delle modifiche vengono inclusi nel calcolo del ROL anche i dividendi provenienti dalle società controllate estere; in tal modo è riconosciuta la deduzione degli interessi passivi in funzione dei flussi finanziari di ritorno effettivamente Pag. 144correlati all'investimento partecipativo estero. La relazione illustrativa al riguardo chiarisce che in tal modo si intende prevedere un correttivo che non penalizzi gli investimenti in società controllate estere.
  La lettera c) del comma 1 abroga il comma 8 dell'articolo 96, che consente di calcolare il limite di deducibilità degli interessi passivi includendo «virtualmente» nel consolidato nazionale anche le società controllate estere, in modo da poter tener conto anche del ROL di tali società. La relazione illustrativa reputa la norma abrogata, in origine introdotta per evitare una possibile discriminazione tra gruppi con società controllate italiane e gruppi con società anche estere (dal momento che i primi, attraverso l'opzione per il regime del consolidato nazionale, avrebbero potuto attingere al ROL di tutte le società controllate mentre i secondi, non potendo accedere al consolidato nazionale, avrebbero subito una ingiusta penalizzazione), tale da creare potenziali effetti distorsivi.
  La lettera b) sopprime, al comma 6 del medesimo articolo 96, il riferimento all'articolo 3, comma 115, della legge n. 549 del 1995, che disciplina le condizioni di deducibilità degli interessi passivi su alcuni titoli obbligazionari non negoziati in Paesi «white list»; in coerenza con tale modifica, il comma 2 dell'articolo 4 abroga il regime di limitazione della deducibilità contenuto nel richiamato articolo 3, comma 115.
  Ricorda che il richiamato comma 115 stabilisce uno specifico regime di deducibilità degli interessi passivi derivanti da titoli obbligazionari emessi da società o enti, diversi dalle banche e dalle società di progetto, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo cd. white list: in sintesi, gli interessi passivi di detti titoli sono deducibili a specifiche condizioni, legate al tasso di rendimento effettivo al momento dell'emissione, che non deve superare alcuni limiti.
  Il comma 3 dell'articolo 4 abroga conseguentemente, per coordinamento, il comma 8 dell'articolo 32 del decreto-legge 22 giugno n. 83 del 2012, il quale prevede la disapplicazione del limite di cui al richiamato comma 115 per alcuni titoli (tra cui le cambiali finanziarie).
  Inoltre il comma 4 modifica le norme di cui all'articolo 1, comma 36, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) sulla deducibilità degli interessi passivi per i finanziamenti assistiti da ipoteca, in favore delle società che svolgono attività immobiliare. La richiamata disposizione aveva disposto anzitutto l'istituzione (successivamente non realizzata) di una commissione di studio sulla fiscalità diretta e indiretta delle imprese immobiliari, che avrebbe dovuto elaborare proposte normative di razionalizzazione del settore.
  La norma prevede inoltre che, fino all'applicazione di tali modifiche normative, non siano rilevanti, ai fini dei limiti di deducibilità posti dall'articolo 96 del TUIR, gli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili destinati alla locazione. Le modifiche in esame specificano che si considerano destinatarie di tale regola le società che svolgono in via effettiva e prevalente attività immobiliare, ovvero quelle società il cui valore dell'attivo patrimoniale è costituito per la maggior parte dal valore normale degli immobili destinati alla locazione e i cui ricavi sono rappresentati per almeno i due terzi da canoni di locazione.
  Il comma 5 prevede che le norme ivi previste trovino applicazione a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dello schema.
  L'articolo 5 modifica in più punti la vigente disciplina (contenuta prevalentemente nell'articolo 110 del TUIR) concernente i costi «black list».
  Con una prima modifica viene consentito di dedurre dall'imponibile le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati, individuati in ragione della Pag. 145mancanza di un adeguato scambio di informazioni con un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, entro il limite del valore normale dei beni e dei servizi acquistati in base ad operazioni che hanno avuto concreta esecuzione. Con una seconda modifica viene eliminata la condizione che subordinava la deducibilità di tali costi al fatto che l'impresa estera svolgesse prevalentemente una attività commerciale effettiva e viene chiarito, inoltre, che l'indeducibilità delle spese riguarda anche le prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Stati o territori coi quali non vi è adeguato scambio di informazioni e che sono elencati in apposito decreto ministeriale.
  Ai fini della tassazione delle plusvalenze e per la determinazione del valore della produzione a fini IRAP, per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l'esistenza di un maggior corrispettivo non può essere presunto soltanto sulla base del valore dichiarato o accertato ai fini dell'imposta di registro ovvero ai fini delle imposte ipotecaria e catastale.
  In dettaglio, il comma 1, lettera a), sostituisce integralmente il comma 10 dell'articolo 110 del TUIR, che nella sua formulazione vigente non consente di dedurre le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Paesi black list. Con le modifiche proposte si consente la deducibilità di dette spese entro il limite del valore normale dei beni e dei servizi acquistati in base ad operazioni che hanno avuto concreta esecuzione, intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati, individuati in ragione della mancanza di un adeguato scambio di informazioni con un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
  La lettera b) del comma 1 incide sul comma 11 dell'articolo 110 del TUIR, allo scopo di eliminare la condizione che subordinava la deducibilità di tali costi al fatto che l'impresa estera svolgesse prevalentemente una attività commerciale effettiva.
  La lettera c) del comma 1 modifica il comma 12-bis dell'articolo 110, al fine di chiarire che l'indeducibilità delle spese riguarda anche le prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Stati o territori individuati con le modalità di cui al novellato comma 10, ovvero coi quali non vi è adeguato scambio di informazioni e che sono elencati in apposito decreto ministeriale.
  Il comma 2 prevede che, ai fini dell'applicazione della tassazione delle plusvalenze e per la determinazione del valore della produzione a fini IRAP, per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l'esistenza di un maggior corrispettivo non possa essere presunto soltanto sulla base del valore dichiarato o accertato ai fini dell'imposta di registro ovvero ai fini delle imposte ipotecaria e catastale.
  Ai sensi del comma 3, le norme relative alla deducibilità dei costi (di cui al comma 1) si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore dello schema. In assenza di ulteriori precisazioni, è da presumersi che le altre disposizioni seguano le regole generali di efficacia delle norme tributarie nel tempo, secondo lo statuto del contribuente solo dal periodo di imposta successivo a quello in corso all'entrata in vigore dello schema.
  L'articolo 6, in coerenza con la recente giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, elimina gli attuali vincoli normativi che non consentono alle società «sorelle», residenti in Italia o stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di società residenti in Stati UE (ovvero aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo) con cui l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, di consolidare le proprie basi imponibili, previa indicazione, da parte del soggetto non residente, della controllata designata ad esercitare l'opzione, che assume la qualità di consolidante. Pag. 146
  A tal fine (modificando il comma 2 dell'articolo 117 TUIR e aggiungendo due ulteriori commi alla fine dell'articolo) si consente il consolidamento anche da parte delle controllate: in particolare i soggetti non residenti, che non esercitino in Italia un'attività d'impresa mediante una stabile organizzazione nel cui patrimonio sia compresa la partecipazione in ciascuna società controllata, e che però risiedano in Stati UE o SEE con cui vi sia effettivo scambio di informazioni, qualora rivestano una forma giuridica analoga ai soggetti IRES residenti (società di capitali ed enti commerciali residenti), possono designare una società residente nel territorio dello Stato o non residente, purché controllata e purché abbia specifici requisiti (fissati dall'articolo 120 TUIR) affinché eserciti l'opzione per la tassazione di gruppo, congiuntamente con ciascuna società residente o non residente su cui parimenti esercitano il controllo. Gli enti non residenti controllati possono esercitare l'opzione per il consolidamento in qualità di controllata mediante una stabile organizzazione.
  In dettaglio, le modifiche proposte intendono ottemperare alla sentenza della Corte di Giustizia 12 giugno 2014 (cause C-39/13, C-40/13 e C-41113). Sulla base di tale pronuncia (causa C-40/13), gli articoli 49 (diritto di stabilimento) e 54 (forma giuridica delle società) del TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale un regime di entità unica fiscale viene concesso a una società controllante residente che detiene controllate residenti, ma viene escluso per società sorelle residenti, la cui società controllante comune non abbia la sua sede in tale Stato membro e non disponga ivi di una sede stabile.
  Sembra dunque ostare alla normativa e alla giurisprudenza europea la vigente disciplina del consolidato fiscale, che permette (all'articolo 117, comma 2, del TUIR) a un soggetto IRES non residente di esercitare l'opzione per la tassazione di gruppo in qualità di controllante solo se possiede una stabile organizzazione in Italia nel cui patrimonio sia compresa la partecipazione in ciascuna società controllata.
  Infatti, ai sensi del vigente articolo 117, comma 2, del TUIR, le società e gli enti non residenti possono esercitare l'opzione per il consolidato solo in qualità di controllanti ed a condizione:
   a) di essere residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione;
   b) di esercitare nel territorio dello Stato un'attività d'impresa mediante una stabile organizzazione – come definita ex lege – nel cui patrimonio sia compresa la partecipazione in ciascuna società controllata.
  Rileva quindi come, con le modifiche proposte, si intenda eliminare il suddetto vincolo, consentendo alle società «sorelle», che siano società residenti in Italia o che siano stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di società residenti in Stati UE (ovvero aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo) con cui l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, di consolidare le proprie basi imponibili, previa indicazione, da parte del soggetto non residente, della controllata designata ad esercitare l'opzione, che assume la qualità di consolidante. Se l'esercizio dell'opzione avviene da parte della controllata designata, essa non potrà consolidare società da cui sia essa stessa controllata.
  A tal fine il comma 1, lettera a), numero 1) novella il comma 2 dell'articolo 117 del TUIR espungendo l'avverbio «solo» riferito alla possibilità di scegliere per il consolidato da parte delle società controllanti; al fine di consentire il consolidamento anche da parte delle controllate sono poi aggiunti al medesimo articolo, in fine, due ulteriori commi (comma 1, lettera a), numero 2).
  Il nuovo comma 2-bis dell'articolo 117 prevede che i soggetti non residenti, che non esercitino in Italia un'attività d'impresa mediante una stabile organizzazione nel cui patrimonio sia compresa la partecipazione in ciascuna società controllata, Pag. 147se risiedono in Stati UE o SEE con cui vi sia effettivo scambio di informazioni e rivestono una forma giuridica analoga ai soggetti IRES residenti (società di capitali ed enti commerciali residenti), possono designare una società residente nel territorio dello Stato o non residente, purché sia controllata secondo quanto richiesto dal codice civile (ai sensi del citato articolo 2359, comma 1, numero 1) del codice civile) e purché abbia specifici requisiti (fissati dall'articolo 120 TUIR), affinché eserciti l'opzione per la tassazione di gruppo, congiuntamente con ciascuna società residente o non residente (di cui al comma 2-ter), su cui parimenti esercitano il controllo. La controllata designata non può esercitare l'opzione con le società da cui è partecipata.
  Agli effetti del comma 2-bis:
   a) la controllata designata, in qualità di consolidante, acquisisce tutti i diritti, obblighi ed oneri previsti dalle norme sul consolidato (disposte dagli articoli da 117 a 127 TUIR) per le società o enti controllanti;
   b) i requisiti del controllo devono essere verificati in capo al soggetto controllante non residente;
   c) l'efficacia dell'opzione è subordinata alla condizione che il soggetto controllante non residente designi la controllata residente assumendo, in via sussidiaria, le responsabilità previste dalla legge (in particolare, dall'articolo 127 del TUIR) per le società o enti controllanti;
   d) in ipotesi di interruzione della tassazione di gruppo prima del compimento del triennio o di mancato rinnovo dell'opzione, le perdite fiscali risultanti dalla dichiarazione congiunta (di cui all'articolo 122 del TUIR) sono attribuite esclusivamente alle controllate che le hanno prodotte, al netto di quelle utilizzate, e nei cui confronti viene meno il requisito del controllo secondo i criteri stabiliti dai soggetti interessati; ciò avviene diversamente da quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 124, in ragione della circostanza che il soggetto designato non è controllante;
   e) se il requisito del controllo nei confronti della controllata designata cessa per qualsiasi motivo prima del compimento del triennio, il soggetto controllante non residente può designare, tra le controllate appartenenti al medesimo consolidato, un'altra controllata residente avente le caratteristiche di cui al presente comma senza che si interrompa la tassazione di gruppo. La nuova controllata designata assume le responsabilità previste dalla legge per le società o enti controllanti, relativamente ai precedenti periodi d'imposta di validità della tassazione di gruppo, in solido con la società designata nei cui confronti cessa il requisito del controllo. Per tutti i periodi di validità del consolidato, permane la responsabilità sussidiaria della controllante non residente.

  Ai sensi del comma 2-ter, gli enti non residenti controllati possono esercitare l'opzione per il consolidamento in qualità di controllata mediante una stabile organizzazione, come definita dal comma 1-bis dell'articolo 120.
  Per effetto delle norme proposte dal comma 2 dell'articolo 6, che aggiunge il comma 1-bis nell'articolo 120 del TUIR, nel consolidamento possono rientrare anche le stabili organizzazioni di società non residenti controllate dal medesimo soggetto, purché dette società abbiano una forma giuridica analoga a quella di cui al comma 1 dell'articolo 120 (società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata) e siano residenti in Stati appartenenti all'Unione europea ovvero in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo con il quale l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni.
  Il comma 3 dispone che le norme si applichino, in deroga allo Statuto del contribuente, a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
  Il comma 4 demanda a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanarsi entro trenta giorni Pag. 148dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l'individuazione di contenuti e modalità per la designazione della controllata, di cui al nuovo comma 2-bis dell'articolo 117 del TUIR. Il medesimo provvedimento disciplina l'applicazione della disposizione di cui al presente articolo alle opzioni per la tassazione di gruppo già in corso alla data di entrata in vigore delle stesse, attenendosi al criterio di consentire, sussistendone i presupposti di legge, l'eventuale inclusione nel regime di tassazione di gruppo delle stabili organizzazioni o delle controllate di soggetti esteri senza interruzione dei consolidati esistenti.
  L'articolo 7 modifica le disposizioni vigenti in materia di determinazione del reddito derivante da attività esercitate nel territorio dello Stato da parte di enti non residenti al fine di attuare le disposizioni della legge delega e recepire gli orientamenti OCSE in materia.
  In sintesi, per quanto riguarda la determinazione del reddito complessivo IRES delle società e degli enti commerciali non residenti, viene disposta la tassazione su base isolata, senza compensazioni e secondo le disposizioni del Titolo I del TUIR, dei redditi che si considerano prodotti nel territorio dello Stato, con la sola eccezione dei redditi di impresa da stabile organizzazione per i quali viene dettata disciplina specifica.
  In particolare, in tema di reddito attribuibile alla stabile organizzazione, esplicitamente è previsto che il reddito della stabile organizzazione di società ed enti non residenti sia determinato sulla base degli utili e delle perdite riferibili alla stabile organizzazione e secondo le disposizioni previste per i soggetti IRES, di cui alla sezione I, capo II, titolo II, del TUIR. La rilevazione del reddito avviene sulla base di un apposito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili.
  Ai fini della determinazione del reddito della stabile organizzazione, è esplicitata l'applicazione del principio elaborato in ambito OCSE, che vede la stabile organizzazione quale «functionally separate entity», indipendente, distinta e separata dalla casa madre da cui promana.
  Viene riformulata anche la normativa sulla determinazione del reddito complessivo degli enti non commerciali non residenti; per effetto delle norme proposte viene chiarito che, per i redditi d'impresa, si applicano le specifiche disposizioni previste per i redditi da stabile organizzazione.
  L'applicazione del «functionally separate entity» è confermata anche ai fini IRAP: il valore della produzione netta derivante da una stabile organizzazione è determinato sulla base di un apposito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili rimandando alle novellate disposizioni del TUIR.
  In dettaglio, il comma 1, lettera a) dell'articolo 7 sostituisce l'articolo 151 del TUIR relativo al reddito complessivo a fini IRES delle società e degli enti commerciali non residenti. Nella formulazione vigente, la norma definisce il reddito complessivo a fini IRES delle società e degli enti commerciali non residenti (di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), del TUIR) come formato dai soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, ad esclusione di quelli esenti dall'imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva. Sono considerano prodotti nel territorio dello Stato anche le categorie di reddito attribuiti alle persone fisiche non residenti dall'articolo 23 TUIR, con alcune specificità.
  Per i redditi d'impresa, si tiene conto anche delle plusvalenze e delle minusvalenze dei beni destinati o comunque relativi alle attività commerciali esercitate nel territorio dello Stato, ancorché non conseguite attraverso le stabili organizzazioni; si tengono in considerazione gli utili distribuiti da società ed enti residenti (di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 73) e le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni Pag. 149in società residenti, con alcune specifiche esclusioni (indicate nell'articolo 23, comma 1, lettera f), del TUIR).
  Per effetto delle norme proposte, resta fermo che non sono redditi imponibili in Italia quelli esenti da imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva (comma 1 dell'articolo 151). Resta fermo inoltre che si considerano prodotti nel territorio dello Stato i redditi indicati nell'articolo 23 del TUIR (comma 2 del riformulato articolo 151).
  Dall'articolo 151 viene eliminato il riferimento agli «utili distribuiti da società ed enti residenti, di cui alle lettera a) e b) del comma 1, dell'articolo 73 del TUIR» e alle «plusvalenze indicate nell'articolo 23, comma 1 lettera f)» in quanto redditi inclusi nella categoria dei redditi di capitale e redditi diversi, di cui rispettivamente all'articolo 23, comma 1, lettere b) e f), del TUIR. Il riformulato comma 3 dell'articolo 151 prevede la tassazione su base isolata, senza compensazioni e secondo le disposizioni del Titolo I del TUIR, dei redditi che si considerano prodotti nel territorio dello Stato, con la sola eccezione dei redditi di impresa da stabile organizzazione per i quali il successivo articolo 152 introduce una disciplina specifica.
  Nel riformulato articolo 151 sono riprodotte le specifiche deduzioni dal reddito complessivo attualmente previste dall'articolo 152 del TUIR (comma 2) ovvero gli oneri indicati dall'articolo 10, lettere a) e g), del TUIR. Si tratta di:
   canoni, livelli, censi ed altri oneri gravanti sui redditi degli immobili che concorrono a formare il reddito complessivo, compresi i contributi ai consorzi obbligatori per legge o in dipendenza di provvedimenti della Pubblica Amministrazione; sono in ogni caso esclusi i contributi agricoli unificati;
   contributi, donazioni e oblazioni erogati in favore delle organizzazioni non governative idonee ai sensi di legge, per un importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato.

  In caso di rimborso degli oneri così dedotti, le somme corrispondenti concorrono a formare il reddito complessivo del periodo di imposta nel quale l'ente ha conseguito il rimborso. Si applicano le disposizioni dell'articolo 101, comma 6, del TUIR, ai sensi del quale le perdite attribuite per trasparenza dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice sono utilizzabili solo in abbattimento degli utili attribuiti per trasparenza nei successivi cinque periodi d'imposta dalla stessa società che ha generato le perdite.
  Il comma 4 dell'articolo 151 riproduce il contenuto dell'articolo 152, comma 3, del TUIR in materia di enti con stabili organizzazioni. Viene prevista la detraibilità dall'imposta di un ammontare pari al 19 per cento delle spese sostenute per:
   interessi passivi e relativi oneri accessori pagati in dipendenza di prestiti o mutui agrari di ogni specie, nei limiti dei redditi dei terreni dichiarati (articolo 15, comma 1, lettera a), del TUIR);
   spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate ai sensi di legge (articolo 15, comma 1, lettera g), del TUIR);
   erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, enti pubblici e privati che svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico o che organizzano e realizzano attività culturali, per l'acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro di beni culturali indicati ex lege, ivi comprese le erogazioni effettuate per l'organizzazione in Italia e all'estero di mostre e di esposizioni di rilevante interesse scientifico-culturale, e per gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari, nonché per ogni altra manifestazione di rilevante interesse scientifico-culturale anche ai fini didattico-promozionali, ivi compresi gli studi, le ricerche, la documentazione e la catalogazione, e le pubblicazioni relative ai beni culturali (articolo 15, comma 1, lettera h), del TUIR);
   il costo specifico o, in mancanza, il valore normale dei beni ceduti gratuitamente, Pag. 150in base ad un'apposita convenzione, ai soggetti e per le attività culturali di cui supra (articolo 15, comma 1, lettera h-bis), del TUIR);
   le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo (articolo 15, comma 1, lettera i), del TUIR);
   i contributi associativi versati dai soci alle società di mutuo soccorso per assicurare ai soci un sussidio nei casi di malattia, di impotenza al lavoro o di vecchiaia, ovvero, in caso di decesso, un aiuto alle loro famiglie (articolo 15, comma 1, lettera i-bis), del TUIR);
   le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 4 milioni di lire, a favore delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri previsti dalle vigenti disposizioni di legge (articolo 15, comma 1, lettera i-quater), del TUIR);

  Viene chiarito che, in caso di rimborso di oneri per i quali si è fruito della detrazione, l'imposta dovuta, per il periodo nel quale la società o l'ente ha conseguito il rimborso è aumentata di un importo pari al 19 per cento dell'onere rimborsato.
  Il comma 5 del riformulato articolo 151, riproducendo l'ultimo comma del vigente articolo 152 del TUIR, prevede che, per le società commerciali di tipo diverso da quelli regolati nel codice civile, si applicano le disposizioni di cui ai suesposti commi da 1 a 3.
  Il comma 1, lettera b), dell'articolo 7 sostituisce l'articolo 152 del TUIR, che regola la determinazione del reddito per le società e gli enti commerciali con stabile organizzazione nel territorio dello Stato. Le norme vigenti, con eccezione delle società semplici, rinviano, per la determinazione del reddito complessivo degli enti non residenti, alle regole generali in materia di società residenti (sezione I del capo II del titolo II), sulla base di apposito conto economico, che sia relativo alla gestione delle stabili organizzazioni e alle altre attività produttive di redditi imponibili in Italia.
  In mancanza di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato, i redditi che concorrono a formare il reddito complessivo sono determinati secondo le disposizioni in materia di persone fisiche, relative alle categorie nelle quali rientrano. Come già anticipato, le norme vigenti prevedono la deducibilità e la detraibilità di specifici oneri.
  Con le norme proposte, in tema di reddito attribuibile alla stabile organizzazione, il riformulato comma 1 dell'articolo 152 esplicitamente prevede che il reddito della stabile organizzazione di società ed enti non residenti sia determinato sulla base degli utili e delle perdite riferibili alla stabile organizzazione e secondo le disposizioni previste per i soggetti IRES, di cui alla sezione I, capo II, titolo II del TUIR.
  La rilevazione del reddito avviene sulla base di un apposito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili previsti per i soggetti residenti aventi le medesime caratteristiche, salva quella della emissione di strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati di qualsiasi Stato membro dell'Unione europea ovvero diffusi tra il pubblico ai sensi delle vigenti norme del Testo unico della finanza (TUF).
  Segnala che in tal modo, come chiarisce la relazione illustrativa, si evita un eccessivo aggravio di adempimenti a carico di quei soggetti non residenti con stabile organizzazione in Italia che, pur essendo quotati all'estero, non sono tenuti nel Paese di residenza all'applicazione degli IAS/IFRS per la redazione del proprio bilancio di esercizio.
  Ai fini della determinazione del reddito della stabile organizzazione, il riformulato comma 2 dell'articolo 152 conferma ed Pag. 151esplicita l'applicazione del principio elaborato in ambito OCSE, che vede la stabile organizzazione quale «functionally separate entity», indipendente, distinta e separata dalla casa madre da cui promana, operante sul libero mercato, in condizioni identiche o similari, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati. Il fondo di dotazione alla stessa riferibile è determinato in piena conformità ai criteri definiti in sede OCSE, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati.
  Il riferimento a un fondo di dotazione determinato convenzionalmente, e non su base contabile, è accompagnato dall'individuazione, mediante uno o più provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle entrate, dei metodi per la relativa quantificazione. Il comma 3 dell'articolo 7 chiarisce infatti che i metodi di calcolo del fondo di dotazione sono individuati con uno o più provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle entrate, il primo dei quali da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Relativamente ai periodi di imposta iniziati prima dell'emanazione del provvedimento riguardante lo specifico settore di appartenenza, l'eventuale rettifica in aumento del reddito imponibile o del valore della produzione netta conseguente alla valutazione della congruità del fondo di dotazione ai sensi del citato articolo 152 non dà luogo all'applicazione di sanzioni.
  Il nuovo testo (riformulato comma 3) prevede che i componenti di reddito che derivano dalle operazioni poste in essere tra la stabile organizzazione e l'entità giuridica di appartenenza (cd. «casa madre») siano determinati ai sensi del comma 7 dell'articolo 110 del TUIR (ovvero, generalmente, in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti, in caso di aumento del reddito; analogamente, tale criterio si applica se ne deriva una diminuzione del reddito, soltanto in esecuzione degli accordi conclusi con le autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle speciali «procedure amichevoli» previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni). Viene chiarito (riformulato comma 4) che le norme del nuovo articolo 152 si applicano anche alle società commerciali di tipo diverso da quelli regolati nel codice civile.
  Il comma 1, lettera c) dell'articolo 7 riformula l'articolo 153 del TUIR, dedicato alla determinazione del reddito complessivo degli enti non commerciali non residenti, assorbendo anche il contenuto dell'articolo 154 del TUIR. Ai sensi del vigente articolo 153, anche per gli enti non commerciali non residenti il reddito complessivo è formato soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato, ad esclusione di quelli esenti dall'imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva. Analogamente sono considerati prodotti nel territorio dello Stato i redditi indicati nell'articolo 23 del TUIR, tenendo conto, per i redditi d'impresa, anche delle plusvalenze e delle minusvalenze dei beni destinati o comunque relativi alle attività commerciali esercitate nel territorio dello Stato, ancorché non conseguite attraverso le stabili organizzazioni, nonché gli utili distribuiti da società di capitali ed enti commerciali residenti (di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 73 del TUIR) e le plusvalenze indicate nell'articolo 23, comma 1, lettera f). Il vigente articolo 154 rinvia al Titolo dedicato alla persone fisiche per la determinazione del reddito; indica la disciplina delle deduzioni e delle detrazioni, con l'indicazione di specifiche ulteriori deduzioni (in particolare relative a spese sostenute per la tutela di beni vincolati, culturali, ambientali e paesaggistici).
  L'articolo 153, nella nuova formulazione, assorbe il successivo articolo 154. Rispetto alla formulazione vigente, per effetto delle norme proposte (come per l'articolo 151) viene eliminato il riferimento agli utili distribuiti da società ed enti commerciali ed alle plusvalenze indicate nell'articolo 23, comma 1 lettera f), in quanto redditi inclusi nella categoria dei redditi di capitale e redditi diversi; si chiarisce che, per i redditi d'impresa si Pag. 152applicano le specifiche disposizioni del nuovo articolo 152. La relazione illustrativa chiarisce che in tal modo gli enti non residenti dovranno presentare un'unica dichiarazione dei redditi, nella quale indicare, per ciascuna categoria, tutti i redditi prodotti nel territorio dello Stato.
  L'applicazione del «functionally separate entity» è confermata anche per la determinazione del valore della produzione netta ai fini IRAP; il comma 2 dell'articolo 7 aggiunge un nuovo comma 2-bis nell'articolo 12 del decreto legislativo n. 446 del 1997, che tra l'altro disciplina le modalità di determinazione del valore della produzione netta (base imponibile IRAP) che viene realizzata da soggetti non residenti.
  La norma chiarisce che il valore della produzione netta derivante da una stabile organizzazione è determinato sulla base di un apposito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili previsti per i soggetti residenti aventi le medesime caratteristiche, salva quella della emissione di strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati UE ovvero diffusi tra il pubblico, rimandando alle disposizioni del novellato articolo 152, comma 2 TUIR.
  Il comma 4 chiarisce che le norme dell'articolo 7 si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.
  L'articolo 8 modifica le disposizioni vigenti in materia di società collegate estere, contenute in particolare negli articoli 167 e 168 del TUIR, in attuazione dell'articolo 12, comma 1, lettera b), della legge delega, che impone al Governo di sottoporre a revisione la disciplina impositiva delle operazioni transfrontaliere, con particolare riferimento – tra l'altro – al regime di imputazione per trasparenza delle società controllate estere e di quelle collegate.
  In sintesi, oltre ad allineare la disciplina della trasparenza alle nuove modalità di individuazione dei Paesi e dei territori considerati a fiscalità privilegiata, le norme in commento sostituiscono l'obbligo di interpello all'Amministrazione finanziaria, ai fini della disapplicazione della disciplina CFC in caso di partecipazioni in imprese estere controllate, con la facoltà di interpello preventivo; salvi i casi in cui la disciplina CFC sia stata applicata ovvero non lo sia stata per effetto dell'ottenimento di una risposta favorevole all'interpello, il socio residente controllante deve comunque segnalare nella dichiarazione dei redditi la detenzione di partecipazioni estere.
  Sono altresì modificate le norme in materia di sanzioni amministrative tributarie, prevedendo l'applicazione di una sanzione amministrativa, pari al 10 per cento del reddito conseguito dal soggetto estero partecipato e imputabile nel periodo d'imposta, anche solo teoricamente, al soggetto residente in proporzione alla partecipazione detenuta, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 euro, ove l'omissione o incompletezza dichiarativa riguardino la segnalazione relativa alla detenzione di partecipazioni in imprese estere controllate. La sanzione, nella misura minima, si applica anche nel caso in cui il reddito della controllata estera sia negativo.
  In dettaglio, il comma 1 apporta le seguenti modifiche all'articolo 167 del TUIR:
   la lettera a) del comma 1 sostituisce il primo comma dell'articolo 167, al fine di sostituire il riferimento ivi presente (Stati o territori esclusi dalla white list ai sensi dell'articolo 168-bis attualmente vigente) con il riferimento agli Stati ed ai territori a regime fiscale privilegiato in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, della mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero di altri criteri equivalenti (articolo 167, comma 4 TUIR): tale intervento appare coerente con il nuovo impianto normativo utile all'individuazione dei cosiddetti «paradisi fiscali», come disposto dall'articolo 10 dello schema;
   la lettera b) del comma 1 apporta modifiche al comma 5, lettera b) dell'articolo 167, al fine di sostituire il riferimento Pag. 153ai paesi non appartenenti alla white list con quello agli Stati o territori a regime fiscale privilegiato secondo i suesposti criteri di cui all'articolo 167, comma 4. Inoltre, con le modifiche all'ultimo periodo del comma 5, l'obbligo di interpello all'Amministrazione finanziaria, ai fini della disapplicazione della disciplina CFC in caso di partecipazioni in imprese estere controllate, viene sostituto con la facoltà di interpello preventivo (ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 413 del 1991) per ottenere il parere dell'Amministrazione finanziaria in merito alla disapplicazione della norma. In tal modo si opera un sostanziale allineamento con quanto disposto dall'articolo 110, comma 11, del TUIR in merito alla indeducibilità dei costi derivanti da operazioni con soggetti residenti o localizzati in paradisi fiscali, facendo sì che la dimostrazione delle esimenti previste nel comma 5 dell'articolo 167 del TUIR possa avvenire, a scelta del contribuente, in via preventiva, oppure successivamente, in fase di eventuale controllo;
   la lettera c) modifica il penultimo periodo del comma 6 dell'articolo 167, che reca al momento specifici criteri per determinare i redditi imputati per trasparenza, da sottoporre a tassazione separata; con le modifiche in commento detti redditi saranno determinati in base alle disposizioni applicabili ai soggetti residenti titolari di reddito d'impresa, ad eccezione delle regola concernenti le plusvalenze patrimoniali (di cui all'articolo 86, comma 4);
   la lettera d) inserisce un periodo alla fine del comma 8-bis, norma che – come già visto sopra – estende la disciplina CFC ai soggetti controllati esteri localizzati in Stati o territori che beneficiano di una tassazione effettiva inferiore di oltre la metà rispetto a quella cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia, e che abbiano conseguito in prevalenza passive income o proventi derivanti dalla prestazione di servizi infragruppo: le modifiche al comma 8-bis hanno lo scopo di affidare a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate l'individuazione di criteri per determinare, con modalità semplificate, l'effettivo livello di tassazione presente in tali territori;
   la lettera e) sostituisce l'ultimo periodo del comma 8-ter con lo scopo di sostituire l'interpello obbligatorio con la mera facoltà di interpello;
   la lettera f) introduce i commi 8-quater e 8-quinquies ai sensi dei quali l'Amministrazione, prima di procedere all'emissione dell'avviso di accertamento d'imposta o di maggiore imposta, deve notificare all'interessato un apposito avviso, con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove per la disapplicazione delle disposizioni sull'imputazione dei redditi per trasparenza; ove l'Amministrazione non ritenga idonee le prove addotte, dovrà dame specifica motivazione nell'avviso di accertamento. Fatti salvi i casi in cui la disciplina dell'articolo 167 è stata applicata, ovvero non lo sia stata, per effetto dell'ottenimento di una risposta favorevole all'interpello, il socio residente controllante deve comunque segnalare nella dichiarazione dei redditi la detenzione di partecipazioni in imprese estere controllate; il comma 8-quinquies chiarisce che le cosiddette esimenti non devono essere dimostrate in sede di controllo qualora il contribuente abbia ottenuto risposta positiva al relativo interpello, fermo restando il potere dell'Amministrazione finanziaria di controllare la veridicità e completezza delle informazioni e degli elementi di prova forniti in tale sede: tale modifica normativa rende, pertanto, facoltativa la presentazione dell'interpello per la disapplicazione della disciplina CFC prevedendo che, salvi i casi in cui tale disciplina sia stata applicata ovvero non lo sia stata per effetto dell'ottenimento di una risposta favorevole all'interpello, il socio residente controllante deve comunque segnalare nella dichiarazione dei redditi la detenzione di partecipazioni in questione.

  Il comma 2 dell'articolo 8 apporta modifiche alla disciplina delle sanzioni Pag. 154amministrative tributarie, segnatamente aggiungendo un nuovo comma 3-quater nell'articolo 8 del decreto legislativo n. 471 del 1997, che prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa, pari al 10 per cento del reddito conseguito dal soggetto estero partecipato e imputabile nel periodo d'imposta, anche solo teoricamente, al soggetto residente in proporzione alla partecipazione detenuta, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 euro, ove l'omissione o incompletezza dichiarativa riguardino la segnalazione relativa alla detenzione di partecipazioni in imprese estere controllate, prevista dall'introdotto comma 8-quater dell'articolo 167 TUIR. La sanzione, nella misura minima, si applica anche nel caso in cui il reddito della controllata estera sia negativo.
  Il comma 3 abroga l'articolo 168 TUIR, che estende la tassazione per trasparenza alle società estere collegate.
  Il comma 4 stabilisce che, in deroga alla disciplina dello statuto del contribuente sull'efficacia delle norme tributarie nel tempo, le norme dell'articolo 8 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
  L'articolo 9 definisce i criteri di deducibilità delle spese di rappresentanza, fermo restando – come previsto dalla normativa vigente – che il requisito di inerenza è stabilito con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse. Tali spese, ove rispondenti al requisito di inerenza, con le modifiche in commento sono deducibili entro nuovi limiti di congruità fissati ex lege e commisurate all'ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell'impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo, in misura pari:
   a) all'1,5 per cento dei ricavi e altri proventi fino a 10 milioni di euro (contro l'attuale 1,3 per cento);
   b) allo 0,6 dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente 10 milioni e fino a 50 milioni di euro (in luogo dell'attuale 0,5 per cento);
   c) allo 0,4 per cento dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente 50 milioni di euro (in luogo dell'attuale 0,1).

  La misura della deducibilità delle spese di rappresentanza può essere stabilita con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che stabilisce i criteri di inerenza. Tale decreto può, inoltre, elevare il limite di valore dei beni distribuiti gratuitamente le cui spese possono essere dedotte dall'imponibile.
  Più in dettaglio, rammenta che la vigente disciplina include le spese di pubblicità e di propaganda tra quelle deducibili in più esercizi, ossia nell'esercizio in cui sono state sostenute o, in quote costanti, nell'esercizio stesso e nei quattro successivi. Le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d'imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 19 novembre 2008, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell'attività caratteristica dell'impresa e dell'attività internazionale dell'impresa. Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a euro 50.Il predetto decreto considera inerenti, sempreché effettivamente sostenute e documentate, le spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi, effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell'obiettivo di generare anche potenzialmente benefici economici per l'impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore, esemplificando alcune tipologie di spese di rappresentanza. La norma secondaria dispone che tali spese, deducibili nel periodo d'imposta di sostenimento, sono commisurate all'ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell'impresa Pag. 155risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo in misura pari:
   a) all'1,3 per cento dei ricavi e altri proventi fino a euro 10 milioni;
   b) allo 0,5 per cento dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 10 milioni e fino a 50 milioni;
   c) allo 0,1 per cento dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 50 milioni.

  Per le imprese di nuova costituzione, le spese sostenute nei periodi d'imposta anteriori a quello in cui sono conseguiti i primi ricavi possono essere portate in deduzione dal reddito dello stesso periodo e di quello successivo se e nella misura in cui le spese sostenute in tali periodi siano inferiori all'importo deducibile.
  Ai fini della determinazione dell'importo deducibile di cui al comma 2 dell'articolo 108 del TUIR non si tiene conto delle spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a 50 euro, deducibili per il loro intero ammontare.
  Non costituiscono spese di rappresentanza e non sono, pertanto, soggette ai limiti previsti dal presente decreto, le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute per ospitare clienti, anche potenziali, in occasione di mostre, fiere, esposizioni ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall'impresa o in occasione di visite a sedi, stabilimenti o unità produttive dell'impresa. Per le imprese la cui attività caratteristica consiste nell'organizzazione di manifestazioni fieristiche e altri eventi simili, non costituiscono spese di rappresentanza e non sono, pertanto, soggette ai limiti previsti dal presente decreto, le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute per ospitare clienti, anche potenziali, sostenute nell'ambito di iniziative finalizzate alla promozione di specifiche manifestazioni espositive o altri eventi simili. Non sono soggette altresì ai predetti limiti le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute direttamente dall'imprenditore individuale in occasione di trasferte effettuate per la partecipazione a mostre, fiere, ed eventi simili in cui sono esposti beni e servizi prodotti dall'impresa o attinenti all'attività caratteristica della stessa. La deducibilità delle erogazioni e delle spese indicate nel presente comma è, tuttavia, subordinata alla tenuta di un'apposita documentazione dalla quale risultino anche le generalità dei soggetti ospitati, la durata e il luogo di svolgimento della manifestazione e la natura dei costi sostenuti.
  In tale contesto normativo il comma 1 dell'articolo 9 definisce i criteri di deducibilità delle spese di rappresentanza, fermo restando che il requisito di inerenza è stabilito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse; a tale proposito viene eliminato il riferimento al volume dei ricavi dell'attività caratteristica dell'impresa ed all'attività internazionale dell'impresa. Tali spese, ove rispondenti al requisito di inerenza, con le modifiche in commento sono deducibili entro nuovi limiti di congruità fissati ex lege; esse sono infatti commisurate all'ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell'impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo, in misura pari:
   a) all'1,5 per cento dei ricavi e altri proventi fino a 10 milioni di euro (contro l'attuale 1,3 per cento);
   b) allo 0,6 dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente 10 milioni e fino a 50 milioni di euro (in luogo dell'attuale 0,5 per cento);
   c) allo 0,4 per cento dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente 50 milioni di euro (in luogo dell'attuale 0,1).

  Ai sensi del comma 2 dell'articolo 9, la misura della deducibilità delle spese di rappresentanza può essere stabilita con il sopra richiamato decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che stabilisce i criteri di inerenza. Tale decreto può, inoltre, elevare il limite di valore dei beni distribuiti gratuitamente le cui spese possono essere dedotte dall'imponibile.
  Il comma 3 sancisce l'applicazione delle nuove norme in materia di spese di rappresentanza a decorrere dal periodo di Pag. 156imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
  L'articolo 10 apporta alcune modifiche alle vigenti disposizioni in materia di individuazione dei cosiddetti «paradisi fiscali».
  In particolare, viene abrogato il sistema vigente (articolo 168-bis del TUIR) che dispone l'emanazione di due white list: la prima che individua i Paesi e i territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, la seconda che tiene conto, oltre al livello dello scambio informativo, anche dell'effettiva tassazione estera.
  Viene conferito al Ministro dell'economia e delle finanze il potere di individuare, con uno o più decreti, l'elenco degli Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni.
  Le disposizioni di coordinamento introdotte sono poi tese a chiarire che il riferimento ai «regimi fiscali privilegiati» è da intendersi effettuato ai Stati o territori individuati in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, della mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero di altri criteri equivalenti, ai sensi dell'articolo 167, comma 4 TUIR.
  Più in dettaglio, il comma 1 dell'articolo 10 abroga anzitutto il vigente articolo 168-bis del TUIR in ragione del fatto, come chiarito dalla Relazione illustrativa che accompagna lo schema in esame, che esso si è «rivelato di difficile attuazione», soprattutto con riferimento all'emanazione della lista, prevista al comma 2 dello stesso articolo, di Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni e nei quali il livello di tassazione non è sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia. La Relazione illustrativa afferma in proposito che tali criteri non appaiono coerenti con il sistema che viene delineato dalle disposizioni introdotte con lo schema di decreto in esame le quali, tra l'altro, prevedono l'emanazione di liste di Paesi a fiscalità privilegiata sulla base di nuovi criteri (per cui rimanda all'articolo 5 dello schema di decreto).
  Il comma 2, lettera a) dell'articolo 10 apporta modifiche all'articolo 6 del decreto legislativo n. 239 del 1996, il quale, nella sua formulazione vigente, esenta da imposizione i proventi derivanti da obbligazioni e titoli similari percepiti da soggetti residenti in Stati o territori individuati nella white list di cui all'articolo 168-bis TUIR. Le modifiche hanno lo scopo di sostituire tale riferimento con quello a Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni.
  Il comma 2, lettera b) inserisce nell'articolo 11, comma 4, del medesimo decreto legislativo n. 239 una lettera b-bis), la quale conferisce al Ministro dell'economia e delle finanze il potere di individuare con uno o più decreti l'elenco degli Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni.
  Il comma 3 reca disposizioni di coordinamento, disponendo che tutti i riferimenti alla lista di cui al comma 1 dell'articolo 168-bis del TUlR (che tiene conto del livello di scambio di informazioni), presenti in norme introdotte modificate a seguito dell'introduzione di tale articolo, si devono intendere riferiti alla lista dei Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni, ai sensi dell'articolo 11, comma 4, lettera c) del decreto legislativo n. 239 del 1996.
  Il comma 4 reca un'ulteriore disposizione di coordinamento, necessaria a seguito dell'abrogazione del comma 2 dell'articolo 168-bis del TUIR; in luogo del decreto previsto da tale ultima disposizione (che, oltre a tener conto dello scambio di informazioni, considera anche l'effettiva tassazione estera), evidenzia come si debba fare riferimento al decreto ministeriale e al provvedimento del Direttore dell'Agenzia emanati ai sensi dell'articolo 167, comma 4, del TUIR, ovvero i provvedimenti che individuano i regimi «privilegiati» in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, della mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero di altri criteri equivalenti.
  Il comma 5 disciplina la decorrenza delle norme dell'articolo 10, fissandola dal Pag. 157periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto in commento.
  L'articolo 11 apporta modifiche al vigente regime fiscale del trasferimento intracomunitario di sede all'estero.
  Le norme consentono di sospendere (cosiddetto tax deferral) l'applicazione della cosiddetta exit tax anche nel caso di trasferimento, da parte di un'impresa non residente nel territorio dello Stato, di una parte o della totalità degli attivi collegati ad una stabile organizzazione ed aventi ad oggetto un'azienda o un ramo d'azienda, verso altro Stato appartenente all'Unione Europea ovvero aderente all'Accordo sullo Spazio Economico. Ricorda che l’exit tax si applica alle imprese commerciali che trasferiscono la residenza all'estero; per tali soggetti, ove il trasferimento comporti la perdita della residenza in Italia ai fini delle imposte sui redditi, esso è tassato come realizzo, al valore normale dei componenti dell'azienda o del complesso aziendale, salvo che gli stessi non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. Inoltre, per effetto delle modifiche in esame, la sospensione dell’exit tax si applica anche ai trasferimenti che conseguono indirettamente ad altre operazioni straordinarie (fusioni, scissioni e conferimenti), alle condizioni di legge.
  In dettaglio il comma 1, lettera a), espunge dall'articolo 166, comma 2-quater, del TUIR il riferimento alla sentenza 29 novembre 2011, causa C-371-10, National GridIndus BV, e si aggiunge un periodo alla fine del comma medesimo, al fine di applicare il tax deferral al trasferimento, da parte di un'impresa non residente nel territorio dello Stato, di una parte o della totalità degli attivi collegati ad una stabile organizzazione, aventi ad oggetto un'azienda o un ramo d'azienda, verso altro Stato appartenente all'Unione europea ovvero aderente all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo.
  La lettera b) del comma 1, modificando l'articolo 179, comma 6, del TUIR sul regime fiscale di trasformazioni e fusioni, include nel regime di tax deferral i trasferimenti che conseguono indirettamente ad altre operazioni straordinarie (fusioni, scissioni e conferimenti). Di conseguenza anche per tali trasferimenti viene introdotto un analogo regime di sospensione della tassazione, fino all'effettivo realizzo del bene.
  Ricorda che ai sensi del richiamato comma 6 si considerano realizzati al valore normale i componenti dell'azienda o del complesso aziendale che abbiano formato oggetto di alcune operazioni aziendali straordinarie (indicate alle lettere da a) a d) del comma 1 dell'articolo 178 del TUIR) non confluiti, in seguito a tali operazioni, in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. La stessa disposizione si applica se successivamente alle predette operazioni i componenti conferiti nella stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato ne vengano distolti; per effetto delle norme in commento viene precisato che, ove compatibili, si applicano le norme sul tax deferral di cui all'articolo 166, commi 2-quater e seguenti del TUIR.
  In merito la relazione illustrativa chiarisce che le modifiche in esame intendono modificare un regime ritenuto distorsivo, perché prevede la coesistenza di trattamenti fiscali differenti, che consentono cioè alle imprese di sospendere o meno l'imponibilità delle plusvalenze a seconda dell'operazione da cui deriva lo spostamento di residenza.
  Il comma 2 dispone che le norme dell'articolo 11 sul tax deferral decorrono dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
  L'articolo 12, introducendo l'articolo 166-bis nel TUIR, regolamenta il trasferimento della residenza nel territorio dello Stato da parte di soggetti non residenti che esercitano imprese commerciali, prevedendo regole diverse in base allo Stato di provenienza.
  Viene disposto che i soggetti esercenti imprese commerciali e provenienti da Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, ove si trasferiscano nel territorio dello Stato e acquisiscano la residenza ai fini delle imposte sui redditi, devono assumere Pag. 158quale valore fiscale delle attività e delle passività, il valore normale delle stesse.
  A meno di un accordo preventivo sul valore normale stipulato tra l'impresa interessata e l'Amministrazione finanziaria il valore fiscale delle attività e passività trasferite è pari, per le attività, al minore tra il costo di acquisto, il valore di bilancio e il valore normale, e al maggiore tra questi per le passività. Viene demandata a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate l'individuazione delle modalità di segnalazione dei valori delle attività e delle passività oggetto di trasferimento.
  In dettaglio, ai sensi del comma 1 del nuovo articolo 166-bis, i soggetti esercenti imprese commerciali e provenienti da Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni – come individuati con Decreto ministeriale, ai sensi dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo n. 239 del 1996, modificato dall'articolo 10 dello schema –, i quali si trasferiscono nel territorio dello Stato e acquisiscono la residenza ai fini delle imposte sui redditi, devono assumere quale valore fiscale delle attività e delle passività, il valore normale delle stesse, da determinarsi ai sensi dell'articolo 9 TUIR.
  In tal modo è previsto, quale criterio generale, il riconoscimento, quale valore fiscale di ingresso nel nostro ordinamento, del valore normale delle attività e passività trasferite, anche in assenza dell'applicazione di un’exit tax da parte dello Stato di provenienza, purché il trasferimento avvenga da Stati o territori con cui è attuato uno scambio di informazioni.
  Ai sensi del comma 2 del nuovo articolo 166-bis, a meno di un accordo sul valore normale (stipulato in base all'articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, introdotto dall'articolo 1 dello schema), il valore fiscale delle attività e passività trasferite è pari, per le attività, al minore tra il costo di acquisto, il valore di bilancio e il valore normale, e al maggiore tra questi per le passività. Per la determinazione del valore normale resta fermo che si applichi l'articolo 9 del TUIR.
  Il comma 3 dell'articolo 166-bis demanda a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate l'individuazione delle modalità di segnalazione dei valori delle attività e delle passività oggetto di trasferimento.
  Il comma 2 dell'articolo 12 prevede che le norme dell'articolo si applichino a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
  L'articolo 13 apporta modifiche al regime fiscale della deducibilità delle perdite sui crediti, allo scopo di prendere in considerazione anche gli accordi, previsti da legislazioni di Stati esteri, che siano analoghi a quelli disciplinati dalla legge italiana (segnatamente, dalla legge fallimentare) in materia di sovraindebitamento e risanamento dei debiti aziendali.
  Sono anzitutto modificati i criteri di individuazione delle sopravvenienze attive tassabili; viene in particolare stabilito che la rinuncia dei soci ai crediti è considerata sopravvenienza attiva solo per la parte che eccede il relativo valore fiscale. Fermo restando che non sono sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio, si equiparano a tali ipotesi anche le riduzioni effettuate in sede di procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni, o per effetto della partecipazione delle perdite da parte dell'associato in partecipazione.
  Le disposizioni in commento distinguono tra procedure di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio (in cui la sopravvenienza attiva è del tutto detassata) e le procedure di concordato di risanamento, in cui non costituisce sopravvenienza attiva solo la parte che eccede le perdite, computate secondo i criteri di legge, e gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati.
  Accanto alle già esistenti ipotesi di deducibilità, le norme in esame rendono deducibili le perdite su crediti risultanti da un piano di rientro dai debiti (attestato da un professionista e iscritto nel registro Pag. 159delle imprese, ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), della legge fallimentare) ovvero quelle rilevanti ove il debitore sia assoggettato a procedure estere equivalenti a quelle italiane, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni.
  Viene poi introdotta una specifica disciplina per i crediti di modesta entità e per quelli vantati nei confronti di debitori che siano assoggettati a procedure concorsuali o a procedure estere equivalenti ovvero abbiano concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano attestato di risanamento.
  Infine, viene chiarito che la rinuncia dei soci ai crediti non è ammessa in deduzione nei limiti del valore fiscale del credito oggetto di rinuncia.
  In dettaglio, il comma 1, lettera a) sostituisce l'articolo 88, comma 4, del TUIR e introduce nel medesimo articolo i commi 4-bis e 4-ter, in materia di rilevanza delle sopravvenienze attive.
  Ricorda che, ai sensi delle norme vigenti, non si considerano sopravvenienze attive (dunque sono esclusi dalla tassazione):
   i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto, o in conto capitale, a società di capitali ed enti commerciali residenti (soggetti a IRES ai sensi dell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR) dai propri soci;
   la rinuncia dei soci ai crediti;
   gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni;
   la riduzione dei debiti dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo, o per effetto della partecipazione delle perdite da parte dell'associato in partecipazione. In caso di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis della legge fallimentare, ovvero di un piano di rientro dai debiti (attestato da un professionista, ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), della legge fallimentare) pubblicato nel registro delle imprese, la riduzione dei debiti dell'impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui è consentito il riporto in esercizi successivi (ai sensi dell'articolo 84 TUIR).

  Per effetto di tali modifiche, resta fermo (al novellato comma 4 dell'articolo 88) che non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società di capitali e a gli enti commerciali dai propri soci, né gli apporti effettuati da i possessori di strumenti similari alle azioni.
  Il nuovo comma 4-bis del medesimo articolo 88 continua a qualificare come sopravvenienza attiva la rinuncia dei soci ai crediti, ma solo per la parte che eccede il relativo valore fiscale. A tal fine viene prescritto che il socio, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, comunichi alla partecipata tale valore; in assenza di tale comunicazione, il valore fiscale del credito è assunto pari a zero. Nei casi di operazioni di conversione del credito in partecipazioni, si applicano le illustrate norme e il valore fiscale delle medesime partecipazioni viene assunto in un importo pari al valore fiscale del credito oggetto di conversione, al netto delle perdite sui crediti eventualmente deducibili per il creditore, per effetto della conversione stessa.
  Il nuovo comma 4-ter ribadisce che non sono sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio, equiparando a tali ipotesi anche le riduzioni effettuate in sede di procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni, o per effetto della partecipazione delle perdite da parte dell'associato in partecipazione.
  Viene specificato che non sono sopravvenienze attive le riduzioni di debiti d'impresa effettuate, oltre che in caso di accordo di ristrutturazione dei debiti ovvero di un piano di rientro, anche in caso di concordato di risanamento o di procedure estere equivalenti; inoltre, per effetto delle modifiche la riduzione dei debiti dell'impresa non costituisce sopravvenienza attiva Pag. 160per la parte che eccede le perdite riportabili e gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati (di cui al comma 4 dell'articolo 96 del TUIR).
  Per effetto di tali norme, allo scopo di valutare la consistenza di sopravvenienze attive in relazione alle perdite riportabili, viene chiarito che non è preso in considerazione il limite dell'ottanta per cento del reddito previsto, in via generale, dall'articolo 84 TUIR per il riporto delle perdite in esercizi successivi a quello in cui sono sostenute. In sostanza, il nuovo comma 4-ter distingue tra procedure di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio (in cui la sopravvenienza attiva è del tutto detassata) e le procedure di concordato di risanamento, in cui non costituisce sopravvenienza attiva solo la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'articolo 84, senza considerare il limite dell'ottanta per cento, e gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati di cui al comma 4 dell'articolo 96.
  Inoltre, le norme chiariscono che ai fini della valutazione delle sopravvenienze attive rilevano anche le perdite trasferite al consolidato nazionale (di cui all'articolo 117 TUIR) non ancora utilizzate. Viene precisato che le norme del comma 4-ter si applicano anche per le operazioni di rinuncia dei soci ai crediti.
  La lettera b) del comma 1 modifica l'articolo 94, comma 6, del TUIR, relativo alla valutazione fiscale dei versamenti fatti a fondo perduto o in conto capitale alla società dai propri soci o della rinuncia ai crediti nei confronti della società dagli stessi soci. Con finalità di coordinamento con la normativa introdotta dalla lettera a), viene chiarito che la valutazione della rinuncia ai crediti si effettua nei limiti del valore fiscale del credito oggetto di rinuncia.
  La lettera c) apporta modifiche al già illustrato articolo 101, comma 5, del TUIR, al fine di aggiungere ulteriori ipotesi di deducibilità delle perdite sui crediti: sono deducibili le perdite su crediti risultanti da un piano di rientro dai debiti (attestato da un professionista e iscritto nel registro delle imprese, ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), della legge fallimentare) ovvero quelle rilevanti ove il debitore sia assoggettato a procedure estere equivalenti a quelle italiane, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni.
  Viene altresì chiarito che il debitore si considera assoggettato a procedura estere «equivalenti» dalla data di ammissione ovvero, per i piani attestati, dalla data di iscrizione nel registro delle imprese. Di conseguenza, la presunzione legale della sussistenza dei requisiti di certezza e precisione opera a decorrere dalla data di ammissione alla procedura stessa.
  La lettera d) inserisce un nuovo comma 5-bis nell'articolo 101 del TUIR, che reca una specifica disciplina per i crediti di modesta entità e per quelli vantati nei confronti di debitori che siano assoggettati a procedure concorsuali o a procedure estere equivalenti ovvero abbiano concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano attestato di risanamento. È previsto che la deduzione della perdita su crediti è ammessa nel periodo di imputazione in bilancio, anche quando dalla imputazione avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui sussistono gli elementi certi e precisi ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale, sempreché l'imputazione non avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio. Le svalutazioni contabili dei crediti su cui vi sono perdite, deducibili a decorrere dai periodi di imposta in cui sussistono gli elementi certi e precisi ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale ed eventualmente non dedotte in tali periodi, sono deducibili nell'esercizio in cui si provvede alla cancellazione del credito dal bilancio, in applicazione dei principi contabili.
  La lettera e) modifica l'articolo 101, comma 7, del TUIR, per il quale i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società dai Pag. 161propri soci e la rinuncia degli stessi soci ai crediti non sono ammessi in deduzione ed il relativo ammontare si aggiunge al costo della partecipazione, al fine di chiarire che l'indeducibilità della rinuncia ai crediti opera nei limiti del valore fiscale del credito oggetto di rinuncia, coordinando dunque la norma con quanto disposto al nuovo comma 4-bis dell'articolo 84 del TUIR, modificato dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 13.
  Il comma 2 dell'articolo 13 chiarisce che le disposizioni dell'articolo in materia di perdite su crediti si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore dello schema di decreto.
  L'articolo 14 introduce la cosiddetta branch exemption, ossia la possibilità che in capo ad un'impresa residente nel territorio dello Stato non assumano rilevanza fiscale gli utili e le perdite realizzati dalle sue stabili organizzazioni all'estero, da determinarsi in ogni caso con i criteri di cui all'articolo 152 del TUIR ed a specifiche condizioni di legge.
  A tal fine è consentito a un'impresa residente in Italia di esercitare l'opzione per esentare utili e perdite attribuibili a tutte le proprie stabili organizzazioni all'estero; essa è irrevocabile ed è esercitata al momento di costituzione della stabile organizzazione, con effetto dal medesimo periodo d'imposta. Se la stabile organizzazione è localizzata in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, l'opzione per la branch exemption si esercita, relativamente alle stabili organizzazioni site in detti territori, purché ricorrano le «esimenti» previste dalla legge.
  In dettaglio, il comma 1 dell'articolo 14 introduce nel TUIR un nuovo articolo 168-ter, che consente, al comma 1, a un'impresa residente in Italia di esercitare l'opzione per esentare utili e perdite attribuibili a tutte le proprie stabili organizzazioni all'estero. Ai sensi del comma 2 del nuovo articolo tale opzione è irrevocabile ed è esercitata al momento di costituzione della stabile organizzazione, con effetto dal medesimo periodo d'imposta.
  In base al comma 3 se la stabile organizzazione è localizzata in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, individuati come tali nel decreto o nel provvedimento secondario emanato ai sensi dell'articolo 167, comma 4, del TUIR, ovvero quando la stabile organizzazione è localizzata in stati o territori diversi da quelli ivi richiamati, ma ricorrono congiuntamente le condizioni di cui al comma 8-bis del medesimo articolo 167 (assoggettamento a tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti ove residenti in Italia e conseguimento di proventi da specifiche attività), l'opzione per la branch exemption si esercita, relativamente alle stabili organizzazioni site in detti territori, purché ricorrano le «esimenti» previste dalla legge (di cui ai commi 5, lettere a) o b), o 8-ter del citato articolo 167, sostanzialmente volte a chiarire che non si intende perseguire un intento elusivo). Il comma 4 del nuovo articolo 168-ter chiarisce che, se si esercita l'opzione per la branch exemption, le proprie stabili organizzazioni, in assenza delle esimenti, applicano la disciplina delle controlled foreign companies – CFC e le regole di imputazione del reddito per trasparenza contenute nell'articolo 167 TUIR.
  Ai sensi del comma 5, nel caso di esercizio dell'opzione con riferimento alle stabili organizzazioni per le quali sono state disapplicate le disposizioni CFC, si applicano, sussistendone le condizioni, le disposizioni degli articoli 47, comma 4, del TUIR, come modificato dalle disposizioni in commento (in materia di dividendi provenienti da società residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato) e 89, comma 3 (in materia di plusvalenze). Il comma 6 prevede che, per le stabili organizzazioni già esistenti, l'opzione di cui al comma 1 può essere esercitata entro il secondo periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle norme in esame, con effetto dal periodo d'imposta in corso a quello di esercizio della stessa.
  Ai fini dell'esercizio dell'opzione per le organizzazioni già esistenti, in base al Pag. 162comma 7, l'impresa deve separatamente indicare, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di esercizio dell'opzione, gli utili e le perdite attribuibili a ciascuna stabile organizzazione nei cinque periodi d'imposta antecedenti a quello di effetto dell'opzione. Se ne deriva una perdita fiscale netta, gli utili successivamente realizzati dalla stabile organizzazione sono imponibili fino a concorrenza della stessa. Segnala come, dall'imposta dovuta, si scomputino le eventuali eccedenze positive di imposta estera, riportabili ai sensi dell'articolo 165, comma 6, del TUIR.
  Ai sensi del comma 8, le disposizioni del comma 7 relative al recupero delle perdite fiscali pregresse della stabile organizzazione si applicano anche quando venga trasferita a qualsiasi titolo la stabile organizzazione o parte della stessa ad altra impresa del gruppo che fruisca dell'opzione per la branch exemption. In tal caso il comma 9 prevede che l'impresa cedente deve indicare nell'atto di trasferimento della stabile organizzazione o di parte della stessa l'ammontare dell'eventuale perdita netta realizzata dalla medesima stabile organizzazione nei cinque periodi d'imposta precedenti al trasferimento.
  Il comma 10 prevede inoltre che, in caso di esercizio dell'opzione, il reddito della stabile organizzazione va separatamente indicato nella dichiarazione dei redditi dell'impresa e ai fini della sua determinazione valgono i criteri di determinazione del reddito di società ed enti commerciali non residenti derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato mediante stabile organizzazione (articolo 152 del TUIR, come modificato dallo schema di decreto), anche con riferimento alle transazioni intercorse tra l'impresa e la medesima stabile organizzazione, nonché tra quest'ultima e le altre imprese del medesimo gruppo. Si applicano le disposizioni dell'articolo 26 del decreto – legge n. 78 del 2010, ai sensi del quale, in caso di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nell'ambito delle operazioni infragruppo (transfer pricing) da cui derivi una maggiore imposta o una differenza del credito, non si applicano le sanzioni amministrative previste dalla legge per l'indicazione di un minore imponibile rispetto a quello accertato, di un'imposta inferiore a quella dovuta o di un credito superiore a quello spettante (dal cento al duecento per cento della maggior imposta o della differenza del credito) ove, nel corso dell'attività di controllo il contribuente consegni all'Amministrazione finanziaria la documentazione, indicata in apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati.
  Il comma 11 dell'articolo 168-ter prevede che, ai fini della branch exemption, l'impresa residente nel territorio dello Stato può formulare interpello all'Agenzia delle entrate in merito alla sussistenza di una stabile organizzazione all'estero, da valutarsi anche in base ai criteri previsti da accordi internazionali contro le doppie imposizioni, ove in vigore.
  Il comma 12 del nuovo articolo 168-ter stabilisce che, nel rispetto dei principi di trasparenza, correttezza e collaborazione cui deve essere improntato il rapporto con il contribuente, l'Agenzia delle entrate provvede a pubblicare a titolo esemplificativo sul proprio sito le fattispecie ritenute elusive delle precedenti disposizioni, da aggiornarsi periodicamente.
  Il comma 2 dell'articolo 14 chiarisce la decorrenza delle norme dell'articolo, che si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
  L'articolo 15 apporta alcune modifiche al regime del credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero, di cui all'articolo 165 del TUIR, allo scopo di estendere a tutti i contribuenti le disposizioni contenute nei commi 5 e 6 del medesimo articolo 165, attualmente riservate ai redditi d'impresa prodotti all'estero tramite Pag. 163una stabile organizzazione. Di conseguenza, si amplia l'ambito operativo delle norme concernenti:
   la detraibilità delle imposte estere nel periodo in cui il reddito estero concorre al reddito complessivo in Italia, purché le medesime imposte estere siano state pagate a titolo definitivo entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d'imposta successivo;
   la possibilità di riporto in avanti ed indietro delle eccedenze di imposta estera rispetto all'imposta italiana.

  In dettaglio, le modifiche di cui al comma 1, lettera a) (incidendo sul comma 5 dell'articolo 165) intendono estendere la portata della detrazione ivi prevista, non limitandola dunque ai soli redditi d'impresa prodotti all'estero mediante stabile organizzazione o da società controllate ammesse al consolidamento.
  Con un'analoga disposizione, la lettera b) del comma 1 prevede un'estensione soggettiva a tutti i contribuenti del credito d'imposta ivi previsto, che non viene dunque più limitato al reddito d'impresa prodotto, da imprese residenti, in un Paese estero. Dà quindi diritto all'agevolazione l'aver pagato un'imposta estera a titolo definitivo su redditi prodotti all'estero.
  Il comma 2 dell'articolo 15 contiene poi una norma interpretativa, volta a chiarire l'ambito di applicazione del disposto dell'articolo 165; sono ammesse in detrazione sia le imposte contemplate nelle convenzioni contro le doppie imposizioni, sia ogni altra imposta o tributo estero purché investa il reddito; ove vi sia incertezza in merito alla natura del tributo non coperto da una convenzione di cui si intende chiedere la detrazione, il contribuente può presentare istanza di interpello.
  Il comma 3 prevede che le disposizioni dell'articolo si applichino da periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
  Rammenta che l'articolo 3 dello schema, che intende ridisciplinare il sistema di tassazione dei dividendi esteri e, in particolare, da Stati aventi un regime fiscale privilegiato, reca specifici riferimenti all'articolo 165 del TUIR.
  L'articolo 16 reca la stima delle minori entrate derivanti dal provvedimento in esame, pari a 99,3 milioni di euro per il 2016 e 28 milioni per il 2017 e 40,7 milioni di euro a decorrere dal 2018.
  A tali oneri si provvede mediante riduzione dell'apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (di cui all'articolo 16 della legge delega, n. 23 del 2014) volto a compensare eventuali nuovi o maggiori oneri introdotti da altri decreti di attuazione della delega fiscale.
  La relazione tecnica che accompagna il provvedimento reputa che derivino maggiori entrate dalle disposizioni di cui all'articolo 4 in materia di interessi passivi, pari a 236 milioni di euro nel 2017 e 134,6 milioni a decorrere dal 2018.
  La medesima relazione tecnica stima come onerose le seguenti disposizioni:
   articolo 5, sulla deducibilità dei costi black list, che dovrebbe comportare minori entrate pari a 41,5 milioni di euro nel 2016 e 23,7 milioni a decorrere dal 2017;
   articolo 8, che modifica le cosiddette CFC rules, da cui discenderebbero minori entrate pari a –57,8 milioni di euro nel 2016 e 33 milioni a decorrere dal 2017;
   articolo 9, in materia di spese di rappresentanza, con minori entrate pari a 41,3 milioni nel 2017 e 23,6 milioni a decorrere dal 2018;
   articolo 14, relativo al regime di esenzione di utili e perdite di stabili organizzazioni residenti, da cui discenderebbero minori entrate pari a 166 milioni nel 2017 e 95 milioni a decorrere dal 2018.

  Ricorda che il richiamato articolo 16 della legge n. 23 stabilisce l'invarianza per la finanza pubblica delle disposizioni emanate in attuazione della delega, demandando alla relazione tecnica relativa a ciascuno schema di decreto legislativo il compito di evidenziare gli effetti sui saldi di finanza pubblica.Pag. 164
  Inoltre, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri, che non trovino compensazione nel proprio ambito, si provvede ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 196 del 2009, ovvero mediante compensazione con le risorse finanziarie recate dai decreti legislativi, adottati ai sensi della legge delega, presentati prima o contestualmente a quelli che comportano i nuovi o maggiori oneri. A tal fine le maggiori entrate confluiscono in un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Al riguardo ricorda che l'articolo 2 del decreto legislativo n. 188 del 2014, con il quale è stata rivista l'imposizione fiscale sui tabacchi lavorati ai sensi della legge delega, al comma 4 ha ascritto alle nuove accise sui tabacchi maggiori entrate pari a 195 milioni di euro per il 2015 e 196 milioni a decorrere dal 2016. Quota parte di dette maggiori entrate (pari a 50 milioni a decorrere dal 2015) ha fornito la copertura finanziaria a disposizioni precedenti (in particolare agli oneri di cui all'articolo 14, comma 3, del decreto – legge n. 91 del 2013). Quanto ai rimanenti 145 milioni per il 2015 e 146 milioni per il 2016, tali risorse sono confluite nel predetto fondo del MEF (di cui all'articolo 16 della n. 23) volto a compensare eventuali nuovi o maggiori oneri introdotti dai decreti di attuazione della delega fiscale.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), con riferimento alle norme sul ruling internazionale di cui all'articolo 1 dello schema di decreto, sottolinea preliminarmente l'esigenza di approfondire adeguatamente tutti gli aspetti della nuova disciplina.
  Pur comprendendo la necessità di adeguare la disciplina nazionale a quella prevista in materia dagli altri Paesi, sottolinea, infatti, il rischio che tale meccanismo favorisca le imprese di grandi dimensioni, senza tuttavia tener conto delle esigenze delle piccole e medie imprese, le quali rischierebbero di subire uno svantaggio concorrenziale e di essere pertanto escluse dal mercato.

  Marco CAUSI (PD), con riferimento alla questione posta dal deputato Villarosa, sottolinea come il limite di valore stabilito per l'accesso alla nuova disciplina sul ruling internazionale risulti sufficientemente basso da consentire l'accesso a tale regime anche alle imprese di dimensioni non particolarmente grandi.

  Giovanni SANGA (PD), relatore, sottolinea come, ai fini della conclusione di accordi di ruling internazionale tra l'amministrazione finanziaria e le società interessate, si debba tener conto della rilevanza delle operazioni oggetto di accordo, nonché delle relative ricadute in termini di fatturato e di effetti occupazionali.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.55.

RISOLUZIONI

  Mercoledì 13 maggio 2015. — Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 14.55.

7-00553 Pagano: Misure a sostegno del credito in favore dei soggetti esercenti impianti fotovoltaici di produzione di energia.
(Discussione e rinvio).

  La Commissione inizia la discussione della risoluzione.

  Alessandro PAGANO (AP) illustra la propria risoluzione, la quale pone all'attenzione del Governo la necessità di adottare misure a sostegno del credito in favore dei soggetti i quali hanno subito gravi danni economici a seguito della riduzione degli incentivi a favore degli impianti Pag. 165di produzione di energia da fonte rinnovabile fotovoltaica.
  In tale ambito l'atto di indirizzo ricorda innanzitutto che l'articolo 26 del decreto-legge n. 91 del 2014 è intervenuto retroattivamente sui suddetti incentivi introducendo tre opzioni di riduzione degli stessi, a scelta dei produttori. Rileva quindi come tutte le opzioni mettano a serio rischio di default migliaia di piccole imprese italiane che hanno investito in tale settore e come, per mitigare il devastante effetto derivante dai minori introiti e dalla conseguente sensibile riduzione delle liquidità di cassa per tali aziende colpite dalla riduzione degli incentivi, il legislatore abbia previsto quale misura compensativa la possibilità di accedere al credito, per un importo pari al mancato flusso nei restanti anni di incentivazione degli impianti, con garanzia emessa dalla Cassa depositi e prestiti, le cui modalità di accesso sarebbero state stabilite con successivo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Rammenta inoltre che, al fine di mitigare l'effetto derivante dai minori introiti, con l'ordine del giorno numero n. 9/2568-AR/180 del 6 agosto 2014, la Camera dei deputati ha impegnato il Governo a intervenire presso il sistema creditizio al fine di ottenere l'allungamento della durata del finanziamento (finanziamenti bancari, mutui e/o leasing) per tutte le aziende interessate dal predetto articolo 26, in misura pari al periodo di prolungamento di erogazione degli incentivi previsti dal citato decreto-legge n. 91.
  In tale contesto segnala come un numero cospicuo delle aziende del settore, pur in presenza di merito creditizio, lamentino l'impossibilità di accedere al credito con tutti gli operatori bancari, con conseguente rischio di perdita di migliaia di posti di lavoro e con il rischio di far fallire migliaia di programmi di investimento relativi a impianti già realizzati in full equity e/o con dilazioni di pagamento dei fornitori in vista di finanziamenti di scopo, deliberati all'epoca della realizzazione ma non perfezionati in attesa della connessione alla rete.
  Auspica quindi un intervento del Governo volto a correggere tale atteggiamento da parte degli istituti bancari, in attuazione delle misure stabilite dal legislatore al fine di bilanciare, seppur parzialmente, la riduzione degli incentivi in tale settore produttivo.
  Evidenzia infatti come, per policy aziendale, i principali istituti di credito, quali ad esempio Intesa San Paolo, non abbiano concesso alle aziende operanti nel settore fotovoltaico la moratoria già in essere a seguito del protocollo di intesa, datato 1o luglio 2013, tra l'Associazione bancaria italiana (ABI) e le associazioni dei rappresentanti delle piccole e medie imprese, che concedeva a tutte le aziende sane, senza discriminazione alcuna, di richiedere, visto il perdurare della crisi economica e al fine di rimettere in moto l'economia attraverso liquidità di cassa da destinare a nuovi investimenti, la possibilità di usufruire alternativamente di due opzioni: 1) il congelamento della quota capitale prevista nei canoni di leasing immobiliare e mobiliare per dodici mesi; ovvero 2) il prolungamento della durata dei mutui rispetto al precedente accordo (3 anni per i mutui chirografari, 4 per quelli ipotecari).
  Ricorda altresì che il Ministero dello sviluppo economico ha emanato il decreto attuativo di una delle predette tre opzioni (specificatamente l'opzione «b») con un grave ritardo di 23 giorni, che ha reso di fatto impossibile una scelta seria e consapevole da parte dei produttori, e che il Ministero dell'economia e delle finanze sta accumulando un grave ritardo nell'emanazione del decreto di natura non regolamentare previsto dal predetto comma 5 dell'articolo 26 del decreto-legge n. 91 del 2014, il quale dovrebbe disciplinare i criteri e le modalità di accesso ai finanziamenti bancari garantiti dalla Cassa depositi e prestiti, che consentirebbero agli operatori di mitigare, almeno in parte, gli effetti negativi dei tagli previsti dalla norma.
  Nel sottolineare l'esigenza di impedire che le aziende del settore divengano insolventi a seguito della diminuzione dell'incentivo Pag. 166annuo, a cui non potrà corrispondere un'equivalente riduzione della rata del finanziamento a loro carico e degli altri costi operativi, evidenzia quindi come il sistema creditizio possa senza alcun problema allungare la durata dei finanziamenti (finanziamenti bancari, mutui e/o leasing), così come già sperimentato con precedenti accordi tra l'ABI e le organizzazioni imprenditoriali, o comunque trovare, in collaborazione con i produttori, soluzioni senza aggravi di costo (spread o waiver fee).
  In tale ambito di questioni la risoluzione impegna innanzitutto il Governo a emanare un atto normativo con cui definire le modalità di accesso alla garanzia della Cassa depositi e prestiti prevista dal predetto articolo 26, comma 5, del decreto – legge n. 91 del 2014.
  Inoltre si sollecita l'Esecutivo a intervenire presso il sistema creditizio, convocando un tavolo tecnico con l'ABI, al fine di ottenere il prolungamento, attraverso una nuova moratoria, della durata dei finanziamenti bancari, mutui e/o in leasing per tutte le aziende interessate dal predetto articolo 26, nonché ad assumere le iniziative di competenza attraverso un accordo con l'ABI, nel quale prevedere la possibilità di segnalare gli istituti bancari che, in presenza di merito creditizio, si rifiutino in modo discriminatorio di concedere la moratoria già in essere a operatori del settore, prorogando di 12 mesi i termini per la richiesta di accesso ai benefici della stessa moratoria, nonché di segnalare gli istituti bancari che, in presenza di merito creditizio, si rifiutino di finanziare impianti già connessi in rete o da connettere, in modo discriminatorio nei confronti degli operatori del settore della green economy.
  La risoluzione evidenzia altresì l'esigenza di segnalare gli istituti bancari che, in presenza di merito creditizio, si rifiutino di finanziare altri programmi di investimento in modo discriminatorio nei confronti di operatori del settore della green economy, perché ritenuti comunque «soggetti a rischio».
  Auspica quindi che su tali questioni il Governo possa al più presto istituire un tavolo tecnico con i soggetti competenti, al fine di stabilire regole certe per la concreta attuazione di tali misure di natura compensativa a favore degli operatori del settore.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito della discussione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE

7-00466 Pesco: Definizione di una disciplina organica del regime fiscale delle locazioni brevi.

Pag. 167