CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 21 aprile 2015
428.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Martedì 21 aprile 2015. — Presidenza del presidente Fabrizio CICCHITTO. – Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri e alla cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova.

  La seduta comincia alle 17.10.

Documento di economia e finanza 2015.
Doc. LVII, n. 3 e Allegati.
(Parere alla V Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Francesco MONACO (PD), relatore, sottolinea che il Documento di economia e finanza ha progressivamente assunto – in questi lunghi anni di crisi – un valore sempre più centrale nel ciclo della programmazione economico-finanziaria: spetta oggi al DEF definire le modalità e la tempistica attraverso le quali l'Italia, nel contesto del ciclo di bilancio europeo – intende conseguire il risanamento strutturale dei conti pubblici e perseguire gli obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, energia e sostenibilità ambientale definiti nell'ambito dell'Unione europea.
  Sottolinea che questo percorso di risanamento strutturale si muove oggi lungo tre direttrici: l'innalzamento della produttività del sistema mediante la valorizzazione del capitale umano (Jobs Act, Buona Scuola, Programma nazionale della ricerca); la diminuzione dei costi indiretti per le imprese connessi agli adempimenti burocratici e all'attività della Pubblica Amministrazione, mediante la semplificazione e la maggiore trasparenza delle burocrazie (riforma della Pubblica Amministrazione, interventi anti-corruzione, riforma fiscale); la riduzione dei margini di incertezza dell'assetto giuridico per alcuni settori, sia dal punto di vista della disciplina generale, sia dal punto di vista degli Pag. 44strumenti che ne assicurano l'efficacia (nuova disciplina del licenziamento, riforma della giustizia civile).
  A tali effetti si aggiungono gli interventi istituzionali volti a migliorare il rendimento delle istituzionali, dalla riforma della legge elettorale alla differenziare delle funzioni di Camera e Senato, per accelerare il processo decisionale di approvazione delle leggi. Il DEF delinea – in sostanziale concordanza con i risultati delineati nell'ultimo numero del Bollettino economico della Banca d'Italia – l'intensificazione dei segnali congiunturali favorevoli, anche se deve ancora consolidarsi il riavvio del ciclo economico. Nell'ultimo trimestre del 2014, pur a fronte di una stazionarietà del prodotto, i conti nazionali confermano l'espansione dei consumi delle famiglie, l'accelerazione delle esportazioni e segnalano una lieve ripresa dell'accumulazione di capitale, in particolare per macchinari e mezzi di trasporto. Nei primi mesi dell'anno in corso l'andamento dell'attività industriale è ancora incerto, ma si riscontra un netto miglioramento della fiducia di famiglie e imprese.
  Evidenzia che nel complesso, tuttavia, nel 2014 il PIL ha registrato una contrazione dello 0,4 per cento, su cui ha inciso, in maniera rilevante la debolezza della domanda interna, ed in particolare degli investimenti. Un apporto positivo è, invece, disceso dalla domanda estera. Le esportazioni hanno infatti beneficiato della favorevole dinamica della domanda mondiale e del miglioramento di competitività indotto, a fine 2014, dal deprezzamento dell'euro, ciò a dimostrazione di come sia importante rafforzare le politiche di internazionalizzazione del nostro sistema produttivo.
  Circa le prospettive macroeconomiche di crescita delineate nel DEF, rileva che i dati congiunturali disponibili confermano il superamento del punto di minimo del ciclo economico e l'avvio di una fase ciclica moderatamente espansiva, che sta beneficiando di diversi fattori quali il deprezzamento dell'euro e l'ampia flessione del prezzo del petrolio. Inoltre, nel medio termine, il complesso delle misure espansive (il cosiddetto Quantitative Easing) implementate dalla BCE dovrebbe favorire una ripartenza del credito al settore privato e, conseguentemente, la crescita di consumi e investimenti, e una graduale risalita dell'inflazione al consumo verso l'obiettivo di medio termine. I livelli degli indicatori di fiducia, in particolare, si sono portati nel corso degli ultimi mesi su livelli storicamente elevati.
  In considerazione di ciò, il DEF fissa le stime tendenziali di crescita del PIL allo 0,7 per cento per il 2015 e all'1,3 per cento per il 2016, al rialzo rispetto alle previsioni programmatiche indicate ad ottobre 2014 nel Documento programmatico di bilancio. Per gli anni successivi, il DEF prevede una crescita tendenziale del PIL più contenuta, pari nel 2017 all'1,2 per cento e pari in media dell'1,1 per cento nel biennio successivo. Tale flessione, tuttavia, non discenderebbe da considerazioni negative circa l'andamento dell'economia italiana, ma riflette – secondo quanto illustrato nel DEF – un principio di cautela circa la valutazione delle principali variabili di finanza pubblica. In particolare, il Governo ha correttamente sottratto dalla previsione del tasso di crescita tendenziale del PIL l'impatto positivo sulla crescita che il Governo stima provenire da alcune riforme strutturali.
  Tale impatto è stato, invece, considerato nella formulazione delle previsioni programmatiche di crescita a partire dal 2018. Lo scenario previsionale tendenziale è, infatti, affiancato nel DEF dallo scenario programmatico che, ferme restando le componenti derivanti dagli andamenti economici internazionali (vale a dire le c.d. «esogene internazionali» considerate nel quadro tendenziale: commercio internazionale, prezzo del petrolio e cambio dollaro/euro), include gli effetti sull'economia prodotti dalle politiche governative previste nel Documento.
  Ne deriva un andamento programmatico che per il primo anno del periodo di previsione – il 2015 – conferma il risultato del tendenziale, mentre risulta più elevato per il periodo successivo, rispettivamente Pag. 45di 0,1, 0,3, 0,3 e 0,2 punti percentuali di PIL per ciascuno degli anni 2016-2019.
  L'incremento del PIL deriva da un andamento più positivo, rispetto al tendenziale, di pressoché tutte le componenti, che si riflette su una più favorevole dinamica dell'occupazione e su un minor livello di disoccupazione nel periodo considerato. Risulta più sostenuta, tranne che nell'anno terminale, la dinamica dei prezzi.
  Per quanto concerne, in particolare, il mercato del lavoro, il DEF evidenzia come nel corso del 2014 l'andamento dell'occupazione ha rappresentato una sorpresa positiva: l'occupazione misurata in termini di unità di lavoro nel 2014 è infatti aumentata dello 0,2 per cento. Dopo la consistente perdita di posti di lavoro nel 2012 e nel 2013, il numero degli occupati si è dunque sostanzialmente stabilizzato nel 2014. Anche il tasso di disoccupazione è tuttavia aumentato nel 2014, al 12,7 per cento (dal 12,2 per cento del 2013), in conseguenza di una maggiore partecipazione al mercato del lavoro. A partire dal 2015, il DEF prevede una ripresa del tasso di occupazione (+0,6 per cento nel 2015 e +0,9 per cento nel 2016) ed una graduale riduzione del tasso di disoccupazione, dal 12,3 per cento del 2015 fino al 10,9 di fine periodo.
  Lo scenario di finanza pubblica delinea un modesto peggioramento del rapporto indebitamento/PIL deriva da una dinamica delle entrate che pur in crescita di 0,1 punti percentuali in quota PIL è stata inferiore a quella delle spese finali, aumentate di 0,2 punti percentuali.
  Per le entrate la stabilità del dato rispetto all'anno precedente deriva da dinamiche tra loro opposte delle imposte dirette e di quelle indirette, le prime diminuite di 0,3 punti e le seconde invece aumentate di 0,5 punti percentuali; aumento intervenuto pur in presenza di una dinamica dei consumi che ha risentito della perdurante sfavorevole situazione congiunturale (pur migliore di quella del 2013, con il PIL in territorio negativo per 1,7 punti, a fronte del -0,4 per cento del 2014) ma tenuto conto degli effetti di gettito connessi alle maggiori aliquote IVA rispetto all'anno precedente.
  La crescita delle imposte indirette riflette infatti principalmente l'andamento positivo di tale imposta, che registra un incremento dell'1,9% rispetto al 2013 (+2.189 milioni) per effetto dell'aumento dell'aliquota al 22 per cento: il maggior gettito è infatti dovuto agli scambi interni (+2.195 milioni) al netto delle importazioni dai Paesi extra-Ue (-6 milioni).
  Quanto alla dinamica della spesa, la stessa si è determinata prevalentemente per il consistente incremento della voce relativa alle prestazioni sociali, aumentata di 0,4 punti di PIL (dal 19,9 del 2013 al 20,3 dell'anno in esame) solo parzialmente compensata dalla minor spesa per interessi, diminuita di circa 2,7 miliardi, e dalla riduzione della spesa (per circa 1 miliardo) per i redditi da lavoro dipendente.
  Da precisare peraltro che il suddetto incremento deriva in larga parte dalla contabilizzazione in tale categoria di spesa del bonus Irpef riconosciuto ai lavoratori a basso reddito introdotto dal decreto-legge n.66 del 2014. Rimane invece stabile in quota PIL la spesa di conto capitale, che non inverte il suo trend discendente iniziato dal 2010, quando era diminuita di un punto percentuale (dal 5,2 al 4,2) rispetto all'anno precedente.
  All'interno di tale categoria va tuttavia evidenziato in termini critici il calo della spesa per investimenti, ridotti del 6 per cento (0,2 punti in quota PIL) facendo seguito ad un analogo calo avvenuto l'anno precedente, che è tuttavia compensato sul piano contabile da una riclassificazione di spesa che ha incluso nella categoria medesima alcune tipologie di crediti fiscali.
  Il calo della spesa per interessi e per i redditi da lavoro ha in parte contenuto la diminuzione dell'avanzo primario, che dopo essere già calato nel 2013 all'1,9 per cento di PIL rispetto ai 2,2 punti dell'anno precedente, scende ulteriormente nel 2014 all'1,6 per cento, riflettendo un andamento dell'economia meno favorevole di quanto preventivato in corso d'anno.Pag. 46
  Sottolineo che si tratta di un avanzo tra i più elevati dell'area euro, inferiore solo a quello della Germania. In proposito merita segnalare come anche per i profili dell'indebitamento netto la posizione dell'Italia appare comparabile a molte delle altre economie dell'area, dove sei paesi risultano sopra il valore/soglia del 3 per cento, e tra questi la Francia (4,3 per cento) e la Spagna (5,6 per cento), non considerando poi il Regno Unito (5,4 per cento), in quanto fuori dalla zona euro.
  Rimane sostanzialmente stabile la pressione fiscale, al 43,5 per cento del PIL, in lieve rialzo di 0,1 punti percentuali rispetto all'anno precedente, riflettendo sostanzialmente l'aumento delle imposte indirette di cui sopra si è detto.
  Il nuovo quadro programmatico presentato nel programma di stabilità 2015, nel confermare gli obiettivi di indebitamento netto indicati per il quinquennio 2014/2018 dal Documento programmatico di Bilancio (Draft Budgetary Plan, DBP) inviato alla Commissione europea lo scorso ottobre – peraltro con un lieve miglioramento (0,2 punti percentuali di PIL) nel 2018 e programmandone anche un ulteriore miglioramento nell'anno successivo, nel quale il saldo risulta positivo per 0,4 punti di PIL – espone un percorso di conseguimento dell'obiettivo di medio termine (MTO) previsto per l'Italia dalle regole europee vale a dire il pareggio strutturale del bilancio, che utilizza i margini di flessibilità consentiti dalle riforme strutturali in corso.
  Il quadro programmatico determina rispetto al quadro tendenziale un peggioramento dei saldi – con riguardo sia all'indebitamento netto che al saldo primario – di 0,1 punti di PIL nel 2015; 0,4 punti di PIL nel 2016; 0,6 punti di PIL nel 2017 e 0,5 punti di PIL in ciascun anno dell'ultimo biennio. Peggioramento che corrisponde ad un'azione espansiva di pari valore che, cifrata in termini assoluti (rispetto al PIL nominale stimato per gli anni di riferimento) si sostanzia in circa 1,6 miliardi di euro per il 2015, 6,7 miliardi di euro per il 2016, 10,4 miliardi di euro per il 2017) e 9,0 miliardi di euro nel 2018.
  Per quanto attiene al debito pubblico, dopo un'ulteriore crescita nel 2015 che ne porta il livello al 132,5 per cento del PIL – dato comunque inferiore al 133,1 per cento stimato nel DBP (Documento programmatico di bilancio), sulla base di una serie di fattori esposti nel DEF – dal 2016 si avvia la fase di discesa, con una prima riduzione di 1,6 punti percentuali rispetto all'anno precedente: la discesa prosegue nel 2017 e nel 2018, rispettivamente per circa 3,5 e 4 punti di PIL, fino a raggiungere il livello del 120 per cento nell'anno terminale del periodo di previsione con una riduzione complessiva ne periodo medesimo di oltre 12 punti percentuali.
  Passando ai profili più strettamente attinenti alle competenze della Commissione Affari esteri, vengono in rilievo le indicazioni contenute nel Programma nazionale di riforma (PNR) che, in coerenza con il Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati dalla nuova Strategia «Europa 2020». In particolare il PNR esprime da un lato la consapevolezza che i segnali di inversione del ciclo economico emersi ad inizio d'anno vadano assecondati e sostenuti, dando continuità alle politiche avviate nel corso del 2014 nel settore del sostegno alle imprese ed ai processi di innovazione e di internazionalizzazione delle stesse.
  Particolare rilievo assume, in questa prospettiva, il Piano straordinario per il Made in Italy nel mondo e l'attrazione degli investimenti in Italia che punta ad ampliare il numero delle imprese, in particolare le piccole e medie imprese, che operano sul mercato globale, espandere le quote italiane del commercio internazionale che hanno visto la bilancia commerciale chiudersi l'anno scorso con un avanzo record di 42,9 miliardi di euro (il miglior risultato in Europa dopo la Germania) e sostenere le iniziative di attrazione degli investimenti esteri in Italia.Pag. 47
  Il Piano – per il quale sono stati stanziati 260 milioni di euro e che divenuto operativo nel febbraio scorso – è guidato da una cabina di regia sull'Internazionalizzazione co-presieduta dal Ministro dello sviluppo economico e dal Ministro degli Affari esteri.
  Sarà importante monitorare, con le opportune iniziative in sede parlamentare, l'attuazione di questo Piano straordinario che deve concorrere a rafforzare la proiezione internazionale del nostro Paese, acquisendo la consapevolezza del ruolo cruciale svolto dal sistema di sostegno pubblico all'internazionalizzazione per supportare soprattutto le piccole e medie imprese riducendo i costi e le difficoltà di accesso ai mercati.
  Nel preannunciare una proposta di parere favorevole – che terrà naturalmente in considerazione le risultanze del dibattito - evidenzia come il DEF 2015 faccia propria correttamente la dura lezione appresa in questi lunghi anni di crisi e che cioè l'uscita dell'Italia dalla più tragica recessione del dopoguerra richieda misure incisive dal lato sia della domanda sia dell'offerta. L'impulso fornito dalle politiche macroeconomiche si è accentuato significativamente negli ultimi trimestri ed ha creato i presupposti per una ripresa della domanda interna, oltre a consolidare i benefici di quella estera.
  Per sostenere la crescita nel medio termine e conseguire un aumento duraturo dell'occupazione è però indispensabile un rilancio del prodotto potenziale. A tale scopo è essenziale proseguire nell'azione di riforma: il miglioramento del contesto normativo e delle condizioni per investire, proprio a partire da un potenziamento degli strumenti della diplomazia economica e dal sostegno pubblico al Made in Italy, inciderà favorevolmente sulla capacità del Sistema-Italia di rispondere ed adattarsi con successo ai cambiamenti strutturali in atto nell'economia globale.

  Il sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA si associa alle considerazioni del relatore.

  Emanuele SCAGLIUSI (M5S) manifesta l'orientamento contrario del suo gruppo al DEF per l'anno 2015 anche per i profili di competenza di questa Commissione, con particolare riferimento agli stanziamenti destinati alla cooperazione allo sviluppo, ancora denominata «aiuto pubblico allo sviluppo» malgrado l'entrata in vigore della legge di riforma del settore che ha innovato anche i sostanziali aspetti definitori, a conferma della ridotta attenzione da parte del Governo alla materia. Sottolinea che per il triennio 2016-2018 il Governo appare impegnarsi limitatamente allo 0,30 per cento rispetto all'obiettivo dello 0,7 per cento. Se si considera che il Documento per il 2014 aveva assettato uno 0,28 per cento e che oggi si passa allo 0,21 per cento, ciò evidenzia un trend di rallentamento.

  Guglielmo PICCHI (FI-PdL) sottolinea che il DEF rappresenta da qualche tempo sempre più una sorta di «libro dei sogni» che, nel caso in esame, accerta l'incremento della pressione fiscale, della spesa corrente e la riduzione di quella per investimenti. Ritiene, infine, che sia del tutto indefinito lo stanziamento reale per l'internazionalizzazione delle imprese, a ulteriore rafforzamento della valutazione contraria da parte del suo gruppo sul provvedimento in titolo.

  Francesco MONACO (PD), relatore, in risposta all'intervento del collega Scagliusi, rileva di non condividere le sue considerazioni in tema di cooperazione allo sviluppo, ambito che registra un incremento di risorse, e che è comunque opportuno valutare l'impegno reale del Governo soltanto a consuntivo. Quanto al rilievo del collega Picchi in tema di pressione fiscale, segnala che essa resta costante in raffronto all'anno precedente.

  Vincenzo AMENDOLA (PD) ritiene che vi siano le condizioni affinché la Commissione proceda già nella seduta odierna alla deliberazione sul provvedimento in esame, pur essendo lo stesso convocato anche nella giornata di domani.

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  Guglielmo PICCHI (FI-PdL) manifesta una non contrarietà del suo gruppo alla proposta del collega Amendola.

  Emanuele SCAGLIUSI (M5S) non acconsente ad un'anticipazione della deliberazione sul Documento in titolo alla seduta odierna essendo necessario un congruo tempo di esame della proposta di parere, che non è stata ancora presentata e per la quale non sussistono i presupposti per un attento esame anche in ragione degli ulteriori punti previsti all'ordine del giorno di oggi.

  Vincenzo AMENDOLA (PD) precisa che la sua proposta era finalizzata ad uno snellimento dei lavori della Commissione in vista della calendarizzazione da parte della Conferenza dei presidenti di gruppo per la prima mattinata di domani di una informativa del Governo sull'imminente Consiglio europeo straordinario, osservando che non sono oltre tutto prevedibili modifiche nel posizionamento dei gruppi sul provvedimento.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, alla luce di quanto emerso dal dibattito, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2014.
C. 2977 Governo.

(Relazione alla XIV Commissione).
Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2013.
Doc. LXXXVII, n. 2.

(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto, ai sensi dell'articolo 126-ter del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in titolo.

  Eleonora CIMBRO (PD), relatrice, sottolinea che la legge 24 dicembre 2012, n. 234, sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea ha disposto che ogni anno il Governo presenti, insieme al disegno di legge di delegazione europea, un disegno di legge europea, contenente norme di diretta attuazione volte a garantire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento europeo, con particolare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa europea.
  Segnala che nel disegno di legge europea al nostro esame sono state inserite le disposizioni finalizzate a porre rimedio ai casi di non corretto recepimento della normativa dell'Unione europea nell'ordinamento nazionale che hanno dato luogo a procedure di pre-infrazione, avviate nel quadro del sistema di comunicazione EU Pilot, e di infrazione, laddove il Governo abbia riconosciuto la fondatezza dei rilievi mossi dalla Commissione europea.
  Nello specifico, il provvedimento chiude undici procedure d'infrazione e sette casi EU Pilot, proseguendo nel percorso di abbattimento delle procedure di infrazione aperte da Bruxelles: si tratta di una questione considerata prioritaria dal Governo e dalla maggioranza parlamentare che lo sostiene e che questo anno ha già prodotto un risultato positivo, con la riduzione del 30 per cento delle procedure (da 121 a 91 casi). Parallelamente al disegno di legge in esame, il Governo ha presentato il disegno di legge di delegazione europea 2014, attualmente in corso di esame al Senato.
  Passando sinteticamente ai contenuti della legge europea per il 2014, segnala che esso si compone di 21 articoli suddivisi in 10 capi, ciascuno riferito ad una specifica materia. Il Capo I (articolo 1) reca disposizioni in materia di libera circolazione delle merci; il Capo II (articoli da 2 a 7) interviene in materia di libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali; il Capo III (articolo 8) tratta disposizioni in materia di giustizia e sicurezza; il Capo IV (articoli da 9 a 10) contiene norme in materia trasporti; il Capo V (articoli da 11 a 13) tratta di fiscalità, dogane e aiuti di stato; il Capo VI Pag. 49(articoli 14 e 15) interviene in materia di lavoro e di politica sociale; il Capo VII (articolo 16) tratta la materia di salute pubblica e sicurezza alimentare; il Capo VIII (articoli da 17 a 19) interviene in materia ambientale; il Capo IX (articolo 20) reca disposizioni in materia di protezione civile; il Capo X (articolo 21) reca le disposizioni finali.
  Per quanto attiene agli ambiti di competenza della Commissione Affari esteri sottolinea il rilievo, anche alla luce dei drammatici avvenimenti di questi giorni, delle disposizioni introdotte dall'articolo 8 in forza delle quali lo straniero (cittadino di uno Stato extra-UE), in possesso di un regolare permesso di soggiorno rilasciato da un altro Stato dell'UE che si trattenga nel territorio nazionale oltre i tre mesi consentiti dalla legge – ove non ottemperi immediatamente all'ordine di ritornare nello Stato membro – venga espulso forzatamente nello Stato di origine o provenienza e non nello Stato che ha rilasciato il permesso di soggiorno, come attualmente prevede la legge.
  Il rimpatrio forzato dello straniero verso lo Stato membro dell'Unione che ha rilasciato il titolo di soggiorno e non verso il Paese terzo di origine dell'interessato è possibile soltanto in caso di intese o di accordi bilaterali di riammissione già operativi prima del 13 gennaio 2009, ossia della data di entrata in vigore della direttiva 2008/115/CE c.d. direttiva rimpatri: si tratta, come precisato nella relazione illustrativa, dei seguenti sedici Stati membri: Austria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Francia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria.
  L'intervento normativo, realizzato con una modifica all'articolo 5, comma 7-ter, del testo unico immigrazione (D.Lgs.286/1998) è appunto finalizzato ad adeguare l'ordinamento interno a tale direttiva ed in particolare all'articolo 6, paragrafo 2, che prevede che un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare e che è in possesso di un permesso di soggiorno valido o di un'altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare rilasciati da un altro Stato membro deve recarsi immediatamente nel territorio di quest'ultimo.
  Ricorda che proprio a causa del non corretto recepimento della direttiva la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione (n. 2014/2235), contestando l'inosservanza di alcune disposizioni della direttiva 2008/115/CE recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (cosiddetta «direttiva rimpatri»). La Commissione ritiene che, conformemente all'articolo 6, paragrafo 3 della «direttiva rimpatri», il rimpatrio forzato in un altro Stato membro sia possibile esclusivamente nei casi in cui sia già in vigore un accordo bilaterale di riammissione con quello Stato membro. La Commissione europea precisa che in ogni altro caso il rimpatrio deve essere eseguito in direzione di un paese terzo: l'intervento in esame risulta pertanto pienamente coerente con i rilievi mossi da Bruxelles.
  Presenta pertanto una proposta di relazione favorevole sul disegno di legge in esame, dichiarandosi disponibile a recepire gli orientamenti che emergeranno ora in sede di dibattito (vedi allegato 1).
  Per quanto attiene alla Relazione consultiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2013, essa reca una disamina dettagliata delle attività svolte e delle posizioni assunte dall'Italia nell'anno precedente, nell'ottica di consentire alle Camere di verificare l'adeguatezza e l'efficacia dell'azione negoziale italiana e la sua rispondenza rispetto agli indirizzi parlamentari.
  Si tratterebbe dunque – il condizionale è qui d'obbligo – del principale strumento per l'esercizio della funzione di controllo ex post del Parlamento sulla condotta del Governo nelle sedi decisionali dell'Unione europea. In particolare, la Relazione dovrebbe consentire al Parlamento di verificare se ed in quale misura il Governo si è attenuto all'obbligo, previsto dall'articolo 7 della medesima legge, di rappresentare a livello europeo una posizione coerente con gli indirizzi espressi dalle Camere in merito Pag. 50a specifici atti o progetti di atti; la medesima disposizione impone al Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero il Ministro per le politiche europee di riferire regolarmente alle Camere del seguito dato agli indirizzi parlamentari e, nel caso in cui il Governo non abbia potuto conformarsi agli indirizzi in questione, di riferire tempestivamente alle Camere, fornendo le appropriate motivazioni della posizione assunta.
  Sottolinea che la Relazione per il 2013 giunge purtroppo all'esame della Camera, cui è stata trasmessa il 27 marzo scorso, ad oltre un anno dalla scadenza del termine per la sua presentazione, il 28 febbraio 2014. Ciò rende priva di utilità una verifica puntuale dei suoi contenuti perché divenuti obsoleti alla luce dei numerosi ed importanti sviluppi del quadro istituzionale e normativo europeo e nazionale: gran parte dei dossier negoziali richiamati nel documento si sono nel frattempo conclusi e si riferiscono ad una legislatura europea che si è chiusa nell'aprile dello scorso anno; nello scorso novembre è entrata in carica la nuova Commissione europea ed è cambiato il Presidente del Consiglio europeo; si sono succeduti tre turni semestrali di Presidenza del Consiglio, tra cui, da ultimo, quello italiano.
  Riferisce che la Relazione è articolata in tre grandi sezioni che seguono lo stesso impianto tematico ed espositivo adottato per la Relazione programmatica 2014: la sezione più corposa e complessa è quella dedicata alla partecipazione dell'Italia al processo decisionale e all'attività dell'Unione, che illustra l'azione svolta dal Governo nell'ambito delle varie politiche settoriali dell'Unione. In particolare, merita un richiamo il capitolo IV, dedicato alla «Dimensione esterna dell'Unione europea», che si sofferma sulle iniziative assunte in ambito PESC e PSDC, sull'evoluzione del ruolo del Servizio europeo per l'azione esterna, sullo sviluppo delle politiche di allargamento e di vicinato.
  Occorre tuttavia riconoscere che – anche in esito ai rilievi mossi anche da questa Commissione con riferimento al documento per il 2012, di cui sono stata relatrice nel luglio di due anni fa – la Relazione 2013 segna un certo progressivo rispetto al passato poiché riporta la posizione rappresentata dal Governo nei negoziati sui singoli atti e progetti di atti e richiama gli indirizzi parlamentari, attuando le previsioni contenute nell'articolo 13 della legge n. 234. Permangono nondimeno alcune criticità, soprattutto con riferimento soprattutto legata alla mancata menzione delle risoluzioni approvate, da Senato e Camera – e dalle Commissioni parlamentare di settore – prima dei Consigli europei che si sono svolti nel corso del 2013, le quali contenevano numerose ed importanti indicazioni in merito a questioni e temi di carattere generale, tra cui la nuova governance economica, le iniziative per la crescita e la politica europea per la difesa.
  Più nello specifico, la sezione dedicata alla dimensione esterna dell'UE sembra ignorare totalmente che essa si svolge in un perimetro istituzionale più vasto di quello delimitato dall'azione dell'Alta Rappresentante (e del SEAE), del Consiglio dell'UE e degli altri Commissari europei di settore, ma in cui interagisce anche il Parlamento europeo – pensa ad esempio alle recenti iniziative per il riconoscimento dello Stato palestinese o in occasione del centenario del genocidio armeno – e la rete dei Parlamenti nazionali, anche attraverso l'azione della Conferenza interparlamentare per il controllo della PESC/PSDC che, dopo un iniziale rodaggio, sta trovando nelle ultime riunioni di Roma e di Riga il suo ubi consistam istituzionale.
  Richiamandosi ad alcune significative esperienze istituzionali straniere, come quella del Bundestag, ritiene che spetti al Parlamento maturare la consapevolezza che un forte raccordo tra Governo- Parlamento in merito alla posizione negoziale da rappresentare a livello europeo non può che rafforzare l'autorevolezza e l'efficacia del ruolo che il nostro Paese intende giocare nel processo di integrazione europea.
  Pensa che ciò valga soprattutto in ambito troppo a lungo considerato domaine réservé degli esecutivi e del metodo intergovernativo Pag. 51(con risultati spesso deludenti) come quello della politica estera europea e confido che il Comitato permanente possa operare in questa direzione.
  Alla luce di quanto fin qui esposto, per le ragioni di metodo sopra esposte, propone che la Commissione esprima il proprio nulla osta al seguito dell'esame della Relazione in titolo (vedi allegato 3).

  Il sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA prende atto delle proposte presentate dalla relatrice, come pure dei rilievi critici da lei sollevati sul piano del metodo.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, avverte che il termine per la presentazione di emendamenti al disegno di legge C. 2977 è fissato alle ore 10 di domani, mercoledì 22 aprile. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 17.45.

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