CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 4 marzo 2015
400.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 4 marzo 2015. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO.

  La seduta comincia alle 13.35.

Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano.
Nuovo testo C. 2168, approvata dal Senato, e abb.
(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Francesco Paolo SISTO, presidente e relatore, ricorda che la Commissione è chiamata a esprimere alla II Commissione (Giustizia) il prescritto parere sulla proposta di legge C. 2168, già approvata dal Senato, che introduce nel codice penale il reato di tortura. Segnala che, a seguito dell'approvazione di alcune modifiche al testo da parte della Commissione Giustizia, il provvedimento sottoposto al parere della Commissione Affari costituzionali si compone di 6 articoli, attraverso i quali: è inserita nel codice penale la fattispecie della tortura (articolo 613-bis del codice penale), che può essere commessa da chiunque (reato comune); è prevista un'aggravante quando i fatti sono commessi da un pubblico ufficiale; è inserito nel codice penale il delitto di istigazione a commettere la tortura, reato proprio del pubblico ufficiale; sono raddoppiati i termini di prescrizione per il delitto di tortura; è modificata la disciplina del divieto di espulsione e di respingimento degli immigrati al fine di coordinare le previsioni del Pag. 38Testo Unico sull'immigrazione (di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998) all'introduzione del reato di tortura; è esclusa l'immunità diplomatica dei cittadini stranieri indagati o condannati nei loro Paesi di origine per il delitto di tortura; è stabilita l'invarianza degli oneri ed è disciplinata l'entrata in vigore della riforma.
  In particolare, l'articolo 1 introduce nel titolo XII (Delitti contro la persona), sezione III (Delitti contro la libertà morale), del codice penale gli articoli 613-bis e 613-ter. L'articolo 613-bis, primo comma, punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenza o minaccia, ovvero con violazione dei propri obblighi di protezione, cura o assistenza, intenzionalmente cagiona ad una persona a lui affidata, o comunque sottoposta alla sua autorità, vigilanza o custodia, acute sofferenze fisiche o psichiche (reato di evento), a causa dell'appartenenza etnica, dell'orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose o al fine di ottenere da essa, o da un terzo, informazioni o dichiarazioni o infliggere una punizione o vincere una resistenza.
  La tortura è dunque configurata come un reato comune (anziché come un reato proprio del pubblico ufficiale), caratterizzato dal dolo specifico (intenzionalmente cagiona, al fine di) e dalla descrizione delle modalità della condotta (violenza o minaccia o in violazione degli obblighi di protezione, cura o assistenza) che produce un evento (acute sofferenze fisiche o psichiche).
  I commi secondo, quarto e quinto dell'articolo 613-bis prevedono specifiche circostanze aggravanti del reato di tortura tra le quali ricordo in primo luogo l'aggravante soggettiva speciale, costituita dalla qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio dell'autore del reato. Per poter applicare l'aggravante – che comporta la reclusione da 5 a 12 anni – occorre che l'autore del reato abbia agito con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio (secondo comma). Peraltro, il terzo comma specifica che – tanto in relazione alla fattispecie base, quanto a questa aggravante – la sofferenza patita dalla persona offesa deve essere ulteriore rispetto a quella insita nell'esecuzione di una legittima misura privativa della libertà personale o limitativa di diritti.
  Ricorda, inoltre, l'aggravante ad effetto speciale (30 anni di reclusione), derivante dall'avere provocato la morte della persona offesa, quale conseguenza non voluta del reato di tortura.
  Fa presente, al riguardo, che la Corte costituzionale si è pronunciata sulla questione della legittimità costituzionale delle «pene fisse» (senza la previsione di un minimo e di un massimo) e, superando un primo orientamento volto a riconoscere la legittimità costituzionale delle pene fisse (sentenze n. 67 del 1963 e n. 167 del 1971), la Corte stessa (sentenza n. 50 del 1980) ha ritenuto che l'ordinamento costituzionale richieda una commisurazione «individualizzata» della sanzione penale poiché l'adeguamento delle risposte punitive ai casi concreti – in termini di uguaglianza e/o differenziazione di trattamento – contribuisce, da un lato, a rendere quanto più possibile «personale» la responsabilità penale, nella prospettiva segnata dall'articolo 27, primo comma; e nello stesso tempo è strumento per una determinazione della pena quanto più possibile «finalizzata», nella prospettiva dell'articolo 27, terzo comma, della Costituzione [...] L'uguaglianza di fronte alla pena viene a significare, in definitiva, «proporzione» della pena rispetto alle «personali» responsabilità ed alle esigenze di risposta che ne conseguano, svolgendo una funzione che è essenzialmente di giustizia e anche di tutela delle posizioni individuali e di limite della potestà punitiva statuale.
  Secondo la Corte «in linea di principio, previsioni sanzionatorie rigide non appaiono pertanto in armonia con il “volto costituzionale” del sistema penale; ed il dubbio d'illegittimità costituzionale potrà essere, caso per caso, superato a condizione che, per la natura dell'illecito sanzionato e per la misura della sanzione prevista, questa ultima appaia ragionevolmente Pag. 39“proporzionata” rispetto all'intera gamma di comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato». Rilevo, altresì, che la pena fissa prevista in caso di morte quale conseguenza non voluta del reato di tortura (30 anni di reclusione) risulta pari al triplo della sanzione massima prevista per il reato-base di tortura (punto con la reclusione da quattro a dieci anni). Ricordo, in proposito, che una pena fissa della stessa entità (30 anni di reclusione) è prevista in caso di morte quale conseguenza non voluta del reato di sequestro di persona a scopo di estorsione (articolo 630, secondo comma, del codice penale). In tale ipotesi, peraltro, la sanzione prevista per il reato-base di sequestro di persona a scopo di estorsione è della reclusione da venticinque a trenta anni. Sottolineo, infine, che per il reato di omicidio preterintenzionale è prevista la pena della reclusione da dieci a diciotto anni (articolo 584 del codice penale).
  Il successivo articolo 613-ter del codice penale punisce l'istigazione a commettere tortura, commessa dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio (reato proprio), sempre nei confronti di altro pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. La pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni si applica a prescindere dalla effettiva commissione del reato di tortura, per la sola condotta di istigazione. È peraltro specificato che questo reato si applica al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 414 del codice penale (istigazione a delinquere). L'articolo 2 è norma procedurale che novella l'articolo 191 del codice di procedura penale, aggiungendovi un comma 2-bis, per affermare che le dichiarazioni ottenute attraverso il delitto di tortura non sono utilizzabili in un processo penale. La norma fa eccezione a tale principio solo nel caso in cui tali dichiarazioni vengano utilizzate contro l'autore del fatto e solo al fine di provarne la responsabilità penale.
  L'articolo 2-bis interviene sul codice penale per raddoppiare i termini di prescrizione per il delitto di tortura. La disposizione, infatti, interviene sull'articolo 157 del codice penale e inserisce tra il catalogo dei reati per i quali i termini sono raddoppiati, l'articolo 613-bis. Ricordo, sul punto, che, secondo lo Statuto della Corte penale internazionale, invece, il reato di tortura è imprescrittibile, in quanto reato contro l'umanità.
  L'articolo 3 coordina con l'introduzione del reato di tortura l'articolo 19 del Testo Unico sull'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) vietando, quindi, le espulsioni, i respingimenti e le estradizioni ogni qualvolta sussistano fondati motivi di ritenere che, nei Paesi di provenienza degli stranieri, essi possano essere sottoposti a tortura.
  L'articolo 4 del provvedimento prevede, al comma 1, l'impossibilità di godere delle immunità diplomatiche da parte di agenti diplomatici che siano indagati o siano stati condannati nei loro Paesi d'origine per il delitto di tortura. L'immunità diplomatica di cui si tratta riguarda in via principale i Capi di Stato o di governo stranieri quando si trovino in Italia, e secondariamente il personale diplomatico-consolare eventualmente da accreditare presso l'Italia da parte di uno Stato estero. Il comma 1 esclude il riconoscimento dell'immunità diplomatica qualora tali soggetti siano stati condannati, o siano sottoposti a procedimento penale, in relazione a reati di tortura e ciò tanto da tribunali nazionali quanto da Corti internazionali.
  Al riguardo, è necessario, a suo avviso, valutare se tale previsione, inserita in una norma di rango ordinario, contrasti con le disposizioni di rango costituzionale che riconoscono le immunità penali. Infatti, occorre considerare non solo le Convenzioni di Vienna del 1961 e del 1963 sulle relazioni diplomatiche e consolari, ratificate dal nostro Paese, che costituiscono, pertanto, la fonte normativa del riconoscimento delle immunità diplomatiche, ma anche la giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze nn. 348 e 349 del 2007) nonché gli articoli 10, 11, 87, ottavo comma, e soprattutto l'articolo 117, primo comma, della Costituzione, da cui deriva il conferimento ai trattati della natura di «norma interposta», ovvero parametro Pag. 40mediato o indiretto della legittimità costituzionale delle fonti primarie. Le immunità delle quali godono gli agenti diplomatici costituirebbero pertanto immunità garantite dal diritto costituzionale. Ricorda, poi, che la norma fa riferimento non solo agli agenti che siano stati condannati ma anche a quelli che siano indagati nei loro Paesi d'origine per il delitto di tortura.
  Il comma 2 dell'articolo 4 prevede l'obbligo di estradizione verso lo Stato richiedente dello straniero indagato o condannato per il reato di tortura; nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, lo straniero è estradato verso il Paese individuato in base alla normativa internazionale. Gli articoli 5 e 6 sono relativi, rispettivamente, alla norma di invarianza finanziaria ed all'entrata in vigore del provvedimento.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, segnala che il provvedimento è ascrivibile alla materia «ordinamento penale» e «norme processuali», di competenza legislativa statale esclusiva in base all'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento in titolo ad altra seduta.

DL 3/2015: Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti.
C. 2844 Governo.
(Parere alle Commissioni riunite VI e X).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole con un'osservazione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 3 marzo 2015.

  Emanuele COZZOLINO (M5S) ricorda nella scorsa seduta il relatore si era riservato di svolgere eventuali ulteriori approfondimenti in relazione alle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 5 del provvedimento in oggetto, che potrebbero contrastare con l'autonomia costituzionalmente garantita agli istituti universitari.
  Fa presente che, fermo restando il predetto punto critico, e premesso che si sta discutendo del parere su un testo che, alla luce degli oltre 600 emendamenti presentati nelle commissioni di merito, potrebbe cambiare anche in maniera sostanziale, ad avviso del suo gruppo il decreto in esame presenta più di una criticità sulla quale meriterebbe riflettere in sede di espressione di parere. In primo luogo, il solleva il profilo di costituzionalità che appare più rilevante, dato dall'assenza dei requisiti fondamentali di necessità e urgenza prescritti dall'articolo 77 della Costituzione per ricorrere all'adozione di un provvedimento di urgenza. Pur essendo consapevole del fatto che si tratta di una formalità alla quale il Governo non fa più caso e che sembra anche poco opportuno rammentare in sede parlamentare, rileva tuttavia che il decreto in oggetto costituisce un caso «di scuola» di un provvedimento d'urgenza adottato senza i requisiti necessari. Un provvedimento che, a suo avviso, meriterebbe una citazione in quella relazione sulla decretazione d'urgenza che la Presidente della Camera ha demandato alla I Commissione e che da tempo si è purtroppo inabissata pur dopo una pregevole relazione svolta dal Presidente Sisto.
  Rileva come nella relazione introduttiva il Governo si sia dato un gran daffare per ampliare il concetto di straordinaria necessità e urgenza abbozzato nella prima premessa che precede il testo del decreto, disegnando il quadro in evoluzione a livello continentale. Il problema, tuttavia, è che non c’è un solo motivo che giustifichi l'adozione di questo decreto, al posto di un disegno di legge, peraltro operata in una fase temporale e politico-costituzionale che lascia assai perplessi. Il Governo, infatti, ha ritenuto di dover varare il decreto in assenza del presidente della Repubblica, e sottoponendolo alla firma del presidente del Senato che ne faceva le veci pro Pag. 41tempore. Osserva poi che ulteriori prove a carico della mancanza dei requisiti di necessità e urgenza sono rinvenibili nella formulazione dell'articolo 1, che costituisce l'architrave del provvedimento. In tale articolo sono contenute ben due disposizioni – al comma 1, lettera a), e al comma 2 – dove si rinvia a disposizioni attuative della Banca d'Italia, senza prevedere un termine esplicito entro il quale queste ultime debbono essere adottate.
  Rileva che, analogamente, l'articolo 8, comma 2, rinvia a un regolamento, non prevedendo alcun termine per la sua adozione.
  Un altro punto sul quale a suo avviso si dovrebbe effettuare una riflessione e, forse intervenire in sede di parere, riguarda sempre l'articolo 1, comma 1, lettera a), capoverso comma 2-ter. La norma prevede che la Banca d'Italia possa intervenire a limitare il diritto al rimborso delle azioni in caso di recesso «anche in deroga a norme di legge». Evidenzia come tale norma rischi di dare vita ad una violazione, anche di un certo rilievo, del sistema gerarchico delle fonti del diritto.
  Sottolinea quindi che un ultimo ulteriore punto di criticità del provvedimento, anche ai fini dell'espressione del parere, riguarda il criterio degli 8 miliardi di euro di attivo nell'anno, individuato come limite superato il quale scatta l'obbligo previsto dal decreto. Tale limite è assolutamente arbitrario e privo di criteri di logicità e ragionevolezza e come tale può anche configurare profili di incostituzionalità. Aggiunge che dalla lettura della relazione tecnica sia della relazione introduttiva non emerge alcuna motivazione in merito all'individuazione del limite di 8 miliardi di euro che, come tale, può considerarsi arbitraria.
  Alla luce di un giudizio politico fortemente critico che il suo gruppo esprimerà presso le Commissioni di merito nei confronti del decreto, e sulla base delle considerazioni svolte, annuncia che, qualora nel parere che la Commissione è chiamata ad esprimere non si terrà adeguatamente conto dei rilievi formulati, la posizione del gruppo non potrà che essere contraria anche rispetto a tale parere.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, fa presente al collega Cozzolino che non c’è mai stata da parte della presidenza della Commissione la volontà di «inabissare» alcuni provvedimenti e che, al contrario, la programmazione dei lavori si basa su criteri di assoluta trasparenza.

  Andrea GIORGIS (PD), relatore, formula una proposta di parere favorevole con un'osservazione (vedi allegato 1).

  Matteo BRAGANTINI (LNA), dichiara il suo voto contrario sulla proposta di parere del relatore. Sottolinea che la sua contrarietà nasce dal fatto che ritiene irragionevole che non sia maggiormente elastica la soglia di 8 milioni stabilita dall'articolo 1 del decreto-legge per mantenere lo status di banca popolare.
  Osserva soprattutto come il riferimento all'uso improprio dello strumento del decreto-legge per la riforma delle banche popolari avrebbe dovuto dar luogo a un parere contrario e non essere contenuto in un'osservazione. In questo modo la I Commissione si sarebbe riappropriata, e con essa anche il Parlamento, del proprio ruolo e delle proprie competenze.

  Emanuele FIANO (PD) evidenzia come i pareri espressi dalla I Commissione siano stati sempre tesi a evidenziare le criticità di legittimità costituzionale del merito dei provvedimenti. Non ricorda, in particolare, casi in cui nel parere della Commissione fossero contenute osservazioni o condizioni sulla legittimità dell'uso dello strumento del decreto-legge. Osservazioni in merito a tale parametro costituzionale sono, a suo avviso, di competenza di altri soggetti, quali il presidente della Repubblica.
  Non ritiene, inoltre congruo, che due distinte osservazioni siano contenute in una sola osservazione. Pag. 42
  Chiede, quindi, al presidente e al relatore di fornire delucidazioni in merito alle questioni da lui esposte.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, in merito a quanto osservato dal collega Fiano, fa presente che l'articolo 75 del Regolamento della Camera attribuisce alla I Commissione la competenza ad esprimere pareri sugli aspetti di legittimità costituzionale dei progetti di legge ad essa assegnati in sede consultiva. La valutazione in ordine al rispetto dell'articolo 77 della Costituzione rientra senz'altro tra i compiti assegnati alla Commissione. In questa chiave ritiene che la proposta di parere formulata dal collega Giorgis sia equilibrata. Inserire, con riguardo ad alcuni punti del provvedimento in esame, le riserve sull'adeguatezza dello strumento del decreto-legge come premessa a un'osservazione non inficia l'autonomia di valutazione delle Commissioni di merito.

  Matteo BRAGANTINI (LNA) ritiene che la competenza della I Commissione in merito ai presupposti di costituzionalità sia indubbia. Ribadisce che la verifica della mancanza del rispetto dei requisiti di cui all'articolo 77 della Costituzione doveva condurre a esprimere un parere contrario.

  Gian Luigi GIGLI (PI-CD) chiede al relatore come mai nel parere non si faccia cenno alla questione dell'obbligo per le università di trasferire la proprietà intellettuale alla Fondazione Istituto italiano di tecnologia, come stabilito dai commi 2 e 3 dell'articolo 5 del decreto-legge. Ricorda come il collega Giorgis, nella sua relazione, aveva indicato in proposito la necessità di un approfondimento. A suo avviso si tratta di una questione delicata che investe problemi di costituzionalità riguardo all'autonomia delle università.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, fa presente al collega Gigli che la questione è, a suo avviso, più di merito che di legittimità costituzionale.

  Andrea GIORGIS (PD), relatore, ritiene che le riserve sulla fonte legislativa utilizzata siano già ben espresse nelle premesse della proposta di parere. Osserva come la formulazione di una osservazione e non di una condizione nasce dal grado di valutazione della criticità della legittimità del provvedimento, nel presupposto che è ben noto a tutti l'uso distorto del decreto-legge. Ritenendo, quindi, superfluo stabilire in quale riga del parere inserire un secondo richiamo alle riserve già espresse sulla fonte, riformula il suo parere espungendo dall'osservazione il riferimento a tali riserve e ponendolo, quindi, come ultimo punto delle considerazioni in premessa.
  Con riferimento a quanto osservato dal collega Gigli, non ha obiezioni a indicare in premessa il riferimento all'esigenza di approfondire la normativa di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 5, che affida alla Fondazione Istituto italiano di tecnologia – IIT compiti di servizio in favore della ricerca e, in particolare, la nuova funzione relativa alla gestione della proprietà intellettuale degli enti pubblici di ricerca e delle università.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, comunica che, se non vi sono obiezioni, si procederà a una brevissima sospensione della seduta, al fine di dare modo al relatore di riformulare la proposta di parere nel senso da lui stesso indicato.

  La seduta, sospesa alle 14.10, riprende alle 14.15.

  Andrea GIORGIS (PD), relatore, illustra la proposta di parere, come riformulata (vedi allegato 2).

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con un'osservazione del relatore, così come riformulata.

  La seduta termina alle 14.20.

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Mercoledì 4 marzo 2015. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.

  La seduta comincia alle 14.20.

Interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche.
Nuovo testo C. 1533 Mariani.
(Parere alla VII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Federica DIENI (M5S), relatore, rileva che la proposta di legge in oggetto, ampiamente modificata durante l'esame in sede referente, intende sostenere la formazione e la ricerca nel campo delle scienze geologiche e, più in generale, delle scienze della terra. In particolare, al fine di incentivare le iscrizioni ai corsi di studio universitari nel campo delle scienze geologiche, l'articolo 1 istituisce, limitatamente al quinquennio accademico 2015/2016-2019/2020, premi e buoni di studio – che sono cumulabili con le borse di studio di cui al decreto legislativo n. 68 del 2012 – a favore degli studenti iscritti a corsi di laurea appartenenti alla classe L-34 (scienze geologiche) o a corsi di laurea magistrale appartenenti alle classi LM-74 (scienze e tecnologie geologiche) e LM-79 (scienze geofisiche), a valere sul fondo per il merito di cui all'articolo 4 della legge n. 240 del 2010.
  Nelle more dell'emanazione dei decreti attuativi previsti dal citato articolo 4, all'erogazione dei premi e dei buoni di studio si provvede utilizzando, ogni anno, il 20 per cento dell'autorizzazione di spesa relativa alla Fondazione per il merito, di cui all'articolo 9 del decreto legge n. 70 del 2011 (legge n. 106 del 2011). A tal fine, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca emana ogni anno un bando che definisce l'importo dei premi e dei buoni di studio, le modalità per la presentazione delle domande e i criteri per la predisposizione della graduatoria. L'articolo 2 intende sostenere la ricerca per la previsione e prevenzione del rischio geologico, con due diverse tipologie di finanziamento. In particolare, stabilisce che l'1 per cento del Fondo per la prevenzione del rischio sismico – operativo fino al 2016 – è destinata a finanziare l'acquisto, da parte delle università, della strumentazione tecnica necessaria per attività di ricerca finalizzate alla previsione e prevenzione dei rischi geologici a seguito di bandi pubblici emanati ogni anno dal Dipartimento della protezione civile. La seconda tipologia di finanziamento consiste in una autorizzazione di spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 per il finanziamento di progetti di ricerca presentati dalle università per i medesimi fini indicati nel comma 1, a seguito di bandi pubblici emanati ogni anno dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il MIUR. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del MEF per il 2015, utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
  L'articolo 3 è finalizzato a facilitare la costituzione dei dipartimenti universitari ai quali afferiscano pochi professori o ricercatori e, dunque, in base a quello che evidenzia la relazione illustrativa, anche dei dipartimenti di scienze della terra. A tal fine, novellando l'articolo 2, comma 2, lettera b), della legge n. 240 del 2010, dispone che ai dipartimenti universitari possono afferire 20 professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato (invece di 35 o 40), purché gli stessi costituiscano almeno l'80 per cento dei professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato dell'università appartenenti ad una medesima area disciplinare.Pag. 44
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, segnala che la materia «università» non è espressamente citata nel vigente articolo 117 della Costituzione. Tuttavia, l'articolo 33, sesto comma, della Costituzione, stabilisce che le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi, nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
  Alla luce delle considerazioni svolte, formula quindi una proposta di parere favorevole (vedi allegato 3).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 14.25.

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