CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 24 febbraio 2015
394.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e IV)
COMUNICATO
Pag. 11

SEDE REFERENTE

  Martedì 24 febbraio 2015. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Intervengono il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, il sottosegretario di Stato per la difesa, Domenico Rossi, il sottosegretario di Stato per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Ivan Scalfarotto, e il viceministro dell'Interno Filippo Bubbico.

  La seduta comincia alle 16.05.

DL 7/2015: Misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.
C. 2893 Governo.

(Esame e rinvio).

  Le Commissioni riunite iniziano l'esame del provvedimento in oggetto.

  Donatella FERRANTI, presidente, prima di dare la parola ai relatori avverte che l'organizzazione dei lavori in merito al provvedimento in esame sarà stabilita nella riunione congiunta degli Uffici di Presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, convocata al termine della seduta in sede referente.

  Stefano DAMBRUOSO (SCpI), relatore per la II Commissione, avverte che la relazione si concentrerà sulle disposizioni di più stretta competenza della Commissione Giustizia, quali gli articoli da 1 a 4 e da 6 a 10, mentre i restanti articoli 5 e da 11 a 21 saranno illustrati dal relatore per la IV Commissione, onorevole Manciulli. Il decreto-legge, emanato a seguito dei recenti episodi verificatisi sia in Europa sia in Paesi dello scacchiere mediorientale hanno evidenziato l'innalzamento della minaccia terroristica di matrice jihadista, si ispira al principio secondo cui la lotta al terrorismo internazionale va realizzata in maniera unitaria senza dividere tra sicurezza interna ed esterna, come d'altronde dimostrato dal fenomeno dei cosiddetti foreign fighters. Come si legge nella relazione di accompagnamento al Pag. 12disegno di legge, «una concreta e corretta politica di prevenzione e di tutela contro tali minacce comporta necessariamente una visione del fenomeno non limitata all'ambito del territorio del nostro Paese, ma mirata anche al rafforzamento delle presenze di forze armate in particolare nei territori di maggiore criticità. Il consolidamento, dunque, dei processi di pace e di stabilizzazione in aree di crisi acquisisce sempre più anche tale funzione preventiva quale elemento essenziale di politica estera, con sicuri riflessi sulla sicurezza dei cittadini». Il decreto-legge, che si compone di 21 articoli suddivisi in cinque capi, non è diretto unicamente a rafforzare la normativa penale (sostanziale e processuale) in materia di terrorismo internazionale, ma è volto anche a consentire la partecipazione a missioni internazionali delle Forze armate e di polizia finalizzate alla cooperazione allo sviluppo e al sostegno ai processi di ricostruzione e di pace.
  Per quanto attiene al contrasto al terrorismo sul versante interno, nella relazione al disegno di legge si sottolinea che «la straordinaria necessità ed urgenza di intervenire sulla materia deriva dall'evoluzione che questa forma di minaccia ha conosciuto negli ultimi mesi, in cui sono diventate più frequenti le efferate azioni di organizzazioni, quali l'Islamic State (IS). Tali sodalizi hanno palesato sia una capacità di attrazione e di reclutamento di soggetti, i foreign fighters, al di fuori dei contesti di origine, sia un'inusitata ferocia nel portare attacchi a obiettivi dei Paesi stranieri che si oppongono ai loro disegni e alla loro visione radicale. In questo contesto diventa indifferibile completare il quadro normativo vigente, introducendo misure mirate e selettive capaci di prevenire il rafforzamento di tali organizzazioni e di attuare più stringenti controlli sui mezzi e sui materiali che potrebbero essere impiegati per il compimento di attentati nel territorio nazionale.».
  Le disposizioni contenute nel decreto legge di diretto contrasto al terrorismo, inoltre, sono volte a dare completa attuazione nell'ordinamento interno alla risoluzione n. 2178 del 2014, adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ai sensi del capo VII della Carta delle Nazioni Unite e quindi vincolante per gli Stati. Tale atto dell'ONU obbliga a reprimere una serie di condotte volte ad agevolare, attraverso un coinvolgimento diretto, il compimento di atti terroristici, anche in territorio estero, e consistenti anche nelle attività che i foreign fighters mettono in essere per affiancare in conflitti armati gruppi od organizzazioni di matrice terroristica. In particolare, l'articolo 6 prevede che gli Stati perseguano il trasferimento verso un Paese diverso da quello di residenza al fine di partecipare o commettere atti terroristici; il finanziamento di tali trasferimenti; il reclutamento di soggetti destinati a trasferirsi in altri Paesi per commettere atti di terrorismo.
  Passando al contenuto delle disposizioni del decreto legge che attengono più da vicino alla competenza della Commissione Giustizia, il provvedimento prevede una serie di interventi su diversi piani.
  Sul piano penale si prevede: l'introduzione di una nuova figura di reato destinata a punire chi organizza, finanzia e propaganda viaggi per commettere condotte terroristiche (reclusione da tre a sei anni); la punibilità del soggetto reclutato con finalità di terrorismo anche fuori dai casi di partecipazione ad associazioni criminali operanti con le medesime finalità (attualmente, l'articolo 270-quater c.p. sanziona solo il reclutatore); la punibilità, sul modello francese, di colui che si «auto-addestra» alle tecniche terroristiche (oggi è punito solo colui che viene addestrato da un terzo – articolo 270-quinquies c.p.); l'introduzione di specifiche sanzioni, di ordine penale ed amministrativo, destinate a punire le violazioni degli obblighi in materia di controllo della circolazione delle sostanze (i cd. «precursori di esplosivi») che possono essere impiegate per costruire ordigni con materiali di uso comune. Inoltre, sono aggiornati gli strumenti di contrasto all'utilizzazione della rete internet per fini di proselitismo e agevolazione di gruppi terroristici. In particolare, vengono previsti: aggravamenti delle pene stabilite per i delitti di apologia Pag. 13e di istigazione al terrorismo commessi attraverso strumenti telematici; la possibilità per l'Autorità Giudiziaria di ordinare agli internet provider di inibire l'accesso ai siti utilizzati per commettere reati con finalità di terrorismo, compresi nell'elenco costantemente aggiornato dal Servizio Polizia Postale e delle Telecomunicazioni della Polizia di Stato. Nel caso di inosservanza è la stessa Autorità Giudiziaria a disporre l'interdizione dell'accesso ai relativi domini internet.
  Sul piano degli strumenti di prevenzione, le misure contemplate comprendono: la possibilità di applicare la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai potenziali «foreign fighters»; la facoltà del Questore di ritirare il passaporto ai soggetti indiziati di terrorismo, all'atto della proposta di applicazione della sorveglianza speciale di p.s. con obbligo di soggiorno. Il provvedimento è sottoposto a convalida dell'Autorità Giudiziaria; l'introduzione di una figura di reato destinata a punire i contravventori agli obblighi conseguenti al ritiro del passaporto e alle altre misure cautelari disposti durante il procedimento di prevenzione.
  Sul piano delle indagini in senso lato si prevede: la semplificazione, nel rispetto del Codice della privacy, delle modalità con le quali le Forze di polizia effettuano trattamenti di dati personali previsti da norme di regolamento, oltre a quelli contemplati da disposizioni di rango primario; l'ampliamento delle «garanzie funzionali» riconosciute agli appartenenti ai Servizi di informazione, escludendo la punibilità di una serie di condotte in materia di terrorismo (diverse dai reati di attentato o di sequestro di persona), commesse dal personale delle Agenzie di intelligence per finalità istituzionali e previa autorizzazione del Presidente del Consiglio dei Ministri; la possibilità per il personale dei Servizi possa deporre nei procedimenti giudiziari, mantenendo segreta la reale identità personale; la possibilità per le Agenzie di intelligence, previa autorizzazione dell'Autorità Giudiziaria, di effettuare, fino al 31 gennaio 2016, colloqui con soggetti detenuti o internati, al fine di acquisire informazioni per la prevenzione di delitti con finalità terroristica di matrice internazionale; l'attribuzione al Procuratore Nazionale Antimafia di funzioni di coordinamento, su scala nazionale, delle indagini relative a procedimenti penali e procedimenti di prevenzione in materia di terrorismo.
  A proposito delle nuove attribuzioni al Procuratore Nazionale Antimafia, si ricorda che presso la Commissione Giustizia è stato avviato il 28 novembre 2013 l'esame della proposta di legge C. 1609 Dambruoso, recante l'istituzione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e delle direzioni distrettuali antiterrorismo. L’iter, in stato avanzato (erano stati già presentati gli emendamenti), è stato sospeso il 15 gennaio scorso su richiesta del Governo in attesa della emanazione del decreto legge in esame.
  Passando da questo quadro sintetico delle disposizioni del decreto legge attinenti alle competenze della Commissione Giustizia ad una analisi maggiormente dettagliata delle stesse, si segnala che il capo I (articoli da 1 a 8) reca misure volte ad attualizzare la vigente disciplina degli strumenti normativi in materia di prevenzione e repressione dei fenomeni terroristici, in particolare quelli di matrice internazionale. Il provvedimento mira ad intervenire selettivamente per rendere punibili quelle specifiche condotte, contemplate dalla ricordata risoluzione dell'ONU, che non trovano ancora una completa considerazione nella vigente legislazione penale. In questo senso, vengono attualizzate le fattispecie incriminatrici di cui agli articoli 270-quater e 270-quinquies del codice penale che puniscono, rispettivamente, l'arruolamento e l'addestramento per finalità di terrorismo, nei termini che verranno specificati nell'illustrazione dell'articolo 1. Inoltre, sempre con l'articolo 1, viene introdotto nel codice penale il nuovo articolo 270-quater.1, destinato a colpire quanti organizzano o altrimenti sostengono i trasferimenti all'estero di soggetti preordinati al compimento di atti con finalità di terrorismo, fattispecie quest'ultima di cui la risoluzione raccomanda Pag. 14l'incriminazione. A questi interventi si affiancano quelli che mirano a estendere la possibilità di applicare le misure di prevenzione personali nei confronti dei potenziali foreign fighters, di cui si prevede l'inclusione in una nuova categoria di soggetti pericolosi per la quale troverà applicazione il divieto di espatrio, già oggi stabilito per tutti i soggetti sottoposti a misura di prevenzione.
  All'articolo 1, il comma 1 integra l'articolo 270-quater del codice penale, concernente il reato di arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale, superando l'attuale normativa secondo cui la rilevanza penale è soltanto del profilo attivo del reclutatore, mentre resta privo di risposta sanzionatoria il profilo per così dire passivo del reclutato. La modifica introdotta dal comma 1 supera questa impostazione rendendo punibile anche il soggetto arruolato. Si vuole punire la condotta di colui che, come si legge nella relazione al disegno di legge, si mette concretamente a disposizione come milite, e quindi soggiacendo a vincoli di obbedienza gerarchica, per il compimento di atti di terrorismo, pur al di fuori e a prescindere dalla messa a disposizione con assunzione di un ruolo funzionale all'interno di una compagine associativa tradizionalmente intesa. In questo senso, il mettersi in viaggio, o l'apprestarsi a un viaggio, per raggiungere i luoghi ove si consumano azioni terroristiche, condotte di cui, come detto, la risoluzione dell'ONU richiede la repressione, altro non sono che l'esplicazione di un precedente reclutamento, ossia di immissione volontaria e consapevole in una milizia, votata al compimento di azioni terroristiche.
  Il comma 2 introduce nel codice penale l'articolo 270-quater.1, diretto a punire, al di fuori dei casi di cui agli articoli 270-bis e 270-quater, l'organizzazione, il finanziamento e la propaganda di viaggi finalizzati al compimento di condotte con finalità di terrorismo.
  Il comma 3 interviene sull'articolo 270-quinquies del codice penale, che punisce l'addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale, al fine di rendere punibile non solo il rapporto duale tra addestratore e addestrato, ma anche l'auto-addestramento, cioè la condotta di chi si prepara al compimento di atti di terrorismo, attraverso una ricerca e un apprendimento individuali e autonomi delle «tecniche» necessarie a perpetrare simili atti. Attraverso la connotazione della condotta attraverso il dolo specifico viene punita la condotta della persona che avendo acquisito, anche autonomamente, le istruzioni per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali con finalità di terrorismo pone in essere condotte con le medesime finalità. In tal modo viene estesa l'area della punibilità anche ai terroristi che operano sganciati da sodalizi e da organizzazioni (cosiddetto lupo solitario).
  L'articolo 2 affronta il nuovo fenomeno dei foreign fighters con specifico riferimento all'attività di proselitismo posta in essere dagli stessi combattenti e dalle organizzazioni che compiono condotte con finalità di terrorismo, di cui all'articolo 270-sexies del codice penale. A tal fine, vengono introdotte quelle misure che sono state prima richiamate e che consentono di contenere e reprimere le crescenti azioni poste in essere attraverso lo strumento telematico, idoneo a raggiungere un numero sempre maggiore di potenziali combattenti, come emerso anche dalla recente attività investigativa sul fenomeno dei cosiddetti lupi solitari.
  L'articolo 3 è diretto a realizzare un completo adeguamento dell'ordinamento alle previsioni introdotte dal regolamento (UE) n. 98/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, relativo all'immissione sul mercato e all'uso di precursori di esplosivi. A tal fine sono introdotti nel codice penale due nuovi reati contravvenzionali. In particolare, con il nuovo articolo 678-bis viene punita la messa a disposizione di privati delle sostanze che contengono da sole o in miscele i precursori in concentrazioni superiori ai valori limite indicati nell'allegato I al predetto regolamento (UE). Il nuovo articolo 679-bis, in analogia con quanto previsto in tema di omessa denuncia di materie esplodenti, Pag. 15sanziona, con l'arresto fino a dodici mesi ovvero con l'ammenda fino a 371 euro, l'omessa denuncia dei furti o delle sparizioni delle sostanze in argomento.
  L'articolo 4 interviene in materia di misure di prevenzione personali contenute nel codice antimafia, nonché in materia di espulsione dello straniero per motivi di prevenzione del terrorismo, di cui all'articolo 13 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
  Il comma 1, lettera a), innanzitutto, integra il catalogo delle categorie di persone cui possono essere applicate le citate misure di prevenzione, tra le quali sono già oggi compresi gli indiziati di attività preparatorie di reati con finalità eversive e terroristiche, anche internazionali (articolo 4 del codice antimafia). In particolare, vengono inserite nella categoria di persone indiziate di terrorismo (articolo 4, comma 1, lettera d)) i soggetti che pongono in essere atti preparatori diretti a prendere parte a un conflitto in territorio estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all'articolo 270-sexies del codice penale.
  Il comma 1, lettera b), modifica l'articolo 9 del codice antimafia, concernente la disciplina dei provvedimenti d'urgenza che possono essere adottati nei confronti dei soggetti proposti per l'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell'obbligo di soggiorno, in attesa dello svolgimento dell'udienza di discussione della medesima proposta. La norma è diretta ad evitare che il periodo di tempo necessario all'adozione dei provvedimenti di urgenza da parte del presidente del tribunale possa essere sfruttato dal soggetto interessato per allontanarsi dal territorio dello Stato (rischio evidentemente più alto per gli indiziati per fatti di terrorismo o di criminalità organizzata). A tal fine è previsto che, nei casi di necessità ed urgenza, il questore, all'atto della presentazione della proposta, possa ritirare il passaporto ovvero sospendere la validità ai fini dell'espatrio dei documenti equipollenti, allorquando la proposta riguardi un soggetto compreso nelle categorie di persone rientranti nella categoria di soggetti enucleata dal citato articolo 4, comma 1, lettera d), come risultante dall'integrazione prevista.
  Il comma 1, lettera c), estende la circostanza aggravante, prevista dall'articolo 71 del codice antimafia, ai soggetti, sottoposti a misura di prevenzione personale, che commettano i reati di cui agli articoli 270-bis, 270-ter, 270-quater, 270-quater.1 e 270-quinquies del codice penale ovvero delitti commessi con la finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies dello stesso codice.
  Il comma 1, lettera d), è diretto a sanzionare penalmente la violazione dei provvedimenti di urgenza che possono essere disposti, ai sensi dell'articolo 9 del codice antimafia, nei confronti del soggetto proposto per l'applicazione di una misura di prevenzione personale. Inoltre, è prevista la possibilità di procedere all'arresto in flagranza nei casi in cui il soggetto proposto abbia contravvenuto agli obblighi conseguenti al ritiro del passaporto o alla sospensione dei documenti validi per l'espatrio.
  Il comma 2 interviene sull'articolo 13 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, consentendo l'applicazione dell'espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo anche agli stranieri che pongono in essere atti preparatori diretti a prendere parte a un conflitto in territorio estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all'articolo 270-sexies del codice penale.
  Il comma 3 interviene sulla disciplina delle intercettazioni preventive stabilendo che il termine del deposito presso l'autorità giudiziaria dei verbali delle operazioni effettuate è di dieci giorni (in luogo di quello ordinario di cinque giorni) nel caso in cui sussistono esigenze di traduzione delle comunicazioni o conversazioni.
  L'articolo 6 reca alcune modificazioni al citato decreto-legge n. 144 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 155 del 2005, che contiene una serie di disposizioni riguardanti il contrasto del terrorismo, anche internazionale. Il comma 1, lettera a), modifica l'articolo 2, Pag. 16comma 1, che già oggi consente al questore di rilasciare permessi di soggiorno a fini informativi, anche su richiesta dei direttori dei servizi di informazione. In particolare, viene previsto che, nel contesto della prevenzione e contrasto del terrorismo, il questore possa procedere al rilascio dei permessi di soggiorno a fini informativi anche a favore dello straniero la cui collaborazione informativa sia necessaria riguardo alle attività illecite riconducibili alla criminalità transnazionale (quale ad esempio l'immigrazione clandestina).
  Il comma 1, lettera b), introduce nell'articolo 4 una norma temporanea volta a consentire, fino al 31 gennaio 2016, ai servizi di informazione di effettuare colloqui personali con i soggetti detenuti o internati, al fine di acquisire informazioni per la prevenzione dei delitti con finalità terroristica di matrice internazionale.
  L'articolo 7 è diretto ad agevolare l'azione delle Forze di polizia nella raccolta dei dati e nell'analisi delle informazioni acquisite, trattandosi di presupposto imprescindibile per un'efficace azione di contrasto di fenomeni come il terrorismo e, più in generale, di quelli capaci di mettere a repentaglio la sicurezza pubblica nel Paese. Viene, quindi, eliminata la rigidità della previsione di cui all'articolo 53, comma 1, del codice in materia di protezione dei dati personali, secondo cui le Forze di polizia e gli altri organi di pubblica sicurezza sono esentati dall'osservanza di alcune disposizioni del codice nell'effettuazione, per finalità di polizia, di trattamenti di dati personali individuati unicamente da norme di legge. Si tratterebbe, secondo il Governo, «di una previsione eccessivamente restrittiva che impedisce alle Forze di polizia di acquisire dati e informazioni personali, qualora ciò non sia espressamente previsto da norme di rango primario, con conseguenze pregiudizievoli sull'attività di prevenzione e di repressione dei reati, nonché di tutela della sicurezza pubblica. Peraltro, un simile grado di rigidità non è presente nell'articolo 47 del codice che disciplina i trattamenti di dati personali per ragioni di giustizia.». Tale disposizione infatti non richiede che i predetti trattamenti siano previsti da specifiche disposizioni di legge. L'articolo 7 riscrive integralmente l'articolo 53 del codice, sul modello di quanto stabilito dai precedenti articoli 46 e 47 per i trattamenti di dati personali in ambito giudiziario. La nuova versione del citato articolo 53 definisce, al comma 1, la nozione di finalità di polizia in rapporto ai trattamenti di dati personali. La norma specifica che si intendono effettuati per finalità di polizia i trattamenti di dati personali direttamente correlati all'esercizio di compiti di prevenzione e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonché ai compiti di polizia giudiziaria svolti, ai sensi del codice di procedura penale, per la prevenzione e la repressione dei reati. Il comma 2 stabilisce che le Forze di polizia e gli altri organi di pubblica sicurezza sono esentati dall'osservare le citate disposizioni del codice quando i trattamenti di dati personali sono effettuati: dal Centro elaborazione dati (CED) di cui all'articolo 8 della legge 1 aprile 1981, n. 121, ovvero dalle Forze di polizia sui dati destinati a confluire nel medesimo CED; da organi di pubblica sicurezza o da altri soggetti pubblici nell'esercizio delle attribuzioni conferite da disposizioni di legge o di regolamento.
  L'articolo 8 reca norme in materia di garanzie funzionali e di tutela, anche processuale, del personale e delle strutture degli organismi di informazione e sicurezza. In primo luogo, si estende anche al personale dei servizi di informazione che ha agito sotto copertura la possibilità, già prevista per la polizia giudiziaria, di deporre in sede testimoniale mantenendo le generalità di copertura. Si introduce la possibilità di autorizzare il personale dei servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica a ulteriori condotte previste dalla legge come reato al fine dello svolgimento delle attività informative a fronte di minacce di natura terroristica. L'attuale sistema esclude che possano essere autorizzate le condotte per le quali non è possibile opporre il segreto di Stato ai sensi dell'articolo 39, comma 11, della Pag. 17legge n. 124 del 2007, e quindi, tra queste, quelle relative a fatti di terrorismo, con la sola eccezione della condotta di partecipazione ad «associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico» (articolo 270-bis, secondo comma, del codice penale). Nella relazione si legge che «nella configurazione delle operazioni di intelligence finalizzate all'acquisizione di notizie e di informazioni in relazione alla minaccia terroristica è emerso come il reale svolgimento delle operazioni possa portare il personale dei servizi di informazione a commettere anche condotte contigue a quella, che è stata autorizzata, della partecipazione all'associazione di cui all'articolo 270-bis del codice penale. È questo il caso in cui l'associazione oggetto di interesse informativo assume la configurazione di banda armata, realizzando la fattispecie delittuosa di cui all'articolo 306 ovvero della fattispecie, meno grave, dell'associazione sovversiva di cui all'articolo 270 del codice penale.».
  Per una serie di condotte, già previste come reato, o di nuova introduzione con il presente provvedimento, che spesso fanno riferimento ad attività commesse con l'uso di mezzi informatici e telematici (previsto perciò come fattore causativo di aumento della pena), si prevede la causa di giustificazione di cui all'articolo 17 della legge n. 124 del 2007, affinché possa essere svolta un'azione informativa il più possibile aderente alle nuove modalità con cui nasce e si sviluppa la minaccia terroristica, in particolare quella di natura jihadista.
  Viene assicurata una sostanziale omogeneità giuridico-operativa, rispetto agli appartenenti ai servizi di informazione, al personale delle Forze armate che, ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 124 del 2007, è impiegato, in un numero circoscritto di unità, nelle attività di concorso con il personale del contingente speciale per la tutela della sicurezza delle sedi e del personale del DIS e delle Agenzie. Con tale misura potrà essere consentito un più efficace utilizzo del personale delle Forze armate nei predetti compiti di tutela, consentendo di destinare il personale degli organismi allo svolgimento delle attività informative d'istituto.
  Si prevede la possibilità per gli appartenenti ai servizi di utilizzare l'identità di copertura negli atti dei procedimenti penali aventi ad oggetto le condotte scriminate per la previsione delle garanzie funzionali, con l'immediata comunicazione alla magistratura procedente.
  Si completa il sistema di tutela in ambito giudiziario, previsto dall'articolo 27 della legge n. 124 del 2007, dei dipendenti degli organismi informativi, la cui identità è connotata in via generale da segretezza, consentendo di deporre con generalità di copertura quando il disvelamento dell'identità può comportare un pregiudizio all'interesse della sicurezza della Repubblica, ovvero quando sia necessario tutelarne l'incolumità.
  Il capo II (articoli 9 e 10) reca disposizioni in materia di coordinamento nazionale delle indagini nei procedimenti per i delitti di terrorismo, anche internazionale.
  La necessità e l'urgenza di provvedere a un rafforzamento degli strumenti penali atti a fronteggiare la criminalità terroristica attengono anche al settore delle indagini. Si prevede l'estensione al settore dei procedimenti per i delitti di terrorismo anche internazionale dei compiti e delle funzioni di coordinamento che il Procuratore nazionale antimafia oggi svolge in materia di contrasto della criminalità mafiosa.
   Si interviene quindi sul codice di procedura penale in materia di coordinamento delle indagini, di risoluzioni dei contrasti tra uffici del pubblico ministero, di accesso del Procuratore nazionale antimafia e, ora, anche antiterrorismo, al registro delle notizie di reato, per la parte in cui ciò rilevi nell'esercizio dei poteri di coordinamento delle indagini in materia di terrorismo, anche internazionale, presso le varie procure della Repubblica e alle banche dati che, nella stessa materia, siano istituite a livello distrettuale.
  È modificato il codice antimafia relativamente alle disposizioni ordinamentali Pag. 18che attengono alla Direzione nazionale antimafia. Le modifiche più significative attengono alle modalità di selezione e di nomina dei procuratori aggiunti presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Si stabilisce che essi siano nominati dal Consiglio superiore della magistratura, e non più dal Procuratore nazionale, e che l'incarico sia soggetto a un termine temporale, pari a un quadriennio, con possibilità di rinnovo per una sola volta, in conformità a quanto in generale è previsto per gli incarichi semidirettivi conferiti a magistrati di altri uffici giudiziari.

  Andrea MANCIULLI (PD), relatore per IV Commissione, introducendo l'esame per le parti di competenza della Commissione difesa, segnala che il contesto straordinario in cui si colloca oggi il nostro compito di legislatori è scolpito nel preambolo del decreto-legge che, forse per la prima volta, esordisce con un richiamo esplicito e solenne al diritto internazionale.
  Il preambolo, infatti, in coerenza con l'articolo 11 della Costituzione, individua il maggiore fondamento normativo del provvedimento nella risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 2178, adottata nel settembre del 2014 ai sensi del Capo VII della Carta delle Nazioni Unite, che tratta delle «minacce alla pace e sicurezza internazionali causate da atti di terrorismo».
  Si tratta di una citazione che colloca questo decreto-legge all'interno di un contesto ben preciso, che è quello della piena partecipazione dell'Italia all'impegno della comunità internazionale contro la grave minaccia terroristica, rappresentata innanzitutto dal Daesh, con il suo portato di destabilizzazione del quadro mediorientale ma anche nordafricano e soprattutto libico per quanto concerne gli interessi strategici regionali dell'Italia.
  Rileva, peraltro, come occorra non dimenticare la minaccia che paradossalmente oggi appare più «tradizionale», rappresentata da Al Qaeda, che in questi anni, dopo la morte di Bin Laden, ha esteso il proprio ambito geografico di azione spingendosi verso nuovi scenari e restando comunque attiva sul territorio europeo. Un fattore da tenere in grande considerazione è costituito dal fatto che il conflitto mediatico iniziato da Daesh ha innescato una reazione di orgoglio competitivo da parte di Al Qaeda, del tutto intenzionata a questo punto a non perdere né immagine né terreno. Questa dinamica tra le due maggiori realtà terroristiche globali costituisce un motivo di ulteriore grave pericolo per l'Occidente.
  La tutela della nostra sicurezza e il contrasto alla minaccia terroristica globale rappresentano, dunque, il perimetro entro cui collocare questo nostro lavoro, nonché la misura del compito cui ci chiamano i cittadini.
  Ricorda, quindi, che la risoluzione citata – adottata, come già detto, ai sensi del Capitolo VII della UN Charter – reca una serie di prescrizioni rivolte agli Stati e finalizzate a contrastare soprattutto il fenomeno dei foreign fighters attraverso una serie di misure di strategia preventiva e di intelligence, relative al trasporto aereo, allo scambio di informazioni operative, come pure al rafforzamento degli ordinamenti nazionali sul piano del diritto penale al fine di renderli consoni alla serietà della minaccia. In particolare, la questione relativa alla gestione dei passaporti costituisce un profilo che entra nella dinamica delle relazioni internazionali e che rappresenta un aspetto assai delicato e cruciale nel quadro della strategia complessiva.
  In attuazione della già citata risoluzione, sottolinea che il decreto-legge è mirato a colpire anche il fenomeno – ancor più insidioso e da tenere ben distinto – dei cosiddetti «lupi solitari». Si tratta di una tipologia di terroristi assai più difficili da individuare e da combattere, circostanza che acuisce la natura asimmetrica del conflitto che abbiamo davanti, che impone il sovrapporsi di interventi di natura classica, come le missioni, ad altri strumenti volti a fronteggiare all'interno del nostro mondo europeo le conseguenze, anche di tipo culturale, di conflitti assai lontani dal nostro contesto territoriale e culturale. Pag. 19
  Al medesimo obiettivo di contrasto al terrorismo internazionale collaborano in questa specifica occasione ancor più le norme in tema di proroga delle missioni internazionali, e non soltanto per quelle riferite al tema del Daesh. L'intero sforzo profuso dalle donne e dagli uomini impegnati nelle missioni sia sul piano militare sia su quello civile contribuisce alla stabilità del quadro internazionale e ad arginare il possibile ulteriore deterioramento di un quadro internazionale gravemente compromesso.
  Ritiene doverosa questa premessa al fine di chiarire che il provvedimento, lungi dall'essere disomogeneo o incoerente, risponde in modo quasi pedissequo ad una richiesta assai netta e dettagliata fatta dalle Nazioni Unite. Le norme del decreto-legge sono infatti rette da una filosofia legislativa unitaria, rappresentata dalla tutela della sicurezza dei nostri cittadini attraverso misure di carattere nazionale ed internazionale.
  Lo sottolinea anche la relazione che accompagna il provvedimento laddove evidenzia che «la lotta al terrorismo va realizzata in maniera unitaria senza dividere tra sicurezza interna ed esterna, come d'altronde dimostrato dal fenomeno dei cosiddetti foreign fighters. Il contesto che si deve affrontare rende cioè essenziale sviluppare una capacità di risposta globale attraverso misure che si muovono sia sul versante interno, sia sul versante internazionale per consolidare il processo di pace, sforzo al quale l'Italia contribuisce attraverso operazioni in cui sono impegnati contingenti e aliquote delle nostre Forze armate e di polizia».
  D'altra parte misure efficaci di contrasto al terrorismo unitamente alla conferma delle missioni internazionali, cui contribuiscono militari e civili, costituiscono un presupposto affinché il nostro Paese possa assumere la tanto auspicata e anche dovuta maggiore centralità nelle relazioni internazionali, in considerazione della nostra proiezione di Paese cerniera tra Europa, Mediterraneo e Medioriente e per il prestigio guadagnato dall'Italia in tanti teatri di crisi (penso soprattutto al Libano) e anche sul piano umanitario in aiuto alle masse di profughi e di vittime della tratta di esseri umani che affrontano il pericolo dell'attraversamento del mare Mediterraneo.
  Quanto alla Libia, prima di qualunque dibattito su un eventuale intervento militare, ritiene essenziale che anche il nostro Paese contribuisca in ogni modo ad un accordo tra le fazioni per la formazione di un governo di unità nazionale nella piena collaborazione con il Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell'Onu, Bernardino Leon. Rispetto alla prospettiva di intervento militare è opportuno sottolineare che essa presupporrebbe una strategia di carattere politico e diplomatico assai complessa, poiché diversamente si rischierebbe uno scontro a trecentosessanta gradi ed un ricompattarsi delle diverse anime jihadiste oggi divise.
  Quindi, anche alla luce delle evoluzioni registrate sul piano politico, economico e sociale nei Paesi della sponda Sud, come ad esempio in Egitto o Tunisia, l'Italia deve in generale perseguire una vasta azione politico-diplomatica, volta ad un rafforzamento del dialogo con i Paesi islamici moderati, in parallelo a questo percorso di modifiche legislative mirate, al corroboramento del nostro modello nazionale di cooperazione allo sviluppo e ad un approntamento dello strumento militare conforme ai rischi di escalation.
  Tutti questi elementi conferiscono sostanza e fondamento alla candidatura dell'Italia ad un seggio non permanente presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2017 e 2018, cui il provvedimento contribuisce istituendo nello stato di previsione del MAECI un fondo per la campagna di promozione. Rileva, poi, che questa candidatura, essenziale per il rafforzamento del nostro ruolo nei maggiori scenari regionali ed internazionali, costituisce un'opportunità per l'intero «Sistema Italia» e ad essa devono pertanto contribuire tutti gli attori nazionali, inclusa la diplomazia parlamentare da cui può derivare una forte spinta in chiave di attrazione e di valorizzazione del nostro Paese.Pag. 20
  Passando alla disamina del provvedimento, prima di soffermarsi sulle disposizioni del decreto-legge in materia di missioni internazionali, segnala che il decreto – oltre a prevedere le misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale già descritte dal relatore Dambruoso – contiene, all'articolo 5, una serie di disposizioni concernenti l'impiego del personale delle Forze armate in attività di controllo del territorio, di vigilanza di siti e obiettivi sensibili e di prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e ambientale nella regione Campania. Fa presente, inoltre, che le misure sono adottate, secondo quanto specifica la norma, anche in relazione alle straordinarie esigenze di sicurezza connesse alla realizzazione dell'Expo 2015.
  Nel dettaglio, l'articolo 5 proroga al 30 giugno 2015 l'operatività del piano di impiego di cui al comma 1 dell'articolo 7-bis del decreto-legge n. 92 del 2008, il quale prevede l'utilizzo di un contingente massimo di 3.000 unità di personale militare per il controllo del territorio nazionale in concorso e congiuntamente con le Forze di polizia. Inoltre, incrementa di 1.800 unità il contingente massimo sopra citato, in considerazione delle straordinarie esigenze di prevenzione e contrasto del terrorismo. Infine, consente di prorogare ulteriormente, fino al 31 dicembre 2015, l'utilizzo nelle province della Campania interessate da criminalità ambientale di un contingente non superiore a 200 unità di personale militare, da impiegare nelle operazioni di sicurezza e di controllo afferenti alla cosiddetta operazione «terra dei fuochi».
  Per quanto concerne le disposizioni di carattere ordinamentale concernenti l'utilizzo dei militari utilizzati nel richiamato piano di impiego, sottolinea che l'articolo 5 fa salve le disposizioni vigenti (commi 1, 2 e 3 dell'articolo 7-bis del decreto-legge n. 92 del 2008), in base alle quali: il personale militare è posto a disposizione dei prefetti interessati; il piano di impiego del personale militare è adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica, integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri; il Ministro dell'interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari; nel corso delle operazioni i militari delle Forze armate agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza.
  Per quanto concerne la copertura finanziaria della disposizione, l'articolo 5 quantifica in 29.661.258 euro il costo della norma relativamente all'anno 2015, di cui 28.861.258 euro sono per il personale delle Forze armate impiegato nel piano di impiego operativo (di cui al comma 74 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 78 del 2009) e 0,8 milioni di euro sono per il personale delle Forze di polizia che concorrono, unitamente alle Forze armate, nel controllo del territorio (comma 75 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 78 del 2009).
  L'articolo 5 autorizza infine, relativamente al periodo 15 aprile – 1o novembre 2015, l'impiego di un ulteriore contingente di personale militare, pari a 600 unità, per l'espletamento, con le modalità in precedenza descritte, dei servizi di sicurezza del sito Expo 2015. Si tratta di un ulteriore contingente di personale delle Forze armate che si aggiunge al contingente già contemplato dal comma 1 del medesimo articolo 5. La copertura finanziaria dell'onere, pari a 7.243.189 euro, è assicurata tramite due versamenti di pari importo, il primo da effettuare entro il 30 aprile e il secondo entro il 30 giugno 2015, da parte della Società Expo, nell'ambito delle risorse finalizzate all'evento.
  Con riferimento al Capo III, relativo alle missioni internazionali delle Forze armate e di Polizia, rileva che nel corso degli anni la partecipazione delle Forze armate italiane a missioni all'estero ha assunto una considerevole importanza, sia in relazione al notevole incremento delle operazioni, che hanno visto impegnati contingenti militari italiani, sia sotto il profilo del maggior impiego di uomini e di Pag. 21mezzi, connesso alla più complessa articolazione degli interventi ai quali l'Italia ha partecipato.
  Ai tradizionali impegni di natura prettamente militare, in sinergia con gli interventi di natura civile, le nostre Forze armate e di sicurezza si sono fatte carico di una serie di iniziative finalizzate alla ricostruzione del tessuto politico, sociale e locale. Nei mandati delle missioni Onu è sempre più frequente trovare compiti che includono la protezione dei civili, l'assistenza nelle operazioni di disarmo, il supporto alla realizzazione di un processo democratico. Si è passati, quindi, da semplici operazioni di ingerenza umanitaria, attraverso l'invio di osservatori internazionali, a missioni di mantenimento della pace (peace keeping), di formazione della pace e prevenzione dei conflitti (peace making), di costruzione della pace (peace building), fino ad arrivare a missioni di imposizione della pace (peace enforcement).
  Sotto il profilo della loro durata, si tratta di operazioni di portata assai variabile in quanto si passa da missioni esauritesi nel breve lasso di tempo di qualche mese ad altre, invece, che arrivano a coprire un notevole arco temporale, quasi ad assumere il carattere della permanenza.
  Venendo al contenuto specifico del decreto-legge, osserva che il capo III reca le autorizzazioni di spesa – a valere dal 1o gennaio al 30 settembre 2015 – necessarie alla proroga del termine per la partecipazione italiana a diverse missioni internazionali, raggruppate nell'articolato sulla base di criteri geografici: Europa (Georgia, Balcani, Bosnia-Erzegovina, Albania, Kosovo, Cipro e le zone del Mediterraneo); Asia (Afghanistan, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Libano e anche una proroga dell'impiego di personale militare in attività di addestramento delle forze di sicurezza palestinesi); Africa (Libia, Mali, Corno d'Africa e Repubblica centrafricana).
  Sottolinea, quindi, che la proroga è di nove mesi, e non di sei mesi.
  Per quanto concerne le principali novità introdotte dal decreto-legge in esame, osserva, in primo luogo, che il comma 1 dell'articolo 12, concernente le missioni militari in ASIA, autorizza, dal 1o gennaio 2015 al 30 settembre 2015, la spesa di 126.406.473 euro per la partecipazione di personale militare alla nuova missione NATO in Afghanistan denominata Resolute Support Mission, di cui alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2189/2014 e per la proroga della partecipazione alla missione EUPOL Afghanistan, di cui al comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 109 del 2014.
  Al riguardo, ricorda che la Resolute Support Mission (RSM) subentra, dal 1o gennaio 2015, alla missione ISAF, chiusa lo scorso 31 dicembre 2014, prevista per lo svolgimento di attività di formazione, consulenza e assistenza a favore delle forze di difesa e sicurezza afgane e delle istituzioni governative.
  L'avvio della nuova missione, su invito del governo afgano, riflette gli impegni assunti dalla NATO ai vertici di Lisbona (2010), Chicago (2012), Newport in Galles (2014), appoggiati dalla risoluzione 2189 adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 12 dicembre 2014, la quale ha sottolineato l'importanza, al fine di garantire la sicurezza e la stabilità in tutto l'Afghanistan, del continuo sostegno internazionale per la stabilizzazione della situazione e per l'ulteriore miglioramento della funzionalità e capacità delle forze di difesa e sicurezza afgane.
  Il piano di funzionamento della missione è stato approvato dai ministri degli esteri della NATO alla fine di giugno 2014. I termini e le condizioni in cui le forze della NATO saranno schierate in Afghanistan nell'ambito della missione, così come le attività che potranno svolgere, sono definiti dallo Status of Forces Agreement (SOFA), firmato a Kabul il 30 settembre 2014 dal Presidente della Repubblica islamica dell'Afghanistan e dall'Alto rappresentante civile della NATO in Afghanistan e ratificato dal Parlamento afgano il 27 novembre 2014. A sostegno della missione saranno schierate circa Pag. 2212.000 unità provenienti da Paesi NATO e da ventuno Paesi partner. La missione è progettata per operare con una sede centrale a Kabul e quattro sedi territoriali a Mazar i Sharif, Herat, Kandahar e Jalalabad. I militari italiani opereranno per larga parte dell'anno 2015 a Herat, nella Regione Ovest, e avranno il compito di continuare ad addestrare le forze armate afgane, senza alcuna partecipazione a operazioni di combattimento. A decorrere dal secondo semestre 2015, come previsto dalla pianificazione NATO, si procederà ad una riconfigurazione delle forze presenti nella zona ai fini del progressivo concentramento nell'area di Kabul.
  Sempre con riferimento ai profili più innovativi del decreto-legge, osserva che il comma 9 dell'articolo 14 autorizza, per il periodo 1o gennaio 2015 – 30 settembre 2015, la spesa di euro 132.782.371 per la partecipazione di personale militare alle attività della coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica dell'Islamic State in Iraq and the Levant (ISIL).
  Il comma 9 dell'articolo 12 autorizza, altresì, la spesa di euro 2.219.355 per il personale militare che ha partecipato alle medesime attività della coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica dell'Islamic State in Iraq and the Levant nel periodo 1o novembre-31 dicembre 2014.
  In relazione a questa partecipazione ricorda che una vasta coalizione internazionale per la lotta contro l'ISIL è stata definita a seguito della Conferenza internazionale per la pace e la sicurezza in Iraq, tenutasi a Parigi il 15 settembre 2014, con l'obiettivo di fermare l'organizzazione terroristica che sta compiendo stragi di civili e militari, soprattutto di iracheni e siriani caduti prigionieri.
  Ricorda, poi, che nel documento conclusivo della Conferenza internazionale, nell'individuare nell'ISIL una minaccia non solo per l'Iraq, ma anche per l'insieme della comunità internazionale, è stata affermata l'urgente necessità di un'azione determinata per contrastare tale minaccia, in particolare adottando misure per prevenirne la radicalizzazione, coordinando l'azione di tutti i servizi di sicurezza e rafforzando la sorveglianza delle frontiere.
  In ordine alle minacce alla pace e sicurezza causate da atti terroristici internazionali, tra cui quelli perpetrati dall'ISIL, sono intervenute le risoluzioni 2170 (2014) e 2178 (2014), adottate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, rispettivamente, il 15 agosto 2014 e il 24 settembre 2014, che hanno riaffermato la necessità di combattere con ogni strumento, in conformità con la carta delle Nazioni Unite e con l'ordinamento internazionale, le minacce alla pace internazionale e alla sicurezza causate da atti terroristici.
  Come rilevato anche dalla relazione illustrativa allegata al decreto-legge in esame, segnala che in attuazione delle risoluzioni n. 7-00456 delle Commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera dei deputati e n. 34 Doc. XXIV delle Commissioni riunite Esteri e Difesa del Senato dello scorso 20 agosto 2014 e in linea con le comunicazioni del Governo sulle misure di contrasto al terrorismo dell'ISIL rese in data 20 agosto, 16 ottobre, 20 novembre e 17 dicembre 2014, il dispositivo nazionale messo a disposizione della Coalizione prevede una componente aerea, con connessa cellula di supporto a terra, con compiti di ricognizione sul territorio iracheno, esclusa la partecipazione diretta ai combattimenti, nonché un contingente di personale per le attività di addestramento e di assistenza a favore delle forze locali nella regione del Kurdistan iracheno.
  Per quanto riguarda, poi le missioni nel continente africano, evidenzia, che il comma 3 dell'articolo 13 autorizza, per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2015 e il 30 settembre 2015, la spesa di 29.474.175 euro per la proroga della partecipazione di personale militare all'operazione militare Atalanta dell'Unione europea al largo delle coste della Somalia, di cui al comma 4 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 109 del 2014.
  Rispetto al precedente decreto-legge di proroga delle missioni non risulta quindi più autorizzata la partecipazione di personale Pag. 23militare all'operazione della NATO denominata Ocean Shield per il contrasto della pirateria.
  A questo proposito ricorda che in sede di conversione del decreto-legge n. 109 del 2014, la Camera ha approvato un emendamento in forza del quale «concluse le missioni in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (ovvero Atalanta e Ocean Shield) e comunque non oltre il 31 dicembre 2014, la partecipazione dell'Italia alle predette operazioni sarà valutata in relazione agli sviluppi della vicenda dei due fucilieri di marina del Battaglione San Marco attualmente trattenuti in India».
  Con riferimento, infine, alle missioni in Europa, rileva che l'articolo 11, al comma 7 autorizza sino al 31 agosto 2015 la spesa di euro 6.993.960 per la partecipazione di personale militare alla missione della NATO denominata Baltic Air Policing.
  Al riguardo, ricorda che la missione Baltic Air Policing è iniziata nell'anno 2004, su richiesta congiunta della Lituania, dell'Estonia e della Lettonia, avanzata al momento del loro ingresso nell'Alleanza. La richiesta è stata motivata con l'insufficiente possesso di capacità e strutture per la difesa aerea autonoma. Da quel momento, quattordici Stati membri della NATO, a rotazione, hanno sorvegliato lo spazio aereo delle tre repubbliche baltiche: Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Germania, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Romania, Spagna, Stati Uniti d'America e Turchia. Nell'ambito dell'attuale turno di sorveglianza aerea, l'Italia partecipa, insieme alla Polonia, alla Spagna e al Belgio, con una task force dell'Aeronautica militare composta da sette velivoli e 100 unità di personale.
  Il concorso nazionale alla missione era stato inizialmente accordato fino all'aprile 2015. Tuttavia, la relazione illustrativa precisa che «in occasione della recente ministeriale NATO – Difesa tenutasi a Bruxelles il 5 febbraio 2015 è stata espressa, su auspicio del Ministro della difesa lituano e con l'assoluto apprezzamento dell'Assemblea NATO, la disponibilità dell'Italia a prolungare di altri quattro mesi il proprio concorso aereo, portandolo fino al 31 agosto 2015».
  Il provvedimento disciplina, altresì, alcuni profili connessi alle missioni in relazione a specifici aspetti (quali il trattamento giuridico, economico e previdenziale del personale impiegato, la disciplina contabile e penale) e prevede una normativa strumentale al loro svolgimento, individuata essenzialmente mediante un rinvio all'ordinamento vigente. Da un punto di vista della corretta tecnica legislativa, va detto che il decreto-legge in esame rinvia a disposizioni che, in quanto confluite nel codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, sono state abrogate nella fonte originaria: sarebbe quindi più corretto far riferimento alle disposizioni e agli istituti disciplinati dal codice in questione.
  Sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente, secondo un procedimento consueto nei decreti che regolano la partecipazione italiana alle missioni internazionali, il provvedimento – reiterando una modalità di produzione normativa i cui aspetti problematici sono stati più volte segnalati dal Comitato per la legislazione della Camera e dei quali dà conto anche la relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN) – effettua rinvii alla normativa esistente senza potersi però rapportare ad una disciplina unitaria che regolamenti stabilmente i profili giuridico-economici delle missioni stesse ed i cui elementi essenziali potrebbero adesso rinvenirsi nella legge n. 108 del 2009, cui, ad esempio, si rinvia per alcuni aspetti in materia di personale; invece, per la disciplina in materia penale, si perpetua la lunga e complessa catena di rinvii normativi al decreto-legge n. 152 del 2009 e al decreto-legge n. 209 del 2008 che, a sua volta, contiene anche ulteriori rinvii al codice penale militare di pace ed alla specifica disciplina in materia di missioni militari recata dal decreto-legge n. 421 del 2001.
  Quanto al Capo IV (articoli da 17 a 19) del decreto-legge, che prevede disposizioni in materia di iniziative di cooperazione Pag. 24allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, si tratta della parte che più connota la cifra dell'impegno italiano nelle missioni internazionali, secondo un modello di cooperazione ormai universalmente riconosciuto dalla comunità internazionale degli Stati e noto come «modello Italia».
  Premette alle considerazioni che seguono un elemento che conferisce a questa parte del provvedimento un significato nuovo e più incisivo rispetto ai precedenti provvedimenti. Allude al fatto che oggi l'intervento di natura civile, finalizzato a portare sollievo, maggiore benessere e prospettive di institution building e di rispetto dello stato di diritto alle popolazioni locali, collabora alla lotta contro il terrorismo nella misura in cui riesce ad erodere alla base il consenso che Daesh/Isis costruisce sul territorio mediante un sistema di welfare sostitutivo, finanziato dall'estero attraverso la rete di sostegno internazionale di cui gode. È dunque essenziale più che in passato costruire un rapporto di fiducia e di collaborazione con le popolazioni e operare positivamente soprattutto per la ricostruzione di un tessuto economico ed istituzionale sano.
  Rileva, ancora, che questa parte dell'articolato provvede innanzitutto al rifinanziamento della legge n. 49 del 1987, novellata dalla legge n. 124 del 2014, destinato alla realizzazione di iniziative di cooperazione allo sviluppo in Afghanistan per dar seguito agli impegni di mantenimento del livello di contributi, assunti dall'Italia nelle conferenze internazionali di Bonn, Tokyo e Londra e che rappresentano un elemento decisivo per le prospettive di una stabilizzazione dell'Afghanistan successiva al ritiro dell'ISAF, come richiesto dal nuovo Governo del Presidente Ghani. L'attuale fase di non autosufficienza delle finanze pubbliche afgane richiede infatti un aiuto esterno per sostenere l'autorità del Governo legittimo e lo sviluppo socio-economico della popolazione. A Tokyo, la comunità dei donatori e il Governo afgano hanno assunto una serie di impegni reciproci volti a favorire la transizione verso una maggiore sostenibilità del bilancio afgano. In particolare, la comunità internazionale ha assunto l'impegno di canalizzare una quota crescente dei contributi attraverso il bilancio (almeno il 50 per cento) e di allineare almeno l'80 per cento dei finanziamenti ai programmi nazionali afgani. Ciò allo scopo di promuovere un miglioramento della capacità delle autorità locali. Per questo motivo è importante sostenere tale investimento sia in termini finanziari (principalmente attraverso i programmi nazionali afgani, l'ARTF e i programmi di governance), sia in termini di assistenza tecnica e monitoraggio. Anche nei primi mesi del 2015 si darà priorità geografica alla regione occidentale e in particolare alla provincia di Herat.
  L'impegno italiano troverà concreta attuazione anche sul piano bilaterale, mediante contributi al Governo afgano per programmi di sviluppo rurale e, ancora, mediante contributi agli organismi internazionali per la salute materno-infantile e la protezione dei diritti delle donne, per il sostegno alla frequenza scolastica femminile, per la governance e lo Stato di diritto, per lo sviluppo rurale e per la tutela del patrimonio culturale afgano.
  Osserva, quindi, che permane nel Paese l'esigenza di poter assicurare continuità agli interventi umanitari in corso (il 90 per cento dei quali realizzati nella città di Herat) e di garantire il supporto umanitario alle fasce deboli della popolazione mediante interventi a gestione diretta da parte della Sede, assistita dalla locale UTL, avvalendosi, ove opportuno, del concorso di organizzazioni non governative (ONG) italiane presenti nel Paese.
  Per quanto riguarda l'Iraq, come evidenzia la relazione illustrativa, si intende proseguire e rafforzare l'azione a sostegno della risposta alla crisi umanitaria conseguente al conflitto scatenato dall'ISIL e all'esodo di sfollati in alcune regioni del Paese, soprattutto nel Kurdistan iracheno, e si proseguirà inoltre l'azione di tutela del patrimonio culturale iracheno, imprescindibile Pag. 25fattore identitario di una convivenza multietnica e multi-religiosa, sia attraverso competenze italiane di eccellenza sia in collaborazione con l'UNESCO. Al fine, poi, di alleviare le conseguenze della grave crisi in corso sono previste iniziative in ambito umanitario, rivolte prioritariamente alle categorie più vulnerabili della popolazione civile (donne, anziani, bambini, disabili) che hanno trovato rifugio nella Regione autonoma del Kurdistan iracheno o nei territori contigui a seguito della violenta offensiva lanciata dall'ISIS l'estate scorsa. La loro attuazione verrà affidata alle numerose ONG italiane operanti nei tre distretti della regione curda, in particolare nell'area di Erbil. Particolare attenzione verrà riservata alle esigenze umanitarie della comunità cristiana dell'area di Ninive, sfollata a seguito del conflitto.
  Per quanto riguarda la Siria e i Paesi limitrofi si sosterrà l'azione svolta dagli organismi internazionali, a partire dallo sforzo di diplomatico in atto da parte dell'Inviato Speciale De Mistura, nonché da agenzie Onu, come ad esempio dall'UNDP, per interventi complementari e sinergici a quelli promossi nell'ambito della piattaforma tematica «Agricoltura e sicurezza alimentare», di cui l'Italia è capofila, e per iniziative a sostegno della popolazione siriana (principalmente in Siria, Libano e Giordania). Si intende inoltre continuare ad assicurare la partecipazione italiana ai Trust Fund regionali per la crisi siriana, sia per quanto riguarda il Syria Recovery Trust Fund (SRTF), fondo già istituito con l'adesione dell'Italia, sia per quanto riguarda il nuovo Trust Fund europeo per la crisi siriana (EUTF). Sul piano bilaterale, si intende continuare a realizzare azioni nei settori sanitario e delle infrastrutture di base, tese a migliorare le condizioni di vita della popolazione all'interno della Siria, in coordinamento con la National Coalition of Syrian Revolution and Opposition Force.
  Sia in Siria, sia nei Paesi della regione interessati dal flusso di rifugiati (Libano, Giordania e Iraq), la cooperazione italiana continuerà inoltre a destinare risorse importanti nel settore dell'emergenza per assicurare continuità agli interventi realizzati o in corso a valere sulle risorse del «pledge» straordinario annunciato dall'Italia in occasione della Conferenza di Kuwait City del gennaio 2014.
  In Libia si intendono realizzare, non appena le condizioni lo consentiranno, iniziative di alta formazione destinate a funzionari della pubblica amministrazione locale. Inoltre, stante il rischio che la grave instabilità politica conduca a una crisi umanitaria, una quota delle risorse destinate alle attività di emergenza verrà utilizzata per finanziare programmi di aiuto umanitario nel settore della protezione delle categorie più vulnerabili della popolazione, affidandone l'esecuzione ad Agenzie delle Nazioni Unite o al Comitato internazionale della Croce Rossa.
  In Somalia, la cooperazione italiana intende dare seguito agli impegni assunti dall'Italia nella Conferenza internazionale di Bruxelles del settembre 2013 e ribaditi nel High Level Partner Forum (HLPF) tenutosi a Copenhagen il 20 novembre 2014.
  Ulteriori interventi hanno luogo in Sudan, in linea con le priorità geografiche e settoriali della cooperazione italiana che prevedono il consolidamento del processo di pace e di sviluppo dell'area orientale del Paese, iniziato dopo l'Accordo di pace del 2006. Per quanto riguarda le attività umanitarie, esse si concentreranno in particolare nelle aree orientali del Paese e nella regione del Darfur. In Sud Sudan, l'attenzione dell'Italia si concretizzerà in progetti umanitari che verranno realizzati dalle ONG in continuità con i programmi avviati nel 2014 insieme ad interventi da affidare alle Agenzie delle Nazioni Unite, all'OIM o al Comitato internazionale della Croce rossa nei settori della protezione, della sicurezza alimentare e della tutela dell'infanzia.
  In Mali e nei Paesi della regione del Sahel i progetti di emergenza riguarderanno sia la grave situazione provocata dall'instabilità politica – aggravata dagli attacchi di Boko Haram – sia le gravissime ripercussioni sulla sicurezza alimentare Pag. 26in Niger e in Burkina Faso e saranno finalizzati al rafforzamento delle attività finora realizzate.
  Per quanto riguarda l'Africa occidentale, una quota significativa delle risorse sarà destinata alle attività di contrasto alla diffusione del virus Ebola nei tre Paesi finora più colpiti (Sierra Leone, Liberia e Guinea Conakry). A tal fine la cooperazione italiana si avvarrà della collaborazione delle ONG italiane presenti in particolare in Sierra Leone, dando continuità ai progetti già realizzati.
  Segnala, inoltre, anche lo stanziamento destinato al rifinanziamento della legge 7 marzo 2001, n. 58, per interventi di sminamento umanitario in esecuzione di obblighi internazionali per la realizzazione di programmi integrati di sminamento umanitario, e dei nuovi impegni derivanti dalla ratifica della Convenzione di Ottawa sulle mine anti-persona e di quella di Oslo sulle munizioni a grappolo (cluster bombs) nonché del Protocollo V della Convenzione CCW (Convention on Certain Conventional Weapons).
  In questa parte del provvedimento trovano spazio disposizioni per il finanziamento di iniziative a sostegno dei processi di pace e di rafforzamento della sicurezza in Africa subsahariana e in America Latina.
  Nell'ambito della partecipazione dell'Italia alle iniziative delle organizzazioni internazionali, si prevedono la partecipazione ai Fondi fiduciari della NATO e dell'ONU, nonché contributi per il sostegno della campagna per la candidatura dell'Italia a un seggio presso il Consiglio di sicurezza dell'ONU e al Tribunale speciale delle Nazioni Unite sul Libano. Una parte delle risorse sarà destinata a iniziative dell'Unione europea nel campo della gestione civile delle crisi internazionali in ambito PESC-PSDC, a progetti di cooperazione dell'OSCE, a contributi al Fondo fiduciario INCE istituito presso la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e alla Fondazione del Segretariato permanente dell'Iniziativa adriatico-ionica, nonché al sostegno allo European Institute of Peace. È altresì previsto uno stanziamento per la prosecuzione delle attività di costruzione della rappresentanza diplomatica a Mogadiscio.
  Conclude auspicando ampia condivisione su un provvedimento con cui l'Italia intende collabora con gli altri Paesi occidentali ed europei esposti minaccia alla costruzione di un efficace apparato normativo contro il terrorismo.
  Sul piano interno le norme del provvedimento permettono di incidere sul fenomeno del reclutamento, andando a colpire chi recluta ma anche chi si fa reclutare o si autorecluta attraverso la rete. Sul piano esterno rafforzano tutti gli altri strumenti di politica estera che occorrono per non rendere vano questo sforzo straordinario.
  È, dunque, un momento in cui occorre unità politica e unità della politica e con questo decreto-legge ci sono adesso i presupposti affinché il nostro Paese possa vincere e in fretta la sfida orribile rappresentata dal terrorismo.

  Massimo ARTINI (Misto-AL), rilevato che l'articolo 1 introduce nuove fattispecie di delitto in materia di terrorismo, osserva che è essenziale precisare cosa sia il terrorismo, in modo da evitare che nelle fattispecie in questione rientri chiunque combatta all'estero, a prescindere dalla parte per la quale combatte. A suo avviso, si potrebbe fare riferimento, per definire cosa sia terrorismo, alla Convenzione internazionale contro il reclutamento, l'utilizzazione, il finanziamento e l'istruzione di mercenari, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 4 dicembre 1989, della quale l'Italia ha autorizzato la ratifica con la legge 12 maggio 1995, n. 210; in particolare, si potrebbe fare riferimento all'articolo 9, comma 3, della Convenzione.
  Quanto alla parte del decreto-legge concernente le missioni internazionali, ricorda che il comma 3-bis inserito in sede di conversione nell'articolo 2 dell'ultimo decreto-legge di proroga delle missioni internazionali (n. 109 del 2014) prevede che, una volta concluse le missioni in Afghanistan e comunque non oltre il 31 Pag. 27dicembre 2014, la partecipazione dell'Italia ad ulteriori missioni in quel Paese sarebbe stata valutata dal Governo italiano in presenza di una formale richiesta dell'Afghanistan e di concerto con le organizzazioni internazionali coinvolte e che il Governo ne avrebbe data preventiva comunicazione alle Camere, per le conseguenti deliberazioni. Fa presente, al riguardo, che le comunicazioni previste dalla disposizione citata non hanno avuto luogo, o almeno non in modo esauriente.
  Ritiene altresì necessario svolgere audizioni per avere chiarimenti in merito alla situazione che si è venuta a creare in Libia, segnalando in particolare che sarebbe opportuno se possibile audire l'ambasciatore italiano in Libia Giuseppe Buccino.
  Ricorda poi che il comma 7-bis inserito in sede di conversione nell'articolo 3 del citato decreto-legge n. 109 del 2014 ha stabilito che, perdurando la situazione di instabilità politica in Libia, il Governo avrebbe riferito alle Camere sull'eventuale sospensione totale o parziale della missione in Libia: ciò considerato non si capisce la ragione dello stanziamento di oltre 5 milioni euro previsto dal decreto in esame per la prosecuzione delle missioni in Libia.
  Quanto poi all'articolo 18, comma 1, del decreto-legge in esame, osserva che uno stanziamento di ben 120 milioni di euro per il sostegno delle forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia, non può essere ricondotto nell'ambito degli interventi di cooperazione allo sviluppo.
  Infine, prende atto che il decreto-legge in esame non proroga la missione Ocean Shield, ma chiede al Governo di confermare che non si tratta di una soluzione temporanea e che l'Italia non parteciperà più a tale missione.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.45.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 16.45 alle 17.10.