CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 16 dicembre 2014
359.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 54

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 16 dicembre 2014. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 13.40.

Disposizioni in materia di responsabilità civile dei magistrati.
Testo base C. 2738 Buemi ed altri, approvato dal Senato, e abb.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

Pag. 55

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Michele BORDO, presidente e relatore, sottolinea come la Commissione sia chiamata ad esaminare in sede consultiva la proposta di legge presentata dai senatori Buemi, Nencini, Fausto Guilherme Longo, recante «Disciplina della responsabilità civile dei magistrati», approvata dal Senato lo scorso 20 novembre in prima lettura.
  Segnala che il provvedimento in esame, cui sono state abbinate le proposte C. 990 (Gozi ed altri), C. 1735 (Leva), C. 1850 (Brunetta) e C. 2140 (Cirielli), è volto a modificare la legge n. 117 del 1988 – cosiddetta, legge Vassalli – che disciplina l'azione per fare valere la responsabilità civile dello Stato per i danni causati dalla condotta illecita di un magistrato. Segnala che il 24 settembre scorso il Governo ha presentato al Senato un disegno di legge sulla riforma della responsabilità civile dei magistrati (S. 1626), il cui contenuto è stato in parte recepito dal disegno di legge, e abbinati, all'esame della Commissione.
  Le proposte intendono farsi carico delle criticità che sono derivate dall'applicazione della legge Vassalli, che – ricordo – venne approvata a seguito dell'esito favorevole del referendum abrogativo della previgente normativa dell'8 novembre 1987. Al tempo stesso, il provvedimento è diretto a recepire le indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea (CGUE).
  Al riguardo, richiama la sentenza del 24 novembre 2011 della Corte di Giustizia dell'Unione europea con cui l'Italia è stata condannata per violazione degli obblighi di adeguamento dell'ordinamento interno al principio generale di responsabilità degli Stati membri dell'Unione europea, in caso di violazione del diritto dell'Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado.
  Ricorda che tale decisione, insieme alla precedente del 2006 della stessa Corte (Grande Sezione, Sentenza 13 giugno 2006, Traghetti del Mediterraneo) ha portato a due procedure di contenzioso con la Commissione europea. Nonostante le due decisioni della Corte di Giustizia confermino la bontà dell'impostazione della disciplina italiana (sia in relazione all'esclusione della responsabilità diretta del magistrato, che al fatto che la responsabilità da imputare allo Stato si concretizza solo a seguito di una violazione «imputabile a un organo giudiziario di ultimo grado») due profili dell'articolo 2 della legge n. 117 – secondo la Corte – contrastano con il diritto dell'Unione Europea: il primo è che il danno risarcibile provocato da un giudice non possa derivare anche da interpretazioni di norme di diritto o da valutazioni di fatti e prove; il secondo che, in casi diversi dall'interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione di fatti e di prove, possano essere imposti, per la concretizzazione della responsabilità dei giudici, «requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla condizione di una manifesta violazione del diritto vigente».
  Ricorda altresì che durante l'esame della legge europea 2013-bis (C. 1864-A), l'Assemblea della Camera aveva approvato un emendamento interamente sostitutivo dell'articolo 26, che prevedeva un'ipotesi di responsabilità diretta del magistrato. La disposizione stabiliva che «chi ha subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario» compiuto dal magistrato, «in violazione manifesta del diritto o con dolo o colpa grave» può agire per il risarcimento contro lo Stato e contro il magistrato ritenuto colpevole. Al Senato, nel corso dell'esame in Commissione, la modifica era stata soppressa, dopodiché anche l'Assemblea, nella seduta del 17 settembre 2014, ha respinto – con voto di fiducia – un analogo emendamento che reintroduceva la responsabilità civile diretta dei magistrati.
  Intende segnalare, inoltre, che a seguito della procedura di infrazione comunitaria n. 2009/2230 avviata dalla Commissione europea contro il nostro Paese sul tema della responsabilità civile dei magistrati, nelle precedenti legislature alcune proposte di modifica della legge n. 117 del 1988 Pag. 56sono state inserite in diversi momenti dell’iter parlamentare nei disegni di legge comunitaria.
  In primo luogo, richiama il disegno di legge comunitaria 2010 (C. 4059-A) che conteneva una specifica disposizione incidente sui presupposti della responsabilità civile dei magistrati, successivamente soppresso in Assemblea (articolo 18). Pochi mesi dopo, nel disegno di legge comunitaria 2011 (A.S. 3129), l'Assemblea della Camera inseriva una disposizione di modifica della legge n. 117 del 1988 (articolo 25) che sanciva la possibilità di agire non solo contro lo Stato, ma anche contro il soggetto riconosciuto colpevole, per ottenere il risarcimento dei danni. Inoltre, veniva introdotta la fattispecie aggiuntiva della «violazione manifesta del diritto», connessa a quanto statuito dalla Corte di giustizia nelle sentenze 30 settembre 2003 (C-224/01 – Kobler) e 13 giugno 2006 (C-173/03 – Traghetti del Mediterraneo SpA), prevedendo altresì che il carattere intenzionale della violazione del diritto costituisse dolo. Infine, si prevedeva la configurabilità della responsabilità in presenza di attività di interpretazione di norme di diritto e fissava criteri per la determinazione dei casi in cui sussiste una violazione manifesta del diritto da parte del giudice.
  Ritornando al provvedimento in titolo, segnala che il 24 settembre scorso il Governo ha presentato al Senato un disegno di legge sulla riforma della responsabilità civile dei magistrati (S. 1626), il cui contenuto è stato in parte recepito dal disegno di legge, e abbinati, all'esame della Commissione.
  Per un approfondimento circa il contenuto delle singole proposte di legge, nonché in merito al parere espresso dal Consiglio Superiore della Magistratura sul disegno di legge del Governo S. 1626, alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE e alle procedure di infrazione tuttora aperte nei confronti dell'Italia, invita i colleghi a prendere visione della documentazione analitica predisposta dagli uffici della Camera (dossier 90/1), in cui sono sintetizzate le discipline di alcuni Paesi europei in materia di responsabilità civile dei magistrati.
  Per quanto riguarda, specificamente, la proposta di legge C. 2738, approvata dal Senato, segnala che il provvedimento è composto da sette articoli che introducono modifiche agli articoli 2, 4, 7, 8, 9 e 13 della legge 117 del 1988 sulla responsabilità civile dei magistrati.
  Gli elementi principali del provvedimento prevedono il mantenimento dell'attuale principio della responsabilità indiretta del magistrato (l'azione risarcitoria rimane azionabile nei confronti dello Stato), la limitazione della clausola di salvaguardia che esclude la responsabilità del magistrato, la ridefinizione delle fattispecie di colpa grave, l'eliminazione del filtro endo-processuale di ammissibilità della domanda, e, infine, una più stringente disciplina della rivalsa dello Stato verso il magistrato.
  L'articolo 1 indica l'oggetto e le finalità dell'intera proposta di legge: rendere effettiva la disciplina della responsabilità civile dello Stato e dei magistrati, anche alla luce dell'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea.
  L'articolo 2 interviene in più punti sull'articolo 2 della legge n. 117, relativo alla responsabilità del giudice per dolo o colpa grave. Anzitutto, al comma 1, viene estesa la risarcibilità del danno non patrimoniale anche al di fuori dei casi delle ipotesi di privazione della libertà personale per un atto compiuto dal magistrato. Il danno, patrimoniale e non patrimoniale, deve rappresentare – come attualmente previsto dalla legge – l'effetto di un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere da un magistrato con «dolo» o «colpa grave» nell'esercizio delle sue funzioni ovvero conseguente a «diniego di giustizia». Il comma 2 delimita l'applicazione della cosiddetta clausola di salvaguardia, che attualmente prevede che «non può dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del Pag. 57fatto e delle prove». Sono a tal fine fatti salvi i commi 3 e 3-bis del medesimo articolo 2.
  Pertanto, pur confermando in via generale che il magistrato non è chiamato a rispondere per l'attività di interpretazione della legge e di valutazione del fatto e delle prove, il nuovo comma 2 esclude da tale ambito di irresponsabilità i casi di dolo, di colpa grave (come individuati dal nuovo comma 3) e di violazione manifesta della legge e del diritto della UE (come definita dal nuovo comma 3-bis). Nelle citate ipotesi, quindi, anche l'attività interpretativa di diritto e valutativa del fatto e delle prove può dare luogo a responsabilità del magistrato.
  Inoltre, l'articolo 2 ridefinisce le fattispecie di colpa grave individuate dall'articolo 2, comma 3, della legge Vassalli. Ai sensi del nuovo comma 3, i comportamenti del magistrati che costituiscono colpa grave sono tali ope legis, essendo stato soppresso il riferimento (di natura soggettiva) alla «negligenza inescusabile», oggi previsto per la grave violazione di legge, per l'affermazione di un fatto inesistente e per la negazione di un fatto esistente. Costituisce, in particolare, nuova fattispecie di colpa grave il «travisamento del fatto o delle prove». Il nuovo comma 3 stabilisce, infatti, che costituisce colpa grave del magistrato: la «violazione manifesta della legge nonché del diritto dell'Unione europea» (tale formulazione sostituisce la «grave violazione di legge» e riprende le indicazioni della sentenza della CGUE Traghetti del Mediterraneo); il travisamento del fatto o delle prove; l'affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento; la negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento; l'emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dei casi previsti dalla legge oppure senza motivazione. Il nuovo comma 3-bis precisa i presupposti per la determinazione dei casi in cui sussiste la violazione manifesta della legge e del diritto dell'Unione europea che, ai sensi del nuovo comma 3, costituiscono ipotesi di colpa grave del magistrato. Si tratta di una casistica non esaustiva, poiché si tiene conto «in particolare» del grado di chiarezza e precisione delle norme violate e dell'inescusabilità e gravità della inosservanza. Il riferimento alla inescusabilità, rimosso dal comma 3 vigente, è reintrodotto quindi tra gli elementi sintomatici della violazione manifesta della legge e del diritto UE. Inoltre, per il caso della sola violazione manifesta del diritto dell'Unione europea, si dovrà tenere conto anche dell'inosservanza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea e del contrasto interpretativo cioè del contrasto dell'atto o del provvedimento emesso dal giudice con l'interpretazione adottata dalla stessa CGUE.
  Resta fermo, ai sensi del comma 3-bis, l'eventuale giudizio di responsabilità del magistrato per danno erariale davanti alla Corte dei conti ai sensi del decreto legge n. 543 del 1996.
  L'articolo 3 aumenta da due a tre anni i termini per la proposizione della domanda di risarcimento contro lo Stato, da esercitare nei confronti del Presidente del Consiglio (comma 1) previsti dall'articolo 4 della legge 117. Il comma 2 abroga l'articolo 5 della legge 117 relativo al filtro di ammissibilità della domanda di risarcimento davanti al tribunale del distretto di corte d'appello.
  Sottolinea che la dottrina e gli operatori del diritto individuano nel giudizio di ammissibilità uno degli elementi di maggior criticità della legge Vassalli, che di fatto ha esercitato una funzione deflativa finendo per ridurre al minimo le possibilità di risarcimento per i cittadini. Dai dati riportati nella relazione tecnica allegata al disegno di legge del Governo (S. 1626) emerge che dall'entrata in vigore della legge 117 del 1988 ad oggi su oltre 400 ricorsi per risarcimento proposti dai cittadini, solamente 7 si sono conclusi con un provvedimento che ha riconosciuto il risarcimento per dolo o colpa grave da parte di magistrati.
  L'articolo 4 modifica l'articolo 7 della legge n. 117 del 1988 relativo all'azione di rivalsa dello Stato verso il magistrato, Pag. 58spettante al Presidente del Consiglio dei ministri. Le novità rispetto all'attuale disciplina sono le seguenti: l'azione deve essere esercitata entro 2 anni (anziché, uno come attualmente) dal risarcimento avvenuto sulla base del titolo giudiziale o stragiudiziale nei riguardi dello Stato; la rivalsa verso il magistrato è stata espressamente resa obbligatoria (si tratta di un esplicito rafforzamento di un obbligo, tuttavia, già esistente); è eliminato il riferimento alla domanda di ammissibilità dell'azione; sono stati ancorati i presupposti della rivalsa al diniego di giustizia, alla violazione manifesta della legge e del diritto della UE o al travisamento del fatto o delle prove, di cui all'articolo 2, commi 2, 3 e 3-bis, stabilendosi, tuttavia, che l'elemento soggettivo della condotta dannosa del magistrato debba essere esclusivamente il dolo o la negligenza inescusabile. Viene poi modificato in più punti il comma 3 dell'articolo 7: è espunto il riferimento alla soppressa figura del conciliatore, viene confermata la sola responsabilità dolosa dei giudici popolari (delle corti d'assise) e si prevede che gli estranei alla magistratura membri di organi giudiziari collegiali (ad esempio, gli esperti dei tribunali dei minorenni) rispondono, oltre che per dolo, per negligenza inescusabile per travisamento del fatto o delle prove.
  L'articolo 5 ridefinisce i limiti quantitativi della rivalsa, intervenendo sull'articolo 8 della legge 117. La rivalsa non può eccedere una somma pari alla metà di un'annualità di stipendio (la normativa vigente prevede un terzo), al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui è proposta l'azione risarcitoria. Questo limite non si applica al fatto commesso con dolo, nel qual caso ovviamente l'azione risarcitoria è totale. L'esecuzione della rivalsa, invece, se effettuata mediante trattenuta sullo stipendio non può comportare complessivamente il pagamento per rate mensili in misura superiore al terzo dello stipendio netto (attualmente non può superare un quinto).
  L'articolo 6 coordina la disciplina dell'azione disciplinare a carico del magistrato – conseguente all'azione di risarcimento intrapresa – con la soppressione del filtro di ammissibilità della domanda disposto dall'articolo 3, comma 2. È, in tal senso, espunto dal comma 1 dell'articolo 9 della legge Vassalli il riferimento al termine di due mesi dalla comunicazione del tribunale distrettuale (che dichiara ammissibile la domanda di risarcimento) entro il quale il Procuratore Generale della cassazione deve proporre l'azione disciplinare.
  L'articolo 7, infine, prevede la responsabilità contabile per il mancato esercizio dell'azione di regresso dello Stato verso il magistrato, integrando con un comma aggiuntivo 2-bis l'articolo 13 della legge n. 117 relativo alla responsabilità civile per fatto costituente reato. Ai fini dell'accertamento di tale responsabilità, il comma 2-bis stabilisce, in capo al Presidente del consiglio e al Ministro della giustizia, oneri informativi annuali nei confronti della Corte dei conti in relazione alle condanne emesse nell'anno precedente per risarcimento del danno derivante da reato ed alle conseguenti azioni di regresso verso il magistrato.
  Formula, in conclusione, una proposta di parere favorevole sul provvedimento in esame.

  Rocco BUTTIGLIONE (PI-CD) esprime soddisfazione per i contenuti del provvedimento, che finalmente si avvia ad essere approvato in via definitiva, all'esito di un percorso particolarmente lungo e complesso. Richiama in proposito la sentenza della Corte di giustizia europea del giugno 2006 (Traghetti del Mediterraneo) e rileva che quando un magistrato, per evidente crassa ignoranza dei dati, per insufficiente studio delle carte o per errore manifesto di diritto, danneggia un cittadino, lo Stato è tenuto al risarcimento dei danni. Si tratta di una posizione che testimonia buon senso, senza esagerate penalizzazioni dei magistrati, ma che offre nel contempo ai cittadini una effettiva tutela nel caso di errori giudiziari inescusabili per dolo o ignoranza di diritto.
  Richiama, più in generale, il problema dell'uniformità del giudizio, sul quale auspica una riflessione approfondita.

Pag. 59

  Paolo TANCREDI (NCD) condivide le osservazioni del collega Buttiglione, ed esprime soddisfazione per il risultato ottenuto. Amareggia tuttavia dover constatare che si è dovuto scrivere, in un testo di legge, che «costituisce colpa grave la violazione manifesta della legge»; ciò anche alla luce delle contestazioni che tali disposizioni hanno suscitato.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

Norme recanti regime fiscale speciale in relazione ai rapporti con il territorio di Taiwan.
C. 2753 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni III e VI).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Giampiero GIULIETTI (PD), relatore, ricorda che il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 25 novembre scorso, disciplina i rapporti fiscali tra Italia e Taiwan con specifico riguardo all'applicazione delle imposte sul reddito.
  L'articolato tiene conto della mancanza di riconoscimento di Taiwan quale entità politica autonoma e, ispirandosi a modelli convenzionali accolti dall'OCSE, li adatta alle peculiarità dei sistemi fiscali dei due territori interessati (ad esempio con riguardo alla tassazione del reddito delle persone fisiche applicata sul territorio di Taiwan sulla base del principio di territorialità). Il varo della nuova disciplina dovrebbe agevolare l'inclusione del territorio predetto all'interno delle cosiddette white lists previste dalla legge n. 244/2007 e favorire la cooperazione in funzione della lotta all'evasione fiscale.
  Le disposizioni hanno altresì la finalità di eliminare le doppie imposizioni che penalizzano il pieno sviluppo delle relazioni economiche e commerciali tra i due territori; l'effetto giuridico, stante l'impossibilità di perfezionare una convenzione internazionale ad hoc, è la risultante dell'auto-delimitazione degli ambiti della potestà impositiva nazionale condizionata all'adozione, da parte di Taiwan, di una regolamentazione interna dai contenuti analoghi.
  Il disegno di legge è composto da 31 articoli.
  Gli articoli da 1 a 5 individuano l'ambito soggettivo di applicazione (le persone fisiche e quelle giuridiche residenti in uno o in entrambi i territori considerati) e quello oggettivo con riferimento alle imposte interessate (IRPEF, IRAP e IRES e gli omologhi tributi operanti nel territorio in cui si applica la legislazione fiscale amministrata dall'Agenzia fiscale di Taiwan, Ministero delle finanze, Taipei).
  L'articolo 6 definisce il criterio in base al quale i redditi che un residente di un territorio ritrae da beni immobili situati nell'altro territorio sono imponibili in quest'ultimo. È quindi definita l'espressione «beni immobili» e sono individuate le fattispecie equiparate.
  Ai sensi dell'articolo 7 gli utili d'impresa sono imponibili soltanto nello Stato di residenza dell'impresa stessa, fatto salvo il caso in cui l'impresa svolga la sua attività nell'altro territorio per il tramite di una stabile organizzazione. In quest'ultima ipotesi l'azienda verrà tassata secondo la disciplina fiscale vigente sul territorio in cui la stabile organizzazione è localizzata.
  L'articolo 8 considera gli utili derivanti dallo svolgimento del traffico internazionale di navi o di aeromobili, includendovi anche quelli ricavati dall'impiego, manutenzione o affitto di container, da parte di un'impresa di uno dei territori contraenti, disponendo che tali utili siano tassati unicamente nel territorio in cui è situata la sede di direzione effettiva dell'impresa di navigazione.
  L'articolo 9 fissa i criteri per la tassazione degli utili di imprese cosiddette associate. La norma prende in considerazione i casi in cui: a) una impresa di un territorio partecipa direttamente o indirettamente alla direzione, al controllo o al capitale di una impresa dell'altro territorio; b) le Pag. 60medesime persone partecipano direttamente o indirettamente alla direzione, al controllo o al capitale di una impresa di un territorio e di una impresa dell'altro territorio.
  Per questa tipologia di redditi l'articolo 10 prevede la tassazione nel territorio di residenza del percettore; tuttavia viene specificato che i dividendi possono comunque essere tassati anche nello territorio di residenza della società che li paga ma tale facoltà è prevista entro il limite del 10 per cento dell'ammontare lordo dei dividendi stessi se il percettore è l'effettivo beneficiario.
  L'articolo 11 riguarda il trattamento degli interessi, stabilendo che essi vengono tassati dal territorio di residenza del beneficiario effettivo, eccetto il caso in cui il soggetto percettore, residente di un territorio, svolga nell'altro territorio, un'attività, industriale o commerciale, per mezzo di una stabile organizzazione o una professione indipendente con base fissa nell'altro paese contraente, ed il credito generatore degli interessi si ricolleghi effettivamente a tale stabile organizzazione o base fissa.
  Per quanto riguarda i canoni, fermo restando il principio generale di imponibilità nel territorio di residenza del percipiente beneficiario effettivo, l'articolo 12 prevede la possibilità di tassazione anche nell'altro territorio, con aliquota di ritenuta alla fonte non superiore al 10 per cento dell'ammontare lordo dei redditi in oggetto.
  L'articolo 13 riguarda l'imposizione degli utili di capitale.
  L'articolo 14 stabilisce che, in generale, i redditi derivanti dall'esercizio di una professione indipendente siano soggetti ad imposizione nel territorio di residenza; è prevista la tassazione concorrente nel territorio in cui è prestata l'attività, nel caso in cui ci sia una base fissa per esercitare la professione o se il residente trascorre nell'altro territorio un numero di giorni superiore a 183 nel corso dell'anno.
  L'articolo 15 prevede la tassazione esclusiva di salari e stipendi nel territorio di residenza del lavoratore, a meno che l'attività non sia svolta nell'altro territorio.
  L'articolo 16 stabilisce che i compensi, i gettoni di presenza e le altre retribuzioni analoghe che un residente di un territorio riceve in qualità di membro del consiglio di amministrazione di una società residente dell'altro territorio sono imponibili in detto altro territorio.
  L'articolo 17 prevede che, in via generale, l'imposizione dei redditi di sportivi ed artisti avvenga nel territorio in cui si presta l'attività.
  L'articolo 18 dispone che le pensioni, ad eccezione di quelle corrisposte a dipendenti pubblici (di cui al successivo articolo 19, comma 2), vengano tassate nel territorio di residenza del beneficiario quando siano riferite ad un cessato impiego.
  L'articolo 19, comma 1, dispone che le remunerazioni pagate da un territorio, articolazione amministrativa o ente locale ad una persona fisica siano imponibili nel territorio che paga e riceve i servizi in corrispettivo delle remunerazioni stesse. Il comma 2, analogamente a quanto previsto dal comma 1, stabilisce che le pensioni erogate dai predetti soggetti sono imponibili nel territorio che paga e riceve i servizi in corrispettivo delle pensioni.
  Gli articoli 20 e 21 esentano dall'imposizione in un territorio le remunerazioni derivanti dall'attività di insegnamento e ricerca svolta (per periodi non superiori a due anni) da professori e insegnanti residenti nell'altro territorio e le somme ricevute per sopperire alle spese di mantenimento, d'istruzione o di formazione professionale nel primo territorio da studenti o apprendisti residenti nell'altro territorio.
  Ai sensi dell'articolo 22 i redditi diversi rispetto a quelli espressamente elencati sono in generale tassati esclusivamente nel territorio di residenza del percipiente.
  L'articolo 23 evidenzia le modalità con cui si elimina il fenomeno della doppia imposizione.
  L'articolo 24, al fine di evitare trattamenti discriminatori, a parità di situazioni, tra soggetti dei due territori prevede, Pag. 61al comma 1, che i «nazionali» di un territorio non possono essere assoggettati nell'altro territorio ad alcuna imposizione o obbligo ad essa relativo, diversi o più onerosi di quelli cui sono o potranno essere assoggettati i «nazionali» di detto altro territorio che si trovano nella stessa situazione.
  L'articolo 25 riconosce la possibilità di adire l'autorità competente del territorio in cui è residente (ossia il MEF – Dipartimento delle finanze per l'Italia ovvero il Direttore generale dell'agenzia fiscale per Taiwan) a chi ritiene che le misure adottate da uno o da entrambi i territori possano comportare nei suoi confronti una imposizione non conforme alle disposizioni in esame.
  L'articolo 26 disciplina, in termini generali, gli scambi di informazione che devono intercorrere tra le autorità competenti dei due territori al fine di favorire l'applicazione della disciplina che regola la potestà impositiva e delle disposizioni in commento nonché la lotta all'elusione ed all'evasione fiscale.
  L'articolo 27, comma 1, stabilisce che le imposte riscosse in un territorio mediante ritenuta alla fonte sono rimborsate a richiesta dell'interessato qualora il diritto di percepire tali imposte sia limitato dalle disposizioni di cui al testo in esame e il comma 2 contiene dettagli sulle istanze di rimborso.
  L'articolo 28 contiene norme con finalità antielusive; si dispone infatti che non si potranno utilizzare le agevolazioni previste se lo scopo principale di chi le invoca è quello di ottenere i benefici previsti dalla legge stessa.
  L'articolo 29 contiene alcune precisazioni relative agli articoli precedenti.
  L'articolo 30 dispone in merito alla decorrenza e all'eventuale cessazione di efficacia delle norme illustrate. In particolare, il comma 1 dispone che le norme decorrano dalla data in cui l'Ufficio Italiano di Promozione economica, commerciale e culturale a Taipei in Taiwan e l'Ufficio di Rappresentanza di Taipei in Italia si comunicano l'avvenuta emanazione da parte dei rispettivi territori di analoghe disposizioni interne volte ad evitare doppie imposizioni e a prevenire le evasioni fiscali.
  L'articolo 31 indica l'ammontare degli oneri associati al provvedimento, pari a 384.000 euro a decorrere dal 2015, e provvede alla copertura.

  Rocco BUTTIGLIONE (PI-CD) osserva come il disegno di legge in esame ricalchi la struttura di tutti i provvedimenti di questo tipo, che hanno il difetto a suo avviso di considerare che i redditi siano sempre prodotti in un luogo determinato. Ciò confligge con l'enorme sviluppo del commercio elettronico – pari attualmente a circa il 30 per cento di tutto il commercio europeo – che produce redditi non fiscalmente imputati e determina nuove tipologie di evasione fiscale. Riterrebbe opportuno sottolineare il rilievo, nel parere che la Commissione si accinge ad esprimere, di tale aspetto.

  Paolo TANCREDI (NCD) pur condividendo l'osservazione dell'onorevole Buttiglione, sottolinea come sia difficile, in un trattato bilaterale, includere le considerazioni evidenziate, che dovrebbero più propriamente essere oggetto di una normativa sovranazionale.

  Giampiero GIULIETTI (PD), relatore, ritiene che l'osservazione formulata dall'onorevole Buttiglione possa essere richiamata nelle premesse al parere e formula quindi in tal senso una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di collaborazione strategica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, fatto a Roma il 6 febbraio 2010.
C. 2752 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

Pag. 62

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Vanessa CAMANI (PD), relatore, ricorda che l'Accordo di collaborazione strategica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, firmato a Roma il 6 febbraio 2010, si inserisce nell'ambito degli intensi rapporti bilaterali che trovano fondamento in numerose intese di cooperazione nei settori di reciproco interesse, già promosse dalle Amministrazioni tecniche dei settori interessati anche attraverso scambi di visite.
  In particolare, l'Accordo è volto al rafforzamento delle relazioni italo-montenegrine accelerando le iniziative di collaborazione in settori quali infrastrutture, investimenti, energia, turismo, tutela dell'ambiente, lotta alla criminalità organizzata, cooperazione scientifica e tecnologica, istruzione, sanità nonché cooperazione regionale. Nel contesto di tale collaborazione, l'Italia continuerà a sostenere l'impegno del Montenegro nel percorso di adesione all'Unione Europea ed alla NATO.
  A tale proposito, il vice ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, intervenendo presso l'Assemblea del Senato nel corso dell'esame del disegno di legge di ratifica (AS 1314), dopo aver rammentato che il Montenegro ha già ratificato l'Accordo in esame, ha evidenziato la determinazione di Podgorica per l'allineamento e l'integrazione con l'UE e con la NATO che l'ha vista intraprendere un convincente cammino verso le riforme.
  Un recente punto di situazione nel cammino del Montenegro verso l'integrazione europea è stato fatto, il 21 novembre 2014, dal Commissario per la politica di vicinato e i negoziati per l'allargamento Johannes Hahn in visita al Parlamento montenegrino. In quella sede egli ha ribadito, tra il resto, la necessità di politiche di sostegno allo sviluppo economico attraverso riforme appropriate e dell'allineamento della legislazione del Montenegro agli standard comunitari, obiettivo, quest'ultimo, indubbiamente agevolato – ha sottolineato Hahn – dal forte sostegno bipartisan all'integrazione europea presente nel Paese.
  Con riferimento al contenuto, l'Accordo consta di una premessa ed otto articoli.
  L'articolo 1 individua le linee di sviluppo della collaborazione strategica bilaterale: in particolare, il rafforzamento dei meccanismi di consultazione in materia di integrazione europea ed euroatlantica andrà realizzato ai sensi del Memorandum di collaborazione tra i Ministeri degli affari esteri italiano e montenegrino firmato a Roma il 25 luglio 2007, mentre specifiche intese individueranno programmi e progetti afferenti alle seguenti linee di collaborazione:
   incoraggiamento della cooperazione economica e degli investimenti (ricordo che secondo dati ISTAT relativi al primo semestre 2013 l'interscambio commerciale bilaterale si è attestato a 92 milioni di euro con un saldo a favore dell'Italia di 54 milioni; l'export italiano, nel medesimo periodo, con un valore assoluto di 73 milioni di euro ha segnato un +24,9 per cento rispetto al primo semestre 2012 laddove le importazioni (19 milioni) hanno accusato un decremento del 33,1 per cento;
   costruzione ed ammodernamento di infrastrutture;
   sviluppo del settore energetico;
   sviluppo del turismo sulla base di principi di sostenibilità e di «economia verde»;
   sviluppo di reti di trasporti;
   promozione della cooperazione scientifica e tecnologica, nel campo dell'istruzione;
   promozione di progetti nel settore della tutela ambientale e dello sviluppo sostenibile;
   rafforzamento della cooperazione nella lotta alla criminalità organizzata, alla corruzione, al riciclaggio, alle attività di traficking e al cybercrime;Pag. 63
   cooperazione nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale;
   cooperazione nel campo della formazione e specializzazione professionale;
   sviluppo della sanità;
   sviluppo delle discipline sportive;
   sostegno alla cooperazione bi e multilaterale nella regione anche attraverso il sostegno ad organismi quali l'Iniziativa Adriatico Ionica (IAI) e l'Iniziativa per il Centro Europa (InCE).

  Nel contesto della collaborazione strategica, che le parti si impegnano a sviluppare anche attraverso strumenti di assistenza previsti dall'UE, l'Italia continuerà a sostenere l'impegno del Montenegro nel processo di adesione all'Unione europea ed alla NATO (articolo 2).
  L'articolo 3 prevede la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni competenti di entrambe le Parti e di esperti alla realizzazione dei programmi e dei progetti di collaborazione bilaterale.
  Con l'articolo 4 viene istituito il Comitato congiunto composto da rappresentanti degli organi competenti delle due Parti, che si riunirà almeno due volte all'anno alternativamente in Italia ed in Montenegro è incaricato di coordinare, proporre e seguire la realizzazione dei singoli programmi e progetti di collaborazione.
  L'articolo 5 prevede che si tengano annuali incontri bilaterali dei Capi di Governo o dei Ministri competenti finalizzati alla discussione del rapporto del Comitato congiunto sulla realizzazione di programmi e progetti di collaborazione strategica nonché per discutere sugli ulteriori sviluppi in materia.
  In linea con quanto stabilito dal Memorandum di collaborazione tra i due Ministeri degli affari esteri del 2007, già citato, sono previste consultazioni periodiche di esperti in materia di questioni bilaterali ed internazionali, europee o regionali di comune interesse (articolo 6).
  Ai sensi dell'articolo 7 l'Accordo, che è concluso a tempo indeterminato, potrà essere modificato consensualmente dalle Parti nonché denunciato in ogni momento. Per le controversie che non potessero essere risolte dal Comitato congiunto si ricorrerà alle vie diplomatiche (articolo 7).
  L'Accordo entrerà in vigore alla data di ricezione della seconda delle due notifiche di espletamento delle procedure di ratifica (articolo 8).
  Quanto al disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo, che il Senato della Repubblica ha approvato il 26 novembre scorso (AS 1314), si compone di quattro articoli.
  Gli articoli 1 e 2 contengono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo.
  L'articolo 3 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'Accordo. Il comma 1 individua gli oneri del provvedimento in euro 620 a decorrere dal 2014. Il comma 4 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
  Gli oneri finanziari derivanti dall’ attuazione dell'Accordo sono dettagliati nella relazione tecnica.
  La neutralità finanziaria di tutte le attività delineate dall'Accordo, atteso il carattere programmatico delle medesime nonché la loro riconducibilità al quadro di cooperazione bilaterale già delineato dal più volte rammentato Memorandum di collaborazione tra i due Ministeri degli affari esteri del 2007, neutralità già esplicitata nella relazione tecnica, è stata ribadita anche nel corso dell'esame in sede consultiva presso la Commissione bilancio del Senato dal rappresentante del Governo (seduta del 30 ottobre 2014).
  L'articolo 4, infine, dispone l'entrata in vigore della legge per il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  Formula in conclusione una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

Pag. 64

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo bilaterale tra Italia e Montenegro aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, finalizzato ad agevolarne l'applicazione, fatto a Podgorica il 25 luglio 2013 e dell'Accordo bilaterale tra Italia e Montenegro aggiuntivo alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, inteso a facilitarne l'applicazione, fatto a Podgorica il 25 luglio 2013.
C. 2756 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Antonino MOSCATT (PD), relatore, evidenzia che i due provvedimenti in esame – che la XIV Commissione esamina ai fini del parere da rendere alla Commissione Affari esteri – sono finalizzati al rafforzamento della cooperazione tra Italia e Montenegro in materia di estradizione e di assistenza giudiziaria in ambito penale.
  In particolare, con l'Accordo bilaterale tra Italia e Montenegro aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, finalizzato ad agevolarne l'applicazione, fatto a Podgorica il 25 luglio 2013, le Parti intendono intensificare la lotta alla criminalità ed al terrorismo attraverso una puntuale disciplina della materia dell'estradizione dei cittadini e del transito degli stessi sul territorio per le ipotesi in cui un cittadino consegnato da uno Stato terzo ad uno dei due Stati contraenti debba transitare sul territorio degli stessi.
  L'intesa si rende necessaria in quanto il Montenegro, che ha ratificato il 30 settembre 2002 la Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 (che è in vigore nel Paese dal 6 giugno 2006) non avendo tuttavia revocato la dichiarazione resa dalla Repubblica Federale di Jugoslavia del 30 settembre 1992 in relazione a taluni articoli della Convenzione, attualmente rifiuta l'estradizione ed il transito dei propri cittadini. Quanto all'Italia, il nostro Paese ha ratificato la Convenzione il 6 agosto 1963.
  Con riferimento al contenuto, l'Accordo sull'estradizione si compone di tre articoli preceduti da una breve introduzione.
  L'articolo 1, che dispone in materia di estradizione dei cittadini, prevede la facoltà delle Parti di estradare reciprocamente i propri cittadini e fa espresso riferimento sia all'estradizione processuale, fondata su misure cautelari, sia a quella esecutiva, basata su decisioni passate in giudicato. Nel primo caso, la facoltà di estradare i cittadini è prevista solo per quei reati sanzionabili con una pena detentiva pari o superiore a cinque anni (la determinazione di tale limite di pena – si legge nella relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge presentato al Senato (A.S. 1532) – è stata espressamente richiesta dalla Parte montenegrina). Lo stesso limite dei cinque anni di pena detentiva è stato previsto anche per il caso di estradizione esecutiva. È stata inoltre prevista, per il caso di stradizione processuale, la facoltà di condizionare la consegna del cittadino alla sua restituzione allo Stato richiesto, affinché possa ivi scontarvi la pena inflitta all'esito del procedimento penale celebrato nello Stato richiedente. Quando la richiesta di estradizione sia avanzata in relazione a due o più reati, ciascuno dei quali costituisce reato secondo la legge di entrambe le Parti, lo Stato richiesto può accordare l'estradizione a condizione che almeno uno di tali reati sia sanzionabile con una pena pari o superiore a cinque anni.
  L'articolo 2 disciplina il transito sul territorio di una delle Parti contraenti in maniera conforme a quanto previsto dalla Convenzione europea di estradizione.
  Ai sensi dell'articolo 3, infine, le Parti dovranno sottoporre l'Accordo a procedura di ratifica in conformità delle proprie legislazioni; esso entrerà in vigore il sessantesimo giorno dopo la data di ricezione dell'ultima delle due notifiche. È previsto che l'Accordo, modificabile in forma scritta, abbia durata illimitata, salva la possibilità di ciascuna Parte di recedere in qualsiasi momento. L'Accordo si applica alle richieste di estradizione Pag. 65presentate dopo la sua entrata in vigore anche se riferite a reati commessi prima di tale data.
  Quanto all'Accordo bilaterale tra Italia e Montenegro aggiuntivo alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, inteso a facilitarne l'applicazione, fatto a Podgorica il 25 luglio 2013, esso rientra tra gli strumenti finalizzati all'intensificazione ed alla regolamentazione dei rapporti di cooperazione posti in essere dall'Italia con l'obiettivo di migliorare la cooperazione giudiziaria internazionale e rendere più efficace, nel settore giudiziario penale, il contrasto al fenomeno della criminalità transnazionale. L'Italia ha ratificato la Convenzione europea del 1959 il 23 agosto 1961.
  L'Accordo sull'assistenza giudiziaria in materia penale si compone di una breve introduzione e sei articoli.
  L'articolo 1 prevede che le Parti si impegnino a prestarsi reciprocamente la più ampia assistenza giudiziaria in materia penale e ne indica gli ambiti con riferimento, in particolare, alla notificazione degli atti giudiziari, all'assunzione di testimonianze o di dichiarazioni, all'assunzione e trasmissione di perizie, all'acquisizione di documenti, all'invio di documenti, atti ed elementi di prova, alla ricerca ed identificazione di persone, al trasferimento di persone detenute al fine di rendere testimonianza o di partecipare ad altri atti processuali, all'esecuzione di ispezioni giudiziarie o all'esame di luoghi o di oggetti, all'esecuzione di indagini, perquisizioni, congelamenti, sequestri e confische di beni pertinenti al reato e dei proventi di reato, alla comunicazione dell'esito di procedimenti penali, alla trasmissione di sentenze penali e di informazioni estratte da archivi giudiziari, allo scambio di informazioni in materia di diritto.
  L'esecuzione della richiesta di assistenza e l'eventuale rinvio della stessa sono disciplinati dall'articolo 2, ai sensi del quale le Parti si impegnano a collaborare tempestivamente in conformità alla legislazione dello Stato richiesto.
  Con l'articolo 3 vengono disciplinate le modalità di trasmissione delle richieste di assistenza giudiziaria, attraverso il contatto diretto tra le competenti autorità giudiziarie ed il coinvolgimento formale dell'Autorità centrale.
  L'articolo 4 disciplina analiticamente il ricorso ai collegamenti in videoconferenza per l'assunzione di testimonianze, di dichiarazioni e per l'espletamento di interrogatori, previo accordo specifico tra gli Stati e compatibilmente con la rispettiva legislazione e con le capacità tecniche di ciascuno Stato.
  L'articolo 5 dispone in materia di accertamenti bancari e finanziari prevedendo che, su domanda dello Stato richiedente, lo Stato richiesto debba effettuare accertamenti sui rapporti bancari, finanziari e di conto corrente che una persona fisica o giuridica, sottoposta a procedimento penale dalle autorità giudiziarie dello Stato richiedente, intrattiene sul territorio dello Stato richiesto, senza che possano essere da quest'ultimo opposti motivi di segreto bancario.
  L'articolo 6, infine, stabilisce che le Parti sottopongano l'Accordo a procedura di ratifica in conformità delle proprie legislazioni e che esso entri in vigore il sessantesimo giorno dopo la data di ricezione dell'ultima delle due notifiche. È previsto che l'Accordo, modificabile in forma scritta, abbia durata illimitata, salva la possibilità di ciascuna Parte di recedere in qualsiasi momento.
  Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dei due Accordi Italia-Montenegro si compone di quattro articoli.
  Gli articoli 1 e 2 contengono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione degli Accordi.
  L'articolo 3 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dagli Accordi.
  Il comma 1 individua gli oneri derivanti dall'attuazione dell'Accordo di estradizione indicandoli nella cifra di 4.545,40 cui si aggiungono ulteriori euro 5.000 per un totale di euro 9.545,40 a decorrere dal 2014 (la relazione tecnica precisa che euro 4.545,40 sono da imputare alle spese di Pag. 66viaggio per estradandi ed accompagnatori mentre euro 5.000 sono correlati a spese per la traduzione di atti e documenti).
  Il comma 3 individua gli oneri derivanti dall'attuazione dell'Accordo di assistenza giudiziaria in materia penale nella cifra di euro 5.115,40 cui si aggiungono ulteriori euro 20.360 per un totale di euro 25.475,40 a decorrere dal 2014.
  L'articolo 4, infine, dispone l'entrata in vigore della legge per il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  Formula in conclusione una proposta di parere favorevole.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 14.20.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Martedì 16 dicembre 2014. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.20.

Relazione annuale 2013 sui rapporti tra la Commissione europea e i Parlamenti nazionali.
COM(2014)507 final.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e conclusione – Approvazione documento finale).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta dell'11 dicembre 2014.

  Paolo TANCREDI (NCD), relatore, formula una proposta di documento finale (vedi allegato 3) che illustra nel dettaglio.

  Roberto OCCHIUTO (FI-PdL) sottolinea come nella proposta di documento finale si auspica l'intervento dei Commissari europei presso gli organi dei Parlamenti nazionali quando questi discutano proposte legislative o altri documenti della Commissione europea di particolare rilievo. Si chiede tuttavia se non si debba nel contempo porre un argine a tali comunicazioni che si potrebbero configurare, in alcuni casi, come ingerenze rispetto alle decisioni del Parlamento nazionale, quando queste ultime riguardano, ad esempio, il bilancio o la legge di stabilità.

  Rocco BUTTIGLIONE (PI-CD) condivide quanto segnalato dal collega Occhiuto e rileva che, da ultimo, si è appresa la notizia di una lettera inviata dal Commissario europeo all'economia Moscovici alla Presidente della Camera proprio riguardante il disegno di legge di stabilità. Ritiene che si tratti di una modalità di comunicazione irrituale, che potrebbe effettivamente configurarsi come un'ingerenza rispetto al lavoro parlamentare e che, in ogni caso, avrebbe meritato di essere trasmessa direttamente ai Presidenti delle Commissioni parlamentari competenti.

  Michele BORDO, presidente, precisa che la lettera è stata trasmessa dalla Presidente della Camera al Presidente della V Commissione Bilancio, competente in materia.

  Rocco BUTTIGLIONE (PI-CD) si chiede se sia stato corretto investire della questione unicamente la V Commissione e non anche la XIV Commissione, competente per le valutazioni generali di politica europea.

  Adriana GALGANO (SCpI) ringrazia il relatore per l'approfondito lavoro svolto, ma sottolinea l'opportunità di rendere maggiormente incisive le osservazioni formulate nella proposta di documento finale, anche a tal fine sostituendo l'attuale forma condizionale con l'indicativo presente, che farebbe apparire meno timidi gli auspici espressi.
  Riterrebbe inoltre opportuno, anche alla luce dei contenuti dell'articolo 55 della proposta di riforma della Costituzione, da ultimo oggetto di discussione in XIV Commissione, inserire una ulteriore Pag. 67osservazione che sottolinei la necessità che le Camere destinatarie delle comunicazioni da parte della Commissione europea siano esclusivamente le Camere elette.
  Condivide infine quanto segnalato dall'onorevole Buttiglione circa l'opportunità di una trasmissione anche alla XIV Commissione della lettera del Commissario Moscovici.

  Paolo TANCREDI (NCD) non ritiene condivisibili le osservazioni formulate dai colleghi. Precisa innanzitutto che la Comunicazione in esame non è un provvedimento legislativo bensì un atto dell'Unione europea, ormai definito, rispetto al quale la XIV Commissione è chiamata ad esprimere una valutazione e sul quale sarebbe inappropriato formulare condizioni.
  Quanto alla lettera del Commissario Moscovici, questa non riguarda affatto il dialogo politico fra Parlamenti – oggetto della Comunicazione in esame – ma interviene nel quadro delle procedure del semestre europeo. In tal senso la lettera è stata correttamente trasmessa dalla presidenza della Camera alla Commissione Bilancio che è competente per tali profili. Se si sostiene che la lettera avrebbe dovuto essere trasmessa anche alla nostra Commissione, ciò equivale a dire che tutta l'interlocuzione relativa alle politiche di bilancio dovrebbe coinvolgere la XIV Commissione.

  Michele BORDO, presidente, richiama i colleghi all'esame dei contenuti dell'Atto in titolo, condividendo le precisazioni fornite dal relatore. Sottolinea come, in altra sede, si potrà avviare una riflessione sulle attuali competenze delle Commissioni permanenti.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di documento finale formulata dal relatore.

Relazione annuale 2013 della Commissione europea in materia di sussidiarietà e proporzionalità.
COM(2014)506 final.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e conclusione – Approvazione documento finale).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta dell'11 dicembre 2014.

  Maria IACONO (PD), relatore, formula una proposta di documento finale (vedi allegato 4) che illustra nel dettaglio.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di documento finale formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 14.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.40 alle 14.45.

Pag. 68