CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 3 dicembre 2014
349.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per le questioni regionali
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 3 dicembre 2014. — Presidenza del vicepresidente Raffaele RANUCCI. – Intervengono il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, e il sottosegretario di Stato per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento Luciano Pizzetti.

  La seduta comincia alle 8.

Revisione della parte seconda della Costituzione.
C. 2613 cost. Governo, approvato, in prima deliberazione, dal Senato.

(Parere alla I Commissione della Camera).
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 26 novembre 2014.

  Il presidente Raffaele RANUCCI, relatore, ringrazia il ministro Boschi e il sottosegretario Pizzetti per la loro presenza.

  Il senatore Gianpiero DALLA ZUANNA (PD) chiede al ministro di chiarire se la volontà del Governo sia quella di ridimensionare il ruolo delle regioni nel nuovo assetto di poteri perseguito con la riforma costituzionale in esame, come potrebbe sembrare da alcune dichiarazioni rese agli organi di informazione dal presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi.

  Il deputato Florian KRONBICHLER (SEL) dichiara che, sebbene l'articolo 38, comma 1, del disegno di legge approvato dal Senato chiarisca che la riforma del titolo V non si applica alle autonomie speciali fino all'adeguamento dei rispettivi statuti, da realizzare sulla base di intese tra lo Stato e le stesse autonomie, nondimeno anche le autonomie speciali condividono la preoccupazione da più parti manifestata per il futuro del ruolo delle regioni in Italia. Nel sottolineare come sia ingiusto considerare l'autonomia regionale Pag. 159come causa di certi sprechi di danaro pubblico, esprime l'auspicio che la riforma in discussione non segni un passo indietro o un'inversione di marcia nel cammino verso il federalismo.

  Il senatore Mario DALLA TOR (NCD) esprime l'auspicio che le riforme costituzionali in esame, che condivide e per le quali ha votato favorevolmente al Senato, siano l'occasione per realizzare un riequilibrio di poteri e di opportunità tra le regioni a statuto speciale e le regioni a statuto ordinario. Ricorda che queste ultime, soprattutto quando – come la sua regione, il Veneto – sono al confine di regioni a statuto speciale, patiscono fortemente la disparità di trattamento e sottolinea che le tensioni che si generano sono a volte tali da mettere a rischio la tenuta sociale sui territori.

  Il deputato Albrecht PLANGGER (Misto-Min.Ling.) sottolinea che le autonomie speciali non beneficiano di nessuna condizione di privilegio o trattamento normativo di favore, come emerso anche nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul regionalismo ad autonomia differenziata, e anzi dal 2009 contribuiscono attivamente in termini finanziari alla perequazione. Ritiene quindi che l'obiettivo non debba essere quello di ridimensionare le autonomie speciali, quanto piuttosto di rafforzare le autonomie ordinarie. Si dice pertanto deluso dal fatto che la Conferenza delle regioni e delle province autonome, nell'audizione svolta davanti alla Commissione affari costituzionali della Camera, non abbia affrontato il tema delle competenze delle regioni, bensì solo quello delle risorse finanziarie.

  Il senatore Daniele Gaetano BORIOLI (PD) richiama le proposte di modifica del testo legislativo in esame formulate dall'ANCI. In particolare, ritiene meritevole di approfondimento la proposta di includere di diritto tra i senatori i sindaci delle città metropolitane. A suo avviso, tale previsione andrebbe abbinata alla espressa attribuzione alle città metropolitane delle funzioni che sui territori metropolitani devono essere esercitate in modo unitario, a cominciare da quella della raccolta di rifiuti. Meno convincente, a suo avviso, è la proposta di includere di diritto tra i senatori anche i sindaci dei comuni capoluogo di regione, quando questi non siano città metropolitane.
  Parimenti meritevole di attenzione, a suo giudizio, è la proposta dell'ANCI di includere tra le materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato anche la determinazione dei principi fondamentali dell'ordinamento delle funzioni e delle forme associative dei comuni anche di area vasta. È infatti giusto che le regioni dettino proprie norme in questo ambito, ma ciò dovrebbe avvenire in un quadro di principi unitario stabilito dalla legge dello Stato.

  Il deputato Gian Luigi GIGLI (PI), premesso di condividere l'impianto complessivo della riforma, esprime perplessità su alcuni punti specifici. In primo luogo, rileva che non è chiaro quale sia il mandato dei senatori appartenenti al nuovo Senato delle regioni, né quindi davanti a chi i senatori siano responsabili per le loro scelte. C’è infatti un sistema di elezione indiretta, che fa venire meno la responsabilità diretta di fronte al corpo elettorale, ma non c’è un mandato dei senatori a rappresentare la posizione della regione di elezione, come in altri sistemi federali. In secondo luogo, ritiene necessario chiarire il ruolo della Conferenza Stato-regioni, contemporaneamente assicurando agli esecutivi regionali di avere voce nel nuovo Senato; diversamente il rischio è che la Conferenza Stato-regioni entri in conflitto con il Senato, con conseguente rischio di paralisi del sistema. A suo avviso, la soluzione da perseguire è quella di prevedere che del Senato facciano parte di diritto i presidenti delle regioni, contemporaneamente ridimensionando il ruolo della Conferenza Stato-regioni, per evitare che si configuri come terza camera.

  La deputata Elisa SIMONI (PD), premesso di concordare con il deputato Gigli Pag. 160quanto all'opportunità di rivedere il ruolo della Conferenza Stato-regioni per evitare che interferisca con il nuovo Senato delle regioni, richiama l'attenzione sul fatto che si dovrebbe riportare alla competenza legislativa esclusiva dello Stato anche le politiche attive in materia di lavoro, onde evitare l'attuale frammentazione di competenze tra i diversi livelli di governo in materia di lavoro.

  Il deputato Giovanni MONCHIERO (SCpI) condivide la proposta di modifica del testo legislativo in esame formulata dall'ANCI con riferimento all'articolo 119 della Costituzione, con la quale si chiede di sopprimere la previsione in base alla quale gli enti locali di ciascuna regione possono ricorrere all'indebitamento solo «a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio». Si tratta di un inciso già contenuto nel testo vigente della Costituzione, a seguito della revisione disposta nel 2012, ma che a suo avviso è privo di senso, dal momento che ciascuno degli enti di una regione dovrebbe valutato per sé e che si dovrebbe quindi considerare se il singolo ente è o meno virtuoso in termini di bilancio.

  Il senatore Roberto RUTA (PD), premesso che la discussione al Senato è stata, a suo parere, animata, ma anche costruttiva, si chiede se non sia a questo punto il caso di essere più determinati e conseguenti e di sopprimere il Senato, passando al monocameralismo. È vero infatti che la doppia lettura delle leggi è stata pensata dai costituenti come momento di riflessione, ma è anche vero che oggi è diventata un ostacolo e un motivo di difficoltà per più ragioni. Si potrebbe quindi mantenerla solo per le leggi di riforma costituzionale, per esempio prevedendo che queste debbano essere approvate dalla Camera dei deputati in interlocuzione con un numero qualificato di consigli regionali. Si tratterebbe di un'innovazione in grado di razionalizzare e semplificare significativamente il sistema.

  La senatrice Manuela SERRA (M5S) esprime preoccupazione per la mancanza di chiarezza in merito alla titolarità delle competenze legislative e amministrative concernenti servizi della massima rilevanza per i cittadini, quali la sanità e l'istruzione, nei quali si registrano crescenti riduzioni dei livelli di prestazione del soggetto pubblico.

  Il ministro Maria Elena BOSCHI, nel ringraziare la Commissione per gli spunti di riflessione, rileva che la discussione svolta al Senato ha già dato risposta ad alcune delle questioni sollevate.
  Quanto alla possibilità che i presidenti delle regioni siano membri di diritto del Senato delle regioni, è noto che la proposta iniziale del Governo, contenuta nel testo del disegno di legge costituzionale depositato al Senato (S. 1429), era che i presidenti di regione e i sindaci dei comuni capoluogo di regione fossero senatori di diritto, in modo da assicurare il coinvolgimento degli esecutivi regionali nelle decisioni del nuovo Senato, e che la rappresentanza delle regioni fosse paritaria. Al Senato questa scelta del Governo è stata rivista alla luce dell'esigenza di rendere omogenea la legittimazione dei diversi senatori e si è quindi previsto che – a parte i senatori di nomina del Presidente della Repubblica – tutti i senatori siano eletti dai consigli regionali. Ritornare ora sulla scelta compiuta dal Senato è in astratto possibile, ma oggettivamente difficile, anche perché tale scelta si lega a quella, pure effettuata dal Senato, di determinare il numero dei senatori spettanti a ciascuna regione sulla base del parametro della proporzionalità della popolazione residente.
  Quanto al rapporto tra Senato delle regioni e Conferenza Stato-regioni, si tratta di un nodo che certamente va sciolto, anche se non nell'ambito delle riforme costituzionali, atteso che oggi la Conferenza Stato-regioni non è prevista direttamente dalla Costituzione e non c’è ragione per cambiare. Si potrà quindi provvedere con legge ordinaria, nella fase di attuazione della riforma costituzionale, Pag. 161una volta che questa sia approvata, soprattutto per ripensare il ruolo consultivo della Conferenza Stato-regioni sui progetti di legge, onde evitare che il dibattito in quella sede si sovrapponga a quello che avverrà nel nuovo Senato delle regioni.
  Quanto alla sorte del sistema regionale e al ruolo delle regioni, sottolinea che, se è vero che il riparto di competenze legislative tra lo Stato e le regioni è stato rivisto nel senso di riportare alla competenza dello Stato tutta una serie di materie e di superare la legislazione concorrente, è anche vero però che l'apporto delle regioni al procedimento legislativo viene recuperato immettendo le regioni direttamente in Parlamento, mediante l'elezione dei senatori. D'altronde, sempre nell'ottica di un regionalismo cooperativo, riportare alla competenza dello Stato una serie di materie attualmente attribuite alla legislazione concorrente o residuale delle regioni si rende necessario per fare chiarezza quanto alla titolarità delle competenze e delle funzioni nelle diverse materie, e quindi anche per ridurre l'alto contenzioso tra Stato e regioni davanti alla Corte costituzionale.
  Quanto al rischio che i senatori eletti dalle regioni non si coordino con queste ultime, si tratta senza dubbio di una incognita e di una scommessa. Non si è voluto seguire l'esempio del sistema federale tedesco, nel quale i rappresentanti del Bundesrat sono vincolati dal mandato dei Länder di riferimento, ma certamente molto dipenderà da come si delineerà il rapporto tra senatori e regioni di elezione. Personalmente, ritiene difficile che al Senato si creino raggruppamenti su base partitica o comunque di indirizzo politico nazionale, anziché su base territoriale. In ogni caso, il superamento del bicameralismo paritario dovrebbe impedire che si arrivi a una contrapposizione tra Camera e Senato tale da bloccare l’iter dei provvedimenti.
  Quanto al riparto di competenze legislative tra lo Stato e le regioni, rileva che gli emendamenti all'articolo 117 non sono stati ancora esaminati dalla Commissione affari costituzionali della Camera. Premesso che personalmente concorda sul fatto che le politiche attive del lavoro dovrebbero essere riportate alla competenza legislativa dello Stato, ricorda che sono stati presentati emendamenti su questo punto e suggerisce di attendere la discussione che avrà luogo sul tema nella Commissione di merito.
  Quanto all'opzione monocamerale, osserva che essa era in teoria perseguibile, ma il Governo e la maggioranza hanno scelto un'opzione diversa, che mantiene il bicameralismo, anche se non più su un piano di parità tra le due Camere, di modo che rimettere in discussione questa scelta non è ora possibile, anche perché senza il Senato verrebbe meno la sede di partecipazione delle regioni al procedimento legislativo nazionale.
  Quanto alle materie dell'istruzione e della sanità, la scelta del Senato, condivisa dal Governo, è stata quella di mantenerle attribuite in larga misura alla competenza delle regioni. Fermo restando che deve spettare allo Stato determinare i principi fondamentali per assicurare l'uniformità dei servizi sul territorio nazionale, si è lasciato alle regioni il potere di adottare proprie normative di dettaglio, per assicurare soluzioni differenziate e adeguate di volta in volta ai diversi contesti territoriali di riferimento.
  Sul rapporto tra autonomie speciali e autonomie regionali, sottolinea come la posizione del Governo e della maggioranza sia chiara. Non si intende mettere in discussione il regime di autonomia regionale, ma ci si aspetta che le regioni a statuto speciale e le province autonome facciano la loro parte collaborando ad adeguare i propri statuti alla riforma costituzionale, nello spirito della leale collaborazione tra i livelli di governo; e proprio in questo spirito il Governo non ha ritenuto opportuno accogliere la proposta contenuta nel parere espresso dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali al Senato l'11 giugno scorso, nella parte in cui chiedeva di stabilire un termine per l'adeguamento delle regioni a statuto speciale alle disposizioni del nuovo titolo V.Pag. 162
  In relazione all'articolo 119 della Costituzione, sottolinea che, a prescindere dalle diverse questioni che si possono porre, l'intendimento del Governo è che lo Stato abbia gli strumenti per assicurare il rispetto dei risultati dei quali lo Stato stesso è responsabile in sede internazionale, e precisamente di fronte alle istituzioni europee. Con il meccanismo dell'autonomia differenziata previsto dall'articolo 116, si intende valorizzare l'autonomia delle regioni, ma si chiede in cambio che queste dimostrino, anche assicurando l'equilibrio di bilancio, di poter essere autonome. Nello stesso senso va la previsione di cui al nuovo articolo 120, in cui si prevede che la legge stabilisca i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali dall'esercizio delle rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell'ente. Si tratta di una previsione volta a responsabilizzare gli amministratori regionali e locali, a fronte dei poteri loro attribuiti, come quello di imporre tributi ai sensi dell'articolo 119.

  Il presidente Raffaele RANUCCI, relatore, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta, ricordando che alle ore 14 di oggi si terrà l'audizione informale di rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.

  La seduta termina alle 8.55.

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 3 dicembre 2014.

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nell'ambito dell'attività istruttoria connessa all'esame, in sede consultiva, del disegno di legge del Governo C. 2613 cost., approvato, in prima deliberazione, dal Senato, recante «Revisione della parte seconda della Costituzione».

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14 alle 14.45.