CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 29 ottobre 2014
324.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
COMUNICATO
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ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 96-BIS, COMMA 1, DEL REGOLAMENTO

  Mercoledì 29 ottobre 2014. — Presidenza del presidente Marcello TAGLIALATELA.

  La seduta comincia alle 14.50.

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile.
C. 2681 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla Commissione II).
(Esame e conclusione – Parere con condizioni e osservazioni).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Aniello FORMISANO, relatore, illustra brevemente il provvedimento in esame, soffermandosi in particolare sulle modifiche introdotte al Senato.
  Passa quindi ad illustrare la seguente proposta di parere:

  «Il Comitato per la legislazione,
   esaminato il disegno di legge n. 2681 e rilevato che:
   il decreto-legge, approvato dal Consiglio dei ministri nella riunione del 29 agosto 2014, è stato emanato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale a distanza di 14 giorni, il 12 settembre 2014;
   esso reca un contenuto omogeneo, volto ad introdurre innovazioni nel processo civile, e complessivamente unificato dalla finalità di ridurre il contenzioso civile, di accelerarne i tempi nonché di incrementarne la funzionalità (ciò con particolare riferimento al processo di esecuzione forzata e alle procedure concorsuali). In chiave teleologica, appaiono dunque riconducibili alle predette finalità anche la previsione dell'articolo 21, in tema di tramutamenti dei magistrati (la quale è applicabile non solo ai magistrati civili, ma anche a quelli penali), nonché, in parte, le disposizioni, introdotte al Senato, di cui all'articolo 21-bis, comunque correlabili Pag. 4alla materia, con le quali vengono ripristinati i giudici di pace di Ostia e di Barra e vengono conseguentemente aggiornate le relative tabelle (anche in questo caso, con effetti sui procedimenti sia civili sia penali);
   il titolo ed il preambolo del decreto fanno riferimento esplicito al solo processo civile, mentre diverse disposizioni hanno effetto anche in ambito penale (oltre a quelle sopra menzionate, anche quelle relative alle ferie dei magistrati). Inoltre esso reca l'espressione “degiurisdizionalizzazione”, non presente nell'ordinamento e non definita nel testo del provvedimento;
   il decreto reca numerose norme, per lo più di carattere ordinamentale, destinate ad acquistare efficacia in tempi successivi rispetto all'entrata in vigore della norma, in genere a decorrere dal trentesimo o dal novantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione (articoli: 3, comma 8; 12, comma 7; 13, comma 2; 14, comma 2; 17, comma 2; 18, comma 3; 19, comma 6-bis; 20, commi 5 e 6), in un caso, relativo alle ferie dei magistrati, a decorrere dall'anno 2015 (articolo 16, comma 3) e, quanto alla nota di iscrizione a ruolo con modalità telematiche, a decorrere dal 31 marzo 2015 (articolo 18, comma 4); per tali disposizioni la rispondenza al requisito (previsto dall'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988) della “immediata applicabilità” delle misure disposte dal decreto, va comunque valutata anche tenendo conto di alcuni elementi obiettivi quali: a) in molti casi, di eventuali effetti intermedi e della tempistica di adempimenti previsti (che, nei casi di specie non sono espressamente indicati ma solo implicitamente previsti); b) come specificato nella relazione illustrativa relativamente alla riforma delle spese processuali (ma con osservazione applicabile anche ad altri casi), dell'affidamento delle parti che intendono introdurre il giudizio circa le discipline che saranno applicabili al caso; c) relativamente alle ferie dei magistrati, come esplicitato nella relazione illustrativa predisposta dal Governo, del “principio costituzionale di tutela dei diritti quesiti [secondo il quale] il montante ferie maturato nell'annualità 2014 va computato secondo la disciplina previgente”;
   in due circostanze, il decreto apporta modificazioni a una fonte normativa di rango subordinato, integrando una modalità di produzione legislativa che, secondo i costanti indirizzi del Comitato, non appare conforme alle esigenze di coerente utilizzo delle fonti, in quanto può derivarne l'effetto secondo cui atti non aventi forza di legge presentano un diverso grado di resistenza ad interventi modificativi successivi (si veda il punto 3, lettera e), della circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001). Ciò si riscontra all'articolo 6, comma 5, e all'articolo 12, comma 5, che novellano il decreto del Presidente della Repubblica. n. 396 del 2000, regolamento sullo stato civile, per coordinarlo con le modificazioni introdotte in materia di separazione personale e di divorzio;
   il parere reso dal Consiglio Superiore della Magistratura il 9 ottobre 2014 segnala taluni profili problematici in ordine al coordinamento del decreto-legge con la normativa vigente, evidenziando, in particolare, che esso si aggiunge ai molteplici interventi sul codice di procedura civile già effettuati negli ultimi anni (e dettagliatamente richiamati), introducendo nuovi istituti (come la procedura di negoziazione assistita e la traslacio iudicii in sede arbitrale) che “rappresentano una sorta di duplicazione di strumenti processuali già esistenti e rispetto ai quali, peraltro, è anche forte il rischio di sovrapposizione”;
   in particolare, problemi di coordinamento con le fonti vigenti, alcuni dei quali potenzialmente idonei ad ingenerare dubbi interpretativi ed applicativi, sono riscontrabili:
    a) all'articolo 1, in tema di trasferimento di procedimenti alla sede arbitrale, ove:
     il comma 1 permette di promuovere un procedimento arbitrale “a norma Pag. 5delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile”;
     il comma 2 deferisce la nomina (e, se le parti non sono concordi, anche l'individuazione) degli arbitri o dell'arbitro al presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati del circondario, effettuando così una deroga tacita all'articolo 810 del codice di procedura civile secondo il quale, in generale, la nomina è fatta dal presidente del tribunale;
     conseguentemente, per effetto di un incompleto coordinamento con le altre disposizioni del titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile che attribuiscono alcuni poteri al presidente del tribunale, il decreto non chiarisce espressamente se, nel caso degli arbitrati promossi ai sensi del decreto medesimo, tali poteri restino attribuiti al presidente del tribunale oppure se essi siano deferiti al presidente del consiglio dell'ordine: si tratta in particolare degli articoli 809 (sulla nomina – in taluni casi – di arbitri integrativi), 811 (relativo alla sostituzione degli arbitri), 813-bis (relativo alla decadenza degli arbitri), 814, secondo comma (relativo alle spese e all'onorario degli arbitri) e 815 (sulla ricusazione degli arbitri). Nei casi in esame, infatti, l'interpretazione letterale porterebbe a ritenere che i poteri restino attribuiti al presidente del tribunale, ma poiché essi appaiono strettamente connessi all'iniziale potere di nomina, appare opportuno assicurare il coordinamento delle norme in via esplicita, e non solo interpretativa;
    b) all'articolo 1, comma 2, come modificato al Senato, il quale prevede che gli arbitri siano scelti tra gli avvocati iscritti all'albo da almeno cinque anni, con un'altra deroga tacita alla disciplina generale codicistica, la quale non prevede che gli arbitri debbano essere scelti all'interno di categorie legislativamente predeterminate; risulta dunque opportuno chiarire se la previsione del decreto possa essere derogata o meno dall'accordo fra le parti ai sensi del codice di procedura civile;
    c) all'articolo 16, comma 2, che introduce, nell'ambito della legge n. 97 del 1979, l'articolo 8-bis, in materia di ferie dei magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato, in assenza di coordinamento con l'articolo 8 della medesima legge che, novellando l'articolo 90 dell'ordinamento giudiziario (regio decreto n. 12 del 1941), stabilisce che “I magistrati che esercitano funzioni giudiziarie hanno un periodo annuale di ferie di quarantacinque giorni”;
   l'articolo 22, comma 2, in base alla procedura prevista dall'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, demanda ad un decreto del Ministro della giustizia, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, la possibilità di aumentare il contributo unificato nel processo civile, amministrativo e tributario “nella misura necessaria alla copertura finanziaria delle minori entrate risultanti dall'attività di monitoraggio”. Si attribuisce così ad una fonte subordinata il compito di modificare disposizioni di rango legislativo, secondo una procedura difforme rispetto a quella prevista dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, che non offre quindi le medesime garanzie individuate da tale procedura, e con una formulazione testuale nella quale l'assenza di qualsiasi indicazione relativa alla parametrazione dei profili quantitativi della prestazione, suscitando, inoltre, dubbi di compatibilità con la riserva di legge prevista dall'articolo 23 della Costituzione in materia tributaria; si evidenzia, infine, che una previsione di contenuto ed effetto equivalenti è già recata dall'articolo 53, comma 2 del decreto-legge n. 90 del 2014 ed era già stata rilevata in termini critici dal Comitato;
   l'articolo 18, comma 2, nel novellare le disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, prevede che il Ministro della giustizia “con proprio decreto avente natura non regolamentare,” possa indicare ulteriori dati da inserire nella nota di iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione; con ciò si demanda la determinazione del contenuto di un atto processuale ad un decreto “non regolamentare” (del quale, peraltro, non è neppure obbligatoria la pubblicazione in Gazzetta Pag. 6Ufficiale). Come più volte segnalato dal Comitato, si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, con riferimento ad un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare, lo qualificava come «un atto statale dalla indefinibile natura giuridica» e che, più recentemente, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 4 maggio 2012, n. 9, sulla natura giuridica dell'articolo 4 del decreto ministeriale 6 febbraio 2006, ha osservato che: «deve rilevarsi che, nonostante la crescente diffusione di quel fenomeno efficacemente descritto in termini di “fuga dal regolamento” (che si manifesta, talvolta anche in base ad esplicite indicazioni legislative, tramite l'adozione di atti normativi secondari che si autoqualificano in termini non regolamentari) deve, in linea di principio, escludersi che il potere normativo dei Ministri e, più in generale, del Governo possa esercitarsi medianti atti “atipici”, di natura non regolamentare»;
   il disegno di legge di conversione presentato al Senato è corredato della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), ma è sprovvisto della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), senza che nella relazione introduttiva si riferisca in merito all'eventuale esenzione dall'obbligo di redigerla, in difformità dunque da quanto statuito dall'articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 170 del 2008;
   ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dagli articoli 16-bis e 96-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni,
  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
   si sopprimano le disposizioni contenute all'articolo 6, comma 5, e all'articolo 12, comma 5, che incidono su una fonte normativa di rango subordinato, ovvero si proceda a riformularle nel senso di autorizzare il Governo ad integrare la disciplina contenuta nella fonte secondaria mediante atto avente la medesima forza;
   con riferimento all'articolo 22, comma 2 (che in base alla procedura prevista dall'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, demanda ad un decreto ministeriale la possibilità di aumentare il contributo unificato «nella misura necessaria alla copertura finanziaria delle minori entrate risultanti dall'attività di monitoraggio»), si riconduca tale previsione alla procedura prevista dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 per i regolamenti di delegificazione.

  Il Comitato osserva altresì quanto segue:
   sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
    si dovrebbe valutare l'opportunità e il modo di assicurare un migliore coordinamento fra le norme vigenti e le disposizioni indicate in premessa, idonee a ingenerare dubbi interpretativi e applicativi;
    si dovrebbe valutare se sia opportuno, e come, integrare il titolo del decreto onde renderlo maggiormente corrispondente al contenuto dello stesso».

  Giovanni MONCHIERO rileva in termini critici l'inserimento, avvenuto al Senato, dell'articolo 21-bis, concernente il ripristino dei giudici di pace di Ostia e di Barra, reputandolo estraneo al contenuto del decreto-legge e auspicando, in merito, un intervento più deciso del Comitato.

  Aniello FORMISANO, relatore, nel dare atto del carattere effettivamente problematico della disposizione inserita, richiama tuttavia le considerazioni formulate nella sua proposta di parere, chiarendo meglio il proprio pensiero, anche sulla base della giurisprudenza del Comitato.

  Il Comitato approva la proposta di parere.

  La seduta termina alle 15.