CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 10 giugno 2014
249.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (V e VI)
COMUNICATO
Pag. 23

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 10 giugno 2014.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 9.25 alle 9.45.

SEDE REFERENTE

  Martedì 10 giugno 2014. — Presidenza del presidente della V Commissione Francesco BOCCIA. — Interviene il Viceministro per l'economia e le finanze Enrico Morando.

  La seduta comincia alle 9.45.

DL 66/2014: Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria.
C. 2433 Governo, approvato dal Senato.
(Esame e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

  Francesco BOCCIA, presidente, ricorda che nell'odierna riunione congiunta degli Uffici di presidenza si è convenuto di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 11 di domani.

  Paolo PETRINI (PD), relatore per la VI Commissione, illustra le disposizioni del decreto-legge afferenti agli ambiti di competenza Pag. 24della Commissione Finanze, evidenziando in primo luogo come l'articolo 1, modificato al Senato, disponga, limitatamente all'anno 2014, il riconoscimento di un credito fiscale ai percettori di redditi di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati. L'importo del credito è pari ad un importo di 640 euro se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro e decresce linearmente al superamento del predetto limite fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 26.000 euro.
  Più in dettaglio, il comma 1 prevede, al fine di ridurre la pressione fiscale e contributiva sul lavoro e nella prospettiva di una complessiva revisione del prelievo finalizzata alla riduzione strutturale del cuneo fiscale da attuarsi con la legge di stabilità 2015, l'inserimento di un nuovo comma 1-bis all'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (TUIR) dedicato alle altre detrazioni IRPEF.
  Tale nuovo comma 1-bis riconosce un credito, che non concorre alla formazione del reddito, ai titolari di redditi di lavoro dipendente e taluni redditi assimilati, in misura pari:
   a 640 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro;
   a 640 euro, per i redditi superiori a 24.000 euro ma non a 26.000 euro; il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 2.000 euro.

  Il credito pertanto si azzera per i redditi superiori a 26.000 euro.
  Per effetto delle modifiche apportate al Senato, fa presente come sia stato precisato che attraverso le disposizioni della legge di stabilità 2015, le quali, come indicato dal comma 3, dovranno rendere strutturale il credito, si dovranno prioritariamente prevedere interventi di natura fiscale che privilegino, con misure appropriate, il carico di famiglia e, in particolare, le famiglie monoreddito con almeno due o più figli a carico.
  Per quanto riguarda i profili applicativi, secondo i chiarimenti forniti dall'Amministrazione finanziaria il predetto bonus, non costituendo retribuzione per il percettore, non incide sul calcolo IRAP dei soggetti eroganti.
  L'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 8/E, ha inoltre chiarito che il reddito complessivo rilevante ai fini dell'attribuzione del bonus è assunto al netto del reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze.
  Il credito è attribuito ai titolari di redditi da lavoro dipendente (di cui all'articolo 49 del TUIR) escluso il reddito da pensione e gli assegni equiparati (indicati al comma 2, lettera a) dell'articolo 49 del TUIR).
  Il credito spetta altresì ai percettori delle seguenti tipologie di somme, assimilate ai redditi da lavoro dipendente (elencati dall'articolo 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l) del TUIR):
   compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative (lettera a);
   indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai lavoratori dipendenti per incarichi svolti in relazione a tale qualità (lettera b);
   somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio, premio o sussidio per fini di studio o addestramento professionale (lettera c);
   redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (lettera c-bis);
   remunerazioni dei sacerdoti (lettera d);
   prestazioni pensionistiche complementari, comunque erogate (lettera h-bis);
   compensi per lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (lettera l);

  La circolare n. 9/E dell'Agenzia delle entrate ha inoltre chiarito che il suddetto bonus spetta anche ai soggetti non residenti, al ricorrere dei presupposti stabiliti Pag. 25dall'introdotto comma 1-bis; il credito non spetta, comunque, nell'ipotesi in cui il reddito di lavoro non sia imponibile in Italia per effetto dell'applicazione di convenzioni contro le doppie imposizioni o di altri accordi internazionali.
  Al ricorrere dei presupposti di legge il credito spetta anche ai lavoratori che percepiscono somme a titolo di cassa integrazione guadagni, indennità di mobilità e indennità di disoccupazione, in quanto essi costituiscono proventi conseguiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente e, in base al comma 2 dell'articolo 6 del TUIR, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti.
  Il credito spetta ai soggetti percettori dei suddetti redditi la cui imposta lorda risulta maggiore della detrazione spettante per reddito di lavoro dipendente e assimilati, come modificate dalla legge di stabilità 2014 (per la determinazione di dette detrazioni, il reddito complessivo va assunto al netto del reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze).
  L'Agenzia delle Entrate, nella richiamata circolare n. 8/E, ha altresì chiarito che ai fini della percezione del bonus non rileva il fatto che l'imposta lorda del contribuente generata dai redditi di lavoro dipendente e assimilati sia ridotta o azzerata da detrazioni diverse da quelle previste dall'articolo 13, comma 1, del TUIR, quali, ad esempio, le detrazioni per carichi di famiglia previste dall'articolo 12 del TUIR.
  In tale contesto ricorda che l'importo delle detrazioni per lavoro dipendente è stato modificato dall'articolo 1, comma 127, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014). Più in dettaglio:
   l'importo della detrazione spettante per redditi non superiori a 8.000 euro è stato innalzato a 1.880 euro (dai previgenti 1.840 euro);
   è stata rimodulata la seconda fascia di reddito considerata ai fini della detrazione, nonché il relativo importo: l'importo della detrazione spettante per redditi superiori a 8.000 euro, ma non superiori a 28.000 euro (in luogo degli originari 15.000) è stato rideterminato in 978 euro (anziché gli originari 1.338 euro), aumentato del prodotto tra 902 euro (prima 502 euro) e l'importo corrispondente al rapporto tra 28.000 (e non più 15.000 euro) diminuito del reddito complessivo, e 20.000 euro (in precedenza 7.000 euro);
   è stata rimodulata anche la terza fascia di reddito considerata ai fini della detrazione: per i redditi compresi tra 28.001 e 55.000 euro (anziché 15.001 e 55.000) la detrazione, la quale ammonta a 978 euro (anziché a 1.338 euro) spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 27.000 euro (anziché 40.000).

  Rammenta che la legge di stabilità ha inoltre abrogato il comma 2 dell'articolo 13 del TUIR, che aumentava l'entità delle detrazioni previste dalla sopra citata lettera c) dell'articolo 13 del TUIR, relativamente a fasce di redditi individuati tra 23.000 euro 28.000 euro e che, conseguentemente a tale modifica, vengono eliminati i fattori che rendevano le aliquote marginali effettive più elevate nello scaglione immediatamente successivo a 28.000 rispetto a quello superiore.
  L'Agenzia delle entrate (con la circolare 9/E, paragrafo 2.5) ha anche specificato che i redditi assoggettati a cedolare secca devono essere considerati nella determinazione del reddito complessivo rilevante ai fini della verifica della spettanza del bonus, in virtù di quanto disposto dall'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo n. 23 del 2011, secondo cui quando le disposizioni vigenti fanno riferimento, per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, al possesso di requisiti reddituali, viene comunque tenuto conto anche del reddito assoggettato alla cedolare secca.
  La medesima Agenzia (al paragrafo 3 della menzionata circolare 9/E) ha altresì chiarito che il reddito percepito come Pag. 26contratto di produttività, nel limite massimo di 3.000 euro (assoggettato a tassazione sostitutiva) non deve invece essere computato nel reddito complessivo ai fini del calcolo della soglia dei 26.000 euro, in quanto la specifica disciplina dell'istituto (articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 93 del 2008) stabilisce che i predetti redditi non concorrono ai fini fiscali alla formazione del reddito complessivo del percipiente entro il limite massimo di 3.000 euro.
  In sintesi, sono dunque esclusi dal credito:
   i contribuenti il cui reddito complessivo non è formato dai redditi da lavoro dipendente e assimilati specificati in precedenza;
   i contribuenti che non hanno un'imposta lorda (generata da redditi specificati al comma 1-bis) superiore alle detrazioni per lavoro dipendente e assimilati, spettanti in base all'articolo 13, comma 1, del TUIR;
   i contribuenti che, pur avendo un'imposta lorda «capiente», sono titolari di un reddito complessivo superiore a euro 26.000.

  Il comma 2 specifica che il credito deve essere rapportato con riferimento al periodo di lavoro effettuato nell'anno.
  Come precisato dall'Agenzia delle entrate, il credito deve essere rapportato in relazione alla durata, eventualmente inferiore all'anno, del rapporto di lavoro, considerando il numero di giorni lavorati nell'anno. Il calcolo del periodo di lavoro nell'anno 2014 va effettuato tenendo conto delle ordinarie regole applicabili a ciascuna tipologia di reddito beneficiaria, non prevedendo il decreto delle deroghe a tal riguardo.
  Ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge il bonus si applica per il solo periodo di imposta 2014 – in attesa di un intervento di carattere strutturale che dovrebbe essere attuato successivamente con la legge di stabilità per l'anno 2015 – utilizzando la dotazione del Fondo destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti costituito ai sensi dell'articolo 50, comma 6, del decreto-legge.
  Tale Fondo ha la seguente dotazione:
   1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e 2.685 milioni di euro in termini di indebitamento netto per il 2015;
   4.680 milioni di euro per il 2016;
   4.135 milioni di euro per il 2017;
   1.990 milioni di euro a decorrere dal 2018.

  I commi 4 e 5 disciplinano in termini operativi le modalità di riconoscimento del credito introdotto dall'articolo 13, comma 1-bis, del TUIR.
  Più in dettaglio, il comma 4, stante l'entrata in vigore della norma nel corso del periodo d'imposta, prevede per l'anno 2014 che il credito eventualmente spettante, il quale è attribuito dalla retribuzione relativa al mese di maggio, sia riconosciuto dai sostituti d'imposta ripartendone il relativo ammontare sulle retribuzioni erogate a partire dal primo periodo di paga utile successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto. In altre parole, il sostituto d'imposta provvede a determinare l'importo del credito in esame suddividendone l'ammontare sui restanti periodi di paga.
  Ricorda che, a seguito delle modifiche apportate al Senato, il credito è riconosciuto in automatico dai sostituti di imposta che, pertanto, possono riconoscere il credito spettante ai lavoratori interessati sulla base dei dati reddituali a loro disposizione e senza attendere una richiesta esplicita dei beneficiari.
  La citata circolare n. 9/E chiarisce che i contribuenti i quali non hanno i presupposti per il riconoscimento del beneficio sono tenuti a darne comunicazione al sostituto d'imposta il quale potrà recuperare il credito eventualmente erogato dagli emolumenti da corrispondere nei periodi di paga successivi a quello nel quale è resa la comunicazione e, comunque, entro i Pag. 27termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto. Nei casi in cui un soggetto sia titolare di redditi di lavoro derivanti da più rapporti di lavoro, il lavoratore è tenuto a chiedere a uno dei due sostituti d'imposta di non riconoscere il credito. In tal modo, il credito sarà riconosciuto da un solo sostituto d'imposta.
  Quanto alle modalità di attribuzione del credito, ai sensi del comma 5 il sostituto d'imposta determina in via previsionale l'ammontare del credito eventualmente spettante e riconosce tale ammontare sugli emolumenti corrisposti in ciascun periodo di paga, rapportandolo ai periodi di paga medesimi.
  In particolare, il sostituto d'imposta utilizza, fino a capienza, l'ammontare complessivo delle ritenute disponibile in ciascun periodo di paga e, per la differenza, i contributi previdenziali dovuti per il medesimo periodo di paga, in relazione ai quali non si procede al versamento della quota determinata ai sensi delle norme in commento. Rimangono ferme le aliquote di computo delle prestazioni.
  Rientrano nell'ammontare complessivo utilizzabile, a titolo di esempio, le ritenute relative all'IRPEF, alle addizionali regionale e comunale, nonché le ritenute relative all'imposta sostitutiva sui premi di produttività o al contributo di solidarietà.
  Di conseguenza, in caso di incapienza del monte ritenute, tale da non consentire l'erogazione nello stesso periodo di paga a tutti i percipienti che ne hanno diritto, è previsto che il sostituto d'imposta utilizzi, per la differenza, i contributi previdenziali dovuti per il medesimo periodo di paga, i quali non devono quindi essere versati.
  Al riguardo l'Agenzia delle entrate ha chiarito che i contributi utilizzati per l'erogazione del credito, determinati dall'incapienza del monte ritenute e non versati dai sostituti di imposta alle gestioni previdenziali, sono scomputati dall'INPS dall'ammontare delle ritenute da versare mensilmente all'Erario nella sua qualità di sostituto d'imposta.
  Per effetti delle modifiche apportate al Senato, le somme versate dal sostituto di imposta a titolo di bonus sono recuperate dallo stesso mediante compensazione, mentre gli enti pubblici e le amministrazioni statali possono recuperarle anche mediante riduzione dei versamenti delle ritenute e, per l'eventuale eccedenza, dei contributi previdenziali. In tale ipotesi fa presente come venga proposto che l'INPS e gli altri enti gestori di forme di previdenza obbligatorie recuperino i contributi non versati rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all'Erario.
  Viene dunque eliminato l'obbligo, per i sostituiti d'imposta, di indicare l'importo del credito riconosciuto nella certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente e assimilati (CUD).
  È stata conseguentemente soppressa la disposizione di cui all'originario comma 6, ai sensi del quale l'INPS sarebbe stato tenuto a recuperare i contributi di cui al comma precedente non versati dai sostituti di imposta alle gestioni previdenziali, rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all'erario nella sua qualità di sostituto d'imposta.
  In tale contesto ricorda che l'Agenzia delle entrate ha precisato anche le modalità di attribuzione del bonus ai soggetti titolari di redditi eleggibili, le cui remunerazioni sono tuttavia erogate da un soggetto che non è sostituto di imposta, tenuto al riconoscimento del credito in via automatica. Essi possono richiedere il credito nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta 2014, secondo modalità che saranno specificate nei modelli delle dichiarazioni dei redditi, e, conseguentemente, utilizzarlo in compensazione ovvero richiederlo a rimborso.
  La possibilità di richiedere il credito nella dichiarazione dei redditi si applica anche ai contribuenti per i quali il credito, spettante per l'anno d'imposta 2014, non sia stato riconosciuto, in tutto o in parte, dai sostituti d'imposta (ad esempio perché relativo a un rapporto di lavoro cessato prima del mese di maggio).
  Il comma 7 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, in relazione alla effettiva modalità di fruizione del credito in parola, le necessarie Pag. 28variazioni di bilancio compensative al fine di consentirne la corretta rappresentazione contabile.
  L'articolo 2 riduce, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, le aliquote dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) applicabili ai diversi soggetti passivi del tributo, con esclusione delle amministrazioni e degli enti pubblici.
  Più in dettaglio, il comma 1, mediante una serie di modifiche al decreto legislativo n. 446 del 1997, prevede una riduzione (generalizzata) della misura delle aliquote base a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013.
  La lettera a) del comma 1 modifica l'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 446, riducendo dal 3,9 per cento al 3,50 per cento l'aliquota applicabile, in via ordinaria, dalla generalità dei soggetti passivi IRAP.
  La lettera b) reca una serie di modifiche al comma 1-bis dello stesso articolo 16, finalizzate a ridurre:
   dal 4,20 per cento al 3,80 per cento l'aliquota applicata da parte di società di capitali ed enti commerciali titolari di concessioni per la gestione di servizi e opere pubbliche, diverse da quelle aventi ad oggetto la costruzione e la gestione di autostrade e trafori;
   dal 4,65 per cento al 4,20 per cento l'aliquota applicata dalle banche e dagli altri soggetti finanziari che determinano il valore della produzione ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 446 del 1997;
   dal 5,90 per cento al 5,30 per cento l'aliquota applicata dalle imprese di assicurazione che determinano il valore della produzione.

  La lettera c), novellando l'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo n. 446, provvede a ridurre dall'1,9 per cento al 1,70 per cento l'aliquota prevista ai fini della determinazione del tributo da parte dei soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative di piccola pesca e loro consorzi.
  Rimane invece inalterata l'aliquota (pari all'8,5 per cento) delle Amministrazioni pubbliche individuata dall'articolo 16, comma 2, del decreto legislativo n. 446, concernente i soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera e-bis), del medesimo decreto, relativamente al valore prodotto nell'esercizio di attività non commerciali.
  Si tratta, in particolare, delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993, delle amministrazioni della Camera, del Senato, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale, per i quali continua ad applicarsi l'aliquota nella misura dell'8,5 per cento.
  Ai sensi del comma 2, in sede di determinazione dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013 con il metodo previsionale, in luogo delle aliquote novellate, si applicano le seguenti aliquote ridotte (intermedie):
   l'aliquota applicabile in via ordinaria dalla generalità dei soggetti passivi è pari al 3,75 per cento;
   l'aliquota applicabile da società di capitali ed enti commerciali titolari di concessioni per la gestione di servizi e opere pubbliche è pari al 4,00 per cento;
   l'aliquota applicabile da banche e altri soggetti finanziari è pari al 4,50 per cento;
   l'aliquota applicabile da imprese di assicurazione è pari al 5,70 per cento;
   l'aliquota applicabile da soggetti che operano nel settore agricolo e cooperative di piccola pesca e loro consorzi è pari all'1,80 per cento.

  Il comma 3, novellando il comma 3 del citato articolo 16 del decreto legislativo n. 446, riduce la forbice entro la quale le regioni possono variare l'aliquota IRAP disponendo, in particolare, che tale variazione Pag. 29può arrivare fino ad un massimo di 0,92 punti percentuali, in luogo di un punto percentuale. Tale variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.
  Ai sensi del comma 4 le aliquote IRAP vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, qualora variate ai sensi dell'articolo 16, comma 3, del citato decreto legislativo n. 446, oppure per effetto dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 68 del 2011 (che consente a decorrere dall'anno 2013 alle regioni a statuto ordinario, con propria legge, di ridurre le aliquote IRAP fino ad azzerarle) sono rideterminate applicando le variazioni adottate alle aliquote previste dal comma 1.
  L'articolo 3 aumenta, al comma 1, le ritenute e le imposte sostitutive sui redditi di natura finanziaria dal 20 al 26 per cento.
  Al riguardo ricorda, in estrema sintesi, che i commi da 6 a 12 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 hanno introdotto, a decorrere dal 1o gennaio 2012, una revisione del sistema impositivo dei redditi di natura finanziaria al fine di unificare le precedenti aliquote del 12,50 per cento e del 27 per cento, previste sui redditi di capitale e sui redditi diversi, ad un livello intermedio fissato al 20 per cento. Sono esclusi dall'ambito di applicazione della norma, e continuano pertanto ad essere tassati ad una aliquota del 12,50 per cento, i titoli di Stato ed equiparati (ivi inclusi i proventi dei pronti contro termine sui titoli pubblici), i titoli emessi da altri Stati (cosiddetta white list, vale a dire i Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni), i titoli di risparmio per l'economia meridionale, i piani di risparmio a lungo termine e le forme di previdenza complementare (fondi pensione, anche esteri, cui si applica l'aliquota ridotta dell'11 per cento).
  La nuova aliquota viene applicata quindi sui redditi da capitale (interessi, premi e ogni altro provento di natura finanziaria) di cui all'articolo 44, e sui redditi diversi (plusvalenze da cessione di azioni e ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società, ad esclusione delle partecipazioni qualificate, ovvero da altre cessioni) di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del TUIR.
  I commi 2 ed 3 recano una serie di fattispecie di esclusione dall'ambito di applicazione della disposizione.
  Il comma 2 reca le medesime esclusioni introdotte dalla riforma del 2011 sopra richiamata (ad eccezione dei piani di risparmio a lungo termine, mai disciplinati dal legislatore) e, in particolare:
   a) titoli del debito pubblico, buoni postali di risparmio, cartelle di credito comunale e provinciale emesse dalla Cassa depositi e prestiti e altre obbligazioni e titoli similari emessi da amministrazione statali, anche con ordinamento autonomo, da regioni, province e comuni e da enti pubblici istituiti esclusivamente per l'adempimento di funzioni statali o per l'esercizio diretto di servizi pubblici in regime di monopolio (di cui all'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973);
   b) obbligazioni emesse dagli Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale 4 settembre 1996, emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, comma 1, del TUIR (cosiddetti Stati white list);
   c) titoli di risparmio per l'economia meridionale introdotti dall'articolo 8, comma 4, del decreto-legge n. 70 del 2011.

  Anche il comma 3 riproduce le ulteriori ipotesi di esclusione dall'incremento della predetta aliquota, già previste dal comma 8 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, relativamente:
   a taluni interessi comunitari, cui si applica una ritenuta del 5 per cento, corrisposti a soggetti non residenti a condizione che riguardino prestiti obbligazionari negoziati in mercati regolamentati e garantiti dalle società che corrispondono gli interessi;Pag. 30
   ai dividendi percepiti da società ed enti soggetti ad un'imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati white list, cui si applica una ritenuta dell'1,375 per cento;
   ai fondi pensione, cui si applica un'aliquota dell'11 per cento.

  Ai sensi del comma 4 – con una norma di analogo tenore a quella recata dal comma 13, lettera c) dell'articolo 2, del citato decreto-legge n. 138 – viene ridotto il diritto al rimborso dell'imposta (da un quarto a undici ventiseiesimi della ritenuta) per i soggetti non residenti, diversi dagli azionisti di risparmio, dai fondi pensione e dalle società ed enti soggetti ad imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell'Unione europea, che dimostrino di aver pagato all'estero in via definitiva sugli stessi utili mediante certificazione del competente ufficio fiscale dello Stato estero. A tal fine è novellato l'articolo 27, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 concernente la ritenuta sui dividendi.
  Il comma 5 interviene sull'applicazione delle imposte sostitutive – previste dagli articoli 5, 6 e 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997 – nei vari regimi di tassazione del risparmio (dichiarativo, amministrato e gestito) sui redditi di natura finanziaria cui continua ad applicarsi l'aliquota del 12,50 per cento.
  Secondo quanto evidenziato dalla Relazione tecnica allegata al disegno di legge presentato al Senato, poiché l'aliquota dell'imposta sostitutiva applicata in tali regimi è quella del 26 per cento, mentre quella relativa ai redditi derivanti da obbligazioni e altri titoli di cui all'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973 – e ai titoli ad essi equiparati – e da obbligazioni emesse da Stati esteri inclusi nella cosiddetta white list resta al 12,50 per cento, occorre assicurare tale minore tassazione in sede di determinazione delle basi imponibili, computando i relativi redditi, nella misura del 48,08 per cento del loro ammontare.
  In particolare, la lettera a) del comma 5 modifica il comma 2 dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 461, con il quale viene disciplinata l'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi diversi (di cui alle lettere da c-bis a c-quinquies) del comma 1 dell'articolo 67 del TUIR); tale imposta sostitutiva non si applica alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, di titoli o strumenti finanziari e di contratti, non qualificati.
  La disposizione modifica l'ultimo periodo del comma 2 (aggiunto dal comma 19 del più volte citato articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011), prevedendo che i redditi diversi derivanti dalle obbligazioni e dagli altri titoli di Stato ed equiparati e dalle obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella cosiddetta white list sono computati nella misura del 48,08 (anziché del 62,5) per cento dell'ammontare realizzato.
  Con modifica del tutto analoga, la lettera b) integra il comma 1 dell'articolo 6 (il quale disciplina la facoltà per il contribuente di optare per l'applicazione dell'imposta sostitutiva di cui all'articolo 5 su ciascuna delle plusvalenze realizzate, con esclusione di quelle relative a depositi in valuta, a condizione che i titoli, quote o certificati siano in custodia o in amministrazione presso banche e società di intermediazione mobiliare e altri soggetti individuati) e la lettera c) modifica il comma 4 dell'articolo 7 del predetto decreto legislativo n. 461 (disciplina l'imposta sostitutiva sul risultato maturato delle gestioni individuali di portafoglio).
  I commi da 6 a 14 disciplinano la decorrenza dell'applicazione della nuova aliquota.
  In particolare, ai sensi del comma 6 la nuova misura dell'aliquota si applica agli interessi, ai premi e ad ogni altro provento divenuti esigibili e ai redditi diversi realizzati a decorrere dal 1o luglio 2014.
  Per quanto riguarda i criteri di prima applicazione della nuova normativa, il comma 7 dispone che:
   per i dividendi e altri utili da partecipazione, la nuova aliquota opera su Pag. 31dividendi e utili percepiti dal 1o luglio 2014;
   per gli interessi ed i proventi derivanti da depositi e conti correnti, bancari o postali, nonché per quelli da obbligazioni o titoli similari (di cui all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973), l'applicabilità della nuova aliquota opera sui proventi maturati dal 1o luglio 2014.

  Ai sensi del comma 8, con riferimento ai redditi derivanti da obbligazioni o titoli similari, soggetti all'imposta sostitutiva (di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 239 del 1996), la nuova aliquota del 26 per cento si applica agli interessi, premi e ogni altro provento delle obbligazioni e titoli similari, ed equiparati, emessi in Italia, percepiti da soggetti residenti nel territorio dello Stato (di cui all'articolo 44 del TUIR) maturati a partire dal 1o luglio 2014.
  Il comma 9 reca disposizioni transitorie ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al comma 8, sostanzialmente prevedendo che gli intermediari provvedano ad effettuare addebiti e accrediti del conto unico:
   alla data del 30 giugno 2014, per le obbligazioni e titoli similari senza cedola o con cedola avente scadenza non inferiore a un anno dalla data del 30 giugno 2014;
   ovvero, in occasione della scadenza della cedola o della cessione o rimborso del titolo, per le obbligazioni e titoli similari diversi dai precedenti.

  Per i titoli espressi in valuta estera si tiene conto del valore del cambio alla data del 30 giugno 2014.
  Il comma 10 disciplina l'applicazione della nuova normativa relativamente ai proventi di cui all'articolo 44, comma 1, lettera g-bis), del TUIR (proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute). In particolare viene previsto che la nuova aliquota si applichi dal giorno successivo alla data di scadenza del contratto di pronti contro termine stipulato anteriormente al 1o luglio 2014 e avente durata non superiore a 12 mesi.
  Per quanto concerne i redditi di cui all'articolo 44, comma 1, lettera g-quater), del TUIR (capitali percepiti in forza di contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione) e g-quinquies) (rendimenti delle prestazioni pensionistiche erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale) sottoscritti fino al 30 giugno 2014, il comma 11 prevede che la nuova misura dell'aliquota si applichi sulla parte dei predetti redditi maturati a decorrere dal 1o luglio 2014.
  Il comma 12, per i proventi derivanti dalla gestione, nell'interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti (di cui all'articolo 44, comma 1, lettera g), del TUIR), per le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi (di cui all'articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del TUIR) e per i redditi diversi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio, prevede che la nuova aliquota del 26 per cento si applichi sui proventi realizzati a decorrere dal 1o luglio 2014, in sede di rimborso, cessione o liquidazione delle quote o azioni. Sui proventi realizzati a decorrere dal 1o luglio 2014 e riferibili ad importi maturati al 30 giugno 2014 si applica l'aliquota del 20 per cento.
  Il comma 13 reca disposizioni in materia di minusvalenze e plusvalenze derivanti dai redditi diversi di cui al citato articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del TUIR (cosiddetta compensazione verticale), consentendo di portare in deduzione dalle future plusvalenze e dagli altri redditi diversi le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi:
   a) per una quota pari al 48,08 per cento, se sono realizzati fino alla data del 31 dicembre 2011;Pag. 32
   b) per una quota pari al 76,92 per cento, se sono realizzati dal 1o gennaio 2012 al 30 giugno 2014.

  La disposizione fa comunque salvi i limiti temporali di deduzione previsti dall'articolo 68, comma 5, del TUIR e dall'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo n. 461 del 1997, i quali prevedono che se l'ammontare complessivo delle minusvalenze e delle perdite è superiore all'ammontare complessivo delle plusvalenze e degli altri redditi, l'eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dagli altri redditi dei periodi d'imposta successivi ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le minusvalenze e le perdite sono state realizzate.
  Ai sensi del comma 14, per quanto concerne le gestioni individuali di portafoglio (di cui all'articolo 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997 sulla disciplina tributaria dei redditi di capitale e dei redditi diversi), l'aliquota del 26 per cento si applica sui risultati maturati a partire dal 1o luglio 2014 (cosiddetto criterio della maturazione).
  La norma prevede altresì che dai risultati di gestione maturati a decorrere dal 1o luglio 2014 vanno portati in deduzione:
   i risultati negativi di gestione rilevati alla data del 31 dicembre 2011 e non compensati alla data del 30 giugno 2014, per una quota pari al 48,08 per cento del loro ammontare;
   i risultati negativi di gestione rilevati nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2012 e il 30 giugno 2014, non compensati alla data del 30 giugno 2014, per una quota pari al 76,92 per cento del loro ammontare.

  Viene stabilito, inoltre, che, fermi restando i limiti temporali di utilizzo dei risultati negativi di gestione, l'imposta sostitutiva sul risultato maturato al 30 giugno 2014 va versata nel termine ordinario.
  In merito ricorda che, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997, i soggetti i quali hanno conferito a un soggetto abilitato l'incarico di gestire masse patrimoniali costituite da somme di denaro o beni non relativi all'impresa, possono optare, con riferimento ai redditi di capitale e diversi che concorrono alla determinazione del risultato della gestione, per l'applicazione di un'imposta sostitutiva, la quale è prelevata dal soggetto gestore ed è versata al concessionario della riscossione ovvero alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato entro il 16 febbraio di ciascun anno.
  Il contribuente può optare mediante comunicazione sottoscritta rilasciata al soggetto gestore all'atto della stipula del contratto e, nel caso dei rapporti in essere, anteriormente all'inizio del periodo d'imposta. L'opzione ha effetto per il periodo d'imposta e può essere revocata solo entro la scadenza di ciascun anno solare, con effetto per il periodo d'imposta successivo. Qualora sia stata esercitata l'opzione, i redditi che concorrono a formare il risultato della gestione non sono soggetti alle imposte sui redditi.
  Il risultato della gestione si determina sottraendo dal valore del patrimonio gestito al termine di ciascun anno solare, al lordo dell'imposta sostitutiva, aumentato dei prelievi e diminuito di conferimenti effettuati nell'anno, i redditi maturati nel periodo e soggetti a ritenuta, i redditi che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente, i redditi esenti o comunque non soggetti ad imposta maturati nel periodo, i proventi derivanti da fondi comuni di investimento immobiliare, il 60 per cento dei proventi derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio, ed il valore del patrimonio stesso all'inizio dell'anno. Il risultato è computato al netto degli oneri e delle commissioni relative al patrimonio gestito.
  Il comma 15 prevede che, a decorrere dal 1o luglio 2014, per la determinazione delle plusvalenze e minusvalenze, in luogo del costo o valore di acquisto il contribuente può assumere il valore alla data del 30 giugno 2014. Pag. 33
  Per effettuare detto affrancamento delle plusvalenze e minusvalenze latenti al 30 giugno 2014 è necessario che il contribuente:
   a) opti per la determinazione al 30 giugno 2014 delle plusvalenze, delle minusvalenze e dei proventi in commento, escluse quelle derivanti dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio;
   b) effettui il versamento dell'imposta sostitutiva eventualmente dovuta nella misura del 20 per cento.

  Ai fini dell'applicazione della predetta disposizione, il comma 16 distingue l'ipotesi di applicazione dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi (di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 461 del 1997) dall'applicazione dell'imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza o altro reddito diverso realizzato (di cui all'articolo 6 dello stesso decreto legislativo n. 461). In particolare:
   nell'ipotesi di applicazione dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi l'opzione si estende a tutti i titoli o strumenti finanziari detenuti al 30 giugno 2014 e in tal caso l'imposta sostitutiva viene corrisposta entro il 16 novembre 2014;
   nell'ipotesi di applicazione dell'imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza o altro reddito diverso realizzato, l'opzione è resa mediante comunicazione all'intermediario entro il 30 settembre 2014 e si estende a tutti i titoli, quote o certificati inclusi nel rapporto di custodia o amministrazione posseduti al 30 giugno 2014 nonché alla data di esercizio dell'opzione: in tal caso l'imposta sostitutiva è versata dagli intermediari entro il 16 novembre 2014, ricevendone provvista dal contribuente.

  Ai sensi del comma 17 le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi derivanti dall'esercizio delle opzioni illustrate sono quindi portate in deduzione dalle plusvalenze e dagli altri redditi diversi, realizzati successivamente al 30 giugno 2014, per una quota pari al 76,92 per cento del loro ammontare, ovvero per una quota pari al 48,08 per cento qualora si tratti di minusvalenze, perdite e differenziali negativi realizzati fino alla data del 31 dicembre 2011 e non compensate in sede di applicazione dell'imposta.
  Il comma 18 prevede che ai titoli pubblici (obbligazioni e altri titoli di cui all'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973 e obbligazioni emesse da altri Stati cosiddetti white list) indicati nel comma 2, lettere a) e b) dell'articolo, non si applicano le disposizioni in materia di affrancamento recate dai commi 15 e 17, non essendo essi soggetti ad incremento del livello di tassazione del prelievo a monte.
  L'articolo 4, ai commi da 1 a 10, reca una serie di disposizioni di coordinamento in ordine all'applicazione di quanto previsto dall'articolo 3 in materia di tassazione dei rendimenti degli strumenti finanziari.
  Più in dettaglio, il comma 1 prevede che le disposizioni recate dal predetto articolo 3 hanno effetto a decorrere dal 1o luglio 2014.
  Esso specifica altresì, ai fini dell'applicazione di tali disposizioni, che rilevano, in quanto compatibili, i decreti del Ministro dell'economia e delle finanze 13 dicembre 2011, emanati ai sensi dell'articolo 2, commi 13, lettera b), 23, 26 e 34 del decreto-legge n. 138 del 2011 (relativi alle modalità di esercizio della opzione per l'affrancamento delle plusvalenze latenti, alle modalità di svolgimento delle operazioni di addebito e di accredito del conto unico e alla determinazione della quota dei proventi e di redditi derivanti rispettivamente dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio e dai contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione riferibili alle obbligazioni ed altri titoli pubblici), nonché le eventuali integrazioni degli stessi disposte con successivi decreti.
  Il comma 2 elimina l'obbligo per gli intermediari residenti, previsto dal comma 2 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 167 Pag. 34del 1990, in materia di monitoraggio fiscale, di assoggettare a ritenuta o imposta sostitutiva i redditi derivanti dagli investimenti esteri e dalle attività di natura finanziaria, mentre il comma 3 elimina gli obblighi di comunicazione nel caso di quote o azioni collocate all'estero previsti dagli ultimi due periodi del comma 4 dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 44 del 2014, di attuazione della direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi.
  Con riferimento alle modifiche apportate dal comma 2 ricorda che il comma 2 dell'articolo 4 del citato decreto-legge n. 167 del 1990 – introdotto dall'articolo 9 della legge europea 2013 (legge n. 97 del 2013) – prevede che i redditi derivanti dagli investimenti esteri e dalle attività di natura finanziaria sono in ogni caso assoggettati a ritenuta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi dagli intermediari residenti, ai quali gli investimenti e le attività sono affidate in gestione, custodia o amministrazione o nei casi in cui intervengano nella riscossione dei relativi flussi finanziari e dei redditi. La ritenuta trova altresì applicazione per i redditi di capitale indicati nell'articolo 44, comma 1, lettera a), del TUIR derivanti da mutui, depositi e conti correnti, diversi da quelli bancari, nonché per i redditi di capitale indicati nel comma 1, lettere c), d) ed h), del citato articolo 44 del TUIR. Per i redditi diversi indicati nell'articolo 67 del medesimo TUIR, derivanti dagli investimenti esteri e dalle attività finanziarie di cui al primo periodo, che concorrono a formare il reddito complessivo del percipiente, gli intermediari residenti applicano una ritenuta sulla parte imponibile dei redditi corrisposti per il loro tramite.
  L'eliminazione, operata dal comma 2 dell'articolo 4, di tale adempimento, renderà necessario che i contribuenti indichino nella dichiarazione annuale (quadro RW) le attività finanziarie da cui derivano detti flussi di reddito. Rammenta in proposito che la norma era stata di fatto sospesa nella sua operatività da parte del direttore dell'Agenzia delle entrate con provvedimento del 19 febbraio 2014 e che il Ministero dell'economia e delle finanze aveva espresso, con comunicato stampa del 19 febbraio, n. 46, l'intenzione di abrogare la norma (il citato articolo 9 della legge europea 2013) in quanto considerata superata dal mutato contesto internazionale caratterizzato da una rete sempre più fitta di strumenti che provvedono allo scambio automatico di informazioni.
  Quanto alle modifiche recate dal comma 3, ricorda che l'articolo 13 del decreto legislativo n. 44 del 2014 reca modifiche alla disciplina dei fondi immobiliari esteri. Il comma 4 in particolare prevede che nel caso di quote o azioni collocate all'estero, o quando comunque i relativi proventi siano conseguiti all'estero, viene applicata la ritenuta del 20 per cento dai soggetti che intervengono nella loro riscossione. Gli ultimi due periodi (di cui il comma 3 dispone la soppressione) prevedono che:
   il contribuente debba fornire i dati utili ai fini della determinazione della base imponibile;
   qualora tali informazioni non vengano fornite il sostituto d'imposta deve applicare la ritenuta sull'intero importo del flusso messo in pagamento.

  Il comma 4 aggiunge un nuovo comma 5-bis nell'articolo 26-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, al fine di disciplinare l'applicazione di una ritenuta del 20 per cento sui redditi derivanti dalla partecipazione a organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) italiani e lussemburghesi storici. In particolare, con l'aggiunta apportata dal comma 4 viene previsto che detta ritenuta non si applichi sui proventi spettanti alle imprese di assicurazione e relativi a quote o azioni comprese negli attivi posti a copertura delle riserve matematiche dei rami vita.
  La norma deriverebbe dalla necessità di evitare ulteriori anticipi di imposta sui predetti proventi rispetto a quelli che le compagnie di assicurazioni già subiscono.Pag. 35
  Al riguardo rammenta che l'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 209 del 2002, prevede che le assicurazioni versino ogni anno un'imposta pari allo 0,45 per cento delle riserve matematiche dei rami vita, la quale è recuperata quando vengono erogate le prestazioni all'assicurato, nei limiti delle ritenute e imposte sostitutive applicate su tali prestazioni o dopo 5 anni per la compensazione di imposte e contributi ai sensi del decreto legislativo n. 241 del 1997, entro determinate soglie. Pertanto la ritenuta di cui al citato articolo 26-quinquies, in aggiunta all'imposta sulle riserve matematiche, determinerebbe una duplicazione di anticipi e una ulteriore penalizzazione di carattere finanziario.
  Il comma 5 apporta una novella di contenuto analogo all'articolo 10-ter della legge n. 77 del 1983, recante disposizioni tributarie sui proventi delle quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio di diritto estero. In particolare, con l'inserimento di un nuovo comma 4-bis, viene esclusa l'applicazione della ritenuta in relazione ai proventi derivanti da quote o azioni di OICR esteri armonizzati e non armonizzati, qualora tali quote o azioni siano possedute da compagnie di assicurazione e le stesse siano comprese tra gli attivi posti a copertura delle riserve matematiche dei rami vita.
  Il comma 6 assoggetta all'imposta sostitutiva gli enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c) (si tratta degli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato) e quelli di cui all'articolo 74 del TUIR (Stato ed enti pubblici), esclusi gli organismi di investimento collettivo del risparmio. La norma interviene all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 239 del 1996, concernente l'imposta sostitutiva sugli interessi, premi ed altri frutti di talune obbligazioni e titoli similari per i soggetti residenti, sostituendone la lettera c).
  La norma, pertanto, appare diretta a precisare che agli OICR residenti in Italia, nonostante siano indicati tra i soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR, non si applica l'imposta sostitutiva in parola per gli interessi, premi ed altri frutti di talune obbligazioni e titoli similari.
  Nel corso dell'esame al Senato sono stati inseriti i commi 6-bis e 6-ter, connessi con l'elevamento dell'aliquota al 26 per cento, i quali riguardano, rispettivamente, l'introduzione, in via transitoria, di un credito di imposta in favore delle Casse di previdenza private (vale a dire gli enti previdenziali di diritto privato che gestiscono forme pensionistiche di base), l'elevamento, per il 2014, dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sul risultato dei fondi pensione (di cui al decreto legislativo n. 252 del 2005), nonché l'incremento, nella misura di 4 milioni di euro per il 2015, del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
  Riguardo al primo tema il comma 6-bis riconosce alle Casse di previdenza private un credito d'imposta pari alla differenza tra l'ammontare delle ritenute ed imposte sostitutive applicate nella misura del 26 per cento sui redditi di natura finanziaria relativi al periodo 1o luglio 2014-31 dicembre 2014 e l'importo delle stesse ritenute ed imposte sostitutive computate (teoricamente) in base alla previgente aliquota del 20 per cento.
  Tale credito di imposta è attribuito in attesa di armonizzare, a decorrere dal 2015, la disciplina della tassazione di natura finanziaria degli enti in oggetto con quella relativa alle forme pensionistiche complementari. Il credito di imposta in esame può essere impiegato esclusivamente in compensazione, a decorrere dal 1o gennaio 2015, secondo le modalità ed i criteri ivi indicati.
  Il credito d'imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi per il 2014, non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP, non rileva ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all'articolo 61 del TUIR, né rispetto ai criteri di inerenza per Pag. 36la deducibilità delle spese, di cui all'articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR. Il credito d'imposta non è soggetto ai limiti di utilizzo annuale previsti dalla legge finanziaria 2008 (articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007), che pongono un tetto massimo annuale di 250.000 euro (con eventuale riporto in avanti dell'ammontare eccedente e con integrale compensabilità per l'intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l'eccedenza). Il credito non è nemmeno soggetto ai limiti massimi di compensazione di debiti e crediti fiscali, previsti dall'articolo 34 della legge n. 388 del 2000, da ultimo elevati a 700.000 euro per ciascun anno solare (per effetto dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 35 del 2013).
  Il comma 6-ter propone l'incremento, per il solo anno 2014, dall'11 all'11,50 per cento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sul risultato dei fondi pensione – che, ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge, è esplicitamente esclusa dall'elevamento della tassazione sui redditi di natura finanziaria al 26 per cento. Come accennato in precedenza, l'incremento è volto a fornire la copertura finanziaria del credito di imposta summenzionato; peraltro, una quota delle maggiori entrate, pari a 4 milioni di euro per il 2015, viene destinata all'incremento del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
  I commi 7, 8, 9 e 10 recano modifiche ad una serie di provvedimenti, dirette ad esplicitare che il regime fiscale previsto per le obbligazioni emesse dagli Stati cosiddetti white list (che cioè consentono un adeguato scambio di informazioni in materia fiscale e finanziaria) si applica anche alle obbligazioni emesse da enti territoriali dei suddetti Stati.
  Le norme oggetto di modifica in tal senso sono:
   l'articolo 26, comma 3-bis, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 (comma 7);
   l'articolo 26-quinquies, comma 3, dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 600 (comma 8);
   l'articolo 10-ter, comma 2-bis, della legge n. 77 del 1983 (comma 9);
   l'articolo 2, comma 23, del decreto-legge n. 138 del 2011 (comma 10).

  Il comma 11 dell'articolo 4, integralmente sostituito al Senato, novella le disposizioni della legge di stabilità 2014 che consentono la rivalutazione dei beni d'impresa mediante il pagamento di un'imposta sostitutiva, sostanzialmente ripristinando la possibilità di versare detta imposta in tre rate e rideterminando la scadenza di pagamento delle rate stesse.
  Nella sua formulazione originaria, il comma 11 prevedeva che il versamento delle predette imposte sia effettuato in un'unica soluzione, anziché in tre rate, ed entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013.
  Al riguardo ricorda che i commi da 140 a 147 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014, hanno concesso alle società di capitali ed agli enti residenti sottoposti a IRES la possibilità rivalutare i beni d'impresa e le partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2012, mediante il pagamento di un'imposta sostitutiva (delle imposte sui redditi, dell'IRAP e di eventuali addizionali) con aliquota del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili.
  Per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è invece prevista un'imposta sostitutiva del dieci per cento.
  In tale ambito il comma 145 della legge di stabilità, nella formulazione originaria, individua le modalità di versamento delle imposte sostitutive, prevedendo il versamento in tre rate annuali di pari importo, senza pagamento di interessi: la prima rata va versata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita; le successive entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi. Pag. 37È altresì prevista la possibilità di compensare detti importi ai sensi della vigente normativa.
  Per effetto delle modifiche apportate al Senato, la disposizione:
   a) ripristina il pagamento delle predette imposte sostitutive in tre rate di pari importo e senza interessi;
   b) prescrive che il versamento sia effettuato nel periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013;
   c) rispetto all'originaria formulazione della legge di stabilità, viene dettata una diversa scadenza temporale per il pagamento di ciascuna rata: in dettaglio, la prima sarà versata entro il giorno 16 del sesto mese dalla fine del periodo di imposta (anziché entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita); la seconda entro il giorno 16 del nono mese dalla fine del periodo di imposta e la terza entro il giorno 16 del dodicesimo mese dalla fine del periodo di imposta (in luogo del termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi).

  Viene peraltro confermata la possibilità di compensare gli importi ai sensi della normativa vigente.
  Il comma 12 dell'articolo 4 novella il comma 148 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2014, prevedendo che il versamento dell'imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale di Banca d'Italia ivi previsto sia effettuato in un'unica soluzione nella misura del 26 per cento del valore nominale delle quote al netto del valore fiscalmente riconosciuto al 31 dicembre 2013.
  Al riguardo ricorda che il Titolo II del decreto-legge n. 133 del 2013 ha autorizzato la Banca d'Italia ad aumentare il proprio capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie all'importo di 7,5 miliardi di euro; a seguito dell'aumento, il capitale sarà rappresentato da quote di nuova emissione, pari a 25.000 euro ciascuna. Ai partecipanti possono essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6 per cento del capitale. Il limite di partecipazione al capitale è pari al 3 per cento. Tali disposizioni hanno inoltre previsto che i partecipanti al capitale della Banca d'Italia, a partire dall'esercizio in corso al 30 novembre 2013 iscrivano le relative quote, ove già non incluse, nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione (portafoglio di trading).
  In questo contesto il comma 148 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 ha disposto l'applicazione al trasferimento contabile delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia, del regime fiscale della riclassificazione delle attività finanziarie contenuto nell'articolo 4 del decreto ministeriale 8 giugno 2011, qualunque sia la categoria di provenienza delle stesse quote.
  Ai maggior valori così iscritti in bilancio viene applicata la disciplina della rivalutazione, con relativa imposta sostitutiva al dodici per cento (di cui al comma 143 della stessa legge di stabilità 2014, per i beni non ammortizzabili), in luogo della sottoposizione a IRES e IRAP secondo le regole generali, da versare in tre quote annuali.
  Il comma 12 dell'articolo 4 sostituisce dunque il citato comma 148 della legge di stabilità, prevedendo che il versamento dell'imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale di Banca d'Italia sia effettuato in un'unica soluzione nella misura del 26 per cento del valore nominale delle quote al netto del valore fiscalmente riconosciuto al 31 dicembre 2013.
  Il versamento dell'imposta sostitutiva deve essere effettuato entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo di imposta 2013. Gli importi da versare possono essere compensati.
  La norma prevede altresì che il valore fiscale delle quote si considera riallineato al maggior valore iscritto in bilancio, fino a concorrenza del valore nominale, a partire Pag. 38dal periodo d'imposta in corso all'entrata in vigore del decreto in esame; se il valore iscritto in bilancio è minore del valore nominale, tale valore rileva comunque ai fini fiscali a partire dallo stesso periodo d'imposta.
  Il comma 12-ter dell'articolo 4, introdotto dal Senato, intende consentire alle società cooperative la distribuzione degli utili ai soci finanziatori, anche quando le riserve sono state utilizzate a copertura delle perdite e dette riserve non siano state ricostituite. Di fatto, la disposizione consente alle cooperative di beneficiare anche in tali ipotesi della detassazione dell'utile destinato alle riserve.
  Più in dettaglio, la norma modifica la disciplina recata dall'articolo 3, comma 1, della legge n. 28 del 1999.
  Al riguardo ricorda preliminarmente che, ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 904 del 1977, non concorrono a formare il reddito imponibile delle società cooperative e dei loro consorzi le somme destinate alle riserve indivisibili, purché sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma. Ai sensi del richiamato articolo 3, comma 1, della legge n. 28 del 1999, detta esclusione dall'imponibile si intende nel senso che l'utilizzazione delle riserve a copertura di perdite è consentita e non comporta la decadenza dai predetti benefìci fiscali, purché non si dia luogo a distribuzione di utili (a tutte le tipologie di soci) fino a quando le riserve non siano state ricostituite.
  Per effetto della modifica recata dal comma 12-ter, viene specificato che persiste il predetto beneficio fiscale in caso di destinazione di riserve a copertura delle perdite, purché non siano distribuiti utili ai soli soci cooperatori (cioè quelli che partecipano allo scambio mutualistico con la cooperativa).
  Di conseguenza, ove le riserve siano utilizzate a copertura delle perdite, potranno continuare ad essere distribuiti utili ai soci finanziatori senza perdere il beneficio della detassazione; detta norma sembrerebbe dunque incentivare l'apporto di tale tipologia di soci nelle cooperative e, dunque, l'investimento in tale tipologia di impresa.
  Il comma 12-quater dell'articolo 4, a sua volta introdotto dal Senato, interviene sulla disciplina (contenuta all'articolo 1, ultimi tre periodi, del comma 688 della legge di stabilità 2014) relativa al versamento della TASI per l'anno 2014, da ultimo novellata dall'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 16 del 2014, fissando diverse scadenze per il pagamento del tributo da parte dei contribuenti, a seconda della tempestività del Comune nell'adozione e comunicazione al MEF delle delibere e dei regolamenti relativi al tributo stesso.
  Viene inoltre individuata la procedura per il recupero delle somme qualora le anticipazioni complessivamente erogate siano superiori all'importo spettante per il 2014 a titolo di Fondo di solidarietà comunale.
  Al riguardo ricorda che, ai sensi del richiamato comma 688 della legge di stabilità, dall'anno 2015 la TASI si paga in due rate, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. È consentito il pagamento della TARI e della TASI in unica soluzione entro il 16 giugno di ciascun anno. Il versamento della prima rata TASI è eseguito sulla base dell'aliquota dei 12 mesi precedenti, mentre il saldo deve tenere conto degli atti pubblicati dal comune entro il 28 ottobre. Spetta ai comuni inserire nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale gli elementi risultanti dalle delibere.
  Sempre a decorrere dal 2015, i comuni assicureranno la massima semplificazione degli adempimenti dei contribuenti, rendendo disponibili i modelli di pagamento preventivamente compilati su loro richiesta, ovvero procedendo autonomamente all'invio degli stessi modelli.
  Lo stesso comma 688 fissa invece specifiche disposizioni per il primo anno di applicazione dell'imposta, ossia il 2014.
  L'attuale formulazione degli ultimi tre periodi del comma 688 dispone, per gli immobili diversi dall'abitazione principale, che per il 2014 il versamento della prima Pag. 39rata sia effettuato sulla base dell'aliquota base TASI (pari all'1 per mille) qualora il comune non abbia deliberato una diversa aliquota entro il 31 maggio 2014, mentre il versamento della rata a saldo è eseguito a conguaglio sulla base delle deliberazioni del consiglio comunale.
  Per gli immobili adibiti ad abitazione principale, per il 2014 il versamento dell'imposta è effettuato in un'unica rata entro il termine del 16 dicembre 2014, salvo che – alla data del 31 maggio 2014 – venga pubblicata nel Portale del federalismo fiscale la deliberazione di approvazione delle aliquote e delle detrazioni. A tal fine il comune deve inviare la predetta deliberazione, esclusivamente in via telematica, nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale, entro il 23 maggio 2014.
  In tale contesto normativo le modifiche apportate dal comma 12-bis stabiliscono che i contribuenti sono tenuti al pagamento della prima rata della TASI entro il 16 giugno 2014, sulla base delle deliberazioni di approvazione delle aliquote e delle detrazioni pubblicate sul sito informatico del Ministero dell'economia e delle finanze alla data del 31 maggio 2014, con obbligo per i comuni di inviare dette deliberazioni entro il 23 maggio 2014.
  In caso di mancato invio delle deliberazioni entro il predetto termine, il versamento della prima rata della TASI va effettuato entro il 16 ottobre 2014, sulla base delle deliberazioni concernenti le aliquote e le detrazioni, nonché dei regolamenti TASI pubblicati nello stesso sito, alla data del 18 settembre 2014 (con obbligo di invio delle deliberazioni per i comuni entro il 10 settembre 2014).
  Se al 10 settembre 2014 non risulteranno inviate dette deliberazioni, i contribuenti saranno tenuti al versamento dell'imposta in un'unica soluzione entro il 16 dicembre 2014, applicando l'aliquota di base pari all'1 per mille, e comunque entro il limite massimo previsto dal primo periodo del comma 677 della richiamata legge di stabilità 2014 (in base al quale la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU per ciascuna tipologia di immobile non deve essere superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille e ad altre minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile).
  Qualora non sia effettuato l'invio delle delibere entro il 10 settembre 2014, ovvero nel caso di mancata determinazione della percentuale di versamento dell'imposta da parte dell'occupante l'immobile, la TASI è da questi dovuta nella misura del 10 per cento dell'ammontare complessivo.
  Ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, per i quali si applica il differimento dell'imposta, viene erogato da parte del Ministero dell'interno, entro il 20 giugno 2014, un importo a valere sul Fondo di solidarietà comunale corrispondente al 50 per cento del gettito annuo della TASI stimato ad aliquota di base ed indicato con DM di natura non regolamentare da emanarsi entro il 10 giugno.
  Viene quindi individuata la procedura per il recupero delle somme qualora le anticipazioni complessivamente erogate siano superiori all'importo spettante per il 2014 a titolo di Fondo di solidarietà comunale.
  In particolare, il Ministero dell'interno comunica all'Agenzia delle entrate, entro il 30 settembre 2014, gli eventuali importi da recuperare nei confronti dei singoli comuni, ove le anticipazioni complessivamente erogate siano superiori all'importo spettante per l'anno 2014 a titolo di Fondo di solidarietà comunale. L'Agenzia delle entrate procede a trattenere le relative somme, per i comuni interessati, da qualsiasi entrata loro dovuta riscossa tramite il sistema del versamento unificato. Gli importi recuperati dall'Agenzia delle entrate sono versati dalla stessa ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato entro il mese di ottobre 2014 ai fini della riassegnazione per il reintegro del Fondo di solidarietà comunale nel medesimo anno.
  L'articolo 5, comma 1, novellando l'articolo 14, comma 3, del decreto-legge n. 91 del 2013, differisce i termini relativi all'incremento del prelievo fiscale sui prodotti da fumo ivi previsto.Pag. 40
  In particolare, la norma:
   differisce dal 20 aprile 2014 al 15 luglio 2014 il termine entro il quale dovrà essere adottata la determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, che dovrà fissarne l'incremento;
   prevede che tale incremento non avrà più decorrenza dal 1o maggio 2014, ma dal 1o agosto 2014;
   indica che le maggiori entrate determinate dall'aumento del prelievo saranno pari a 23 milioni di euro nel 2014 (in luogo dei 33 milioni precedentemente previsti).

  Resta invece inalterato (50 milioni di euro) l'ammontare delle maggiori entrate assicurate a decorrere dal 2015.
  Per quanto riguarda le recenti evoluzioni del prelievo sui prodotti da fumo ricorda che il testo originario dell'articolo 14 del decreto-legge n. 91 del 2013 aveva stabilito l'incremento, a partire dal 1o gennaio 2014, del prelievo fiscale sui «prodotti da fumo», in misura tale da assicurare maggiori entrate pari a 50 milioni annui a partire dal medesimo anno, previa determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottarsi entro il 30 novembre 2013.
  Successivamente il comma 625 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 ha disposto il differimento al 20 aprile 2014 del termine per l'adozione della determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ed al 1o maggio 2014 per la decorrenza dell'incremento.
  Rammenta inoltre che le aliquote di accisa per i prodotti da fumo sono fissate nella seguente misura:
   a) sigari 23,00 per cento;
   b) sigaretti 23,00 per cento;
   c) sigarette 58,50 per cento;
   d) tabacco da fumo:
    1) tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette 56,00 per cento;
    2) altri tabacchi da fumo 56,00 per cento;
   e) tabacco da fiuto 24,78 per cento;
   f) tabacco da masticare 24,78 per cento.

  Il comma 1-bis dell'articolo 5, introdotto nel corso dell'esame al Senato, attraverso un'integrazione all'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 23 del 2011 (federalismo municipale), ripristina alcune agevolazioni fiscali relative ai trasferimenti riguardanti restituzione di terre a comuni, scioglimenti e liquidazioni di usi civici nonché i decreti, le sentenze e le ordinanze di divisione, legittimazione e assegnazioni di terre.
  In sintesi, a seguito delle modifiche recentemente introdotte dall'articolo 26 del decreto-legge n. 104 del 2013, l'articolo 10 prevede che, a decorrere dal 2014, l'imposta di registro si applichi a tali trasferimenti nella misura fissa del 9 per cento. Se il trasferimento ha per oggetto la prima casa di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, l'aliquota è del 2 per cento. Il comma 2 dell'articolo 10 prevede che nei casi sopra elencati l'imposta non può, comunque, essere inferiore a 1.000 euro.
  Il comma 4 del medesimo articolo 10 prevede, in relazione agli atti di cui ai commi 1 e 2, la soppressione di tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali.
  Segnala, al riguardo, come una prima deroga a tale eliminazione delle predette esenzioni sia stata disposta con il comma 608 della legge di stabilità 2014, il quale ha escluso dalla soppressione delle esenzioni e delle agevolazioni vigenti le agevolazioni per la piccola proprietà contadina (recate dall'articolo 2, comma 4-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194). Successivamente l'articolo 13 del decreto-legge n. 47 del 2014 ha confermato le agevolazioni fiscali previste dagli articoli 19 e 20 dell'Accordo tra la Repubblica italiana e il BIE sulle misure necessarie per facilitare la partecipazione all'Esposizione universale di Milano, Expo 2015.Pag. 41
  In tale quadro normativo il comma 1-bis dell'articolo 5 esclude dalla citata soppressione le esenzioni e agevolazioni tributarie riguardanti restituzione di terre a comuni, nonché scioglimenti e liquidazioni di usi civici (indicate dall'articolo 2 della legge n. 692 del 1981) e i decreti, le sentenze e le ordinanze di divisione, legittimazione e assegnazioni di terre (di cui all'articolo 40 della legge n. 1766 del 1927).
  L'articolo 5-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, reca alcune modifiche al regime delle entrate riscosse dal Ministero degli affari esteri quale corrispettivo del riconoscimento della cittadinanza italiana a persona maggiorenne e del rilascio dei passaporti ordinari.
  In particolare, il comma 1 inserisce un nuovo articolo 7-bis nella Sezione I della tabella dei diritti consolari da riscuotere presso le Ambasciate e Consolati italiani all'estero a fronte dei numerosi servizi da questi prestati, con il quale viene introdotta nella tariffa consolare la fattispecie dei diritti da riscuotere per il trattamento della domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana a persona maggiorenne, fissando l'importo nella misura di 300 euro.
  Il comma 2 sostituisce integralmente l'articolo 18 della legge n. 1185 del 1967 (recante norme sui passaporti), prevedendo per il rilascio del passaporto ordinario un contributo amministrativo di 73,50 euro, oltre al costo del libretto – la vigente formulazione prevede la tassa di 6.300 lire annue. La novella precisa che il costo del libretto e l'entità del contributo sono aggiornati con cadenza biennale, mediante Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro degli affari esteri.
  Il comma 3 dispone l'abrogazione del comma 6 dell'articolo 55 della legge n. 342 del 2000, nonché dell'articolo 1 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972.
  Al riguardo ricorda che l'articolo 55 della legge n. 342 del 2000 concerne disposizioni di razionalizzazione in materia di tasse sulle concessioni governative e di imposta di bollo, stabilendo, al citato comma 6, che la «tassa annuale sulle concessioni governative per il passaporto, di cui all'articolo 1 della tariffa delle tasse sulle concessioni governative introdotta con decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1995...deve intendersi dovuta esclusivamente per l'espatrio verso i Paesi diversi da quelli aderenti all'Unione europea», mentre l'articolo 1 della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972 riguarda la tassa sulle concessioni governative relativa ai passaporti.
  L'articolo 6 dispone, al comma 1, che, nelle more dell'attuazione degli obiettivi di stima della spesa e monitoraggio dell'evasione fiscale previsti dalla delega fiscale (di cui agli articoli 3 e 9 della legge n. 23 del 2014), il Governo presenti alle Camere – entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge – un rapporto sulla realizzazione delle strategie adottate nei confronti dell'evasione fiscale, sui risultati conseguiti nel corso del 2013 – specificati per ciascuna regione, come chiarito nel corso dell'esame al Senato – e nell'anno in corso, nonché su quelli attesi.
  Nel rapporto dovrà essere specificato sia il recupero di gettito derivante da accertamento di evasione sia quello attribuibile alla maggiore propensione all'adempimento da parte dei contribuenti, come effetto delle misure e degli interventi definiti.
  Il rapporto sostituisce – a seguito delle modifiche apportate al Senato – l'analogo rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell'evasione fiscale che il Ministro dell'economia e delle finanze deve presentare annualmente in allegato alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, ai sensi dell'articolo 2, comma 36.1, del decreto-legge n. 138 del 2011.
  Ai sensi del comma 2 il Governo, anche sulla base degli indirizzi forniti dalle Camere, si impegna a definire un programma con ulteriori misure ed interventi per il rafforzamento dell'azione di prevenzione e di contrasto all'evasione fiscale, allo scopo di conseguire nell'anno 2015 un incremento Pag. 42di almeno 2 miliardi di euro di entrate dalla lotta all'evasione fiscale rispetto a quelle ottenute nell'anno 2013.
  Al riguardo ricorda che la citata normativa di delega per la riforma del sistema fiscale di cui alla legge n. 23 del 2014 prevede, tra l'altro, agli articoli 3 e 4, la prosecuzione dell'attività di contrasto all'evasione e all'elusione e il riordino dei fenomeni di erosione fiscale (cosiddette tax expeditures) – ferma restando la tutela, oltre che della famiglia e della salute, dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi da imprese minori e dei redditi da pensione, inserendo a tal fine nelle procedure di bilancio un rapporto in materia di contrasto all'evasione fiscale e un rapporto sulle spese fiscali.
  La legge delega prevede quindi, per favorire l'emersione di base imponibile, l'emanazione di disposizioni per l'attuazione di misure finalizzate al contrasto d'interessi fra contribuenti. Le maggiori entrate rivenienti dal contrasto all'evasione fiscale (al netto di quelle necessarie per il mantenimento degli equilibri di bilancio) e dalla progressiva limitazione dell'erosione fiscale devono essere attribuite esclusivamente al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale, istituito dal decreto-legge n. 138 del 2011. Al Fondo sono interamente attribuiti anche i risparmi di spesa derivanti da riduzione di contributi o incentivi alle imprese, che devono essere destinati alla riduzione dell'imposizione fiscale gravante sulle imprese.
  Inoltre l'articolo 9 della medesima legge n. 23 del 2014 indica i principi e i criteri da perseguire nell'introduzione di norme volte al rafforzamento dei controlli fiscali, in particolare contrastando le frodi carosello, gli abusi nelle attività di money tranfer o di trasferimento di immobili, i fenomeni di transfer pricing e di delocalizzazione fittizia di impresa, nonché la fattispecie di elusione fiscale.
  In connessione con le previsioni dell'articolo 6 l'articolo 7 prevede, al comma 1, che la procedura di destinazione al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale delle maggiori entrate derivanti dall'attività di contrasto all'evasione (delineata dall'articolo 2, comma 36, terzo e quarto periodo, del decreto-legge n. 138 del 2011) si applica fino all'annualità 2013, tenendo conto delle maggiori entrate dello stesso anno rispetto a quelle del 2012.
  Al riguardo ricorda che il citato comma 36 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 prevede, al terzo e quarto periodo, che a partire dall'anno 2013, il Documento di economia e finanza (DEF) contiene una valutazione, relativa all'anno precedente, delle maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale. Dette maggiori risorse, al netto di quelle necessarie al mantenimento dell'equilibrio di bilancio e alla riduzione del rapporto tra il debito e il prodotto interno lordo, nonché di quelle derivanti a legislazione vigente dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni, unitamente alle risorse derivanti dalla riduzione delle spese fiscali, confluiscono in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale e sono finalizzate al contenimento degli oneri fiscali gravanti sulle famiglie e sulle imprese, secondo le modalità di destinazione e di impiego indicate nello stesso DEF.
  Tali disposizioni, pertanto, ai sensi dell'articolo 7, si applicano fino all'annualità 2013 con riferimento alla valutazione delle maggiori entrate dell'anno medesimo rispetto a quelle del 2012.
  Il secondo periodo del medesimo comma 1 dell'articolo 7 prevede altresì che le maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate nell'anno 2013 derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale – valutate (ai sensi del citato articolo 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011) in 300 milioni di euro annui dal 2014 – concorrano alla copertura degli oneri recati dal provvedimento.
  Evidenzia come dalla Relazione tecnica emerga che, considerato che il provvedimento in esame è volto, tra l'altro, alla riduzione della pressione fiscale, attraverso il riconoscimento del credito in favore dei lavoratori dipendenti e assimilati, Pag. 43le predette maggiori entrate verrebbero utilizzate direttamente per lo scopo (pertanto senza farle confluire al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale) e, quindi, in sostanza, per la stessa finalità prevista dal comma 36 dell'articolo 2 citato.
  Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, modifica la norma istitutiva del «nuovo» Fondo per la riduzione della pressione fiscale, previsto dai commi 431 e 435 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014).
  In proposito rammenta che a tale Fondo sono destinate, a decorrere dal 2014, fermo restando il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, le seguenti risorse:
   a) l'ammontare dei risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, al netto della quota già considerata nei commi da 427 a 430 (vale a dire un importo non inferiore a complessivi 3.220 milioni nel periodo 2014-2017) e delle risorse da destinare a programmi finalizzati al conseguimento di esigenze prioritarie di equità sociale e ad impegni inderogabili;
   b) per il biennio 2014-2015, le maggiori entrate che, in sede di Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (DEF), si stima di incassare quali maggiori entrate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell'esercizio in corso derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni. A decorrere dall'anno 2016, le maggiori entrate incassate rispetto all'anno precedente, derivanti dalle attività di contrasto dell'evasione fiscale, sempre al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni.

  In tale contesto, sottolinea come il comma 1-bis elimini, sostituendo la lettera b) del comma 431 della legge di stabilità 2014, la distinzione tra il biennio 2014-2015 e il 2016, definendo le maggiori entrate da destinare al Fondo non più rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell'esercizio in corso ma rispetto a quelle effettivamente incassate nell'anno precedente.
  Il comma 1-bis modifica inoltre il comma 435, al fine di applicare anche al 2015 (oltre che all'anno 2014) la procedura di riassegnazione al citato Fondo di cui al comma 431 delle entrate derivanti da misure straordinarie di contrasto all'evasione fiscale.
  L'articolo 11, modificato durante l'esame al Senato, dispone, al comma 1, la riduzione dei costi di riscossione fiscale legati ai compensi agli intermediari del servizio F24, vale a dire banche ed altri operatori.
  A tal fine viene previsto che l'Agenzia delle entrate provvede alla revisione delle condizioni, anche di remunerazione, delle riscossioni dei versamenti unitari di cui all'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, del servizio di accoglimento delle deleghe di pagamento, in modo da assicurare una riduzione di spesa pari, per l'anno 2014, al 30 per cento di quella sostenuta nel 2013. Per ciascuno degli anni successivi, dovrà essere assicurata una riduzione di spesa pari al 40 per cento di quella sostenuta nel 2013.
  Conseguentemente la norma riduce i trasferimenti all'Agenzia di 75 milioni di euro per l'anno 2014 e di 100 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015.
  In merito segnala come nel corso dell'audizione del 14 aprile 2014 – in occasione dell'esame da parte del Parlamento del DEF – l'ABI avesse evidenziato che nel 2013 attraverso il settore bancario sono transitati oltre 477 miliardi di euro e più di 132 milioni di modelli di versamento. Il direttore generale dell'ABI ha dichiarato in quella sede che i compensi relativi al servizio sono stati rideterminati dall'Associazione di recente, proprio per venire incontro alle esigenze di riduzione dei costi rappresentate dall'Agenzia delle Entrate, con una riduzione in media superiore al 20 per cento rispetto alle condizioni applicate nel 2004. In occasione della ridefinizione di tali compensi, è stato evidenziato Pag. 44come i costi sostenuti dal settore per il servizio, in particolar modo quelli derivanti dall'acquisizione dei modelli F24 cartacei allo sportello, non sono coperti dai compensi ricevuti.
  Il comma 2 prevede un sempre più largo uso dei servizi telematici dell'Agenzia delle entrate, i quali sono resi obbligatori in una serie di casi. Viene introdotto precisamente l'obbligo di effettuare i versamenti on line:
   esclusivamente direttamente, mediante i servizi telematici messi a disposizione all'Agenzia delle entrate, nel caso in cui, per effetto delle compensazioni effettuate, il saldo finale sia di importo pari a zero;
   esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate e dagli intermediari della riscossione convenzionati con la stessa, nel caso in cui siano effettuate delle compensazioni e il saldo finale sia di importo positivo;
   esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate e dagli intermediari della riscossione convenzionati con la stessa, nel caso in cui il saldo finale sia di importo superiore a mille euro.

  Ricorda che, secondo la Relazione tecnica allegata al disegno di legge presentato al Senato, grazie alla diffusione dei canali telematici, meno onerosi rispetto ai mezzi cartacei, ci si può attendere una riduzione dei compensi F24 di circa 14 milioni di euro annui rispetto al 2013 la quale però, secondo la relazione stessa, verosimilmente sarà riassorbita dai maggiori oneri connessi al passaggio all'F24 delle imposte locali.
  Durante l'esame del provvedimento al Senato è stato abrogato il comma 3 dell'articolo 11, che regola i casi delle deleghe di versamento di un soggetto terzo; di conseguenza, per effetto di tale abrogazione, chi utilizza i servizi telematici per pagare tramite modello F24 non potrà inviare la delega di versamento di un soggetto terzo, mediante addebito su propri strumenti di pagamento. La norma abrogata condizionava tale possibilità al previo rilascio all'intermediario di apposita autorizzazione, anche cumulativa, ad operare in tal senso da parte dell'intestatario effettivo della delega, il quale restava comunque responsabile ad ogni effetto.
  L'articolo 11-bis, introdotto dal Senato, consente ai contribuenti che sono decaduti dal beneficio della rateizzazione dei debiti fiscali non oltre il 22 giugno 2013 di richiedere, entro e non oltre il 31 luglio 2014, la concessione di un nuovo piano di rateazione.
  In merito ricorda che numerose disposizioni incentivano il contribuente a rateizzare i debiti tributari (anche tramite l'eliminazione, per quanto possibile, dell'obbligo di prestare idonea garanzia per accedere al beneficio).
  Da ultimo, l'articolo 52, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 69 del 2013 (che ha aggiunto il comma 1-quinquies all'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973) ha consentito ai contribuenti l'estensione fino a dieci anni della possibilità di rateazione del pagamento delle imposte (120 rate mensili), nei casi di comprovata e grave situazione di difficoltà, per ragioni estranee alla propria responsabilità, eventualmente prorogabile per lo stesso periodo (la normativa previgente prevede che la dilazione possa essere concessa fino a 72 rate, prorogabili per lo stesso periodo). A tal fine, devono ricorrere congiuntamente due condizioni:
   l'accertata impossibilità per il contribuente di assolvere il pagamento secondo un piano di rateazione ordinario;
   la solvibilità del contribuente valutata in relazione al piano di rateazione richiesto.

  La decadenza dal beneficio della rateizzazione scatta nel caso del mancato pagamento di otto rate anche non consecutive (in luogo delle previgenti due rate consecutive). Pag. 45
  Sottolinea come tale fattispecie si aggiunga all'ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà, prevista dal comma 1 del richiamato articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, per il quale è già ammessa una rateazione in 72 rate mensili, e all'ipotesi di comprovato peggioramento della situazione di obiettiva difficoltà, per il quale il comma 1-bis consente un ulteriore periodo di dilazione del pagamento fino a 72 mesi. Rammenta che il comma 1-ter dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 consente un piano di rateazione con rate di importo crescente (l'importo minimo della rata è di 100 euro).
  La possibilità di rateizzare i debiti si applica anche nei confronti degli enti previdenziali, salvo che nei casi di ottemperanza ad obblighi derivanti da sanzioni comunitarie.
  Il decreto del MEF 6 novembre 2013 ha individuato quattro tipi di piani di rateizzazione: ordinario (fino a 72 rate), in proroga ordinario (ulteriori 72 rate), straordinario (fino a 120 rate) e in proroga straordinario (ulteriori 120 rate). Per accedervi, coloro che beneficiano di regimi semplificati devono avere un rapporto tra la rata e il reddito superiore al 20 per cento. Le altre imprese, invece, devono avere un rapporto superiore al 10 per cento tra rata e valore della produzione; inoltre, l'indice di liquidità dell'impresa deve essere compreso tra 0,50 e 1. È possibile chiedere rate variabili di importo crescente solo per i piani di rateazione o di proroga ordinari.
  In tale contesto normativo, rammenta che l'articolo 11-bis introduce, al comma 1, un'ulteriore e speciale procedura di rateazione in favore dei contribuenti decaduti dal beneficio della rateazione previsto dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, applicabile temporaneamente e alle seguenti condizioni:
   a) la decadenza sia intervenuta entro e non oltre il 22 giugno 2013;
   b) la richiesta sia presentata entro e non oltre il 31 luglio 2014.

  Ai sensi del comma 2 l'ulteriore rateazione potrà arrivare fino a 72 rate mensili, non sarà prorogabile e i contribuenti cesseranno dal beneficio in caso di mancato pagamento di due rate anche non consecutive.
  Il comma 3 abroga il comma 13-ter dell'articolo 10 del decreto-legge n. 201 del 2011, il quale ha introdotto la possibilità straordinaria di prorogare, per un ulteriore periodo e fino a settantadue mesi, le dilazioni di pagamento dei debiti tributari concesse fino al 28 dicembre 2011, che non fossero ancora prorogate a tale data, ove interessate dal mancato pagamento della prima rata o, successivamente, di due rate, a condizione che il debitore comprovi un temporaneo peggioramento della situazione di difficoltà posta a base della concessione della prima dilazione.
  L'articolo 12-bis, a sua volta introdotto al Senato, prevede, al comma 1, che i canoni delle concessioni demaniali marittime dovuti a partire dall'anno 2014 siano versati entro la data del 15 settembre di ciascun anno. Contestualmente, l'ultimo periodo del comma 1 prevede che gli enti gestori intensifichino i controlli sull'adempimento del pagamento.
  In merito evidenzia come la disposizione, riferendosi ai canoni «dovuti a partire dall'anno 2014», sembri produrre l'effetto di prorogare al 15 settembre 2014 il termine per il versamento previsto dalla procedura di pagamento agevolato dei canoni introdotta dai commi 732 e 733 della legge di stabilità 2014 (termine scaduto, sia per il versamento in unica rata, sia per il versamento della prima rata, il 27 aprile 2014).
  La norma del comma 1 fa riferimento ai canoni demaniali di cui all'articolo 03, comma 1, lettera b) del decreto-legge n. 400 del 1993, la quale, come sostituita dal comma 251 dell'articolo unico della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006), ha ridefinito le modalità di determinazione dei canoni demaniali marittimi. Pag. 46In particolare viene prevista una classificazione delle aree sottoposte, in base agli articoli 36 e 37 del codice della navigazione, al pagamento dei canoni di concessione (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei) in due aree: A (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica) e B (aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazione ad uso pubblico a normale valenza turistica).
  Il comma 252 della citata legge finanziaria per il 2007 ha invece previsto che le misure dei canoni demaniali marittimi, come ridefinite dal comma 251, si applichino anche, a decorrere dal 1o gennaio 2007, alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.
  In tale contesto ricorda che, da ultimo, l'articolo 34-duodecies del decreto-legge n. 179 del 2012 ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali marittime in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015;
  Il comma 2, attraverso una modifica del comma 732 della legge di stabilità 2014, proroga il termine temporale previsto per il riordino complessivo della materia delle concessioni demaniali marittime dal 15 maggio 2014 al 15 ottobre 2014.
  Al riguardo rammenta che i citati commi 732 e 733 della legge di stabilità 2014 consentono la definizione dei procedimenti giudiziari pendenti, alla data del 30 settembre 2013, in materia di pagamento dei canoni demaniali marittimi attraverso a) il versamento in un'unica soluzione di un importo pari al 30 per cento delle somme dovute o, in alternativa: b) il versamento fino a un massimo di nove rate annuali di un importo pari al 60 per cento, oltre agli interessi legali. La domanda di definizione deve essere presentata all'Ente gestore e all'Agenzia del demanio entro il 28 febbraio 2014 e perfezionata entro i sessanta giorni successivi (e cioè entro il 27 aprile 2014) con il versamento dell'intero importo ovvero della prima rata.
  L'articolo 18, sopprime, a decorrere dal 1o giugno 2014, due regimi tariffari postali agevolati.
  In primo luogo viene soppresso il regime agevolato per l'invio di materiale elettorale da parte dei candidati e delle liste al Parlamento nazionale, al Parlamento europeo, ai Consigli regionali, comunali e provinciali, di Sindaco e di Presidente della provincia, previsto dagli articoli 17 e 20 della legge n. 515 del 1993.
  Al riguardo ricorda che il richiamato articolo 17 disponeva che ciascun candidato in un collegio uninominale e ciascuna lista di candidati in una circoscrizione per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (il riferimento è al sistema elettorale misto maggioritario uninominale e proporzionale, in vigore dal 1993 al 2005) hanno diritto ad usufruire, unicamente nei trenta giorni precedenti la data di svolgimento delle elezioni, di una tariffa postale agevolata di lire 70, per plico di peso non superiore a grammi 70, per l'invio di materiale elettorale per un numero massimo di copie pari al totale degli elettori iscritti nel collegio per i singoli candidati, e pari al totale degli elettori iscritti nella circoscrizione per le liste di candidati. La norma prevede che tale tariffa possa essere utilizzata.
  L'articolo 20 della legge n. 515 del 1993 estendeva l'agevolazione alle elezioni dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo, per le elezioni dei consigli delle regioni a statuto ordinario e, in quanto compatibili, delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché ai candidati alle elezioni comunali e provinciali, di Sindaco e di Presidente della provincia.
  In secondo luogo viene abolita l'agevolazione prevista dall'articolo 12, comma 6-bis, del decreto-legge n. 149 del 2013 (relativo all'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti) che aveva recentemente esteso, per il solo mese di aprile di Pag. 47ciascun anno, la tariffa postale agevolata (di cui all'articolo 17 sopra citato) alle comunicazioni individuali e al pubblico dei partiti circa la possibilità di destinazione da parte dei contribuenti del due per mille della propria imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) in favore di un partito politico iscritto nel registro dei partiti politici (introdotto dall'articolo 4 dello stesso decreto-legge n. 149).
  L'ultimo periodo dell'articolo 18, per quanto riguarda il periodo precedente al 1o giugno 2014, quindi il periodo intercorso tra la data di entrata in vigore del decreto (24 aprile 2014) ed il 31 maggio 2014, nel quale si sono svolte le elezioni europee ed amministrative, autorizza il fornitore del servizio postale universale ad assumere iniziative commerciali e organizzative idonee a contenere nel limite degli stanziamenti del bilancio dello Stato, allo scopo finalizzati, l'onere relativo alla fruizione entro il 31 maggio 2014 delle predette tariffe postali agevolate.
  L'articolo 22, al comma 1, attraverso una novella all'articolo 1, comma 423, della legge finanziaria per il 2006 (il quale stabilisce che costituiscono attività connesse all'esercizio dell'impresa agricola e si considerano produttive di reddito agrario, fatta salva l'opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli), interviene in materia di determinazione del reddito imponibile derivante dalla produzione e cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche effettuate da aziende agricole, introducendo il criterio per cui il reddito imponibile viene determinato applicando il coefficiente di redditività del 25 per cento all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione IVA, e non più il criterio di determinazione del reddito agrario definito su base catastale.
  Con una modifica apportata al Senato l'efficacia della disposizione, originariamente applicabile già dall'anno finanziario in corso (2014), è stata posticipata a decorrere dall'anno 2015.
  Il comma 1-bis detta, limitatamente al 2014, una disciplina transitoria che, in sostanza, prevede un regime di tassazione differenziato, in base al quale vengono mantenute come attività connesse all'esercizio dell'impresa agricola e dunque produttive di reddito agrario le seguenti attività:
   la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali, sino a 2.400.000 kwh anno, e fotovoltaiche, sino a 260.000 KWh anno
   la produzione e la cessione di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate da imprenditori agricoli;

  Per la produzione di energia oltre i limiti sopra indicati, il reddito delle persone fisiche, delle società semplici e degli altri soggetti che rivestono la qualifica di società agricola è invece determinato – ai fini IRPEF e IRES – applicando il coefficiente di redditività del 25 percento limitatamente all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto relativi alla componente riconducibile alla valorizzazione dell'energia ceduta, con esclusione della quota incentivo.
  Il comma 1-bis fa salva l'opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione all'amministrazione finanziaria, e mantiene ferme le disposizioni tributarie in materia di accisa.
  L'ultimo periodo del comma 1-bis prevede che il medesimo comma si applichi a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013 e di esso si tenga conto ai fini della determinazione dell'acconto delle imposte sui redditi e sull'imposta regionale sulle attività produttive dovute per il predetto periodo d'imposta.Pag. 48
  Il comma 2, modificato nel corso dell'esame al Senato, interviene in materia di IMU sui terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, prevedendo che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, e dell'Interno, siano individuati i comuni nei quali, a decorrere dall'anno di imposta 2014, si applica l'esenzione concernente i predetti terreni. Nel corso dell'esame al Senato è stata introdotta la previsione dell'esenzione dall'IMU per i terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che, in base al predetto decreto, non ricadono in zone montane o di collina. La disposizione specifica che da tali previsioni deve derivare un maggior gettito complessivo annuo non inferiore a 350 milioni di euro a decorrere dal 2014.
  Vengono altresì individuate le procedure per il recupero del maggior gettito, come risultante per ciascun comune a seguito dell'adozione del suddetto decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, per i comuni delle Regioni a statuto ordinario e delle Regioni Sicilia e Sardegna (secondo quanto previsto dai commi 128 e 129 dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012), nonché per i comuni delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano (secondo la procedura di cui al comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011).
  La norma rinvia quindi a un decreto del Ministero dell'interno che stabilirà le modalità per la compensazione del minor gettito in favore dei comuni nei quali ricadono i terreni a proprietà collettiva (non situati nelle zone montane e di collina) esentati.
  Il comma 2-bis precisa che i decreti di cui al comma 2 devono essere adottati entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
  L'articolo 22-bis, introdotto dal Senato, autorizza, al comma 1, la spesa di 75 milioni per il 2015 e di 100 milioni per il 2016 per gli interventi in favore delle zone franche urbane di Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, (di cui all'articolo 37, comma 1, del decreto-legge n. 179 del 2012) delle ulteriori zone franche individuate dalla delibera CIPE n. 14 del 2009 ricadenti nelle regioni non comprese nell'obiettivo Convergenza, nonché della zona franca del Comune di Lampedusa istituita dall'articolo 23, comma 45, del decreto-legge n. 98 del 2011.
  In merito ricorda che il citato articolo 37 del decreto-legge n. 179 reca disposizioni per il finanziamento di talune agevolazioni in favore delle piccole e medie imprese localizzate nelle zone franche urbane (ZFU) ricadenti nelle regioni dell'Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia). Fa presente come si tratti delle ZFU ricadenti in tali regioni già individuate dal CIPE con la delibera n. 14 del 2009 (Catania, Torre Annunziata, Napoli, Taranto, Gela, Mondragone, Andria, Crotone, Erice, Rossano, Lecce, Lamezia Terme), nonché quelle valutate ammissibili nella relazione istruttoria allegata alla stessa delibera e quelle ulteriori rivenienti da altra procedura di cui all'articolo 1, comma 342, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), la quale all'articolo 1, comma 340, ha previsto l'istituzione di zone franche urbane (ZFU) e ha costituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito Fondo per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi nelle ZFU, definendo altresì le agevolazioni tributarie di cui possono beneficiare le ZFU (esenzioni IRES, IRAP, IMU, previdenziali).
  In merito segnala come tale regime agevolativo sia stato esteso (ai sensi dell'articolo 37, comma 1-bis, del decreto-legge n. 179) anche alle aree industriali delle medesime regioni per le quali è stata già avviata una procedura di riconversione industriale, purché siano state precedentemente utilizzate per la produzione di autovetture, nonché (ai sensi del comma 4-bis del medesimo articolo 37) ai comuni della provincia di Carbonia – Iglesias Pag. 49nell'ambito dei programmi di sviluppo e degli interventi compresi nell'Accordo di Programma «Piano Sulcis».
  In forza del decreto del MISE del 10 aprile 2013 le ZFU delle 4 regioni dell'Obiettivo Convergenza interessano determinate sezioni censuarie dei seguenti comuni:
   a) Campania: Aversa, Benevento, Casoria, Mondragone, Napoli, Portici (centro storico), Portici (zona costiera), San Giuseppe Vesuviano e Torre Annunziata;
   b) Calabria: Corigliano Calabro, Cosenza, Crotone, Lamezia Terme, Reggio Calabria, Rossano e Vibo Valentia;
   c) Puglia: Andria, Barletta, Foggia, Lecce, Lucera, Manduria, Manfredonia, Molfetta, San Severo, Santeramo in Colle e Taranto;
   d) Sicilia: Aci Catena, Acireale, Bagheria, Barcellona Pozzo di Gotto, Castelvetrano, Catania, Enna, Erice, Gela, Giarre, Lampedusa e Linosa, Messina, Palermo (Brancaccio), Palermo (porto), Sciacca, Termini Imerese (inclusa area industriale), Trapani e Vittoria.

  Le ulteriori zone franche individuate dalla delibera CIPE n. 14 dell'8 maggio 2009 ricadenti nelle regioni non ricomprese nell'obiettivo Convergenza destinatarie dei finanziamenti di cui al presente articolo riguardano alcune zone censuarie dei comuni di Cagliari, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Campobasso, Velletri, Sora, Pescara, Ventimiglia, Massa-Carrara, Matera.
  Fa presente che le risorse stanziate dal comma 1 dell'articolo 22-bis (75 milioni per il 2015 e di 100 milioni per il 2016) saranno ripartite tra le zone franche urbane, al netto degli eventuali costi necessari per l'attuazione degli interventi, sulla base dei medesimi criteri di riparto utilizzati nell'ambito della delibera CIPE n. 14 dell'8 maggio 2009.
  Tali autorizzazioni di spesa costituiscono il limite annuale per la fruizione delle agevolazioni da parte delle imprese beneficiarie.
  Ai sensi del comma 2 dell'articolo 22-bis le regioni interessate possono destinare, a integrazione di tali risorse, proprie risorse per il finanziamento delle agevolazioni, anche rivenienti, per le zone franche dell'obiettivo Convergenza da eventuali riprogrammazioni degli interventi nell'ambito del Piano di azione coesione.
  Per l'attuazione degli interventi il comma 3 rinvia a quanto già disposto dal decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 aprile 2013, recante le condizioni, i limiti, le modalità e i termini di decorrenza e durata delle agevolazioni concesse ai sensi dell'articolo 37 del decreto-legge n. 179 del 2012.
  Il comma 4 pone il finanziamento di tali interventi nelle zone franche urbane a carico della quota nazionale (e quindi non di quella destinata alle regioni) delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, relative al ciclo di programmazione 2014-2020, come individuate dall'articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014.
  Al riguardo ricorda che il citato articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 determina la dotazione aggiuntiva delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) relativamente al ciclo di programmazione 2014-2020 nella misura di 54.810 milioni. Tuttavia la norma ne dispone l'iscrizione in bilancio nella misura dell'80 per cento (43.848 milioni), subordinando la restante quota di 10.962 milioni ad una verifica di metà periodo (da effettuare precedentemente alla predisposizione della legge di stabilità per il 2019, quindi nella primavera-estate 2018) sull'effettivo impiego delle prime risorse assegnate.
  Di tali risorse, peraltro, il predetto articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 ne dispone l'iscrizione in bilancio nella misura di 50 milioni nel 2014, di 500 milioni nel 2015 e di 1 miliardo nel 2016. Per gli anni successivi la quota annuale sarà determinata della tabella E delle singole leggi di stabilità a valere sulla restante quota di 42.298 milioni.
  L'articolo 24 reca disposizioni in materia di contenimento della spesa per le Pag. 50locazioni passive e per la manutenzione degli immobili, nonché in tema di razionalizzazione degli spazi in uso alle amministrazioni pubbliche.
  In particolare, il comma 1, il quale interviene sulla disciplina di cui all'articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009, relativa alla procedura che le amministrazioni statali devono seguire in caso di ricerca di immobili da locare, introduce la previsione secondo cui le indagini di mercato obbligatorie per le amministrazioni ai fini dell'individuazione della locazione passiva più vantaggiosa, debbano essere effettuate prioritariamente consultando il sistema applicativo informatico («Ploma») messo a disposizione dall'Agenzia del demanio, che riporta gli immobili pubblici e privati disponibili sul mercato (attualmente 130) offerti in locazione. Le pubbliche amministrazioni devono effettuare le loro ricerche prioritariamente fra quelli di proprietà pubblica e, successivamente, tra quelli offerti in locazione o in vendita da soggetti privati.
  In forza di tale nuova previsione le amministrazioni hanno dunque l'obbligo, qualora richiedano immobili per i loro fabbisogni allocativi, di svolgere le proprie indagini di mercato prioritariamente all'interno del novero di immobili in proprietà pubblica presenti sull'apposito applicativo informatico messo a disposizione dall'Agenzia del demanio.
  La norma specifica che la consultazione di tale sistema informatico, in caso di esito positivo, assolve i prescritti obblighi di legge in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni.
  Il comma 2, lettera a), integrando il comma 222-bis della citata legge n. 191 del 2009, prevede la segnalazione alla Corte dei conti da parte dell'Agenzia del demanio nel caso in cui le amministrazioni statali non si adeguino, nei tempi previsti, agli indicatori di performance individuati dall'Agenzia in termini di costo d'uso/addetto.
  Ricorda che la legge di stabilità 2014 ha previsto che, al fine di pervenire ad ulteriori risparmi di spesa, le amministrazioni centrali devono comunicare all'Agenzia del demanio i dati e le informazioni relativi ai costi per l'uso degli edifici di proprietà dello Stato e di terzi dalle stesse utilizzati. Con provvedimenti del direttore dell'Agenzia del demanio sono comunicati gli indicatori di performance elaborati dalla medesima Agenzia in termini di costo d'uso/addetto, sulla base dei dati e delle informazioni fornite dalle predette Amministrazioni dello Stato. Queste ultime, entro due anni dalla pubblicazione del relativo provvedimento nel sito internet dell'Agenzia del demanio, sono tenute ad adeguarsi ai migliori indicatori di performance ivi riportati.
  La lettera b) del comma 2, inserendo un nuovo comma 222-quater nella predetta legge n. 191, prevede invece un nuovo piano di razionalizzazione nazionale per assicurare, oltre al rispetto del parametro metri quadrati per addetto, un complessivo efficientamento della presenza territoriale, attraverso:
   l'utilizzo degli immobili pubblici disponibili o di parte di essi, anche in condivisione con altre amministrazioni pubbliche, compresi quelli di proprietà degli enti pubblici;
   la riduzione delle locazioni passive.

  I nuovi piani di razionalizzazione devono garantire per ciascuna amministrazione dal 2016 una riduzione di almeno il 50 per cento della spesa per locazioni e di almeno il 30 per cento degli spazi utilizzati. Termine di riferimento sono i valori registrati nel 2014.
  Tale revisione non si applica ai presidi territoriali di pubblica sicurezza e a quelli destinati al soccorso pubblico (secondo l'integrazione apportata dal Senato), nonché agli istituti penitenziari.
  La procedura prevede che i piani di razionalizzazione siano trasmessi dalle amministrazioni all'Agenzia del demanio, per la verifica della compatibilità con gli obiettivi così fissati. L'Agenzia li comunica, entro i successivi 60 giorni, al Ministero dell'economia e delle finanze. In caso di verifica positiva, l'Agenzia comunica gli Pag. 51stanziamenti di bilancio delle amministrazioni relativi alle locazioni passive, da ridurre per effetto dei risparmi individuati dal piano. Fino a metà dei risparmi individuati nei piano possono essere destinati (con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze) al finanziamento delle spese connesse alla realizzazione dei piani medesimi, da parte delle amministrazioni e dell'Agenzia del demanio.
  In caso di verifica negativa (o di mancata presentazione del piano), il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base dei dati comunicati dall'Agenzia del demanio, effettua una corrispondente riduzione sui capitoli relativi alle spese correnti per l'acquisto di beni e servizi dell'amministrazione inadempiente, al fine di assicurare comunque i risparmi attesi.
  Il comma 2-bis, modificando l'articolo 2-bis del decreto-legge n. 120 del 2013, interviene in tema di recesso dai contratti di locazione di immobili in corso.
  Al riguardo ricorda che il citato articolo 2-bis del decreto-legge n. 120 consente alle pubbliche amministrazioni (le amministrazioni dello Stato, le regioni e gli enti locali, nonché gli organi costituzionali nell'ambito della propria autonomia) di recedere, con un preavviso di 30 giorni, dai contratti di locazioni di immobili, entro il termine del 31 dicembre 2014.
  La legge di stabilità 2014, all'articolo 1, comma 389, prevede che la facoltà di recesso di cui all'articolo 2-bis non può essere esercitata nel caso di contratti locazione di immobili affittati a P.A. da parte di fondi comuni di investimento immobiliare o da parte di chi li ha acquistati dai suddetti fondi.
  La nuova formulazione del predetto articolo 2-bis recata dal comma 2-bis prevede per le amministrazioni pubbliche inserite annualmente dall'ISTAT nel conto economico consolidato (e quindi non più solo le amministrazioni dello Stato, le regioni e gli enti locali) e gli organi costituzionali, la facoltà di comunicare entro il 31 luglio 2014 il preavviso (ai fini del recesso) dai contratti di locazione in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
  Il recesso si perfeziona allo spirare dei sei mesi (180 giorni) successivi al preavviso, anche in deroga ad eventuali clausole contrattuali che lo limitino o lo escludano.
  Conseguentemente, il comma 2-ter modifica il citato comma 389 della legge di stabilità 2014 sopprimendo il riferimento – ai fini dell'applicazione della norma – al comma 1 dell'articolo 2-bis del decreto-legge n. 120 del 2013.
  Il comma 3 interviene sulla disciplina relativa alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili in uso alle amministrazioni statali.
  In dettaglio, la lettera a) introduce l'obbligo per le amministrazioni dello Stato di comunicare semestralmente gli interventi manutentivi effettuati direttamente (dunque non per il tramite dell'Agenzia del demanio quale «manutentore unico»), sia sugli immobili di proprietà dello Stato in uso governativo sia su quelli di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo.
  Tale obbligo non riguarda il Ministero della difesa, il Ministero degli affari esteri, il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti relativamente a settori specifici di rispettiva competenza.
  La lettera b) introduce la possibilità di revisionare in corso d'anno il piano triennale generale degli interventi manutentivi, sentiti i Provveditorati per le opere pubbliche. La revisione del piano è consentita solo in caso di sopravvenute e imprevedibili esigenze manutentive, di natura prioritaria rispetto agli interventi programmati e non ancora avviati (e non ancora affidati ad uno degli operatori con cui l'Agenzia del demanio abbia stipulato accordi quadro).
  La lettera c) prevede l'ampliamento del ruolo di ’centrale di committenza’ dell'Agenzia del demanio, introducendo la possibilità di stipulare accordi quadro, non solo per l'individuazione degli operatori che realizzino gli interventi, ma anche per l'individuazione dei professionisti a cui eventualmente affidarne la progettazione.
  Il comma 4 alla lettera a) anticipa al 1o luglio 2014, il termine previsto (dall'articolo Pag. 523, comma 4 del decreto-legge n. 95 del 2012) del 1o gennaio 2015, per la riduzione del 15 per cento dei canoni di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle amministrazioni.
  Destinatarie della disposizione sono le «amministrazioni centrali», come individuate dall'ISTAT, incluse le Autorità indipendenti e la Consob.
  La lettera b) estende l'applicazione – in quanto compatibile – della disciplina volta alla riduzione del 15 per cento dei canoni per locazioni passive alle Regioni, Province, Comuni, Comunità montane e loro consorzi e associazioni e agli enti del servizio sanitario nazionale (articolo 3, commi 4, 5 e 6 del citato decreto-legge n. 95 del 2012). Per le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano (prima espressamente escluse, ai sensi dell'articolo 3, comma 7 del medesimo decreto-legge) è prevista la facoltà di adottare misure alternative di contenimento della spesa per locazioni, tali però da garantire lo stesso livello di risparmi determinato con riguardo agli altri soggetti sopra richiamati.
  Il comma 5 contiene previsioni volte al contenimento della spesa per il deposito legale di stampati e documenti di interesse culturale destinati all'uso pubblico.
  In dettaglio, la lettera a) prevede la consegna agli istituti depositari di una sola copia di tali atti, mentre la lettera b) prevede che non sono soggette al deposito legale le ristampe dei documenti stampati in Italia, per l'archivio nazionale della produzione editoriale.
  L'articolo 25, modificato al Senato, al comma 1 anticipa al 31 marzo 2015 l'obbligo di fatturazione elettronica per i pagamenti dovuti da tutte le pubbliche amministrazioni, inclusi gli enti locali.
  Nei confronti dei Ministeri, delle Agenzie fiscali e degli enti nazionali di previdenza rimane fermo il termine del 6 giugno 2014 a partire dal quale non possono più essere accettate fatture emesse o trasmesse in forma cartacea. Per le restanti amministrazioni pubbliche il precedente termine del 6 giugno 2015 è anticipato al 31 marzo 2015.
  Il comma 2, modificato anch'esso dal Senato, introduce obblighi di contenuto delle fatture elettroniche emesse verso le pubbliche amministrazioni, al fine di assicurare l'effettiva tracciabilità dei loro pagamenti.
  In particolare, le fatture devono contenere anzitutto, ai sensi della lettera a) del comma 2, il Codice identificativo di gara (CIG); il predetto CIG non deve invece essere riportato:
   nei casi di esclusione dello stesso Codice indicati dalle linee guida sulla tracciabilità dei flussi finanziari ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 136 del 2010 (Piano straordinario contro le mafie) approvate dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con la Determinazione n. 4 del 7 luglio 2011;
   per le tipologie di appalto inserite nella una tabella 1 allegata al decreto-legge (ad esempio: fornitura di servizi di arbitrato e conciliazione, fornitura di servizi finanziari da parte della Banca d'Italia, appalti relativi a sponsorizzazioni, a servizi socio-sanitari e di ricovero);
   nei casi di esclusione dall'obbligo di tracciabilità stabiliti dalla richiamata legge n. 136 del 2010 (pagamenti in favore di enti previdenziali, assicurativi e istituzionali, in favore di gestori e fornitori di pubblici servizi, ovvero pagamenti riguardanti tributi).

  Inoltre, ai sensi della lettera b) del comma 2, tali fatture devono riportare il Codice unico di Progetto (CUP), in caso siano relative a opere pubbliche, interventi di manutenzione straordinaria, interventi finanziati da contributi comunitari, ovvero qualora ciò sia previsto ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 3 del 2003 (in base al quale, a decorrere dal 1o gennaio 2003, per la funzionalità della rete di monitoraggio degli investimenti pubblici, ogni nuovo progetto di investimento pubblico, Pag. 53nonché ogni progetto in corso di attuazione alla predetta data, è dotato di CUP).
  Il comma 2-bis, introdotto al Senato, dispone l'inserimento nei contratti di appalto, a cura della stazione appaltante, dei codici CIG e CUP, unitamente alla clausola di nullità assoluta dei medesimi contratti, qualora non sia previsto l'obbligo di tracciabilità dei flussi finanziari, integrato dal riferimento esplicito agli obblighi delle parti derivanti dall'applicazione della norma in esame.
  Il comma 3 vieta, peraltro senza prevedere alcuna sanzione, alle pubbliche amministrazioni di procedere al pagamento delle fatture elettroniche che non riportano i codici CIG e CUP ai sensi del comma 2.
  L'articolo 38-bis, introdotto nel corso dell'iter al Senato, stabilisce, al comma 1, che le cessioni dei crediti certi, liquidi ed esigibili maturati nei confronti delle pubbliche amministrazioni per somministrazioni, forniture ed appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali, alla data del 31 dicembre 2013, nonché le operazioni di ridefinizione dei relativi debiti richieste dalle amministrazioni pubbliche debitrici, con le garanzie connesse, sono esenti da imposte, tasse e diritti di qualsiasi tipo, fatta salva l'imposta sul valore aggiunto (IVA).
  La norma propone, pertanto, di estendere l'esenzione, già prevista per le cessioni dei crediti maturati al 31 dicembre 2012 dal comma 1 dell'articolo 8 del decreto-legge n. 35 del 2013, anche per le cessioni, riguardanti l'anno 2013, dei crediti certi, liquidi ed esigibili maturati nei confronti delle pubbliche amministrazioni.
  Il comma 2, a copertura dell'onere derivante dalle disposizioni contenute nel comma 1, prevede l'utilizzo delle somme derivanti da sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e versate entro il 15 maggio 2014 all'entrata del bilancio dello Stato, che alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi. Tali somme, nel limite di 1 milione di euro, sono acquisite in via definitiva al bilancio dello Stato.
  L'articolo 39, modificato al Senato, interviene sulla disciplina della compensazione tributaria dei crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione.
  In particolare, il comma 1 modifica l'articolo 28-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 in materia di riscossione (introdotto dall'articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2013), al quale consente la compensazione tra i crediti (certificati) non prescritti, certi, liquidi ed esigibili nei confronti dello Stato, degli enti pubblici nazionali, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale relativi a somministrazioni, forniture e appalti, con le somme dovute dai contribuenti in diverse fasi del procedimento tributario (accertamento con adesione; definizione; acquiescenza; definizione agevolata delle sanzioni; conciliazione giudiziale; mediazione).
  In tale contesto evidenzia come la modifica apportata dal comma 1 elimini il limite temporale (cioè il riferimento ai crediti maturati al 31 dicembre 2012) per l'utilizzo delle relative procedure e, dunque, estendendo lo strumento della compensazione anche ai crediti maturati dal 1o gennaio 2013 in poi.
  Il comma 1-bis, introdotto al Senato, amplia il novero delle amministrazioni nei confronti delle quali si potrà applicare la disciplina della compensazione dei crediti con le somme dovute dai contribuenti in diverse fasi del procedimento tributario, ovvero con le somme iscritte a ruolo (di cui, rispettivamente, all'articolo 28-quater, comma 1, e all'articolo 28-quinquies del già richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973).
  In sostanza, per effetto di tale norma potrà esperire la procedura di compensazione dei crediti (certificati) non prescritti, certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, laddove, in precedenza, tali procedure potevano attivarsi solo nei confronti dei crediti Pag. 54certificati vantati nei confronti di Stato, enti pubblici nazionali, regioni, enti locali ed enti del Servizio sanitario nazionale.
  L'articolo 40 amplia la platea dei crediti vantati nei confronti della PA compensabili con le somme iscritte a ruolo, differendo dal 31 dicembre 2012 al 30 settembre 2013 il termine entro il quale devono essere state notificate le relative cartelle di pagamento al fine di usufruire di detta compensazione.
  In particolare, la norma modifica l'articolo 9, comma 02, del decreto-legge n. 35 del 2013, che a sua volta aveva differito dal 30 aprile 2012 al 31 dicembre 2012 il termine (previsto dall'articolo 1, comma 1, del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 ottobre 2012) entro il quale devono essere state notificate le cartelle di pagamento, per poter usufruire delle compensazioni con i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali per somministrazione, forniture e appalti, ai sensi dell'articolo 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973.
  Ricorda, in estrema sintesi, che il richiamato articolo 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 consente, a partire dal 1o gennaio 2011, che i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti dello Stato, degli enti pubblici nazionali, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possano essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo, previa presentazione di apposita certificazione; l'estinzione del debito a ruolo è condizionata alla verifica dell'esistenza e validità della certificazione. L'articolo 28-quinquies del medesimo decreto del Presidente della Repubblica disciplina invece l'ipotesi di compensazione dei crediti vantati nei confronti della PA con le somme dovute nelle varie fasi del procedimento tributario. Da ultimo, rammenta che l'articolo 12, comma 7-bis, del decreto-legge n. 145 del 2013 ha affidato a una norma secondaria (decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico) il compito di stabilire, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, le modalità per la compensazione, nell'anno 2014, delle cartelle esattoriali in favore delle imprese titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazione, forniture, appalti e servizi, anche professionali, maturati nei confronti della pubblica amministrazione e certificati secondo le modalità di legge, nel caso in cui la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato.
  L'articolo 42 prevede l'obbligo, per tutte le pubbliche amministrazioni, di adottare a decorrere dal 1o luglio 2014 il registro unico delle fatture nel quale entro 10 giorni dal ricevimento devono essere annotate le fatture o le richieste equivalenti di pagamento per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali emesse nei loro confronti.
  Il registro delle fatture, che costituisce parte integrante del sistema informativo contabile, può essere sostituito da apposite funzionalità che saranno rese disponibili sulla piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti, mentre è esclusa la possibilità di ricorrere a registri di settore o di reparto. Il registro.
  Al fine di ridurre gli oneri a carico delle amministrazioni, il registro delle fatture può essere sostituito dalle apposite funzionalità che saranno rese disponibili sulla piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti nei confronti delle amministrazioni pubbliche per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali (di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2013).
  La norma dell'articolo 42 specifica il contenuto del registro delle fatture e degli altri documenti contabili equivalenti, ove è annotato:
   a) il codice progressivo di registrazione;
   b) il numero di protocollo di entrata;
   c) il numero della fattura o del documento contabile equivalente;Pag. 55
   d) la data di emissione della fattura o del documento contabile equivalente;
   e) il nome del creditore e il relativo codice fiscale;
   f) l'oggetto della fornitura;
   g) l'importo totale, al lordo di IVA e di eventuali altri oneri e spese indicati;
   h) la scadenza della fattura;
   i) nel caso di enti in contabilità finanziaria, gli estremi dell'impegno indicato nella fattura o nel documento contabile equivalente ai sensi di quanto previsto dal primo periodo del presente comma oppure il capitolo e il piano gestionale, o analoghe unità gestionali del bilancio sul quale verrà effettuato il pagamento;
   l) se la spesa è rilevante o meno ai fini IVA;
   m) il Codice identificativo di gara (CIG), tranne i casi di esclusione dall'obbligo di tracciabilità (l'articolo 3, comma 3, della legge n. 136 del 2010, in materia di normativa antimafia, esclude dalle disposizioni di tracciabilità dei flussi finanziari i pagamenti in favore di enti previdenziali, assicurativi e istituzionali, nonché quelli in favore di gestori e fornitori di pubblici servizi, ovvero quelli riguardanti tributi);
   n) il Codice unico di Progetto (CUP) che le competenti amministrazioni o i soggetti aggiudicatori richiedono in via telematica secondo la procedura definita dal CIPE, in caso di fatture relative a opere pubbliche, interventi di manutenzione straordinaria, interventi finanziati da contributi comunitari e ove previsto ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 3 del 2003 (in base al quale, per la funzionalità della rete di monitoraggio degli investimenti pubblici, ogni nuovo progetto di investimento pubblico, nonché ogni progetto in corso di attuazione alla predetta data, è dotato del Codice unico di progetto);
   o) qualsiasi altra informazione che si ritiene necessaria.

  Al riguardo ricorda che l'articolo 25 del decreto-legge n. 66 in esame, illustrato in precedenza, anticipa l'entrata in vigore dell'obbligo di fatturazione elettronica per i pagamenti dovuti da tutte le pubbliche amministrazioni.
  Nell'ambito dell'articolo 50 interessano gli ambiti di competenza della Commissione Finanze i commi 6, 11 e 12.
  Il comma 6, al fine di rendere permanente il bonus fiscale previsto per i lavoratori dipendenti e assimilati dall'articolo 1 del decreto-legge, istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un apposito fondo denominato «Fondo destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti», con la seguente dotazione:
   1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e 2.685 milioni di euro in termini di indebitamento netto per il 2015;
   4.680 milioni di euro per il 2016;
   4.135 milioni di euro per il 2017;
   1.990 milioni di euro a decorrere dal 2018.

  Al riguardo rammenta che l'intervento di carattere strutturale che dovrebbe rendere permanente il bonus previsto dall'articolo 1 dovrebbe essere attuato con la legge di stabilità per l'anno 2015.
  Il comma 11 prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze effettui il monitoraggio sulle maggiori entrate relative all'IVA derivanti dalle misure concernenti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni di cui al titolo III del decreto-legge (recanti disposizioni in materia di pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni).
  La Relazione tecnica allegata al disegno di legge presentato al Senato specifica che le disposizioni concernenti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni autorizzano la messa a disposizione delle amministrazioni interessate di ulteriori risorse sotto forma di anticipazioni di liquidità per circa 8,7 miliardi. Tuttavia si ipotizzano pagamenti di debiti per soli 5 Pag. 56miliardi, i quali genererebbero entrate da IVA per 650 milioni (applicando una aliquota media IVA del 15 per cento).
  In tale prospettiva il comma 11 introduce una clausola di salvaguardia, stabilendo che qualora dal monitoraggio emerga un andamento che non consenta il raggiungimento dell'obiettivo di maggior gettito IVA pari a 650 milioni per il 2014, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, da emanare entro il 30 settembre 2014, deve stabilire l'aumento delle accise di cui alla direttiva 2008/118/CE (recante il regime generale delle accise sui seguenti prodotti: prodotti energetici ed elettricità; alcole e bevande alcoliche; tabacchi lavorati), in misura tale da assicurare il conseguimento del predetto obiettivo.
  Il comma 12 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio necessarie per l'attuazione della disposizione del comma 11.
  Sebbene non attenga direttamente ai profili di competenza della Commissione, illustra in questa sede anche il contenuto dell'articolo 26, il quale interviene in tema di obblighi di pubblicità, relativi agli avvisi e ai bandi previsti nel Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006.
  In particolare, il comma 1, articolato nelle lettere a) e b), modifica, con novelle di analogo tenore, l'articolo 66 del predetto Codice, in cui si disciplinano le modalità di pubblicazione dei bandi e degli avvisi relativi a tutti i contratti nei settori ordinari di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria (cosiddetti appalti «sopra soglia»), e l'articolo 122, che disciplina la stessa materia relativamente ai contratti di lavori pubblici di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria (cosiddetti appalti «sotto soglia»), eliminando in entrambi l'obbligo di pubblicità sui quotidiani.
  Per quanto riguarda gli avvisi e i bandi dei contratti nei settori ordinari di importo superiore alla soglia comunitaria viene confermato l'obbligo, già previsto, per le stazioni appaltanti, di dare pubblicità a tutti:
   1) nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, entro il sesto giorno feriale successivo a quello del ricevimento della documentazione da parte dell'Ufficio inserzioni dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato;
   2) sul «profilo di committente» della stazione appaltante;
   3) entro i successivi due giorni lavorativi, sul sito informatico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché sul sito dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, operante nell'ambito dell'Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici (AVCP), con l'indicazione degli estremi di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

  Per quanto riguarda invece gli avvisi e dei bandi relativi ai contratti di lavori pubblici sotto soglia:
   1) i bandi di importo pari o superiore a cinquecentomila euro devono essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, entro sei giorni feriali dal ricevimento della documentazione da parte dell'Ufficio inserzioni dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, sul «profilo di committente» della stazione appaltante, e, entro i successivi due giorni lavorativi, sul sito informatico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dell'Osservatorio dei contratti pubblici, con l'indicazione degli estremi di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale;
   2) i bandi di importo inferiore a cinquecentomila euro devono essere pubblicati nell'albo pretorio del Comune in cui si eseguono i lavori e sul «profilo di committente» della stazione appaltante, anziché nell'albo della stazione appaltante come previsto nel testo previgente, prevedendosi inoltre che gli effetti giuridici connessi alla pubblicazione decorrono dalla pubblicazione nell'albo pretorio del Comune;Pag. 57
   3) si consente alle stazioni appaltanti di prevedere forme aggiuntive di pubblicità diverse da quelle obbligatorie e di pubblicare avvisi o bandi concernenti appalti pubblici non soggetti agli obblighi di pubblicazione.

  Entrambe le novelle introducono, inoltre, l'obbligo di pubblicazione, esclusivamente per via telematica, delle informazioni ulteriori, complementari o aggiuntive rispetto a quelle indicate nel Codice dei contratti e nell'Allegato IX A del medesimo Codice, che riporta nel dettaglio le informazioni che devono figurare nei bandi e negli avvisi di appalti pubblici, nonché l'obbligo, a carico dell'aggiudicatario, di rimborsare alla stazione appaltante, entro sessanta giorni dall'aggiudicazione del contratto, delle spese per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, degli avvisi, dei bandi di gara e delle informazioni di cui all'Allegato IX A.
  Nel corso dell'esame al Senato è stato aggiunto il comma 1-bis, il quale stabilisce l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 26 a partire dal 1o gennaio 2016.
  Il comma 1-ter, inserito anch'esso nel corso dell'esame al Senato, fa salvi gli effetti derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, prodottisi fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
  Passando alle disposizioni del disegno di legge di conversione rilevanti per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala in primo luogo il comma 11 dell'articolo 1, il quale riformula il comma 1 dell'articolo 16 della legge n. 23 del 2014, recante delega per la riforma del sistema fiscale e introduce nel medesimo articolo 16 un comma 1-bis, per quanto concerne gli effetti finanziari.
  Al riguardo ricorda che il testo vigente dell'articolo 16, comma 1, della legge n. 23 dispone che dall'attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, né un aumento della pressione fiscale complessiva a carico dei contribuenti.
  In considerazione della complessità della materia trattata dai decreti legislativi attuativi e dell'impossibilità di procedere alla determinazione degli eventuali effetti finanziari, la disposizione dell'articolo 16 prevede che la relativa quantificazione è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi e che, qualora eventuali nuovi o maggiori oneri derivanti da un decreto legislativo non trovino compensazione nell'ambito del medesimo decreto, il decreto stesso è emanato solo successivamente alla data di entrata in vigore di un provvedimento legislativo che stanzi le occorrenti risorse finanziarie.
  In tale quadro la novità recata dalla nuova formulazione del predetto comma 1 dell'articolo 16 consiste nello stabilire che, a seguito della complessità della materia trattata e dell'impossibilità di procedere alla determinazione degli eventuali effetti finanziari della legge delega, la relazione tecnica relativa a ciascuno schema di decreto legislativo dovrà evidenziare gli effetti sui saldi di finanza pubblica del medesimo schema di decreto.
  Qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri, che non trovino compensazione nel proprio ambito si provvede ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 196 del 2009, ovvero mediante compensazione con le risorse finanziarie recate dai decreti legislativi, adottati ai sensi della legge delega, presentati prima o contestualmente a quelli che comportano i nuovi o maggiori oneri.
  A tal fine le maggiori entrate confluiscono in un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Il nuovo comma 1-bis dell'articolo 16 della legge n. 23 stabilisce che i decreti legislativi attuativi i quali recano maggiori oneri entrano in vigore contestualmente o successivamente a quei decreti attuativi che recano la necessaria copertura finanziaria.
  In sostanza, la nuova formulazione dell'invarianza finanziaria della legge n. 23 del 2014 permette che uno schema di decreto legislativo attuativo recante maggiori Pag. 58oneri per la finanza pubblica possa essere esaminato dalle Commissioni parlamentari per l'emanazione del parere, ma prevede che esso entrerà in vigore nell'ordinamento contestualmente (o successivamente) all'entrata in vigore di un altro schema di decreto attuativo che invece genererà maggiori entrate per la finanza pubblica.
  Alla fine la somma degli effetti finanziari di tutti i decreti attuativi della legge delega dovrà essere pari a zero, in quanto diversamente altererebbe in negativo i saldi della finanza pubblica, o finirebbe con l'aumentare la pressione fiscale complessiva a carico del contribuente.

  Francesco BOCCIA, presidente, in considerazione dell'esigenza, per la V Commissione, di procedere, in sede consultiva, all'esame di emendamenti riferiti a provvedimenti in discussione nella seduta odierna dell'Assemblea, rinvia il seguito dell'esame alla seduta delle Commissioni riunite già convocata alle ore 13.30 di oggi.

  La seduta termina alle 10.35.

SEDE REFERENTE

  Martedì 10 giugno 2014. — Presidenza del presidente della V Commissione Francesco BOCCIA, indi del vicepresidente della VI Commissione Michele PELILLO. — Interviene il Viceministro per l'economia e le finanze Enrico Morando.

  La seduta comincia alle 14.40.

DL 66/2014: Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria.
C. 2433 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nell'odierna seduta antimeridiana.

  Federico FAUTTILLI (PI), relatore per la V Commissione, nel sottolineare l'importanza economico-sociale del provvedimento in esame, stigmatizza il fatto che l'esame del decreto-legge presso la Camera debba svolgersi in tempi molto ristretti, al fine di assicurare la conversione in legge dello stesso.
  Per quanto riguarda il merito del provvedimento, segnala preliminarmente che si soffermerà sugli articoli di competenza della Commissione Bilancio, ossia sugli articoli da 7 a 10, da 12 a 17, da 19 a 21, 22-bis, 23, da 27 a 37, da 41 a 41-bis, da 43 a 50-bis, e sull'articolo 1 del disegno di legge di conversione. Rileva, quindi, quanto segue.
  L'articolo 7, al comma 1, prevede l'applicazione, fino all'annualità 2013, della procedura che destina le maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale. Il medesimo comma 1 prevede inoltre che le maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate nell'anno 2013 derivanti dalla suddetta attività – valutate in 300 milioni di euro annui dal 2014 – concorrono alla copertura degli oneri recati dal provvedimento in esame.
  Il comma 1-bis del medesimo articolo 7, introdotto nel corso dell'esame al Senato, modifica la norma, di cui alla legge di stabilità 2014, istitutiva del «nuovo» Fondo per la riduzione della pressione fiscale. In particolare tale modifica elimina la distinzione tra il biennio 2014-2015 e le annualità successive a decorrere dal 2016, definendo quindi per ognuno di tali anni le maggiori entrate da destinare al predetto Fondo sia rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell'esercizio in corso sia rispetto alle entrate effettivamente incassate nell'esercizio precedente derivanti dall'attività di contrasto all'evasione. È inoltre estesa al 2015 la riassegnazione Pag. 59al citato Fondo delle entrate derivanti da misure straordinarie di contrasto all'evasione fiscale.
  L'articolo 8 specifica gli obblighi di pubblicazione dei dati relativi alla spesa delle pubbliche amministrazioni, già previsti in generale dal decreto legislativo n. 33 del 2013, prevedendo, tra l'altro, la predisposizione di un indicatore trimestrale di tempestività dei pagamenti a decorrere dal 2015. La norma dispone una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi per complessivi 2,1 miliardi di euro per il 2014, di cui 700 milioni di euro da parte delle regioni e province autonome, 340 milioni di euro a carico delle province e città metropolitane, 360 milioni di euro da parte dei comuni e 700 milioni di euro a valere sulle amministrazioni statali. Il comma 5 del citato articolo demanda la determinazione degli obiettivi di riduzione di spesa per le amministrazioni dello Stato a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. Il comma in argomento stabilisce che tale decreto dovrà determinare riduzioni meno consistenti per gli enti che acquistano a prezzi i più prossimi a quelli di riferimento, ove esistenti, che registrano minori tempi di pagamento dei fornitori, che fanno più ampio ricorso agli strumenti di acquisto messi a disposizione da centrali di committenza. Il comma 10-bis di tale articolo, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede poi che, per il prossimo triennio, ai cantieri comunali per l'occupazione e ai cantieri verdi, previsti dalla normativa della regione Sardegna in materia di lavoro e difesa dell'ambiente, non si applichi il limite di spesa posto dalla normativa vigente alle assunzioni di personale a tempo determinato, stante il carattere temporaneo dei cantieri stessi. La norma, infine, prescrive che i programmi di investimenti pluriennali per la difesa nazionale siano rideterminati in maniera tale da conseguire riduzioni di spesa pari a 400 milioni di euro per il 2014.
  L'articolo 9, nel dettare disposizioni in materia di acquisizione di beni e servizi nelle procedure di appalto, dispone, nell'ambito dell'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, l'istituzione dell'elenco dei soggetti aggregatori di cui fanno parte Consip S.p.A e una centrale di committenza per ciascuna regione, ove costituita ai sensi della normativa vigente. La norma razionalizza e semplifica i processi di acquisto attraverso una riduzione dei tempi e dei costi delle procedure, allo scopo di ridurre il contenzioso e garantire maggiore trasparenza nelle procedure di appalto. In particolare, il comma 8-bis di tale articolo, introdotto nel corso dell'esame al Senato, al fine di una migliore attuazione dei programmi di sviluppo cofinanziati con fondi dell'Unione europea, prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze si avvale di Consip S.p.A per lo svolgimento di procedure di gara finalizzate all'acquisizione di beni e di servizi da parte delle autorità di gestione, certificazione e audit istituite presso le singole amministrazioni titolari dei citati programmi di sviluppo.
  L'articolo 10 disciplina i compiti di vigilanza sulle attività finalizzate all'acquisizione di beni e servizi, attribuendole all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture. La norma definisce, inoltre, la procedura per la pubblicazione dei prezzi delle prestazioni principali oggetto delle convenzioni CONSIP e le informazioni che le amministrazioni aggiudicatrici devono trasmettere all'Osservatorio dei contratti pubblici istituito presso la medesima Autorità.
  L'articolo 12 riguarda il conto corrente della Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. presso la Tesoreria centrale dello Stato e consente al Ministro dell'economia e delle finanze di allineare il periodo di rilevazione dei tassi di interesse corrisposti sulle giacenze dei conti correnti fruttiferi di tesoreria a quello dell'effettiva maturazione. Il comma 2 rimodula le provvigioni di collocamento in asta dei titoli di Stato, in funzione dell'andamento dei tassi di interesse e a tutela del risparmio.
  L'articolo 13, al comma 1, prevede che, a decorrere dal 1o maggio 2014, il limite massimo retributivo per il trattamento economico annuo onnicomprensivo del Pag. 60personale pubblico e delle società partecipate sia fissato in 240 mila euro, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente. Viene quindi specificato, nella formulazione approvata dal Senato, che sono fatti salvi gli eventuali limiti retributivi in vigore al 30 aprile 2014, determinati per effetto di apposite disposizioni legislative, regolamentari e statutarie, qualora inferiori al suddetto limite. Al comma 3 la norma reca la clausola di adeguamento delle regioni al nuovo limite retributivo, nel medesimo termine del 1o maggio 2014. Il comma 5 prevede che la Banca d'Italia adegui il proprio ordinamento ai principi posti da questo articolo del decreto-legge, nell'ambito della propria autonomia organizzativa e finanziaria.
  L'articolo 14, a decorrere dal 2014, pone limiti di spesa, calcolati in percentuale rispetto alla spesa per il personale dell'amministrazione che conferisce gli incarichi, per gli incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, conferiti o stipulati dalle amministrazioni pubbliche, ad eccezione di università, istituti di formazione, enti di ricerca, enti del Servizio sanitario nazionale. Al fine di rispettare tali limiti di spesa, la norma prevede che gli incarichi e i contratti in corso possano essere rinegoziati.
  L'articolo 15 riduce il limite massimo di spesa consentita alle pubbliche amministrazioni per le autovetture di servizio e per l'acquisto di buoni taxi, dal 50 per cento della spesa sostenuta per tale finalità nel 2011 al 30 per cento.
  Il comma 2-bis del medesimo articolo 15, inserito nel corso dell'esame presso il Senato, stabilisce una deroga per la Regione Lombardia, per gli anni 2014 e 2015, ai limiti di spesa imposti dall'articolo 6 del decreto-legge n. 78 del 2010 per le spese inerenti relazioni pubbliche, convegni e mostre in relazione all'evento Expo 2015. La Regione Lombardia è tenuta comunque a garantire gli obiettivi complessivi di riduzione della spesa imposti alle pubbliche amministrazioni dallo stesso articolo 6 del decreto legge n. 78 del 2010 e dunque dovrà adottare misure alternative di contenimento della spesa in altre settori per compensare il maggior onere consentito per le spese di comunicazione e promozione.
  I commi da 1 a 3 dell'articolo 16 dispongono un risparmio di spesa per i Ministeri e la Presidenza del Consiglio dei ministri pari a 240 milioni per il 2014, demandando ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l'individuazione delle voci di spesa da ridurre. Il comma 4 autorizza i Ministeri, in via temporanea per realizzare ulteriori riduzioni di spesa, ad adottare i rispettivi regolamenti di organizzazione nella forma di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, anziché di regolamenti di delegificazione. Il comma 5 dispone l'integrale definanziamento delle disponibilità di bilancio 2014 del Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio. Il comma 6 dispone una riduzione del 20 per cento, per il periodo maggio-dicembre 2014, della indennità di diretta collaborazione spettante al personale in servizio presso gli uffici di diretta collaborazione dei Ministri. Il comma 6-bis, introdotto dal Senato, affida esclusivamente al sistema di pagamenti NoiPA, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, talune categorie di prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche. Il comma 7 incrementa di 4,8 milioni di euro per l'anno 2014 l'autorizzazione di spesa finalizzata al rilancio del settore agricolo e alla realizzazione delle iniziative in campo agroalimentare connesse all'evento Expo 2015, nonché alla partecipazione all'evento medesimo. Il comma 8, modificato nel corso dell'esame presso il Senato, autorizza l'Istituto per lo sviluppo agroalimentare – ISA S.p.A. a versare all'entrata del bilancio dello Stato una somma pari a 21,2 milioni di euro entro il 31 luglio 2014. Il comma 9 autorizza il Commissario ad acta per la gestione delle attività attribuite al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, già di competenza della soppressa Agensud, a versare all'entrata del bilancio dello Stato 5,5 milioni di euro, entro il 31 luglio 2014.Pag. 61
  L'articolo 16-bis, introdotto dal Senato, al comma 1 attribuisce agli uffici all'estero del Ministero degli affari esteri compiti di promozione del sistema Paese, istituendo allo scopo un apposito fondo, con una dotazione di 15 milioni di euro per l'anno 2015 e di 13 milioni di euro a decorrere dal 2016. Al relativo onere si provvede, al comma 2, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa per le indennità di servizio all'estero. Il comma 3 incrementa il contingente di personale a contratto del quale possono avvalersi gli uffici del Ministero degli affari esteri, provvedendo alla copertura del relativo onere mediante un'ulteriore riduzione dell'autorizzazione di spesa per le indennità di servizio all'estero e la soppressione di posti in organico degli uffici all'estero. Il comma 4 reca una clausola di salvaguardia relativa alle spese di cui al comma 3, prevedendo che, in caso di scostamenti rispetto agli oneri previsti, si provveda all'ulteriore riduzione dell'autorizzazione di spesa per le indennità di servizio all'estero.
  L'articolo 17, modificato dal Senato, reca disposizioni per il contenimento della spesa degli organi costituzionali e di rilievo costituzionale. Il comma 1 dispone che la Presidenza della Repubblica, il Senato, la Camera dei deputati e la Corte Costituzionale procedano a riduzioni di spesa per l'anno 2014 per un importo complessivo di 50 milioni di euro. Il comma 2 riduce di complessivi 5,305 milioni di euro, per l'anno 2014, gli stanziamenti per le spese di funzionamento della Corte dei Conti, del Consiglio di Stato, dei TAR, del Consiglio superiore della magistratura e del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana. Il comma 2-bis, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, specifica che le riduzioni di spesa di cui al comma 1 e 2 sono ripartite tra i diversi soggetti in misura proporzionale al rispettivo onere a carico della finanza pubblica per l'anno 2013. Il comma 3 disciplina il contenimento delle spese del CNEL.
  L'articolo 19, ai commi 01 e 1, reca modifiche alla cosiddetta «legge Delrio», in materia di città metropolitane, province e comuni (legge n. 56 del 2014). Il comma 1 individua il contributo alla finanza pubblica a carico di province e città metropolitane conseguenti alle misure recate dalla «legge Delrio», pari a 100 milioni di euro per il 2014, 60 milioni di euro per il 2015 e 69 milioni a decorrere dal 2016 (nuovo comma 150-bis dell'articolo 1 della legge n. 56 del 2014).
  Con il comma 01, introdotto dal Senato, è in primo luogo soppressa la previsione, nell'ambito del procedimento di istituzione delle città metropolitane, di una conferenza statutaria incaricata di redigere, entro il 30 settembre 2014, una proposta di statuto della città metropolitana. In secondo luogo, si interviene sulla disciplina della gratuità degli incarichi di sindaco metropolitano, di consigliere metropolitano e di componente della conferenza metropolitana, specificando che gli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori, relativi ai permessi retribuiti e agli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi, restano a carico della città metropolitana. Uguale disciplina è dettata per il presidente della provincia e i componenti della giunta provinciale, che restano in carica, a titolo gratuito, nella fase transitoria di istituzione della città metropolitana. Anche in tal caso gli oneri per i permessi retribuiti e gli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi restano a carico della provincia. Il medesimo comma 01 interviene infine sull'obbligo di rideterminare gli oneri connessi allo status degli amministratori locali al fine di assicurare l'invarianza di spesa, obbligo che grava sui comuni per i quali la già citata «legge Delrio» ha introdotto un aumento del numero dei consiglieri e degli assessori; in particolare viene precisato che, ai fini del rispetto dell'invarianza di spesa, sono esclusi dal computo degli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori, gli oneri relativi ai permessi retribuiti e agli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi.
  Il comma 1-bis del medesimo articolo 19, introdotto dal Senato, reca alcune modifiche alle disposizioni del Testo unico degli enti locali in materia di revisori dei Pag. 62conti degli enti locali. Le modifiche sono volte ad adeguare le disposizioni del TUEL alle nuove modalità di scelta dei revisori stessi, introdotte dall'articolo 16, comma 25, del decreto-legge n. 138 del 2011.
  L'articolo 19-bis, introdotto dal Senato, nel disporre una serie di modifiche alla legge 6 novembre 1989, n. 368, recante l'istituzione del Consiglio generale degli italiani all'estero, realizza risparmi di spesa attraverso la riduzione del numero dei componenti e della frequenza di alcune tipologie di riunione del predetto organo, nonché attraverso la limitazione di alcune forme di rimborso a carico dei suoi componenti.
  L'articolo 20 stabilisce che le società a totale partecipazione diretta o indiretta dello Stato, nonché le società da esso direttamente o indirettamente controllate, i cui soci di minoranza siano pubbliche amministrazioni, ad esclusione di quelle emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati, debbano realizzare, nel biennio 2014-2015, una maggiore efficienza in termini di riduzione dei costi operativi non inferiore al 2,5 per cento nel 2014 ed al 4 per cento nel 2015, con riferimento ai costi risultanti dai bilanci di esercizio approvati per l'anno 2013. I risparmi derivanti da tali riduzioni dovranno essere distribuiti dalle società all'azionista pubblico entro il 30 settembre di ciascun esercizio, ovvero in sede di approvazione dei bilanci di esercizio 2014 e 2015. Sono escluse dall'applicazione della norma le società per le quali risultino già avviate procedure per l'apertura del capitale ai privati, Consip S.p.A. e gli altri soggetti aggregatori che svolgono il ruolo di centrale di committenza, nonché la Rai S.p.A., che concorre alle finalità di risparmio ai sensi del successivo articolo 21.
  L'articolo 20-bis, introdotto dal Senato, dispone l'esenzione per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome dall'obbligo di cedere a terzi le aziende termali ad esse trasferite a titolo gratuito.
  L'articolo 21 reca disposizioni concernenti RAI S.p.A. In particolare, il comma 1 dispone la soppressione dell'articolazione regionale della Rai-Radiotelevisione italiana S.p.A. Il comma 2 contempla una norma di carattere transitorio, prevedendo che fino alla definizione di un nuovo assetto territoriale da parte di RAI S.p.A., le sedi regionali o, per le province autonome di Trento e di Bolzano, le sedi provinciali della società continuano ad operare in regime di autonomia finanziaria e contabile in relazione all'attività di adempimento degli obblighi di pubblico servizio affidati alle stesse. Il comma 3, ai fini dell'efficientamento, della razionalizzazione e del riassetto industriale nell'ambito delle partecipazioni detenute dalla RAI S.p.A., prevede la facoltà in capo alla stessa società di cedere sul mercato, secondo modalità trasparenti e non discriminatorie, quote di società partecipate, garantendo la continuità del servizio erogato. Il comma 4 dispone, infine, una riduzione di 150 milioni di euro, per il 2014, delle somme, rivenienti dal canone di abbonamento, dovute dallo Stato alla RAI.
  L'articolo 22-bis, introdotto dal Senato, autorizza la spesa di 75 milioni per il 2015 e di 100 milioni per il 2016 per gli interventi in favore delle zone franche urbane di Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, delle ulteriori zone franche individuate dalla delibera CIPE n. 14 del 2009 ricadenti nelle regioni non comprese nell'obiettivo Convergenza (nell'ambito dei comuni di Cagliari, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Campobasso, Velletri, Sora, Pescara, Ventimiglia, Massa-Carrara, Matera), nonché della zona franca del Comune di Lampedusa.
  L'articolo 23 affida al Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa il compito di predisporre entro il 31 luglio 2014 un programma di razionalizzazione ed incremento di efficienza, anche ai fini di una loro valorizzazione industriale, delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali. Il programma dovrà individuare misure di riduzione e aggregazione delle municipalizzate, misure di incremento dell'efficienza della gestione, Pag. 63nonché la cessione di rami d'azienda o anche di personale ad altre società, anche a capitale privato, con correlativo trasferimento di attività e servizi. Il programma sarà reso operativo e vincolante per gli enti locali con il disegno di legge di stabilità per il 2015 ai fini di un suo inserimento nell'ambito del meccanismo del patto di stabilità e crescita interno.
  L'articolo 27 introduce nuove modalità di monitoraggio dei debiti delle pubbliche amministrazioni, dei relativi pagamenti e dell'eventuale verificarsi di ritardi rispetto ai termini fissati dalla direttiva europea, attraverso un adeguamento delle funzionalità della Piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni; esso inoltre amplia il perimetro delle amministrazioni pubbliche tenute alla certificazione dei debiti non estinti, ridefinendo, di conseguenza, i soggetti cui compete la nomina degli eventuali commissari ad acta ed introducendo sanzioni a carico sia delle amministrazioni medesime che dei dirigenti responsabili nei casi di inadempimento dell'obbligo di certificazione nei tempi previsti.
  L'articolo 28 riguarda le certificazioni dei pagamenti effettuati dalle pubbliche amministrazioni, in massima parte enti locali, con le risorse trasferite dalla regione a seguito dell'estinzione dei debiti della regione medesima. Il monitoraggio delle certificazioni dovrà essere effettuato dalla regione che ha estinto il debito, secondo modalità e procedure definite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata. A tal fine, la norma in esame apporta modifiche all'articolo 2 del decreto-legge n. 35 del 2013, che ha disciplinato il pagamento dei debiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
  L'articolo 29 dispone l'attribuzione agli enti locali delle disponibilità della «Sezione enti locali» del «Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili», non erogate sulla base delle istanze precedenti.
  L'articolo 30, soppresso dal Senato, precisava che tra i debiti fuori bilancio finanziabili mediante anticipazioni di liquidità rientrano anche quelli contenuti nei piani di riequilibrio finanziario pluriennale.
  L'articolo 31 dispone per il 2014 un incremento della dotazione della «Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali» del «Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili», di 2.000 milioni di euro, al fine di favorire il pagamento dei debiti maturati alla data del 31 dicembre 2013 da parte delle società e degli enti partecipati dagli enti locali. In particolare, tale incremento di risorse può essere concesso agli enti locali per il pagamento dei propri debiti nei confronti delle società partecipate.
  L'articolo 32 dispone per il 2014 un incremento di 6 miliardi di euro della dotazione del «Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili», al fine di far fronte ai pagamenti da parte delle regioni e degli enti locali dei debiti maturati alla data del 31 dicembre 2013. La ripartizione dell'incremento tra le tre Sezioni del Fondo e la definizione dei criteri, dei tempi e delle modalità per la concessione alle regioni e agli enti locali delle relative risorse è demandata ad un apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze. Con tale decreto sarà altresì determinata l'eventuale dotazione aggiuntiva per l'anno 2014 della Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti diversi da quelli finanziari e sanitari, derivante da eventuali disponibilità relative ad anticipazioni di liquidità attribuite precedentemente e non ancora erogate.
  Allo scopo di garantire il completo riequilibrio di cassa per il settore sanitario, si consente anche alle regioni sottoposte ai piani di rientro (ovvero a programmi operativi di prosecuzione degli stessi) di poter accedere alle anticipazioni di liquidità. Allo scopo sono destinati al settore 600 milioni di euro, a valere sull'incremento complessivo della dotazione del Fondo liquidità (6 miliardi) previsto dall'articolo in esame. Pag. 64
  È infine autorizzata, per l'anno 2014, una spesa di euro 0,5 milioni per le attività gestite da Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.
  L'articolo 33 consente ai comuni dissestati di accedere nell'anno 2014 ad una anticipazione, a valere sul Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, da destinare all'incremento della massa attiva della gestione liquidatoria per il pagamento dei debiti ammessi nell'ambito della procedura di dissesto. La norma si applica ai comuni che abbiano dichiarato il dissesto a far data dal 1o ottobre 2009 e sino alla data di entrata in vigore della legge n. 64 del 2013 (8 giugno 2013), di conversione del decreto-legge n. 35 del 2013. L'anticipazione erogata all'ente locale viene messa a disposizione dell'organo di liquidazione entro 30 giorni; l'organo di liquidazione, a sua volta, provvederà al pagamento dei debiti ammessi entro i successivi 90 giorni. L'anticipazione è concessa nell'ambito di un tetto massimo di risorse pari a 300 milioni di euro.
  Contestualmente l'articolo 33 sopprime l'analoga disciplina già presente nell'articolo 1, comma 17-sexies, del decreto-legge n. 35 del 2013.
  L'articolo 34 introduce una norma transitoria nella disciplina che prevede anticipazioni di liquidità – da parte dello Stato – in favore delle regioni e delle province autonome, per il pagamento dei debiti sanitari cumulati al 31 dicembre 2012. In base alla modifica, si ammette che le risorse già stanziate e ripartite tra le regioni e le province autonome siano imputate, in via residuale, anche per i pagamenti dei debiti suddetti che erano stati già effettuati nel periodo 1o gennaio 2013 – 8 aprile 2013 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 35 del 2013). In tal modo si consente alla regione (o alla provincia autonoma) di ripristinare le risorse di cassa, che erano state impiegate per il pagamento dei debiti suddetti.
  I commi da 1 a 6 dell'articolo 35 recano norme intese ad assicurare l'effettività dei pagamenti, in relazione alla disciplina transitoria che prevede anticipazioni di liquidità – da parte dello Stato – in favore delle regioni e delle province autonome, per il pagamento dei debiti sanitari cumulati al 31 dicembre 2012. Il successivo comma 7 incrementa, nella misura di 770 milioni di euro, le risorse per il 2014 relative alle anticipazioni di liquidità per i debiti sanitari.
  L'articolo 36 stanzia per l'anno 2014 250 milioni di euro per il pagamento dei debiti, maturati alla data del 31 dicembre 2012 (nonché, qualora residuino risorse su tale somma, anche maturati successivamente), del Ministero dell'interno nei confronti delle Aziende sanitarie locali. Viene inoltre istituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo con una dotazione di 300 milioni di euro per l'anno 2014 per il pagamento dei debiti dei ministeri il cui pagamento non ha effetti peggiorativi in termini di indebitamento netto, in quanto già contabilizzati per competenza economica negli esercizi precedenti.
  L'articolo 37 introduce strumenti volti a favorire la cessione dei crediti di parte corrente certificati da parte di pubbliche amministrazioni diverse dallo Stato. Tali crediti devono essere certi, liquidi ed esigibili e riguardare somministrazioni, forniture ed appalti e prestazioni professionali, maturati al 31 dicembre 2013 e certificati, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
  Per tali debiti è prevista la concessione della garanzia dello Stato a partire dal momento dell'effettuazione di operazioni di cessione ovvero di ridefinizione con banche o intermediari finanziari. La Cassa Depositi e Prestiti e le istituzioni finanziarie dell'UE e internazionali possono acquisire dalle banche e dagli intermediari finanziari i crediti assistiti dalla garanzia dello Stato, anche al fine di effettuare operazioni di ridefinizione dei termini e delle condizioni di pagamento dei relativi debiti.
  Per la concessione delle predette garanzie, sono attribuite risorse pari a 150 milioni di euro per il 2014 all'apposito Fondo di garanzia istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze. Pag. 65Viene altresì istituito un Fondo di riserva, con una dotazione di 1 miliardo di euro per il 2014, per integrare le risorse dovute per le garanzie concesse dallo Stato.
  Durante l’iter al Senato sono stati introdotti tre ulteriori commi (commi 7-bis, 7-ter e 7-quater) al fine di semplificare gli adempimenti amministrativi per la cessione dei crediti certificati tramite la piattaforma elettronica, in analogia con quanto previsto dalle disposizioni contenute dall'articolo 38, che di conseguenza è stato soppresso.
  L'articolo 41 introduce l'obbligo per le pubbliche amministrazioni, a decorrere dall'esercizio 2014, di allegare alle relazioni ai bilanci consuntivi o di esercizio un prospetto attestante l'importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuati dopo la scadenza dei termini previsti dal decreto legislativo n. 231 del 2002 (30 giorni, prorogabile fino a 60 giorni solo in presenza di determinate condizioni), nonché il cosiddetto indicatore annuale di tempestività dei pagamenti, che indica i tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture.
  In caso di ritardi nei pagamenti superiori a 90 giorni nel 2014 e a 60 giorni a decorrere dal 2015, le amministrazioni pubbliche, esclusi gli enti del Servizio sanitario nazionale, non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo.
  Per le Regioni, con riferimento agli enti del Servizio sanitario nazionale, si prevede la trasmissione al Tavolo di verifica degli adempimenti regionali di una relazione contenente le informazioni sull'importo dei pagamenti relativi a transazioni commerciali effettuati dopo la scadenza dei termini e le iniziative assunte in caso di superamento dei tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente.
  L'articolo 41-bis, introdotto dal Senato, proroga al 31 dicembre 2014 il termine, già più volte prorogato, dell'utilizzo delle risorse disponibili sulle contabilità speciali concernenti le province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani, al fine di consentire l'adempimento delle obbligazioni gravanti su tali risorse, disponendo nel contempo la salvezza degli effetti determinati da una analoga norma, contenuta nel decreto-legge n. 150 del 2013, soppressa nel corso dell’iter di conversione del provvedimento.
  L'articolo 43 riformula l'articolo 161 del Testo unico dell'ordinamento degli enti locali (di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000), relativo alla certificazione di bilancio, al fine di accelerare i tempi di acquisizione delle certificazioni relative al rendiconto della gestione. La nuova formulazione dell'articolo 161, rispetto alla sua versione previgente, individua nei comuni, province, unioni di comuni e comunità montane gli enti locali che sono tenuti a redigere apposite certificazioni sui principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto. Nel corso dell'esame al Senato sono state inserite anche le città metropolitane tra gli enti locali tenuti alle certificazioni. L'innovazione principale introdotta dalla norma risiede nella previsione, a decorrere dall'esercizio finanziario 2014, di un termine specifico per la trasmissione al Ministero dell'interno delle certificazioni relative al rendiconto della gestione da parte degli enti locali (comuni, province, unioni di comuni e comunità montane), fissato al 31 maggio dell'esercizio successivo, termine invece prima stabilito con un annuale decreto del Ministro dell'interno e generalmente fissato ad ottobre/novembre.
  L'articolo 44 persegue uno snellimento dei tempi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni. A tal fine, prescrive che i trasferimenti tra amministrazioni pubbliche siano erogati entro 60 giorni. Sono escluse dall'applicazione della norma le risorse destinate al finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale e quelle spettanti alle Regioni a statuto speciale e Province autonome.
  L'articolo 45 disciplina la ristrutturazione di parte del debito delle regioni, con una conseguente riduzione dell'onere annuale destinato al pagamento dello stesso. La ristrutturazione è limitata a due tipologie di operazioni di indebitamento:
   mutui contratti con il Ministero dell'economia e delle finanze, direttamente o Pag. 66per il tramite della Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., con vita residua pari o superiore a 5 anni e importo del debito residuo da ammortizzare superiore a 20 milioni di euro; in questi casi la scadenza viene allungata fino a trent'anni da ammortizzare con rate costanti ad interessi pari a quelli dei BTP con durata finanziaria più vicina al nuovo mutuo;
   titoli obbligazionari regionali con vita residua pari o superiore a 5 anni e valore nominale dei titoli pari o superiore a 250 milioni di euro; in questi casi la regione finanzia il riacquisto dei titoli utilizzando il ricavato di un mutuo concesso dal MEF e con contestuale cancellazione dei derivati insistenti su di essi.

  I risparmi annuali di spesa derivanti alle regioni dalla ristrutturazione del debito (sia dei mutui contratti con il Ministero che dei titoli obbligazionari) sono prioritariamente destinati al pagamento delle rate di ammortamento delle anticipazioni contratte nel corso dell'esercizio 2014.
  L'articolo 45-bis, introdotto presso il Senato, sostituisce, modificandone prevalentemente alcuni aspetti procedurali, i commi 332 e 333 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 (legge n. 14 del 2013), nei quali si consente alla Società EUR S.p.A. di presentare istanza al Ministero dell'economia e finanze per l'accesso ad una anticipazione di liquidità, per l'anno 2014, nel limite massimo di 100 milioni di euro, per il pagamento dei debiti dell'ente. L'articolo, inoltre, modifica una disposizione della legge di stabilità 2012 in ordine all'utilizzo da parte del Ministero dell'economia di eventuali maggiori entrate derivanti dalle proprie partecipate.
  L'articolo 46 stabilisce le modalità e la misura del concorso delle regioni e delle province autonome alla riduzione della spesa pubblica, determinato per il complesso di quegli enti dall'articolo 8, comma 4, del decreto-legge, in 700 milioni di euro per il 2014 e in 1.050 milioni per gli anni dal 2015 al 2017. I commi da 1 a 5 determinano un miglioramento dei saldi di finanza pubblica mediante il risparmio richiesto alle sole regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, pari a 200 milioni di euro per il 2014 e pari a 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017. Il comma 6 determina il contributo alla finanza pubblica che le regioni a statuto ordinario sono tenute ad assicurare, pari complessivamente a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017. Le regioni potranno decidere gli ambiti di spesa sui quali incidere per realizzare il risparmio e l'ammontare del risparmio riferito a ciascuna regione mediante intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Ai sensi del successivo comma 7 le somme così stabilite andranno sottratte al limite di spesa fissato per il patto di stabilità interno.
  L'articolo 47, ai commi da 1 a 7, dispone che le province e le città metropolitane assicurino un contributo alla finanza pubblica pari a 444,5 milioni per il 2014, a 576,7 milioni per il 2015 e a 585,7 milioni per ciascuno degli anni 2016 e 2017. I commi da 8 a 13 recano analoghe disposizioni relativamente ai comuni, i quali dovranno assicurare un contributo alla finanza pubblica pari a 375,6 milioni per il 2014 e a 563,4 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017.
  L'articolo 48 prevede, nel limite massimo di 122 milioni di euro per ciascun anno, l'esclusione per gli anni 2014 e 2015 dal patto di stabilità interno delle spese sostenute dai comuni per interventi di edilizia scolastica, e l'assegnazione da parte del CIPE di risorse fino ad un importo massimo di 300 milioni di euro per la prosecuzione del programma di interventi di riqualificazione e messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali.
  L'articolo 49 prevede l'avvio di un programma straordinario di riaccertamento della consistenza dei residui passivi iscritti nel bilancio dello Stato e della sussistenza delle partite debitorie iscritte nel conto del patrimonio dello Stato in corrispondenza di residui andati in perenzione, esistenti alla data del 31 dicembre 2013, ai fini della Pag. 67verifica della sussistenza dei presupposti giuridici dell'obbligazione sottostante, che ne giustificano la permanenza. Il programma è adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze entro il 31 luglio 2014. In esito a tale rilevazione, si procederà alla eliminazione dei residui passivi di bilancio e dei residui passivi perenti corrispondenti a somme non più esigibili, e le somme corrispondenti alle partite così individuate confluiranno, secondo specifiche modalità, in appositi fondi, da istituire presso le Amministrazioni interessate, nonché presso il Ministero dell'economia e delle finanze, ai fini del loro utilizzo successivo. Il meccanismo introdotto dall'articolo in esame è pertanto finalizzato, in sostanza, a consentire l'iscrizione di nuovi stanziamenti in bilancio a fronte di cancellazione di partite residue.
  L'articolo 50 prevede, al comma 1, la riduzione delle disponibilità di competenza e di cassa delle spese del bilancio dello Stato per beni e servizi, ad esclusione delle spese per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, nella misura di 200 milioni di euro annui per l'anno 2014 e di 300 milioni di euro a decorrere dal 2015.
  Il successivo comma 2 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad effettuare, nel 2014 e nel 2015, previa motivata e documentata richiesta da parte delle Amministrazioni interessate, variazioni compensative nell'ambito degli stanziamenti dei capitoli iscritti in bilancio come consumi intermedi e investimenti fissi lordi, al fine di evitare la formazione di debiti fuori bilancio.
  I commi 3 e 4 prevedono una ulteriore riduzione – nella misura del 5 per cento della spesa sostenuta per consumi intermedi nell'anno 2010 – dei trasferimenti dal bilancio dello Stato agli enti e agli organismi anche costituiti in forma societaria ricompresi fra le pubbliche amministrazioni, che potranno tuttavia effettuare variazioni compensative fra le spese soggette ai limiti. Analoga riduzione dovrà essere eseguita anche da quegli enti e organismi anche costituiti in forma societaria che non ricevono trasferimenti dal bilancio dello Stato.
  Il comma 5 incrementa dal 12 per cento al 15 per cento la quota della spesa per consumi intermedi relativa all'anno 2010 che gli enti previdenziali di diritto privato che gestiscono forme obbligatorie di previdenza possono riversare annualmente al bilancio dello Stato, a decorrere dal 2014, in sostituzione degli obblighi di contenimento della spesa a cui essi sono soggetti.
  Il comma 6 istituisce un fondo destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti al fine di rendere permanenti gli sgravi previsti dall'articolo 1.
  I commi da 7 a 9 autorizzano l'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 40 miliardi di euro per l'anno 2014 al fine di reperire le risorse per assicurare la liquidità necessaria all'attuazione degli interventi di cui al Titolo III, in materia di pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni, e, a tal fine, recano modifiche anche all'allegato 1 della legge n. 147 del 2013.
  I commi 9-bis e 9-ter autorizzano variazioni compensative di bilancio in relazione alle risorse iscritte sul fondo di solidarietà comunale e sul fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, nonché tra quest'ultimo e il fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale relativi allo stato di previsione del Ministero dell'interno.
  I commi 10 e 10-bis provvedono alla copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni del provvedimento, ad eccezione di quelle che recano autonome coperture o per le quali è previsto il ricorso all'emissione di titoli del debito pubblico.
  Il comma 11 prevede il monitoraggio sulle maggiori entrate IVA derivanti dalle misure concernenti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni, nonché l'introduzione di una clausola di salvaguardia disponendo che, qualora dal monitoraggio emerga un andamento che non consenta il raggiungimento dell'obiettivo di maggior gettito pari a 650 milioni per il 2014, il Ministro dell'economia e delle finanze entro il 30 settembre 2014 dovrà stabilire un aumento delle accise tale da assicurare il conseguimento dell'obiettivo. Pag. 68
  Il comma 12-bis riguarda le modalità di ripartizione tra le regioni del Fondo che compensa l'esclusione dal patto di stabilità delle regioni delle spese correlate ai cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari. In riferimento all'anno 2014, il DPCM di ripartizione dovrà tener conto dello stato di attuazione degli interventi, dell'utilizzo del fondo da parte regionale e delle risorse residue in riferimento alla programmazione 2007-2013.
  L'articolo 50-bis, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, reca una clausola di salvaguardia volta a prevedere che le disposizioni del decreto-legge in esame si applichino alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano secondo le procedure previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.
  I commi da 2 ad 10 dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione, introdotti nel corso dell'esame presso il Senato, intervengono su alcuni dei termini di delega recati dalla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009, scaduti il 1o gennaio 2014. In particolare per due deleghe – concernenti rispettivamente la riforma della struttura del bilancio dello Stato ed il riordino della disciplina della gestione del bilancio, con potenziamento del bilancio di cassa – viene previsto un nuovo termine al 31 dicembre 2015, mentre per la terza, relativa alla predisposizione di un testo unico delle disposizioni in materia di contabilità di Stato, viene fissato un nuovo termine al 31 dicembre 2016.
  Il comma 11 del medesimo articolo 1 reca una nuova formulazione dell'invarianza finanziaria della legge di delega fiscale, prevedendo forme di compensazione contabile tra i decreti legislativi attuativi attraverso la costituzione di un apposito fondo su cui affluiscono le maggiori entrate.

  Michele PELILLO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara concluso l'esame preliminare e rinvia il seguito dell'esame alla seduta delle Commissioni riunite già convocata per domani.

  La seduta termina alle 15.25.