CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 15 maggio 2014
235.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Giovedì 15 maggio 2014. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.

  La seduta comincia alle 13.50.

Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi.
Nuovo testo unificato C. 831 Amici ed abb.
(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO (SCpI), relatore, illustra il provvedimento in esame facendo presente che il testo unificato interviene sulla disciplina dello scioglimento del matrimonio con l'obiettivo di anticipare il momento di possibile proposizione della domanda di divorzio. Con un ulteriore intervento sul codice civile, tuttavia, si intende anticipare anche il momento dell'effettivo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi. È, infine, dettata una disciplina transitoria.
  L'articolo 1 novella l'articolo 3, primo comma, n. 2, lettera b), della legge sul divorzio (legge n. 898 del 1970) che attualmente prevede in particolare che lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi nel caso in cui sia stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi ovvero è stata omologata la separazione consensuale nonché che, ai fini della proposizione della domanda di divorzio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno tre anni, a decorrere dalla comparsa dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale.
  Segnala che l'articolo 1 del testo unificato individuando, quale dies a quo, la data di notificazione della domanda di separazione riduce a dodici mesi la durata del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che legittima la domanda di divorzio e fa decorrere tale termine dalla notificazione della domanda di separazione purché, in caso di separazione giudiziale, l'attore non abbia omesso di prendere tutte le misure cui era obbligato ai fini della notificazione (della stessa domanda) al convenuto. Prevede, altresì, che, ove alla data di instaurazione del giudizio di divorzio sia ancora pendente la causa di separazione in relazione alle domande accessorie, la causa deve essere assegnata al giudice della separazione personale.
  L'articolo 1 del testo in esame riduce, inoltre, a sei mesi, il periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che permette la proposizione della domanda di divorzio nel caso in cui la separazione non sia giudiziale ma consensuale. Rammenta che l'articolo 711 c.p.c., in relazione alla separazione consensuale, fa riferimento sia all'ipotesi in cui il ricorso sia presentato da entrambi i coniugi (primo comma) sia a quello in cui sia presentato da uno solo (secondo comma, che rinvia all'articolo 706 c.p.c).
  Evidenzia che la separazione consensuale acquista efficacia, in base al quarto comma dell'articolo 711, con l'omologazione del tribunale. Il testo non esplicita quale sia il termine da cui decorrono i sei mesi. Dal combinato disposto delle disposizioni citate, il termine di decorrenza dovrebbe essere nel primo caso – di ricorso congiunto – la data di proposizione del ricorso; nel secondo – di ricorso presentato da uno solo dei coniugi – la data di notificazione dell'atto all'altro coniuge.
   L'articolo 1-bis integra la formulazione dell'articolo 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile che attualmente stabilisce che l'ordinanza con cui il presidente del tribunale o il giudice istruttore, in sede di udienza di comparizione Pag. 11per separazione personale, adotta i provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse dei figli e dei coniugi, conserva efficacia anche dopo l'estinzione del processo fino a che non sia sostituita da altro provvedimento emesso a seguito di nuovo ricorso per separazione personale. Rileva che la modifica introdotta prevede la conservazione dell'efficacia dei provvedimenti anche a seguito di ricorso per la cessazione degli effetti civili o per lo scioglimento del matrimonio.
  L'articolo 2 del provvedimento modifica invece l'articolo 191 del codice civile, relativo allo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi. Tale disposizione prevede la separazione personale come uno dei motivi di scioglimento della comunione, il cui momento effettivo si verifica ex nunc, solo con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione (come sancito ad esempio dalla Cassazione nelle sentenze n. 9325 del 1998, e n. 2844 del 27 febbraio 2001). Tale previsione non è risultata adeguata alla realtà quotidiana in cui gli effetti patrimoniali della comunione legale continuano a prodursi per i coniugi separati anche dopo l'interruzione della convivenza. Infatti, la cessazione della convivenza, ancorché autorizzata con i provvedimenti provvisori adottati a norma dell'articolo 708, terzo comma, c.p.c., non osta a che i beni successivamente acquistati dai coniugi medesimi ricadano nella comunione legale, ai sensi dell'articolo 177, primo comma, lettera a), c.c., dato che l'operatività di tale disposizione, in base alle regole desumibili dall'articolo 191 c.c., in tema di scioglimento della comunione, viene meno ex nunc con l'instaurarsi del regime di separazione, a seguito del provvedimento giudiziale che la pronunci in via definitiva, ovvero che omologhi l'accordo al riguardo intervenuto (Cass. Sez. I, sentt. n. 12523 del 17 febbraio 1993 e n. 2652 del 07 marzo 1995).
  Osserva, inoltre, che l'articolo 2 integra la formulazione del comma 2 dell'articolo 191 c.c. anticipando lo scioglimento della comunione dei beni al momento in cui il presidente del tribunale, in sede di udienza di comparizione, autorizza i coniugi a vivere separati ovvero alla data di sottoscrizione del verbale di separazione consensuale, se omologato.
  È poi aggiunta, allo stesso comma 2, una disposizione di natura procedurale secondo cui deve essere comunicata all'ufficio di stato civile per l'annotazione sull'atto di matrimonio la domanda di separazione, se i coniugi sono in comunione dei beni, ovvero l'ordinanza del presidente del tribunale che autorizza i coniugi a vivere separati.
  Un'ultima integrazione al comma 2 dell'articolo 191 anticipa il momento della domanda di divisione dei beni. Attualmente, presupposto di tale domanda è la pronuncia definitiva di separazione sicché, prima di tale momento, manca il titolo per richiederla. La nuova disposizione prevede, invece, che la domanda di divisione della comunione possa essere chiesta congiuntamente a quella di separazione o di divorzio.
  L'articolo 3 del testo unificato detta una disciplina transitoria secondo cui la disciplina dell'articolo 1 del provvedimento (ovvero quella sulla riduzione dei tempi di proposizione della domanda di divorzio) si applica alle domande di divorzio proposte dopo la data di entrata in vigore del provvedimento in esame, anche in caso di pendenza alla stessa data del procedimento di separazione personale.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, fa presente che il testo unificato delle proposte di legge costituisce esercizio della competenza legislativa statale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione con riguardo all'ordinamento civile.
  Sottolinea che la modifica introdotta dall'articolo 1 del testo unificato all'articolo 3 della legge n. 898 del 1970, stabilisce in dodici mesi il periodo minimo di durata della separazione giudiziale, decorrente dalla notificazione della domanda. Fa presente che la lettera a) introduce una condizione alla decorrenza stabilendo che, nel caso di separazione giudiziale, il predetto termine decorre qualora l'attore non Pag. 12abbia omesso di prendere tutte le misure cui era tenuto affinché fosse effettuata la notificazione al convenuto,
  Evidenzia, al riguardo, che tale formulazione non appare sufficientemente chiara e potrebbe, pertanto, generare incertezze interpretative in sede di applicazione della norma.
  Fa presente che l'articolo 1 del testo in esame nel ridurre, inoltre, a sei mesi, il periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che permette la proposizione della domanda di divorzio nel caso in cui la separazione non sia giudiziale ma , non precisa il termine iniziale di decorrenza dei sei mesi nel caso di separazione consensuale dei coniugi.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole con due osservazioni. La prima finalizzata a richiedere alla Commissione di merito di valutare, all'articolo 1, comma 1, lettera a), l'opportunità di precisare meglio la portata dell'inciso «purché nel caso di separazione giudiziale l'attore non abbia omesso di prendere tutte le misure cui era tenuto affinché fosse effettuata la notificazione al convenuto» nel senso di eliminarlo o di adottare una formula che superi possibili incertezze interpretative. La seconda mirata a sollecitare alla Commissione di merito, all'articolo 1, comma 1, lettera b), una valutazione circa l'opportunità di precisare il termine iniziale di decorrenza dei sei mesi nel caso di separazione consensuale dei coniugi.

  Matteo BRAGANTINI (LNA) fa presente che il suo gruppo si asterrà dal votare la proposta di parere formulata dal relatore poiché non condivide il merito del provvedimento in esame.
  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore (vedi allegato 1).

DL 47/2014: Misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015
C. 2373 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con condizione e osservazioni).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Matteo RICHETTI (PD), relatore, illustra il provvedimento in esame facendo presente che il decreto-legge, che è stato modificato nel corso dell'esame al Senato, come si evince dal titolo, contiene misure in materia di politiche abitative, mercato delle costruzioni ed Expo 2015. Quanto al contenuto del provvedimento segnala, in merito alle locazioni che l'articolo 1 aumenta di complessivi 325,92 milioni di euro gli stanziamenti di bilancio per il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione (50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015) e per il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli (15,73 milioni di euro per l'anno 2014, 12,73 milioni di euro per l'anno 2015, 59,73 milioni di euro per l'anno 2016, 36,03 milioni di euro per l'anno 2017, 46,1 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e 9,5 milioni di euro per l'anno 2020), autorizzati dal decreto-legge n. 102 del 2013.
  Il comma 1 dell'articolo 2 modifica in più punti la disciplina del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione contenuta nell'articolo 11 della legge n. 431 del 1998 al fine di: prevedere il finanziamento, con le risorse del Fondo, di iniziative non solo comunali ma anche delle regioni; aggiungere, al novero delle iniziative (comunali o regionali) finanziabili dal Fondo, la costituzione di fondi di garanzia; rendere possibile la stipula delle convenzioni, con le quali attuare le iniziative regionali o comunali, anche con imprese di costruzione ed altri soggetti imprenditoriali (sulla base di una modifica inserita al Senato); chiarire che gli alloggi da concedere in locazione devono essere affittati a canoni concordati oppure, in base ad una apposita modifica introdotta al Senato, che si proceda alla rinegoziazione delle locazioni esistenti per consentire alle parti, con il supporto delle organizzazioni di rappresentanza della proprietà Pag. 13e degli inquilini, la stipula di un nuovo contratto a canone inferiore (sulla base di una modifica inserita al Senato); demandare alle regioni la definizione delle finalità di utilizzo del Fondo, sentiti i comuni (sulla base di una modifica inserita al Senato), anche in forma coordinata con il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, al fine di ottimizzarne l'efficienza; modificare i criteri che le regioni devono seguire nel ripartire le risorse ai comuni; prevedere l'applicazione delle procedure previste per gli sfratti per morosità alle locazioni degli alloggi reperiti con le risorse del Fondo, precisando che tale applicazione opera anche nei casi di rilascio per finita locazione.
  Il comma 1-bis dell'articolo 2, introdotto durante l'esame al Senato, prevede che l'applicazione, da parte dei comuni, delle disposizioni di cui al citato comma 3 dell'articolo 11 della legge n. 431 del 1998, costituisce titolo di preferenza nell'assegnazione di contributi pubblici per qualsiasi tipo di edilizia economica e popolare, al fine di contrastare l'emergenza abitativa.
  Il comma 1-ter dell'articolo 2, introdotto durante l'esame al Senato, disciplina le modalità di erogazione dei contributi in favore di inquilini morosi incolpevoli (a valere sulle risorse del Fondo istituito dall'articolo 6, comma 5, del decreto-legge n. 102 del 2013 rifinanziato dall'articolo 1 del decreto in esame), al fine di prevedere che tali contributi siano erogati dai Comuni in forme tali da assicurare la sanatoria della morosità.
  Il comma 1-ter dell'articolo 5, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede una clausola di salvaguardia, fino al 31 dicembre 2015, degli effetti prodottisi e dei rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione già registrati presso l'Agenzia delle entrate (articolo 3, commi 8 e 9 del decreto legislativo n.  23 del 2011), nei casi di mancata registrazione del contratto entro i termini di legge, di indicazione di un affitto inferiore a quello effettivo e di registrazione di un contratto di comodato fittizio. Tale disciplina (articolo 3, commi 8 e 9, del citato decreto legislativo n. 23 del 2011) è stata dichiarata incostituzionale, per eccesso di delega, dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 50 del 2014, depositata il 14 marzo.
  L'articolo 9 stabilisce l'applicazione, per il quadriennio 2014-2017, di un'aliquota ridotta al 10 per cento (in luogo del 15 per cento) per la cosiddetta «cedolare secca» per i contratti a canone concordato stipulati nei maggiori comuni italiani (e nei comuni confinanti), negli altri capoluoghi di provincia o nei comuni ad alta tensione abitativa (comma 1).
  Il comma 2 estende il regime della cedolare secca anche per le abitazioni locate a cooperative edilizie per la locazione (la specificazione «edilizie per la locazione» è stata aggiunta durante l'esame al Senato) o a enti senza scopo di lucro, purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all'aggiornamento del canone di locazione o assegnazione (sulla base di un'ulteriore modifica inserita nel corso dell'esame al Senato).
  Osserva, al riguardo, che lo stesso comma (che si configura come novella al comma 6 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011) non specifica la misura dell'aliquota da applicare.
  Il comma 2-bis dell'articolo 9, introdotto durante l'esame al Senato, consente l'applicazione dell'aliquota ridotta al 10 per cento della cedolare secca ai contratti di locazione stipulati nei comuni per i quali sia stato deliberato, negli ultimi cinque anni (la norma precisa «precedenti l'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»), lo stato di emergenza a seguito di eventi calamitosi.
  Il comma 2-ter dell'articolo 9, introdotto durante l'esame al Senato, prevede che il CIPE aggiorni l'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
  Il comma 2-quater dell'articolo 9, introdotto durante l'esame al Senato, disciplina la copertura degli oneri derivanti dai precedenti commi 2-bis e 2-ter, che sono Pag. 14valutati in 1,53 milioni di euro, per l'anno 2014, e 1,69 milioni di euro, a decorrere dal 2015.
  Quanto alla edilizia residenziale pubblica, osserva che l'articolo 3, comma 1, contiene una serie di disposizioni finalizzate da un lato ad accelerare il processo di definizione delle nuove regole di alienazione delle «case popolari» (vale a dire degli immobili di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari – IACP o degli enti, comunque denominati che li hanno sostituiti), nonché degli immobili di proprietà dei comuni e degli enti pubblici anche territoriali (sulla base di una modifica introdotta dal Senato), dall'altro a concedere contributi per l'acquisto di tali alloggi (attraverso la sostituzione del comma 1 e l'aggiunta di tre nuovi commi all'articolo 13 del decreto-legge n. 112 del 2008). È, infatti, istituito un Fondo destinato alla concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti per l'acquisto degli alloggi degli IACP venduti in base alle regole di alienazione previste dal nuovo comma 1, Fondo che ha una dotazione massima di 18,9 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020 (comma 1, lettera b), capoverso comma 2-bis e comma 2-quater).
  Sulla base di modifiche inserite al Senato, è stato chiarito che i contributi sono destinati a finanziare l'acquisto degli alloggi da parte dei conduttori. È stato altresì introdotto un periodo in base al quale ai citati contributi hanno accesso anche i soci assegnatari di alloggi di cooperative edilizie a proprietà indivisa per l'acquisizione dell'alloggio, posto in vendita a seguito di procedure concorsuali.
  Rileva che ulteriori innovazioni, rispetto alla disciplina previgente, riguardano: la possibilità di derogare alle norme vigenti in materia di alienazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica dettate dalla legge n. 560 del 1993; la destinazione in via esclusiva delle risorse derivanti dalle alienazioni ad un programma straordinario di realizzazione e di manutenzione straordinaria di alloggi di edilizia residenziale pubblica – ERP (e anche l'acquisto di alloggi sulla base di una modifica inserita al Senato); la previsione in base alla quale il piano di alienazione dovrà tenere conto anche della possibilità di favorire la dismissione degli alloggi collocati nei condomini misti dove la proprietà pubblica è inferiore al 50 per cento oppure in situazioni abitative estranee all'ERP.
  È, inoltre, ampliata la platea dei beneficiari del Fondo di garanzia per la prima casa, includendovi anche i conduttori di alloggi di proprietà degli IACP o degli enti, comunque denominati, che li hanno sostituiti.
  L'articolo 4 prevede l'emanazione di criteri per la formulazione di un Programma di recupero e di razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, finanziato, nel limite di 500 milioni di euro, con le risorse provenienti da finanziamenti revocati che erano stati in precedenza destinati alle infrastrutture strategiche. Il Programma è finalizzato al recupero e alla razionalizzazione degli immobili di edilizia residenziale pubblica sia attraverso il ripristino di alloggi di risulta sia per il tramite della manutenzione straordinaria degli alloggi anche ai fini dell'adeguamento energetico, impiantistico e statico e del miglioramento sismico degli immobili. Nel corso dell'esame al Senato il comma è stato modificato al fine di ampliare la portata del programma, oltre che agli immobili di proprietà degli IACP, anche agli immobili di proprietà dei comuni e degli enti di edilizia residenziale pubblica aventi le stesse finalità degli IACP.
  Viene altresì previsto uno stanziamento di ulteriori 67,9 milioni di euro (che vengono prelevati da un nuovo Fondo destinato a raccogliere le risorse non utilizzate da alcuni programmi di edilizia residenziale) per il recupero di alloggi da assegnare agli inquilini appartenenti alle categorie meno abbienti che beneficiano della sospensione degli sfratti (con priorità come è stato precisato nel corso dell'esame al Senato). Nel corso dell'esame al Senato l'ambito applicativo della norma è stato ristretto ai soggetti, delle categorie sociali citate, collocati utilmente nelle graduatorie comunali per l'accesso ad alloggi di ERP.Pag. 15
  Il comma 1-bis, introdotto durante l'esame al Senato, prevede la trasmissione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, da parte delle regioni, degli elenchi predisposti dai comuni e dagli IACP (o degli enti, comunque denominati, che li hanno sostituiti) delle unità immobiliari che, con interventi di manutenzione ed efficientamento di non rilevante entità, siano prontamente disponibili per le assegnazioni.
  Quanto all'occupazione abusiva di immobili, ricorda che l'articolo 5 introduce una specifica disciplina volta ad impedire che chiunque occupi abusivamente un immobile possa chiedere la residenza e l'allacciamento ai pubblici servizi (gas, luce, acqua eccetera); la norma stabilisce la nullità ex lege degli effetti degli atti emessi in violazione della nuova normativa (comma 1). Tale disposizione è stata integrata, nel corso dell'esame al Senato, con specifico riguardo alla disciplina relativa agli allacci delle utenze.
  Si prevede, inoltre, il divieto, per coloro che occupano abusivamente alloggi di edilizia residenziale pubblica, di partecipazione alle procedure di assegnazione di alloggi sociali per i successivi cinque anni (comma 1-bis).
  Relativamente agli alloggi sociali, sottolinea che l'articolo 6 dispone che i redditi derivanti dalla locazione di alloggi sociali, di nuova costruzione o per i quali sono stati realizzati interventi di manutenzione straordinaria o di recupero, non concorrono alla formazione del reddito d'impresa ai fini delle imposte sui redditi né alla formazione del valore della produzione netta ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 40 per cento. Tale previsione è valida fino all'eventuale riscatto dell'unità immobiliare da parte del conduttore e, comunque, per un periodo non superiore a dieci anni.
  L'articolo 7, modificato nel corso dell'esame al Senato, ai commi 1 e 2 reca agevolazioni fiscali per il triennio 2014-2016 in favore dei conduttori di alloggi sociali adibiti ad abitazione principale.
  L'articolo 8 prevede la facoltà di inserire la clausola di riscatto dell'unità immobiliare e le relative condizioni economiche, nelle convenzioni che disciplinano le modalità di locazione degli alloggi sociali, alle condizioni previste nella norma (comma 1). È specificata la disciplina fiscale applicabile nelle ipotesi di riscatto dell'alloggio sociale (commi 2 e 3). In particolare, il comma 2 concede al conduttore di imputare i corrispettivi pagati al locatore in parte in conto del prezzo di acquisto futuro dell'alloggio e in parte in conto affitto. In tali ipotesi, ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP, i corrispettivi si considerano fiscalmente quali canoni di locazione; ricorrendone le condizioni, tali corrispettivi sono parzialmente esenti da imposte sui redditi e da IRAP. Il comma 3 stabilisce che, ai fini fiscali (imposte dirette), in caso di riscatto dell'unità immobiliare, l'esercizio di competenza in cui si considerano conseguiti i corrispettivi derivanti dalla cessione è quello in cui avviene l'effetto traslativo della proprietà del bene; inoltre, le eventuali imposte correlate agli «acconti-prezzo» costituiscono un credito di imposta. Il comma 5 prevede l'applicazione delle disposizioni dell'articolo in esame ai contratti di locazione stipulati successivamente all'entrata in vigore del decreto-legge, a partire quindi dal 29 marzo 2014.
  L'articolo 10 reca – al comma 1 – le finalità, alla base delle sue disposizioni, coincidenti con il perseguimento della riduzione del disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati attraverso l'aumento dell'offerta di alloggi sociali in locazione, senza consumo di nuovo suolo rispetto agli strumenti urbanistici vigenti, favorendo il risparmio energetico e la promozione, da parte dei Comuni, di politiche urbane mirate ad un processo integrato di rigenerazione delle aree urbanizzate e dei tessuti edilizi esistenti attraverso lo sviluppo dell'edilizia sociale. Il comma 5-bis, inserito durante l'esame al Senato, dispone che il presente articolo è finalizzato, altresì, alla creazione di quote di alloggi da destinare alla locazione temporanea dei residenti di immobili di edilizia Pag. 16residenziale pubblica (ERP) in corso di ristrutturazione o a soggetti sottoposti a procedure di sfratto. Il comma 3 reca una nuova definizione di alloggio sociale, che è l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale quando sia realizzata o recuperata da soggetti pubblici e privati, nonché dall'ente gestore comunque denominato, e da concedere in locazione, per ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi alle condizioni di mercato. Nel corso dell'esame al Senato è stato specificato che gli alloggi sociali sono altresì destinati alle donne ospiti dei centri antiviolenza e delle case rifugio di cui all'articolo 5-bis del decreto-legge n. 93 del 2013.
  Il comma 4 stabilisce che l'articolo in esame si applica, nei comuni ad alta tensione abitativa (di cui alla delibera CIPE 13 novembre 2003), al patrimonio edilizio esistente, ivi compresi gli immobili non ultimati e gli interventi non ancora avviati provvisti di titoli abilitativi rilasciati entro la data di entrata in vigore del presente decreto-legge (tale termine è stato modificato durante l'esame al Senato; nel testo pubblicato del decreto-legge figura la data del 31 dicembre 2013) ovvero regolati da convenzioni urbanistiche stipulate entro la stessa data e vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge. Il comma 5 elenca gli interventi urbanistico-edilizi ammessi per la realizzazione di alloggi sociali, mentre il comma 8 stabilisce che tali interventi non possono riguardare edifici abusivi o siti in aree ad inedificabilità assoluta e non sono ammessi nei centri storici qualora ricadenti in alcune tipologie citate nella norma. Il comma 6 affida alle regioni – entro il termine di 90 giorni (erano 60 nel testo iniziale del decreto-legge) dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto – per gli ambiti non disciplinati da norme o da convenzioni già stipulate, la definizione dei requisiti di accesso e di permanenza nell'alloggio sociale, nonché dei criteri di regolamentazione dei canoni di locazione e dei prezzi di cessione per gli alloggi concessi in locazione con patto di futura vendita. Il comma 7 affida una serie di compiti ai comuni, che devono essere assolti entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e comunque anteriormente al rilascio del primo titolo abilitativo edilizio.
  Dal punto di vista degli stanziamenti, il comma 10 destina fino a 100 milioni di euro, delle risorse rese disponibili ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del presente decreto, al finanziamento di alcuni interventi citati nella norma. Il comma 10-bis, introdotto durante l'esame al Senato, è volto – secondo quanto esplicitato nella norma – ad assicurare i mezzi finanziari per la completa e rapida realizzazione di programmi di alloggi sociali finanziati con fondi nazionali e regionali. Per tale finalità viene consentita, anche in deroga a quanto previsto dalle relative norme di finanziamento, la cessione o il conferimento ai fondi immobiliari o agli altri soggetti contemplati dal comma 3, lettera a), dell'articolo 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, di immobili (ultimati o in corso d'opera) residenziali realizzati da soggetti pubblici e privati con il concorso di un contributo pubblico, e destinati a concorrere all'aumento dell'offerta di alloggi sociali.
  Quanto agli alloggi destinati ai dipendenti impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, fa presente che il comma 1-bis dell'articolo 3, introdotto durante l'esame al Senato, consente all'assegnatario degli alloggi destinati ai dipendenti statali impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, di continuare ad usufruire di detti alloggi, anche in seguito alla cessazione del servizio, nei casi e per i periodi di tempo indicati nella norma. Il comma 1-ter del medesimo articolo, introdotto durante l'esame al Senato, consente, agli enti proprietari, di vendere agli assegnatari gli alloggi finanziati in tutto o in parte nell'ambito del programma di ERP destinato ai dipendenti statali impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, prima dei termini ivi previsti.
  Il comma 10-ter dell'articolo 10, inserito durante l'esame al Senato, contiene disposizioni finalizzate a consentire l'utilizzo, Pag. 17per la realizzazione di alloggi sociali, di aree o diritti edificatori che dovevano servire per la costruzione di alloggi, nell'ambito del Programma di ERP destinato ai dipendenti statali impegnati nella lotta alla criminalità organizzata (avviato dall'articolo 18 della legge n. 152 del 1991), ma per i quali non si è avuta una copertura finanziaria.
  L'articolo 10-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede alcuni casi di revoca dei finanziamenti del Programma straordinario di edilizia residenziale destinato ai dipendenti statali impegnati nella lotta alla criminalità organizzata e disciplina il riutilizzo delle risorse. In particolare, si dispone la revoca del finanziamento statale qualora i soggetti attuatori non intendano concorrere al finanziamento medesimo ai fini della completa realizzazione dell'intervento di edilizia sovvenzionata. Si prevede, inoltre, che le risorse così revocate sono assegnate ai comuni in cui ricade l'intervento, per la realizzazione di interventi di ERP. Viene altresì previsto che, qualora per l'intervento di edilizia agevolata il titolo abilitativo non sia stato rilasciato alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, il relativo finanziamento statale decade. Lo stesso articolo dispone che gli enti pubblici territoriali interessati che intendono procedere alla prevista trasformazione urbanistica anche in assenza del finanziamento statale possono fare salve le previsioni urbanistiche dell'accordo di programma sottoscritto tra Regione e comune reso esecutivo mediante ratifica del consiglio comunale entro la data del 31 dicembre 2007.
  Relativamente ai contratti pubblici, segnala che i commi da 1 a 7 dell'articolo 12, introdotti nel corso dell'esame al Senato, recano disposizioni in materia di qualificazione delle imprese che hanno affidato lavorazioni in subappalto, al fine di colmare il vuoto normativo conseguente all'annullamento di alcune norme del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 (regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, d'ora in avanti regolamento) da parte del Presidente della Repubblica del 30 ottobre 2013.
  Le disposizioni, in sintesi, provvedono a ridurre il numero delle categorie cosiddette «superspecialistiche» (comma 1) e delle categorie a qualificazione obbligatoria (comma 2), riproducendo di fatto nella sostanza le norme del decreto ministeriale del 24 aprile 2014, che hanno individuato le categorie di lavorazioni che richiedono l'esecuzione da parte di operatori economici in possesso di specifica qualificazione e che pertanto vengono «legificate». Ulteriori norme recate dall'articolo 12 attengono all'applicabilità delle nuove disposizioni, all'abrogazione di alcune norme del Regolamento su cui incidono le disposizioni medesime, nonché alla salvaguardia dei rapporti giuridici, dei bandi e degli avvisi pubblicati nei mesi passati.
  I commi da 8 a 10 dell'articolo 12, introdotti nel corso dell'esame al Senato, recano disposizioni in materia di raggruppamenti temporanei di imprese volte, per un verso, a sopprimere il principio di corrispondenza tra quote di partecipazione e quote di esecuzione dei lavori affidati a un raggruppamento (di cui al comma 13 dell'articolo 37 del Codice dei contratti pubblici) e, per l'altro, a ridefinire la disciplina dei requisiti minimi di qualificazione che devono essere posseduti dagli operatori economici riuniti in raggruppamento temporaneo o in un consorzio estendendola al settore dei servizi e delle forniture (modificando l'articolo 92 del Regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici). Ulteriori modifiche di carattere generale consentono, per un verso, di stabilire le quote di partecipazione al raggruppamento o consorzio entro i limiti permessi dai requisiti di qualificazione e, per l'altro, di far eseguire i lavori da parte dei concorrenti riuniti secondo le quote indicate in sede di offerta.
  Il comma 11 dell'articolo 12, introdotto nel corso dell'esame al Senato, proroga di due anni la norma transitoria, di cui al comma 19 dell'articolo 357 del Regolamento di attuazione del Codice dei contratti Pag. 18pubblici, in base alla quale è consentito comprovare i requisiti di partecipazione alle gare richiesti alle società operanti nell'attività di verifica dei progetti anche con attività di progettazione, direzione dei lavori o collaudo.
  Per quanto riguarda l'EXPO 2015 fa presente che l'articolo 13 prevede una serie di misure riguardanti la realizzazione del grande evento, al fine di prorogare al 2015 la disciplina concernente l'utilizzo dei proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni (comma 1) e di consentire alla società EXPO 2015 S.p.A. (purché senza intermediazioni come è stato specificato nel corso dell'esame al Senato) di derogare alla disciplina vigente sui contratti pubblici, con riguardo ai contratti di sponsorizzazione e alle concessioni di servizi (comma 2).
  Con il comma 3, modificando l'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 23 del 2011, si confermano le agevolazioni fiscali già previste dalla legge n. 3 del 2013 di ratifica dell'accordo internazionale stipulato tra Italia e Bureau International des Expositions (BIE), sulle misure necessarie per facilitare la partecipazione all'Esposizione Universale di Milano del 2015.
  Il comma 4, infine, prevede un contributo per l'anno 2014 di 25 milioni di euro a favore del comune di Milano, a titolo di concorso agli oneri che il medesimo comune sostiene per la realizzazione dell'EXPO 2015. Tale contributo è escluso dal patto di stabilità interno per l'anno 2014.
  Si sofferma su ulteriori disposizioni contenute nel provvedimento, evidenziando che, per effetto delle modifiche del Senato, i commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 7 intervengono sulla disciplina delle detrazioni IRPEF spettanti per le ristrutturazioni edilizie e l'acquisto di mobili, consentendo di usufruire della detrazione per le spese sostenute per l'acquisto di mobili anche ove dette spese superino quelle sostenute per i connessi lavori di ristrutturazione.
  L'articolo 9-bis, introdotto durante l'esame del provvedimento al Senato, assoggetta ex lege, dal 2015, al regime IMU previsto per l'abitazione principale l'unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani pensionati iscritti all'Anagrafe degli Italiani residenti all'Estero (AIRE), a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, purché non locata o data in comodato d'uso. Su detti immobili la TARI e la TASI sono applicate nella misura agevolata. In sostanza detti immobili godranno ex lege dell'esenzione da IMU, se non si tratta di immobili «di lusso» (categorie catastali A/1, A/8 ed A/9); altrimenti usufruiranno dell'aliquota agevolata allo 0,4 per cento e della detrazione di 200 euro prevista dalla legge.
  L'articolo 10-ter, introdotto durante l'esame al Senato, modifica la lettera e) del comma 1 dell'articolo 3 del Testo Unico sull'edilizia di cui al decreto Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 al fine di escludere, dal novero degli interventi di nuova costruzione, i manufatti leggeri, anche prefabbricati e strutture di qualsiasi genere (quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni) che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee purché siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all'interno di strutture ricettive all'aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti.
  L'articolo 10-quater, introdotto durante l'esame al Senato, novella gli articoli 5, 9 e 10 del decreto legislativo n. 122 del 2005, recante la disciplina a tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire. È, in particolare, integrato il contenuto dell'articolo 5 che, prevedendo l'irrinunciabilità del diritto alle tutele apprestate dal decreto legislativo n. 122 del 2005, sancisce la nullità di ogni clausola contraria,da intendersi eventualmente come non apposta. Le modifiche agli articoli 9 e 10 estendono, inoltre, specifiche tutele (in materia di diritto di prelazione nell'acquisto dell'immobile all'incanto nonché in tema di sottrazione all'azione revocatoria fallimentare dei contratti di trasferimento di immobili da costruire) anche quando sia stato il coniuge e non il titolare del contratto a stabilire nell'immobile l'abitazione principale o la residenza.Pag. 19
  L'articolo 11 prevede che con i provvedimenti di assegnazione delle risorse del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione (articolo 1), del Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli (articolo 1), del Fondo per gli interventi di manutenzione e di recupero di alloggi abitativi privi di soggetti assegnatari (articolo 4), nonché del Fondo per il piano di recupero di immobili e alloggi di edilizia residenziale pubblica (articolo 10) siano stabilite: le modalità di utilizzo delle risorse assegnate, di monitoraggio degli interventi e di applicazione delle misure di revoca. La norma dispone che le risorse revocate restano destinate al contrasto del disagio abitativo e sono riprogrammate con decreto interministeriale. In merito all'attuazione dei provvedimenti, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti riferisce al Consiglio dei Ministri e alle competenti Commissioni parlamentari (sulla base di una modifica inserita al Senato), entro il 31 dicembre 2014.
  L'articolo 13-bis, introdotto durante l'esame al Senato, prevede la cosiddetta clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano. Conseguentemente, le disposizioni della stessa legge sono inapplicabili agli enti a statuto speciale ove siano in contrasto con gli statuti e le relative norme di attuazione. La norma fa inoltre riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001, che ha riformato il titolo V della parte seconda della Costituzione.
  L'articolo 14 reca la clausola di copertura finanziaria degli oneri derivanti dagli interventi previsti nel decreto-legge che ammontano complessivamente a: 97,71 milioni di euro per l'anno 2014; 184 milioni di euro per l'anno 2015; 152,70 milioni di euro per l'anno 2016; 129 milioni di euro per l'anno 2017; 86,85 milioni di euro per l'anno 2018; 83,52 milioni di euro per 2019; 46,92 milioni di euro per l'anno 2020; 18,52 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021 (comma 1). È previsto il definanziamento dei programmi straordinari di edilizia agevolata assegnatari di risorse ai sensi delle disposizioni indicate alle lettere a), b) e c) del comma 1 per i quali non sono stati attivati i relativi mutui (comma 2).
  L'articolo 15 disciplina l'entrata in vigore del presente decreto, che è avvenuta il 29 marzo 2014, giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, fa presente che gli interventi recati dal decreto-legge in esame sono ascrivibili principalmente alla materia dell'edilizia residenziale pubblica.
  Secondo le sentenze della Corte costituzionale n. 94 del 2007 e n. 121 del 2010, la materia dell'edilizia residenziale pubblica si estende su tre livelli normativi. Il primo riguarda la determinazione dell'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti, che rientra nella competenza esclusiva dello Stato in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione). In tale ambito si inserisce la fissazione di principi che valgano a garantire l'uniformità dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale.
  Il secondo livello normativo riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, che ricade nella materia governo del territorio, ai sensi del terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione (come stabilito anche dalla sentenza n. 451 del 2006).
  Il terzo livello normativo, rientrante nel quarto comma dell'articolo 117 della Costituzione, riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale.
  Nella sentenza n. 166 del 2008 la Corte ha ritenuto altresì applicabile il principio della cosiddetta attrazione in sussidiarietà alla competenza legislativa in tema di «programmi di edilizia residenziale pubblica Pag. 20aventi interesse a livello nazionale», dichiarando infondata la questione di legittimità costituzionale relativa ad una disposizione che prevede che, attraverso adeguate forme di concertazione istituzionale, la predisposizione di un programma nazionale contenente, tra l'altro, obiettivi ed indirizzi di carattere generale per la programmazione regionale. Devono, inoltre, essere richiamate la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, sistema tributario e contabile dello Stato, organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali e ordinamento civile (articolo 117, secondo comma, lettere e), g) ed l)) e la competenza concorrente tra Stato e regioni in materia di governo del territorio.
  Con riferimento a singole disposizioni rileva che l'articolo 3, comma 1, lettera a), interviene in materia di procedure di alienazione degli immobili di proprietà degli Istituti Autonomi per le Case Popolari (IACP), rimettendo la definizione di tali procedure ad un decreto interministeriale, previa intesa in sede di Conferenza unificata, da adottare entro il 30 giugno 2014. Nel corso dell'esame al Senato, la lettera a) è stata modificata al fine di ampliare il suo campo di applicazione anche alla vendita degli immobili di proprietà dei comuni e degli enti pubblici territoriali.
  A tal fine viene modificato l'articolo 13 del decreto-legge n. 112 del 2008, introdotto dopo la sentenza n. 94 del 2007, che aveva dichiarato incostituzionale la precedente disciplina, contenuta nella legge finanziaria 2006. La disposizione dichiarata incostituzionale di cui all’ articolo 1, comma 597, della legge n. 266 del 2005, prevedeva che, ai fini della valorizzazione degli immobili costituenti il patrimonio degli IACP, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo accordo tra Governo e regioni, sono semplificate le norme in materia di alienazione degli immobili di proprietà degli Istituti medesimi.
  Secondo la Corte, il fine della disposizione della legge finanziaria 2006 non era quello di dettare una disciplina generale in tema di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, di competenza dello Stato, bensì «quello di regolare le procedure amministrative e organizzative per arrivare ad una più rapida e conveniente cessione degli immobili». «Si tratta quindi – prosegue la Corte – di un intervento normativo dello Stato nella gestione degli alloggi di proprietà degli IACP (o di altri enti o strutture sostitutivi di questi), che esplicitamente viene motivato dalla legge statale con finalità di valorizzazione di un patrimonio immobiliare non appartenente allo Stato, ma ad enti strumentali delle Regioni».
  Tale norma configura, pertanto, un'ingerenza nella potestà legislativa residuale delle Regioni, ai sensi del quarto comma dell'articolo 117 della Costituzione. Di conseguenza «la fonte regolamentare, destinata dalla disposizione impugnata a disciplinare le procedure di alienazione degli immobili, è stata prevista in una materia non di competenza esclusiva dello Stato, in violazione del sesto comma del medesimo articolo 117».
  Per superare tali censure, l'articolo 13 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha demandato l'individuazione delle modalità di semplificazione delle procedure di alienazione non più ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare previo accordo con le regioni, bensì alla conclusione di accordi con regioni ed enti locali.
  Le modifiche apportate dall'articolo 3, comma 1, lettera a), al citato articolo 13 reintroducono una disciplina sostanzialmente analoga a quella della legge finanziaria del 2006, dichiarata incostituzionale.
  La disposizione dell'articolo 3, comma 1, lettera a), deve pertanto, a suo avviso, essere valutata alla luce della sentenza n. 94 del 2007 della Corte costituzionale.
  L'articolo 10-ter, introdotto durante l'esame al Senato, reca una modifica al Testo Unico sull'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 al fine di escludere, dal novero degli interventi di nuova costruzione, i manufatti leggeri, anche prefabbricati e strutture Pag. 21di qualsiasi genere (quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni) che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee purché siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all'interno di strutture ricettive all'aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti.
  Tale modifica va nella direzione opposta rispetto a quella recentemente operata dall'articolo 41, comma 4, del decreto-legge n. 69 del 2013, che ha integrato il disposto della lettera e) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, al fine di ricomprendere tra gli interventi di nuova costruzione i manufatti citati anche nel caso in cui siano installati con temporaneo ancoraggio al suolo, all'interno di strutture ricettive all'aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti. Più specificamente, la norma sostituisce la parola «ancorché», introdotta dal decreto-legge n. 69 del 2013, con le parole «salvo che».
  La citata disposizione dettata dal decreto-legge n. 69 del 2013 è stata contestata dalle regioni, che, in più di un caso, avevano in precedenza emanato normative che si sono ritrovate in contrasto con la nuova formulazione della citata lettera e). Cita, a titolo di esempio, l'articolo 7, comma 2, della legge regionale della Basilicata n. 6 del 2008 e l'articolo 30, comma 6, della legge regionale del Veneto n. 33 del 2002. Nel caso del Veneto, la legge regionale n. 24 del 2013 dispone la disapplicazione del decreto legge n. 69 del 2013 e stabilisce che «continua a trovare applicazione l'articolo 30 della legge regionale 4 novembre 2002, n. 33».
  Ricorda in proposito che la Corte costituzionale, con sentenza n. 278 del 2010, ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 3, comma 9, della legge n. 99 del 2009 che considerava irrilevanti ai fini urbanistici, edilizi e paesaggistici «le installazioni e i rimessaggi dei mezzi mobili di pernottamento, anche se collocati permanentemente, per l'esercizio dell'attività, entro il perimetro delle strutture turistico-ricettive regolarmente autorizzate, purché ottemperino alle specifiche condizioni strutturali e di mobilità stabilite dagli ordinamenti regionali». Secondo la Corte, l'intervento del legislatore statale presentava carattere di norma di dettaglio, in quanto avente ad oggetto una disciplina limitata a specifiche tipologie di interventi edilizi realizzati in contesti ben definiti e circoscritti, con ciò oltrepassando i confini delle competenze che, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma della Costituzione, spettano al legislatore statale in materia di governo del territorio.
  L'articolo 10-ter, che peraltro si limita a modificare una disposizione statale già vigente, deve essere valutato alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2010.
  Quanto al rispetto degli altri princìpi costituzionali, osserva che il comma 1-ter dell'articolo 5, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede una clausola di salvaguardia, fino al 31 dicembre 2015, degli effetti prodottisi e dei rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione già registrati presso l'Agenzia delle entrate (articolo 3, commi 8 e 9 del decreto legislativo n. 23 del 2011), nei casi di mancata registrazione del contratto entro i termini di legge, di indicazione di un affitto inferiore a quello effettivo e di registrazione di un contratto di comodato fittizio. Tali contratti beneficiano di un canone annuo pari al triplo della rendita catastale, ad essi si applica la disciplina del cosiddetto quattro più quattro (vale a dire che hanno durata di quattro anni decorrenti dalla data di registrazione, volontaria o d'ufficio, e sono rinnovabili di ulteriori quattro anni).
  Con il comma 1-ter dell'articolo 5 sono dunque fatti salvi, fino ad una determinata data (31 dicembre 2015), gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione stipulati ai sensi della predetta disciplina, dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 50 del 2014.
  Con la sentenza n. 50 del 2014, depositata il 14 marzo, la Corte costituzionale ha infatti dichiarato incostituzionale, per eccesso di delega, la disciplina di cui Pag. 22all'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo n. 23 del 2011. La Consulta ha affermato che la disciplina oggetto di censura è sotto numerosi profili ’rivoluzionaria’ sul piano del sistema civilistico vigente; allo stesso tempo, tuttavia, emerge con chiarezza come si presenti del tutto priva di «copertura» da parte della legge di delegazione. Sul punto, va ricordato che le pronunce di accoglimento della Corte Costituzionale hanno effetto retroattivo, inficiando fin dall'origine la validità e l'efficacia della norma dichiarata contraria alla Costituzione, salvo il limite delle situazioni giuridiche «consolidate» per effetto di eventi che l'ordinamento giuridico riconosce idonei a produrre tale effetto, quali le sentenze passate in giudicato, l'atto amministrativo non più impugnabile, la prescrizione e la decadenza (ex multis Cass. civ., sez. III, 28 luglio 1997, n. 7057). Peraltro, fa presente che non sempre è agevole accertare se la situazione giuridica su cui la pronuncia di accoglimento astrattamente può incidere sia da considerarsi «esaurita».
  Riguardo a quanto stabilito dall'articolo 136 della Costituzione, ricorda che, con la sentenza n. 350 del 2010, la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Bolzano, 22 dicembre 2009, n. 11, in quanto costituiva sostanzialmente, da un raffronto testuale, una mera riproduzione di altra norma dichiarata, poco tempo prima, incostituzionale con sentenza n. 315 del 2009. Nella suddetta sentenza n. 350 del 2010 la Corte ha ricordato che, secondo consolidata giurisprudenza (ex multis, sentenze n. 262 del 2009, n. 78 del 1992 e n. 922 del 1988), perché vi sia violazione del giudicato costituzionale, è necessario che una norma ripristini o preservi l'efficacia di una norma già dichiarata incostituzionale. In particolare, nel chiarire la portata del primo comma dell'articolo 136 della Costituzione, la Corte ha precisato che «il rigore del citato precetto costituzionale impone al legislatore di «accettare la immediata cessazione dell'efficacia giuridica della norma illegittima», anziché «prolungarne la vita» sino all'entrata in vigore di una nuova disciplina del settore» e che «le decisioni di accoglimento hanno per destinatario il legislatore stesso, al quale è quindi precluso non solo il disporre che la norma dichiarata incostituzionale conservi la propria efficacia, bensì il perseguire e raggiungere, «anche se indirettamente», esiti corrispondenti a quelli già ritenuti lesivi della Costituzione» (sentenze n. 223 del 1983, n. 73 del 1963 e n. 88 del 1966).
  Nel caso di specie, osserva, peraltro, che la sentenza della Corte costituzionale non interveniva su una disciplina volta a disciplinare gli effetti della sentenza di incostituzionalità sui rapporti giuridici in corso ma dichiarava incostituzionale una disposizione che costituiva sostanzialmente, come già detto, una mera riproduzione di altra norma dichiarata incostituzionale.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole con una condizione e due osservazioni. La condizione indica la necessità che la Commissione di merito valuti la modifica prevista all'articolo 3, comma 1 – che sostituisce il comma 1 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 112 del 2008 prevedendo che, in luogo degli accordi con regioni ed enti locali, si proceda all'emanazione di un decreto di definizione delle nuove procedure di alienazione, previa intesa della Conferenza unificata – alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia (in particolare, sentenza della Corte Costituzionale n. 94 del 2007) che ha evidenziato come vada distinta la «disciplina generale in tema di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica», di competenza statale, rispetto ad interventi normativi nella gestione degli alloggi di proprietà degli IACP (o di altri enti o strutture sostitutivi di questi) di competenza regionale. Le osservazioni sono finalizzate a chiedere alla Commissione di merito di valutare la disposizione di cui all'articolo 5, comma 1-ter alla luce della giurisprudenza costituzionale sopra richiamata, nonché la disposizione di cui all'articolo 10-ter che peraltro si limita a modificare una disposizione statale già vigente e vertente sulla Pag. 23medesima materia, alla luce della citata sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2010.
  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore (vedi allegato 2).

  La seduta termina alle 14.10.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Giovedì 15 maggio 2014. — Presidenza del vicepresidente Roberta AGOSTINI. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Domenico Manzione.

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Roberta AGOSTINI presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.
  Avverte quindi che le interrogazioni 5-02807 Matteo Bragantini, 5-02808 Gitti e 5-02809 Plangger, vertendo sul medesimo argomento, saranno svolte congiuntamente.

5-02807 Matteo Bragantini: Sul progetto di riduzione dei presidi sul territorio della Polizia di Stato.
5-02808 Gitti: Sul progetto di riduzione dei presidi sul territorio della Polizia di Stato, con particolare riferimento ai presidi di polizia stradale del territorio bresciano.
5-02809 Plangger: Sul progetto di riduzione dei presidi sul territorio della Polizia di Stato, con particolare riferimento alla sezione della polizia postale della provincia autonoma di Bolzano.

  Matteo BRAGANTINI (LNA), illustra l'interrogazione 5-02807, di cui è primo firmatario. Desidera in particolare conoscere dal Governo i motivi del ridimensionamento di alcuni settori specialistici del comparto sicurezza, quale ad esempio la polizia postale a fronte di un incremento dei reati informatici.
  Evidenzia, inoltre, le condizioni in cui lavorano gli operatori di quel particolare reparto, sottoposti ad esempio alla visione di immagini crude, veicolo di potenziali e pesanti turbamenti, senza un adeguato supporto psicologico e senza che sia stabilito un termine alla loro permanenza nel reparto medesimo.
  Sottolinea, altresì,la situazione di alcuni territori turistici, come quello del lago di Garda, che devono far fronte alla presenza di un numero ingente di persone oltre ai residenti, vedendo invece diminuiti i presidi delle varie forze di sicurezza.
  Nel ritenere necessario un ripensamento degli interventi nel campo della sicurezza, ribadisce la sua richiesta al Governo di conoscere le motivazioni delle scelte in atto nel comparto sicurezza medesimo.

  Gregorio GITTI (PI), illustra l'interrogazione 5-02808, di cui è primo firmatario, facendo presente che appare, a suo avviso, un controsenso smantellare i presidi di polizia del territorio bresciano anche in ragione del fatto che per, via del grande afflusso turistico, tale territorio costituisce una zona molto trafficata.

  Renate GEBHARD (Misto-Min.Ling.), illustra l'interrogazione 5-02809 di cui è co-firmataria.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE risponde congiuntamente alle interrogazioni in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

  Matteo BRAGANTINI (LNA), replicando, pur condividendo in linea generale il principio che i reati informatici possono essere combattuti anche da un unico centro, non ritiene rispondente al vero l'affermazione Pag. 24che non è in atto una riduzione di presidi della polizia postale. Porta l'esempio del Veneto, dove tutti i presidi sono stati spostati a Venezia, con conseguente spostamento di personale. Questo, a suo avviso, comporta un aumento dei costi a causa delle indennità di trasferta che vanno erogate a chi è mandato a lavorare in una città diversa da quella di residenza.
  Si dichiara invece favorevole a una razionalizzazione e unificazione di servizi identici, resi attualmente da diverse forze di polizia. Si tratta di una misura che oltre ad evitare duplicazioni contribuisce alla trasparenza riducendo a uno solo il numero di appalti di forniture di mezzi.
  In conclusione ritiene sbagliato intervenire con tagli lineari senza la necessaria attenzione. Con un tipo di intervento più mirato si potrebbero, invece, di ridurre presidi di sicurezza utili ai cittadini, contribuire a riutilizzare tutto il personale in modo più equilibrato, riportandolo a compiti squisitamente operativi.

  Gregorio GITTI (PI), replicando, nel prendere atto della risposta del Governo, si dichiara preoccupato del fatto che si affidi alle prefetture il compito di valutare l'impatto di una possibile riorganizzazione dei presidi di polizia su ogni singolo territorio considerando che i cittadini si sono rivolti ai parlamentari proprio in ragione della insufficiente attenzione dimostrata dal prefetto in ordine alla tematica oggetto della sua interrogazione.

  Renate GEBHARD (Misto-Min.Ling.), replicando, si dichiara soddisfatta della risposta del Sottosegretario e auspica che la questione posta nell'interrogazione trovi una soluzione.

5-02810 Fiano: Sulla situazione dei profughi siriani accompagnati presso la stazione centrale di Milano, nonché sulle possibili iniziative da adottare in sede europea in materia di libera circolazione dei rifugiati.

  Emanuele FIANO (PD) illustrando l'interrogazione in titolo, sottolinea che tale interrogazione costituisce quasi una copia di altri atti di sindacato ispettivo da lui presentati.
  Ricorda che il numero di profughi siriani che si trova alla Stazione Centrale di Milano è tra i cinque e i seimila. Si tratta di persone arrivate a Milano dopo viaggi illeciti svolti in macchina o in treno in condizioni disumane e abnormi, prive non solo di titolo di viaggio, ma anche di status. Queste persone stazionano in quella città in attesa di ricongiungersi ai loro parenti emigrati specialmente in Germania, Svezia o nel resto della Scandinavia. Le condizioni di disagio in cui vivono sono ben visibili a tutti coloro che transitano per la Stazione di Milano. Il Comune di Milano non riesce con le proprie forze ad assisterli ed è aiutato da organizzazioni di volontariato o da singoli cittadini. La situazione è ben nota al Prefetto e al Ministero dell'interno.
  Lo scopo dell'interrogazione in titolo è quello di chiedere al Governo quali iniziative intenda intraprendere per modificare il regolamento di Dublino III per consentire la libera circolazione negli Stati dell'Unione europea di coloro ai quali è stato riconosciuto lo status di rifugiato. Preannuncia la presentazione di mozioni parlamentari tese a richiedere modifiche dei regolamenti europei.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).

  Emanuele FIANO (PD) replicando, ringrazia il rappresentante del Governo per la sua risposta. Da parte sua continuerà a monitorare la situazione e a stimolare il Governo a cercare una risoluzione.
  Sottolinea come il Comune di Milano sia stato lasciato solo a gestire questa situazione di emergenza. Suggerisce che si potrebbe pensare di fermare i profughi prima del loro arrivo a Milano da Palermo per essere smistati in altre strutture.

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5-02811 Dadone: Sulle misure da adottare per garantire l'esercizio del diritto di voto ai militari e agli appartenenti alle Forze di polizia impegnati in missioni internazionali.

  Emanuela CORDA (M5S) illustra l'interrogazione in titolo, sottolineando che il suo quesito intende denunciare una grave negazione del diritto di voto dei nostri militari e appartenenti alle Forze di polizia impegnati in missioni internazionali.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 5).

  Emanuela CORDA (M5S), replicando, non si dichiara soddisfatta della risposta fornita dal Governo, poiché, a suo avviso, sarebbe stato importante prevedere in anticipo la situazione creata dalla presentazione dei ricorsi giurisdizionali avverso i provvedimenti di esclusione delle liste o di singoli candidati alle prossime elezioni europee. I problemi procedurali ricordati non giustificano, a suo avviso, la gravissima e scandalosa limitazione del diritto di voto dei militari e degli appartenenti alle Forze di polizia impegnati in missioni internazionali. Ritiene che ancora una volta le istituzioni si siano dimostrate inadempienti e disattente nei confronti dei diritti dei cittadini che esercitano il proprio dovere.

5-02812 Gelmini, Ravetto: Sul progetto di riorganizzazione delle Forze dell'ordine preannunciato dal Governo.

  Laura RAVETTO (FI-PdL) illustrando l'interrogazione 5-02812 di cui è cofirmataria, sottolinea che l'atto di sindacato ispettivo è finalizzato ad avere dal Governo una risposta certa sulla ventilata ipotesi di accorpamento tra le principali forze di polizia, la Polizia di Stato e l'Arma dei Carabinieri.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 6).

  Laura RAVETTO (FI-PdL), replicando, si dichiara soddisfatta della risposta del rappresentante del Governo. Osserva che continuerà a monitorare le intenzioni e le dichiarazioni del Governo, specie con riferimento alla politica di contenimento dei costi nel settore della sicurezza.

  Roberta AGOSTINI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 15.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 15 maggio 2014. — Presidenza del presidente Roberta AGOSTINI.

  La seduta comincia alle 15.

Disposizioni in materia di conflitti di interessi
C. 275 Bressa, C. 1059 Fraccaro, C. 1832 Civati e C. 1969 Tinagli.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 6 maggio 2014.

  Emanuele COZZOLINO (M5S) considerato che l'esame è ancora in una fase preliminare, desidera svolgere alcune considerazioni di carattere generale ma che al tempo stesso ritiene utili per inquadrare il contesto nel quale si inserirà un'eventuale riforma della normativa in tema di conflitto di interessi e, segnala, inoltre, l'importanza che si possa addivenire ad una riforma di tale materia.
  Senza entrare nel merito delle proposte di legge in esame, evidenzia che è emerso dalla relazione svolta dal Presidente Sisto che i quattro testi presentati, oltre ad Pag. 26avere diversi punti in comune, hanno soprattutto una filosofia, una finalità, un minimo comune denominatore che li lega, al di là delle rispettive peculiarità.
  Tale filosofia comune è, a suo avviso, rappresentata dalla finalità di ampliare e non restringere la normativa volta ad evitare il conflitto di interessi, segno evidente, questo, che la legge vigente, la n. 215 del 2004, è ritenuta non più adeguata alle esigenze attuali. La caratteristica, comune a tutte le proposte di legge in esame è questa volontà oggettiva di fare un passo avanti, cambiando impostazione nell'attività di contrasto di eventuali posizioni di conflitto di interesse.
  Ricorda, che la legge vigente prevede, infatti, un intervento ex post con relativa sanzione, mentre le proposte di legge presentate prevedono tutte, un intervento ex ante dettando norme volte ad impedire che possa essere adottato un atto in conflitto di interessi.
  Ritiene che si tratti di un dato di grande importanza, perché tra le principali carenze dell'ordinamento italiano vi è l'assenza di una legge in tema di conflitto d'interessi di stampo europeo, in grado di porre finalmente il nostro paese sullo stesso piano dei principali stati europei. Questa carenza si è prodotta, a suo avviso, come è avvenuto anche in altri settori del nostro ordinamento, perché la questione negli ultimi venti anni non è stata affrontata in termini generali, ma come caso singolo e particolare, nonché come strumento di arma e lotta politica.
  Evidenzia che, a differenza di quanto accaduto fino a pochi mesi fa, oggi si sono determinate condizioni oggettive che consentono di affrontare l'argomento conflitto di interessi con maggiore distacco, serenità e lucidità. Ci si trova, a suo avviso, in una congiuntura storico-politica che deve essere sfruttata per produrre una normativa organica e definitiva in tema di conflitto di interessi, un tema che non ha più un nome e cognome ben preciso. Al riguardo, osserva che, per amore di verità dovrebbe ammettersi che è stato un errore ritenere che l'esistenza o meno di una legge sul conflitto di interesse potesse avvantaggiare o punire solo una persona.
  Sottolinea che il MoVimento 5 Stelle ha chiesto la calendarizzazione di questo tema ed ora chiede che si possa procedere speditamente in Commissione, anche utilizzando una fase in cui la Commissione stessa non è oberata, come in passato, da provvedimenti governativi ai quali attribuire la priorità.
  Ritiene che riformare la normativa sul conflitto di interessi sia un tema importante tanto per l'opposizione quanto per la maggioranza, in ragione del fatto che proprio nella maggioranza si continua a parlare di orizzonte di legislatura e di legislatura dedicata alle riforme.
  Aggiunge, infine, che la scelta del Governo di rimettere al Parlamento la decisione su questo argomento è, a suo avviso, un'occasione da cogliere proprio per invertire la tendenza ormai consolidata che vede il Parlamento stesso non più in grado di produrre riforme di grande portata, limitandosi ad approvare quelle di iniziativa governativa.

  Gregorio GITTI (PI), sottolinea, preliminarmente, come la questione oggi all'attenzione della Commissione sia sempre stata al centro del suo interesse professionale e scientifico.
  Osserva come si tratti di un provvedimento su cui si è registrato un ampio consenso, come dimostrato dal dibattito sulle proposte in materia di incandidabilità ed ineleggibilità collegate al conflitto di interessi maturato nel corso dell'esame delle proposte di legge in materia elettorale.
  Anche in assenza del presidente Sisto, desidera però porre una questione. Non comprende, infatti, perché il Presidente Sisto abbia deciso di tenere esclusivamente per sé il ruolo di relatore in una materia così particolare e controversa. Ricorda, inoltre, che il Presidente Sisto, ora componente di un gruppo di opposizione, è stato eletto con una maggioranza diversa da quella attuale e, proprio per questo, Pag. 27non dovrebbe svolgere il ruolo di relatore o, perlomeno, dovrebbe essere affiancato da un altro relatore.
  Conclude, affermando di non comprendere i criteri con i quali il Presidente Sisto tenga per sé o affidi ad altri il ruolo di relatore.

  Roberta AGOSTINI, presidente, ricorda al collega Gitti che è il Regolamento ad affidare al Presidente il ruolo di relatore di tutti i provvedimenti, ruolo che il Presidente può delegare ad altro deputato.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza.
C. 9 d'iniziativa popolare, C. 200 Di Lello, C. 250 Vendola, C. 273 Bressa, C. 274 Bressa, C. 349 Pes, C. 369 Zampa, C. 404 Caparini, C. 463 Bersani, C. 494 Vaccaro, C. 525 Marazziti, C. 604 Fedi, C. 606 La Marca, C. 647 Caruso, C. 707 Gozi, C. 794 Bueno, C. 836 Caruso, C. 945 Polverini, C. 1204 Sorial e C. 1269 Merlo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 6 maggio 2014.

  Gregorio GITTI (PI), nell'esprimere la propria stima per le due relatrici del provvedimento, desidera però osservare che si tratta di una esponente del Partito Democratico e di una esponente di Forza Italia, scelte con un criterio legato alla passata maggioranza politica. Ribadisce, quindi, di non comprendere i criteri di scelta del relatore o dei relatori, scelta sulla quale, anche su una materia così rilevante come quella della cittadinanza, non è stato mai interpellato dal Presidente della Commissione in qualità di rappresentante di gruppo.

  Nazzareno PILOZZI (SEL) ritiene utile che la Commissione abbia avviato l'esame sia dei provvedimenti in materia di conflitto di interessi che delle proposte di modifica della legge sulla cittadinanza.
  Pur condividendo alcune delle affermazioni del collega Gitti, desidera, tuttavia, ricordare che l'esame dei provvedimenti in materia di cittadinanza è iniziato quando esisteva un'altra maggioranza e un altro Governo. Rammenta, infatti, che relatore del provvedimento era, oltre alla collega Calabria, il collega Bressa, poi sostituito dalla collega Fabbri in seguito alla nomina dello stesso collega Bressa a Sottosegretario.
  Ritornando ai provvedimenti in esame, non comprende come il Governo, che ha dato tempistiche precise a molti provvedimenti, non lo abbia fatto anche in questo caso.
  Rispetto alla materia della cittadinanza, reputa che sia il momento delle decisioni e auspica che il lavoro delle relatrici sia proficuo e contribuisca, al di fuori delle polemiche, al raggiungimento di un risultato a suo avviso indispensabile per il Paese.

  Laura RAVETTO (FI-PdL) non ritiene corretto che sia portata avanti una polemica nei confronti del Presidente Sisto in sua assenza.
  Preannuncia il deposito di una proposta di legge in materia di cittadinanza del suo Gruppo, a prima firma del collega Bianconi.

  Matteo BRAGANTINI (LNA), nel constatare l'assenza del rappresentante del Governo, chiede che sia interrotta la discussione, in quanto ritiene indispensabile la presenza del Governo in materia così rilevante.

  Roberta AGOSTINI, presidente, replicando alla collega Ravetto, fa presente che la proposta a cui lei ha fatto riferimento, non appena presentata e assegnata, sarà valutata ai fini dell'abbinamento alle altre proposte di legge all'esame della Commissione.

  Emanuele FIANO (PD) ritiene opportuno separare le questioni relative all'ordine dei lavori da quelle riguardanti il merito dei provvedimenti in discussione. Pag. 28Sottolinea che il suo gruppo ha grande interesse a concludere l’iter sia dei provvedimenti sul conflitto di interessi sia di quelli in materia di cittadinanza, privilegiando la rapidità dell'esame ma garantendo, altresì, il più ampio dibattito in Commissione. Quanto alla questione sollevata da alcuni colleghi in merito ai criteri con cui sono affidate dalla Presidenza le relazioni sui provvedimenti ai deputati, ricorda che ciò che realmente conta è soltanto il testo approvato dalla Commissione.
  Chiede, infine, in considerazione di un'imminente riunione del suo gruppo, di rinviare il seguito dell'esame dei provvedimenti all'ordine del giorno della Commissione ad un'altra seduta.

  Cristian INVERNIZZI (LNA) fa presente che anche il suo gruppo terrà tra pochi minuti una riunione e si associa, pertanto, alla richiesta del collega Fiano di rinviare il seguito dell'esame dei provvedimenti all'ordine del giorno della Commissione ad un'altra seduta.

  Nazzareno PILOZZI (SEL), non opponendosi alla richiesta dei colleghi Fiano ed Invernizzi, ribadisce, tuttavia, la necessità che tutti i gruppi si impegnino a concludere rapidamente l'esame di due provvedimenti che riguardano temi fondamentali, anche per la stessa credibilità della Commissione e più in generale del Parlamento, quali il conflitto di interessi e la cittadinanza.

   Roberta AGOSTINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.25.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE REFERENTE

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione nonché sul trattamento dei migranti nei centri di accoglienza, nei centri di identificazione ed espulsione e nei centri di accoglienza per richiedenti asilo.
Doc XXII, n. 18 Fratoianni, Doc XXII, n. 19 Marazziti e Doc XXII, n. 21 Fiano.

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