CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 14 maggio 2014
234.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO

TESTO AGGIORNATO AL 15 MAGGIO 2014

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SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 14 maggio 2014. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.10.

Variazione nella composizione della Commissione.

  Michele BORDO, presidente, comunica che è entrata a far parte della Commissione la deputata Tea Albini mentre ha cessato di farne parte il deputato Dario Nardella.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Corea in materia di Vacanze-Lavoro, fatto a Seoul il 3 aprile 2012.
C. 2275 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Marina BERLINGHIERI (PD), relatore, evidenzia che la XIV Commissione è chiamata ad esprimere un parere in sede Pag. 161consultiva sul disegno di legge recante l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo sudcoreano in materia di vacanze-lavoro, fatto a Seul il 3 aprile 2012.
  Ricorda che il disegno di legge è già stato approvato dal Senato il 2 aprile scorso.
  Fa notare che l'Accordo si inserisce nel rinnovato impulso alle relazioni tra Italia e Sud Corea a partire dal 2004, 120o anniversario delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. In questo contesto sono stati organizzati eventi e manifestazioni promozionali dell'Italia sia dal punto di vista culturale che economico-commerciale, quali la rassegna Italia in Corea del 2008 e la missione imprenditoriale italiana del 2011. L'Accordo in materia di vacanze-lavoro tra i due Paesi intensifica la reciproca collaborazione, agevolando le procedure per l'ingresso e il soggiorno dei rispettivi cittadini per lunghi periodi di vacanza, con possibilità di svolgere un impiego occasionale a completamento della disponibilità dei mezzi finanziari richiesti, soprattutto in favore dei cittadini più giovani dell'Italia e della Corea del Sud.
  Segnala che l'Accordo in esame si integra nel quadro normativo previgente tra l'Italia e la Corea del Sud in materia di lavoro, costituito dall'Accordo sulla previdenza sociale del 3 marzo 2000 tuttora in vigore. Inoltre, si rileva come l'esecuzione dell'Accordo non richieda l'adozione di atti normativi né presenti incidenza sul quadro normativo vigente italiano.
  Prima di esaminare il disegno di legge di ratifica, intende sinteticamente dar conto del contenuto dell'Accordo, che consta di 8 articoli.
  Negli articoli 1 e 2, sono riportate le condizioni alle quali rispettivamente la Repubblica italiana e la Repubblica sudcoreana accorderanno visti d'ingresso ai cittadini dall'altra Parte per vacanze-lavoro. È previsto il rilascio ai cittadini dell'altra Parte contraente, attraverso le rispettive reti diplomatico-consolari, di visti multipli per vacanze-lavoro valevoli 12 mesi, purché i richiedenti non abbiano precedentemente usufruito di un visto dello stesso tipo; siano cittadini coreani o italiani residenti nei rispettivi Paesi; abbiano come obiettivo prioritario di trascorrere un periodo di vacanza nel territorio dell'altra Parte, all'interno del quale un lavoro sia solo un aspetto marginale e non ragione principale del soggiorno; abbiano un'età compresa tra i 18 e i 30 anni e non abbiano familiari al seguito; siano in possesso di un passaporto di validità non inferiore a 18 mesi; siano in possesso altresì di un titolo di viaggio di andata e ritorno, o dei fondi sufficienti per acquistarlo; siano in possesso di fondi sufficienti al proprio mantenimento durante il periodo di soggiorno nel territorio dell'altra Parte contraente, e in conformità alla normativa in essa vigente; siano in possesso di un'assicurazione medica e di copertura globale delle spese ospedaliere valida per tutta la durata del loro soggiorno nel territorio dell'altra Parte contraente; dimostrino, infine, di non avere condanne penali a carico.
  In questo contesto, i due Governi potranno rilasciare ai cittadini dell'altra Parte fino a 500 visti per vacanze-lavoro ogni anno, ma eventuali variazioni sul numero dei visti non saranno considerate emendamenti all'Accordo in esame, bensì meramente confermati tramite i canali diplomatici. I permessi di soggiorno così rilasciati consentiranno ai beneficiari di svolgere occasionalmente un'attività lavorativa per completare i mezzi finanziari a loro disposizione. Tuttavia, il permesso di soggiorno per vacanze-lavoro non può essere esteso né convertito in un altro tipo di permesso di soggiorno. Inoltre, esso non dà diritto ad ottenere visti per ricongiungimento familiare o comunque per motivi familiari. I cittadini italiani o coreani che hanno fatto ingresso nel territorio dell'altra Parte muniti di visto per vacanze-lavoro potranno svolgere attività lavorativa per un periodo complessivo non superiore a sei mesi con lo stesso datore di lavoro, alle condizioni legislative del Paese ospitante in materia di lavoro e previdenza sociale. Pag. 162
  È richiesto ai cittadini di ciascuna Parte il rispetto delle leggi e dei regolamenti del Paese ospitante, nonché di non assumere impegni di lavoro contrari allo spirito della vacanza-lavoro – in particolare, non è consentito di assumere lavori a tempo indeterminato.
  L'articolo 3 prevede che le Parti, nel minor tempo possibile dopo l'entrata in vigore dell'Accordo in esame, si comunicheranno i riferimenti normativi relativi all'attuazione di esso, nonché le eventuali variazioni apportate alla normativa nazionale. È inoltre previsto che, per quanto riguarda l'Italia, l'Accordo sarà applicato anche in conformità alla legislazione comunitaria, salvaguardando in tal modo gli obblighi derivanti al nostro Paese dalla sua appartenenza all'Unione europea. Le Parti potranno rifiutare l'ingresso nel proprio territorio a cittadini dell'altro Paese, pur in possesso di un visto per vacanze-lavoro, ovvero espellerli dal proprio territorio, qualora ritenuti indesiderabili.
  L'articolo 4 riguarda l'eventuale sospensione dell'Accordo, che potrà verificarsi in tutto o in parte, per ragioni di pubblica sicurezza, di ordine pubblico o di salute pubblica, con notifica alla controparte attraverso i canali diplomatici.
  L'articolo 5 prevede che ogni controversia in merito all'interpretazione e all'applicazione dell'Accordo in esame sarà risolta dalle Parti, per quanto possibile, tramite consultazione e negoziati attraverso i canali diplomatici.
  Ai sensi dell'articolo 6 l'Accordo entrerà in vigore alla data di ricezione della seconda delle due notifiche con cui le Parti contraenti si saranno comunicate l'avvenuto espletamento delle procedure interne necessarie per recepire l'Accordo nel proprio ordinamento giuridico. Eventuali emendamenti all'Accordo (articolo 7) potranno essere apportati consensualmente per iscritto in qualsiasi momento tra le due Parti tramite i canali diplomatici, ed entreranno in vigore secondo la stessa procedura prevista per l'Accordo. Infine, in base all'articolo 8, l'Accordo potrà essere denunciato previa comunicazione scritta tramite i canali diplomatici, con almeno sei mesi di anticipo.
  Il disegno di legge C. 2275 si compone di tre articoli: il primo reca l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo, il secondo il relativo ordine di esecuzione, e il terzo prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione per il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  La Relazione tecnica che accompagna il provvedimento non prevede oneri per l'attuazione dell'Accordo, poiché i visti per vacanze-lavoro saranno soggetti alle stesse tariffe dei visti ordinari.

  Stefano VIGNAROLI (M5S) preannuncia l'orientamento sostanzialmente favorevole del suo gruppo sul provvedimento, ma intende evidenziare in ogni caso due profili di criticità.
  Il primo riguarda il fatto che la Corea del Sud – come denunciato da Amnesty International nel rapporto 2013 – continua a mantenere nel proprio ordinamento la pena di morte; auspica in proposito che l'accordo in esame possa fornire un contributo ad una sempre maggiore tutela dei diritti fondamentali dei cittadini.
  Una seconda questione concerne la previsione in base alla quale i cittadini italiani o coreani che hanno fatto ingresso nel territorio dell'altra Parte muniti di visto per vacanze-lavoro potranno svolgere attività lavorativa per un periodo complessivo non superiore a sei mesi, con lo stesso datore di lavoro. Si tratta di una previsione che appare limitativa, in considerazione del fatto che assai facilmente può accadere di cambiare datore di lavoro.

  Rocco BUTTIGLIONE (PI) osserva come gli accordi in materia di vacanze-lavoro derivino dagli accordi studio-lavoro, che hanno di fatto rappresentato sino ad oggi il principale canale per l'ingresso di stranieri clandestini in Italia. Appare peraltro curioso prevedere che per soli motivi di vacanza un cittadino coreano possa decidere di trascorrere sino a 18 mesi in Italia !Pag. 163
  Non ha motivi per votare contro l'Accordo in esame, ma intende sottolineare l'ipocrisia che caratterizza i discorsi in tema di immigrazione. Si tratta di una materia che occorre rivedere strutturalmente, regolandola in modo tale da legiferare con un approccio maggiormente realistico, e senza ricorrere a sotterfugi. Occorre cioè affrontare le politiche dell'immigrazione – delle quali occorre riconoscere che questo atto fa parte a pieno titolo – con una riflessione più matura e organica.

  Marina BERLINGHIERI (PD), relatore, condivide la necessità, evidenziata dal collega Buttiglione, di dedicare alle politiche dell'immigrazione un ragionamento più ampio, e prende atto dei rilievi formulati dal collega Vignaroli.
  In considerazione tuttavia della impossibilità di modificare i termini dell'Accordo in esame, e tenuto conto della sostanziale condivisione del provvedimento da parte dei gruppi in Commissione, formula una proposta di parere favorevole.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 14.25.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 14 maggio 2014. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.25.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2012/13/UE sul diritto all'informazione nei procedimenti penali.
Atto n. 89.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Giuseppe GUERINI (PD), relatore, ricorda che la XIV avvia l'esame dello schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2012/13/UE, sul diritto all'informazione nei procedimenti penali, il cui termine di recepimento scade il 2 giugno 2014.
  Com’è noto, la direttiva si inserisce nella tabella di marcia tracciata dalle istituzioni comunitarie per raggiungere l'obiettivo fissato nell'articolo 82, par. 2 del Trattato di Lisbona ossia l'attuazione dei diritti della persona nei procedimenti penali, funzionale a incrementare i diritti di indagati e imputati. In questo senso, nella direttiva è stata inserita una clausola di non regressione rispetto ai diritti consolidati nell'ambito della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
  La delega per l'attuazione della Direttiva è contenuta nella Legge di delegazione europea 2013 (n. 96 del 2013), che prevede l'acquisizione del parere parlamentare sullo schema di decreto di recepimento. Non sono indicati specifici principi e criteri direttivi, oltre a quelli generali fissati all'articolo 32 della legge n. 234 del 2012 per l'attuazione del diritto dell'Unione europea.
  In estrema sintesi, la direttiva 2012/13/UE impone alle autorità nazionali di fornire una comunicazione dei diritti a indagati e imputati, «indipendentemente dal loro status giuridico e dalla loro cittadinanza». Il testo prescrive che alle persone indagate o imputate siano tempestivamente fornite le informazioni concernenti almeno i seguenti diritti processuali: il diritto a un avvocato; le condizioni per beneficiare del gratuito patrocinio; il diritto di essere informato dell'accusa; il diritto all'interpretazione e traduzione; il diritto al silenzio. Tali informazioni dovranno essere fornite oralmente o per iscritto, in un linguaggio semplice e accessibile, tenendo conto delle eventuali necessità delle persone indagate o imputate in condizioni di vulnerabilità. La direttiva prevede, inoltre, che le persone indagate arrestate o detenute ricevano prontamente al momento dell'arresto, per iscritto, una «comunicazione dei diritti» in una lingua Pag. 164a loro comprensibile. La comunicazione dovrà contenere informazioni sui seguenti diritti: il diritto di accesso alla documentazione relativa all'indagine; il diritto di informare le autorità consolari e un'altra persona; il diritto di accesso all'assistenza medica d'urgenza; il diritto di conoscere il numero massimo di ore o giorni in cui l'indagato o l'imputato può essere privato della libertà prima di essere condotto dinanzi a un'autorità giudiziaria. La direttiva precisa che qualora «la comunicazione non sia disponibile nella lingua appropriata, l'indagato o l'imputato è informato dei suoi diritti oralmente in una lingua a lui comprensibile. Senza indugio gli verrà quindi fornita la comunicazione dei diritti in una lingua a lui comprensibile». La comunicazione contenente informazioni sui propri diritti è assicurata inoltre a chiunque sia arrestato ai fini dell'esecuzione di un mandato d'arresto europeo.
  Segnala, come evidenziato nella relazione illustrativa, che per dare attuazione ad alcune disposizioni della direttiva non appare necessario modificare il diritto interno, dal momento che la normativa interna risulta già conforme alla direttiva, per quanto riguarda gli articoli 1 (Oggetto) e 2 (Ambito di applicazione), dell'articolo 7 (Diritto di accesso alla documentazione relativa all'indagine) e dell'articolo 9 (Formazione). Infatti, il diritto all'informazione, in una forma chiara e comprensibile, di imputati e indagati all'interno di un procedimento penale è già ampiamente riconosciuto nel nostro ordinamento, ai sensi del terzo comma dell'articolo 111 della Costituzione. Inoltre, il codice di procedura penale, già sostanzialmente rispetta i precetti della direttiva europea per quanto concerne la disciplina delle informazioni di garanzia all'indagato sul diritto al silenzio, il diritto di difesa e sull'avviso di conclusione delle indagini preliminari, (cfr. artt. 64, 143, 335, 369, 369-bis, 415). L'adeguatezza del diritto interno è dovuta anche al recente intervento operato dal decreto legislativo n. 32 del 2014 sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, emanato in attuazione della direttiva 2010/64/UE, su cui la XIV Commissione ha espresso parere nella seduta del 22 gennaio 2014.
  Dato il ricco quadro normativo interno, lo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva ha un contenuto ridotto, limitandosi nei suoi 4 articoli ad operare alcuni aggiustamenti.
  Più precisamente, l'articolo 1 modifica il codice di procedura penale, intervenendo sulle seguenti disposizioni:
   articolo 293 c.p.p., che disciplina l'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura cautelare personale. Ne integra il testo, stabilendo che contestualmente alla consegna all'imputato di copia dell'ordinanza, l'ufficiale o agente incaricato debba consegnargli anche – a pena di nullità degli atti successivi – una analitica comunicazione scritta, in una lingua a lui comprensibile, contenente l'indicazione di tutti i diritti a disposizione del destinatario della misura (dal possibile accesso al gratuito patrocinio, al diritto a ottenere informazioni sull'accusa che gli viene mossa, dal diritto all'interprete e alla traduzione, alla facoltà di non rispondere, dalla possibilità di informare della sua situazione i familiari e le autorità consolari, all'assistenza sanitaria, alla tempistica dell'interrogatorio di garanzia). Le novelle previste dalla lettera a) danno così attuazione all'articolo 4 della direttiva europea;
   modifica inoltre l'articolo 369 c.p.p., in tema di informazione di garanzia, aggiungendo che con l'informazione stessa, con la quale il PM indica a indagato e persona offesa le norme di legge che si assumono violate, data e luogo del fatto e li invita a nominare un difensore di fiducia, egli deve anche informarli del fatto che hanno diritto a conoscere le iscrizioni effettuate sul registro delle notizie di reato (ai sensi dell'articolo 335, comma 3, c.p.p.) e dunque, in particolare, il diritto a conoscere l'eventuale mutamento della qualificazione giuridica del fatto. La novella, introdotta dalla lettera b), dà attuazione all'articolo 3 della direttiva per quanto Pag. 165concerne il «diritto ad essere informato dell'accusa» e di ogni eventuale modifica della stessa (ai sensi dell'articolo 6, par. 4, della direttiva);
   modifica il successivo articolo 369-bis c.p.p., relativo all'informazione alla persona sottoposta alle indagini sul diritto di difesa. Alla previsione attuale, che obbliga il PM a nominare un difensore d'ufficio ogniqualvolta stia per compiere il primo atto al quale il difensore ha diritto di assistere, ovvero ogniqualvolta inviti l'indagato a rendere l'interrogatorio, lo schema di decreto legislativo aggiunge comunque un obbligo di nomina del difensore d'ufficio contestuale all'avviso di conclusione delle indagini preliminari (ai sensi dell'articolo 415-bis del codice). Nella comunicazione sulla nomina del difensore, il PM dovrà anche specificare il diritto dell'indagato all'interprete nonché alla traduzione degli atti fondamentali. La lettera c) intende dare attuazione all'articolo 3 della direttiva;
   novella l'articolo 386 c.p.p., in tema di doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o di fermo. Analogamente a quanto disposto per l'esecuzione della misura cautelare, anche in caso di arresto o fermo l'ufficiale o agente di polizia giudiziaria deve, una volta preso in consegna il fermato, fornirgli una comunicazione scritta, in una lingua a lui comprensibile, sui suoi diritti di difesa. La comunicazione deve essere consegnata a pena di nullità degli atti successivi e dell'esecuzione di tale adempimento deve essere tempestivamente informato anche il PM. La lettera d) attua gli articoli 4 e 8 della direttiva.

  L'articolo 2 dello schema di decreto legislativo modifica l'articolo 12 della legge n. 69 del 2005, di attuazione della decisione quadro sul mandato d'arresto europeo. Anche in questo caso il Governo, dando seguito all'articolo 5 della direttiva, stabilisce che all'atto dell'arresto l'ufficiale di polizia giudiziaria non solo debba informare la persona, in una lingua alla stessa comprensibile, del mandato emesso e del suo contenuto, ma debba anche consegnargli una comunicazione scritta sulla possibilità di acconsentire alla propria consegna all'autorità giudiziaria emittente, la facoltà di nominare un difensore di fiducia e il diritto di essere assistita da un interprete.
  L'articolo 3 stabilisce che l'attuazione del decreto legislativo dovrà avvenire senza ulteriori oneri per il bilancio statale, anche tenuto conto – come evidenziato dalla relazione tecnica – che il bilancio del Ministero della Giustizia sarà «oggetto, nel triennio 2014-2016, di una cospicua integrazione di fondi, pari a euro 6.084.833, 36, in ragione d'anno» in applicazione del decreto legislativo n. 32 del 2014, sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali.
  L'articolo 4 stabilisce che il provvedimento entrerà in vigore trenta giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, data la necessità di provvedere alla predisposizione dei modelli informativi e di procedere alla relativa traduzione, quanto meno nelle lingue più diffuse.
  Con riferimento alle previsioni contenute all'articolo 1, fa osservare che la sanzione per la mancata consegna della comunicazione in una lingua comprensibile al fermato è la nullità degli atti successivi. Di nullità non tratta espressamente la direttiva, che però all'articolo 8 afferma che gli Stati devono assicurare agli interessati «il diritto di impugnare, secondo le procedure del diritto nazionale, l'eventuale rifiuto delle autorità competenti di fornire le informazioni di cui alla presente direttiva o l'eventuale mancata comunicazione delle stesse». Data la difficoltà pratica, in molti casi, di individuare la lingua effettivamente comprensibile per il fermato/arrestato in flagranza, nonché la presumibile difficoltà di avere a disposizione copie della comunicazione scritta già tradotte nella suddetta lingua, occorre valutare la possibilità di recepire nell'attuazione interna la disposizione contenuta nell'articolo 4, par. 5, della direttiva, in base a cui «Qualora la comunicazione non sia disponibile nella lingua appropriata, l'indagato o l'imputato è informato dei suoi diritti oralmente in una lingua a lui Pag. 166comprensibile. Senza indugio gli verrà quindi fornita la comunicazione dei diritti in una lingua a lui comprensibile».
  Osserva, in conclusione, come sul provvedimento si sia aperto il dibattito presso la Commissione Giustizia e ritiene auspicabile un coordinamento tra le Commissioni coinvolte, senza imporre eccessive accelerazioni all'iter di esame dell'Atto.

  Stefano VIGNAROLI (M5S) condivide l'opportunità di una riflessione approfondita sul provvedimento, evidenziando alcune perplessità in ordine all'applicazione della direttiva oggetto di recepimento.
  Rileva infatti alcune criticità perché lo schema di decreto legislativo non prescrive, nell'ambito della comunicazione scritta circa i diritti dell'indagato o imputato o arrestato, l'obbligo di descrivere le diverse articolazioni dei suddetti diritti, così come invece previsto dagli allegati 1 e 2 della direttiva 2012/13; non descrive nell'ambito del procedimento penale le fasi in cui può essere esercitato il diritto di accesso agli atti, non indica i casi di diniego e limitazione del diritto all'accesso alla documentazione relativa all'indagine, come invece prescritto dall'articolo 7 della direttiva 2012/13; non prevede il diritto dell'indagato o imputato ad avere in via gratuita il rilascio degli atti di cui ha la facoltà di accesso alla documentazione relativa alle indagini, così come espressamente previsto dall'articolo 7 della direttiva 2012/13.
  Tali mancate introduzioni di diritti e facoltà dell'indagato o imputato espongono l'Italia a procedura di infrazione di cui agli articoli 258 e 259 del Trattato TFUE per inadempimento degli obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea.

  Gianni FARINA (PD) ritiene che occorra svolgere sul provvedimento una ulteriore riflessione, con particolare attenzione al dibattito in corso presso la Commissione Giustizia. Rileva infatti che le tutele previste nello Schema di decreto sono già contenute nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea proclamata a Nizza nel 2000. Si tratta tuttavia di previsioni che non trovano adeguata applicazione e la cui garanzia è divenuta ancora più difficile a seguito dell'allargamento dell'Unione negli ultimi anni.

  Michele BORDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE.
Atto n. 90.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Liliana VENTRICELLI (PD), relatore, ricorda che lo schema di decreto legislativo in esame, è volto a dare attuazione alla direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica.
  Segnala in via generale che nel contesto attuale, caratterizzato da una crescente attenzione alla sostenibilità ambientale e dal permanere di una congiuntura economica sfavorevole, si sta manifestando una sempre crescente aspettativa sul potenziale sviluppo dell'efficienza energetica.
  Tale orientamento ha avuto come punto d'arrivo a livello comunitario l'emanazione della direttiva europea 2012/27 dell'11 settembre 2012, che ha dettagliato il quadro delle misure atte a garantire il conseguimento dell'obiettivo relativo all'efficienza energetica del 20 per cento entro il 2020, e a gettare le basi per ulteriori miglioramenti dell'efficienza energetica oltre tale data.
  I punti maggiormente significativi della nuova Direttiva possono essere così sintetizzati:
   determinazione di obiettivi nazionali indicativi: per gli Stati membri non sono previsti obiettivi obbligatori al 2020 (a differenza, ad esempio, di quanto previsto Pag. 167per le energie rinnovabili). È stabilito, infatti, che, ogni Stato membro debba fissare un obiettivo nazionale indicativo di efficienza energetica, basato sul consumo di energia primaria o finale, sul risparmio di energia primaria o finale o sull'intensità energetica. Rispetto a ciò, comunque, ogni Stato membro deve tenere conto di un limite massimo dei consumi energetici complessivi a livello europeo, fissato, al 2020, in 1.474 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (Mtoe) di energia primaria o in 1.078 Mtoe di energia finale;
   introduzione dei Piani nazionali per l'efficienza energetica: si prevede che entro il 30 aprile 2014 ogni Stato membro debba trasmettere alla Commissione Ue il proprio Piano d'azione nazionale per l'efficienza energetica che deve contenere le misure significative per il miglioramento dell'efficienza energetica, i risparmi attesi e quelli conseguiti;
   impulso all'efficientamento del parco edilizio e delle prestazioni energetiche degli edifici pubblici: nel quadro dei Piani d'azione nazionali per l'efficienza energetica, ogni Stato membro deve trasmettere alla Commissione europea gli elementi di una strategia a lungo termine per promuovere investimenti nella ristrutturazione degli edifici pubblici e privati. Per quanto riguarda specificatamente gli edifici pubblici, inoltre, dal 1o gennaio 2014 ogni Stato membro dovrà garantire che, per ogni anno, almeno il 3 per cento del parco immobili di proprietà dello Stato sia ristrutturato in modo da rispettare i requisiti minimi di prestazione energetica in edilizia (secondo le modalità stabilite dalla direttiva 2010/31/Ue). In caso di superamento del limite minimo del 3 per cento, si potrà contabilizzare l'eccesso negli obiettivi dell'anno successivo. La norma si applica inizialmente agli edifici con una superficie calpestabile superiore ai 500 metri quadri, ma dal 9 luglio 2015, verranno interessati anche quelli con superficie inferiore (a partire dai 250 metri quadri). La direttiva stabilisce, tuttavia, che gli Stati membri potranno impiegare misure alternative per garantire risparmi equivalenti, oltre a poter esentare dall'obbligo di ristrutturazione particolari categorie di edifici;
   acquisti della pubblica Amministrazione di prodotti ad alta efficienza energetica: si prevede che gli Stati membri facciano sì che le PA acquistino esclusivamente prodotti, servizi ed edifici ad alta efficienza energetica, in coerenza con il rapporto costi-benefici, la fattibilità economica, una più ampia sostenibilità, l'idoneità tecnica ed un livello sufficiente di concorrenza;
   obbligo per le grandi imprese a sottoporsi ad una valutazione delle prestazioni energetiche: rispetto all'obbligo per le grandi imprese di sottoporsi ad un audit energetico (da ripetersi poi ogni 4 anni), la scadenza è fissata per il 5 dicembre 2015. Anche le piccole e medie imprese, pur non ricadendo nella categoria soggetta a questo obbligo, possono comunque essere incoraggiate a sottoporsi ad audit energetici attraverso appositi programmi elaborati dagli Stati membri;
   impulso dato alle società che effettuano interventi finalizzati a migliorare l'efficienza energetica: la direttiva contiene misure atte a promuovere e sviluppare il mercato dei fornitori di servizi energetici attraverso informazioni rivolte agli utenti sempre più chiare, sia sui contratti disponibili, sia sulle attività delle imprese fornitrici di servizi energetici (ESCo), attraverso la predisposizione di un elenco dei soggetti qualificati e certificati;
   introduzione della contabilizzazione dei consumi termici: gli Stati membri devono fare sì che i clienti finali ricevano contatori individuali per rilevare il consumo effettivo di energia. Per quanto riguarda i condomini e gli edifici polifunzionali la direttiva prevede che, laddove siano presenti o un sistema di riscaldamento centralizzato o un sistema di teleriscaldamento, entro il 31 dicembre 2016 dovranno essere installati contatori individuali per misurare il consumo di calore o di raffreddamento o di acqua calda;Pag. 168
   uniformazione e semplificazione delle procedure di fatturazione e lettura dei consumi energetici: la direttiva intende promuovere la massima facilità di accesso, da parte dei clienti finali, alle informazioni relative agli effettivi consumi di energia, interrompendo la prassi dei consumi presunti;
   promozione della cogenerazione ad alto rendimento: entro il 31 dicembre 2015 gli Stati membri devono effettuare una valutazione globale sulla potenzialità di applicazione della cogenerazione ad alto rendimento, nonché del teleriscaldamento e raffreddamento, e ne debbano dare informazione alla Commissione. In base ai risultati dell'analisi, gli Stati membri dovranno procedere nell'adozione di misure adeguate per lo sviluppo della cogenerazione ad alto rendimento.

  Lo schema di decreto legislativo in esame aggiorna quindi il quadro normativo nazionale sull'efficienza energetica, in recepimento di tale direttiva 2012/27/UE, sulla base della delega contenuta nella legge di delegazione europea 2013 (legge 96/2013). La stessa legge (articolo 4) amplia il contenuto della delega legislativa per l'attuazione della direttiva, introducendo uno specifico criterio in base al quale il Governo è tenuto anche ad adottare disposizioni che attribuiscano all'Autorità per l'energia elettrica e il gas il compito di adottare uno o più provvedimenti volti ad eliminare l'attuale struttura progressiva delle tariffe elettriche rispetto ai consumi e ad introdurre tariffe aderenti al costo del servizio.
  Lo schema di decreto in esame è composto da 20 articoli, per l'illustrazione completa dei quali rinvia alla documentazione predisposta dagli uffici.
  Si limita qui a ricordare che l'articolo 1 recepisce il primo articolo della direttiva, precisando che il decreto stabilisce un quadro di misure per la promozione e il miglioramento dell'efficienza energetica che puntano a conseguire un risparmio energetico di 20 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (TEP) dei consumi di energia primaria tra il 2010 e il 2020. Questa quantità rappresenta l'obiettivo nazionale di risparmio energetico fissato dal successivo articolo 3.
  L'articolo 2 integra le definizioni già vigenti nel sistema normativo nazionale con altre con alcune definizioni dettate dall'articolo 2 della direttiva e con altre utili ai fini dello schema di decreto in esame.
  L'articolo 3, come si è anticipato, stabilisce l'obiettivo nazionale indicativo di risparmio energetico in coerenza con la Strategia Energetica Nazionale. Tale obiettivo consiste in una riduzione, tra il 2010 e il 2010, di 20 milioni di TEP dei consumi di energia primaria, pari a 15,5 milioni di TEP di energia finale. Viene recepito l'articolo 3 della direttiva, che richiede agli stati membri la fissazione degli obiettivi nazionali indicativi, sia in energia primaria che in energia finale, e la notifica alla Commissione entro il 30 aprile di ogni anno a decorrere dal 2013. Sommando gli obiettivi nazionali comunicati dagli Stati membri, la Commissione valuta la possibilità di raggiungere l'obiettivo comunitario di risparmio energetico.
  In proposito segnala che l'articolo 3 dello schema di decreto indica l'obiettivo nazionale solamente in termini di riduzione di consumi, mentre l'articolo 3 della direttiva sembra richiedere la valutazione anche in valore assoluto del consumo di energia primaria e finale nel 2020.
  Come si è visto, l'articolo 3, nel fissare l'obiettivo di risparmio energetico, richiama la Strategia Energetica Nazionale (SEN), ovvero il documento di analisi e programmazione energetica approvato con decreto interministeriale (MiSE-MATTM) dell'8 marzo 2013. La SEN indica nella promozione dell'efficienza energetica la prima priorità d'azione, in quanto contribuisce contemporaneamente al raggiungimento di tutti gli obiettivi della Strategia stessa: riduzione dei costi energetici, riduzione delle emissioni e dell'impatto ambientale, miglioramento della sicurezza ed indipendenza di approvvigionamento e sviluppo della crescita economica. All'efficienza Pag. 169energetica la SEN destina investimenti, da parte dello Stato, pari a circa 15 miliardi nei prossimi 8 anni.
  In termini di efficienza energetica, l'Italia parte già da un buon livello medio: siamo infatti uno dei primi Paesi per intensità energetica in Europa, con un livello inferiore alla media di circa il 14 per cento, nonostante una struttura economica in cui l'industria manifatturiera ha un peso superiore alla media europea (anche se, negli ultimi due decenni, altri Paesi europei hanno mediamente migliorato tale indicatore in maniera più forte rispetto a quanto fatto dall'Italia). L'Italia vanta inoltre una consolidata tradizione industriale in molti settori strettamente correlati all'efficienza energetica (caldaie, motori inverter, smart grid, edilizia). A livello di programmazione, già da un quinquennio l'Italia si muove nell'ambito dei Piani d'azione nazionali. Il più recente è stato predisposto nel giugno 2011 (secondo Piano d'Azione Nazionale per l'Efficienza Energetica – PAEE 2011), che dà seguito alle azioni ed iniziative già previste nel PAEE2007 e presenta proposte di medio-lungo termine. Grazie a questi Piani, negli ultimi anni sono stati attivati numerosi interventi (ad esempio Certificati Bianchi, detrazioni fiscali al 55 per cento, incentivi, requisiti prestazionali minimi, certificazione energetica) che hanno permesso già un risparmio di circa 4 Mtep/anno di energia finale al 2010 (e circa 6 di primaria), superando gli obiettivi prefissati per tale data – pari a circa 3,5 Mtep.
  L'articolo 4 riguarda la riqualificazione energetica degli immobili, per recepire l'articolo 4 della direttiva che richiede agli Stati membri di stabilire una strategia a lungo termine per mobilitare investimenti nella ristrutturazione del parco nazionale di edifici. Lo schema di decreto demanda all'ENEA l'elaborazione di una proposta di interventi di medio-lungo termine da sottoporre all'approvazione del MiSE. La prima versione della strategia sarà contenuta nel PAEE 2014 (quindi entro il 30 aprile 2014) e aggiornata nelle successive edizioni del Piano (quindi ogni tre anni).
  L'articolo 5 recepisce l'obbligo imposto dall'articolo 5 della direttiva in merito alla riqualificazione energetica degli immobili della PA centrale (Presidenza del Consiglio e Ministeri). La direttiva impone, a partire dal 2014, che ogni anno venga ristrutturata con interventi di riqualificazione energetica il 3 per cento della superficie coperta utile climatizzata di tali edifici.
  Segnala che la direttiva richiede che le misure di efficienza energetica siano destinate prioritariamente agli edifici con la più bassa prestazione energetica. Andrebbe valutata l'opportunità di rendere esplicito tale criterio nel comma 2 dell'articolo 5 in merito al programma di interventi.
  Si stima che il conseguimento dell'obiettivo totale al 2020 comporterà una spesa totale di 541 milioni di euro. Il risparmio stimato in virtù della maggiore efficienza energetica sarà di 71 milioni entro il 2020, a cui vanno aggiunti ulteriori risparmi per circa 16 milioni di euro all'anno nell'intera vita delle tecnologie per l'efficienza (indicativamente tra i 15 e i 20 anni).
  L'articolo 6, sulla scorta di quanto previsto dall'articolo 6 della direttiva, prevede che le pubbliche amministrazioni centrali, nelle procedure per la stipula di contratti di acquisto o di nuova locazione di immobili ovvero negli acquisti di prodotti e servizi, devono rispettare i requisiti minimi di efficienza energetica, indicati nell'allegato 1, requisiti che devono essere altresì inclusi tra i criteri di valutazione delle offerte (comma 1). Per gli acquisti di beni e servizi, l'obbligo si applica agli appalti di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea, di cui all'articolo 28 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006), mentre per gli acquisti o i nuovi contratti di locazione di immobili, l'obbligo si applica a tutti i contratti indipendentemente dall'importo (comma 3).
  Al riguardo, segnala che l'articolo 6 della direttiva dispone che il predetto obbligo si applichi agli appalti per l'acquisto di prodotti, servizi ed edifici di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea. Pag. 170La direttiva, pertanto, limita l'applicazione dell'obbligo agli appalti per l'acquisto di edifici di importo pari o superiore alle soglie, mentre la normativa nazionale prevede un obbligo di applicazione a tutti i contratti per l'acquisto di edifici, a prescindere dal loro importo.
  Le pubbliche amministrazioni possono derogare al predetto obbligo – fornendo precisa motivazione nei bandi di gara – qualora non sia coerente con le valutazioni di costo-efficacia, idoneità tecnica, ovvero nel caso in cui comporti una severa restrizione della concorrenza (comma 4, primo periodo).
  Relativamente alla possibilità di deroga prevista dall'articolo in commento, si segnala che l'articolo 6 della direttiva 2012/27/UE prevede che l'obbligo di acquistare esclusivamente prodotti, servizi ed edifici ad alta efficienza energetica è applicabile nella misura in cui ciò sia coerente con i seguenti (più ampi) parametri: costi-efficacia, fattibilità economica, una più ampia sostenibilità, idoneità tecnica, livello sufficiente di concorrenza, come indicato nell'allegato III della direttiva. L'incoerenza con i parametri previsti dalla normativa nazionale – alla base della facoltà di derogare all'obbligo di cui al comma 1 – andrebbe, pertanto, valutata alla luce di quanto prevede la direttiva.
  Sono esclusi dall'applicazione di questi obblighi gli appalti per la fornitura di materiale militare disciplinati dal decreto legislativo n. 208 del 2011, che ha recepito la direttiva 2009/81/UE, e gli appalti delle forze armate, se l'applicazione dell'obbligo medesimo è in contrasto con la natura e l'obiettivo primario delle attività delle forze armate (comma 5).
  L'articolo 7 punta al recepimento dell'articolo 7 della direttiva, che richiede l'istituzione di un regime nazionale obbligatorio di efficienza energetica che garantisca un obiettivo cumulativo di risparmio energetico finale entro il 2020, pari almeno a risparmi annui pari all'1,5 per cento, in volume, delle vendite medie annue di energia ai clienti finali e relative al triennio precedente al 2013. In alternativa all'istituzione di un regime nazionale obbligatorio di efficienza energetica, la direttiva permette agli Stati membri di scegliere di adottare altre misure per realizzare risparmi energetici tra i clienti finali che garantiscano lo stesso volume annuo di risparmi energetici. In ogni caso la direttiva richiede la notifica alla Commissione delle misure entro il 5 dicembre 2013.
  Lo schema di decreto definisce come regime obbligatorio di efficienza energetica il meccanismo dei certificati bianchi, che dovrà garantire il conseguimento di almeno il 60 per cento dell'obiettivo nazionale cumulato. Il restante 40 per cento sarà ottenuto attraverso le altre misure di incentivazione dell'efficienza energetica vigenti.
  L'obiettivo vincolante di risparmio nazionale cumulato di energia finale da conseguire nel periodo 2014-2020, calcolato ai sensi dell'articolo 7 della direttiva, pari a 25,6 milioni di TEP, è stato notificato il 5 dicembre 2013 alla Commissione europea, con la precisazione che per raggiungerlo l'Italia si avvale dei certificati bianchi, affiancati da altri due strumenti di sostegno per gli interventi di incremento dell'efficienza energetica già operativi a livello nazionale: le detrazioni fiscali e il Conto termico (decreto ministeriale 28 dicembre 2012 recante incentivazione degli interventi di incremento dell'efficienza energetica e di produzione di energia termica da fonti rinnovabili).
  L'articolo 8 impone alle grandi imprese e a tutte le imprese energivore di eseguire una diagnosi energetica (o audit energetico) entro il 5 dicembre 2015 e successivamente ogni 4 anni, a pena di una sanzione amministrativa. Sono esentate le grandi imprese che hanno adottato sistemi di gestione dell'energia o ambientale conformi agli standard internazionali. I dati sono comunicati all'ENEA, che gestisce un'apposita banca dati e svolge i controlli che accertano la conformità della diagnosi.
  L'articolo 9 dello schema di decreto recepisce le disposizioni relative alla misurazione dei consumi energetici, alla fatturazione e ai costi dell'accesso alle informazioni sui consumi che si trovano negli articoli 9, 10 e 11 della direttiva. Si dispone che, nella misura in cui sia possibile Pag. 171ed economicamente ragionevole in relazione ai risparmi energetici potenziali, vengano forniti ai clienti finali contatori individuali che riflettano con precisione il consumo effettivo e forniscano informazioni sul tempo effettivo di utilizzo dell'energia. Entro il 2016, nei condomini e negli edifici polifunzionali riforniti da una fonte di riscaldamento o raffreddamento centralizzata è obbligatoria l'installazione di contatori individuali.
  L'articolo 10 recepisce le norme contenute nell'articolo 14 della direttiva, sulla promozione dell'efficienza per il riscaldamento e il raffreddamento, dove si richiede agli Stati membri di effettuare e notificare alla Commissione UE, entro il 31 dicembre 2015, una valutazione globale del potenziale di applicazione della cogenerazione ad alto rendimento nonché del teleriscaldamento e del teleraffreddamento efficienti.
  L'articolo 11 è finalizzato a massimizzare l'efficienza energetica della trasformazione, trasmissione e distribuzione dell'energia. Il primo comma recepisce, in parte, le disposizioni dell'articolo 15 della direttiva, tra cui l'obbligo di effettuare, entro il 30 giugno 2015, una valutazione dei potenziali di efficienza energetica delle infrastrutture per il gas e l'energia elettrica, al fine di individuare misure concrete per introdurre miglioramenti nelle infrastrutture di rete, che viene demandata all'AEEGSI.
  Sempre l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico dovrà, fra l'altro, regolare l'accesso e la partecipazione della domanda ai mercati di bilanciamento, di riserva e di altri servizi di sistema; adottare disposizioni per effettuare il dispacciamento dell'energia elettrica con precedenza, a parità di offerta economica, nell'ordine, a i) fonti rinnovabili non programmabili, ii) cogenerazione ad alto rendimento, iii) altri impianti da fonte rinnovabile; definire criteri di modifica della disciplina del mercato elettrico e dei servizi, per consentire la partecipazione della generazione distribuita, delle fonti rinnovabili, della cogenerazione ad alto rendimento e della domanda, stabilendo i requisiti e le modalità di partecipazione delle singole unità di consumo e di produzione.
  Il secondo comma dell'articolo 11 non recepisce alcuna disposizione della Direttiva, bensì dà attuazione al criterio di delega specificato dall'articolo 4 della legge di delegazione Europea 2013, demandando all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico di adeguare le componenti della tariffa elettrica, con l'obiettivo di modificare significativamente la struttura della bolletta, superando la struttura progressiva rispetto ai consumi e di adeguare le componenti ai costi dell'effettivo servizio, secondo criteri di gradualità.
  L'articolo 12 indica, tra gli enti competenti ad emanare norme tecniche in materia di regimi di qualificazione, accreditamento e certificazione, ACCREDIA, CTI, UNI-CEI ed ENEA. L'articolo recepisce l'articolo 16 della direttiva che esorta gli Stati Membri ad emanare regimi di certificazioni, accreditamento e qualificazioni quando si ritenga che il livello nazionale di competenza tecnica sia insufficiente. Tali regimi devono garantire trasparenza ai consumatori e devono esser resi pubblici.
  L'articolo 13 detta le norme per la predisposizione di un programma triennale di informazione e formazione, recependo l'articolo 17 della direttiva nella parte in cui obbliga gli Stati Membri a divulgare a tutti gli attori del mercato le informazioni in merito ai meccanismi di efficienza energetica e al quadro finanziario e giuridico. Più in particolare esso è predisposto da ENEA, entro il 31 dicembre 2014.
  L'articolo 14 detta disposizioni in materia di contratti di prestazione energetica stipulati dalla PA, e delinea la pro cedura per l'emanazione delle linee guida per semplificare e armonizzare le procedure autorizzative per l'installazione, in ambito residenziale e terziario, di impianti o dispositivi tecnologici per l'efficienza energetica e per lo sfruttamento delle fonti rinnovabili. L'articolo recepisce l'articolo 19 della direttiva che esorta gli Pag. 172Stati Membri a semplificare le procedure amministrative in materia di efficienza energetica.
  L'articolo 15 istituisce presso il MISE il Fondo rotativo nazionale per l'efficienza energetica. Le risorse pari a 5 milioni di euro nell'anno 2014 e di 25 milioni di euro nell'anno 2015, provengono dal Fondo di garanzia istituito presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico per la realizzazione di reti di teleriscaldamento (articolo 22, comma 4, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, e successive modifiche).
  La dotazione del nuovo Fondo può essere integrata con risorse del Fondo di garanzia presso la Cassa conguaglio, con i proventi delle aste delle quote di emissione di CO2 destinati ai progetti energetico ambientali (fino a 15 milioni euro annui per il periodo 2014-2020) e, infine, mediante versamento di contributi da parte di enti pubblici, ivi incluse le risorse derivanti dalla programmazione dei fondi strutturali e di investimento europei. L'articolo in esame recepisce l'articolo 20 della direttiva che consente agli Stati Membri, salvo il rispetto della normativa europea sugli aiuti di stato, l'utilizzo di strumenti finanziari per il miglioramento dell'efficienza energetica, anche prevedendo l'istituzione di un apposito Fondo.
  L'articolo 16 recepisce l'articolo 13 della direttiva che consente agli Stati membri di prevedere un regime sanzionatori per gli inadempimenti alle norme ivi previste e prevede disposizioni in materia di sanzioni pecuniarie per le grandi imprese e le imprese energivore che non effettuano la diagnosi prevista; l'esercente attività di misura che non fornisce contatori a norma o che non da informazioni adeguate al momento dell'installazione; l'impresa di fornitura del servizio di un contatore individuale, che, a richiesta del cliente non installa un contatore individuale; il condominio che non provvede ad installare sistemi di termoregolazione e contabilizzazione di calore all'interno delle singole unità immobiliari; le imprese di distribuzione e vendita al dettaglio che non forniscono fatture dettagliate e non consentono l'accesso alle informazioni sui consumi storici agli utenti.
  L'articolo 17, recepisce l'articolo 24 della direttiva in materia di riesame e monitoraggio dell'attuazione e disciplina la procedura per l'emanazione del PAEE, Piano d'azione nazionale per l'efficienza energetica. Il Piano ha durata triennale ed è predisposto entro il 30 aprile 2014.
  Gli articoli 18,19 e 20 dettano disposizioni in materia di abrogazioni di normative preesistenti ormai superate, disposizioni finali e clausola di salvaguardia e, infine l'entrata in vigore.
  Ricorda che è in corso la procedura di infrazione n. 2012/368, avviata dalla Commissione europea per il mancato recepimento della direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica degli edifici e attualmente allo stadio di parere motivato emesso il 25 gennaio 2013.

  Stefano VIGNAROLI (M5S) sottolinea come il perimetro applicativo del provvedimento sia limitato unicamente agli edifici pubblici con l'esclusione di alcune tipologie di immobili, quali scuole ed ospedali. Anche l'articolo 10, sulla promozione dell'efficienza per il riscaldamento e il raffreddamento, appare meritevole di approfondimento, in considerazione del fatto che l'energia in tale ambito prodotta potrebbe derivare da inceneritori.

  Michele BORDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.45.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Mercoledì 14 maggio 2014. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.45.

Pag. 173

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad una rete europea di servizi per l'impiego, all'accesso dei lavoratori ai servizi di mobilità e ad una maggiore integrazione dei mercati del lavoro.
COM(2014)6 final.
(Parere alla XI Commissione).
(Seguito esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dell'atto in oggetto, rinviato nella seduta del 4 marzo 2014.

  Francesca BONOMO (PD), relatore, ricorda di aver illustrato i contenuti del provvedimento nella seduta del 4 marzo scorso, auspicando lo svolgimento di audizioni, da organizzare congiuntamente alla Commissione Lavoro, competente per il merito. Anche nel caso in cui la XI Commissione non intendesse procedere in tal senso, si riserva di verificare la disponibilità della Commissione medesima ad attendere ancora qualche settimana prima di esprimersi sull'Atto, così da consentire alla XIV Commissione di svolgere le richiamate audizioni e di esprimersi compiutamente.

  Michele BORDO, presidente, nessuno altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.50 alle 14.55.