CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 3 aprile 2014
211.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per le questioni regionali
COMUNICATO
Pag. 93

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 3 aprile 2014. — Presidenza del presidente Renato BALDUZZI.

  La seduta comincia alle 8.05.

DL 36/2014: Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale.
C. 2215 Governo.
(Parere alle Commissioni riunite II e XII della Camera).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame.

  Il presidente Renato BALDUZZI, relatore, rileva preliminarmente che il decreto-legge in titolo interessa le competenze della Commissione per le disposizioni di cui all'articolo 3, che contengono misure in materia di farmaci e quindi di tutela della salute. Avverte inoltre che nella seduta odierna si limiterà alla relazione introduttiva, riservandosi di formulare la sua proposta di parere in un successivo momento.
  Introduce quindi l'esame, riferendo che gli articoli 1 e 2 del decreto-legge recano un intervento normativo in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope resosi necessario dopo che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 32 del 2014, ha dichiarato costituzionalmente illegittime le norme introdotte nel testo unico sugli Pag. 94stupefacenti – di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 – con la riforma cosiddetta «Fini-Giovanardi» del 2006, vale a dire con gli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto-legge n. 272 del 2005, inseriti nel decreto in sede di conversione (legge n. 49 del 2006). In particolare, la riforma aveva modificato i criteri di classificazione delle sostanze stupefacenti e le relative tabelle – che erano state riarticolate e portate da sei a due – e aveva unificato il regime sanzionatorio superando la distinzione precedentemente esistente tra droghe cosiddette «leggere» e «pesanti».
  La Corte ha dichiarato l'incostituzionalità degli articoli in questione per un vizio attinente non al merito delle norme, bensì al procedimento di formazione. La Corte ha infatti ricordato nella citata sentenza che legge di conversione di un decreto-legge deve avere un contenuto omogeneo a quello del decreto convertito, e ciò in ossequio all'articolo 77, secondo comma, della Costituzione. Infatti – ha chiarito la Corte – la legge di conversione è una legge a competenza tipica e in ragione della sua specifica funzione segue un iter parlamentare semplificato e caratterizzato da tempi particolarmente rapidi. Da qui derivano i limiti all'emendabilità del decreto-legge. In sostanza, la legge di conversione non può aprirsi a qualsiasi contenuto ulteriore; diversamente, l’iter semplificato potrebbe essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano l'atto con forza di legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto parlamentare. Pertanto, l'inclusione di emendamenti e articoli aggiuntivi che non siano attinenti alla materia oggetto del decreto-legge o alle finalità di quest'ultimo determina un vizio della legge di conversione.
  La cancellazione degli articoli 4-bis e 4-vicies ter ha comportato il ripristino delle numerose disposizioni del testo unico sugli stupefacenti che i due articoli in questione avevano novellato. Quanto alla classificazione delle sostanze stupefacenti, è venuta meno quella di cui alla legge n. 49 del 2006, che – come detto – prevedeva soltanto due tabelle, e sono quindi tornate in vigore le sei previste in precedenza, le quali non erano tuttavia aggiornate in quanto non riportavano le sostanze stupefacenti di ultima generazione classificate come stupefacenti con i decreti ministeriali di aggiornamento delle tabelle emanati dopo il 2006.
  La cancellazione dei citati articoli ha avuto inoltre effetti sulla disciplina del servizio di assistenza farmaceutica relativo alle modalità di prescrizione, dispensazione e registrazione dei medicinali per la terapia del dolore.
  Gli articoli 1 e 2 del decreto-legge in esame ripristinano le norme introdotte con la riforma del 2005, fatta eccezione per quelle relative al quadro sanzionatorio, che torna quindi ad essere quello antecedente alla riforma Fini-Giovanardi. In sostanza, il decreto ha rivisto le tabelle delle sostanze stupefacenti, in modo da renderle coerenti con il regime sanzionatorio; ha ricompreso nelle tabelle le circa 500 sostanze classificate come stupefacenti dopo il 2005; ha ripristinato la disciplina introdotta nel 2006 sulle modalità di prescrizione, dispensazione e registrazione dei medicinali impiegati nella terapia del dolore severo; e ha stabilito la continuazione degli effetti degli atti amministrativi adottati ai sensi delle disposizioni cancellate dalla Corte.
  L'articolo 3 del decreto-legge reca disposizioni per consentire l'utilizzo di un farmaco per patologie diverse da quelle previste al momento della sua commercializzazione (utilizzo cosiddetto off label) se il farmaco risulta economicamente più conveniente rispetto a un altro regolarmente autorizzato. L'articolo è intervenuto poco tempo dopo la deliberazione dell'Antitrust che ha sanzionato le aziende farmaceutiche Roche e Novartis per un cartello che ha condizionato le vendite dei farmaci per la cura oculare Avastin (off label) e Lucentis (on label). Per la precisione, il 5 marzo 2014 l'Antitrust ha disposto, per Roche e Novartis, il pagamento di una multa di 180 milioni di euro per intesa restrittiva della concorrenza. Per il Servizio sanitario nazionale l'intesa ha Pag. 95comportato un esborso aggiuntivo stimato in oltre 45 milioni di euro nel solo 2012, con possibili maggiori costi futuri.
  In base all'articolo 3, in caso di motivato interesse pubblico all'utilizzo di un farmaco già in commercio ma per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata (e quindi off label), l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) può avviare le procedure per la registrazione di questa nuova indicazione terapeutica, informando l'azienda produttrice del farmaco. Se l'azienda produttrice cede a titolo gratuito al Ministero della salute i diritti sulla nuova indicazione terapeutica, la sperimentazione avviene a cura dell'AIFA, che si avvale dei fondi per le sperimentazioni cliniche comparative tra i farmaci. In alternativa l'azienda produttrice del farmaco può provvedere essa stessa alla registrazione del farmaco per la nuova indicazione terapeutica, definendo con l'AIFA i termini e le modalità di avvio della fase sperimentale. Nel caso in cui l'azienda farmaceutica si opponga senza motivo alla registrazione dell'indicazione terapeutica, il decreto prevede che l'AIFA dia adeguata informativa di questo sul proprio sito.
  Nel corso della sperimentazione, la Commissione tecnico-scientifica dell'AIFA potrà valutare la possibilità di comprendere il farmaco off label fra i medicinali erogati a carico del Servizio sanitario nazionale, anche se è disponibile un'alternativa terapeutica nell'ambito dei farmaci regolarmente autorizzati per la cura della stessa patologia. A tal fine, la Commissione tecnico-scientifica dell'AIFA dovrà valutare l'efficacia e la sicurezza del farmaco, basandosi sui risultati di eventuali sperimentazioni e ricerche condotte nell'ambito della comunità medico-scientifica e sui vantaggi economici derivanti dall'uso del farmaco off label. Se la sperimentazione darà esito positivo, il farmaco potrà essere dispensato in via definitiva a carico del Servizio sanitario nazionale anche per le nuove indicazioni.
  L'articolo 4 del decreto ne dispone l'entrata in vigore nel giorno della pubblicazione.
  Infine, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
Testo unificato C. 68 e abb.
(Parere alla VIII Commissione della Camera).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con condizioni e osservazioni).

  La Commissione inizia l'esame.

  Il senatore Mario DALLA TOR (NCD), relatore, introduce l'esame, riferendo che la Commissione è chiamata ad esprimere alla VIII Commissione della Camera il parere, per i profili di propria competenza, sul testo unificato delle proposte di legge C. 68 Realacci, C. 110 Bratti e C. 1945 De Rosa, come risultante dall'esame degli emendamenti in sede referente. Il provvedimento istituisce il «Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente», che è formato dall'Istituto nazionale per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e dalle agenzie delle regioni e delle province autonome per la protezione dell'ambiente.
  L'ISPRA è stato istituito dal decreto-legge n. 112 del 2008 ed è nato dall'accorpamento di vari enti operanti nel campo della protezione dell'ambiente, tra cui l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), che era stata istituita con il decreto-legge n. 496 del 1993. Lo stesso decreto-legge del 1993 aveva previsto che le regioni e le province autonome istituissero con proprie leggi agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, chiamate a collaborare con l'ANPA.
  Il «Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente» è chiamato ad attuare i livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali (LEPTA), i quali – secondo la definizione del testo – rappresentano i livelli essenziali delle prestazioni (ossia gli standard qualitativi e quantitativi Pag. 96di attività) da garantire su tutto il territorio nazionale in materia di ambiente (articolo 2, comma 1, lettera e)), anche ai fini del perseguimento degli obiettivi di prevenzione collettiva previsti dai livelli essenziali di tutela sanitaria (articolo 9, comma 1).
  Come noto, l'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
  Il provvedimento in esame specifica che l'attuazione dei LEPTA deve avvenire nel rispetto, oltre che della normativa qui proposta, anche delle leggi regionali e provinciali in materia.
  Il Sistema nazionale è preposto a numerose attività, tra cui quelle di monitoraggio dello stato dell'ambiente; di controllo dei fattori di inquinamento; di ricerca; di supporto alle attività statali e regionali nei procedimenti e nei giudizi civili, penali e amministrativi; di supporto tecnico-scientifico alle amministrazioni pubbliche aventi funzioni amministrative in materia ambientale; di collaborazione nella predisposizione di programmi di educazione ambientale; di partecipazione ai sistemi nazionali e regionali di protezione civile.
  La disciplina dell'ISPRA viene modificata in alcuni aspetti. Innanzitutto, l'Istituto – che oggi è qualificato come ente pubblico di ricerca – perde la connotazione primaria di ente di ricerca, per il resto conservando la personalità giuridica di diritto pubblico e l'autonomia (tecnico-scientifica, organizzativa, finanziaria, gestionale, amministrativa, patrimoniale e contabile, e ora anche di ricerca). È confermata la sua sottoposizione alla vigilanza del ministro dell'ambiente. Viene previsto che i componenti dei suoi organi (già individuati, in base all'articolo 28 del decreto-legge n. 112 del 2008, dal regolamento di cui al decreto ministeriale 21 maggio 2010, n. 123) durino in carica per quattro anni e possano essere rinnovati per un solo mandato. Sono rivisti i requisiti per la nomina a direttore generale dell'ISPRA.
  Nel nuovo ruolo previsto dal testo in esame, l'ISPRA esercita funzioni di indirizzo e coordinamento tecnico del Sistema nazionale. Tali funzioni sono svolte «con il contributo e la partecipazione sistematica di tutte le componenti del sistema» (articolo 6, comma 1, alinea) e sono «finalizzate a rendere omogenee, sotto il profilo tecnico, le attività del Sistema nazionale». Viene precisato che sono fatte salve le competenze delle regioni e delle province autonome e che il contributo e la partecipazione di tutte le componenti del Sistema – e quindi anche delle agenzie regionali e provinciali – alle attività di indirizzo e coordinamento tecnico dell'ISPRA avvengono nell'ambito del Consiglio del Sistema nazionale (previsto dall'articolo 13). Questo è un organo presieduto dal presidente dell'ISPRA e composto dai legali rappresentanti delle agenzie regionali e provinciali e dal direttore generale dell'ISPRA stesso. Il Consiglio esprime il proprio «parere obbligatorio» su tutti gli atti di indirizzo o di coordinamento per il governo del Sistema nazionale.
  Nell'esercizio delle sue funzioni di indirizzo e coordinamento tecnico l'ISPRA determina innanzitutto i livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali (LEPTA), che – come precisato dall'articolo 6, comma 1, lettera a) – costituiscono parametro di riferimento obbligatorio per la definizione dei piani di attività delle agenzie al fine di garantire l'omogenea attività del Sistema nazionale e del Catalogo nazionale dei servizi. Ai sensi dell'articolo 9, i LEPTA – che fissano gli standard funzionali, operativi, programmatici, strutturali, quantitativi e qualitativi delle prestazioni delle agenzie ambientali (ossia delle agenzie regionali e provinciali) – sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni e sono aggiornati al massimo ogni cinque anni. Il Sistema nazionale è tenuto, nella pianificazione Pag. 97delle proprie attività, a prevedere prioritariamente il raggiungimento dei LEPTA.
  Sempre nell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento tecnico, l'ISPRA, tra l'altro, definisce le procedure ufficiali relative alle specifiche attività che svolge a supporto o in collaborazione con le agenzie nel territorio di competenza delle agenzie stesse; regola l'esecuzione di controlli tali da garantire una valutazione costante dell'andamento periodico dei dati ambientali; definisce metodologie per la raccolta, la valutazione e l'analisi dei dati stessi; promuove e coordina la rete nazionale dei laboratori; sviluppa e gestisce il sistema nazionale di qualità dei dati di monitoraggio ambientale; si occupa della carta geologica nazionale e, in collaborazione con le regioni e le province autonome, dell'aggiornamento dell'Inventario dei fenomeni franosi in Italia (articolo 6).
  Inoltre, l'ISPRA adotta – con il «concorso» delle agenzie regionali – norme tecniche vincolanti per il Sistema nazionale in materia – oltre che di monitoraggio, valutazioni ambientali, controllo, gestione dell'informazione ambientale – anche di coordinamento del Sistema nazionale stesso (articolo 4, comma 4).
  L'ISPRA predispone poi il Programma triennale delle attività del Sistema nazionale, con il quale sono individuate le principali linee di intervento per assicurare sull'intero territorio nazionale il raggiungimento dei LEPTA. Il Programma – che costituisce il documento di riferimento per la definizione dei piani delle attività delle agenzie regionali e provinciali – è adottato previo «parere vincolante» del Consiglio del Sistema nazionale (articolo 10, comma 1; ma all'articolo 13, comma 2, si parla di «parere obbligatorio») e previo parere della Conferenza Stato-regioni (articolo 10, comma 2).
  Ancora, l'ISPRA realizza e gestisce il Sistema informativo nazionale ambientale (SINA), che si avvale di poli territoriali costituiti dai punti focali regionali (PFR), cui concorrono i sistemi informativi regionali ambientali (SIRA) e la cui gestione è affidata alle agenzie regionali e provinciali. SINA, PFR e SIRA costituiscono la rete informativa nazionale ambientale denominata SINANET. La rete SINANET è alimentata con dati trasmessi, tra l'altro, dalle amministrazioni dello Stato e dagli enti pubblici (articolo 11).
  Il Sistema nazionale organizza i propri laboratori di analisi ambientali in una rete nazionale di laboratori accreditati (articolo 12).
  È previsto un regolamento che stabilisca le modalità di individuazione del personale incaricato degli interventi ispettivi nell'ambito del controllo esercitato dal Sistema nazionale, nonché il codice etico, le competenze del personale ispettivo e i criteri generali per lo svolgimento delle attività ispettive. Il regolamento è predisposto dall'ISPRA, con il contributo delle agenzie, ed è emanato con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell'ambiente, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni (articolo 14).
  Il provvedimento rivede anche la disciplina delle agenzie regionali e delle province autonome. In particolare, si prevede: a) che debbano essere persone giuridiche di diritto pubblico, dotate di autonomia tecnico-scientifica, amministrativa e contabile; b) che la disciplina della loro struttura, funzionamento, finanziamento e pianificazione delle attività sia dettata da leggi delle regioni e delle province autonome, nel rispetto però dei LEPTA (sui quali è prevista l'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni) e tenendo conto del Programma triennale delle attività (sul quale è previsto il parere in sede di Conferenza Stato-regioni); c) che il loro direttore generale debba possedere i requisiti previsti per il direttore generale dell'ISPRA (articolo 8); d) che devono svolgere le attività necessarie a garantire il raggiungimento dei LEPTA nei rispettivi territori; e) che possano svolgere attività ulteriori rispetto a quelle previste dai LEPTA e dal Piano triennale, e in particolare che possano svolgere – sulla base di specifiche previsioni normative o di accordi o convenzioni – anche attività soggette a tariffa in favore di soggetti pubblici Pag. 98o privati (le tariffe sono definite con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare).
   Le agenzie – come detto – sono state istituite dal decreto-legge n. 496 del 1993, prima della riforma del titolo V della parte II della Costituzione. Questo aveva rinviato la loro disciplina alle leggi regionali e provinciali, limitandosi a stabilire alcuni principi: in particolare, che le agenzie dovessero avere autonomia tecnico-giuridica, amministrativa e contabile.
  Il finanziamento delle funzioni dell'ISPRA è garantito con un contributo dello Stato. Quanto al finanziamento delle agenzie regionali e provinciali, è previsto che il CIPE vincoli annualmente le regioni e le province autonome al finanziamento delle agenzie per una parte variabile tra lo 0,6 e lo 0,8 per cento della rispettiva quota del Fondo sanitario nazionale. Il CIPE procede sulla base di criteri che dovranno essere fissati con il decreto del Presidente del Consiglio che determina i LEPTA (decreto per il quale, come detto, è prevista l'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni) e i ogni caso previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.
  Le attività istituzionali obbligatorie e non obbligatorie ulteriori rispetto a quelle necessarie per il raggiungimento dei LEPTA sono oggetto di specifici finanziamenti da parte del Ministero dell'ambiente in favore dell'ISPRA e da parte delle regioni e delle province autonome in favore delle rispettive agenzie.
  Le spese per il rilascio dei pareri sulle domande di autorizzazione ambientale e per lo svolgimento dei successivi controlli programmati relativi a impianti e opere soggette alle diverse tipologie di valutazione ambientale sono poste a carico dei gestori stessi, sulla base di tariffe nazionali approvate con decreto del ministro dell'ambiente. Con decreto ministeriale, da adottare previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sono individuate le modalità per l'assegnazione alle agenzie regionali degli introiti in questione, nonché le modalità di compartecipazione di dette agenzie a parte dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative comminate dalle agenzie nei casi di mancata ottemperanza alle disposizioni previste dalla normativa ambientale vigente (articolo 15).
  L'ISPRA e le agenzie possono procedere all'assunzione del personale e all'acquisizione dei beni strumentali nel limiti dei finanziamenti previsti dall'articolo 15 (articolo 16).
  L'articolo 16 prevede che la legge entri in vigore dopo centottanta giorni dalla pubblicazione e le regioni e le province autonome devono in questo termine recepire le disposizioni della stessa; peraltro l'articolo 8 prevede che abbiano un anno dall'entrata in vigore della legge per apportare alle leggi istitutive delle rispettive agenzie le modifiche necessarie ad assicurare il rispetto delle nuove disposizioni di cui all'articolo 8 stesso.
  In conclusione, propone che la Commissione si esprima favorevolmente sul provvedimento in esame, segnalando però alla Commissione di merito la necessità di chiarire alcuni punti del testo. In particolare, dovrebbe essere chiarito se il parere del Consiglio del Sistema nazionale sul programma triennale delle attività sia «vincolante», come previsto dall'articolo 10, comma 1, ovvero soltanto «obbligatorio», come previsto dall'articolo 13, comma 2. Parimenti, andrebbe chiarito il termine entro il quale le regioni e le province autonome sono tenute ad adeguare le proprie legislazioni alla riforma in esame: sembra infatti che gli articoli 7, comma 7, e 16, comma 3, contengano al riguardo disposizioni non coerenti tra loro. Ancora, ritiene che all'articolo 4, comma 4, si dovrebbe chiarire in che cosa consista il «concorso delle agenzie» ivi previsto, in modo da assicurare il coinvolgimento delle regioni anche nella definizione delle norme tecniche vincolanti per il Sistema nazionale.
  Segnala, infine, che la proposta di legge in esame prevede che le tariffe per i servizi erogati dalle agenzie regionali e delle province autonome siano definite a livello nazionale: in tal senso dispongono gli articoli 7, comma 5, e 15, comma 4. A questo proposito, premesso che personalmente Pag. 99reputa forse preferibile l'uniformità delle tariffe sul territorio nazionale, si rimette alla Commissione.

  Il senatore Raffaele RANUCCI (PD) concorda con il relatore sul fatto che sarebbe preferibile che le tariffe fossero uniformi sul territorio nazionale, e quindi stabilite a livello centrale. Quanto al parere del Consiglio del Sistema nazionale sul programma triennale delle attività, ritiene che questo dovrebbe essere vincolante, in modo da rafforzare la partecipazione delle agenzie regionali alla predisposizione di questo importante atto di pianificazione delle attività, fermo restando che su di esso, come detto dal relatore, è comunque prevista l'acquisizione del parere delle regioni.

  Il senatore Albert LANIECE (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE) ritiene, per contro, che si dovrebbe consentire alle regioni e alle province di Trento e Bolzano di stabilire autonomamente le tariffe per i servizi a pagamento erogati dalle loro agenzie territoriali. Sottolinea infatti come l'autonomia finanziaria, che riguarda anche aspetti come la determinazione delle tariffe per servizi resi da pubbliche amministrazioni o comunque enti regionali, sia un profilo qualificante dell'autonomia regionale. Rileva inoltre come l'autonomia finanziaria – e pensa soprattutto a quella delle regioni a statuto speciale – non comporti soltanto vantaggi, come da parte di qualcuno si sostiene, ma anche responsabilità: responsabilità che si vedono bene oggi, quando anche le regioni sono chiamate a razionalizzare la spesa e a tenere in ordine i bilanci.

  Il presidente Renato BALDUZZI osserva incidentalmente che sul tema del finanziamento delle regioni a statuto speciale a confronto con quello delle regioni a statuto ordinario la Commissione ha avuto modo di ascoltare nella seduta di ieri le interessanti e utili relazioni dei professori Cerea, De Martin e De Siervo, auditi nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle questioni connesse al regionalismo ad autonomia differenziata.
  Quanto al tema delle tariffe per i servizi erogati dalle agenzie territoriali per l'ambiente, concorda con il senatore Lanièce che si dovrebbe consentire alle regioni e alle province di Trento e Bolzano di fissarle autonomamente, sia perché si tratta di servizi resi da enti che, pur inseriti nella rete del Sistema nazionale, sono comunque enti pubblici regionali e provinciali, sia – più in generale – perché non si può costruire uno Stato regionale come quello previsto dalla Costituzione – sia da quella vigente, sia da quella disegnata nella riforma proposta dal Governo – se non si prevedono margini di flessibilità e di differenziazione tra i territori.

  Il deputato Francesco RIBAUDO (PD) osserva che, su questo tema delle tariffe, si potrebbe ipotizzare una via mediana, nel senso che le tariffe potrebbero essere stabilite autonomamente dalle regioni, ma sulla base del principio che le stesse «devono tendenzialmente armonizzarsi con le tariffe indicate a livello nazionale».

  Il deputato Florian KRONBICHLER (SEL), premesso che, a suo giudizio, la Commissione parlamentare per le questioni regionali dovrebbe di regola prendere le parti delle autonomie territoriali, e quindi propendere per il principio della flessibilità territoriale delle discipline nazionali in tutti i casi in cui non sia evidentemente necessaria l'uniformità sul territorio nazionale, ritiene più giusto consentire alle regioni e alle province di Trento e Bolzano di stabilire autonomamente le tariffe dei servizi erogati dalle proprie agenzie.

  Il presidente Renato BALDUZZI, premesso di ritenere importante la difesa delle autonomie regionali, che oggi qualcuno mette in discussione, esprime l'avviso che il ruolo che la Commissione parlamentare per le questioni regionali è chiamata a svolgere – quale si desume dall'articolo 126 della Costituzione – non sia però quello di difendere sempre e comunque Pag. 100gli interessi, dichiarati o presumibili, delle regioni, bensì quello di esprimere, attraverso un organo specializzato e alla luce della Costituzione e degli statuti speciali, il punto di vista del Parlamento su questioni rilevanti per le regioni o per il regionalismo.

  Il senatore Daniele Gaetano BORIOLI (PD) ritiene che l'autonomia tariffaria sia un corollario dell'autonomia finanziaria e debba essere riconosciuta alle regioni tanto più quando si tratta di tariffe per servizi resi da enti pubblici regionali. Fa presente, del resto, che la differenziazione territoriale delle tariffe dovute per i servizi resi dagli enti territoriali è un fatto normale, basti pensare ai servizi espletati dai comuni, ad esempio quello di raccolta dei rifiuti.

  Il senatore Mario DALLA TOR (NCD), relatore, formula una proposta di parere favorevole con condizioni e osservazioni (vedi allegato).

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

DL 34/2014: Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese.
C. 2208 Governo.
(Parere alla XI Commissione della Camera).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame.

  Il senatore Roberto RUTA (PD), relatore, avverte che si limiterà alla relazione introduttiva, riservandosi di formulare la sua proposta di parere in un momento successivo, così da tenere conto, se possibile, anche delle modifiche che, a quanto sembra, la Commissione di merito apporterà al testo. Si tratta infatti di un testo che ha suscitato perplessità, anche nella maggioranza, per esempio nella parte in cui eleva da uno a tre anni la durata del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, col rischio, secondo molti, di aumentare soltanto il precariato, e non anche l'occupazione.
  Ciò premesso, introduce l'esame, riferendo che il decreto-legge contiene disposizioni in materia di lavoro a termine, apprendistato, servizi per il lavoro, verifica della regolarità contributiva e contratti di solidarietà. Più in dettaglio, l'articolo 1 contiene disposizioni per facilitare il ricorso ai contratti a tempo determinato (cosiddetto lavoro a termine) e alla somministrazione di lavoro a tempo determinato.
  A tale fine, si prevede – come anticipato – l'innalzamento da 12 a 36 mesi della durata del rapporto a tempo determinato – vale a dire contratto a tempo determinato o somministrazione a tempo determinato – che non necessita dell'indicazione della causale per la sua stipulazione. Si prevede inoltre che il numero complessivo di rapporti di lavoro a termine costituiti da ciascun datore di lavoro non possa eccedere il limite del 20 per cento dell'organico complessivo. Le imprese che occupano fino a 5 dipendenti possono però sempre stipulare un contratto a tempo determinato. Infine, si prevede che le proroghe possano essere otto al massimo, a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto a tempo determinato è stato stipulato.
  L'articolo 2 detta disposizioni per semplificare la disciplina dell'apprendistato. A tal fine, si prevede l'obbligo della forma scritta solamente per il contratto e per il patto di prova, e quindi non più anche per il piano formativo individuale. Si sopprime la previsione in base alla quale i datori di lavoro che occupino almeno 10 dipendenti possono assumere nuovi apprendisti solo a condizione che nei tre anni precedenti abbiano assicurato la prosecuzione del rapporto di lavoro ad almeno la metà degli apprendisti al termine dell'apprendistato. Si prevede che, fatta salva l'autonomia della contrattazione collettiva, nella retribuzione dell'apprendista si debba tener conto delle ore di lavoro effettivamente Pag. 101prestate, nonché, in misura del 35 per cento del relativo monte ore complessivo, delle ore di formazione. Si prevede infine la facoltà – e non più l'obbligo – per i datori di lavoro di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere svolta in azienda, con l'offerta formativa pubblica, interna o esterna all'azienda.
  L'articolo 3 detta misure per garantire la parità di trattamento delle persone in cerca di occupazione in uno degli Stati membri dell'Unione europea: a tal fine si prevede l'eliminazione del requisito del domicilio. Più precisamente, si consente che cittadini italiani, cittadini comunitari e stranieri regolarmente soggiornanti in Italia possano, a prescindere da dove abbiano la residenza, essere iscritti nell'elenco anagrafico dei soggetti che sono in cerca di lavoro e che intendono avvalersi dei servizi competenti. Analogamente, la prova dello stato di disoccupazione necessaria per fruire di alcune azioni di politica attiva può ora essere presentata presso i servizi competenti di qualsiasi parte del territorio, e non più dove l'interessato ha il domicilio.
  L'articolo 4 detta disposizioni per la dematerializzazione del Documento unico di regolarità contributiva (DURC) e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese che lo chiedono.
  L'articolo 5 demanda ad un decreto interministeriale la definizione dei criteri per l'individuazione dei datori di lavoro che possono beneficiare, entro i limiti delle risorse disponibili, delle agevolazioni già previste dalla legislazione vigente per i contratti di solidarietà. Le risorse da destinare ai contratti di solidarietà vengono nel contempo portate da 5,16 milioni a 15 milioni di euro dal 2014.
  L'articolo 6 dispone l'entrata in vigore del decreto-legge il giorno 21 marzo 2014.

  Il deputato Elisa SIMONI (PD) conferma che la Commissione di merito – della quale è componente lei stessa – è orientata a modificare il testo del decreto per correggerne alcuni aspetti che hanno suscitato perplessità. In particolare, rileva che le misure per incentivare il ricorso ai contratti di apprendistato rischiano di far incorrere l'Italia in una procedura di infrazione europea in quanto potrebbero essere considerate come un espediente per sostenere le imprese italiane con aiuti di Stato non consentiti dalla legislazione dell'Unione europea. Si tratta quindi di scongiurare questo rischio, nel contempo però facilitando l'assunzione di apprendisti, che oggi è ostacolata dalla complessità dell’iter burocratico.

  Il senatore Lionello Marco PAGNONCELLI (FI-PdL), premesso che il decreto contiene alcune misure condivisibili, ma nel complesso non è, a suo giudizio, sufficiente per l'obiettivo che si prefigge, quello del rilancio dell'occupazione, fa presente che molte imprese sono in difficoltà a pagare i salari ai dipendenti a causa dei ritardi con cui le pubbliche amministrazioni saldano i propri debiti e che un aiuto per queste imprese potrebbe venire da una moratoria nel versamento dei contributi previdenziali per i lavoratori.

  Il presidente Renato BALDUZZI, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Imprese artigiane.
Testo unificato S. 264 e abb.

(Parere alla 10a Commissione del Senato).
(Esame e rinvio).

  La Commissione avvia l'esame.

  Il deputato Elisa SIMONI (PD), premesso che si limiterà alla relazione introduttiva, riservandosi di formulare la sua proposta di parere in un momento successivo, introduce l'esame, riferendo che il testo unificato in titolo è stato adottato come testo base dalla 10a Commissione del Senato nell'ambito della discussione congiunta dei disegni di legge in materia di imprese artigiane S. 264, S. 268, S. 652 e S. 869 e si propone di tutelare i mestieri e le imprese artigianali. Al riguardo, osserva Pag. 102che si tratta di un campo nel quale sono rilevanti le competenze delle regioni e dei comuni e che in alcune realtà sono già state sperimentate forme di accompagnamento nel passaggio generazionale, che sono importanti anche perché una delle ragioni per le quali gli antichi mestieri artigiani vanno scomparendo è che i maestri non si fidano degli aspiranti apprendisti e preferiscono in qualche caso chiudere l'attività piuttosto che cederla.
  Quanto al contenuto del provvedimento, il capo I (articoli 1 e 2) definisce principi e finalità della legge. Come chiarisce l'articolo 1, il provvedimento intende valorizzare le eccellenze artigianali e la cultura del saper fare artigiano, nonché incentivare il trasferimento generazionale dei mestieri artigiani. Al conseguimento dei due obiettivi anzidetti vengono chiamati tanto lo Stato, quanto le regioni e gli enti locali, ciascuno nell'ambito delle proprie prerogative e competenze. Quanto alle regioni, il provvedimento contiene una clausola generale di salvaguardia, la quale, oltre a dichiarare salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome stabilite dai rispettivi statuti speciali e norme di attuazione, precisa che nelle materie attribuite dalla Costituzione alla competenza legislativa concorrente dello Stato e delle regioni, queste ultime esercitano la potestà legislativa nel rispetto dei princìpi fondamentali di cui al provvedimento in esame.
  L'articolo 2 individua in linea generale le misure che i pubblici poteri devono porre in essere per conseguire gli obiettivi della legge, precisando che tali misure devono essere perseguite, in modo coordinato, da tutti i livelli istituzionali di governo e dalle forze economiche e sociali, sulla base di intese interistituzionali e concertazioni tra Governo e parti sociali e attraverso «un'azione nazionale di sistema intesa quale insieme coordinato e integrato di misure».
  Il capo II (articoli 3-5) definisce gli strumenti di programmazione e di intervento.
  In particolare, l'articolo 3 individua come strumento di coordinamento principale delle politiche pubbliche in questo campo il «Programma nazionale di intervento per la promozione dei mestieri artigiani e l'incentivazione del trasferimento generazionale di impresa». Il Programma è adottato ogni tre anni dal Governo, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Le regioni, a loro volta, sono chiamate a concorrere alle azioni individuate dal Programma e a destinare a tal fine adeguate risorse e strumenti nell'ambito della programmazione per l'impiego dei fondi europei.
  Il coordinamento delle azioni del Programma è affidato dall'articolo 4 ad un'apposita Cabina di regina nazionale, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Ne fanno parte il ministro del lavoro e delle politiche sociali, che la presiede, il ministro dello sviluppo economico e i rappresentanti delle regioni, delle province, delle camere di commercio e delle organizzazioni sindacali e d'impresa del settore artigiano. L'articolo 5 prevede che la cabina di regia si avvalga della società Italia lavoro, la quale è chiamata anche a fornire supporto tecnico alle regioni per la pianificazione delle azioni sul territorio, nonché dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL). In caso di cofinanziamento regionale, le regioni e le province autonome possono avvalersi di propri enti vigilati o controllati per le attività di assistenza tecnica, verifica e monitoraggio connesse al Programma nazionale.
  Il Capo III (articoli 6-11) detta norme specifiche per la valorizzazione delle eccellenze artigianali e la promozione dei mestieri artigiani. In particolare, l'articolo 6 reca misure per la valorizzazione delle attività artigianali di interesse storico e degli antichi mestieri basati su tecniche tradizionali o strumenti antichi o rari. Il provvedimento prevede che tali attività siano riconosciute con la qualifica di «Tesori umani viventi». L'articolo individua gli elementi distintivi di tali attività, per il resto rinviando a un decreto ministeriale – da adottarsi d'intesa con le regioni – la definizione dei criteri e le modalità per la loro individuazione. Sulla base di tali Pag. 103criteri, i comuni sono chiamati a censire i «Tesori umani viventi» esistenti sul proprio territorio, mentre alle regioni spetta tenere, sulla base dei censimenti comunali, elenchi regionali delle attività in questione.
  L'articolo 7 prevede misure per informare i soggetti interessati al trasferimento di competenze e di imprese artigiane. A tal fine, il Governo definisce e promuove specifici programmi nazionali di informazione e di orientamento, mentre alle regioni, nell'ambito delle rispettive prerogative e competenze, spettano le concrete attività di informazione e di orientamento.
  Quanto alla formazione dei giovani che aspirano a diventare artigiani, l'articolo 8 prevede che il Governo concordi annualmente con le regioni un accordo quadro per la programmazione dell'offerta formativa dei mestieri artigiani. È precisato però che l'organizzazione e il sostegno della formazione spettino ai sistemi regionali del lavoro, con il coinvolgimento dei servizi per l'impiego, degli istituti scolastici, degli enti di formazione accreditati e con la partecipazione del sistema camerale e delle forze sociali ed economiche. In particolare, è previsto che le regioni programmino l'offerta formativa, in accordo con le province e con le camere di commercio locali, sulla base di un'azione di analisi e verifica dei fabbisogni formativi delle imprese artigiane nei territori di riferimento. A tal fine, le regioni devono adottare appositi strumenti di programmazione annuale concordati con ogni singola provincia e camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Gli enti formativi devono essere certificati e accreditati. Le attività di formazione devono obbligatoriamente prevedere stage o comunque forme di alternanza scuola-lavoro presso un'impresa artigiana.
  Le regioni sono chiamate inoltre a istituire e promuovere, con proprie leggi, il sistema della «bottega scuola», definita quale modalità di formazione e di incontro tra giovani studenti, soggetti in cerca di occupazione e botteghe artigiane.
  L'articolo 9 prevede l'istituzione, presso Unioncamere, della «Borsa dell'iniziativa artigiana», definita quale luogo di incontro tra i maestri artigiani interessati a vendere la propria impresa e i giovani interessati ad acquistarla.
  L'articolo 10 prevede misure per favorire l'avvio, l'esercizio e il trasferimento d'impresa artigiana, sulla base di un piano e di criteri nazionali definiti d'intesa tra lo Stato, le regioni e le categorie interessate.
  In base all'articolo 11, le regioni promuovono la stipula di accordi e intese in sede di conferenza Stato-regioni per coordinare l'esercizio delle competenze normative nelle materie toccate dalla legge, sulla base dell'individuazione delle migliori pratiche e della verifica dei risultati conseguiti dalle regioni stesse e dagli enti locali nei rispetti ambiti d'intervento.
  Il capo IV (articoli 12-15) individua alcuni incentivi al trasferimento generazionale di impresa artigiana. In particolare, l'articolo 12 prevede che le regioni, attraverso i servizi per il lavoro, gli enti bilaterali e il sistema delle camere di commercio, monitorino le botteghe artigiane per individuare quelle il cui titolare stia per cedere l'attività, per pensionamento o altro motivo. Si prevede altresì che le regioni favoriscano l'incontro di domanda e offerta ai fini del trasferimento generazionale di impresa artigiana; definiscano percorsi per il trasferimento generazionale di impresa che prevedano la sottoscrizione di un patto tra il candidato alla rilevazione dell'attività imprenditoriale e il servizio per il lavoro; prevedano servizi gratuiti di affiancamento tecnico per l'avvio di impresa riservati ai titolari d'impresa artigiana subentranti; sostengano la funzione di mentore svolta dagli artigiani cedenti e l'attività di formazione dei giovani, riconoscendo ai primi un'indennità di tutoraggio e ai secondi un'indennità formativa, per non più di tre anni.
  L'articolo 13 prevede incentivi e aiuti per coloro che rilevano un'impresa artigiana, nella forma di prestiti d'onore per il sostegno delle spese di avviamento, investimento ed esercizio relative ai primi tre anni di attività. I prestiti sono restituibili in cinque anni con tasso di interesse agevolato e sono cumulabili con i prestiti erogati dai consorzi fidi al fine del consolidamento Pag. 104dell'attività, purché concessi entro tre anni dal trasferimento d'impresa.
  La definizione delle modalità di attuazione di queste misure sono demandati a un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, sul quale è previsto il parere delle autonomie territoriali in sede di Conferenza unificata, nonché quello delle associazioni di categoria.
  Le regioni possono cofinanziare gli interventi previsti dal presente articolo anche attraverso l'utilizzo di risorse regionali o comunitarie coerenti con le finalità della legge.
  L'articolo 14 definisce misure di sostegno fiscale al trasferimento generazionale di impresa artigiana e per la defiscalizzazione delle start-up, prevedendo, in particolare, che le attività avviate a seguito di trasferimento generazionale di impresa artigiana sono esentate dall'imposizione IRAP e IRPEF per i primi tre esercizi di imposta, nei limiti consentiti dalla disciplina dell'Unione europea. Le modalità di attuazione dell'articolo sono anche in questo caso definite con regolamento ministeriale, sentita la Conferenza unificata e le associazioni di categoria.
  L'articolo 15 definisce misure per il sostegno alle attività di formazione dei giovani artigiani e per il cofinanziamento statale dei voucher formativi regionali. In particolare, le leggi regionali possono prevedere voucher formativi a favore dei soggetti che partecipino alle attività formative per la rilevazione di imprese artigiane. In tal caso, i voucher formativi devono essere integrabili con un contributo statale, nella misura e secondo le modalità che dovranno essere stabilite con decreto ministeriale, sentita la conferenza unificata.
  Il capo V (articoli 16-18) provvede alla copertura finanziaria dell'intervento e detta disposizioni finali. Per la copertura finanziaria, l'articolo 16 attinge alle risorse del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, finalizzando agli obiettivi della legge 50 milioni di euro a decorrere dal 2014. I fondi devono servire, tra l'altro, al cofinanziamento, in concorso con le regioni, delle indennità di formazione e tutoraggio e delle attività relative al patto di servizio. L'articolo 17 dispone invece un taglio lineare permanente sulle dotazioni per le spese di funzionamento relative alle missioni di spesa di ciascun Ministero, fino a garantire risorse per almeno 250 milioni di euro.
  L'articolo 17, infine, prevede che le disposizioni attuative della legge siano adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la conferenza unificata.

  Il senatore Raffaele RANUCCI (PD) reputa importante favorire e sostenere il passaggio generazionale delle imprese e dei mestieri artigiani, anche perché è l'unico modo per conservare competenze preziose che rischiano altrimenti di scomparire. Esprime peraltro perplessità sulla locuzione «tesori umani viventi», che giudica troppo ridondante.

  Il senatore Daniele Gaetano BORIOLI (PD) rileva che il riferimento alle province contenuto nel testo dovrà essere probabilmente soppresso una volta che il disegno di legge Delrio – che è oggi in discussione nell'aula della Camera (C. 1542-B) – sia stato approvato in via definitiva: quest'ultimo comporta infatti la revisione delle funzioni delle province in linea con la loro trasformazione in enti di secondo grado.

  Il presidente Renato BALDUZZI osserva che gli obiettivi del provvedimento sono certamente importanti e meritevoli, ma che d'altra parte non si può non tenere conto del fatto che tanto la materia dell'artigianato, quanto quella della formazione professionale pubblica, sono oggi rimesse alla competenza legislativa residuale delle regioni. Invita pertanto la relatrice a tenere conto anche di questo, nel momento in cui formulerà la sua proposta di parere.

  Il deputato Elisa SIMONI (PD), relatore, osserva che è vero che l'artigianato è oggi materia di competenza regionale, ma è anche vero che occorre un intervento a Pag. 105livello nazionale per sostenere questo settore importante per l'economia, oltre che per la storia, dell'intero Paese.

  Il senatore Lionello Marco PAGNONCELLI (FI-PdL) rileva, a sua volta, che l'artigianato è materia di competenza legislativa delle regioni. Esprime inoltre perplessità sulla formulazione del testo, che non chiarisce i propri obiettivi: in particolare, non si capisce se si vuole promuovere l'artigianato in generale o soltanto le «eccellenze artigianali», come dice l'articolo 1, comma 1, lett. a). Trova altresì troppo macchinoso il sistema amministrativo qui proposto, che prevede azioni coordinate, programmi nazionali d'intervento, concertazioni e perfino una cabina di regia nazionale, la quale, per di più, può avvalersi della società Italia lavoro s.p.a., che, a suo avviso, non ha dato fin qui prova di grande efficienza. Osserva infine che le risorse stanziate sono insufficienti, senza contare che si tratta di somme che vengono tolte dal Fondo di garanzia per le piccole e le medie imprese.

  Il presidente Renato BALDUZZI, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 9.20.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 9.20 alle 9.25.

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