CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 14 gennaio 2014
156.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
COMUNICATO
Pag. 106

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 14 gennaio 2014. — Presidenza del presidente Pierpaolo VARGIU. – Interviene il sottosegretario di Stato per la salute, Paolo Fadda.

  La seduta comincia alle 12.50.

DL 133/2013: Disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia.
C. 1941 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla VI Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, ricorda che la Commissione è chiamata a esprimere alla VI Commissione (Finanze) il prescritto parere sul disegno di legge n. 1941, già approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 133 del 2013, recante misure in materia di IMU e di Banca d'Italia.
  Ricorda, altresì, che tale provvedimento è iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire dal prossimo lunedì 20 gennaio e che la Commissione di merito dovrebbe concludere l'esame in sede referente nella giornata di venerdì 17 gennaio. Pertanto, nella seduta odierna della Commissione si svolgerà la relazione introduttiva e potrà avere inizio il dibattito, che si concluderà nella seduta di domani, con l'espressione di un parere sul testo trasmesso dal Senato.
  Da quindi la parola alla relatrice, on. Piccione.

  Teresa PICCIONE (PD), relatore, fa presente che il decreto-legge n. 133 del 2013, sul quale la Commissione è chiamata a Pag. 107esprimere il parere, si compone complessivamente di nove articoli.
  In particolare, l'articolo 1 prevede che, per l'anno 2013, non è dovuta la seconda rata dell'imposta municipale sperimentale (IMU), di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, per una serie di immobili (abitazioni principali e assimilati, casa coniugale assegnata al coniuge, immobili del personale in servizio permanente delle Forze armate, terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, fabbricati rurali ad uso strumentale), salvo quanto previsto dal comma 5, secondo il quale l'eventuale differenza tra l'ammontare dell'IMU risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione per ciascuna tipologia di immobile deliberate o confermate dal comune per l'anno 2013 e, se inferiore, quello risultante dall'applicazione dell'aliquota e della detrazione di base previste dalle norme statali, deve essere versata dal contribuente – entro il 24 gennaio 2014 – in misura pari al 40 per cento.
  Rileva che l'unica disposizione che incide sulle competenze della XII Commissione è quella recata dal comma 9 dell'articolo 1, in base al quale la seconda rata dell'IMU per l'anno 2013 non è dovuta anche con riferimento agli immobili equiparati all'abitazione principale dai comuni, ai sensi dell'articolo 13, comma 10, del decreto-legge n. 201 del 2011.
  Al riguardo, osserva che il comma 10 citato consente ai comuni di considerare direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata, nonché l'unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata.
  Ricorda, quindi, brevemente il contenuto dei restanti articoli di cui si compone il decreto-legge in oggetto, concernenti rispettivamente: gli acconti di imposte (articolo 2), i processi di dismissione degli immobili pubblici (articolo 3), il capitale e gli organi della Banca d'Italia (articoli 4, 5 e 6), disposizioni di coordinamento in materia di accise (articolo 7), nonché la copertura finanziaria (articolo 8). Nessuno di essi, evidentemente, afferisce a materia rientranti nelle competenze della Commissione affari sociali.
  Si riserva, dunque, di formulare una proposta di parere alla luce delle considerazioni svolte nonché delle eventuali osservazioni che dovessero emergere dal dibattito.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 14 gennaio 2014. — Presidenza del presidente Pierpaolo VARGIU. – Interviene il sottosegretario di Stato per la salute, Paolo Fadda.

  La seduta comincia alle 13.

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici.
Atto n. 50.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto, rinviato nella seduta del 9 gennaio 2014.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, ricorda che nella seduta precedente il sottosegretario Fadda, in considerazione del fatto che non è ancora pervenuto il parere della Conferenza Stato-regioni e che il termine per l'espressione del parere da parte della Commissione affari sociali è stato fissato al 13 gennaio prossimo, ha assicurato la Pag. 108disponibilità del Governo ad attendere il parere della Commissione medesima, ove espresso dopo tale termine, prima di procedere con l'emanazione del decreto.
  Ricorda altresì che l'ufficio di presidenza della Commissione, riunitosi nella stessa giornata, ha convenuto circa l'opportunità di avviare l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto, senza pronunciarsi definitivamente su di esso, prima che sia pervenuto il suddetto parere della Conferenza Stato-regioni.
  Da, quindi, la parola all'onorevole Amato per lo svolgimento della relazione introduttiva.

  Maria AMATO (PD), relatore, prima di entrare nel merito del contenuto dello schema di decreto legislativo in titolo, evidenzia come in materia di sperimentazione sugli animali sia in corso di svolgimento un dibattito al quale una parte della stampa e talune associazioni a difesa degli animali partecipano con atteggiamenti non sempre corretti, a volte decisamente deprecabili. Reputa, pertanto, opportuno soffermarsi su alcuni punti in particolare, che spesso vengono riportati in maniera impropria e comunque distorta. Precisa, quindi, che non si può prescindere dalla conoscenza dei seguenti elementi: in Italia è vietata la vivisezione; i cosiddetti sistemi alternativi si basano sul «metodo delle tre R», nel senso di raffinare, ridurre e rimpiazzare per quanto possibile l'utilizzo degli animali, che non viene pertanto escluso; l'applicazione dei metodi complementari richiede un percorso di sperimentazione della durata media di dieci anni; gli xenotrapianti si sono rivelati fondamentali nei trapianti di organi.
  Fa presente, inoltre, come non sia pensabile vietare completamente la sperimentazione sugli animali, ciò che non consentirebbe all'Italia di confrontarsi, a livello di ricerca e di convegni internazionali con gli altri Paesi, quali gli Stati Uniti e il mondo anglosassone, in cui la sperimentazione è ammessa.
  Sottolinea, quindi, l'impossibilità di sostituire gli animali ai fini della sperimentazione dei farmaci, in quanto non tutto può essere testato in vitro o su cellule, trattandosi di sistemi che non daranno mai conto, ad esempio, del dolore ovvero degli effetti collaterali di un farmaco.
  Ciò premesso, rileva quindi che lo schema di decreto legislativo in esame – su cui la XII Commissione è chiamata ad esprimere il parere di competenza – è volto ad attuare la delega contenuta nell'articolo 13 della legge di delegazione europea n. 96 del 2013, relativa al recepimento nell'ordinamento interno della direttiva 2010/63/UE «sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici».
  Lo schema fa parte di un gruppo di schemi di decreto legislativo approvati dal Consiglio dei ministri nella riunione del 3 dicembre 2013, in prossimità della scadenza dei termini per l'esercizio della delega (4 dicembre). In questo modo il Governo può avvalersi, nell'esercizio della potestà legislativa delegata, di un meccanismo di scorrimento dei termini, disposto in via generale dall'articolo 31, comma 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante le norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea. In base a tale norma, qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi (vale a dire, nel caso di specie, fino al 4 marzo 2014). Il termine per il recepimento della direttiva è scaduto il 10 novembre 2012, causando l'avvio della procedura di infrazione n. 2013/0042 per mancata adozione delle misure di attuazione che garantiscono l'esecuzione di ciascuna disposizione della direttiva.
  Prima di passare ad illustrare l'articolato dello schema di decreto, ritiene opportuno ricordare che la direttiva comunitaria 2010/63/UE è stata adottata poiché dalla trasposizione della precedente direttiva 86/609/CEE negli ordinamenti dei vari Stati membri – in Italia è stata recepita con il decreto legislativo n. 116 del 1992 – erano derivate notevoli differenze che Pag. 109hanno determinato effetti negativi sul funzionamento del mercato interno dei prodotti e delle sostanze per lo sviluppo dei quali sono stati effettuati esperimenti scientifici, nonché sul benessere degli animali. Pertanto la nuova direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici abroga la menzionata direttiva 89/609/CEE e reca una dettagliata disciplina della materia. In particolare, vengono introdotte norme dedicate alla sostituzione e alla riduzione dell'uso di animali nelle procedure e al perfezionamento dell'allevamento, della sistemazione, della cura e dell'uso degli animali nelle procedure, nonché norme circa l'origine, l'allevamento, la marcatura, la cura e la sistemazione e la soppressione degli animali, le attività degli allevatori, dei fornitori e degli utilizzatori ovvero per la valutazione e l'autorizzazione dei progetti che prevedono l'uso degli animali nelle procedure. A questo proposito ricorda, inoltre, che l'articolo 2 della direttiva non consente di introdurre nella disciplina nazionale misure più rigorose di quelle previste dalla stessa direttiva. Le misure nazionali con livello di protezione più elevato rispetto a quelle della direttiva potevano essere mantenute purché vigenti al 9 novembre 2010; in tal caso gli Stati membri interessati, avrebbero dovuto informare la Commissione della loro vigenza entro il 1o gennaio 2013.
  Innanzitutto, osserva come lo schema in esame, pur riproducendo alla lettera buona parte della direttiva, introduce una parte discrezionale con un livello superiore e più restrittivo di regolazione rispetto a quello europeo, la cui applicazione viene in parte differita al 1o gennaio 2017. In particolare, vengono introdotte, in difformità della normativa europea in materia, le seguenti disposizioni: divieto degli esperimenti e delle procedure che non prevedono anestesia o analgesia, qualora esse comportino dolore all'animale, ad eccezione dei casi di sperimentazione di anestetici o di analgesici; divieto di utilizzo di animali per gli esperimenti bellici, per gli xenotrapianti e per le ricerche su sostanze d'abuso, negli ambiti sperimentali e di esercitazioni didattiche prevedendo una deroga per le esercitazioni didattiche nell'ambito della formazione universitaria in medicina veterinaria e dell'alta formazione dei medici e dei veterinari; divieto di allevare, ma non di utilizzare, nel territorio nazionale cani, gatti e primati non umani destinati alla sperimentazione.
  Vengono differite al 1o gennaio 2017 le misure relative all'utilizzo di animali per le procedure per gli xenotrapianti e per le sostanze di abuso e quelle relative al riutilizzo di animali se non in procedure successive classificate «lieve» e «non risveglio».
  A questo proposito, la relazione al provvedimento precisa che la scelta di intervenire con un intervento che supera il livello di regolazione europeo «persegue la finalità, ritenuta primaria e imprescindibile, di rafforzamento della tutela animale, fermo restando l'obiettivo primario delle ricerche finalizzate alla salute umana, anche in ragione delle sensibilità espresse al riguardo da parte delle popolazione (formulate attraverso le associazioni a difesa degli animali)». Per quanto riguarda il differimento di alcuni termini al 1o gennaio 2017, la relazione argomenta tale scelta con la necessità di «consentire ai soggetti interessati opportuni tempi di adeguamento e di poter consentire lo sviluppo di approcci alternativi idonei a fornire lo stesso livello o un livello superiore di informazioni, rispetto a quello ottenuto dalle procedure che usano animali».
  Fa presente che lo schema di decreto è strutturato in VI Capi per un totale di 42 articoli e 9 allegati.
  Quanto al Capo I, ricorda che l'articolo 1 definisce l'ambito di applicazione, coincidente con quello tracciato dalla Direttiva 2010/63/UE, definendo, al comma 1, gli aspetti peculiari della protezione degli animali da laboratorio e consentendo, al comma 2, l'utilizzo degli animali per finalità scientifiche e didattiche soltanto quando non sia possibile utilizzare un altro metodo o una strategia di sperimentazione che non implichi l'impiego di animali vivi (lo schema in esame rafforza il dettato dell'articolo 4 della direttiva che Pag. 110stabilisce che gli Stati membri assicurano, ove possibile, che possa essere utilizzato in sostituzione di una procedura o un metodo di sperimentazione scientificamente soddisfacente che non comporti l'uso di animali vivi). I successivi commi 3 e 4 definiscono gli animali a cui si applica il decreto.
  L'articolo 2 definisce le fattispecie escluse dalla disciplina. Sottolinea che, mentre il decreto legislativo n. 116 del 1992 classifica come esperimento qualsiasi utilizzo degli animali in grado di causare dolore, sofferenza, angoscia o danni durevoli, lo schema di decreto, come la direttiva, esclude dal campo di applicazione quelle procedure che causano un dolore inferiore a quello provocato dall'inserimento di un ago, stabilendo così una soglia più oggettiva, anche se difficilmente quantificabile, per la valutazione del dolore, rispetto al decreto legislativo n. 116 del 1992. Sono escluse tanto le pratiche agricole, effettuate nelle aziende, quanto le pratiche veterinarie eseguite in clinica nel caso in cui esse non perseguano scopi sperimentali.
  L'articolo 3 reca le definizioni aggiungendo, a quelle contenute nella direttiva, quelle riferite a: responsabile del progetto di ricerca, responsabile del benessere animale; membro scientifico; colonie autosufficienti; affezioni umane debilitanti; distress e xenotrapianti.
  Contestualmente vengono individuate anche le autorità competenti per l'applicazione del provvedimento in: Ministero della salute, regioni e province autonome di Trento e Bolzano, comuni e aziende sanitarie locali, secondo gli ambiti di rispettiva competenza. In particolare, il comune dove ha sede lo stabilimento è competente del rilascio del provvedimento di autorizzazione, sospensione e revoca dell'esercizio di uno stabilimento di allevamento o fornitura di animali utilizzati nelle procedure o dei quali sono utilizzati tessuti e organi a fini scientifici. Quanto all'azienda sanitaria, questa è competente a svolgere l'attività di vigilanza negli stabilimenti utilizzatori e ispettiva negli stabilimenti di allevamento o di fornitura.
  L'articolo 5, comma 1, stabilisce le finalità per le quali possono essere autorizzate le procedure (identiche a quelle autorizzate dalla direttiva) quali: la ricerca di base; la ricerca applicata o traslazionale; la protezione dell'ambiente naturale, nell'interesse della salute o del benessere degli esseri umani o degli animali; la ricerca finalizzata alla conservazione delle specie; l'insegnamento superiore o la formazione ai fini dell'acquisizione, del mantenimento o del miglioramento di competenze professionali; le indagini medico-legali.
  Il comma 2 indica, al contrario, come procedure non autorizzabili, quelle finalizzate alla produzione e al controllo di materiale bellico; ai test tossicologici con i protocolli della Lethal Dose-LDSO e della LethalConcentration-LCSO, tranne i casi in cui risulti obbligatorio da legislazioni o farmacopee nazionali o internazionali; alla produzione di anticorpi monoclonali tramite l'induzione dell'ascite, qualora esistano altri metodi di produzione e non risulti obbligatorio da legislazioni o farmacopee nazionali o internazionali; alle ricerche sugli xenotrapianti precedentemente definiti come trapianti di uno o più organi effettuati tra animali di specie diverse; alle ricerche sulle sostanze d'abuso; alle esercitazioni didattiche svolte nelle scuole primarie, secondarie e nei corsi universitari, ad eccezione della facoltà di medicina veterinaria, nonché dell'alta formazione universitaria dei medici e dei medici veterinari.
  In proposito, ricorda che quasi tutte le finalità elencate sono state definite in attuazione dei criteri di delega ed in particolare del criterio di cui all'articolo 13, comma 1, lettera f), della legge di delegazione europea 2013. Ricorda inoltre che il comma 2 dell'articolo 5, ora illustrato, introduce un livello autorizzativo più restrittivo della direttiva.
  L'articolo 6 stabilisce i metodi di soppressione, e rinvia, come la direttiva, all'allegato IV che fornisce la lista dei metodi di eutanasia più idonei per le diverse specie animali.Pag. 111
  Fa presente, poi, che il Capo II reca disposizioni sull'uso di taluni animali nelle procedure.
  L'articolo 7 stabilisce un divieto generale di utilizzo delle specie in via di estinzione, ivi compresi i primati non umani, al quale sono previste alcune limitate ed eccezionali deroghe. Resta esclusa ogni possibilità di deroga al divieto generale di utilizzo delle scimmie antropomorfe.
  L'articolo 8 è dedicato ai primati non umani non appartenenti alle specie in via di estinzione, vietandone l'impiego nelle procedure, divieto valido anche per le scimmie antropomorfe. In proposito, si ricorda che l'articolo 8 della direttiva, ugualmente dedicato ai primati non umani, stabilisce al comma 3 che le scimmie antropomorfe (scimpanzè, bonobi, gorilla e oranghi) non possono essere utilizzate nelle procedure, fatta salva la clausola di salvaguardia (articolo 55 della direttiva), in virtù della quale uno Stato membro può adottare misure provvisorie che ne autorizzano l'uso, previa trasmissione alla Commissione europea delle informazioni necessarie affinché questa possa prendere una decisione entro 30 giorni dalla comunicazione.
  In merito agli articoli 7 e 8, segnala che alcune limitazioni all'utilizzo dei primati non umani sono state introdotte in attuazione dei criteri di delega di cui all'articolo 13, commi 1, lettera b), e successivo comma 2 della legge di delegazione europea 2013.
  Precisa, quindi, che l'articolo 13, comma 1, lettera b), vieta l'utilizzo di primati, cani, gatti ed esemplari di specie in via d'estinzione a meno che non si tratti di ricerche finalizzate alla salute dell'uomo o delle specie coinvolte, previa autorizzazione del Ministero della salute, sentito il Consiglio superiore di sanità. Il successivo comma 2 prescrive che il Governo rispetti gli obblighi che derivano da legislazioni o farmacopee nazionali, europee o internazionali.
  L'articolo 9 dello schema di decreto legislativo in esame, poi, vieta l'impiego degli animali selvatici. La deroga, autorizzata dal Ministero della salute, è concessa unicamente nel caso in cui sia scientificamente provata l'impossibilità di ottenere i medesimi risultati utilizzando animali provenienti da allevamenti.
  L'articolo 10 stabilisce il principio generale secondo il quale gli animali appartenenti alle specie elencate nell'Allegato I possono essere utilizzati nelle procedure solo se provenienti da stabilimenti autorizzati. Segnala che i commi 4 e 5 contemplano due disposizioni derivanti dall'attuazione dei criteri di delega di cui al comma 1, rispettivamente lettere e) e g) dell'articolo 13 della legge di delegazione europea 2013 ossia quella che consente l'allevamento di animali geneticamente modificati solo a determinate condizioni (la preventiva valutazione del rapporto tra danno e beneficio, l'effettiva necessità della manipolazione ...), nonché quella che prevede il divieto di allevare cani, gatti e primati non umani per le finalità di cui al presente decreto.
  Al riguardo fa presente che tale divieto – non contenuto nella direttiva – reca una disciplina più restrittiva della direttiva, ponendosi in contrasto con l'articolo 2 della stessa.
  L'articolo 11, quindi, vieta l'utilizzo degli animali randagi o provenienti da canili o rifugi, nonché di animali selvatici appartenenti alle specie domestiche, consentendo tuttavia una deroga, autorizzata dal Ministero della salute, nel caso in cui gli studi abbiano come finalità la salute e il benessere di tali animali o riguardino gravi minacce per l'ambiente, l'uomo o gli animali.
  Al riguardo, osserva che tale norma era già presente nell'ordinamento interno (articolo 2, comma 3, della legge n. 281 del 1991) e, nonostante rappresenti una misura più rigorosa rispetto alla direttiva comunitaria, risulta tuttavia consentita in quanto in vigore già prima del 9 novembre 2010 e debitamente comunicata secondo le modalità prevista dall'articolo 2 della direttiva. In questo caso quindi non si configurerebbe una violazione dell'obbligo per Pag. 112gli Stati membri di non introdurre misure più rigorose rispetto alla direttiva comunitaria.
  Rileva, poi, che gli articoli dal 12 al 19 del Capo III attengono alle procedure.
  L'articolo 12 stabilisce il principio generale secondo il quale l'utilizzo degli animali nelle procedure può aver luogo solo all'interno degli stabilimenti degli utilizzatori autorizzati e nell'ambito di un progetto di ricerca, anch'esso autorizzato. Prevede inoltre il divieto generale di eseguire interventi che rendano afoni gli animali, vietando altresì il commercio e l'uso di detti animali. Come evidenziato dalla relazione, anche in questo caso si tratta di una «misura più rigorosa» rispetto a quelle previste dalla direttiva che è stato possibile mantenere in quanto anch'essa già vigente nell'ordinamento nazionale e preventivamente comunicata, ai sensi dell'articolo 2 della direttiva.
  L'articolo 13 introduce il principio della sostituzione della riduzione e del perfezionamento dell'uso degli animali a fini scientifici, mentre l'articolo 14, al comma 1, prevede il divieto generale di attuare esperimenti e procedure che non prevedono anestesia o analgesia, qualora esse comportino dolore all'animale, ad eccezione dei casi di sperimentazione di anestetici o di analgesici.
  Ricorda che tale divieto è contenuto nei criteri di delega ed in particolare nell'articolo 13, comma 1, lettera d). La relazione ricorda che tale divieto deve tenere conto di quanto disposto dal successivo comma 2 della legge di delegazione europea 2013, secondo il quale, nell'applicazione dei principi e criteri direttivi, il Governo è tenuto a rispettare gli obblighi che derivano da legislazioni o farmacopee nazionali, europee o internazionali. Il successivo comma 2 dello schema in esame, consente infatti, fatto salvo il divieto generale posto precedentemente, le procedure condotte in assenza di anestesia generale o locale secondo quanto disposto dalla legislazione o farmacopea nazionale, europea o internazionale, ovvero qualora si ritenga che l'anestesia è per l'animale più traumatica della stessa procedura ovvero risulta essere incompatibile con le finalità della stessa. Si stabilisce poi che, cessati gli effetti dell'anestesia, gli animali sono immediatamente sottoposti ad un trattamento analgesico adeguato o ad un altro metodo per ridurre la percezione del dolore; ciò salvo non sia incompatibile con le finalità della procedura.
  Pertanto, nonostante lo schema di decreto sembri introdurre una misura più rigorosa di quella stabilita dalla direttiva, le successive deroghe rendono di fatto il divieto attuabile nei medesimi casi previsti dalla direttiva europea.
  L'articolo 15 classifica la gravità delle procedure secondo i criteri indicati dalla direttiva ed elencati nell'Allegato VII in: «non risveglio», «lieve», «moderata» e «grave». Il comma 2 vieta le procedure che comportano sugli animali dolori, sofferenze o distress intensi che possono protrarsi e non possono essere alleviati. A legislazione vigente, il decreto legislativo n. 116 del 1992 stabilisce che gli animali non possono essere utilizzati più di una volta in esperimenti che provochino «intenso dolore, angoscia o sofferenza equivalente», lasciando agli sperimentatori una maggiore libertà decisionale.
  In merito al comma 2 dello schema in esame, ricorda che la direttiva contiene al pari il divieto di attuare procedure che comportano sugli animali dolori, sofferenze o distress intensi, ma fa salva la clausola di salvaguardia di cui all'articolo 55, paragrafo 3, della stessa direttiva.
  L'articolo 16 prevede il riutilizzo degli animali da laboratorio in più procedure qualora ricorrano alcune specifiche condizioni, quali, a titolo esemplificativo, le procedure in cui precedentemente era stato impiegato erano classificate come «lieve» o «moderata», la dimostrazione che sia stato pienamente ripristinato il benessere e lo stato di salute generale dell'animale.
  La relazione segnala che la norma attua il criterio di delega di cui all'articolo 13, comma 1, lettera c), della legge di delegazione europea 2013: «considerare la necessità di sottoporre ad altre sperimentazioni un animale che sia già stato utilizzato Pag. 113in una procedura, fino a quelle in cui l'effettiva gravità delle procedure precedenti era classificata come «moderata» e quella successiva appartenga allo stesso livello di dolore o sia classificata come «lieve» o «non risveglio».
  Fa pertanto notare che la norma recata dall'articolo 16, nella parte attuabile dal 2017, contiene norme più rigorose di quelle previste dalla direttiva, ma anche di quelle previste dal criterio di delega.
  Il comma 2 dell'articolo in esame prevede, in linea con la direttiva, che, in casi eccezionali, il Ministero della salute possa autorizzare il riutilizzo di un animale, già usato in procedure classificate come «gravi», previo parere favorevole del veterinario designato nell'ambito del progetto, anche in procedure classificate come «lieve», «moderata» o «non risveglio».
  L'articolo 17 introduce i parametri che definiscono la fine della procedura.
  L'articolo 18 stabilisce che il Ministero della salute promuova la definizione di programmi per la condivisione, tra gli utilizzatori, di organi e tessuti di animali allevati e soppressi a fini sperimentali, mentre l'articolo 19 reca norme sulla liberazione e il reinserimento degli animali, trasponendo nel diritto interno quanto previsto dalla direttiva (articoli 19 e 29). In aggiunta, il comma 2 stabilisce che, con decreto del Ministro della salute, vengono individuati gli aspetti relativi ai requisiti strutturali e gestionali per lo svolgimento delle attività di reinserimento degli animali interessati.
  Fa presente, poi, che gli articolo 20-35 del Capo IV attengono all'autorizzazione e ai requisiti per gli allevatori, i fornitori e gli utilizzatori.
  Tra le norme di cui al capo IV, l'articolo 20 riguarda la procedura di autorizzazione per gli allevatori, i fornitori e gli utilizzatori, prevedendo che il Comune ove ha sede lo stabilimento rilascia l'autorizzazione in caso di attività di allevamento e/o di fornitura, mentre il Ministero della salute rilascia l'autorizzazione nel caso di stabilimento utilizzatore. L'autorizzazione per gli utilizzatori ha la durata di sei anni. Il comma 3 e i seguenti disciplinano la procedura autorizzativa.
  Infine, il comma 7 prevede che il Comune, in qualità di autorità competente al rilascio dell'autorizzazione, tenga un elenco aggiornato degli stabilimenti di allevamento e di fornitura e che ne trasmetta una copia al Ministero della salute ed alla Regione.
  L'articolo 21 disciplina le misure correttive e le sanzioni, quali la sospensione e la revoca dell'autorizzazione, da applicare in caso di mancato rispetto dei requisiti.
  L'articolo 22, con l'Allegato III dello schema in esame, è dedicato ai requisiti strutturali degli impianti, delle attrezzature nonché alla sistemazione e cura degli animali, indicando tra l'altro i compiti che deve assolvere il responsabile del benessere, posti a protezione degli animali ospitati negli stabilimenti di allevamento di fornitura e di utilizzazione.
  Ai sensi dell'articolo 23, l'Autorità competente verifica che ciascun allevatore, fornitore, utilizzatore e responsabile del progetto di ricerca disponga di personale sufficiente, che deve disporre di un livello di istruzione e di formazione adeguato, acquisito, mantenuto e dimostrato secondo le modalità definite con decreto del Ministro della salute.
  L'articolo 24 prevede che ciascun allevatore, fornitore o utilizzatore disponga di medico veterinario designato, esperto in medicina degli animali da laboratorio ed in possesso di requisiti di esperienza e di formazione specifica.
  Come previsto dalla direttiva (articolo 26), l'articolo 25 prevede che ciascun allevatore, fornitore o utilizzatore istituisca un organismo preposto al benessere degli animali, composto almeno dalle persone responsabili del benessere e della cura degli animali, dal veterinario e, nel caso di un utilizzatore, da un membro scientifico. I successivi commi 3 e 4 stabiliscono che i piccoli allevatori, fornitori e utilizzatori possono utilizzare un organismo operante in uno stabilimento diverso dal proprio e che nel caso in cui uno stabilimento di Pag. 114allevamento o di fornitura sia stato autorizzato anche per l'attività di utilizzazione possa avvalersi di un unico organismo preposto al benessere animale.
  L'articolo 26, comma 1, disciplina l'attività dell'organismo preposto al benessere degli animali individuandone i compiti minimi, tra i quali l'espressione di un parere motivato sui progetti di ricerca e sulle successive modifiche (comma 1, lettera d)); l'inoltro delle domande di autorizzazione dei progetti di ricerca, da comunicare al responsabile del progetto (comma 1, lettera e)).
  In merito alla lettera e) precedentemente citata, sembrerebbero non corretti i rinvii, ivi contenuti, agli articoli 30, 32 e 34 dello stesso schema. Chiede, pertanto, al rappresentante del Governo di effettuare una verifica in tal senso.
  L'articolo 27, stabilisce, conformemente a quanto disposto dall'articolo 30 della direttiva, che ciascun allevatore, fornitore o utilizzatore tenga presso ogni stabilimento un registro non modificabile, di tipo informatico o cartaceo, con le informazioni necessarie ai fini della tracciabilità degli animali. Il registro, aggiornato con cadenza settimanale (previsione non discendente dalla direttiva) è tenuto per un minimo di cinque anni e messo a disposizione dell'Autorità competente.
  L'articolo 28 traspone nel diritto interno le norme relative all'obbligo di istituzione di un fascicolo individuale per ogni cane, gatto e primate non umano, contenute nell'articolo 31 della direttiva.
  L'articolo 29, al pari dell'articolo 32 della direttiva, stabilisce che ogni cane, gatto o primate non umano sia contrassegnato con un marchio permanente di identificazione individuale, da apporre entro la fine dello svezzamento, nel modo meno doloroso possibile.
  L'articolo 30 stabilisce che le Autorità competenti effettuino ispezioni regolari sugli allevatori, sui fornitori e sugli utilizzatori ed i rispettivi stabilimenti, nonché sull'esecuzione del progetto per verificarne la conformità con i requisiti previsti dalla legge. Ai commi 3, 4, 5 e 6 sono definiti i parametri per determinare la frequenza delle ispezioni come indicati dall'articolo 34 della direttiva.
  Per quanto riguarda il procedimento autorizzativo, la direttiva dedica l'articolo 36 all'Autorizzazione dei progetti, l'articolo 37 alla Domanda di autorizzazione del progetto, l'articolo 38 alla Valutazione del progetto, l'articolo 40 al Rilascio dell'autorizzazione del progetto e l'articolo 41 alle Decisioni sull'autorizzazione.
  L'articolo 31 dello schema in esame traspone nel diritto interno gli articoli della direttiva precedentemente indicati, stabilendo al comma 1 il principio generale secondo il quale l'esecuzione di ogni progetto di ricerca è soggetta al rilascio preventivo, da parte del Ministero della salute, di una specifica autorizzazione. A differenza di quanto stabilito dalla direttiva, l'Organismo del benessere animale è l'organo competente alla trasmissione della domanda, inoltrata al Ministero e per conoscenza alla Azienda sanitaria competente (nella direttiva la competenza è in capo all'utilizzatore o al responsabile del progetto). Inoltre, il comma 3 rafforza l’iter autorizzativo previsto dalla direttiva, con la previsione obbligatoria di una valutazione tecnico-scientifica richiesta dal Ministero della salute all'Istituto superiore di sanità (non previsto peraltro neanche dal criterio di delega di cui all'articolo 13, comma 1, lettera b)) ovvero al Consiglio superiore di sanità in caso di utilizzo di primati non umani, cani, gatti ed esemplari di specie in via di estinzione.
  Il comma 6 indica le informazioni che devono essere riportate nella autorizzazione, che ha una durata non superiore ai cinque anni – il decreto legislativo n. 116 del 1992 limita a 3 anni il periodo massimo di validità di una autorizzazione. I commi da 7 a 9 disciplinano il procedimento previsto per il rilascio dell'autorizzazione e il comma 11 permette al Ministero della salute di rilasciare un'unica autorizzazione per progetti generici multipli realizzati dallo stesso utilizzatore qualora questi soddisfino requisiti regolatori. Il comma 13 consente la presentazione, ove ricorrano giustificati motivi di Pag. 115necessità, di domanda di rinnovo dell'autorizzazione, sulla quale è prevista l'adozione di un ulteriore provvedimento autorizzativo. Ai sensi del comma 14, qualsiasi modifica significativa apportata ad un progetto di ricerca deve essere comunicata, con le stesse modalità previste per la presentazione della domanda di autorizzazione, ed espressamente autorizzata dal Ministero della salute. I successivi commi 15 e 16 stabiliscono che il Ministero della salute possa revocare l'autorizzazione del progetto, qualora questo non venga realizzato in conformità di quanto disposto nell'autorizzazione, nonché il principio generale, secondo il quale, in caso di revoca, si deve comunque assicurare il benessere degli animali utilizzati o destinati a essere utilizzati nel progetto.
  L'articolo 32 disciplina le modalità di effettuazione della valutazione retrospettiva del progetto (articolo 39 della direttiva), da parte del Ministero della salute che richiede, se necessario, una ulteriore valutazione tecnico scientifica all'Istituto superiore di sanità, ovvero al Consiglio superiore di sanità in caso di utilizzo di primati non umani, cani, gatti e specie in via di estinzione. L'analisi retrospettiva stima se gli obiettivi del progetto sono stati raggiunti in rapporto al numero e alla specie degli animali impiegati e alla gravità delle procedure attuate, nonché indica come potenziare l'applicazione dei requisiti di sostituzione, riduzione e perfezionamento. Il Ministero può esentare dalla valutazione retrospettiva i progetti con procedure «lievi» o «non risveglio». Si ricorda che, a normativa vigente, non è previsto nessun controllo nemmeno sui risultati ottenuti una volta terminata la sperimentazione.
  L'articolo 33 ammette una procedura amministrativa semplificata (articolo 42 della direttiva) per i progetti di ricerca che prevedono l'utilizzo di animali a fini di produzione o diagnostici nei quali siano presenti procedure classificate come «non risveglio», «lievi» o «moderate» e che non contemplano l'utilizzo di primati non umani. Tali progetti sono eseguibili qualora sia decorso il termine di quaranta giorni dalla data di ricezione della domanda di autorizzazione senza che il Ministero della salute abbia comunicato al responsabile del progetto il provvedimento espresso di diniego, rinviando alla procedura del silenzio assenso.
  L'articolo 34 riguarda, poi, le sintesi non tecniche dei progetti, mentre l'articolo 35 stabilisce che la documentazione relativa al progetto deve essere conservata per almeno tre anni dalla data di scadenza dell'autorizzazione, o comunque sino al completamento della valutazione retrospettiva se prevista, e messa a disposizione del Ministero della salute.
  Fa presente, quindi, che gli articoli 36-38 del Capo V recano misure per evitare duplicazioni e approcci alternativi.
  L'articolo 36 traspone nel diritto interno l'articolo 46 della direttiva che pone il principio generale della riduzione di duplicazioni.
  L'articolo 37 stabilisce, al comma 1, in attuazione al criterio di delega di cui al comma 1, lettera a), dell'articolo 13 della legge di delegazione europea 2013, di «orientare la ricerca all'impiego di metodi alternativi», e in completo accordo con l'articolo 47, paragrafo 1, della direttiva, impegna il Ministero della salute a contribuire allo sviluppo di approcci alternativi idonei a fornire lo stesso livello o un livello più alto d'informazione di quello ottenuto nelle procedure che usano animali, che non prevedono l'uso di animali o utilizzano un minor numero di animali o che comportano procedure meno dolorose. Il Ministero della salute deve inoltre assumere tutte le misure che ritiene opportune per incoraggiare la ricerca in questo settore. A tale scopo, il comma 2, come previsto dalla direttiva, stabilisce che il Ministero della salute individui nel Laboratorio del reparto degli Substrati cellulari ed Immunologia cellulare dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna, il punto di contatto unico incaricato di fornire consulenza sulla pertinenza normativa e sull'idoneità degli approcci alternativi proposti per gli studi di convalida. Al comma 3 si stabilisce che gli studi di Pag. 116convalida di metodi alternativi sono effettuati da laboratori specializzati e qualificati individuati dalla Commissione europea in collaborazione, per l'Italia, con il Ministero della salute.
  Ricorda che a livello europeo, è stato creato il Laboratorio di riferimento dell'Unione per la convalida di metodi alternativi ai test sugli animali (European Union Reference Laboratory for alternatives to animal – EURL ECVAM), che ha contribuito a definire i principi di base della validazione e le relative procedure. La definizione di tali metodi è comunemente conosciuta come il Principio delle 3Rs, dall'inglese Replacement, nel caso l'animale venga completamente sostituito; Reduction, se si riesce ad attuare lo stesso esperimento con un numero inferiore di animali; Refinment, ovvero qualsiasi metodo o approccio che impedisce o riduce l'esistente condizione di pena, dolore o qualsiasi condizione avversa all'animale. Tra i metodi sostitutivi, possono fra gli altri essere citate le tecniche in vitro e in silico (simulazioni biologiche informatiche), la ricerca clinica (su materiale biologico umano, analisi genetiche, tecniche di imaging) e gli studi epidemiologici, dimostratisi fondamentali nella lotta al cancro. In accordo alla Direttiva 63/2010/UE, in Italia è già stato istituito, con decreto 20 aprile 2011, il Centro di referenza nazionale per i metodi alternativi, benessere e cura degli animali da laboratorio presso l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna che funge da doppio collegamento con il Ministero della salute e con ECVAM, assicurando un approccio consistente nell'adozione di strategie sulle 3Rs.
  Rileva altresì che, come previsto dall'articolo 49 della direttiva, l'articolo 38 dello schema in esame istituisce, presso il Ministero della salute, il Comitato nazionale per la protezione degli animali usati a fini scientifici. Il Comitato può avvalersi di esperti in relazione agli specifici ambiti di trattazione, ed è composto da: un rappresentante del Ministero; due rappresentanti della facoltà di medicina veterinaria; due rappresentanti delle facoltà di altre discipline scientifiche; un rappresentante dell'Istituto superiore di sanità; un rappresentante del Consiglio Nazionale di Ricerca; un rappresentante del Centro di Referenza per i metodi alternativi dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna. Il Comitato svolge funzioni di consulenza per le Autorità competenti e per gli organismi preposti al benessere degli animali e scambia informazioni con i Comitati degli altri paesi dell'Unione sul funzionamento degli organismi preposti al benessere degli animali e sulla valutazione del progetto.
  Ricorda, poi, che il Capo VI (articoli 39-42) attiene alle disposizioni finali.
  L'articolo 39, al comma 1, prevede l'adozione di un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia, per la rideterminazione delle tariffe spettanti al Ministero per l'esame delle domande di autorizzazione, di modifica o rinnovo all'esercizio di uno stabilimento di utilizzazione di animali (articolo 20), per l'esame delle domande di autorizzazione, di modifica o di rinnovo dei progetti (articolo 31), per l'esame della procedura amministrativa semplificata (articolo 33), nonché per l'attività collegate alla valutazione retrospettiva (articolo 32). Il comma 2 specifica che l'entrate così ottenute sono riassegnate, con decreto del MEF, ad appositi capitoli del Ministero della salute per le attività sopra elencate. Sino all'entrata in vigore del decreto, continuano ad applicarsi le tariffe di cui all'Allegato I-Parte seconda: Vigilanza igienico-sanitaria, del decreto del Ministero delle finanze 19 luglio 1993.
  Sul punto, segnala che nel testo dell'articolo 39 non viene indicato correttamente il riferimento al decreto del 1993, che la Relazione del Governo attribuisce al Ministero della salute. Il decreto a cui ci si riferisce sembra invece essere: Ministero delle finanze, decreto ministeriale 19 luglio 1993, Modificazioni al decreto ministeriale 14 febbraio 1991 concernente determinazione delle tariffe e dei diritti spettanti al Ministero della sanità, all'Istituto superiore di sanità e all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del Pag. 117lavoro, per prestazioni rese a richiesta e ad utilità dei soggetti interessati. Si ritiene pertanto opportuno indicare puntualmente il decreto di riferimento.
  Al comma 3 si prevede che il Ministero della salute raccolga i dati statistici sull'uso degli animali nelle procedure (obbligo derivante dall'articolo 54, paragrafo 2, della direttiva), stabilendo, al successivo comma 4, che tali dati sono trasmessi dal Ministero alla Commissione europea entro il 10 novembre 2015 e successivamente con cadenza annuale. Con la stessa cadenza sono trasmesse le informazioni sulle deroghe sui metodi di soppressione degli animali.
  Rileva, quindi, che l'articolo 54, paragrafo 1, della direttiva dispone inoltre che gli Stati membri trasmettano, entro il 10 novembre 2018 e successivamente ogni cinque anni, alla Commissione i dati sull'attuazione della direttiva relativamente a: utilizzo degli animali unicamente nelle procedure per le quali sono stati allevati; requisiti specifici per il personale; strategia di allevamento per i primati non umani; ispezioni; valutazione del progetto; valutazione retrospettiva; sintesi non tecniche dei progetti; misure per evitare duplicazioni di procedure. Tale obbligo non è rinvenibile nel testo dello schema in esame.
  L'articolo 40, inoltre, reca le fattispecie sanzionatorie previste per la violazione delle disposizioni contenute nel testo in esame, rispondendo così al criterio di delega di cui all'articolo 13, comma 1, lettera h), «definire un quadro sanzionatorio appropriato e tale da risultare effettivo, proporzionato e dissuasivo, anche tenendo conto del Titolo IX-bis del libro II del codice penale – Dei delitti contro il sentimento per gli animali».
  Nel merito della definizione delle disposizioni sanzionatorie, la discrezionalità è stata esercitata nel rispetto dei principi di effettività, di efficacia e di dissuasività indicati nell'articolo 60 della direttiva. Inoltre, essendo state stabilite sanzioni di natura essenzialmente pecuniaria, la determinazione degli importi è stata effettuata sulla base del principio di equità, tenendo conto dei limiti edittali previsti dalle sanzioni già vigenti nell'ordinamento in materia di protezione degli animali.
  Con riferimento alle Autorità competenti nelle attività di accertamento e irrogazione delle sanzioni, il comma 23 individua quale Autorità competente le regioni, per il tramite dell'Azienda sanitaria locale ove ha sede lo stabilimento, per le violazioni afferenti l'attività di allevamento e di fornitura degli animali, nonché il Ministero della salute, anche per il tramite degli Uffici periferici veterinari per gli adempimenti comunitari (UVAC), per le violazioni afferenti le attività di utilizzazione, e per le violazioni riguardanti il progetto di ricerca e la sua realizzazione. In ottemperanza a quanto disposto dal criterio di delega di cui all'articolo 13, comma 1, lettera i), della legge n. 96 del 2013, il comma 25 prevede che le entrate derivanti dall'applicazione delle nuove sanzioni pecuniarie amministrative di spettanza statale debbano affluire all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreto del MEF, ad appositi capitoli dello stato di previsione della spesa del Ministero salute per il finanziamento delle attività in tema di sviluppo dei metodi alternativi.
  L'articolo 41 reca al comma 1 la clausola di invarianza finanziaria per gli adempimenti in materia di attività di vigilanza, ispettiva e di controllo, coincidenti con quelli già previsti dalla normativa vigente, mentre il comma 2 fissa la copertura finanziaria degli adempimenti in tema di sviluppo dei metodi alternativi (articolo 37, comma 1).
  In materia di coperture finanziarie, ricorda il criterio di delega recato dall'articolo 13, comma 1, lettera i), «sviluppare approcci alternativi idonei a fornire lo stesso livello o un livello superiore di informazioni rispetto a quello ottenuto nelle procedure che usano animali, ma che non prevedono l'uso di animali o utilizzano un numero minore di animali o comportano procedure meno dolorose, nel limite delle risorse finanziarie derivanti dall'applicazione del criterio di cui alla lettera h), accertate e iscritte in bilancio», Pag. 118e il criterio di cui alla lettera l) «destinare annualmente una quota nell'ambito di fondi nazionali ed europei finalizzati alla ricerca per lo sviluppo e la convalida di metodi sostitutivi, compatibilmente con gli impegni già assunti a legislazione vigente, a corsi periodici di formazione e aggiornamento per gli operatori degli stabilimenti autorizzati, nonché adottare tutte le misure ritenute opportune al fine di incoraggiare la ricerca in questo settore con l'obbligo per l'Autorità competente di comunicare, tramite la banca dei dati nazionali, il recepimento dei metodi alternativi e sostitutivi».
  Allo sviluppo dei metodi alternativi, come disposto dal comma 2, lettera a), è destinato l'utilizzo dei proventi derivanti dalle nuove sanzioni amministrative di cui all'articolo 40, quando irrogate dal Ministero della salute, anche per il tramite degli Uffici periferici veterinari degli adempimenti comunitari (UVAC).
  Il comma 2, lettera b), dispone che lo sviluppo e la ricerca dei metodi alternativi siano altresì finanziati, a decorrere dall'anno 2014, con l'importo, pari a euro 52.500, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 12, comma 2, lettera a), numero 4, del decreto legislativo n. 502 del 1992, a valere sulle risorse annualmente assegnate, nell'ambito degli stanziamenti disponibili, per l'attività di ricerca corrente degli Istituti zooprofilattici sperimentali, peraltro titolari di tale attività.
  La successiva lettera c) dispone il ricorso al fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge n. 183 del 1987, per un importo annuale pari ad euro 1.000.000 per ciascuno degli anni del triennio 2014-2016, di cui l'84 per cento da destinare alle regioni ed alle province autonome sulla base di apposito riparto da effettuare con decreto del MEF, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, per il finanziamento dei corsi periodici di formazione ed aggiornamento per gli operatori degli stabilimenti autorizzati; il restante 16 per cento da destinare agli Istituti zooprofilattici sperimentali per l'attività di ricerca e sviluppo dei metodi alternativi.
  Ritiene, poi, che per quanto riguarda il decreto di riparto, andrebbe valutata l'opportunità di un coinvolgimento del Ministero della salute.
  L'articolo 42 reca, per alcuni adempimenti, dei differimenti di termini. Per consentire alle attività interessate opportuni tempi di adeguamento, l'articolo 42, comma 1, differisce, al 1o gennaio 2017, l'entrata in vigore dei seguenti divieti: per le ricerche sugli xenotrapianti (articolo 5, comma 2, lettera d); per le ricerche sulle sostanze di abuso (articolo 5, comma 2, lettera e); per il riutilizzo degli animali se non in procedure successive classificate come «lieve» o «non risveglio» (articolo 16, comma 1, lettera d), da cui discende la contestuale abrogazione della precedente lettera c).
  Il comma 2 stabilisce che il provvedimento in esame non si applica ai progetti di ricerca già autorizzati ovvero comunicati ai sensi del decreto legislativo n. 116 del 1992, a cui continuano ad applicarsi le disposizioni di riferimento. Il comma 3, infine, stabilisce che, dalla data di entra in vigore del presente provvedimento, sono abrogati il decreto legislativo n. 116 del 1992, nonché la legge n. 924 del 1931.

  Paola BINETTI (PI), rinviando alla relazione svolta dalla collega Amato, da lei ritenuta particolarmente esaustiva, per quanto riguarda l'analisi del contenuto, ampio e complesso, del provvedimento in esame, si sofferma su alcuni punti in particolare, considerandoli cruciali.
  Evidenzia, quindi, l'atteggiamento contraddittorio tenuto da alcune associazioni che, da un lato, svolgono attività a difesa degli animali e, dall'altro, pongono in essere comportamenti violenti e intimidatori nei confronti degli esseri umani, come attesta l'elevato numero di mail minacciose che i deputati della Commissione ricevono quotidianamente. Al riguardo, richiama la recente vicenda, reputata emblematica, di Caterina Simonsen, la giovane studentessa di veterinaria colpita da quattro malattie genetiche rare, la quale è stata oggetto di insulti irripetibili rivoltile da estremisti su un social network per il Pag. 119solo fatto di aver affermato di essere viva grazie alla ricerca, che include la sperimentazione animale.
  A fronte degli atteggiamenti irragionevoli tenuti da certe associazioni di animalisti ricorda che la direttiva europea, cui lo schema di decreto legislativo in esame è volto a dare attuazione, predispone diverse misure di tutela verso gli animali impiegati nella sperimentazione medica, peraltro già recate dal decreto legislativo n. 116 del 1992. Fa presente, quindi, che il predetto schema prevede un irrigidimento delle disposizioni recate dall'articolo 13 della legge europea 2013, concernente l'esercizio della delega tesa al recepimento della direttiva sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici.
  Avendo, pertanto, il legislatore nazionale mostrato particolare attenzione verso le esigenze connesse alla tutela degli animali, non può non comprendere le preoccupazioni emerse dalla comunità scientifica di fronte alla prospettiva di una drastica riduzione della possibilità di utilizzare, nell'ambito della ricerca, animali che, ricorda, sono sempre di piccola taglia e provengono in ogni caso da ceppi controllati.
  Alla luce di tali considerazioni, auspica che il testo dell'atto definitivo che sarà emanato dal Governo non contenga misure più drastiche di quelle recate dallo schema in esame, pur essendo consapevole che si preannuncia un dibattito particolarmente acceso, anche in considerazione del parere espresso dalla 1a Commissione (Affari costituzionali) del Senato sul provvedimento stesso.
  Pertanto, pur condividendo l'intento di ridurre progressivamente il numero degli animali impiegati nella ricerca, evidenzia come, allo stato, non sia possibile farne a meno, essendo fondamentale un passaggio intermedio nella sperimentazione dei farmaci, tra il livello delle cellule e quello l'uomo, che ha portato in diversi casi a risultati di enorme rilievo, uno per tutti quello legato alla scoperta dello shock anafilattico.
  Sottolinea infine, come, paradossalmente, essendo anche l'uomo un animale, si dovrebbe giungere alla conclusione per cui l'uomo stesso non può essere oggetto di sperimentazione.

Sui lavori della Commissione.

  Il sottosegretario Paolo FADDA chiede se sia possibile rinviare lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata in Commissione, previsto per giovedì 16 gennaio, a causa di impegni improrogabili assunti per quella data dal ministro Lorenzin e dallo stesso sottosegretario.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, rileva che, non essendovi obiezioni, la richiesta del Governo può essere senz'altro accolta. In considerazione dell'imminente inizio della seduta, con votazioni, dell'Assemblea, rinvia quindi il seguito dell'esame del provvedimento in titolo ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/24/UE concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera nonché della direttiva 2012/52/UE comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro.
(Atto n. 54).
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, ricorda che la Commissione è chiamata ad esprimere il parere di competenza al Governo sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/24/UE concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera nonché della direttiva 2012/52/UE comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro (Atto n. 54).Pag. 120
  La Presidente della Camera, avuto riguardo al termine stabilito per l'esercizio della delega, ha proceduto all'assegnazione del provvedimento alla Commissione, sebbene tale atto non sia corredato dal prescritto parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano: la Presidente della Camera richiama tuttavia la Commissione a non pronunciarsi definitivamente sullo schema di decreto legislativo, prima che il Governo abbia provveduto a integrare la richiesta di parere nel senso indicato.
  Infine, considerato che il termine per l'espressione del parere era fissato al 13 gennaio, chiede sin d'ora al rappresentante del Governo la disponibilità ad attendere il parere della Commissione prima di procedere con l'emanazione del decreto.

  Il sottosegretario Paolo FADDA assume, a nome del Governo, l'impegno a non procedere alla definitiva emanazione del decreto legislativo prima che sia pervenuto il parere della Commissione affari sociali.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.10.