CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 11 dicembre 2013
138.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 11 dicembre 2013. — Presidenza del vicepresidente Carla RUOCCO. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 15.50.

Sull'ordine dei lavori.

  Carla RUOCCO, presidente, propone, concorde la Commissione, di procedere a un'inversione nell'ordine del giorno della seduta odierna, nel senso di procedere, prima, all'esame congiunto, in sede consultiva, dei disegni di legge C. 1836 e C. 1864 e, quindi, allo svolgimento delle interrogazioni.

Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre.
C. 1836 Governo.

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013 bis.
C. 1864 Governo.
(Parere alla XIV Commissione).

(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dei provvedimenti in oggetto.

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  Carla RUOCCO, presidente, avverte che la Commissione procederà, a partire dalla seduta odierna, all'esame congiunto, in sede consultiva, del disegno di legge C. 1836 – Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre e del disegno di legge C. 1864 – Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013 bis.
  La Commissione esaminerà inoltre gli eventuali emendamenti, trasmessi dalla XIV Commissione, riferiti a parti dei provvedimenti di competenza della Commissione Finanze.
  Al riguardo segnala in primo luogo come la legge n. 234 del 2012 abbia operato una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, sdoppiando la legge comunitaria annuale prevista dalla legge n. 11 del 2005 in due distinti provvedimenti: la legge di delegazione europea e la legge europea.
  Ricorda inoltre che l'esame congiunto dei provvedimenti si svolge secondo le procedure dettate dall'articolo 126-ter del Regolamento (previste originariamente per il «disegno di legge comunitaria»), in base alle quali le Commissioni in sede consultiva esaminano le parti di competenza e deliberano una relazione sul disegno di legge, nominando altresì un relatore, che può partecipare alle sedute della XIV Commissione. Poiché i disegni di legge ora previsti dalla legge n. 234 del 2012 sono distinti, le Commissioni dovranno esprimere su ciascuno di essi una distinta relazione, accompagnata dagli eventuali emendamenti approvati. Al relativo esame può procedersi congiuntamente.
  Le relazioni approvate saranno trasmesse alla XIV Commissione, così come le eventuali relazioni di minoranza le quali potranno essere illustrate in quella sede da uno dei proponenti.
  Rammenta quindi che l'articolo 126-ter, comma 5, del Regolamento prevede che le Commissioni di settore possano esaminare ed approvare emendamenti ai disegni di legge, per le parti di competenza. Gli emendamenti approvati dalle Commissioni di settore saranno trasmessi alla XIV Commissione, che, peraltro, potrà respingerli solo per motivi di compatibilità con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale.
  Per quanto riguarda la facoltà di esaminare e votare emendamenti presso le Commissioni di settore, possono ritenersi ricevibili solo gli emendamenti il cui contenuto è riconducibile alle materie di competenza specifica di ciascuna Commissione di settore. Nel caso in cui membri della Commissione intendano proporre emendamenti che interessano gli ambiti di competenza di altre Commissioni, tali emendamenti dovranno essere presentati presso la Commissione specificamente competente.
  In secondo luogo, per quanto riguarda l'ammissibilità degli emendamenti, l'articolo 126-ter, comma 4, del Regolamento stabilisce che, fermi i criteri generali di ammissibilità previsti dall'articolo 89, i Presidenti delle Commissioni competenti per materia e il Presidente della Commissione Politiche dell'Unione europea dichiarano inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che riguardino materie estranee all'oggetto proprio dei disegni di legge, come definito dalla legislazione vigente (articolo 30 della legge n. 234 del 2012).
  In particolare, segnala come, secondo la prassi seguita per il disegno di legge comunitaria, siano considerati inammissibili per estraneità al contenuto proprio gli emendamenti recanti modifiche di discipline vigenti, anche attuative di norme europee o previste da leggi comunitarie, per le quali non si presentino profili di incompatibilità con la normativa europea.
  Gli emendamenti respinti dalle Commissioni di settore non potranno essere presentati presso la XIV Commissione, che li considererà irricevibili, mentre potranno essere ripresentati in Assemblea.
  In ogni caso, i deputati hanno facoltà di presentare emendamenti direttamente Pag. 54presso la XIV Commissione, entro i termini dalla stessa stabiliti. Per prassi consolidata, gli emendamenti presentati direttamente alla XIV Commissione sono trasmessi alle Commissioni di settore competenti per materia, ai fini dell'espressione del parere, che assume una peculiare valenza procedurale.
  A tale parere, infatti, si riconosce efficacia vincolante per la XIV Commissione. L'espressione di un parere favorevole, ancorché con condizioni o osservazioni, equivarrà pertanto a un'assunzione dell'emendamento da parte della Commissione, assimilabile alla diretta approvazione di cui all'articolo 126-ter, comma 5, del Regolamento. Tali emendamenti potranno essere respinti dalla XIV Commissione solo qualora siano considerati contrastanti con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale. Viceversa, un parere contrario della Commissione in sede consultiva su tali emendamenti avrà l'effetto di precludere l'ulteriore esame degli stessi presso la XIV Commissione.
  Ricorda quindi che il termine regolamentare per la conclusione dell'esame in sede consultiva da parte delle Commissioni di settore scadrebbe il 18 dicembre prossimo.

  Giulio Cesare SOTTANELLI (SCpI), relatore, riprendendo quanto già accennato dal Presidente, ricorda preliminarmente che la legge n. 234 del 2012 ha innovato, sostituendola integralmente, la legge n. 11 del 2005, operando una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa europea, anche in ragione delle modifiche intervenute nell'assetto dell'Unione europea a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
  In particolare, a seguito della predetta riforma, che ha riorganizzato il processo di recepimento della normativa europea, la precedente legge comunitaria è ora suddivisa in due distinti provvedimenti: la legge di delegazione europea, il cui contenuto è limitato alle disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive comunitarie, e la legge europea, che, più in generale, contiene disposizioni volte a garantire l'adeguamento dell'ordinamento interno all'ordinamento europeo, in particolare modificando o abrogando norme statali vigenti in contrasto con gli obblighi europei o oggetto di procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti della Repubblica italiana o di sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, nonché introducendo previsioni necessarie per dare attuazione o per assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea.
  In dettaglio, con specifico riguardo alla legge di delegazione europea, l'articolo 31 della citata legge n. 234 del 2012 disciplina la procedura e i termini per l'esercizio delle deleghe, stabilendo in particolare che il Governo adotti i decreti legislativi entro i due mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive, che per le direttive il cui termine sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il Governo adotti i decreti legislativi di recepimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge e che per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il Governo adotta i relativi decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea.
  Inoltre, l'articolo 32 della stessa legge n. 234 definisce i princìpi e criteri generali di delega precedentemente regolati, di anno in anno, in ciascuna legge comunitaria
  Tali princìpi prevedono che:

   a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi;Pag. 55
   b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, anche attraverso il riassetto e la semplificazione normativa, con l'indicazione esplicita delle norme abrogate, fatti salvi i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa ovvero le materie oggetto di delegificazione;
   c) gli atti di recepimento di direttive dell'Unione europea non possono prevedere l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse;
   d) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi, ma solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti e tenendo comunque conto della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l'infrazione può recare al colpevole ovvero alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce;
   e) al recepimento di direttive o all'attuazione di altri atti dell'Unione europea che modificano precedenti direttive o atti già attuati con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva o di altro atto modificato;
   f) nella redazione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive dell'Unione europea comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;
   g) quando si verifichino sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse, i decreti legislativi individuano, attraverso forme di coordinamento e rispettando i principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza, leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili;
   h) qualora non siano di ostacolo i diversi termini di recepimento, le direttive che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi atti normativi sono attuate con un unico decreto legislativo;
   i) è assicurata la parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea, escludendo in ogni caso un trattamento sfavorevole dei cittadini italiani.

  Passando a sintetizzare il contenuto del disegno di legge C. 1836, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre, l'articolo 1, comma 1, conferisce una delega al Governo per adottare i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli allegati A e B: in tale ambito si rinvia, per quanto attiene alle procedure, ai principi ed ai criteri direttivi di delega indicati dai richiamati articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012.
  In base al comma 2 i termini di esercizio delle deleghe sono individuati ai sensi dell'articolo 31, comma 1, della predetta legge n. 234 del 2012, citato in precedenza.
  Ai sensi del comma 3, per gli schemi di decreto legislativo attuativi delle direttive incluse nell'allegato B è prevista la trasmissione ai fini dell'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni Pag. 56parlamentari; la previsione si estende agli schemi di decreto legislativo attuativi delle direttive elencate nell'allegato A nel solo caso in cui gli stessi contemplino il ricorso a sanzioni penali.
  Il comma 4 prevede che eventuali spese non contemplate e che non attengano all'ordinaria attività di amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi di attuazione delle direttive entro i limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive medesime. A tal fine la norma specifica che ai relativi oneri si fa fronte con i fondi già assegnati alle amministrazioni competenti, ovvero a valere sulle disponibilità del fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie istituito dall'articolo 5 della legge n. 183 del 1987.
  L'articolo 2 contiene una delega al Governo per l'introduzione di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in direttive attuate in via regolamentare o amministrativa o per le violazioni di regolamenti comunitari già pubblicati alla data di entrata in vigore della legge comunitaria, per i quali non sono già previste sanzioni penali o amministrative.
  I decreti legislativi, da adottare entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge, si informano ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 33 della già citata legge n. 234 del 2012, il quale prevede che, per assicurare la piena integrazione delle norme dell'Unione europea nell'ordinamento nazionale, fatte salve le norme penali vigenti, la legge di delegazione europea delega il Governo ad adottare disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in direttive europee attuate in via regolamentare o amministrativa, ai sensi delle leggi di delegazione europee vigenti, o in regolamenti dell'Unione europea pubblicati alla data dell'entrata in vigore della stessa legge di delegazione europea, per i quali non sono già previste sanzioni penali o amministrative.
  Per quanto attiene agli aspetti del provvedimento rientranti negli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala gli articoli 3, 4 e 5.
  L'articolo 3 detta i principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2013/36/UE sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, nonché del regolamento n. 575/2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi.
  Al riguardo ricorda, in estrema sintesi, che gli atti normativi europei il cui recepimento è oggetto della delega recepiscono a livello UE l'accordo di Basilea 3 sui requisiti patrimoniali delle banche. L'accordo, definito nel dicembre 2010 dal Comitato di Basilea della Banca dei regolamenti internazionali, fissa livelli più elevati per i coefficienti patrimoniali delle banche ed introduce un nuovo schema internazionale per la liquidità. I membri del Comitato avevano inizialmente concordato di attuare l'accordo a partire dal 1o gennaio 2013, secondo una tabella di marcia graduale corredata di disposizioni transitorie. Il 6 gennaio 2013 il Gruppo dei Governatori delle banche centrali e delle Autorità di vigilanza – organo di governo del Comitato di Basilea – ha tuttavia stabilito che le nuove norme in materia di requisiti patrimoniali entreranno in vigore, come previsto, il 1o gennaio 2015, ma con applicazione progressiva, che si completerà il 1o gennaio 2019 (si partirà nel 2015 con il 60 per cento del valore del requisito minimo, con un incremento annuo del 10 per cento, fino ad arrivare al 100 per cento nel 2019).
  Più in particolare, il regolamento (UE) n. 575/2013 e la direttiva 2013/36/CE, sostituendo le vigenti direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, oltre a dare attuazione all'accordo di Basilea 3, tenendo conto tuttavia di alcune peculiarità ed esigenze del sistema bancario dell'UE, intendono procedere ad un più generale riassetto, in un corpus normativo organico, della legislazione europea in materia.
  Segnatamente, il regolamento n. 575/2013 prevede l'obbligo per le banche e le Pag. 57imprese di investimento di detenere un livello di capitale quantitativamente e qualitativamente più elevato, che consenta di assorbire autonomamente eventuali perdite, senza ricorrere a ricapitalizzazioni a carico di fondi pubblici, e di assicurare la continuità nell'operatività. A questo scopo si tiene fermo l'attuale requisito per cui le banche devono detenere un patrimonio di vigilanza totale dell'8 per cento in rapporto alle attività ponderate per il rischio ma, al tempo stesso, ne viene modificata la composizione stabilendo:
   una definizione rafforzata del patrimonio di base di classe 1 (cosiddetto Tier 1) affinché includa soltanto il common equity (composto dal capitale azionario e riserve di bilancio provenienti da utili non distribuiti al netto delle imposte);
   l'innalzamento del requisito minimo relativo al common equity al 4,5 per cento (a fronte del 2 per cento previsto da Basilea 2), e del requisito minimo complessivo relativo al capitale Tier 1 al 6 per cento (a fronte dell'attuale 4 per cento);
   l'introduzione di un moltiplicatore pari a 0,7619, (cosiddetto PMI supporting factor), da applicare all'ammontare destinato a riserva, che recepisce una richiesta formulata dal Parlamento europeo, dalla stessa Commissione Finanze nel corso della precedente Legislatura, nonché da numerose associazioni di categoria, anche italiane, (Confindustria, Rete Imprese Italia, Alleanza delle Cooperative Italiane e ABI), volto a neutralizzare i possibili effetti restrittivi delle nuove regole sull'erogazione del credito alle PMI.

  Come ulteriore tutela contro le perdite, oltre ai requisiti patrimoniali minimi, si prevede l'introduzione di due riserve di capitale (cosiddetti buffer o «cuscinetti»):
   una cosiddetta «riserva di conservazione del capitale» pari al 2,5 per cento, costituita da capitale di qualità primaria, identica per tutte le banche nell'UE, al fine di consentire che il capitale rimanga disponibile per sostenere l'operatività corrente della banca nelle fasi di tensione: il mancato rispetto di tale requisito comporterà vincoli nella politica di distribuzione degli utili fino alla ricostituzione della riserva;
   una «riserva di capitale anticiclica» specifica per ogni banca, al fine di consentirle di creare in tempi di crescita economica una base finanziaria sufficiente che consenta di assorbire le perdite in periodi di crisi.

  La nuova normativa mira altresì:
   a garantire una migliore gestione del rischio di liquidità mediante l'introduzione, nel 2015, dopo un periodo di osservazione, di un coefficiente di copertura di liquidità (liquidity coverage ratio – LCR);
   a ridurre il ricorso ai rating di credito esterni, in particolare introducendo l'obbligo per gli istituti di credito di non basare le proprie decisioni di investimento o il calcolo dei requisiti di fondi propri esclusivamente sui rating esterni, ma anche su metodi interni di valutazione del credito;
   a fissare il rapporto tra stipendio base e bonus dei banchieri a 1:1, con possibilità di elevarlo fino a un massimo di 1:2 con il voto favorevole di almeno il 65 per cento degli azionisti che rappresentino almeno il 50 per cento del capitale: inoltre, per ridurre il rischio dell'azzardo morale mirato all'arricchimento a breve termine, qualora il bonus aumentasse oltre il rapporto di 1:1, la corresponsione di un quarto del bonus stesso verrebbe posticipata di almeno cinque anni;
   a obbligare le banche, ai fini della trasparenza, a comunicare alla Commissione europea, a partire dal 2014, e a pubblicare, dal 2015, gli utili realizzati, le tasse pagate e le eventuali sovvenzioni pubbliche ricevute, così come il fatturato e il numero di dipendenti.

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  Ritornando al contenuto dell'articolo 3, ai sensi del comma 1, lettere a) e b), il Governo è delegato a:
   modificare il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB) di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998;
   prevedere il ricorso alla disciplina secondaria della Banca d'Italia e della CONSOB, che devono operare tenendo conto dei principi di vigilanza adottati dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria e delle linee guida emanate dall'Autorità bancaria europea.

  Per quanto riguarda gli ulteriori principi e criteri direttivi, la lettera c) attribuisce alle autorità di vigilanza, secondo le rispettive competenze, tutti i poteri assegnati dalla direttiva e dal regolamento:
   la lettera d) prevede di rivedere la materia dei requisiti degli esponenti aziendali e dei partecipanti al capitale degli intermediari in modo da rafforzarne l'idoneità a garantire la sana e prudente gestione degli intermediari stessi, individuando anche il momento della prima valutazione dei requisiti;
   la lettera e) stabilisce di attribuire alla Banca d'Italia il potere di rimuovere gli esponenti aziendali degli intermediari quando la loro permanenza in carica sia di pregiudizio per la sana e prudente gestione;
   la lettera f) contempla l'obbligo dei soci e degli amministratori degli intermediari di astenersi dalle deliberazioni in cui abbiano un interesse in conflitto e prevede la nullità delle previsioni contrattuali in contrasto con le disposizioni in materia di remunerazione o incentivazioni;
   la lettera g) individua nella Banca d'Italia l'autorità competente a esercitare le opzioni attribuite dal regolamento agli Stati membri;
   la lettera h) prevede di disciplinare modalità di segnalazione delle violazioni, interne agli intermediari e verso l'autorità di vigilanza, tenendo anche conto dei profili di riservatezza e protezione dei soggetti coinvolti.

  Con riferimento alla disciplina delle sanzioni previste dal TUB, in relazione alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dall'articolo 144 del medesimo TUB, la lettera i), numero 1.1), delega il Governo a rivedere l'applicazione delle sanzioni alle società o enti nei cui confronti sono accertate le violazioni e i presupposti che determinano una responsabilità dei soggetti coinvolti (che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo, dipendenti e coloro che hanno un rapporto diverso dal rapporto di lavoro subordinato).
  Ai sensi del numero 1.2) della lettera i), l'entità della sanzione applicabile alle società o enti è compresa tra un minimo di 30.000 euro e un massimo del 10 per cento del fatturato, mentre la sanzione applicabile alle persone fisiche è compresa tra un minimo di 10.000 euro e un massimo di 5 milioni di euro; è in ogni caso possibile elevare dette sanzioni fino al doppio dell'ammontare del vantaggio ottenuto, purché tale ammontare sia determinabile.
  Il numero 2) della medesima lettera i) delega quindi il Governo ad estendere la disciplina sanzionatoria a tutte le violazioni previste all'articolo 144 del TUB, tenendo fermo, per le sanzioni in materia di trasparenza, il principio della rilevanza della violazione.
  Ai sensi del numero 3) della stessa lettera i) analoghi criteri dovranno essere rispettati nella revisione della disciplina sanzionatoria prevista dagli articoli 133, sull'abuso di denominazione, nonché 139 e 140 del TUB, sull'autorizzazione e gli obblighi di comunicazione in materia di partecipazione in banche e società appartenenti ad un gruppo bancario, nonché di società finanziarie capogruppo e in intermediari finanziari.
  Per le altre fattispecie in materia di abusivismo bancario e finanziario (previste Pag. 59dagli articoli 130, 131, 131-bis, 131-ter e 132 del TUB), il numero 4) della lettera i) prevede invece la conferma dei reati ivi previsti e la possibilità di avvalersi della facoltà prevista dalla direttiva in esame di non introdurre sanzioni amministrative.
  Anche con riferimento alla disciplina delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal TUF, il numero 1) della lettera l) delega il Governo a seguire i principi sopra citati in relazione all'articolo 144 del TUB, per quanto concerne le sanzioni amministrative pecuniarie previste in materia di abuso di denominazione, comunicazione sulla partecipazione al capitale e in tema di disciplina degli intermediari, dei mercati e della gestione accentrata di strumenti finanziari (articoli 188, 189 e 190 del TUF).
  Il numero 2) della medesima lettera l) delega quindi il Governo a rivedere, tenuto conto di quanto disposto ai sensi della legge n. 262 del 2005 (cosiddetta legge sul risparmio), i minimi e i massimi edittali delle sanzioni in materia di offerta al pubblico di sottoscrizione e di vendita, di informazioni sul governo societario, di ammissione alle negoziazioni, di informazione societaria e doveri dei sindaci, dei revisori legali e delle società di revisione legale, nonché sulle deleghe di voto (articoli 191, 192-bis, 192-ter, 193 e 194 del TUF), in modo tale da assicurare il rispetto dei principi di proporzionalità, dissuasività e adeguatezza, secondo un'articolazione che preveda minimi non inferiori a euro 5.000 e massimi non superiori a cinque milioni di euro.
  Ulteriori criteri di delega in materia di sanzioni, comuni ad entrambe le tipologie descritte (TUB e TUF), sono stabiliti ai numeri da 1 a 4) della lettera m) e riguardano l'estensione del principio del favor rei, la definizione dei criteri cui Banca d'Italia e CONSOB devono attenersi nella determinazione dell'ammontare della sanzione, anche in deroga alle disposizioni contenute nella legge n. 689 del 1981 sul sistema penale, la pubblicazione delle sanzioni irrogate e il regime per lo scambio di informazioni con l'Autorità bancaria europea, l'attribuzione alla Banca d'Italia e alla CONSOB del potere di definire disposizioni attuative, anche riguardo alla nozione di fatturato utile per la determinazione della sanzione, alla procedura sanzionatoria e alle modalità di pubblicazione delle sanzioni.
  Il numero 5) della lettera m) attribuisce al Governo la possibilità di prevedere, con riferimento alle fattispecie connotate da minore effettiva offensività o pericolosità, strumenti deflativi del contenzioso o di semplificazione dei procedimenti di applicazione della sanzione; in tale ambito, è rimessa all'autorità di vigilanza la facoltà di escludere l'applicazione della sanzione per condotte prive di effettiva offensività o pericolosità.
  Ai sensi della lettera n) le autorità di vigilanza possono altresì adottare le misure relative alla reprimenda pubblica, all'ordine di cessare o porre rimedio a condotte irregolari, alla sospensione temporanea dall'incarico, mentre, in base alla lettera o), le autorità possono anche revocare l'autorizzazione all'esercizio delle attività degli intermediari.
  Al fine di garantire la coerenza, proporzionalità e adeguatezza del sistema sanzionatorio, la lettera p) prevede una delega al Governo volta ad adeguare l'entità delle sanzioni previste nel decreto legislativo n. 231 del 2007, in materia di antiriciclaggio, mentre la lettera q) reca una norma di chiusura volta ad assicurare il coordinamento dell'ordinamento vigente con le disposizioni emanate in attuazione dell'articolo.
  Il comma 2 contiene la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 4 reca i principi e i criteri direttivi specifici per il recepimento nell'ordinamento nazionale della nuova disciplina europea in materia di agenzie di rating del credito, contenuta nella direttiva 2013/14/UE e nel regolamento (UE) n. 462/2013.
  Al riguardo rammenta, in estrema sintesi, che gli interventi dell'Unione europea sulle agenzie di rating sono stati determinati dalla necessità di assicurare che l'attività di detti soggetti, volta a misurare la qualità del credito delle società e degli Pag. 60strumenti di debito e quindi la loro capacità di adempiere agli obblighi di rimborso del debito, offra giudizi indipendenti, obiettivi e della massima qualità.
  Un primo intervento è stato operato con il regolamento (CE) n. 1060/2009, che ha, tra l'altro, imposto a dette agenzie di rispettare le norme di comportamento, per attenuare possibili conflitti di interesse e garantire che i rating e il processo di rating siano di elevata qualità e sufficiente trasparenza.
  Successivamente, il regolamento (UE) n. 513/2011, modificando il citato regolamento n. 1060/2009, ha attribuito all'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFEM o ESMA) – una delle tre nuove autorità europee di vigilanza istituite dal regolamento (UE) n. 1095/2010 – la competenza sulla registrazione e sulla vigilanza delle agenzie di rating del credito. Mentre tale ultimo regolamento era ancora in corso di esame è emersa, a fronte dell'acuirsi della crisi del debito sovrano di alcuni Stati membri e delle iniziative assunte in ambito al G20, la necessità di un ulteriore intervento legislativo europeo per rivedere gli specifici requisiti di trasparenza e procedurali nonché i tempi di pubblicazione inerenti ai rating sovrani.
  A questo scopo la Commissione europea ha presentato, il 15 novembre 2011, un pacchetto di proposte relativo alle agenzie di rating, comprendente:
   la proposta di modifica del regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating COM(2011)747 (poi divenuto il regolamento (UE) n. 462/2013);
   la proposta di modifica della direttiva 2009/65/CE concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) e della direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi per quanto riguarda l'eccessivo affidamento ai rating del credito COM(2011)746, (poi divenuta la direttiva 2013/14/UE).

  Il 16 gennaio 2013 il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza un testo di compromesso, concordato con il Consiglio dell'UE, che prevede, tra le altre cose:
   la creazione di un sistema di vigilanza centralizzato che riunisca in capo all'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) le funzioni in materia di registrazione e vigilanza ordinaria delle agenzie che operano nell'UE nonché in materia di rating emessi da agenzie con sede in Paesi terzi che operano nell'UE dietro certificazione o avallo;
   il mantenimento in capo alle competenti autorità nazionali delle funzioni relative al controllo sull'uso dei rating di credito a fini regolamentari da parte di singole entità controllate a livello nazionale, quali istituti di credito o imprese di assicurazione;
   la pubblicazione dei rating non richiesti sul debito sovrano, in date prestabilite, solo due o tre volte l'anno, e solo dopo la chiusura dei mercati europei, o almeno un'ora prima dell'apertura;
   la possibilità per gli investitori di citare in giudizio un'agenzia, sia in caso di dolo sia per negligenza;
   l'obbligo per le agenzie di rating del credito, al fine di prevenire i conflitti di interesse, di astenersi dal pubblicare un rapporto, o di informare il pubblico sull'esistenza di un conflitto d'interessi, nel caso in cui un azionista o un socio, in possesso di almeno il 10 per cento dei diritti di voto, abbia investito nel soggetto valutato; inoltre, si stabilisce che nessun soggetto potrà possedere più del 5 per cento di diverse agenzie.

  Tornando al contenuto dell'articolo 4, la lettera a) del comma 1 prevede che il legislatore nazionale apporti alle disposizioni vigenti, emanate in attuazione delle direttive 2003/41/CE, 2009/65/CE e 2011/61/UE, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto ed integrale recepimento nell'ordinamento nazionale della Pag. 61direttiva 2013/14/UE, prevedendo, ove opportuno, il ricorso alla disciplina secondaria, al fine di ridurre l'affidamento esclusivo o meccanico ai rating del credito emessi da agenzie di rating del credito, quali definite all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1060/2009, ovverosia delle persone giuridiche la cui attività include l'emissione di rating del credito a livello professionale.
  Inoltre la lettera b) del comma 1 stabilisce che dovranno essere previste, in conformità alle definizioni e alla disciplina della citata direttiva 2013/14/UE e del regolamento (CE) n. 1060/2009, come da ultimo modificato dal regolamento (UE) n. 462/2013, le occorrenti modificazioni alla normativa vigente, anche di derivazione europea, al fine di assicurare il miglior coordinamento con le nuove disposizioni per la corretta e integrale applicazione della disciplina europea sulle agenzie di rating del credito e per la riduzione dell'affidamento esclusivo o meccanico ai rating emessi da tali agenzie, garantendo un appropriato grado di protezione dell'investitore e di tutela della stabilità finanziaria.
  Il comma 2 reca una clausola di salvaguardia, in forza della quale dalla disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le Autorità interessate devono provvedere ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  L'articolo 5 reca i principi e i criteri direttivi specifici per l'attuazione nell'ordinamento nazionale del regolamento n. 345/2013 relativo ai fondi europei per il venture capital (EuVECA) e del regolamento n. 346/2013 relativo ai fondi europei per l'imprenditoria sociale (EuSEF).
  Al riguardo ricorda che i due regolamenti, entrati in vigore il 22 luglio 2013, richiedono in particolare agli Stati membri di designare le autorità competenti per l'autorizzazione e la vigilanza dei gestori, nonché per sanzionare le violazioni degli obblighi posti dagli stessi regolamenti.
  In particolare, il regolamento (UE) n. 345/2013 relativo ai fondi europei per il venture capital (EuVECA, European venture capital funds) stabilisce norme comuni a livello europeo per i fondi di venture capital qualificati che indirizzano le risorse finanziarie a imprese generalmente molto piccole, nelle fasi iniziali della loro esistenza societaria, e che mostrano forti potenzialità di crescita.
  Il regolamento stabilisce norme comuni con particolare riferimento alla composizione del portafoglio dei fondi per il venture capital, agli obiettivi di investimento ammissibili, agli strumenti di investimento che si possono impiegare e alla categoria di investitori che possono investire in tali fondi.
  Il regolamento armonizza altresì gli obblighi per i gestori dei suddetti fondi in tutti gli Stati membri, stabilendo una serie di requisiti in capo ai gestori (che in tal modo possono utilizzare la denominazione «EuVECA»), al fine di garantire regole uniformi nella commercializzazione degli stessi fondi e contribuendo così al corretto funzionamento del mercato e alla tutela dell'investitore.
  Il regolamento disciplina i requisiti sia per la commercializzazione dei fondi sia per i gestori dei fondi per il venture capital qualificati, nonché i compiti delle Autorità competenti degli Stati membri in relazione all'attività di registrazione dei gestori, di cooperazione amministrativa e di scambio di informazioni con le autorità degli altri Stati membri e con l'AESFEM (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati – ESMA), stabilendo i poteri di vigilanza e di indagine delle Autorità competenti.
  Il regolamento (UE) n. 346/2013 relativo ai fondi europei per l'imprenditoria giovanile (EuSEF, European social entrepreuneuership funds) si prefigge invece di sviluppare un mercato interno per i fondi qualificati per l'imprenditoria sociale, istituendo un quadro normativo comune per i fondi di investimento che assicurano finanziamenti alle imprese sociali che forniscono servizi di assistenza, accesso al lavoro, integrazione sociale, professionale, tutela ambientale. Il quadro comune riguarda determinati requisiti qualitativi per Pag. 62tali fondi, con particolare riferimento alla composizione del portafoglio, nonché requisiti per i gestori di investimento collettivo che raccolgono capitali, che così possono utilizzare la denominazione «EuSEF».
  Il regolamento ha come obiettivo quello di far crescere le imprese sociali all'interno dell'Unione, fornendo una disciplina uniforme per tutti gli Stati membri, e tutelando anche l'investitore. Sono disciplinati i requisiti sia per la commercializzazione dei fondi, sia per i gestori di fondi qualificati per l'imprenditoria sociale, i compiti delle Autorità competenti degli Stati membri in relazione all'attività di registrazione dei gestori, di cooperazione amministrativa e di scambio di informazioni con le autorità degli altri Stati membri e con l'AESFEM – ESMA, stabilendo i poteri di vigilanza e di indagine delle autorità competenti.
  Tornando al contenuto dell'articolo 5, ai sensi della lettera a) del comma 1, il Governo, all'atto del recepimento, dovrà apportare le modifiche e le integrazioni necessarie al TUF per l'adeguamento ai citati regolamenti, prevedendo – ove opportuno – il ricorso alla disciplina secondaria. Le competenze e i poteri di vigilanza previsti nei regolamenti, dovranno essere attribuiti alla Banca d'Italia e alla CONSOB, in relazione alle rispettive competenze, secondo quanto previsto dagli articoli 5 e 6 del TUF, i quali riguardano la finalità e i destinatari della vigilanza nell'ambito della disciplina degli intermediari.
  La lettera b) del medesimo comma 1, nell'attribuire alla Banca d'Italia e alla CONSOB i poteri di vigilanza e di indagine previsti nei regolamenti, richiama i criteri e le modalità previsti dall'articolo 187-octies del TUF, il quale elenca i poteri della CONSOB.
  Ai sensi della lettera c), il legislatore delegato dovrà inoltre apportare le modifiche opportune per realizzare il migliore coordinamento con le disposizioni vigenti, assicurando un appropriato grado di protezione dell'investitore e di tutela della stabilità finanziaria. In particolare, il TUF dovrà essere modificato per recepire le disposizioni dei regolamenti in materia di cooperazione e scambio di informazioni con le autorità competenti dell'Unione europea, degli Stati membri e degli Stati extracomunitari.
  Secondo la lettera d) dovranno, inoltre, essere previste sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni degli obblighi stabiliti dai regolamenti, in linea con quelle già stabilite dal TUF, e nei limiti massimi ivi previsti, in tema di disciplina degli intermediari.
  La lettera f) stabilisce che siano previste norme di coordinamento con la disciplina fiscale vigente in materia di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR).
  Il comma 2 reca la clausola di salvaguardia, prevedendo che dalla disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le Autorità interessate devono provvedere ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  Con riferimento alle direttive contemplate nell'Allegato B (i cui schemi di decreto legislativo di recepimento sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari), attengono ai profili di interesse della Commissione Finanze le direttive di seguito sintetizzate.
  La direttiva 2009/138/CE, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione («Solvency II»), armonizza le legislazioni degli Stati membri in materia assicurativa, al fine di fornire alle imprese un quadro giuridico per esercitare la propria attività nel mercato interno.
  In particolare, la direttiva costituisce il quadro normativo entro cui le autorità europee contano di sviluppare il sistema Solvency II, un complesso di regole giuridiche, di misure attuative e di norme di prassi volte al miglioramento della quantità e della qualità dei requisiti patrimoniali delle imprese di assicurazione, al fine di conferire alle autorità di vigilanza gli strumenti appropriati per determinare la solvibilità complessiva delle imprese di Pag. 63assicurazione e riassicurazione, con misure quantitative e qualitative che influenzino la comprensione e la gestione dei rischi.
  Al riguardo rammenta che il progetto Solvency II avrebbe dovuto essere operativo dal 1o gennaio 2013, ma che la sua entrata in vigore è stata nei fatti posticipata, a seguito dei rinvii nell'approvazione finale della regolamentazione di vigilanza.
  Il sistema è basato su tre «pilastri»: requisiti patrimoniali quantitativi (primo pilastro), governance, gestione del rischio e vigilanza (secondo pilastro), obblighi informativi a fini di vigilanza e trasparenza nei confronti del mercato (terzo pilastro).
  In particolare, la direttiva 2009/138/CE reca disposizioni riguardanti i requisiti di accesso alle attività oggetto della direttiva nel territorio UE (Capo I); contiene norme specifiche, di natura sostanziale, per l'assicurazione e riassicurazione (Titolo II); rafforza la vigilanza nel caso di gruppi assicurativi e riassicurativi (Titolo III); dispone in termini di risanamento e liquidazione delle imprese di assicurazione diretta (Titolo IV).
  Per quanto concerne i requisiti patrimoniali, la direttiva fissa le condizioni cui le imprese devono conformarsi per ottenere l'autorizzazione ad operare a livello UE, tra cui la soglia minima di fondi propri necessaria a coprire, in prospettiva, il requisito patrimoniale di solvibilità e i requisiti di governance.
  La direttiva prevede il calcolo di un duplice livello di requisiti patrimoniali: il Solvency Capital Requirement (SCR) e il Minimum Capital Requirement (MCR).
  In dettaglio, ai sensi dell'articolo 100 della direttiva, gli Stati membri devono prescrivere alle imprese di assicurazione e riassicurazione di detenere fondi propri tali da garantire il possesso del cosiddetto requisito patrimoniale di solvibilità (Solvency Capital Requirement – SCR).
  In base all'articolo 103 esso è calcolato, all'inizio, con una formula standard prevista dalla direttiva ed è pari alla somma dei seguenti elementi:
   a) il requisito patrimoniale di solvibilità di base, di cui all'articolo 104 della direttiva;
   b) il requisito patrimoniale per il rischio operativo, di cui all'articolo 107;
   c) l'aggiustamento per la capacità di assorbimento di perdite delle riserve tecniche e delle imposte differite, di cui all'articolo 108.

  In base all'articolo 101 il requisito patrimoniale di solvibilità deve essere calibrato in modo da garantire che siano presi in considerazione tutti i rischi quantificabili cui è esposta un'impresa e deve comprendere sia l'attività esistente sia quelle attività che si prevede di attivare nell'anno successivo. Ove il livello del requisito scenda al di sotto del livello calcolato, si prescrive un intervento delle autorità di vigilanza, che può portare a una richiesta di maggiorazione del capitale.
  Gli Stati membri sono obbligati a esigere che le imprese di assicurazione e di riassicurazione detengano fondi propri di base ammissibili tali da coprire il requisito patrimoniale minimo (Minimum Capital Requirement o MCR), di cui all'articolo 128 della direttiva), da calcolare in modo assoluto e con procedure semplificate, al fine di garantirne la possibilità di revisione; tale requisito è soggetto ad un calcolo ogni tre mesi, in base all'articolo 129. Ove l'impresa di assicurazione non adegui l'importo dei fondi propri al requisito patrimoniale minimo entro il 31 ottobre 2013, l'articolo 131 prevede la revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività.
  La direttiva 2009/138/CE fissava al 31 ottobre 2012 il termine di recepimento e al 1o novembre 2012 il termine di applicazione delle norme ivi contenute. Inoltre, la direttiva fissava al 1o novembre 2012 il termine di abrogazione delle vigenti direttive sull'assicurazione e la riassicurazione (cosiddette Solvency I).
  Successivamente, la direttiva 2012/23/UE ha modificato detti termini di recepimento Pag. 64e di applicazione. Il termine di recepimento della direttiva 2009/138/CE è stato in particolare prorogato dal 31 ottobre 2012 al 30 giugno 2013 ed è stato posticipato altresì dal 1o novembre 2012 al 1o gennaio 2014 il termine per l'applicazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative adottate a livello nazionale, nonché quello di abrogazione delle vigenti direttive in materia di assicurazione e riassicurazione.
  Il 14 novembre 2013 i rappresentanti del Parlamento europeo, del Consiglio dell'UE e della Commissione, riuniti in sede di trilogo, hanno raggiunto un accordo sulla proposta di direttiva cosiddetta «Omnibus II», che modifica i poteri per dell'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) e dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA). Il testo del compromesso verrà prossimamente ratificato dai colegislatori dell'UE (PE e Consiglio). Anche a seguito dell'accordo sulla direttiva «Omnibus II», il 21 novembre il Parlamento europeo ha approvato la proposta di modifica della direttiva 2009/138/CE, in particolare per quanto riguarda il termine di recepimento e la data di entrata in vigore della nuova disciplina, che sono fissati rispettivamente al 31 marzo 2015 e al 1o gennaio 2016.
  La direttiva 2013/14/CE apporta modifiche ad alcune disposizioni comunitarie già vigenti in relazione all'eccessivo affidamento ai rating del credito, modificando le direttive 2003/41/CE, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali (EPAP), 2009/65/CE, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) e 2011/61/UE, sui gestori di fondi di investimento alternativi (GEFIA), le quali stabiliscono requisiti prudenziali in materia di gestione del rischio rispettivamente da parte degli EPAP, da parte delle società di gestione o di investimento per quanto riguarda gli OICVM e da parte dei GEFIA.
  In particolare, le disposizioni della direttiva 2013/14/CE intendono porre un freno al fenomeno, causato dalla crisi finanziaria, che ha condotto gli investitori istituzionali ad affidarsi eccessivamente ai rating del credito per l'effettuazione dei loro investimenti in strumenti di debito, spesso omettendo di valutare il merito creditizio degli emittenti di tali strumenti.
  Al fine di migliorare la qualità degli investimenti realizzati da tali entità e indirettamente tutelare coloro che vi investono, la direttiva impone agli EPAP, alle società di gestione o di investimento per quanto riguarda gli OICVM e ai GEFIA l'obbligo di non affidarsi esclusivamente o meccanicamente ai rating del credito o di non utilizzarli come unico parametro ai fini della valutazione del rischio insito negli investimenti realizzati dagli EPAP, dagli OICVM e dai GEFIA.
  Inoltre, gli Stati membri assicurano che le autorità competenti di settore verifichino l'adeguatezza delle procedure di valutazione del credito degli enti, valutino l'utilizzo dei riferimenti ai rating del credito emessi dalle agenzie di e, se del caso, incoraggino a ridurre l'incidenza di tali riferimenti in vista di un ricorso meno esclusivo e meccanico a detti rating del credito.
  La direttiva 2013/34/UE riguarda i bilanci d'esercizio, i bilanci consolidati e le relative relazioni di talune tipologie di imprese dei Paesi membri dell'Unione europea.
  La direttiva, che modifica la direttiva 2006/43/CE e abroga le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, tende principalmente a migliorare la portata informativa del documento contabile e ad avviare un processo di semplificazione degli oneri amministrativi, e quindi del carico normativo, che regola la redazione e la pubblicazione del bilancio.
  Il recepimento di tale direttiva dovrà avvenire entro il 20 luglio 2015, interessando dunque la redazione dei bilanci a partire dal 2016.
  Le disposizioni della direttiva 2013/34/UE riguardano sostanzialmente le società a responsabilità limitata, le società Pag. 65per azioni e le società in accomandita per azioni, a cui si aggiungono anche le società in nome collettivo e le società in accomandita semplice, mentre sono escluse le imprese senza fine di lucro, ovvero le imprese regolamentate da altre normative specifiche al settore di loro appartenenza.
  I soggetti destinatari della normativa sono stati, inoltre, raggruppati sulla base di dati quantitativi riferiti all'attivo dello stato patrimoniale, ai ricavi e al numero medio dei dipendenti, distinguendo tra imprese singole e realtà aziendali facenti parte di un gruppo.
  L'individuazione di questi tipi di imprese ha come principale finalità quella di identificare i fruitori delle semplificazioni degli adempimenti amministrativi in termini di redazione e pubblicazione del bilancio di esercizio.
  A tal proposito, l'articolo 3 della direttiva detta i parametri quantitativi per distinguere, nel caso di singole aziende, le microimprese dalle piccole imprese, dalle medie imprese e dalle grandi imprese, mentre, nel caso di gruppi aziendali, vengono separati i piccoli gruppi, dai gruppi di medie dimensioni e dai grandi gruppi.
  Tali parametri sono:

Parametri Micro imprese Piccole imprese Medie imprese Grandi imprese
Stato patrimoniale
(euro)
≤ 350.000 ≤ 4.000.000 ≤ 20.000.000 > 20.000.000
Ricavi netti vendite
e prestazioni (euro)
≤ 700.000 ≤ 8.000.000 ≤ 40.000.000 > 40.000.000
Numero medio dei
dipendenti (unità)
≤ 10 ≤ 50 ≤ 250 > 250

  Con riferimento ai gruppi societari, la direttiva stabilisce che, affinché l'impresa madre e le imprese figlie rientrino a pieno titolo all'interno di un raggruppamento piuttosto che di un altro, necessita che almeno due dei tre limiti di seguito riportati vengano rispettati alla data di chiusura dell'esercizio:

Parametri Gruppi piccoli Gruppi medi Gruppi grandi
Stato patrimoniale (euro) ≤ 4.000.000 ≤ 20.000.000 > 20.000.000
Ricavi netti vendite e
prestazioni (euro)
≤ 8.000.000 ≤ 40.000.000 > 40.000.000
Numero medio dei
dipendenti (unità)
≤ 50 ≤ 250 > 250

  Le innovazioni introdotte dalla direttiva mirano a rendere più trasparenti i rapporti commerciali tra imprese residenti in uno Stato UE e soggetti residenti in uno Stato UE diverso, nonché a tutelare i soci e i terzi. In particolare, tali innovazioni rispondono ai seguenti obiettivi:
   a) ridurre gli oneri amministrativi a carico soprattutto delle piccole e medie imprese e semplificarne la relativa disciplina;
   b) migliorare la comparabilità dell'informativa resa con i bilanci;
   c) tutelare l'interesse degli utilizzatori dei bilanci con una corretta rappresentazione delle informazioni contabili più rilevanti;
   d) migliorare la trasparenza relativa ai pagamenti effettuati ai governi da parte delle grandi imprese e degli enti di interesse pubblico attivi nelle industrie estrattive o che utilizzano aree forestali primarie.

  La classificazione delle imprese in quattro fasce (microimprese, piccole imprese, Pag. 66medie imprese e grandi imprese), individuate in base ai sopra illustrati parametri di natura quantitativa (totale dello Stato patrimoniale, ricavi, numero dei dipendenti) è funzionale a disegnare un regime semplificato per le imprese di minori dimensioni, in ossequio alla Comunicazione della Commissione intitolata «Pensare innanzitutto in piccolo»: gli obblighi in materia di informativa contabile, ivi compresi quelli di pubblicazione dei documenti, sono infatti modulati in base alle dimensioni dell'impresa, potendo questa attività risultare oltremodo onerosa per le microimprese.
  Saranno gli Stati membri, tenuto conto delle condizioni e delle esigenze dei propri mercati interni, a decidere se e in che modo sfruttare i margini discrezionali previsti nella direttiva per il recepimento delle norme comunitarie.
  La direttiva 2013/36/UE, sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, e il regolamento n. 575/2013 relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento recepiscono a livello UE l'accordo di Basilea 3 sui requisiti patrimoniali delle banche, già illustrati in sede di analisi dell'articolo 1 del disegno di legge.
  Le direttive 2013/42/UE e 2013/42/UE intervengono sugli strumenti di contrasto ai fenomeni di frode in ambito IVA che l'Unione europea ha introdotto, in considerazione della sempre maggiore difficoltà a individuare tali frodi, che sono ormai realizzate anche attraverso l'utilizzo di mezzi elettronici.
  In particolare, la direttiva 2013/42/UE prevede, introducendo l'articolo 199-ter nella direttiva 2006/112/CE (cosiddetta direttiva «di rifusione» IVA), un nuovo meccanismo «di reazione rapida» (detto Quick Reaction Mechanism – QRM), che permette agli Stati membri di applicare temporaneamente, per un breve periodo e a determinate cessioni di beni o prestazioni di servizi a particolare rischio di frode che potrebbe condurre a perdite finanziarie gravi e irreparabili, il meccanismo dell'inversione contabile (reverse charge), cioè il meccanismo in base al quale l'obbligo di versare l'IVA è trasferito dal fornitore o dal prestatore (come previsto dalle regole ordinarie) al destinatario della cessione di beni o della prestazione di servizi, in deroga all'articolo 193 della citata direttiva 2006/112/CE.
  A tale scopo la misura deve inviare notificata alla Commissione e agli altri Stati membri e lo Stato membro deve fornire alla Commissione UE dettagliate informazioni in merito:
   al settore interessato dalla misura;
   al tipo e alle caratteristiche della frode;
   all'esistenza di imperativi motivi di urgenza;
   al carattere improvviso e massiccio della frode;
   alle conseguenze della frode in termini di perdite finanziarie gravi e irreparabili.

  Se lo Stato desidera introdurre una misura speciale del QRM, deve presentare contestualmente domanda alla Commissione UE e, se la Commissione ha obiezioni nei confronti della misura speciale proposta dallo Stato membro, questa deve redigere un parere negativo entro un mese e deve informare lo Stato membro interessato e il comitato IVA. Qualora la Commissione europea non abbia obiezioni, ne dà conferma (tenendo anche conto delle osservazioni eventualmente inviate per iscritto dagli altri Stati membri) per iscritto allo Stato membro interessato e al comitato IVA entro lo stesso termine.
  Al fine di agevolare l'applicazione della misura speciale del QRM, nei casi di imperativa urgenza previsti dall'articolo 199-ter, paragrafo 1, le procedure finalizzate all'applicazione delle norme sono completate entro sei mesi dal ricevimento della domanda da parte della Commissione.
  La direttiva 2013/43/UE dispone inoltre, in attesa di soluzioni legislative a più Pag. 67lungo termine tese a rendere il sistema IVA più resistente di fronte a casi di frode in materia, l'applicazione facoltativa e temporanea del predetto meccanismo dell'inversione contabile (reverse charge) alla cessione di determinati beni e alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi.
  In tale ambito la direttiva modifica l'articolo 199-bis, primo paragrafo, della già citata direttiva 2006/112, allargando l'ambito applicativo del meccanismo di reverse charge, fino al 31 dicembre 2018 e per un periodo minimo di due anni, anche alle seguenti operazioni:
   alle cessioni di telefoni cellulari, ossia dei dispositivi fabbricati o adattati per essere connessi a una rete munita di licenza e funzionanti a frequenze specifiche, con o senza altro utilizzo;
   alle cessioni di dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale;
   alle cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore;
   alle cessioni di certificati relativi a gas ed energia elettrica;
   alle prestazioni di servizi di telecomunicazione;
   alle cessioni di console di gioco, tablet PC e laptop;
   alle cessioni di cereali e colture industriali, fra cui semi oleosi e barbabietole, che non sono di norma destinati al consumo finale senza aver subito una trasformazione;
   alle cessioni di metalli grezzi e semilavorati, fra cui metalli preziosi, quando non sono altrimenti contemplati dall'articolo 199, paragrafo 1, lettera d) della direttiva 2006/112, dai regimi speciali applicabili ai beni d'occasione e agli oggetti d'arte, d'antiquariato o da collezione (a norma degli articoli da 311 a 343 della direttiva 2006/112) o dal regime speciale per l'oro da investimento (a norma degli articoli da 344 a 356).

  Infine, la direttiva consente agli Stati membri – oltre alla possibilità di poter determinare le condizioni per l'applicazione del meccanismo dell'inversione contabile nei settori menzionati dal primo paragrafo dell'articolo 199-bis –, in caso di applicazione del meccanismo, di informare il comitato IVA e fornirgli specifiche seguenti informazioni concernenti:
   l'ambito di applicazione della misura che applica il meccanismo, unitamente al tipo e alle caratteristiche della frode, nonché una descrizione dettagliata delle misure di accompagnamento, inclusi gli obblighi in materia di comunicazione applicabili ai soggetti passivi e qualsiasi misura di controllo;
   le azioni adottate per informare i pertinenti soggetti passivi dell'introduzione dell'applicazione del meccanismo;
   i criteri di valutazione che consentano il confronto fra le attività fraudolente che interessano i beni e i servizi elencati prima e dopo l'applicazione del meccanismo, le attività fraudolente che interessano altri beni e servizi prima e dopo l'applicazione del meccanismo ed eventuali aumenti di altri tipi di attività fraudolente prima e dopo l'applicazione del meccanismo;
   la data di inizio e il periodo di validità della misura che attua il meccanismo.

  Nell'Allegato A (i cui schemi di decreto legislativo di recepimento non sono sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari, salvo che prevedano sanzioni penali), non sono invece contemplati atti normativi afferenti agli ambiti di competenza della Commissione Finanze.
  Passando a sintetizzare il contenuto del disegno di legge C. 1864, recante disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013 Pag. 68bis, segnala, per quel che concerne gli aspetti del provvedimento rientranti negli ambiti di competenza della Commissione Finanze, gli articoli 5, 6, 7, 8, 9 (che costituiscono il Capo II del provvedimento) e l'articolo 25.
  L'articolo 5 intende sanare la procedura di infrazione 2013/2027, relativa alla possibile incompatibilità con il diritto europeo, in particolare con i principi relativi alla libera circolazione delle persone, dei lavoratori dipendenti e autonomi di cui al Trattato sul funzionamento dell'UE (TFUE) di alcune disposizioni del TUIR, della legge n. 296 del 2006, (legge finanziaria 2007), del decreto-legge n. 216 del 2011, della legge n. 288 del 2012 e della legge n. 244 del 2007, le quali stabiliscono una serie di detrazioni e deduzioni fiscali, nonché un regime agevolato per i cosiddetti contribuenti minimi, a beneficio dei contribuenti residenti nel territorio italiano, e non per i cittadini residenti in un altro Stato aderente all'UE e al SEE che si trovino in situazione comparabile.
  Rammenta in merito che, ai sensi delle norme generali, nei confronti dei soggetti non residenti l'IRPEF trova applicazione secondo le regole ordinarie, con due significative eccezioni:
   risulta limitata la fruizione degli oneri deducibili, in quanto per i non residenti possono dedotti dall'imponibile solo alcuni oneri e, in particolare, quelli dall'articolo 10, comma 1, lettere a), g), h), i), e l) (somme e canoni gravanti sui redditi degli immobili che concorrono a formare il reddito complessivo; contributi, donazioni e oblazioni erogati in favore delle organizzazioni non governative; indennità per perdita dell'avviamento corrisposte per disposizioni di legge al conduttore in caso di cessazione della locazione di immobili urbani adibiti ad usi diversi da quello di abitazione; erogazioni liberali in denaro a favore dell'Istituto centrale per il sostentamento del clero della Chiesa cattolica italiana; erogazioni liberali ad altre confessioni religiose);
   risulta limitata la fruizione degli oneri detraibili dall'imposta lorda, in quanto ai non residenti si applicano le sole detrazioni di cui all'articolo 13 del TUIR (per redditi di lavoro dipendente e assimilati), all'articolo 16-bis del TUIR (per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici), nonché quelle di cui all'articolo 15, comma 1, lettere a), b), g), h), h-bis) e i) del TUIR (relative a interessi su mutui agrari ed interessi sui mutui per l'acquisto della «prima casa», a spese per manutenzione e restauro delle cose vincolate, per finalità culturali, per il settore dello spettacolo), mentre non competono le detrazioni per carichi di famiglia.

  Al fine di sanare la suddetta procedura di infrazione, il comma 1 inserisce nell'articolo 24 del TUIR, che stabilisce le modalità di calcolo dell'IRPEF nei confronti dei soggetti non residenti, un nuovo comma 3-bis, ai sensi del quale – in deroga alle disposizioni generali – nei confronti di alcuni soggetti non residenti in Italia l'IRPEF si applica secondo le regole generali del TUIR (articoli da 1 a 23), eliminando dunque le predette limitazioni, alle seguenti, concomitanti condizioni:
   che si tratti di soggetti residenti in uno dei Paesi membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni;
   che il reddito prodotto in Italia sia pari almeno al 75 per cento del reddito dagli stessi complessivamente prodotto;
   che nello Stato di residenza manchino agevolazioni fiscali analoghe.

  Il comma 2 modifica inoltre, per ragioni di coordinamento, anche l'articolo 1, comma 99 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007), che reca la disciplina dei cosiddetti «contribuenti minimi», al fine di includere in tale regime agevolato anche i soggetti non residenti, sempre alle predette condizioni.Pag. 69
  L'articolo 6 del disegno di legge apporta modifiche alla disciplina dell'imposta sulle successioni e sulle donazioni, al fine di sanare due procedure di infrazione (2012/2156 e 2012/2157) relative a taluni regimi di esenzione dalle imposte sulle successioni e sulle donazioni.
  Al riguardo rammenta che, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 346 del 1990, non sono soggetti all'imposta sulle successioni e donazioni, a talune specifiche condizioni: i trasferimenti a favore dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, né quelli a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l'assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l'educazione, l'istruzione o altre finalità di pubblica utilità, nonché quelli a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e a fondazioni bancarie; i trasferimenti che, pur effettuati a favore di enti diversi dai predetti, hanno gli stessi scopi; i trasferimenti a favore di movimenti e partiti politici; i trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all'imposta. Ai sensi del vigente comma 4 del citato articolo 3, le esenzioni operano a condizione di reciprocità per gli enti pubblici esteri e per le fondazioni e associazioni costituite all'estero.
  La lettera a), sostituendo il comma 4 dell'articolo 3 del predetto decreto legislativo n. 346 del 1990, estende in automatico le esenzioni agli enti pubblici, le fondazioni e le associazioni istituiti negli Stati appartenenti all'Unione europea e negli Stati aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo, ferma restando la condizione di reciprocità per gli enti pubblici, le fondazioni e le associazioni istituiti in tutti gli altri Stati.
  La lettera b) apporta modifiche al comma 1 dell'articolo 12 del medesimo decreto legislativo n. 346, che elenca i beni i quali non fanno parte dell'attivo ereditario.
  Più in dettaglio, la modifica precisa che non concorrono a formare l'attivo ereditario, e che dunque non sono colpiti da imposta:
   oltre ai titoli del debito pubblico (tra cui BOT e CCT), anche i titoli del debito pubblico emessi dagli Stati appartenenti all'Unione europea e dagli Stati aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo;
   oltre agli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati, nonché ogni altro bene o diritto, dichiarati esenti dall'imposta da norme di legge, anche i titoli di Stato e gli altri titoli ad essi equiparati emessi dagli Stati appartenenti all'Unione europea e dagli Stati aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo.

  L'articolo 7 restringe l'ambito oggettivo dell'imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero (IVAFE) dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato istituita dall'articolo 19 del decreto – legge n. 201 del 2011.
  La modifica ha il fine di superare i rilevi mossi dalla Commissione europea nell'ambito del Caso EU Pilot 5095/12/TAXU, la quale ha evidenziato criticità relative all'applicazione della disciplina dell'IVAFE con riferimento alla disparità di trattamento che si determina rispetto alla norma concernente l'applicazione dell'imposta di bollo sui prodotti finanziari (articolo 13, comma 2-ter, della Tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972).
  In particolare la Commissione europea ha rilevato come la normativa sull'imposta di bollo si applichi ai «prodotti finanziari» (ivi compresi i depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati), mentre quella dell'IVAFE si applichi attualmente alle «attività finanziarie», determinando in tal modo una disparità di trattamento tra attività finanziarie detenute in Italia e attività finanziare detenute all'estero. Ad avviso della Commissione europea tale nozione di «attività finanziarie» detenute all'estero e soggette ad IVAFE sarebbe infatti più ampia di quella Pag. 70di prodotti finanziari soggetti ad imposta di bollo e pertanto il diverso trattamento fiscale degli investimenti di natura finanziaria, a seconda che siano effettuati in Italia o in un altro Stato membro dell'UE o dello Spazio economico europeo (SEE), determinerebbe una violazione del principio di libera circolazione dei capitali sancito dall'articolo 63 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e dall'articolo 40 dell'Accordo sullo Spazio economico europeo.
  In tale contesto l'articolo 7 modifica i commi 18, 20 e 21 dell'articolo 19 del decreto – legge n. 201 del 2011, uniformando l'ambito oggettivo di applicazione delle due discipline, facendo riferimento, per entrambe, ai «prodotti finanziari».
  In dettaglio, la lettera a) modifica il predetto comma 18 dell'articolo 19, prevedendo che l'imposta è dovuta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all'estero dalle persone fisiche residenti in Italia: in tal modo saranno soggetti ad IVAFE solo i prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all'estero dalle persone fisiche residenti in Italia.
  La lettera b) modifica il comma 20 del predetto articolo 19 (il quale concerne la misura dell'imposta), sostituendo, dove ricorrono, le espressioni «attività finanziarie» con «prodotti finanziari».
  La lettera c) interviene sulla formulazione del comma 21 (il quale, fine di evitare una doppia imposizione, prevede un credito di imposta, detraibile dall'IVAFE, pari all'importo dell'eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato estero in cui sono detenute le attività finanziarie), sostituendo l'espressione «attività finanziaria» con quella «prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio».
  Il comma 2 fa decorrere le disposizioni del comma 1 dal periodo d'imposta relativo all'anno 2014.
  Al riguardo segnala come le modifiche, restringendo l'ambito di applicazione dell'imposta, determinino una perdita di gettito stimata dalla relazione tecnica in 700 milioni di euro a decorrere dal 2014.
  L'articolo 8 dispone che, per la riscossione di somme da corrispondere a titolo di dazi doganali e dell'IVA all'importazione (entrate le quali costituiscono risorse proprie europee), di ammontare fino a mille euro, non si applica la sospensione di 120 giorni delle azioni cautelari ed esecutive, decorrenti dall'invio al debitore delle comunicazioni concernenti il dettaglio delle iscrizioni a ruolo, prevista dall'articolo 1, comma 544, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013).
  Tale ultima disposizione ha infatti previsto che, in tutti i casi di riscossione coattiva di debiti fino a mille euro intrapresa successivamente al 1o gennaio 2013, non si proceda alle azioni cautelari ed esecutive prima del decorso di centoventi giorni dall'invio, mediante posta ordinaria, di una comunicazione contenente il dettaglio delle iscrizioni a ruolo, fatto salvo il caso in cui l'ente creditore abbia notificato al debitore la comunicazione di inidoneità della documentazione da lui prodotta per dimostrare l'infondatezza della pretesa tributaria.
  La ratio della modifica è data dal fatto che, secondo quanto indicato nella relazione illustrativa del disegno di legge, la disposizione di cui al predetto articolo 1, comma 544, della legge n. 228 del 2012, comporterebbe un allungamento dei tempi di riscossione dei dazi doganali e dell'IVA all'importazione che contrasterebbe con gli obblighi imposti dalle norme dell'Unione europea in materia di accertamento e riscossione di tali risorse proprie europee.
  L'articolo 9 intende recepire alcune norme in materia di autorità competenti per il rispetto degli obblighi posti dal regolamento n. 648 del 2012 relativamente agli strumenti derivati (cosiddetto EMIR – European Market Infrastructure Regulation) in capo ai soggetti già vigilati dalle medesime autorità, nonché per l'applicazione delle sanzioni, secondo le rispettive attribuzioni di vigilanza previste dall'ordinamento vigente.
  Al riguardo ricorda che il regolamento (UE) n. 648/2012 reca norme in materia di Pag. 71strumenti derivati over the counter (OTC), di controparti centrali e repertori di dati sulle negoziazioni.
  In merito segnala come gli strumenti derivati OTC siano generalmente negoziati privatamente e come pertanto le informazioni siano di conseguenza accessibili soltanto alle parti contraenti, per cui diviene difficile determinare la natura e il livello dei rischi incorsi. Per ovviare a tali carenze, il regolamento si propone di fornire un quadro normativo per determinati prodotti derivati, quali i contratti derivati OTC (vale a dire, i contratti la cui esecuzione non ha luogo su un mercato regolamentato), attraverso l'introduzione di obblighi di compensazione e di gestione del rischio bilaterale. Il regolamento fissa anche norme per gli obblighi di segnalazione per i contratti derivati, nonché obblighi uniformi per l'esercizio delle attività delle controparti centrali – CCP (cioè la persona giuridica che si interpone tra le controparti di contratti negoziati su uno o più mercati finanziari agendo come acquirente nei confronti di ciascun venditore e come venditore nei confronti di ciascun acquirente) e dei repertori di dati sulle negoziazioni (la persona giuridica che raccoglie e conserva in modo centralizzato le registrazioni sui derivati).
  Ai sensi dell'articolo 22 del regolamento, ogni Stato membro designa l'autorità competente incaricata di svolgere le funzioni in materia di autorizzazione e vigilanza delle controparti centrali (CCP) stabilite sul proprio territorio e ne informa la Commissione e l'AESFEM.
  Qualora uno Stato membro designi più di un'autorità competente, specifica chiaramente i rispettivi ruoli e designa una sola di esse come responsabile del coordinamento della cooperazione e dello scambio di informazioni con la Commissione, l'AESFEM, le autorità competenti degli altri Stati membri, l’European Banking Authority (EBA) e i membri interessati del Sistema europeo delle banche centrali (SEBC).
  Gli Stati membri, inoltre, assicurano che l'autorità competente disponga dei poteri di vigilanza e di indagine necessari per l'esercizio delle sue funzioni e che possano essere adottate misure amministrative idonee nei confronti delle persone fisiche o giuridiche responsabili del mancato rispetto del regolamento. Tali misure sono efficaci, proporzionate e dissuasive e possono comprendere la richiesta di azioni correttive entro un termine stabilito.
  Tornando al contenuto dell'articolo 9, il comma 1 apporta alcune modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998.
  In particolare, la lettera a) modifica l'articolo 4-quater del TUF, inserendovi un nuovo comma 2-bis, ai sensi del quale la Banca d'Italia, la CONSOB, l'IVASS e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione sono individuate quali autorità competenti per il rispetto degli obblighi posti dal regolamento. Rispetto alla formulazione vigente sono indicate come autorità competenti anche l'IVASS e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione.
  La lettera b) sostituisce il primo periodo del comma 3 del medesimo articolo 4-quater del TUF, specificando che la CONSOB è l'autorità competente nei confronti delle controparti non finanziarie che non siano soggetti vigilati da altra autorità, per il rispetto degli obblighi previsti in materia di segnalazione, compensazione e attenuazione dei rischi dei contratti derivati OTC non compensati mediante CCP. Rispetto alla formulazione vigente viene specificato il riferimento ai soggetti non vigilati da altre autorità.
  La lettera c) sostituisce il comma 3 dell'articolo 193-quater del TUF, in materia di informazione societaria e doveri dei sindaci, dei revisori legali e delle società di revisione legale, prevedendo che le sanzioni amministrative ivi previste sono applicate dalla CONSOB, dalla Banca d'Italia, dall'IVASS e dalla Commissione di vigilanza sui fondi pensione secondo le rispettive attribuzioni di vigilanza. Rispetto alla formulazione vigente viene specificato il richiamo alle autorità di vigilanza.Pag. 72
  L'articolo 25 reca la copertura finanziaria degli oneri determinati dal provvedimento.
  In particolare, il comma 1 indica l'ammontare degli oneri derivanti dalle disposizioni degli articoli 5, 6 e 7 nella misura di 3,7 milioni di euro per l'anno 2014, di 20,44 milioni di euro per l'anno 2015 e di 15,3 milioni di euro dall'anno 2016, disponendo che alla relativa copertura si provveda mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dalla disposizione del comma 2.
  Per quanto riguarda specificamente i profili di competenza della Commissione Finanze, il comma 2 dispone che con decreto del Ministro delle politiche agricole, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, da emanare entro 60 giorni a decorrere dall'entrata in vigore della legge, si provvede alla riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego ad aliquota agevolata in agricoltura, come determinati nell'Allegato 1 al decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali del 26 febbraio 2002, in modo da garantire maggiori entrate pari a 4 milioni per il 2014, a 21 milioni per il 2015 e a 16 milioni a decorrere dal 2016.
  Al riguardo ricorda che l'articolo 24 del decreto legislativo n. 504 del 1995 (testo unico delle accise) al n. 5 della tabella A prevede la possibilità di introdurre esenzioni o applicazioni di aliquote ridotte di accisa per taluni oli minerali impiegati in lavori agricoli, orticoli in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica. In forza di tale previsione, con il decreto del Ministero dell'agricoltura 26 febbraio 2002 sono stati determinati i consumi medi dei prodotti petroliferi impiegati in lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica, ai fini dell'applicazione delle aliquote ridotte o dell'esenzione dall'accisa, secondo i parametri indicati nelle allegate tabelle.
  In considerazione del fatto che il quadro normativo in materia è costituito da numerose disposizioni legislative che si sono accavallate negli ultimi tempi, il comma 3 stabilisce che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali si provvede, nei 30 giorni successivi all'emanazione del decreto di riduzione previsto dal comma 2, all'aggiornamento dell'Allegato 1 del predetto decreto ministeriale 26 febbraio 2002, il quale espone le tabelle dei consumi di gasolio per l'impiego agevolato in agricoltura, articolate per singolo prodotto e tipologia di attività lavorativa.
  Il comma 4 quantifica gli oneri derivanti dall'articolo 23 – relativo all'obbligo dello Stato di risarcire il danno derivante dalla violazione grave e manifesta del diritto dell'Unione europea da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado – in 100.000 euro annui a decorrere dall'anno 2014 e dispone che ad essi si provveda mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dalla riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio ad aliquota agevolata di cui al comma 2 dell'articolo.
  Il comma 5 dispone che il Ministero della giustizia provvede al monitoraggio degli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 23, stabilendo che, qualora si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa cui al comma 4, il Ministero della giustizia ne dà tempestiva comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze, il quale provvede, con proprio decreto, alla riduzione delle dotazioni finanziarie rimodulabili del bilancio statale di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge n. 196 del 2009.
  Rileva quindi come i provvedimenti in esame risultino molto ampi ed articolati, e suggerisce pertanto l'opportunità di procedere alle audizioni dei rappresentanti dell'ABI e dell'ANIA, in considerazione del fatto che i settori del credito e delle assicurazioni risultano fortemente incisi da molte delle direttive contemplate negli interventi legislativi, tenendo peraltro presente che il termine di conclusione dell'esame in sede consultiva da parte della Commissioni di settore sarebbe fissato per il 18 dicembre prossimo.

  Marco CAUSI (PD) sottolinea come, sebbene i provvedimenti in esame rivestano Pag. 73grandissimo rilievo per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, la Commissione stessa non disponga di molto tempo per esaminarli.
  Infatti, pur tenendo presente il fatto che il legislatore nazionale non dispone, in questi ambiti, di piena autonomia, in quanto è tenuto a recepire nell'ordinamento interno i contenuti di direttive europee, rileva come le direttive richiamate nei provvedimenti assumano la massima importanza, in quanto introducono una nuova regolazione dei mercati finanziari e creditizi, alla luce della recente crisi finanziaria. Concorda, pertanto, con la proposta del relatore di ascoltare i rappresentanti dell'ABI e dell'ANIA, considerando altresì opportuno procedere anche alle audizioni della CONSOB e della Banca d'Italia, nonché verificare la possibilità di svolgere un incontro con i componenti del Parlamento europeo eletti in Italia che si sono particolarmente interessati a tali tematiche.
  Ritiene, quindi, che, compatibilmente con i tempi definiti dalla Presidenza della Camera e dalla Commissione XIV, occorra consentire alla Commissione di approfondire adeguatamente questioni molto complesse ed articolate.

  Carla RUOCCO, presidente, concorda con la sollecitazione del deputato Causi ad approfondire adeguatamente tutte le questioni inerenti agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, assicurando che la Presidenza attuerà tutte le opportune verifiche per consentire alla Commissione stessa di disporre dei tempi di esame più ampi possibili.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) ritiene che, fatta salva l'esigenza di non perdere tempo, sussista comunque la possibilità di approfondire i temi di interesse della Commissione, e che sia dunque necessario segnalare alla Commissione Politiche dell'Unione europea l'esigenza di disporre di spazi di esame più estesi di quelli formalmente previsti, atteso l'estremo rilievo degli aspetti dei provvedimenti attinenti alla competenza della VI Commissione.
  In particolare, nel segnalare l'opportunità di ascoltare i rappresentanti del settore bancario e di quello assicurativo, rileva come il recepimento dell'Accordo Basilea III, che pure si pone l'obiettivo, condivisibile, di rafforzare la stabilità patrimoniale delle banche, possa avere l'effetto di ridurre ulteriormente la disponibilità di credito per le imprese. Infatti, sia l'incremento dei requisiti del patrimonio di base minimo relativo al common equity, sia l'introduzione di due nuove riserve di capitale (cosiddetti buffer), costituite rispettivamente da una riserva di conservazione del capitale pari al 2,5 per cento e da una riserva di capitale anticiclica volta a consentire ad ogni banca di creare in periodi di crescita economica una base finanziaria per assorbire eventuali perdite in periodi di crisi, sia la previsione di un coefficiente di copertura di liquidità (liquidity coverage ratio), avranno l'effetto di razionare ulteriormente il credito per il settore produttivo.
  Sottolinea quindi come, sebbene sia certamente opportuno rafforzare la governance della Banca d'Italia, occorra al tempo stesso valutare con attenzione le scelte in questo delicatissimo campo, evidenziando, al riguardo, come le previsioni di cui all'articolo 4 del decreto-legge n. 133 del 2013, attualmente all'esame del Senato, abbiano la conseguenza di consentire anche a banche ed imprese di assicurazione estere aventi sede nell'Unione europea di acquisire quote di partecipazione al capitale della stessa Banca d'Italia.

  Daniele PESCO (M5S) sottolinea, sotto il profilo del metodo, come sarebbe opportuno organizzare l'esame in sede consultiva dei provvedimenti in modo da poter affrontare distintamente i vari aspetti attinenti agli ambiti di competenza della Commissione Finanze.

  Marco CAUSI (PD) sottolinea come, a differenza del passato, quando l'esame del disegno di legge comunitaria avveniva, di solito, con due o tre anni di ritardo, a partire dal Governo Monti si sia invertita Pag. 74tale pratica, anticipando l'esame dei provvedimenti per il recepimento delle direttive europee. In tale nuovo contesto ritiene possibile verificare, anche alla luce degli orientamenti del Governo, se sia possibile concludere l'esame in sede consultiva dei provvedimenti anche dopo l'aggiornamento dei lavori parlamentari per le festività di fine anno.

  Giovanni PAGLIA (SEL), pur condividendo l'esigenza di disporre di tempi più ampi per l'esame dei provvedimenti, evitando che la Commissione sia vincolata a concluderlo entro la prossima settimana, rileva comunque l'opportunità di verificare se sussistano altri aspetti dei disegni di legge, ulteriori rispetto agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, rispetto ai quali vi siano ragioni di particolare urgenza.

  Marco CAUSI (PD), concordando con la considerazione espressa dal deputato Paglia, rileva come, per stabilire i tempi di discussione dei provvedimenti, si debba in primo luogo tener conto degli eventuali impegni assunti dal Governo rispetto ai tempi di conclusione del relativo esame.

  Carla RUOCCO, presidente, ritiene necessario disporre degli spazi più ampi possibili per esaminare i provvedimenti, sia pure in un quadro di compatibilità con i complessivi impegni istituzionali della Camera e con l'organizzazione dei lavori della XIV Commissione.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata di domani.

  La seduta termina alle 16.15.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Mercoledì 11 dicembre 2013. — Presidenza del vicepresidente Carla RUOCCO. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 16.15.

  Carla RUOCCO, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-01690 Causi: Applicazione delle disposizioni in materia di esercizio dei poteri speciali di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 21 del 2012.

  Marco CAUSI (PD) illustra brevemente la propria interrogazione, la quale chiede quali misure il Governo intenda adottare per assicurare la piena e tempestiva applicazione delle norme in materia di esercizio dei poteri speciali di cui agli articoli 1 e 2 del decreto – legge n. 21 del 2012, e se ritenga in particolare di disporre a tal fine l'emanazione, in tempi brevi, dei regolamenti attuativi previsti dal medesimo articolo 2 del decreto-legge, prevedendo in quest'ambito l'indicazione dei criteri volti a garantire un'adeguata manutenzione dell'infrastruttura, nel caso di acquisizione di reti e di impianti nel settore delle comunicazioni.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Marco CAUSI (PD) si dichiara soddisfatto della risposta.

5-01691 Paglia: Accertamenti svolti dall'Agenzia delle entrate sulle dichiarazioni dei redditi presentate attraverso il modello 730.

  Giovanni PAGLIA (SEL) rinuncia ad illustrare la propria interrogazione.

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  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Giovanni PAGLIA (SEL), replicando, si riserva di approfondire ulteriormente il contenuto della risposta, nonché di intervenire ulteriormente sul punto.
  In tale contesto ribadisce come lo scopo primario dell'atto di sindacato ispettivo fosse chiarire quale siano le risorse, in termini di tempo e di personale, impegnate dall'Agenzia delle entrate negli accertamenti sulle dichiarazioni dei redditi presentate con i modelli 730, sottolineando come tale attività non possa certamente costituire una priorità per l'Agenzia nell'ambito del complesso dei controlli svolti, atteso anche che tali dichiarazioni sono trasmesse per il tramite di intermediari tributari che già assicurano una verifica su di esse.

  Carla RUOCCO, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 16.25.

INTERROGAZIONI

  Mercoledì 11 dicembre 2013. — Presidenza del vicepresidente Carla RUOCCO. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 16.25.

5-01101 Ribaudo: Applicazione del regime tributario agevolato previsto per le quote di salario accessorio riconosciute ai lavoratori dell'AMAT di Palermo.

  Il Sottosegretario Pier Paolo BARETTA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

  Francesco RIBAUDO (PD), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatto della risposta e si riserva di svolgere un ulteriore approfondimento sulla questione affrontata dall'interrogazione.

  Carla RUOCCO, presidente, dichiara concluso lo svolgimento dell'interrogazione all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 16.30.

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