CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 29 ottobre 2013
113.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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INTERROGAZIONI

  Martedì 29 ottobre 2013. — Presidenza del vicepresidente Roberta AGOSTINI. – Interviene il viceministro dell'interno Filippo Bubbico.

  La seduta comincia alle 14.

5-00530 Lattuca: Pattugliamento della fascia costiera della provincia di Forlì-Cesena.

  Il viceministro Filippo BUBBICO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Enzo LATTUCA (PD), replicando, si dichiara soddisfatto e ringrazia il viceministro per la risposta dettagliata.
  Prende atto con favore dell'intenzione del Governo di razionalizzare i servizi di sicurezza navale, come anche della delibera del prefetto di Forlì che supplisce alla carenza creatasi in seguito alla cancellazione del servizio di pattugliamento oggetto dell'interrogazione.
  Evidenzia la necessità di tener conto, anche nella giusta ottica di un ridimensionamento dei costi dei servizi di pattugliamento navale, del fatto che nella fascia costiera di pochi chilometri tra Ravenna e Rimini nel periodo estivo soggiorna un numero molto elevato di persone, con relativa incidenza sulla sicurezza, come Pag. 23rilevato da numerosi casi di cronaca. A suo avviso, quindi, sempre nell'ambito di una razionalizzazione del servizio, si potrebbe prevedere in quel periodo un rafforzamento del controllo in quel tratto di costa.

5-00615 D'Attorre: Progetto «Safe City» e tutela della sicurezza a Catanzaro.

  Il viceministro Filippo BUBBICO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Alfredo D'ATTORRE (PD), replicando, si dichiara soddisfatto della risposta del rappresentante del Governo, che è stata puntuale ed esauriente. Prende atto con soddisfazione del fatto che, in data successiva a quella della presentazione dell'atto di sindacato ispettivo in titolo, il comune di Catanzaro ha riconosciuto gli aspetti problematici relativi al progetto «Safe City». Prende altresì atto con soddisfazione del fatto che il Governo è consapevole dell'insufficienza degli organici delle forze dell'ordine sul territorio di Catanzaro, ricordando come la città, sebbene meno interessata da fenomeni di criminalità organizzata di quanto siano altre città del meridione, è tuttavia afflitta da episodi di microcriminalità che sono andati crescendo negli ultimi anni.

5-00815 Carra: Auto di servizio delle sezioni Polstrada di Mantova e Ostiglia.

  Roberta AGOSTINI, presidente, avverte che, su richiesta del presentatore e concorde il rappresentante del Governo, l'interrogazione in titolo sarà svolta in altra seduta.

5-01157 Petitti: Sul movimento Forza nuova.

  Il viceministro Filippo BUBBICO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

  Tiziano ARLOTTI (PD), cofirmatario dell'interrogazione in titolo, replicando si dichiara soddisfatto della risposta del viceministro. Considera positiva l'attenzione costante da parte delle forze dell'ordine verso l'azione di un movimento che incita alla violenza e istiga alla discriminazione. Non è sufficiente, però, a suo avviso un'opera di monitoraggio, ma va attuata una verifica continua dei reiterati episodi di cui il movimento Forza Nuova si rende protagonista, come gli attacchi alle sedi della CGIL e del Partito democratico che rappresentano un pericolo per la convivenza democratica.
  Ricorda che quel movimento aveva organizzato in passato campi di addestramento militare che potrebbero essere riproposti in futuro. Ribadisce dunque che va prestata la massima attenzione alla sua azione e specialmente all'uso dei social network, dove viene portata avanti con continuità un'opera di istigazione alla violenza.

  La seduta termina alle 14.30.

SEDE REFERENTE

  Martedì 29 ottobre 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO, indi del vicepresidente Roberta AGOSTINI. – Intervengono il Ministro degli affari regionali e delle autonomie Graziano Delrio e il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Walter Ferrazza.

  La seduta comincia alle 14.30.

Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni.
C. 1408 Melilli e C. 1542 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 24 ottobre 2013.

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  Francesco Paolo SISTO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

  Il ministro Graziano DELRIO spiega di aver manifestato la volontà di intervenire già in questa fase del dibattito per fare chiarezza su alcuni punti sui quali, anche a seguito delle audizioni informali finora svolte dalla Commissione sul disegno di legge in esame, si è determinata qualche possibile incertezza.
  Innanzitutto, intende dire qualcosa in merito alla questione di costituzionalità sollevata da alcuni dei soggetti intervenuti nelle audizioni informali come da alcuni di coloro che hanno preso parte al dibattito pubblicistico intono al disegno di legge del Governo. È stato detto che la trasformazione delle province in enti di secondo grado non sarebbe compatibile con il titolo V della parte II della Costituzione e in particolare con l'articolo 114, che menziona le province come enti autonomi costitutivi della Repubblica insieme ai comuni e alle regioni, i quali sono enti i cui organi sono eletti direttamente dai cittadini. Al riguardo fa presente, in primo luogo, che il Governo ha presentato al Parlamento, come complemento del disegno di legge ordinaria in esame, anche un disegno di legge costituzionale tendente ad eliminare dalla Costituzione ogni riferimento alle province (atto C. 1543), per evitare in radice ogni dubbio di costituzionalità. A parte questo, sottolinea come diversi autorevoli costituzionalisti ritengano discutibile e nient'affatto certa l'interpretazione secondo cui il testo vigente della Costituzione vieterebbe la trasformazione delle province in enti di secondo grado: in tal senso si pronunciano una serie di memorie di esperti costituzionalisti, che deposita agli atti della Commissione.
  In secondo luogo, intende ribattere all'obiezione, sostenuta in particolar modo dall'UPI nelle audizioni informali svolte dalla Commissione la scorsa settimana, secondo cui la riforma proposta dal Governo non determinerebbe risparmi di spesa, ma determinerebbe addirittura costi aggiuntivi per le finanze pubbliche. Si tratta di valutazioni a suo giudizio infondate perché basate su assunti contestabili, a partire da quello secondo cui la riforma produrrebbe una moltiplicazione dei centri di costo. Studi condotti da centri di ricerca – che parimenti deposita agli atti della Commissione – dimostrano invece che la riforma produrrà risparmi, e non costi aggiuntivi. La prospettiva di risparmio deriva, in particolare, dal fatto che, attraverso il ripensamento del livello di governo di area vasta, sarà possibile generare economie di scala nella programmazione dei servizi, mentre, attraverso la razionalizzazione e la soppressione di enti e organismi che oggi sono gestiti da consorzi di comuni, si otterrà una maggiore efficienza complessiva del sistema. Si aggiunga l'impulso che viene dato all'accorpamento dei piccoli comuni: al riguardo fa presente che le maggiori inefficienze di sistema si allocano oggi nei comuni piccolissimi e, con le dovute differenze, nel sistema delle province.
  Intende dunque riepilogare i risparmi che vanno in tale direzione. In primo luogo, rileva che i risparmi connessi alla soppressione dei costi relativi alle spese di rappresentanza politica delle province italiane sono stati stimati in 110 milioni di euro, che equivalgono a circa 11.000 nuovi posti negli asili nido italiani. Va considerato che per un refuso la relazione di accompagnamento quantifica tale stima in 11 milioni di euro.
  Richiama poi le spese di amministrazione e controllo, che potrebbero essere ridotte se le funzioni fossero esercitate da altri livelli di governo in quanto queste spese servono principalmente per il mantenimento dell'organizzazione delle province stesse e non invece alla gestione di funzioni precise come, ad esempio, trasporto, istruzione. Per tali ragioni potrebbero essere ridotte con più facilità e va considerato che la spesa corrente per la voce «controllo e amministrazione» ammonta – nel 2011 (dati Istat) – a oltre 2 miliardi e 300 milioni di euro, di cui 989.547.301 euro per il costo del personale. Pag. 25Va al riguardo sottolineato che il personale non sarebbe in alcun modo licenziato ma si sta concludendo un Protocollo così da non disperdere le professionalità. Ne consegue che la spesa su cui si può pertanto incidere, in tale ambito, è pari a 1 miliardo e 335 milioni di euro l'anno.
  Ricorda che dalle valutazioni effettuate dalla SOSE il 50 per cento di tale spesa è efficientabile.
  Si sofferma poi sulla parte relativa alle spese per manutenzione ed utilizzo di beni di terzi, riguardo alla quale la SOSE fa presente che nell'anno 2009 si stima nel complesso una percentuale di inefficienza del 56,27 per cento che, rispetto ad una spesa complessiva di 659.464.457 euro a prezzi costanti 2011, individua una possibile riduzione della spesa per manutenzione ed utilizzo di beni di terzi delle province pari a 371.112.046 euro, sempre per ogni anno.
  Infine, nell'analisi generale della spesa delle province, nel Rapporto elaborato dalla SOSE si rileva che «nell'anno 2009 si stima nel complesso una percentuale di inefficienza del 31,44 per cento che, rispetto ad una spesa complessiva di 8.297.732.825 euro a prezzi costanti 2011, individua una possibile riduzione della spesa totale delle Province pari a 2.612.038.532 euro», all'anno.
  Evidenzia dunque che, in base alle sole stime della SOSE, i risparmi a regime sono pari a circa 2 miliardi e mezzo di euro annui, riguardo ai quali, in via prudenziale, si può stimare un risparmio certo pari a un miliardo di euro annuo. Rileva poi che a conclusioni analoghe è giunto lo studio elaborato dall'Istituto Leoni nel 2010 dal titolo «Quanto costano le province ?».
  Si sofferma poi sulle conclusioni dello studio CERTeT Bocconi del 2011 dal titolo «Una proposta per il riassetto delle province» che, pur partendo dall'assunto che le province svolgono funzioni essenziali, indicano tre linee propositive: la ricerca di una maggiore efficienza; il riordino delle funzioni tra i livelli di governo; la definizione del livello dimensionale ottimale in funzione dell'efficienza, della efficacia e dell'autonomia tributaria.
  Queste tre linee propositive sono tutte presenti nel disegno di legge del Governo in quanto l'efficienza è perseguita a partire dalla definizione di una rappresentanza di secondo livello; il riordino delle funzioni di governo è l'obiettivo principale del provvedimento, che muove nella direzione dell'attribuzione di funzioni di area vasta alle province e delle funzioni amministrative ai comuni, nell'ambito del ruolo di programmazione e di coordinamento delle regioni.
  Sottolinea che tra le proposte esaminate della ricerca Bocconi c’è la concentrazione della spesa provinciale nelle funzioni «core». La ricerca ipotizza una riduzione della spesa provinciale corrente di 976 milioni di euro (e in conto capitale per altri 182 milioni di euro) se si considera l'azione delle province nelle sole «funzioni core». È quanto previsto dal disegno di legge, tenendo conto del fatto che alcune funzioni non saranno più esercitate o saranno allocate a livello comunale che, in base alla Costituzione, ha la titolarità di tutte le funzioni amministrative fatto salvo il principio di sussidiarietà.
  Rileva dunque che ci si trova di fronte ad un risparmio significativo. Ricorda come invece da parte di alcuni sia stata prospettata la possibilità che la riforma in discussione possa produrre maggiori costi: si riferisce, in particolare, alla stima fatta nel Dossier dell'UPI, che prevede che ad esempio le spese per riscaldare le scuole aumenterebbero a livello nazionale del 53 per cento. Fa invece riferimento alle 124 scuole gestite dal suo comune dove i costi sono molto bassi, ovvero il caso della provincia di Fermo, richiamato nella nota che ha consegnato alla Commissione, dove si evince che – contando 40 comuni – l'amministrazione provinciale gestisce 17 plessi scolastici dislocati in 9 comuni per cui gestiranno nuove scuole solo il 22 per cento dei comuni. Inoltre quasi il 50 per cento delle scuole gestite dalla provincia si trova nel comune di Fermo. Nel territorio provinciale gli effetti della riforma dovrebbero Pag. 26portare un abbattimento dei costi. Il comune capoluogo spende, infatti, 7,48 euro a metro quadrato, la provincia 8,55. In questo caso il risparmio sarebbe del 13 per cento. Risparmi da estendere anche ai comuni, se è vero che il comune più virtuoso spende il 28 per cento in meno della provincia. Ragionamenti analoghi si possono estendere ad altre province.
  Se si adotta dunque lo stesso criterio utilizzato dal Dossier dell'UPI e si calcola la media dei risparmi dei comuni virtuosi si avrà un risparmio medio del 39 per cento corrispondente, rispetto ai costi sostenuti dalle province nel 2012 per riscaldare tutti gli edifici scolastici, pari a circa 312 milioni di euro.
  Rileva come, in ogni caso, il disegno di legge consentirà comunque di mantenere in essere un contratto molto vantaggioso anche con le trasformazioni ivi previste. Ciò che scompare è il personale politico. Molte province hanno infatti contratti molto vantaggiosi per i riscaldamenti delle scuole che potrà continuare a gestire. L'obiettivo è quello di realizzare maggiori sinergie.
  Ricorda che le province gestiscono 5.179 edifici scolastici e i comuni 18.263 (12.265 scuole primarie, 5.998 scuole secondarie di primo grado, a cui si aggiungono altre 15.000 scuole dell'infanzia secondo i dati ISTAT).
  Ricorda che il disegno di legge incentiva esplicitamente la gestione dei servizi a livello di area vasta o di unione per avere effettive economie di scala come già accade, per esempio, nell'area bolognese dove il Comune capoluogo si sta occupando della creazione di un unico appalto per il riscaldamento delle scuole, con presunti risparmi molto più elevati di quelli ottenibili dai soli servizi di riscaldamento di una singola provincia dato il numero rilevante degli edifici scolastici serviti.
  Evidenzia che, oltre ai risparmi possibili, è opportuno sottolineare che la possibilità di governare ambiti territoriali più ampi, attraverso le unioni e attraverso la programmazione di area vasta ed in generale attraverso una sistema intercomunale più interconnesso ed interrelato, offre potenziali vantaggi per tutti i cittadini: sia quelli che vivono nelle realtà più grandi sia, soprattutto, per quelli che invece vivono nei comuni più piccoli.
  Ricorda poi che sul testo del disegno di legge le regioni hanno espresso un apprezzamento riguardo all'impianto generale del testo, ritenendo tuttavia che la formulazione del provvedimento non sia pienamente corrispondente allo scopo che la riforma si prefigge, occorrendo una sede di confronto. Rileva come il ruolo delle regioni sia centrale ed esprime la piena disponibilità ad individuare le formulazioni più idonee riguardo alla parte relativa alle città metropolitane, alle province, alle unioni dei comuni, nel rispetto delle prerogative che la Costituzione riconosce alle regioni.
  Sul tema della semplificazione delle gestioni associate, ricorda come vi sia una discussione profonda in corso con le regioni. Ritiene che lo Stato debba poter disciplinare le unioni dei comuni almeno nei principi generali. La discussione è dunque ancora aperta.
  Esprime, infine, l'invito a non «agitare» il tema dei «dipendenti delle province a rischio» perché intende ribadire in questa sede che non è previsto nulla di ciò nel testo e l'intenzione è quella di valorizzare al massimo, senza perderle, le professionalità presenti a livello provinciale. Ricorda come sia stato già espresso un impegno in tal senso dal Presidente del Consiglio dei ministri.
  Rileva inoltre come i comuni abbiano potenzialità di programmazione all'altezza di quanto previsto nel testo: ricorda infatti che il lavoro è diminuito dell'80 per cento con il Patto di stabilità e con i tagli ma in passato hanno gestito investimenti di portata molto ampia. Nulla osta peraltro in base al disegno di legge che i comuni decidano di allocare a livello provinciale altre funzioni in quanto titolari delle stesse.

  Fabio MELILLI (PD) rileva come nella propria proposta di legge C. 1408 venga data una lettura in parte differente rispetto al disegno di legge del Governo. In particolare viene posta in capo ai consiglieri comunali la possibilità di decidere Pag. 27chi – sindaci o consiglieri – governerà la provincia. Ricorda che il testo del Governo prevede tale sistema per le città metropolitane e non si comprende dunque per quali ragioni differenziare la disciplina rispetto alle province.
  Evidenzia come la normativa vigente avesse una lacuna rilevante: le previsioni del decreto-legge n. 201 del 2011 non definivano infatti il nuovo sistema elettorale delle province; ha ritenuto dunque opportuno riprendere quello elaborato dal ministero dell'interno, che si può semplificare.
  Prevede infatti che il voto espresso da ciascun consigliere, assessore o sindaco venga poi ponderato tenendo conto della popolazione residente nel comune in cui essi sono stati eletti, in particolare moltiplicando il numero dei voti espressi in favore dei candidati presidenti della provincia, delle liste e dei singoli candidati al consiglio provinciale per moltiplicatori legati alla dimensione del comune. Al termine delle operazioni di scrutinio è proclamato eletto presidente della provincia il candidato alla carica che ottiene il maggior numero di voti ponderati, mentre per attribuire i seggi viene impiegato il metodo d’Hondt. Il sistema recato dalla propria proposta di legge prevede, inoltre, che in ogni modo alla lista collegata al candidato risultato vincitore non venga attribuito almeno il 60 per cento del totale dei seggi in palio nel consiglio provinciale, come premio di maggioranza, qualora non abbia raggiunto tale soglia con l'attribuzione ordinaria.
  Sottolinea come occorra privilegiare un'esigenza d chiarezza: le province le potrà abolire solo un progetto di legge costituzionale. In questa sede l'interrogativo consiste nel chiedersi come si possa attribuire alla provincia o ad un ente di area vasta il ruolo di soggetto che governa solo funzioni specifiche. Ricorda come in base alla legge n. 142 del 1990 la provincia era un ente a fini generali, dando luogo ad una sovrapposizione di funzioni con altri soggetti ben nota. Ritiene che se si vuole prefigurare la provincia come soggetto che governa le funzioni che per loro natura non possono essere svolte dai comuni, evitando un ritorno alle regioni con funzioni anche di governo, occorre compiere una operazione seria di individuazione precisa delle funzioni.
  Si rivolge dunque al ministro Delrio evidenziando l'esigenza di poter disporre di una individuazione esatta delle funzioni, così da evitare equivoci e consentire al Parlamento di svolgere un lavoro serio.
  Evidenzia la necessità di superare l'attribuzione della funzione amministrativa concorrente. In tale modo si potrà dare un grande contributo in termini di semplificazione che risulterà ancora più corposo in termini di risparmi.
  L'invito che rivolge sul tema dei numerosi soggetti ed enti operanti con funzioni di area vasta, come gli ATO, è di intervenire adesso. Se vi è il tema di governo delle reti, che non è opportuno fare a livello regionale, occorre farlo in questa sede.
  Ritiene che il limite che ha trovato è quello per cui nessuno può impedire alle regioni di attribuire compiti di area vasta. Se però si vuole un meccanismo che eviti il ripercorrere di esperienze non positive occorre definire con maggiore ampiezza le funzioni fondamentali dei comuni. Rileva che è possibile farlo a prescindere da chi ne abbia la titolarità. Ricorda che vi sono materie come la caccia, la pesca, che da sempre sono attribuite all'ambito provinciale; tuttavia occorre un lavoro di cesello, di grande importanza, che consenta la definizione esatta degli ambiti dell'ente di area vasta. La direzione deve essere quella della chiarezza e della semplificazione.

  Maurizio BIANCONI (PdL) ritiene che, quando si incide sull'organizzazione amministrativa del Paese, occorre riflettere attentamente sui passi che si fanno. Per quanto riguarda, in particolare, la trasformazione delle province in enti di secondo grado, invita a riflettere sul fatto che questo tipo di enti sono per loro natura più lontani dai cittadini e meno soggetti al controllo democratico, che si realizza tipicamente attraverso le elezioni.
  Fa presente che nella sua regione di provenienza, la Toscana, che pure rappresenta un modello in Italia per la correttezza Pag. 28e il senso civico della sua classe politica, gli enti di secondo grado non hanno dato buona prova di sé: questo perché, quando la gestione di un ente è rimessa interamente alla politica e questa è chiamata a controllarsi da sé, i risultati non sempre sono trasparenti e nell'interesse dei cittadini.
  Ritiene quindi che, più che trasformare la provincia in ente di secondo grado, sarebbe importante, in vista di una maggiore efficienza dell'ente di area vasta, riflettere su una revisione delle circoscrizioni provinciali, che non possono restare quelli odierni, i quali nella gran parte dei casi non corrispondono alla realtà economica del territorio di riferimento e alle sue esigenze in termini di servizi. Se si procede ad una riallocazione delle funzioni sui diversi livelli di governo senza nel contempo rivedere le circoscrizioni territoriali, non si fa quindi – a suo parere – un buon lavoro.
  Quanto alla riduzione dei costi, preferisce non affrontare il tema, limitandosi a ricordare che anche delle regioni si diceva che avrebbero comportato una riduzione dei costi, insieme a una maggiore efficienza amministrativa.
  Sottolinea invece l'importanza di riflettere sull'opportunità di rivedere l'istituto della delega di funzioni regionali, ricordando come regioni notoriamente efficienti quali la Toscana e l'Emilia Romagna facciano grande affidamento sulla delega di funzioni alle province. Si tratta infatti di un istituto che permette risparmi di spesa e che consente alle regioni che se ne avvalgono di riservarsi un ruolo di programmazione sul territorio, delegando le funzioni di amministrazione.

  Mauro GUERRA (PD) desidera porre la sua riflessione sul disegno di legge partendo da un approccio dal basso, vale a dire dal punto di vista della miriade di piccoli comuni esistenti in Italia. La riforma proposta potrà, infatti, aver successo solo con l'irrobustimento delle autonomie comunali e con un adeguamento alla nuove funzioni di cui l'associazione tra comuni deve rappresentare l'asse strategico.
  Con riguardo all'associazionismo tra comuni, ricorda come dopo la riforma del Titolo V si sia sviluppato un vero e proprio conflitto legislativo tra Stato e Regioni, che ha dato vita a una normativa contraddittoria. Il risultato è stato che gli amministratori locali hanno dovuto scegliere se adeguarsi alla disposizione statale o a quella regionale, violando ovviamente nel contempo l'altra. A suo avviso, invece, sussiste uno spazio per una legislazione concorrente, specialmente nel caso che l'eventualità dell'associazionismo divenga un obbligo.
  In quel caso è infatti indispensabile una norma statale uniforme che stabilisca le funzioni affidate e le modalità di associazione, alla stregua dell'articolo 32 del Testo unico degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. Alle Regioni dovrebbe invece essere lasciata la definizione degli ambiti e la fissazione delle soglie. In questo modo si eviterebbe la creazione da parte delle Regioni di forme autonome di associazionismo, come avvenuto in passato.
  Un'altra questione da affrontare è a suo avviso il rafforzamento nel testo del disegno di legge delle unioni e delle fusioni di comuni.
  In conclusione, ritiene che possa partire una grande stagione di riforme.

  Roberta LOMBARDI (M5S) intende partire dal dato fornito dal ministro Delrio, in base al quale i risparmi relativi alle spese di rappresentanza politica delle province italiane sarebbero pari a 110 milioni di euro, che equivalgono a circa 11.000 posti in più per gli asili nido. Ritiene sia un dato molto importante, in quanto espressione di un bisogno della collettività. Occorre, ad avviso del suo gruppo, ripartire da qui per riprogettare l'intero sistema degli enti locali e su questo è emersa finora la convergenza delle forze politiche.
  Chiede quindi di poter lavorare in questa direzione, eventualmente anche riconsiderando i tempi stringenti fissati dalla Pag. 29Conferenza dei presidenti dei gruppi per l'avvio della discussione in Assemblea del disegno di legge del Governo, che divengono assolutamente insufficienti di fronte all'esigenza di aprire un tavolo di discussione per ridisegnare il sistema degli enti locali e la ricollocazione delle funzioni, nel rispetto della Costituzione e partendo dai bisogni della collettività.
  La posizione del suo gruppo sull'abolizione delle province è sempre stata chiara: ciò non perché si ritengano le province il male assoluto ma in quanto emblema di un sistema di amministrazione pubblica da rivedere.
  Si associa quindi alla richiesta formulata dal collega Melilli sull'esigenza di poter acquisire dal Governo una disamina chiara delle funzioni in vista di una loro ridefinizione complessiva e di una loro semplificazione.
  Ritiene che i tempi di esame parlamentare del disegno di legge del Governo, per giungere ad un lavoro fatto bene, vadano rivisti nell'ambito dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

  Emanuele FIANO (PD) ringrazia il ministro per l'intervento svolto e per i dati forniti, che sono, a suo avviso, decisivi per il dibattito e per la valutazione delle diverse questioni legate al provvedimento in esame. Ricorda che i mezzi di informazione, soprattutto dopo le audizioni informali svolte dalla Commissione nella scorsa settimana sul disegno di legge, hanno fatto spesso riferimento ad una presunta incostituzionalità del disegno di legge stesso e messo in dubbio l'effettività dei risparmi attesi dal Governo. Da questo punto di vista, i chiarimenti resi oggi dal ministro sono stati – a suo avviso – decisivi, anche se non si devono tralasciare i dubbi e le questioni sollevati dai colleghi intervenuti nel corso del dibattito. Esprime quindi un giudizio complessivamente positivo sul disegno di legge in esame, ferma restando la necessità di intervenire con modifiche per risolvere i problemi evidenziati e delineare una riorganizzazione che risulti il più possibile funzionale ed efficace.
  Quanto ai tempi di esame del provvedimento, prende atto con soddisfazione del fatto che la collega Lombardi ha manifestato una disponibilità del suo gruppo al confronto sul tema. Ritiene peraltro che occorra stabilire un calendario certo, perché è vero che il dibattito è necessario per approfondire le questioni e risolvere i problemi, ma è anche vero che l'esame del provvedimento non può essere trascinato per troppo tempo. Fermo quindi restando che l'organizzazione dei tempi di esame del provvedimento dovrà essere decisa dall'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, che è stato convocato per domani mattina alle 8.45, anticipa fin d'ora che la posizione del suo gruppo è che si debba prevede un iter parlamentare rapido, che tenda all'approvazione definitiva della legge entro il 31 dicembre di quest'anno.

  Nazzareno PILOZZI (SEL) nel ringraziare il Ministro per la sua disponibilità, non può però esimersi da alcuni cenni critici sul disegno di legge e sulle affermazioni del Ministro.
  Osserva preliminarmente come si giochi sulle parole. In un'intervista del Ministro apparsa su un quotidiano nazionale, si parla di soppressione delle province. Ma con il provvedimento in esame non si sopprimono le province; se si fosse voluta la loro soppressione si sarebbe dovuti partire da una legge costituzionale di riforma del Titolo V. Il disegno di legge all'esame della Commissione è un'opera di riordino che potrebbe anche risultare in contrasto con l'eventuale legge elaborata dal Comitato dei 42.
  Un riordino basato su cifre diverse, come è stato evidenziato nelle audizioni svolte. Per il Governo, infatti, il risparmio ottenuto sarebbe di un miliardo di euro, mentre per l'UPI solo di trenta milioni di euro, con un aggravio, invece, di due miliardi di euro. Un riordino, inoltre, basato sulla trasformazione delle province in enti di secondo grado, cosa ben diversa dalla loro soppressione. Pag. 30
  Esprime una posizione molto critica sugli enti di secondo grado, basata anche sull'esperienza della sua provincia. La partecipazione di novantuno comuni con maggioranze non uniformi ha reso infatti estremamente difficile il funzionamento di organismi come gli ATO, con una mancanza molto frequente del numero legale e con decisioni, compresa la nomina degli organi, presa a livello politico in luoghi diversi. Lo stesso avverrà per il Presidenti delle Province che saranno scelti a livello degli organi dirigenti dei partiti, con una mancanza dell'indispensabile controllo democratico da parte dei cittadini. Si tratta di una scelta, a suo avviso, totalmente sbagliata.
  Desidera fare un'osservazione sulle norme relative alla città metropolitana di Roma. Come sottolineato anche da alcuni auditi, potrebbe essere l'unica città metropolitana senza aeroporti, dato che i comuni di Fiumicino e Ciampino non rientrano in quell'area e potrebbero anche decidere di tenere il controllo degli aeroporti.
  Concorda, infine, anche sulla necessità di tempi adeguati per l'esame del provvedimento, anche se ritiene opportuno fare in fretta per porre fine a quelle gestioni commissariali delle province che un ordine del giorno votato dal Parlamento nella passata legislatura ha voluto politiche e non prefettizie.

  Renato BALDUZZI (SCpI) ritiene che la Commissione non debba farsi premere dall'urgenza di concludere l'esame del provvedimento, stabilendo date troppo rigide, e che debba invece essere consapevole del fatto che per arrivare ad una riforma organica di buon livello occorre il giusto tempo di discussione e di approfondimento.
  A parte queste considerazioni di metodo, ringrazia il ministro per l'intervento svolto e per i dati forniti, che hanno dato al dibattito elementi di riflessione – se non «decisivi» come ha detto il collega Fiano – comunque incisivi e importanti. Ritiene in ogni caso che la riflessione sul riordino delle province debba necessariamente inquadrarsi in una cornice più ampia e muovere dalla questione se esista e si sia realizzato in Italia quel «sistema regionale delle autonomie territoriali» cui fa riferimento la rubrica dell'articolo 4 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000) e che era già delineato nell'articolo 3 della legge n. 142 del 1990. Infatti, soltanto una volta chiarito quale debba essere il sistema complessivo delle autonomie territoriali, a suo avviso, si potrà decidere in merito alla eventuale trasformazione dell'ente di governo intermedio in ente di secondo grado. Si tratta – in altre parole – di svolgere un discorso organico e compiuto, evitando di intervenire in modo circoscritto per «mettere una pezza».
  Ricorda che la Costituzione delinea l'Italia quale Stato delle autonomie, anzi meglio quale Stato regionale a carattere autonomistico. Non si può dimenticare questo principio costituzionale nel momento in cui si mette mano a una riforma che tocca in modo così forte l'assetto delle autonomie territoriali. Parlare di incostituzionalità della trasformazione delle province in enti di secondo grado è forse eccessivo – è forse un giudizio dettato da una certa vena di passione politica – tuttavia non si può negare che una riflessione complessiva sulla coerenza del disegno di legge in esame con il tipo di Stato che la Costituzione delinea vada svolta.
  In conclusione, per affrontare problemi di questa delicatezza, occorre innanzitutto non cedere all'impulso di fare tutto di corsa e darsi invece tempi di esame distesi, che non possono essere i ritagli di tempo lasciati liberi dalla pausa dei lavori dell'Assemblea e dagli altri impegni della Commissione.

  Marilena FABBRI (PD) ritiene necessario definire un disegno complessivo di riforma e il punto di arrivo al quale si vuole approdare. Se si imbocca la strada delle macro regioni è inevitabile che si crei una sorta di macro ente di area vasta, mentre se si sceglie per le regioni una strada diversa, a quella scelta si deve adeguare la trasformazione delle province. Si tratta di una questione rilevante anche Pag. 31con riferimento all'organizzazione degli organi periferici dello Stato e anche di quelli di enti e associazioni privati.
  Si rende però conto che non è possibile aspettare un riordino complessivo per il quale non potrebbe essere sufficiente neanche l'intera legislatura. Si deve quindi mettere mano alla riforma delle autonomie, con la consapevolezza, però, che oltre a un risparmio questa comporta dei costi, anche indiretti, come, ad esempio, l'uso di personale distolto da altro incarico e che è, quindi, necessario stanziare delle risorse.
  Sui tempi d'esame del provvedimento concorda che vanno definiti in modo congruo, con la consapevolezza, però, che in caso di mancato completamento dell'iter parlamentare del disegno di legge, a febbraio 2014 saranno indetti i comizi elettorali o affidate le province a gestioni commissariali. Quindi non c’è molto tempo per l'esame e quello che c’è va usato in modo ottimale con un'adeguata organizzazione dei lavori, scegliendo, ad esempio, di esaminare gli emendamenti per temi.
  Riguardo alle unioni e fusioni di piccoli comuni, ritiene necessario stabilire un obbligo o, perlomeno, incentivi premiali, integrando il fondo apposito. Vanno poi poste delle regole riguardo al personale, al patto di stabilità, all'adeguamento normativo e alle società, laddove, lo ricorda, la legge stabilisce che un comune può avere una sola società. Se tali regole non vengono fissate, si impedisce di fatto il buon fine dell'operazione di riforma.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), relatore, ricorda come, dal momento della presentazione del disegno di legge del Governo, sul territorio si sia attivato un dibattito ampio.
  Ringrazia, quindi, il ministro Delrio per la grande attenzione dimostrata nell'ascoltare quanto evidenziato nei territori, trattandosi di modifiche legislative che «mettono le mani sul corpo vivo» del Paese. Ha preso, infatti, atto favorevolmente della disponibilità manifestata dal Governo a rivedere alcune parti del provvedimento per consentire il massimo contributo dei soggetti coinvolti.
  Per questa ragione è, a suo avviso, importante che nell'ambito dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, si individui un termine ravvicinato per la scadenza degli emendamenti così da poter poi disporre di un congruo tempo per approfondirne e valutarne i contenuti e dare le risposte necessarie alle questioni emerse, in un'ottica di condivisione che auspica possa essere raggiunta su questo tema.
  Rispetto a quanto emerso dal dibattito, rileva come spetti anche al Parlamento comprendere se il provvedimento si ponga in linea con il processo di revisione costituzionale che sarà avviato. In questa fase è necessario, a suo avviso, fare il possibile per agire con chiarezza e con risultati positivi per il Paese.

  Roberta AGOSTINI, presidente, dichiara di concordare con quanti hanno sottolineato l'importanza di disporre di tempi di esame tali da permettere una discussione quantomeno serena e distesa. Quindi, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.55.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Martedì 29 ottobre 2013. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.

  La seduta comincia alle 15.55.

DL 104/2013: Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca.
Emendamenti C. 1574-A Governo.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Elena CENTEMERO (PdL), relatore, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto Pag. 32di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione, con l'eccezione dell'emendamento Buonanno 5.15. Propone pertanto di esprimere parere contrario sull'emendamento Buonanno 5.15 e parere di nulla osta sui restanti emendamenti del fascicolo n. 1 (vedi allegato 4).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 16.

ERRATA CORRIGE

  Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari n. 110 del 24 ottobre 2013, a pagina 11, prima colonna, decima riga, a pagina 12, seconda colonna, ventiquattresima riga, a pagina 14, prima colonna, seconda riga, a pagina 16 prima colonna, terza riga e a pagina 17, seconda colonna, prima riga, in luogo di «474» deve leggersi «454».

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