CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 16 ottobre 2013
104.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
COMUNICATO
Pag. 165

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 16 ottobre 2013. — Presidenza del presidente Pierpaolo VARGIU.

  La seduta comincia alle 14.30.

DL 101/2013: Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni.
C. 1682 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni riunite I e XI).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Anna Margherita MIOTTO (PD), relatore, ricorda che la Commissione è chiamata ad esprimere il parere sul disegno di legge di conversione del decreto-legge in titolo, già approvato dal Senato, in scadenza per il prossimo 30 ottobre. Le Commissioni di merito concluderanno l'esame giovedì prossimo e il provvedimento è iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire da lunedì 21 ottobre.
  Tra le numerose disposizioni recate dal provvedimento, che si compone di 13 articoli, figurano alcune che incidono direttamente su materie di competenza della XII Commissione.
  Si tratta, innanzitutto, dell'articolo 2, comma 13-quater – inserito nel corso dell'esame presso il Senato –, che prevede la facoltà di prorogare non oltre il 31 dicembre 2014 i contratti di diritto privato e a tempo determinato stipulati dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) per l'attribuzione di funzioni dirigenziali, in base alla normativa che nel 2004 ha disciplinato la nascita dell'Agenzia. Tale proroga può essere effettuata anche in sede di riorganizzazione realizzata ai sensi del decreto-legge n. 95 del 2012 «spending review», – che prevede regolamenti di organizzazione delle amministrazioni pubbliche ispirati a determinati criteri tendenti comunque al contenimento delle spese.
  Riguardo ai contratti cui la norma fa riferimento, ricorda che la facoltà di assumere Pag. 166all'esterno, in relazione a particolari e motivate esigenze, personale tecnico o altamente qualificato, con contratti a tempo determinato di diritto privato, è stata riconosciuta all'AIFA all'atto della sua costituzione, operata dal decreto-legge n. 269 del 2003, che ha disposto il trasferimento alla medesima, a decorrere dal 1o gennaio 2004, delle competenze della Direzione Generale dei Farmaci e Dispositivi Medici del Ministero della salute e contestualmente delle unità di personale alla stessa assegnate, nella misura massima del 60 per cento del personale in servizio presso la Direzione generale alla data del 30 settembre 2003. In aggiunta alle unità di personale trasferito dal Ministero è stata infatti riconosciuta all'AIFA la facoltà di stipulare con soggetti esterni contratti di diritto privato e a tempo determinato.
  Ai sensi dell'articolo 2, comma 13-quater, in esame, tali contratti di diritto privato possono essere prorogati fino al 31 dicembre 2014, anche se eccedenti la quota prevista dalla normativa vigente per il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni alle pubbliche amministrazioni. Tale quota è fissata, ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia. I medesimi contratti non possono prevedere una durata superiore ai tre anni per gli incarichi di segretario generale e di funzione dirigenziale di livello generale e di cinque anni per gli altri incarichi dirigenziali.
  La proroga così disposta non reca nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  Altra disposizione del decreto-legge in esame di interesse della XII Commissione è rappresentata dall'articolo 4, che reca una serie di norme in materia di stabilizzazione del personale precario della pubblica amministrazione, tra cui i commi 10, 11 e 12, entrambi modificati dal Senato e il comma 10-bis introdotto al Senato.
  Fa presente che il comma 10 prevede che per gli enti del Servizio Sanitario Nazionale l'attuazione delle disposizioni dettate dai commi 6 a 9 (che recano una serie di procedure per la stabilizzazione di personale precario nonché per la definitiva assunzione di lavoratori reclutati con contratti a tempo determinato) avviene, tenuto conto dei vincoli assunzionali vigenti, tramite apposito e specifico Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro tre mesi dalla entrata in vigore del decreto-legge in commento, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, mentre per le regioni, le province autonome e gli enti locali si prevede che l'attuazione delle medesime disposizioni avvenga nel rispetto dei principi e dei vincoli ivi previsti e tenuto conto dei criteri stabiliti da un diverso Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal comma 5.
  Con una disposizione aggiunta nel corso dell'esame al Senato viene previsto che nell'apposito Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, destinato a stabilizzare il personale precario degli Enti del Servizio sanitario nazionale siano contenute anche specifiche disposizioni per il personale dedicato alla ricerca in sanità e finalizzate anche ad individuare, quali requisiti per l'accesso ai concorsi, i titoli di studio post laurea e di lauree possedute dal personale precario.
  È comunque fatta salva la previsione contenuta nell'articolo 10, c. 4-ter, del decreto legislativo n. 368/2001 (recante la disciplina del lavoro a tempo determinato) che esclude i contratti a tempo determinato del personale sanitario del SSN, compresi quelli dei dirigenti, in considerazione della necessità di garantire la costante erogazione dei servizi sanitari e il rispetto dei livelli essenziali di assistenza, dall'applicazione delle disposizioni del medesimo decreto legislativo dirette a porre una serie di limiti alla stipulazione dei contratti a tempo determinato.Pag. 167
  Il comma 10-bis, visti i vincoli di bilancio e assunzionali e considerata l'autonomia organizzativa dell'INPS, dispone la trasformazione in liste speciali ad esaurimento delle liste speciali istituite presso lo stesso Istituto per l'effettuazione delle visite mediche di controllo dei lavoratori. Stabilisce altresì che sono confermati nelle suddette liste i medici ivi inseriti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame e già iscritti alla data del 31 dicembre 2007.
  Il comma in oggetto attua pertanto quanto disposto dal decreto ministeriale dell'8 maggio 2008 che ha cristallizzato la consistenza numerica dei sanitari inseriti nella lista alla data del 31.12.2007 in attesa della modifica del quadro normativo.
  Rileva, poi, che il comma 11 esclude dall'applicazione della normativa che limita il ricorso ai contratti a tempo determinato (come già previsto per le supplenze del personale docente e ATA del comparto delle scuole statali) anche i contratti a tempo determinato relativi al personale degli asili nido e delle scuole dell'infanzia degli enti locali, nel rispetto però del patto di stabilità e dei vincoli relativi alla spesa degli enti locali per il personale nonché del regime delle assunzioni.
  Il comma 12 – tramite specifica novella all'articolo 114, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 267 del 2000 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) – esclude le aziende speciali e le istituzioni che gestiscono servizi scolastici e per l'infanzia dall'applicazione del patto di stabilità interno e da altre misure di riduzione della spesa, previste dal medesimo comma 5-bis (limitazioni alle assunzioni di personale; contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenza anche degli amministratori; obblighi e limiti alla partecipazione societaria degli enti locali).
  Ricorda che sono già escluse dall'applicazione delle disposizioni del comma 5-bis le aziende speciali e le istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, culturali e farmacie.
  La novella riduce, dunque, la platea del complesso delle istituzioni assoggettate al Patto di stabilità interno, escludendo le aziende speciali e gli enti che gestiscono servizi scolastici e per l'infanzia, confermando, invece, l'assoggettamento al Patto di stabilità interno delle società in house, delle aziende speciali e delle restanti istituzioni che non gestiscono i predetti servizi.
  Segnala, quindi, l'articolo 4-bis, che riguarda le IPAB e le aziende pubbliche di servizi. La norma, inserita nel corso dell'esame al Senato, prevede che, per finalità di razionalizzazione delle attività delle amministrazioni pubbliche nel processo di revisione della spesa pubblica, le Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza e le Aziende pubbliche di servizi alla persona di cui al decreto legislativo n. 207/2001, siano sottoposte alla medesima disciplina prevista per gli Enti del Servizio sanitario Nazionale o per le Aziende Speciali dei comuni che operino nel settore dei servizi socio-sanitari, assistenziali, culturali ed educativi.
  Osserva che la disposizione in commento non chiarisce quali siano le norme effettivamente applicabili alle IPAB nel caso in esame. Andrebbe quindi inserito il riferimento esatto alle disposizioni normative che si intendono richiamare.
  Ricorda, quindi, che il riordino delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB) nel quadro della realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, previsto dalla legge 8 novembre 2000, n. 328 sull'integrazione degli interventi sociali, è stato disciplinato dal decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207, secondo cui la competenza in materia è delle Regioni e le IPAB sono riordinate in aziende pubbliche di servizi o in persone giuridiche private nelle veste di associazioni o fondazioni di diritto privato, senza fini di lucro.
  Richiama infine l'articolo 7, che prevede l'attribuzione al Ministero del lavoro della vigilanza su alcuni Enti, nonché l'emanazione di un regolamento per la ripartizione del finanziamento alle associazioni di promozione sociale. Pag. 168
  Per quanto di competenza della Commissione, segnala che il comma 9-ter, introdotto nel corso dell'esame al Senato, attribuisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali le funzioni di vigilanza sull'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordomuti, di cui alla legge n. 698 del 1950, sull'Unione nazionale mutilati per servizio, di cui alla legge 337 del 1953 – enti attualmente sottoposti alla vigilanza del Ministero dell'interno – e sull'Unione generale invalidi civili, di cui alla legge n. 458 del 1965 – attualmente sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'interno e di quello della salute.
  Il comma 9-quater, anch'esso inserito al Senato, fissa al 30 giugno 2014 il termine per l'adozione del regolamento che, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge 438 del 1998 (Contributo statale a favore delle associazioni nazionali di promozione sociale), deve stabilire i criteri per la ripartizione del finanziamento destinato agli enti e alle associazioni di promozione sociale di cui alla legge n. 476 del 1987, disponendo contestualmente che, nelle more dell'emanazione del regolamento si applicano le disposizioni della citata legge 476 del 1987 e vengono fatti salvi gli atti compiuti nella sua vigenza.
  L'articolo 5 della citata legge 438 del 1998 ha stabilito infatti che entro 18 mesi dall'entrata in vigore della legge medesima si sarebbe dovuto adottare un regolamento per stabilire i criteri per il riparto del finanziamento tra le associazioni di promozione sociale, al quale finanziamento si provvede a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali. I criteri da definire con il suddetto regolamento, mai emanato, avrebbero dovuto e devono rispettare una serie di princìpi relativi tra l'altro alla previsione di requisiti soggettivi delle associazioni tali da garantirne l'effettiva presenza sul territorio nazionale e da assicurare la più ampia partecipazione degli associati e all'assegnazione del finanziamento in base al programma di attività predisposto dalle associazioni ed in relazione alla funzione sociale effettivamente svolta.
  Veniva poi stabilito che a decorrere dalla entrata in vigore del regolamento venissero abrogati gli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 della legge 19 dicembre 1987, n. 476, in materia di requisiti dei beneficiari, presentazione delle domande, Fondo globale, rendiconti e assegnazione dei contributi.
  In conclusione, si riserva di formulare una proposta di parere al termine del dibattito.

  Andrea CECCONI (M5S) esprime il proprio disappunto per la prassi che si è venuta a creare nella presente legislatura, per cui ciascun decreto-legge viene esaminato sostanzialmente dalla Camera alla quale viene presentato il relativo disegno di legge di conversione, mentre l'altra Camera si limita a ratificare l'operato della prima, non avendo tempo a disposizione per apportare eventuali modifiche al testo. In proposito, osserva che il provvedimento in titolo è stato trasmesso dal Senato il 14 ottobre, nella giornata odierna scade il termine per la presentazione degli emendamenti presso le Commissioni di merito, e l'avvio dell'esame in Assemblea è previsto a partire da lunedì 21 ottobre. Rileva, pertanto, come non vi siano i tempi per svolgere un esame serio e approfondito, anche in considerazione delle numerose modifiche apportate nel corso dell’iter presso l'altro ramo del Parlamento al testo del decreto-legge approvato dal Governo.
  Entrando nel merito del provvedimento, con riferimento all'articolo 4-ter, introdotto al Senato, al fine di prevedere che le giornate dedicate dai lavoratori alla donazione di sangue e di emocomponenti vengano computate ai fini del calcolo dell'anzianità contributiva per l'accesso alla pensione anticipata senza penalizzazioni, fa presente che un'analoga disposizione avrebbe dovuto essere prevista in relazione alle giornate utilizzate per finalità di assistenza dai lavoratori per i quali si applica la legge n. 104 del 1992.
  Per quanto riguarda, poi, le disposizioni che incidono direttamente sulle competenze della Commissione affari sociali, rileva che, se in linea di principio è giusto consentire all'Agenzia italiana del farmaco Pag. 169(AIFA) di svolgere i suoi compiti, tuttavia l'articolo 2, comma 13-quater, del decreto-legge, inserito nel corso dell'esame presso il Senato, prevede la facoltà di prorogare i soli contratti stipulati dall'AIFA per l'attribuzione di funzioni dirigenziali e non anche, quindi, per i tecnici e per coloro che svolgono compiti operativi.
  In riferimento, quindi, alla disposizione sulla stabilizzazione dei precari, fa presente che si sarebbe potuta cogliere l'occasione per risolvere la situazione di carenza di organico presente nel settore della sanità, mentre anche per quest'ultimo si prevede che la definitiva assunzione di lavoratori reclutati con contratti a tempo determinato avvenga nel rispetto di tutta una serie di vincoli.
  Richiama, altresì, l'articolo 4-bis del decreto-legge, concernente la disciplina delle IPAB, evidenziando come tale disposizione potrebbe rivelarsi problematica in quanto si tratta di una materia rispetto alla quale diverse regioni hanno già legiferato, per cui prospetta l'ipotesi di conflitti con queste ultime a seguito dell'emanazione di una normativa statale. Ritiene, inoltre, che susciti perplessità l'aver previsto la trasformazione delle IPAB in soggetti di diritto privato.

  Federico GELLI (PD), dopo aver ringraziato il relatore per l'accurato lavoro svolto, richiama le considerazioni svolte dal deputato Cecconi nel suo intervento, precisando che, in realtà, la disposizione di cui all'articolo 4-bis del decreto-legge non intende trasformare le IPAB in soggetti di diritto privato.
  A questo proposito, fa presente che in questa materia sono intervenute diverse leggi regionali che hanno lasciato facoltà di scelta alle ex IPAB, tra il modello pubblico e la personalità giuridica di diritto privato, rilevando che in diversi casi, come ad esempio nella regione Toscana, è stato privilegiato il primo modello.
  Rilevando, quindi, che l'equiparazione delle IPAB agli enti locali ha comportato diversi problemi, sotto il profilo della gestione e dei vincoli che sono tenute e a rispettare, evidenzia che la ratio dell'articolo in questione è il superamento di tali aspetti problematici, attraverso l'equiparazione delle IPAB alle aziende sanitarie locali.

  Donata LENZI (PD), condividendo le considerazioni di carattere generale svolte dal deputato Cecconi, per cui nel nostro ordinamento si sarebbe venuto a instaurare una sorta di «monocameralismo», esprime preoccupazione per i vincoli previsti dal comma 10 dell'articolo 4 in merito alla stabilizzazione dei precari nella sanità, segnalando peraltro che ulteriori vincoli potrebbero essere posti, secondo quanto risulta dalle notizie disponibili, dal disegno di legge di stabilità.
  Stigmatizza, quindi, il succedersi degli interventi normativi in questa materia, a distanza di pochi mesi l'uno dall'altro, ciò che crea confusione per quanto riguarda l'identificazione delle disposizioni vigenti, oltre a impedire qualsiasi forma di programmazione. Ritiene che tale situazioni sia particolarmente problematica per le regioni sottoposte a piani di rientro.
  Pone, inoltre, la questione relativa all'applicabilità del comma 1 dello stesso articolo 4 alla sanità, evidenziando come ciò sarebbe molto pericoloso, in quanto tale disposizione prevede vincoli forti per quanto riguarda le assunzioni a tempo determinato.

  Raffaele CALABRÒ (PdL), con riferimento alle disposizione di cui all'articolo 4, comma 10, secondo periodo, si domanda cosa si intende esattamente con l'espressione, «tenuto conto dei vincoli assunzionali previsti dalla normativa vigente». In proposito, ritiene importante chiarire che tale espressione non può essere intesa nel senso di estromettere coloro che lavorano da molti anni in determinate strutture, maturando esperienza e competenze specifiche, pur non avendo partecipato, ai tempi della stipula del primo contratto, a procedure di tipo concorsuale.
  Rileva, inoltre, che la più volte richiamata disposizione di cui al comma 10 dell'articolo 4 fa riferimento a diverse Pag. 170figure professionali, senza però prendere in considerazione i sumaisti, coloro che operano presso il Servizio sanitario nazionale in forza di una convenzione, senza essere dipendenti.
  Ricordando che nel 1997 era stata approvata una norma che consentiva ai sumaisti di scegliere se chiedere la stabilizzazione nell'alveo del Servizio sanitario nazionale, fa presente che sarebbe opportuno inserire analoga facoltà di scelta nel decreto-legge in oggetto.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.10.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 16 ottobre 2013. — Presidenza del presidente Pierpaolo VARGIU.

  La seduta comincia alle 15.10.

Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario.
C. 259 Fucci, C. 262 Fucci e C. 1324 Calabrò.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame delle proposte di legge in titolo.

  Pierpaolo VARGIU, presidente e relatore, avverte che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata anche attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
  Non essendovi obiezioni, rimane così stabilito.
  Illustrando, quindi, le tre proposte di legge di cui la XII Commissione avvia l'esame nella seduta odierna – alle quali se ne aggiungerà un'altra, di cui egli stesso è il presentatore, non ancora assegnata alla Commissione –, ricorda che, pur recando contenuti differenti l'una dall'altra, sono ugualmente volte a disciplinare la materia della responsabilità professionale del personale sanitario.
  Rileva che, come è noto, il tema del rischio sanitario ha assunto negli anni un peso crescente.
  Questo è avvenuto sicuramente nella percezione del cittadino, che cresce in informazione sulla appropriatezza delle attività mediche, ma anche nella consapevolezza di poter scegliere la sede terapeutica dove praticare l'accertamento diagnostico o il trattamento terapeutico di elezione, con riduzione dell'asimmetria tra medico e paziente che caratterizzava anticamente tale rapporto.
  In tale contesto, ritiene che assuma particolare rilevanza la tematica del «consenso informato» e, più in generale, quella del diritto all'informazione da parte del paziente.
  Il «consenso informato», che trova fondamento negli articoli 2, 13 e 32, secondo comma, della Costituzione ed è altresì oggetto di disciplina da parte della Costituzione Europea, rappresenta la sintesi del rapporto fiduciario tra medico e paziente, ed è alla base del diritto all'autodeterminazione del paziente stesso.
  Ricorda che in Italia, esso costituisce attualmente la base, anche giuridica, dei rapporti tra il medico e il cittadino percettore di prestazione sanitaria. Ma il tema del rischio sanitario cresce anche nel vissuto professionale dell'operatore sanitario, che ha visto spostarsi l'onere della prova nel caso di insorgenza di contenzioso sulla bontà della prestazione professionale e vede significativamente aumentare la possibilità di essere chiamato in causa per errore sanitario.
  A tal proposito, ritiene che si tenga anche dare conto del progressivo superamento della distinzione tra «obbligazione di mezzi» ed «obbligazione di risultato» che la pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte, sentenza 11 gennaio 2008, n. 577 definisce «(...) dogmaticamente superata, dal momento che in ogni obbligazione si richiede la compresenza sia del comportamento del debitore che del risultato, anche se in proporzione variabile».Pag. 171
  Da questa evoluzione delle sensibilità deriva una sostanziale modifica delle garanzie del sistema, un tempo tutte tese a tutelare l'indipendenza e l'insindacabilità dell'atto medico, oggi assai più rivolte a garantire i diritti del paziente.
  Senza arrivare ancora a situazioni estreme di conflittualità di tipo «americano», è tuttavia indubbio che, negli ultimi decenni, il sistema sanitario italiano ha registrato una forte crescita del contenzioso tra medico e paziente, con conseguenti problemi complessivi di tenuta e sostenibilità che hanno costretto a coniare il termine di «medicina difensiva», che ricomprende l'insieme degli atti sanitari, per lo più inutili per la salute del paziente, che il medico (o altro operatore) richiede e pone in essere, consapevolmente o inconsapevolmente, al solo scopo di tutelarsi in un eventuale procedimento legale per colpa professionale (c.d. «medicina difensiva attiva»). Nell'ambito della medicina difensiva, va inoltre ricompreso anche l'atteggiamento del sanitario volto a evitare alcuni pazienti o procedure diagnostiche o terapeutiche utili al malato, ma considerate ad alto rischio (c.d. «medicina difensiva passiva»).
  È del tutto intuitivo come, in tali condizioni, la «medicina difensiva» rischi di diventare una fonte di spesa inappropriata per il Servizio sanitario nazionale, in grado di assorbire una immensa quantità di risorse economiche che, di fatto, vengono sottratte alla «buona medicina».
  Fa presente, inoltre, come nella cultura comune, che genera spesso il contenzioso, la malpractice sanitaria è spesso sinonimo di «malasanità». Va così a sovrapporsi il profilo della colpa professionale sanitaria con quello, spesso coesistente, ma assolutamente autonomo, del cattivo funzionamento delle strutture sanitarie, oggi reso ancora più attuale da un'organizzazione complessiva del sistema che non riesce a stare dietro alle esigenze di innovazione e modernizzazione.
  La contrazione sempre più marcata delle risorse economiche di sistema che consentano di far fronte alle complessive necessità di innovazione tecnologica, unita alla carente cultura di Health Technologic Assessment propria del nostro Paese, comporta che spesso il paziente non sia valutato nelle strutture più adeguate alla patologia di cui è portatore e che la giurisprudenza, negli anni, abbia creato uno specifico profilo di responsabilità correlato all'inadeguatezza dell'offerta sanitaria, che può incombere anche sul professionista sanitario, sul quale ricade l'obbligo di controllo dell'adeguatezza delle dotazioni e della struttura sanitaria.
  L'esito finale di questa «nuova» condizione di sistema è il progressivo aumento del contenzioso tra personale sanitario e paziente, che non appare, al momento, sempre giustificato, al punto che in sede penale, con notevole frequenza, non si arriva neppure al rinvio a giudizio, mentre in sede civile, la soccombenza del personale sanitario per malpractice risulta modesta. Tale elevata percentuale di riconoscimento di assenza di colpa sanitaria è peraltro accompagnata da lunghi ed estenuanti procedimenti, che vengono sempre vissuti in modo drammatico sia dal professionista coinvolto, che dal paziente e dai suoi familiari.
  L'esponenziale incremento del contenzioso, unitamente alla difficoltà di reperire dati attendibili in merito alla sinistrosità, ha avuto come effetto conseguente prima l'aumento dei premi assicurativi da parte delle compagnie di assicurazione che si sono cimentate nel settore e, successivamente, il sostanziale abbandono del campo da parte delle più importanti Compagnie italiane, che hanno ritenuto difficilmente stimabile ovvero troppo alto il rischio assicurativo.
  Osserva che il settore è stato dunque progressivamente affidato al presidio di compagnie assicuratrici extranazionali, che oggi coprono quasi l'80 per cento del mercato complessivo, creando ulteriori problemi di sostenibilità del sistema legati anche ai lunghi tempi di prescrizione dell'eventuale azione legale di rivalsa sull'errore medico. Essendo la responsabilità del medico qualificata, dalla giurisprudenza prevalente, come una forma di responsabilità contrattuale, si applica la Pag. 172prescrizione decennale, con decorso dal momento in cui il paziente è venuto a conoscenza del presunto pregiudizio subito.
  La difficoltà del mercato assicurativo ha indotto alcune regioni italiane (il Piemonte è stato all'avanguardia sotto questo profilo) a sperimentare «sistemi auto assicurativi», con accantonamento di fondi economici destinati a coprire il contenzioso.
  Ritiene, inoltre, che vada tenuto conto che tale regime, unito alla già scarsa possibilità di accesso da parte delle compagnie di assicurazione a statistiche di sinistri reali e complete, potrebbe generare un processo di non ritorno, con tutte le conseguenti difficoltà di riallocazione del rischio in capo al sistema assicurativo, qualora le forme di sperimentazione «auto assicurativa» non dovessero dare risultati soddisfacenti.
  Ricorda, quindi, che un primo tentativo di disciplinare questo complesso settore è stato effettuato attraverso l'articolo 3 del decreto-legge n. 158 del 2012 (cosiddetto decreto Balduzzi), convertito dalla legge n. 189 del 2012, che al comma 1 esclude la responsabilità penale per i casi di colpa lieve, a condizione che, nello svolgimento dell'attività, l'esercente la professione sanitaria si sia attenuto a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica. Il medesimo comma fa salva, invece, la responsabilità civile, che viene dalla norma in esame ricondotta nell'ambito della responsabilità extracontrattuale. Si prevede, tuttavia, che nella determinazione della misura del risarcimento del danno il giudice tenga debitamente conto dell'eventuale conformità dell'operato alle linee guida e buone pratiche summenzionate.
  Con riferimento alla citata norma, fa presente che, come già rilevato, nel nostro ordinamento la responsabilità dell'esercente una professione sanitaria che operi come lavoratore dipendente o come collaboratore di una struttura sanitaria viene ricondotta prevalentemente dalla giurisprudenza alla responsabilità contrattuale, come attestano anche le prime pronunce giurisprudenziali successive al decreto Balduzzi, dalle quali deriva l'applicazione del regime proprio di questo tipo di responsabilità per quanto riguarda sia il riparto dell'onere probatorio sia i termini di prescrizione dell'azione giudiziaria (per approfondimenti su questo, come su altri punti, rinvio all'ampia documentazione predisposta dal Servizio Studi della Camera dei deputati).
  Il citato articolo 3 del decreto-legge Balduzzi, al comma 2 ha previsto anche l'adozione, entro il 30 giugno 2013, di un provvedimento regolamentare allo scopo di agevolare l'accesso alle polizze assicurative da parte degli esercenti le professioni sanitarie, anche in attuazione dell'articolo 3, comma 5, lettera e), del decreto-legge n. 138 del 2011, che statuisce il principio dell'obbligo del professionista di stipulare, a tutela del cliente, idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale, sulla base di alcuni princìpi e criteri direttivi. Il citato provvedimento non è stato ad oggi ancora adottato.
  Viene, quindi, demandata a un regolamento governativo la disciplina delle procedure e dei requisiti minimi e uniformi per l'idoneità dei relativi contratti di assicurazione, nel rispetto di determinati criteri.
  Vengono, inoltre, dettate disposizioni sul risarcimento del danno biologico conseguente all'attività dell'esercente della professione sanitaria e prescritto l'aggiornamento almeno quinquennale degli albi dei consulenti tecnici del giudice.
  Evidenzia, dunque, che in questo quadro normativo, che non può evidentemente ritenersi esaustivo sotto il profilo della risoluzione delle problematiche connesse alla materia in oggetto, si inseriscono le proposte di legge all'esame della Commissione.
  Entrando nel merito, rileva che la proposta di legge n. 259, di iniziativa del deputato Fucci, al fine di riportare a dimensioni fisiologiche il fenomeno del contenzioso giudiziario relativo alle prestazioni professionali dei medici, reca una delega al Governo per avviare una serie di Pag. 173interventi concernenti: l'obbligo della copertura assicurativa per ogni struttura che esercita attività chirurgica; l'identificazione di soglie di punibilità per la rilevanza penale; l'introduzione obbligatoria di un sistema di valutazione del rischio clinico; l'introduzione di forme di conciliazione obbligatoria, nonché la previsione della possibilità di avviare un'azione diretta per il risarcimento dei danni nei confronti dell'assicuratore.
  Per quanto concerne, poi, la proposta di legge n. 262, di iniziativa dello stesso deputato Fucci, essa si compone di cinque articoli. In particolare, l'articolo 1 individua le finalità del provvedimento, diretto al riconoscimento della particolare delicatezza e natura delle professione medica, a limitare il ricorso alla medicina difensiva, a garantire il diritto dei pazienti a ricevere le migliore cure possibili, nonché un adeguato risarcimento per gli eventuali danni subiti per dolo da parte del medico (comma 1).
  Rileva che tale disposizione, oltre ad affermare princìpi in parte già vigenti nell'ordinamento giuridico, include tra questi la limitazione di un eventuale risarcimento dei danni subiti dai pazienti ai soli casi di dolo da parte del medico, diversamente quindi da quanto prevede la disciplina della responsabilità dell'esercente una professione sanitaria attualmente in vigore, illustrata in precedenza.
  Il comma 2 del medesimo articolo 1 definisce di natura contrattuale il rapporto tra medico e paziente – in linea di continuità con quanto ribadito dalle pronunce giurisprudenziali – prevedendo che prima del ricovero venga stipulato tra le due parti un contratto che espressamente non comporti per il medico l'obbligo di guarire il paziente bensì quello di prestargli le cure appropriate e necessarie secondo le conoscenza scientifiche acquisite.
  L'articolo 2 introduce l'obbligo, per tutte le strutture sanitarie, pubbliche o private, di stipulare una copertura assicurativa per responsabilità civile a vantaggio sia del personale medico che di quello sanitario e infermieristico. Ciò comporta il principio secondo cui la responsabilità civile per eventuali danni subìti a causa di imperizia da parte del personale sanitario sia posta a carico delle strutture in cui è avvenuto l'intervento medico. Di conseguenza, colui che si ritenga danneggiato da un intervento sanitario e che giudichi tale violazione contraria a quanto stipulato nel predetto contratto tra medico e paziente promuove un'azione diretta per il risarcimento nei confronti dell'assicuratore entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l'assicurazione.
  L'articolo 3 prevede l'obbligatorietà, prima di avviare l'azione civile nei confronti dell'assicuratore, di effettuare un tentativo di conciliazione stragiudiziale affidato ad appositi servizi, indicando anche il criterio di base per la composizione di questi ultimi. Solo ove questo tentativo fallisca si può avviare l'azione civile diretta nei confronti dell'assicuratore.
  L'articolo 4 prevede l'obbligo per le ASL e le strutture ospedaliere di dotarsi di uffici legali in servizio permanente ai quali possa rivolgersi il personale sanitario in presenza di situazioni di emergenza per la salute dei pazienti per ricevere informazioni sulle possibili conseguenze legali derivanti dal loro comportamento.
  A questo proposito, osserva che non appare chiaro il significato dell'espressione «in servizio permanente», riferita agli uffici legali di nuova istituzione. Inoltre, la loro funzione sembrerebbe limitata a quella di una consulenza preventiva in favore del personale sanitario che si trovi a dover affrontare una situazione di emergenza, senza estendersi ad un eventuale supporto successivo nel caso di instaurazione di una causa.
  Fa presente, quindi, che viene data facoltà alle ASL e alle strutture ospedaliere di avviare nei confronti dei propri dipendenti, soltanto nei casi in cui sia accertata una loro responsabilità per dolo, le conseguenti azioni disciplinari e di trattenere dallo stipendio le somme equivalenti all'aumento del costo delle polizze assicurative da essi causato, a meno che non sia accertato che il sanitario ha agito seguendo le indicazioni dell'ufficio legale.Pag. 174
  La norma ora descritta sembra quindi escludere la facoltà delle ASL e delle strutture ospedaliere di esercitare azioni nei confronti dei propri dipendenti per i comportamenti di questi ultimi colposi o gravemente colposi.
  Ritiene, inoltre, che susciti qualche perplessità l'esclusione della suddetta facoltà anche in presenza di un comportamento doloso qualora sia accertato che il sanitario ha agito seguendo le indicazioni dell'ufficio legale.
  L'articolo 5, infine, introduce l'istituzione obbligatoria, presso ogni regione e provincia autonoma, di un ufficio di valutazione del rischio di responsabilità civile del personale sanitario, composto da esperti, il cui fine è quelli di prevenire i contenziosi offrendo alle ASL e agli ospedali indicazioni di natura vincolante sul piano organizzativo. Inoltre, anche per fare chiarezza sulle cifre e sulle dimensioni del fenomeno, questi uffici hanno il compito di raccogliere i dati sul contenzioso in campo sanitario emersi nei territori di competenza, inviando una relazione sia al Ministero della salute sia alle competenti Commissioni parlamentari.
  Rileva, altresì, che l'ultima delle tre proposte di legge citate – quella recante il n. 1324, di iniziativa del deputato Calabrò – che si compone di 15 articoli, è diretta ad introdurre un'organica disciplina del tema della responsabilità professionale del personale sanitario, relativa sia agli aspetti sostanziali – quali quelli dell'imputazione della responsabilità, dell'obbligo della copertura assicurativa e della prescrizione del diritto al risarcimento del danno – sia a quelli procedimentali e tecnici – quali la disciplina dell'obbligatorio tentativo di conciliazione e la previsione di unità di gestione del rischio clinico all'interno delle strutture sanitarie.
  Entrando nel merito del contenuto, fa presente che l'articolo 1 individua le finalità della proposta di legge, oltre a dare una precisa definizione dell'atto medico.
  L'articolo 2 sancisce il principio per cui la responsabilità civile per eventuali risarcimenti è posta a carico della struttura sanitaria, che deve obbligatoriamente essere assicurata. È altresì previsto che in presenza di sentenza passata in giudicato nei confronti del medico che ha agito con dolo o ha commesso colpa grave sono disposte sanzioni e azioni disciplinari.
  Si precisa, inoltre, che la responsabilità attiene a tutte le prestazioni erogate nelle strutture sanitarie pubbliche o private accreditate, con la sola eccezione di quelle totalmente escluse dai livelli essenziali di assistenza di cui al d.p.c.m. 29 novembre 2001, tra le quali si ricordano la chirurgia estetica non conseguente ad incidenti, malattie, malformazioni congenite, le medicine non convenzionali, alcune tipologie di prestazioni di medicina fisica, riabilitativa e ambulatoriale.
  All'articolo 3, è disciplinato l'obbligo per le strutture sanitarie di dotarsi di una polizza assicurativa, condizione per l'accreditamento o per la convenzione di enti o di strutture private e per il finanziamento dell'attività di istituto per le aziende sanitarie del SSN.
  È previsto, inoltre, che le regioni e le province autonome adottino linee guida per l'applicazione dell'obbligo di stipulazione della polizza assicurativa. Anche il limite minimo del massimale garantito è determinato dalle regioni e dalle province autonome.
  Osserva, poi, che gli articoli 4 e 5 disciplinano i contenuti della garanzia assicurativa destinata a coprire la responsabilità civile verso terzi delle strutture sanitarie e dei loro operatori, la responsabilità civile delle medesime verso i loro operatori e quella degli operatori nei confronti delle stesse strutture e dello Stato. È inoltre introdotto il tentativo obbligatorio di conciliazione ed è definita l'azione giudiziaria per il risarcimento del danno.
  Gli articoli 6 e 7 prevedono la possibilità per le regioni e per le province autonome di istituire un apposito fondo di garanzia per la responsabilità civile del personale di tutte le aziende sanitarie locali e ospedaliere ubicate nel territorio di competenza, sostitutivo delle polizze assicurative, nonché un fondo di solidarietà sociale per il risarcimento delle vittime da alea terapeutica. Pag. 175
  L'articolo 8 dispone in termini di prescrizione fissando in cinque anni – decorrenti dal momento della conoscenza del danno – il tempo necessario alla prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da attività sanitaria per la quale vige l'obbligo di assicurazione.
  Viene, quindi, qualificato il concetto di «conoscenza del danno», definendolo come la presa di coscienza consapevole delle conseguenze dannose delle prestazioni sanitarie e del loro consolidamento nella sfera fisica o psichica del paziente. La prescrizione è sospesa per il tempo necessario ad ottenere le informazioni e la documentazione ad esse relativa, nonché per la durata della procedura conciliativa.
  Gli articoli 9 e 10 concernono le procedure per l'istituzione dell'albo dei consulenti tecnici d'ufficio e per la nomina dei consulenti tecnici.
  Gli articoli 11 e 12 introducono la possibilità di avere un'unita di gestione del rischio clinico in grado di valutare costantemente tutte le performance interne professionali. All'unità sono attribuiti sia compiti di prevenzione dei rischi, sia funzioni attinenti alla fase successiva alla determinazione di evento infausto.
  Fa presente, poi, che all'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali è affidato il coordinamento di un Sistema nazionale di monitoraggio e di valutazione della gestione del rischio clinico.
  Osserva, infine, che gli articoli 13, 14 e 15 prevedono norme di rinvio e di coordinamento con i contratti collettivi nazionali e di lavoro e norme transitorie.

   Pierpaolo VARGIU, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.35.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE REFERENTE

Disposizioni in materia di donazione del corpo post mortem a fini di studio e di ricerca scientifica.
Nuovo testo unificato C. 100 Binetti, C. 702 Grassi e C. 1250 Dorina Bianchi.