CAMERA DEI DEPUTATI
Venerdì 6 settembre 2013
76.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e II)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Venerdì 6 settembre 2013. — Presidenza del presidente della I Commissione Francesco Paolo SISTO. – Intervengono il viceministro del lavoro e delle politiche sociali Maria Cecilia Guerra e il sottosegretario di Stato per la giustizia Giuseppe Berretta.

  La seduta comincia alle 9.25.

DL 93/2013: Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province.
C. 1540 Governo.

(Esame e rinvio)

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

  Francesco Paolo SISTO, presidente e relatore per la I Commissione, comunica che, in base a quanto convenuto dagli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione del 27 agosto scorso, la prossima settimana, nelle giornate di martedì 10 e mercoledì 11 settembre, avrà luogo una indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame del decreto-legge in titolo. L'organizzazione dei successivi lavori delle Commissioni sul decreto-legge sarà stabilita nell'ambito di un'altra riunione degli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, che – d'intesa tra i presidenti – sarà convocata per martedì 10, al termine delle audizioni di quella giornata. I lavori saranno in ogni caso organizzati tenendo conto che la Conferenza dei presidenti di gruppo riunitasi ieri ha fissato l'inizio della discussione del provvedimento in Assemblea a venerdì 20 settembre 2013.
  Avverte quindi che i presidenti, in qualità di relatori, si sono accordati nel senso di riferire ciascuno sulle parti di prevalente competenza della propria Commissione.

  Donatella FERRANTI, relatore per la II Commissione, osserva che il provvedimento si compone di 13 articoli. Con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Giustizia segnala, in particolare, gli articoli 1, 2, 3, 7, 8 e 9.Pag. 4
  Il Capo I del decreto-legge, composto dagli articoli da 1 a 5, è dedicato al contrasto e alla prevenzione della violenza di genere.
  In particolare, l'articolo 1 interviene sul codice penale per novellare la disciplina dei maltrattamenti in famiglia, della violenza sessuale e degli atti persecutori, con tre modalità: introdurre nuove aggravanti; prevedere l'irrevocabilità della querela presentata per stalking e il divieto di detenzione di armi in caso di ammonimento del questore per il medesimo reato.
  Analiticamente, il comma 1 interviene sul delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi previsto dall'articolo 572 del codice penale.
  Il decreto-legge ha esteso l'aggravante prevista dal secondo comma, relativa alla commissione del fatto in danno di minore degli anni quattordici: alla commissione del fatto in danno di minorenne, superando il limite dei 14 anni e prevedendo dunque l'aumento di pena fino a un terzo quando vittima dei maltrattamenti è un minore; alla commissione del fatto in presenza di minorenne. La semplice presenza del minore alla commissione del delitto comporta l'applicazione dell'aggravante.
  Il comma 2 interviene sull'articolo 609-ter del codice penale che individua le ipotesi di violenza sessuale aggravata.
  Il decreto-legge ha inserito due ulteriori ipotesi aggravate, che comportano l'applicazione della pena della reclusione da 6 a 12 anni. Si tratta della violenza sessuale nei confronti di donna in stato di gravidanza; della violenza sessuale commessa dal coniuge (anche separato o divorziato) o da persona che sia o sia stata legata alla vittima da una relazione affettiva, anche priva del requisito della convivenza.
  Il comma 3 novella la disciplina del delitto di atti persecutori, introdotto nel codice penale all'articolo 612-bis dal decreto-legge n. 11 del 2009.
  Rispetto all'originario quadro normativo, il decreto-legge interviene su tre diversi aspetti del delitto.
  In primo luogo modifica la disciplina delle aggravanti, novellando il secondo comma dell'articolo 612-bis in modo da prevedere: un aumento di pena quando gli atti persecutori sono commessi dal coniuge – anche separato o divorziato – o da altra persona legata alla vittima da una relazione affettiva (non sono più requisiti necessari per l'applicazione dell'aggravante, la separazione legale o il divorzio). È, inoltre, previsto un aumento di pena quando gli atti persecutori sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
  In secondo luogo, il decreto-legge ha modificato la disciplina della querela, intervenendo sul quarto comma dell'articolo 612-bis codice penale, per disporre che, una volta presentata, la querela è irrevocabile.
  In terzo luogo, il provvedimento interviene sull'articolo 8 del decreto-legge n. 11 del 2009, in tema di ammonimento da parte del questore, per disporre che, in sede di ammonimento, l'autorità di pubblica sicurezza debba adottare anche i conseguenti provvedimenti in tema di armi e munizioni; si ricorda che per il testo previgente, invece, il questore aveva ampia discrezionalità potendo valutare l'esigenza di vietare il porto d'armi.
  L'articolo 2 prevede una serie di interventi di adeguamento del codice di procedura penale alle esigenze di maggior protezione delle vittime di stalking e maltrattamenti in famiglia.
  Il comma 1 detta una prima serie di modifiche volte ad ampliare la gamma delle misure coercitive adottabili a tutela della vittime di tali reati.
  La lettera a) modifica l'articolo 282-bis codice di procedura penale consentendo – anche ove si proceda per lesioni personali (articolo 582 codice penale) e minacce gravi o aggravate (articolo 612, secondo comma, codice penale) in danno dei prossimi congiunti o del convivente – l'adozione del provvedimento di allontanamento dell'imputato dalla casa familiare anche al di fuori dei limiti di pena previsti (reclusione superiore nel massimo a 3 anni).
  La lettera c) modifica l'articolo 380 per permettere – anche per i delitti di maltrattamenti Pag. 5in famiglia (articolo 572 codice penale) e di stalking (articolo 612-bis codice penale) – l'arresto obbligatorio in flagranza al di fuori dei limiti di pena previsti (reclusione non inferiore nel minimo a 5 e nel massimo a 20 anni).
  La lettera d) introduce il nuovo articolo 384-bis, che prevede che la polizia giudiziaria possa provvedere, su autorizzazione del PM, all'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare e al contestuale divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
  Il nuovo istituto: può essere applicato nei confronti di chi è colto in flagranza di uno dei reati previsti dall'articolo 282-bis, comma 6; tra questi, la minaccia grave, la lesione personale e lo stalking da parte del coniuge (ora, non solo separato o divorziato ma anche in costanza di matrimonio); presuppone la sussistenza di fondati motivi di una possibile reiterazione del reato che metta in pericolo grave ed attuale la vita o l'integrità fisica della persona offesa; rinvia, in quanto applicabile, alla disciplina sull'arresto e il fermo di cui agli artt. 385 e seguenti codice di procedura penale.
  Un ulteriore gruppo di disposizioni del codice processuale penale sono modificate dal comma 1 dell'articolo 2 in esame per introdurre obblighi di costante comunicazione a tutela della persona offesa dai reati di stalking e maltrattamenti in ambito familiare (lettere b, g e h).
  Altre misure processuali di favore sono dettate dal comma 1 dell'articolo 2 in relazione ai procedimenti per maltrattamenti in famiglia.
  La lettera e) integra il comma 5-bis dell'articolo 398, relativo a provvedimenti sulla richiesta di incidente probatorio; la nuova norma aggiunge i procedimenti per il reato di cui all'articolo 572 codice penale a quelli per cui, ove fra le persone interessate all'assunzione della prova vi siano minorenni, il giudice – con l'ordinanza di accoglimento della richiesta – se le esigenze di tutela delle persone lo rendono necessario od opportuno, dispone l'incidente probatorio attraverso modalità particolari.
  La lettera f) integra il comma 2-ter dell'articolo 406 stabilendo che, anche per le indagini preliminari per maltrattamenti in famiglia, la proroga del termine di durata massima non possa essere concessa più di una volta (il termine massimo è quindi di 2 anni: 18 mesi ordinari più una possibile proroga di 6 mesi); la novella intende così favorire una celere trattazione di tali procedimenti.
  La lettera i) estende anche al minore vittima di maltrattamenti in famiglia (ovvero alla vittima maggiorenne inferma di mente) le particolari modalità di assunzione della testimonianza previste dall'articolo 4-ter dell'articolo 498; l'esame testimoniale potrà quindi avvenire, su richiesta del minore o del suo difensore, mediante l'uso di un vetro specchio e di un impianto citofonico. Un comma aggiuntivo 4-quater prevede, inoltre, in relazione ai procedimenti per i reati di cui al comma 4-ter dello stesso articolo 498 (che a seguito del decreto-legge comprende anche i maltrattamenti in famiglia) la possibilità che – su richiesta dell'interessato o del suo difensore – anche l'assunzione della testimonianza di vittime maggiorenni, se particolarmente vulnerabili, avvenga con modalità protette.
  Il comma 2 interviene sulle norme di attuazione del codice di procedura penale aggiungendo una lettera a-bis) al comma 1 dell'articolo 132-bis che assicura priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi anche ai reati di maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne e violenza sessuale di gruppo.
  Il comma 3 integra la formulazione del comma 4-ter dell'articolo 76 del TU spese di giustizia (decreto del Presidente della Repubblica 115 del 2002) prevedendo l'ammissione al gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito delle vittime dei reati di stalking, maltrattamenti in famiglia e mutilazioni genitali femminili.
  Il comma 4 infine reca una disposizione transitoria che precisa come la novella all'articolo 380 codice di procedura penale sull'arresto obbligatorio in flagranza Pag. 6(per stalking e maltrattamenti in famiglia) in deroga ai limiti di pena entra in vigore a partire dalla data di vigenza della legge di conversione del decreto-legge in esame.
  L'articolo 3 introduce misure di prevenzione per condotte di violenza domestica.
  Secondo quanto si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, l'articolo si inquadra nell'ambito delle iniziative, preannunciate dal Governo, per garantire la completa attuazione della Convenzione di Istanbul e si propone di rafforzare gli strumenti di prevenzione anche operativa delle vessazioni perpetrate nell'ambito del nucleo familiare o di relazioni affettive.
  Il comma 1 dell'articolo 3 introduce una misura di prevenzione per condotte di violenza domestica, ispirata allo schema già adottato dal legislatore con riguardo al reato di stalking (articolo 8 del dl 11/2009).
  Si prevede infatti che, nei casi in cui alle forze dell'ordine sia segnalato un fatto che debba ritenersi riconducibile al reato di cui all'articolo 582, secondo comma, codice penale (lesioni personali punibili a querela della persona offesa), consumato o tentato, nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, può procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, all'ammonimento dell'autore del fatto.
  Quanto alla definizione di «violenza domestica» l'articolo in esame, ispirandosi alla definizione contenuta nella Convenzione di Istanbul, stabilisce che tale forma di violenza è riferibile «a tutti gli atti, non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica od economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o persone legate da relazione affettiva in corso o pregressa, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima».
  Il comma 2 prevede l'applicabilità, in quanto compatibili, delle disposizioni dell'articolo 8, commi 1 e 2, del dl 11/2009. La clausola di compatibilità richiede quindi all'interprete di individuare quali siano le disposizioni dell'articolo 8, commi 1 e 2, sull'ammonimento relativo allo stalking, che non contrastano con la nuova disciplina dell'ammonimento per condotte di violenza domestica.
  Il medesimo comma stabilisce anche che il questore possa richiedere al prefetto del luogo di residenza del destinatario dell'ammonimento l'applicazione della misura della sospensione della patente di guida per un periodo da uno a tre mesi.
  Il comma 3 prevede che il Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza, elabora annualmente un'analisi criminologica della violenza di genere che costituisce un'autonoma sezione della relazione annuale al Parlamento del Ministro dell'interno sull'attività delle forze di polizia e sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica nel territorio nazionale.
  L'articolo 7 reca una serie di disposizioni in materia di sicurezza dei cittadini.
  Il comma 1, intervenendo sul comma 1-quinquies dell'articolo 8 della legge 401 del 1989, proroga al 30 giugno 2016 l'efficacia della disciplina sull'arresto in flagranza differita e sull'applicazione delle misure coercitive nei confronti degli imputati di reati commessi in occasione di manifestazioni sportive. Si ricorda che la predetta disciplina non è mai stata inserita a regime nell'ordinamento e, ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 187/2010, era efficace fino al 13 giugno 2013.
  Il comma 2 dell'articolo 7 interviene sull'articolo 628, terzo comma, del codice penale introducendo nuove aggravanti speciali del delitto di rapina nei casi di cosiddetta minorata difesa.
  Ferma restando l'attuale sanzione edittale per il reato-base costituisce rapina aggravata punita con la reclusione da 4 anni e 6 mesi a 20 anni e con la multa da 1.032 a 3.098 euro anche il reato commesso in luoghi tali da ostacolare la pubblica e privata difesa e il reato commesso in danno di persona maggiore di 65 anni.
  Va rilevato che entrambe le ipotesi sono attualmente riconducibili ad aggravanti Pag. 7comuni previste dall'articolo 61 codice penale (n. 5). Lo scopo dell'intervento in esame, come osserva la relazione al provvedimento, è quello di tipizzare tali aggravanti, la cui specialità ne rende obbligatoria l'applicazione nelle rapine commesse in danno dei soggetti più vulnerabili.
  Il comma 3 novella il comma 74 dell'articolo 24 del decreto-legge 78/2009 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini) permettendo così di destinare le forze armate impegnate nel controllo del territorio (1.250 unità) anche a compiti diversi da quello di perlustrazione e pattuglia.
  Il comma 4 dell'articolo 7 aggiunge un comma all'articolo 682 codice penale relativo al reato di ingresso arbitrario in luoghi ove l'accesso è vietato nell'interesse militare dello Stato.
  L'articolo 8 interviene sul codice penale e sul codice di procedura penale per inasprire la repressione del reato di furto di materiali da impianti e infrastrutture destinate all'erogazione di servizi pubblici.
  La lettera a) del comma 1 modifica l'articolo 625 codice penale, relativo alle circostanze che aggravano il delitto di furto, prevedendo la pena della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro 103 a euro 1.032 se il furto è commesso «su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica». Quando dunque il furto attenga a beni infrastrutturali di questo tipo non si applica più la pena base dell'articolo 624 codice penale – reclusione da sei mesi a tre anni e multa da euro 154 a euro 516 – bensì la pena aggravata.
  La lettera b) del comma 1 modifica l'articolo 648 codice penale, relativo al delitto di ricettazione.
  Il decreto-legge prevede ipotesi aggravate del delitto di ricettazione se il fatto riguarda denaro o cose provenienti da: fattispecie aggravate del delitto di rapina (articolo 628, terzo comma, codice penale); fattispecie aggravate del delitto di estorsione (articolo 629, secondo comma, codice penale); fattispecie aggravata del delitto di furto, per l'aver sottratto componenti metalliche o altro materiale ad infrastrutture destinate all'erogazione di servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica (articolo 625, primo comma, n. 7-bis). In tutti questi casi il giudice potrà applicare un aumento di pena fino ad un terzo della pena base.
  Il comma 2 novella l'articolo 380 del codice di procedura penale, relativo all'arresto obbligatorio in flagranza, per coordinarne le previsioni con le modifiche apportate al codice penale dal comma 1. Conseguentemente, tanto per l'ipotesi di furto aggravato di materiali provenienti da infrastrutture destinate all'erogazione di servizi pubblici (articolo 625, primo comma, lettera 7-bis), quanto per le ipotesi di ricettazione aggravata di cui all'articolo 648, primo comma, ultimo periodo, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria potranno procedere all'arresto di chiunque sia colto in flagranza di delitto.
  L'articolo 9 detta una serie di disposizioni volte a contrastare il cosiddetto furto di identità (occultamento totale o parziale della propria identità mediante l'utilizzo indebito di dati relativi all'identità e al reddito di un altro soggetto).
  In particolare, il comma 1 novella la fattispecie di frode informatica, prevista dall'articolo 640-ter codice penale, introducendovi una aggravante per il fatto commesso con sostituzione dell'identità digitale in danno di uno o più soggetti. Il decreto-legge non istituisce dunque un'autonoma fattispecie penale relativa al c.d. furto dell'identità digitale, ma prevede che la sostituzione di tale identità possa rappresentare un'aggravante del delitto di frode informatica.
  Il comma 2 novella il decreto legislativo n. 231 del 2001, in tema di responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato.
  In particolare, il decreto-legge interviene sull'articolo 24-bis del decreto legislativo, relativo a Delitti informatici e trattamento Pag. 8illecito di dati, per aggiungere al catalogo dei delitti ivi previsti tre ulteriori tipologie di reati, che determinano l'applicazione all'ente della sanzione pecuniaria da 100 a 500 quote. Si tratta della frode informatica aggravata dalla sostituzione dell'identità digitale; dell'indebita utilizzazione di carte di credito (articolo 55, comma 9, del decreto legislativo n. 231/2007); dei delitti previsti dal Codice della privacy.
  Conclusa la disamina delle disposizioni del decreto-legge che rientrano negli ambiti di competenza della Commissione Giustizia, con riferimento a questi ultimi ritiene necessario consegnare sin d'ora ai colleghi alcuni spunti di riflessione, che potranno essere valutati e approfonditi nel corso dell'esame del provvedimento, che propone un insieme di strumenti di prevenzione e repressione della violenza di genere soprattutto nella sua ambientazione domestica. Un decreto senz'altro opportuno, ma anche, a suo avviso, migliorabile in alcune sue parti.
  Ricorda che il decreto-legge incide su una materia molto delicata, che deve tenere conto della normativa internazionale e, in particolare, della direttiva 2012/29/UE relativa alle «norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato» e della Convenzione di Istanbul sulla «prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica», di recente ratificata anche dall'Italia (legge n. 77 del 27 giugno 2013). La Convenzione non è ancora in vigore, non essendo stata ratificata da un numero sufficiente di Stati, tuttavia la sua funzione di indirizzo è innegabile ed il decreto legge in esame ne costituisce in qualche modo una forma di adeguamento anticipato.
  Il decreto ha sicuramente un approccio culturale che sembra avvicinarsi a quello degli altri Paesi europei riguardo alla violenza domestica, anche se appare ancora troppo concentrato sulla considerazione del fenomeno come problema di sicurezza pubblica, mentre occorrerebbe, a suo avviso, lavorare maggiormente al fine di realizzare un'attività coordinata tra forze di polizia, magistrati inquirenti e giudicanti e servizi di aiuto e supporto alle vittime.
  Entrando nel dettaglio, quanto alle modifiche introdotte sul piano del diritto sostanziale, ritiene significativa l'emersione della rilevanza della «relazione affettiva» a prescindere dalla convivenza o dal vincolo matrimoniale attuale o pregresso.
  In sostanza, la relazione affettiva assurge a dato rilevante per l'applicazione di aggravanti (articolo 609-ter, comma 5-quater, codice penale) o di misure di prevenzione (ammonimento) e, dunque, l'ordinamento si muove verso la considerazione della relazione interpersonale affettivamente connotata come base fattuale che ha in sé la potenzialità di favorire la disinibizione verso azioni violente.
  Ritiene che tale valorizzazione della «relazione» come base fattuale per la risposta preventiva e repressiva fosse ineludibile e non rinviabile.
  Segnala, inoltre, l'introduzione dell'aggravante per il reato di atti persecutori commesso dal coniuge, a prescindere dal fatto che lo stesso sia legalmente separato o divorziato. Tale intervento estende l'area di applicabilità del reato previsto dall'articolo 612-bis anche a condotte persecutorie poste in essere da un coniuge non legalmente separato o divorziato.
  Rilevante appare anche la modifica dell'aggravante dell'articolo 572 codice penale nella parte in cui dà rilievo alla violenza «assistita». Si tratta di una modifica che allinea la lettera della fattispecie alla più avanzata giurisprudenza della Corte di legittimità e che valorizza il disvalore di una condotta che, diretta nei confronti del componente adulto della famiglia, viene consapevolmente posta in essere in presenza dei minori e dà attuazione alla specifica indicazione contenuta nell'articolo 46 lettera D) della Convenzione di Istanbul.
  Segnala che analoga aggravante non è stata prevista con riguardo al reato di atti persecutori, che presenta natura abituale al pari del reato di cui all'articolo 572 e la cui consumazione può comportare spesso Pag. 9l'obbligo per i minori ad assistere a comportamenti pericolosi per il loro corretto sviluppo psicologico.
  Quanto all'irrevocabilità della querela proposta in relazione al reato di atti persecutori, osserva che questa dovrebbe, da un lato, scoraggiare querele strumentali (magari finalizzate alla accelerazione di contenziosi di fronte alle giurisdizioni civili e minorili) e, dall'altro, recidere, opportunamente, ogni forma di dipendenza del procedimento dalla volontà della vittima. Si registra, infatti, con frequenza che la persona offesa, una volta uscita dalla fase acuta di oppressione che la spinge alla denuncia, attivi meccanismi di giustificazione e rimetta la querela. Non è raro, inoltre, che la querela venga rimessa proprio sulla base della coercizione dell'accusato, nel frattempo in stato di custodia cautelare. Queste considerazioni, unitamente alla la natura di «reato-sentinella» del delitto di atti persecutori, devono indurre ad evitare di collegare il procedimento alla volontà dell'offeso, come peraltro ribadito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo che, proprio con riferimento alla violenza di genere, ha invitato a «sganciare» la procedibilità dalla volontà della vittima al fine di garantire la «stabilità» della querela.
  Il provvedimento in esame introduce anche diverse modifiche procedurali, già diffusamente illustrate.
  Intende, tuttavia, soffermarsi nuovamente su alcune di esse e, in primo luogo, sulla misura dell'allontanamento dalla casa familiare, ritenendo particolarmente significativa l'introduzione della possibilità di applicarla al di sotto dei limiti edittali previsti dall'articolo 280 codice di procedura penale (come modificato dal cosiddetto decreto «svuota-carceri») anche per il reato di lesioni. Le lesioni, infatti, sono anch'esse un reato-sentinella delle crisi relazionali e la possibilità di applicare la misura in questione segnala l'intenzione, condivisibile, del legislatore di introdurre la possibilità di agire in cautela anche in relazione a fatti indicativi di decadimento del rapporto che non abbiano la caratteristica dell'abitualità.
  Quanto agli obblighi di costante comunicazione a tutela della persona offesa dai reati di stalking e maltrattamenti in ambito familiare di cui all'articolo 2, comma 1, l'intervento normativo appare forse eccessivamente limitato, poiché prevede l'introduzione di obblighi di comunicazione in relazione solo ad alcune misure cautelari e solo alle vicende procedimentali di alcuni reati. Non si ravvisa, di contro, nessun tentativo di un più ampio riconoscimento del diritto dell'offeso alla comunicazione dei dati procedimentali rilevanti per i suoi interessi, in coerenza con le indicazioni della Direttiva 2012/29/UE recante «norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato».
  Con specifico riferimento al nuovo obbligo di notifica, a pena di inammissibilità, della richiesta di revoca delle misure previste dagli artt. 282-bis e 282-ter codice di procedura penale, esprime talune perplessità sul fatto che nessun obbligo analogo sia previsto per la richiesta di modifica di misure cautelari più gravi applicate, magari, proprio in relazione ad allarmanti fatti di «violenza domestica». Ritiene, inoltre, che si dovrebbe approfondire se sia effettivamente opportuna l'introduzione di un requisito di ammissibilità, connesso ad una notifica in una materia delicata come quella della gestione delle misure cautelari e, in ogni caso, la sua compatibilità con i tempi dell'incidente cautelare.
  Innovativa, ma non priva di criticità, appare l'introduzione della misura precautelare dell'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare con divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima (nuovo articolo 384-bis).
  Si tratta di una misura facoltativa, a disposizione della P.G., condizionata all'autorizzazione del pubblico ministero, alla esistenza di uno stato di flagranza per i reati indicati dall'articolo 282-bis, comma 6, codice di procedura penale, ed alla valutazione di un pericolo di reiterazione che si configuri (anche) come dannoso per la vita e l'integrità fisica di una specifica persona offesa.Pag. 10
  La norma potrebbe forse essere meglio coordinata con quella che prevede che in caso di flagranza dei delitti previsti dagli artt. 572 e 612-bis codice penale si debba procedere all'arresto obbligatorio. È comunque ragionevole prevedere che la nuova misura possa trovare applicazione essenzialmente nei casi di denuncia per il reato di lesioni, consumato, per lo più (anche se di tale dato di contesto non si fa cenno), all'interno dell'abitazione.
  Quanto agli interventi in materia di prova dichiarativa della vittima vulnerabile, valuta con favore l'allineamento dell'articolo 398, comma 5-bis, all'articolo 392, comma 1-bis, codice di procedura penale, che rende finalmente possibile disporre modalità protette quando si procede all'incidente probatorio anche per il reato di maltrattamenti in famiglia, senza ricorrere a complesse interpretazioni conformi alla normativa sovranazionale.
  Parzialmente in linea con le richieste provenienti dalla normativa sovranazionale appare anche l'intervento di riforma dell'articolo 498 codice di procedura penale, che consente il ricorso a modalità protette nel caso in cui, per alcuni reati, si proceda all'esame dibattimentale della persona offesa maggiorenne che presenti particolari caratteristiche di vulnerabilità. I limiti dell'intervento sembrerebbero, tuttavia, ravvisabili nella carenza di indicazioni circa i parametri per la valutazione della vulnerabilità (si fa solo un generico riferimento al tipo di reato per cui si procede) e nella limitazione della tutela alle persone offese dei reati indicati dal comma 4-ter dell'articolo 498 codice di procedura penale. In realtà, come la prassi insegna, può essere particolarmente vulnerabile anche un soggetto offeso da altri reati: si pensi ai testimoni prossimi congiunti della vittima di un omicidio consumato in ambiente mafioso, alla vittima di una estorsione, o più semplicemente, alla vittima anziana di una violenta rapina in abitazione; o, ancora, alle vittime dello sfruttamento della prostituzione.
  Rileva, inoltre, la mancanza di interventi di adeguamento alla normativa sovranazionale in materia di documentazione degli atti e di imposizione dell'obbligo della videoregistrazione, misura essenziale per garantire la correttezza della formazione (e della successiva valutazione) della prova dichiarativa, in particolare quando vengono raccolte le dichiarazioni di testimoni con caratteristiche di vulnerabilità.
  Rileva, inoltre, come l'intervento sulle misure di prevenzione preveda un'inedita valorizzazione delle lesioni semplici commesse nell'ambito della violenza domestica, ovvero all'interno di relazioni su base affettiva anche indipendentemente dalla coabitazione attuale o pregressa. Le misure consistono nell'ammonimento e, eventualmente, nella sospensione della patente. Due gli aspetti di rilievo: da un lato, la valorizzazione del delitto di lesione (semplice) come reato-sentinella di una crisi relazionale che può precipitare in più gravi reati contro la persona e, dall'altro, la garanzia dell'anonimato a chi segnala la violenza.
  La garanzia dell'anonimato concessa a chi segnala il fatto evidentemente è finalizzata a favorire l'emersione di focolai di violenza domestica occulti. Tuttavia, nel corso del dibattito è opportuno che le Commissioni tengano conto dei pericoli di strumentalizzazione connessi all'introduzione di una simile disciplina. D'altra parte, l'assunzione di responsabilità che consegue alla segnalazione non anonima dovrebbe essere un carico sopportabile in un paese civile.

  Francesco Paolo SISTO, presidente e relatore per la I Commissione, ricorda preliminarmente che, in base all'articolo 77 della Costituzione, il Governo dovrebbe adottare provvedimenti provvisori con forza di legge solo «in casi di straordinari di necessità e urgenza» e, in base alla legge n. 400 del 1988, il contenuto dei decreti dovrebbe essere omogeneo. Osserva che tali caratteristiche non si rinvengono pienamente nel decreto in esame ed auspica che in futuro il Governo sia più aderente agli obblighi costituzionali e di legge.Pag. 11
  Passando quindi all'illustrazione degli articoli del decreto di più stretta competenza della Commissione affari costituzionali, ricorda che l'articolo 4 novella il testo unico in materia di immigrazione introducendovi un nuovo articolo 18-bis che prevede il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari alle vittime straniere di atti di violenza in ambito domestico. La finalità del permesso di soggiorno è consentire alla vittima straniera di sottrarsi alla violenza. In particolare, la nuova disposizione – che ricalca il contenuto dell'articolo 18 del testo unico, relativo al soggiorno per motivi di protezione sociale – prevede il rilascio di un permesso di soggiorno allo straniero in presenza dei determinati presupposti. Devono essere riscontrate violenze domestiche o abusi nei confronti di uno straniero nel corso di operazioni di polizia, indagini o procedimenti penali per uno di una serie di reati elencati o nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali specializzati nell'assistenza delle vittime di violenza. Deve anche emergere che il tentativo di sottrarsi alla violenza ovvero la collaborazione alle indagini preliminari o al procedimento penale espongono l'incolumità della persona offesa straniera ad un concreto ed attuale pericolo. Le disposizioni sul permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica si applicano anche ai cittadini di Stati membri dell'Unione europea e ai loro familiari.
  L'articolo 5 – in attuazione degli impegni presi con la recente ratifica della Convenzione di Istanbul (legge n. 77 del 2013) ed in sinergia con le politiche dell'Unione Europea – prevede da parte del Ministro delegato per le pari opportunità l'adozione di un Piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, che deve perseguire le finalità di prevenzione del fenomeno della violenza sulle donne mediante una pluralità di azioni in diversi ambiti: dalle campagne di pubblica informazione e sensibilizzazione al potenziamento dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza e protezione delle vittime di violenza di genere e di stalking, dalla formazione specializzata degli operatori alla collaborazione tra istituzioni.
  L'articolo 6, comma 1, autorizza il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie ad anticipare, nei limiti delle risorse disponibili e su richiesta del Ministero dell'interno, le quote di contributi comunitari e statali previste per il periodo 2007-2013, al fine di assicurare l'integrale utilizzo delle risorse comunitarie relative al Programma operativo nazionale (PON) «Sicurezza per lo Sviluppo – Obiettivo Convergenza 2007-2013». In particolare il PON Sicurezza per lo sviluppo interessa le regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. La disposizione mira a garantire continuità nel flusso di pagamenti del predetto Programma operativo nazionale (PON), assicurando che i soggetti attuatori dei progetti ricevano tempestivamente le somme loro spettanti sulla base dello stato di attuazione dei progetti stessi, come disposto dall'autorità di gestione del Programma.
  L'articolo 6, commi 2 e 3, prevede che per il 2013 non si applichi la riduzione delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia prevista dall'articolo 9, comma 2-bis, del decreto-legge n. 98 del 2010, in base al quale nel triennio 2011-2013 le risorse per il trattamento accessorio del personale anche dirigenziale delle citate amministrazioni subiscono una riduzione automatica in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio.
  La relazione illustrativa motiva tale deroga con la necessità di far fronte alle esigenze di funzionalità dei comparti interessati, i quali impiegano in misura maggiore rispetto al passato il personale in servizio a causa delle cessazioni dal servizio di personale che non è pienamente reintegrato in applicazione del parziale blocco del turn over.
  Restano ferme per le stesse Forze le altre disposizioni che limitano fino al 2014 la crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale delle pubbliche amministrazioni.Pag. 12
  L'articolo 6, comma 4, interviene in materia di indennità per il personale della polizia stradale impiegato nei servizi autostradali, sostituendo l'attuale limite massimo giornaliero fissato per legge con la piena libertà di contrattazione delle parti in sede convenzionale. Attualmente, infatti, le società concessionarie di autostrade sono impegnate per convenzione a corrispondere a titolo di indennità alcune somme fisse al personale della polizia stradale impiegato nei servizi autostradali.
  L'articolo 6, comma 5, assegna al Ministero dell'interno e al Fondo nazionale di protezione civile le risorse già stanziate dal decreto-legge n. 95 del 2012 per gli interventi connessi all'emergenza umanitaria legata all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa. La relazione illustrativa chiarisce che la norma serve in quanto per disporre tale assegnazione non è più possibile utilizzare le ordinanze di protezione civile, come previsto dal citato decreto-legge n. 95 del 2012, perché l'emergenza è stata dichiarata conclusa.
  L'articolo 10, commi 1 e 2, novellano l'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, in materia di protezione civile, già recentemente modificato con il decreto-legge n. 59 del 2012. L'articolo 5 in questione prevede norme concernenti lo stato di emergenza e il potere di ordinanza ad esso connesso. In particolare, a seguito delle recenti modifiche, la norma prevede che la deliberazione dello stato di emergenza spetti al Consiglio dei ministri su proposta del Presidente del Consiglio o, se delegati, di un Ministro con portafoglio o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Quanto al potere di adottare ordinanze di protezione civile in deroga, nel 2012 la competenza ad attribuire tale potere è stata attribuita al Consiglio dei ministri ed è stata prevista una tipizzazione delle misure che possono essere previste dalle ordinanze. Con le novelle del 2012 è stata prevista anche una durata massima dello stato di emergenza, pari a novanta giorni, prorogabile o rinnovabile di regola una sola volta – previa ulteriore deliberazione del Consiglio dei Ministri – di ulteriori sessanta giorni.
  Il decreto in esame modifica nuovamente l'articolo 5 citato prevedendo che la delibera che dichiara lo stato di emergenza per le fattispecie da fronteggiare con immediatezza e mezzi straordinari (di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge n. 225) deve provvedere anche ad una prima individuazione delle risorse finanziarie necessarie agli interventi da effettuare, autorizzando la spesa nell'ambito dell'apposito stanziamento sul Fondo di protezione civile destinato allo scopo, individuando nell'ambito dello stanziamento complessivo quelle finalizzate agli interventi attuabili in via ordinaria. Se tali risorse si rivelano insufficienti in corso di intervento, possono essere oggetto di ulteriori deliberazioni in base a relazione motivata presentata dal Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri al Presidente del Consiglio dei ministri.
  Il decreto in esame allunga inoltre la durata massima dello stato di emergenza, portandola a centottanta giorni, prorogabili di altri centottanta.
  Viene poi introdotta una differente tipizzazione delle misure che possono essere previste dalle ordinanze di protezione civile in deroga adottate nelle situazioni di emergenza da fronteggiare con immediatezza e mezzi straordinari.
  Infine è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione civile il Fondo per le emergenze nazionali, per la copertura degli oneri derivanti dall'attuazione di interventi necessari nelle situazioni di emergenza da fronteggiare con immediatezza e mezzi straordinari (cioè quelli di cui al citato articolo 2, comma 1, lettera c), della legge n. 225).
  L'articolo 10, comma 3, novella l'articolo 42 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, emanato in materia di trasparenza nelle pubbliche amministrazioni in base alla delega contenuta nella legge 190 del 2012, cosiddetta anticorruzione. In sostanza il decreto-legge in esame attribuisce Pag. 13ai commissari delegati per la protezione civile le funzioni di responsabili per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza.
  L'articolo 10, comma 4, sopprime il nucleo interforze a disposizione del Dipartimento della protezione civile previsto dal decreto-legge n. 245 del 2005 sull'emergenza rifiuti in Campania.
  L'articolo 11 reca disposizioni che riguardano per diversi profili il Corpo nazionale dei vigili del fuoco: da un lato si prevedono risorse finanziarie per garantire la funzionalità del Corpo al verificarsi di emergenze di protezione civile e, dall'altro, interventi in materia di sicurezza sul lavoro per il comparto.
  In particolare viene istituito uno specifico fondo emergenze per le anticipazioni delle immediate e indifferibili esigenze delle spese derivanti dalle attività di soccorso pubblico prestate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco nelle situazioni oggetto di dichiarazioni di stato di emergenza ai sensi della già ricordata legge n. 225 del 1992 sulla protezione civile. In particolare, è previsto l'utilizzo del Fondo per il pagamento delle somme necessarie per il trattamento economico accessorio spettante al personale del Corpo stesso impegnato nelle menzionate emergenze di protezione civile. La dotazione del Fondo – che per il 2013 è pari a 15 milioni di euro – a decorrere dall'anno 2014 sarà determinata annualmente con la legge di bilancio. Lo stanziamento sul 2013 è garantito a valere su una parte delle risorse del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge n. 225 del 2010. Per ripristinare le risorse anticipate, si prevede che le risorse rimborsate a qualsiasi titolo al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per le spese sostenute per emergenze restano acquisite all'erario in misura corrispondente.
  Quanto alla sicurezza sui luoghi di lavoro, il decreto in esame introduce alcune novelle al decreto legislativo n. 81 del 2008. In particolare, l'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n. 81 del 2008 prevede l'adozione di un decreto interministeriale per la definizione delle regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del Sistema informativo per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP). Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalità speciali con cui le Forze di polizia e le Forze armate partecipano al SINP relativamente alle attività operative e addestrative. Il decreto in esame include anche il Corpo nazionale dei vigili del fuoco nella speciale disciplina riservata in materia alle Forze di polizia e alle Forze armate. Ciò in ragione delle specificità e peculiarità del medesimo Corpo nazionale che, in materia, sono del tutto analoghe a quelle di tali forze.
  Inoltre, il decreto prevede che il Corpo possa effettuare in proprio sia le verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro oggetto di verifica di cui il Corpo nazionale dispone a titolo di proprietà o di comodato d'uso, sia le attività di formazione e di abilitazione del proprio personale all'utilizzo delle attrezzature di lavoro, che comprendono quelle per il soccorso pubblico.
  L'articolo 12, con i commi 1 e 2, dispone la salvezza, rispettivamente, dei provvedimenti di scioglimento delle province e dei conseguenti atti di nomina dei commissari nonché degli atti da questi posti in essere adottati – gli uni e gli altri – in base al comma 20 dell'articolo 23 del decreto-legge n. 201 del 2011 dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale (sentenza n. 220/2013). L'articolo prevedeva il commissariamento sino al 31 marzo 2013 degli organi provinciali che venivano a scadenza dopo l'entrata in vigore del decreto stesso o da rinnovare entro il 31 dicembre 2012.
  Come noto la sentenza citata ha dichiarato l'illegittimità costituzionale non solo del comma 20 dell'articolo 23, ma anche dei commi 4, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20-bis dello stesso articolo nonché degli articoli 17 e 18 del decreto-legge n. 95 del 2012.
  In particolare, l'articolo 23 del decreto-legge n. 201 del 2011 aveva circoscritto le funzioni provinciali di indirizzo e di coordinamento delle attività dei Comuni nelle Pag. 14materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale e aveva limitato gli organi di governo della Provincia al Consiglio provinciale e al Presidente della Provincia, e previsto la loro elezione di secondo grado, rinviando la determinazione delle modalità di elezione di tali organi a legge dello Stato da adottare entro il 31 dicembre 2013. Per le altre funzioni era stato previsto il trasferimento ai comuni salve esigenze di carattere unitario che ne rendano necessaria l'acquisizione alle regioni.
  Il decreto-legge n. 95 del 2012 aveva disposto, con l'articolo 17, un generale riordino territoriale delle province all'esito di un procedimento da condividere con le comunità locali e una ridefinizione delle loro funzioni, con conferimento di ulteriori funzioni oltre a quelle di coordinamento stabilite dal decreto-legge n. 201 del 2011. Il riordino delle province era strettamente collegato all'istituzione delle città metropolitane, prevista dall'articolo 18 del medesimo provvedimento, che avrebbe dovuto comportare la contestuale soppressione delle province nel relativo territorio.
  Nella scorsa legislatura era stato emanato anche un terzo decreto-legge, il n. 188 del 2012, decaduto per mancanza di conversione nel termine, che provvedeva al riordino delle province delle regioni a statuto ordinario sulla base della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012 che ne aveva individuato i requisiti minimi: popolazione di almeno 350 mila abitanti e superficie territoriale non inferiore ai 2.500 chilometri quadrati. Il testo disponeva anche in materia di istituzione e di organi di città metropolitane.
  La sentenza n. 220 del 2013 fonda la pronuncia di illegittimità sulla considerazione che lo strumento del decreto-legge, configurato dall'articolo 77 della Costituzione come «atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza», non è «utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate».
  I commi 3 e 4 dell'articolo in esame incidono sulla disposizione contenuta nella legge di stabilità per il 2013 (l'articolo 1, comma 115, della legge n. 228 del 2012) che aveva congelato fino al 31 dicembre 2013 l'assetto dato all'ordinamento provinciale dai decreti-legge n. 201 del 2011 e n. 95 del 2012.
  La disposizione citata ha previsto la sospensione, fino al 31 dicembre 2013, del trasferimento ai Comuni delle funzioni conferite dalla normativa vigente alle Province, nonché del trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali all'esercizio delle funzioni stesse; la sospensione fino al 31 dicembre 2013 dell'applicazione delle disposizioni in materia di città metropolitane; la proroga al 31 dicembre 2013 del termine entro il quale sono stabilite, con legge dello Stato, le modalità di elezione dei componenti del Consiglio provinciale con previsione di gestioni commissariali fino alla stessa data; l'attribuzione di carattere transitorio all'assegnazione delle funzioni di area vasta alle province, effettuata in via definitiva dal comma 10 dell'articolo 17 del decreto-legge n. 95 del 2012.
  Il differimento degli effetti delle modifiche ordinamentali predisposte era preordinato al fine di consentire la riforma organica delle modalità di elezione della rappresentanza locale e di garantire il conseguimento dei risparmi previsti dal decreto-legge n. 95 del 2012, nonché quelli derivanti dal processo di riorganizzazione dell'Amministrazione periferica dello Stato.
  Il decreto in esame dispone l'ulteriore efficacia di tale disposizione rendendola applicabile oltre il termine del 31 dicembre 2013 e fino al 30 giugno 2014 per le gestioni commissariali già in essere e dal 1o gennaio 2014 al 30 giugno dello stesso anno per le gestioni che dovranno essere disposte per le province che cesseranno per scadenza naturale o per cessazione anticipata.
  Il Governo motiva, nella relazione illustrativa, l'opportunità di conferire nuova legittimazione alle gestioni commissariali in corso, dopo la sentenza della Corte Pag. 15costituzionale, e di protrarla fino al 30 giugno 2014 facendo riferimento alla «ragionevole possibilità che il percorso riformatore venga a compiersi successivamente al 31 dicembre 2013, termine ultimo attualmente indicato dalla legge per la conclusione delle gestioni commissariali provinciali».
  In merito a tale percorso di riforma, si ricorda che il Governo ha presentato alla Camera un disegno di legge costituzionale (C. 1543) che prevede la soppressione delle province e un disegno di legge ordinaria (C. 1542) che reca disposizioni in materia di Città metropolitane, Province, unioni e fusioni di Comuni.
  Il comma 5 dell'articolo 12 sospende l'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012, che prevedono la riduzione delle dotazioni organiche del Ministero dell'interno. Le riduzioni previste dalla norma richiamata si applicheranno dopo il 30 giugno 2014. La ratio della sospensione è quella di collegare i provvedimenti relativi alle dotazioni organiche dell'Amministrazione civile dell'interno a quelli di tipo ordinamentale di riordino delle province, come già stabilito ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012 e dell'articolo 1, comma 115, della legge di stabilità per il 2013.
  Il comma 6 dispone l'invarianza finanziaria di quanto previsto dall'articolo 12.
  Quindi, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 10.