CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 16 luglio 2013
56.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
COMUNICATO
Pag. 193

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 16 luglio 2013. — Presidenza del presidente Pierpaolo VARGIU.

  La seduta comincia alle 13.20.

DL 63/2013: Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale.
C. 1310 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni riunite VI e X).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, sostituendo il relatore, deputato Marti, ricorda che la Commissione è chiamata a esprimere alle Commissioni VI (Finanze) e X (Attività produttive) il prescritto parere sulle parti di competenza del disegno di legge n. 1310, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 63 del 2013, recante «Disposizioni urgenti per il recepimento della direttiva 2010/31/UE, sulla prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale».
  Fa presente che il decreto-legge in oggetto, il cui testo ha subito una serie di Pag. 194modifiche nel corso dell'esame presso il Senato, in attuazione di quanto previsto dalla citata direttiva 2010/31 interviene novellando in modo significativo il decreto legislativo n. 192 del 2005, recante attuazione della precedente direttiva 2002/91/CE in materia di rendimento energetico degli edifici.
  L'obiettivo perseguito dal provvedimento in esame è quello di dare un'adeguata risposta alla necessaria ed urgente esigenza di favorire la riqualificazione e l'efficienza energetica del patrimonio immobiliare italiano in conformità al diritto dell'Unione europea e nell'approssimarsi della scadenza degli attuali benefici. La necessità e urgenza del decreto deriva dal fatto che sono in corso due procedure di infrazione nei confronti dell'Italia (n. 2012/0368 e n. 2006/2378).
  Rileva, quindi, che il provvedimento si prefigge di promuovere il miglioramento della prestazione energetica degli edifici; favorire lo sviluppo, la valorizzazione e l'integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici; sostenere la diversificazione energetica; promuovere la competitività dell'industria nazionale attraverso lo sviluppo tecnologico; conseguire gli obiettivi nazionali in materia energetica ed ambientale; consentire in via d'urgenza la qualificazione e l'operatività degli installatori di impianti concernenti le fonti rinnovabili.
  Accanto alle norme sulla prestazione energetica nell'edilizia, il decreto-legge reca la proroga delle detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica e di ristrutturazione degli edifici.
  Osserva, pertanto, che il provvedimento in titolo reca una serie di disposizioni che, in generale, non sembrano idonee a incidere in modo diretto sulle competenze della Commissione affari sociali.
  Le uniche disposizioni rilevanti rispetto alle competenze della XII Commissione sono quelle previste dall'articolo 4 che, nel testo modificato dal Senato, novella la disciplina in materia di metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche negli edifici, stabilendo, in particolare, i principi e criteri cui dovranno uniformarsi i successivi decreti che saranno adottati dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e, per i profili di competenza – riferendosi, evidentemente, agli edifici e strutture ospedaliere e sanitarie –, con il Ministro della salute e con il Ministro della difesa, acquisita l'intesa con la Conferenza unificata.
  Evidenzia, poi, che anche il nuovo articolo 4-bis del decreto legislativo n. 192 del 2005, introdotto dall'articolo 5 del decreto-legge in esame, prevede il concerto con il Ministro della salute, per i profili di competenza, nell'ambito della procedura di adozione del decreto del Ministro dello sviluppo economico con il quale è definito il Piano d'azione destinato ad aumentare il numero di edifici a energia quasi zero.

  Anna Margherita MIOTTO (PD), pur condividendo il fatto che il decreto-legge in esame incide sotto aspetti molto limitati sulle competenze della Commissione affari sociali, segnala tuttavia l'opportunità di invitare le Commissioni di merito, attraverso il parere che sarà espresso, a individuare una diversa copertura degli oneri finanziari recati dal provvedimento stesso, dal momento che, ai sensi dell'articolo 20, viene eliminata l'applicazione di aliquote IVA agevolate con riferimento alla somministrazione di alimenti e bevande effettuata mediante distributori automatici collocati in stabilimenti, ospedali, case di cura, uffici, scuole, caserme e altri edifici destinati a collettività.

  Giovanni Mario Salvino BURTONE (PD) si associa alle considerazioni svolte dal deputato Miotto, segnalando il rilievo sociale che assume la possibilità di accede all'erogazione automatica di cibi e bevande presso le strutture ospedaliere.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, ritiene che, stante l'accordo da parte del relatore, non vi siano ostacoli all'inserimento, nella proposta di parere che questi predisporrà, di un'osservazione che recepisca i rilievi emersi dagli interventi dei deputati Miotto e Burtone. Nessun altro chiedendo di Pag. 195intervenire, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013.
C. 1326 Governo, approvato dal Senato.

(Relazione alla XIV Commissione).
Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013.
C. 1327 Governo, approvato dal Senato.

(Relazione alla XIV Commissione).
Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2012.
Doc. LXXXVII, n. 1.
(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in titolo.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, ricorda che la Commissione è oggi convocata, ai sensi dell'articolo 126-ter del regolamento, per l'esame in sede consultiva dei disegni di legge «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013» (C. 1326 Governo, approvato dal Senato), «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013» (C. 1327 Governo, approvato dal Senato) e «Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2012» (Doc. LXXXVII, n. 1), il cui esame preliminare avverrà congiuntamente. Successivamente, i provvedimenti proseguiranno in forma disgiunta, avranno cioè un iter autonomo.
  Ricorda, inoltre, che le Commissioni in sede consultiva esaminano le parti di competenza e deliberano una relazione su ciascun disegno di legge, nominando altresì un relatore, che può partecipare alle sedute della Commissione Politiche dell'Unione europea. Le relazioni potranno essere accompagnate da eventuali emendamenti approvati. Sulla relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea le Commissioni dovranno invece esprimere un parere. Le relazioni ed il parere approvati sono trasmessi alla XIV Commissione.
  Per quanto riguarda la fase emendativa, ricorda che la facoltà per le Commissioni di settore di esaminare e votare emendamenti è sottoposta alla disciplina di seguito indicata.
  In primo luogo, infatti, possono ritenersi ricevibili solo gli emendamenti il cui contenuto è riconducibile alle materie di competenza specifica di ciascuna Commissione di settore. Nel caso in cui membri della Commissione intendano proporre emendamenti che interessano gli ambiti di competenza di altre Commissioni, tali emendamenti dovranno essere presentati presso la Commissione specificamente competente.
  In secondo luogo, per quanto riguarda l'ammissibilità, saranno sottoposti allo specifico vaglio da parte della Presidenza della Commissione.
  Fa presente, in ogni caso, i deputati hanno facoltà di presentare emendamenti direttamente presso la XIV Commissione, entro i termini dalla stessa stabiliti.
  Gli emendamenti approvati dalle Commissioni di settore e trasmessi alla XIV Commissione potranno essere da questa respinti solo per motivi di compatibilità con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale.
  Gli emendamenti respinti dalle Commissioni di settore non potranno essere presentati presso la XIV Commissione, che li considererà irricevibili, ma potranno, peraltro, essere ripresentati in Assemblea.
  Osserva, quindi, che per prassi consolidata, gli emendamenti presentati direttamente alla XIV Commissione sono trasmessi alle Commissioni di settore competenti per materia, ai fini dell'espressione del parere, che assume una peculiare valenza procedurale.Pag. 196
  Ricorda, infine, che la Commissione dovrà trasmettere alla XIV Commissione le due relazioni sui disegni di legge di delegazione europea 2013 e sulla legge europea 2013 e il parere sulla relazione annuale al massimo entro martedì prossimo.

  Anna Margherita MIOTTO (PD), relatore, ricorda che i disegni di legge di delegazione europea (C. 1326) e europea (C. 1327) relativi all'anno 2013 – presentati dal Governo al Senato lo scorso 2 maggio – sono due nuovi strumenti di adeguamento all'ordinamento dell'Unione europea previsti dalla legge n. 234 del 2012, che ha introdotto una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea. Con l'entrata in vigore della legge n. 234, applicata ora per la prima volta, la legge comunitaria annuale prevista dalla legge n. 11 del 2005 è sostituita da due distinti provvedimenti: la legge di delegazione europea, il cui contenuto è limitato alle disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell'Unione europea e la legge europea, che contiene norme di diretta attuazione volte a garantire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento europeo, con particolare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa europea.
  Fa quindi presente che la legge di delegazione europea 2013, a seguito delle modifiche approvate dal Senato, consta di 13 articoli ed è corredata da tre allegati. Gli allegati A e B contengono l'elenco delle direttive da recepire con decreto legislativo; analogamente a quanto disposto nelle precedenti leggi comunitarie, nell'allegato B sono riportate le direttive sui cui schemi di decreto è previsto il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Nell'allegato C sono riportate le rettifiche alla direttiva 2006/112/UE sul sistema comune di imposta sul valore aggiunto.
  Illustrando sinteticamente l'articolato del provvedimento, ricorda che l'articolo 1 reca una delega al Governo per l'attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B secondo le procedure, i princìpi ed i criteri direttivi di carattere generale previsti dagli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012, stabilendo i termini e le modalità di emanazione dei decreti legislativi attuativi; all'articolo 2 conferisce al Governo una delega biennale per l'emanazione di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi discendenti da direttive attuate in via regolamentare o amministrativa e per le violazioni di regolamenti dell'Unione europea pubblicati alla data di entrata in vigore della legge.
  I successivi articoli da 3 a 12 dettano specifici princìpi e criteri direttivi per l'attuazione di una seria di direttive che incidono su materie non attinenti alla competenza della XII Commissione (direttiva 2010/75/UE che integra la direttiva 2008/1/UE (c.d. direttiva IPPC – Integrated Pollution Prevention and Control) relativa alle emissioni industriali; direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica; direttiva 2011/36/UE, sulla tratta di esseri umani e la protezione delle vittime; direttiva 2011/51/UE, relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi titolari di protezione internazionale; direttiva 2011/95/UE recante norme minime comuni sull'attribuzione della qualifica di rifugiato; direttiva 2011/85/UE, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri, che fissa le regole minime perché sia garantita l'osservanza da parte degli Stati membri dell'obbligo, derivante dal Trattato, di evitare disavanzi pubblici eccessivi; direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi, ecc).
  L'articolo 13, inserito nel corso dell'esame al Senato, riguarda invece materie di rilevante interesse per la competenza della Commissione Affari sociali, recando principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega volta al recepimento della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici.
  Al riguardo ricorda che il mancato recepimento entro il termine del 10 novembre 2012, ha indotto la Commissione europea ad avviare la procedura di infrazione «per la mancata adozione delle Pag. 197misure di attuazione che garantiscono l'esecuzione di ciascuna disposizione della direttiva 2010/63/ UE».
  Prima di illustrare i principi e criteri direttivi posti all'articolo 13 ritiene opportuno soffermarsi sul contenuto della direttiva 2010/63/UE, composta da sei Capi, 66 articoli, e otto Allegati, ed entrata in vigore il 9 novembre 2010, al fine migliorare il benessere degli animali utilizzati nelle procedure scientifiche, rafforzando le norme minime per la loro tutela, in linea con i più recenti sviluppi scientifici. Il termine di recepimento è fissato, come già detto, al 10 novembre 2012. Il 30 gennaio 2013 la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione inviando all'Italia una lettera di messa in mora per il mancato recepimento, dando come termine ultimo il 2 aprile 2013.
  In precedenza la materia era disciplinata dalla direttiva 86/609/CEE, adottata per eliminare le disparità tra le disposizioni normative degli Stati membri relative alla protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici. Essendo emerse divergenze tra gli Stati membri nell'applicazione della suddetta disciplina – alcuni Stati membri hanno adottato misure nazionali di attuazione che garantiscono un elevato livello di protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, mentre altri si limitano ad applicare i requisiti minimi stabiliti dalla direttiva 86/609/CEE – la Comunità europea ha ritenuto opportuno emanare norme più dettagliate, al fine di ridurre le disparità, ravvicinando le norme applicabili in tale settore, anche al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno dei prodotti e delle sostanze ottenuti attraverso la sperimentazione animale.
  Illustra, poi, le norme principali presenti nella direttiva 2010/63/UE.
  Nel Capo I (articoli 1-6), l'articolo 1 stabilisce la sostituzione e la riduzione dell'uso di animali e la valutazione e l'autorizzazione dei progetti che ne prevedono l'uso. La normativa si applica ai seguenti animali: a) vertebrati vivi non umani; b) cefalopodi vivi, escludendo dall'applicazione della disciplina determinate pratiche. L'articolo 2 consente di mantenere nella disciplina nazionale misure nazionali più rigorose, informandone la Commissione prima del 1o gennaio 2013; tuttavia, lo Stato in questione, non può vietare od ostacolare la fornitura di animali allevati o l'immissione sul mercato di prodotti derivanti da un altro Stato membro che agisce in conformità della presente direttiva. L'articolo 4 stabilisce il principio della sostituzione della procedura di sperimentazione sugli animali, della riduzione del loro uso e del perfezionamento dell'allevamento, della sistemazione e della cura, e dei metodi usati nelle procedure. L'articolo 5 contiene l'elenco delle finalità delle procedure, tra cui la ricerca di base, applicata o traslazionale, la protezione dell'ambiente naturale, la ricerca finalizzata alla conservazione delle specie, l'insegnamento superiore o la formazione ai fini dell'acquisizione o del miglioramento di competenze professionali, nonché le indagini medico-legali. Infine, l'articolo 6 disciplina i metodi di soppressione, assicurando che gli animali siano soppressi negli stabilimenti di un allevatore, fornitore o utilizzatore, da personale competente.
  Il Capo II (articoli 7-11) reca disposizioni sull'uso di taluni animali nelle procedure, in particolare sull'uso dei primati non umani.
  Il Capo III disciplina le procedure (articoli 12-19). Tra queste ricorda che l'articolo 14 disciplina l'uso dell'anestesia nelle procedure, prevedendo, salvo determinati casi, l'anestesia totale o locale o altro metodo mentre l'articolo 16 prevede il riutilizzo di un animale, come mezzo per ridurre l'uso di animali da laboratorio, e la sua regolamentazione, per una nuova procedura, considerando la gravità delle procedure combinate, la salute dell'animale e il parere del veterinario. L'articolo 17, che disciplina la fine della procedura, prevede che una volta conclusa una procedura, il veterinario o una persona competente decide se l'animale può essere mantenuto in vita. Gli animali tenuti in vita ricevono cure adeguate e una sistemazione adeguata.Pag. 198
  Rileva, poi, che il Capo IV disciplina la materia dell'autorizzazione (articoli 20-45), stabilendo i requisiti per gli allevatori, i fornitori e gli utilizzatori, le ispezioni e i requisiti relativi ai progetti.
  Il Capo V reca le misure per evitare duplicazioni e approcci alternativi (articoli 46-49). L'articolo 49 istituisce i Comitati nazionali per la protezione degli animali usati a fini scientifici, consulenti per le autorità competenti e per gli organismi preposti al benessere degli animali su questioni relative all'acquisizione, all'allevamento, alla sistemazione, alla cura e all'uso degli animali nelle procedure e assicura la condivisione delle migliori pratiche.
  Il Capo VI reca le disposizioni finali (articoli 50-66). L'articolo 57 prevede una Relazione della Commissione sull'attuazione della direttiva, presentata al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 10 novembre 2019, e successivamente ogni cinque anni. L'articolo 62 abroga la direttiva 86/609/CEE a decorrere dal 1o gennaio 2013. L'articolo 61 prevede che gli Stati membri adottino entro il 10 novembre 2012 le disposizioni normative necessarie per conformarsi alla direttiva.
  Tornando ora all'articolo 13, segnala che, tra i principi di delega introdotti, figura la limitazione dell'utilizzo degli animali da laboratorio in favore dell'uso di metodi alternativi e il divieto di allevamento di cani, gatti e primati non umani destinati alla sperimentazione.
  Sulla sperimentazione animale ricorda che il fenomeno non accenna a diminuire, nonostante la ricerca scientifica sia sempre più rivolta alla promozione di metodi sostitutivi all'impiego di animali. Gli animali utilizzati in ambito sperimentale appartengono alle più svariate specie: topi, ratti e cavie, ma anche conigli, cavalli, pecore, uccelli, cani, gatti e primati non umani. Nella maggior parte dei casi gli animali provengono da stabilimenti fornitori, che allevano animali destinati esclusivamente ai laboratori e spesso geneticamente modificati, ma in altri casi, devono essere prelevati in natura con conseguenze dirette sull'ecosistema di origine; inoltre le condizioni di cattura, detenzione e trasporto risultano gravemente impattanti sulla salute degli animali. L'attuale disciplina interna in materia di protezione degli animali utilizzati a fini scientifici è posta dal decreto legislativo n. 116 del 1992, recante attuazione della direttiva 86/609/CEE in materia di protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici, che prevede, ove possibile, il ricorso a metodi alternativi, ma la procedura autorizzativa tramite il meccanismo del silenzio-assenso lascia ampio spazio all'utilizzo degli animali per fini scientifici.
  Relativamente ai criteri e principi di delega introdotti dall'articolo 13, ricorda, che l'articolo 2 della direttiva non consente di introdurre nella disciplina nazionale misure più rigorose di quelle previste dalla stessa direttiva. Le misure nazionali con livello di protezione più elevato già in vigore possono essere mantenute, purché vigenti al 9 novembre 2010. In tal caso, gli Stati membri interessati avrebbero dovuto informare la Commissione della loro vigenza, entro il 1o gennaio 2013.
  Il percorso di recepimento della direttiva 2010/63/UE è stato avviato dall'articolo 14 della legge comunitaria 2011, mai approvata definitivamente entro la fine della XVI legislatura, il cui contenuto è stato in parte trasfuso nell'articolo in esame.
  Più in dettaglio, il comma 1 elenca i principi e criteri direttivi – ulteriori rispetto a quelli dettati dall'articolo 1, comma 1, del disegno di legge in esame – che il Governo è tenuto a rispettare nell'esercizio della delega. Nello specifico i criteri e i principi da seguire sono i seguenti:
  Fa presente che, ai sensi della lettera a) il Governo dovrà orientare la ricerca all'impiego di metodi alternativi alla sperimentazione animale.
  A tale proposito ricorda che a livello europeo è stato creato il Laboratorio di riferimento dell'Unione per la convalida di metodi alternativi ai test sugli animali (European Union Reference Laboratory for alternatives to animal – EURL ECVAM), Pag. 199che ha contribuito a definire i principi di base della validazione e le relative procedure. La definizione di tali metodi è comunemente conosciuta come il Principio delle 3Rs, dall'inglese Replacement, nel caso l'animale venga completamente sostituito; Reduction, se si riesce ad attuare lo stesso esperimento con un numero inferiore di animali; Refinment, ovvero qualsiasi metodo o approccio che impedisce o riduce l'esistente o potenziale condizione di pena, dolore o qualsiasi condizione avversa all'animale. In Italia è già stato istituito, con decreto 20 aprile 2011, il Centro di referenza nazionale presso l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna che funge da doppio collegamento con il Ministero della Salute e con ECVAM, assicurando un approccio consistente nell'adozione di strategie sulle 3Rs. È altresì prevista la creazione di una rete nazionale che veda coinvolti gli operatori del settore.
  Osserva, poi, che la lettera b) vieta l'utilizzo di primati, cani, gatti ed esemplari di specie in via d'estinzione a meno che non si tratti di ricerche finalizzate alla salute dell'uomo o delle specie coinvolte. Le ricerche che utilizzano tali animali dovranno comunque essere condotte in conformità ai princìpi della Direttiva 2010/63/UE, che definisce chiaramente i modelli animali utilizzabili, con particolari vincoli riguardanti l'uso di primati non umani, cani, gatti e animali in via d'estinzione. Tali ricerche dovranno inoltre essere previamente autorizzate dal Ministero della salute, sentito il Consiglio superiore di sanità.
  A tale riguardo osserva che nella Sesta relazione sulle statistiche riguardanti il numero di animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici negli Stati membri presentata dalla Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, sono forniti una serie molto complessa e articolata di dati statistici sul numero di animali utilizzati annualmente, sulle differenti finalità della loro utilizzazione (studi di tossicologia e valutazione della sicurezza, valutazione di prodotti da usare in medicina umana e veterinaria, nell'industria, in agricoltura, ecc), sull'impiego delle specie roditrici e non roditrici, di primati non umani (argomento a cui la Direttiva 2010/63/UE dedica ampio spazio).
  Fa presente, quindi, che la lettera c) prevede di sottoporre ad altre sperimentazioni un animale che sia già stato utilizzato in una procedura, fino a quelle in cui l'effettiva gravità delle procedure precedenti era classificata come «moderata» e quella successiva appartenga allo stesso livello di dolore o sia classificata come «lieve» o «non risveglio», ai sensi dell'articolo 16 della Direttiva 2010/63/UE.
  La lettera d) vieta gli esperimenti e le procedure che non prevedono anestesia o analgesia, qualora esse comportino dolore all'animale, ad eccezione dei casi di sperimentazione di anestetici o di analgesici.
  Sull'impiego dell'anestesia, la Direttiva 2010/63/UE prevede l'uso dell'anestesia totale o locale e l'impiego di analgesici per ridurre al minimo dolore, sofferenza e angoscia. Le procedure che comportano gravi lesioni che possono causare intenso dolore devono essere effettuate con anestesia. L'uso dell'anestesia viene viceversa ritenuto non opportuno se se si ritiene che l'anestesia sia più traumatica per l'animale della procedura stessa e se l'anestesia è incompatibile con lo scopo della procedura. Si ricorda infine il riferimento della direttiva all'obbligatorietà, compatibilmente con le finalità dell'esperimento, dei trattamenti analgesici post-operatori qualora gli animali siano sottoposti a interventi chirurgici per ragioni sperimentali. Il decreto legislativo n. 116 del 1992 ha invece previsto, per animali impiegati in procedure sperimentali effettuate senza anestesia il rilascio dell'autorizzazione ministeriale previa dimostrazione della mancanza di metodi alternativi e per verifiche medico-biologiche essenziali.
  Al riguardo, rileva che il divieto posto dalla lettera d) appare più generale e restrittivo rispetto alle norme in materia di anestesia ed analgesia poste dalla Direttiva 2010/63/UE e dall'attuale disciplina interna, di cui al citato decreto legislativo n. 116 del 1992. Inoltre, l'articolo 2, paragrafo Pag. 2001, della medesima direttiva ammette che le disposizioni interne assicurino una protezione più estesa degli animali solo qualora le stesse fossero già vigenti alla data del 9 novembre 2010.
  La lettera e) stabilisce che la generazione di ceppi di animali geneticamente modificati deve tener conto della valutazione del rapporto tra danno e beneficio, dell'effettiva necessità della manipolazione, del possibile impatto che potrebbe avere sul benessere degli animali, valutando i potenziali rischi per la salute umana e animale e l'ambiente.
  Anche in questo caso il criterio introdotto appare più restrittivo di quanto stabilito al riguardo dalla Direttiva 2010/63/UE e dalle norme interne vigenti.
  La lettera f) vieta l'utilizzo di animali per gli esperimenti bellici, per gli xenotrapianti e per le ricerche su sostanze d'abuso, negli ambiti sperimentali e di esercitazioni didattiche prevedendo una deroga per le esercitazioni didattiche nell'ambito della formazione universitaria in medicina veterinaria e dell'alta formazione dei medici e dei veterinari.
  Rileva al riguardo che la Direttiva 2010/63/UE non contiene alcun divieto nei confronti degli xenotrapianti – che vengono effettuati utilizzando organi e tessuti provenienti da animali appartenenti a specie diverse da quella del ricevente – né per le ricerche su sostanze d'abuso. Anche in questo caso, il criterio introdotto risulta più restrittivo di quanto stabilito a livello comunitario.
  Ai sensi della lettera g) è vietato l'allevamento nel territorio nazionale di cani, gatti e primati non umani destinati alla sperimentazione.
  In proposito, osserva che il divieto di allevare cani, gatti e primati non umani non è presente nella Direttiva 2010/63/UE né nell'attuale disciplina interna.
  La lettera h) rinvia alla definizione di un quadro sanzionatorio appropriato e tale da risultare effettivo, proporzionato e dissuasivo, anche tenendo conto del Titolo IX-bis del libro II del Codice penale. Il Titolo IX-bis del Codice penale, Dei delitti contro il sentimento per gli animali, detta una disciplina diretta a garantire agli animali una tutela giuridica in quanto portatori di diritti individuali, punendo i reati a danno degli animali a titolo di delitto. Le singole fattispecie prevedono: l'uccisione di un animale; il maltrattamento; spettacoli o manifestazioni vietati; combattimenti tra animali. Le multe previste vanno da 3.000 a 15.000 euro per l'uccisione e per gli spettacoli e le manifestazioni non autorizzate e da 50.000 a 160.000 euro per chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali.
  Fa presente, poi, che la lettera i) finalizza l'utilizzo delle risorse provenienti dalle sanzioni, di cui alla precedente lettera h), allo sviluppo di approcci alternativi che non prevedono l'uso di animali o utilizzano un numero minore di animali o comportano procedure meno dolorose in grado di fornire lo stesso livello o un livello superiore di informazioni rispetto a quello ottenuto nelle procedure che usano animali; la lettera l) prevede di destinare, annualmente, una quota dei fondi nazionali ed europei finalizzati alla ricerca per lo sviluppo e la convalida di metodi sostitutivi a corsi periodici di formazione e aggiornamento per gli operatori degli stabilimenti autorizzati, nonché di adottare tutte le misure ritenute opportune per incoraggiare la ricerca con l'obbligo per l'autorità competente di comunicare il recepimento dei metodi alternativi e sostitutivi.
  A livello europeo, il Centro europeo per la convalida di metodi alternativi (ECVAM) dispone di una banca dati on line sui metodi alternativi alle sperimentazioni sugli animali e fornisce informazioni concrete, presentate sotto forma di schede tecniche relative a procedure avanzate e alternative attinenti alla valutazione tossicologica.
  Infine, il comma 2 ricorda che, nell'attuazione dei princìpi e criteri direttivi sopra illustrati, il Governo è tenuto a rispettare gli obblighi che derivano da legislazioni o farmacopee nazionali, europee o internazionali, mentre il comma 3 è Pag. 201diretto ad assicurare che l'attuazione dell'articolo in esame non comporti nuovi o maggiori oneri per lo Stato.
  Infine, sulle procedure di contenzioso aperte si ribadisce che il 30 gennaio 2013 la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione inviando all'Italia una lettera di messa in mora per il mancato recepimento della direttiva 2010/63/UE, che avrebbe dovuto essere attuata nei singoli Stati membri entro il 10 novembre 2012, dando come termine ultimo per conformarsi il 2 aprile 2013.
  Procede, quindi, ad illustrare le direttive contenute nell'Allegato A (pertanto da recepire senza sottoporre gli schemi di decreto al parere delle Commissioni parlamentari) che incidono su materie di competenza della XII Commissione.
  Fa presente che si tratta in particolare della Direttiva 2009/156/CE del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa alle condizioni di polizia sanitaria che disciplinano i movimenti di equidi e le importazioni di equidi in provenienza dai paesi terzi. La direttiva, entrata in vigore il 12 agosto 2010, è volta ad aggiornare la disciplina recata dalla direttiva 90/426/CEE, che ha subito nel tempo, diverse e sostanziali, modificazioni, al fine di stabilire norme comuni, in materia di polizia sanitaria, per favorire uno sviluppo razionale della produzione di equidi ed aumentare la produttività del settore. In particolare, la direttiva in esame fissa le regole per i movimenti di equidi tra gli Stati membri e quelle per le importazioni di equidi da Paesi terzi, prevedendo inoltre una possibile regionalizzazione delle misure restrittive, per le importazioni da Paesi terzi.
  Tra i principali articoli si segnalano: l'articolo 3, in base al quale uno Stato membro autorizza il movimento nel proprio territorio di equidi registrati e spedisce equidi verso un altro Stato membro, solo se soddisfatte determinate condizioni di polizia sanitaria, al fine di evitare la propagazione di malattie infettive o contagiose; l'articolo 7, che prevede che il trasporto degli animali sia effettuato assicurando una protezione sanitaria efficace e il benessere degli equidi; gli articoli 8 e 16, che prevedono che gli equidi siano scortati da un certificato sanitario compilato da un veterinario ufficiale.
  Si sofferma quindi sulle direttive incluse nell'Allegato B (da attuare con decreti legislativi i cui schemi saranno sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti) di interesse della XII Commissione. Si tratta in particolare, oltre ovviamente alla già descritta direttiva 2010/63/UE, delle seguenti direttive:
  Direttiva 2009/158/CE del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa alle norme di polizia sanitaria per gli scambi intracomunitari e le importazioni in provenienza dai paesi terzi di pollame e uova da cova, che provvede alla codificazione della direttiva 90/539/CE relativa alle norme di polizia sanitaria che disciplinano gli scambi intracomunitari e le importazioni in provenienza dai paesi terzi di pollame e uova di cova, che ha subito numerose e sostanziali modificazioni al fine di garantire chiarezza e razionalizzazione della disciplina. La direttiva in esame è entrata in vigore l'11 gennaio 2010. La necessità nello stabilire a livello comunitario delle norme di polizia sanitaria per la commercializzazione di tali prodotti (volatili e uova destinate all'incubazione) ha come finalità ultima la garanzia di uno sviluppo razionale della produzione di pollame e l'aumento in tal modo della produttività del settore, nonché la riduzione delle disparità di disciplina esistenti negli Stati membri con conseguente miglioramento e sviluppo armonioso degli scambi intracomunitari.
  La direttiva in esame stabilisce dei criteri per l'accreditamento degli stabilimenti di produzione volti a garantire la sicurezza sanitaria delle strutture attraverso la predisposizione di controlli restrittivi volti ad evitare rischi di contagio da malattie e fissa anche dei requisiti di polizia sanitaria per il pollame stesso e le uova sul presupposto che gli stessi prodotti possono essere veicolo principale per la diffusione di malattie contagiose. In proposito possono essere oggetto di scambio solo i volatili e le uova accompagnati da Pag. 202un certificato sanitario rilasciato da un veterinario ufficiale che accompagna i prodotti fino a destinazione.
  Fa presente, che per quanto riguarda le importazioni provenienti dai paesi terzi, la direttiva delinea la necessità di compilare un elenco di paesi terzi legittimati alle importazioni sulla base di una verifica dello stato sanitario del pollame e degli altri animali, escludendo per prevenzione i paesi contaminati o indenni da troppo poco tempo da malattie contagiose del pollame. Anche i prodotti provenienti da paesi terzi devono essere accompagnati da un certificato sanitario conforme ad un determinato modello. La direttiva consente poi di adottare tutte le misure appropriate, comprese la macellazione e la distruzione, al momento dell'arrivo del pollame o delle uova sul territorio della Comunità. Essendo una direttiva di codificazione non è previsto un termine di recepimento espresso.
  L'altra direttiva di interesse della XII Commissione è la Direttiva 2010/32/UE del Consiglio, del 10 maggio 2010, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario.
  La direttiva 2010/32/UE attua l'accordo quadro firmato il 17 luglio 2009 dalle parti sociali HOSPEEM (Associazione europea datori di lavoro del settore ospedaliero e sanitario) e FSESP (Federazione sindacale europea dei servizi pubblici), in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario. Va recepita entro l'11 maggio 2013, termine entro il quale gli Stati membri pongono in vigore le disposizioni normative necessarie per conformarsi alla direttiva o si accertano che le parti sociali la attuino mediante accordo.
  L'obiettivo della direttiva è di garantire la massima sicurezza possibile dell'ambiente di lavoro tramite la prevenzione delle ferite provocate da tutti i dispositivi medici taglienti (punture di ago comprese) e tramite la protezione dei lavoratori a rischio nel settore ospedaliero e sanitario.
  In particolare, la direttiva prevede una serie di misure preventive e di protezione, tra cui la definizione di procedure di utilizzo e di eliminazione di dispositivi medici taglienti e di rifiuti contaminati, di procedure efficaci di eliminazione dei rifiuti e installazione di contenitori debitamente segnalati e tecnicamente sicuri per la manipolazione e lo smaltimento di dispositivi medici taglienti e di materiale d'iniezione usa e getta, il divieto della pratica di reincappucciamento degli aghi e l'utilizzo di dispositivi di protezione individuale. Gli Stati membri devono stabilire sanzioni da applicarsi in caso di violazione delle disposizioni nazionali di attuazione.
   Un'altra direttiva di interesse della XII Commissione è la Direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera.
  La Direttiva 2011/24/UE disciplina i diritti dei pazienti riguardo l'assistenza sanitaria transfrontaliera e il rimborso delle spese sostenute, al fine di garantire la libertà di scelta del paziente sul prestatore di assistenza sanitaria in Europa, sia per l'assistenza di base che per le cure ospedaliere. Il termine per il recepimento è il 25 ottobre 2013.
  La normativa vigente in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera dispone, in applicazione di regolamenti comunitari e di quanto disposto dagli accordi bilaterali conclusi, di volta in volta, con Stati extra UE, che gli assistiti che si spostano in Europa e negli Stati in convenzione, per motivi vari, per poter godere dell'assistenza sanitaria a carico dello Servizio sanitario nazionale, devono presentare alle istituzioni competenti degli Stati esteri alcuni formulari che attestano il diritto alle prestazioni sanitarie. In seguito alla presentazione della documentazione vengono erogate le prestazioni sanitarie e, successivamente, gli Organismi di collegamento degli Stati UE inviano le relative fatture al Ministero della salute, chiedendone il rimborso. Il Ministero, a sua volta, per conto delle regioni e delle ASL di rispettiva appartenenza, chiede agli Stati esteri il rimborso dei crediti relativi all'assistenza fornita a cittadini stranieri in Italia. Debiti e crediti vengono imputati Pag. 203alle ASL competenti e, in sede di assegnazione della quota di Fondo sanitario nazionale alle regioni, si tiene conto della compensazione debiti-crediti.
  Illustrando nello specifico la Direttiva 2011/24/UE, fa presente che le norme contenute nel Capo I, artt. 1 e 2 sono volte a garantire il diritto alla salute del paziente, rispetto alle cure sanitarie prestate in Paesi membri dell'Unione Europea diversi da quello di residenza del paziente, attraverso l'accesso ad un'assistenza sanitaria transfrontaliera sicura e di qualità, con esclusione dei seguenti servizi: assistenza alle persone non autosufficienti (servizi di long term care); assegnazione e accesso ai trapianti d'organo; programmi pubblici di vaccinazione contro le malattie contagiose. Le cure d'emergenza, mentre si è in viaggio o si soggiorna all'estero, sono disciplinate dalla normativa vigente, che già prevede la prestazione di assistenza sanitaria attraverso la tessera sanitaria di Assicurazione malattia (TEAM).
  Fa presente, quindi, che l'articolo 3 contiene le principali definizioni di concetti quali: l'assistenza sanitaria prestata, che riguarda i servizi di professionisti sanitari concernenti lo stato di salute dei pazienti, compresa la prescrizione, la somministrazione e la fornitura di medicinali e dispositivi medici; la persona assicurata, ovvero i cittadini di uno Stato membro, gli apolidi e i rifugiati residenti in uno Stato membro che sono soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri, nonché i loro familiari e superstiti; lo Stato membro di affiliazione, quale Stato membro competente a concedere alla persona assicurata un'autorizzazione preventiva a ricevere cure adeguate al di fuori dello Stato membro di residenza; lo Stato membro di cura, quale Stato membro nel cui territorio viene effettivamente prestata al paziente l'assistenza sanitaria; il professionista sanitario, che è il medico, l'infermiere responsabile dell'assistenza generale, l'odontoiatra, l'ostetrica o il farmacista o altro professionista del settore, o una persona considerata professionista sanitario conformemente alla legislazione dello Stato membro di cura.
  Nel Capo II si afferma che ogni Stato membro ha l'obbligo di istituire Punti di contatto nazionali, al fine di informare i pazienti dei loro diritti in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera e sui prestatori di assistenza sanitaria dello Stato membro di cura.
  Il Capo II contiene la norma per cui lo Stato membro di cura ha l'obbligo di prestare l'assistenza sanitaria transfrontaliera conformemente alla propria legislazione in vigore, ai propri standard e orientamenti di qualità e sicurezza e alla normativa dell'Unione in materia di standard di sicurezza. Nell'ambito delle informazioni sulle prestazioni erogate, qualità e sicurezza dei trattamenti, prestatori sanitari, costi e modalità di fatturazione, che, su richiesta, sono fornite al Punto di contatto nazionale, lo Stato membro di cura, al fine di garantire la continuità della cura fornisce ai pazienti che hanno ricevuto un trattamento, una cartella clinica, scritta o elettronica.
  Lo Stato membro di affiliazione ha l'obbligo di rimborso dei costi dell'assistenza sanitaria transfrontaliera e di garantire le informazioni sui diritti del paziente a ricevere le cure presso altro Stato membro. Lo Stato membro di affiliazione ha l'obbligo di fornire il prosieguo delle cure per un paziente assistito transfrontaliero.
  Per quanto attiene ai rimborsi e autorizzazioni, nel Capo III si dispone che lo Stato membro di affiliazione rimborsa o paga direttamente le prestazioni di assistenza transfrontaliera, se comprese tra le prestazioni assicurate dalla propria legislazione, fino al corrispondente costo della prestazione erogata nello Stato membro di affiliazione, e senza superare l'ammontare effettivo dell'assistenza sanitaria ricevuta, con facoltà di rimborsare l'intero costo della prestazione ricevuta.
  L'assistenza sanitaria è autorizzata preventivamente solo nei seguenti casi: il ricovero del paziente per almeno una notte; l'utilizzo di un'infrastruttura sanitaria o di apparecchiature mediche altamente specializzate e costose; in casi gravi e specifici correlati alla qualità o alla Pag. 204sicurezza dell'assistenza prestata all'estero. Gli Stati membri comunicano alla Commissione una lista di prestazioni che prevedono un'autorizzazione preventiva, la quale autorizzazione può essere rifiutata per motivi di sicurezza del paziente.
  Lo Stato membro di affiliazione mette a disposizione del pubblico le informazioni sull'assistenza sanitaria soggetta ad autorizzazione preventiva ai fini della presente direttiva nonché tutte le informazioni pertinenti sul sistema di autorizzazione preventiva.
  Per quanto riguarda, invece la mutua assistenza e cooperazione, di cui al Capo IV, gli Stati membri assicurano mutua assistenza e cooperazione in merito a standard e orientamenti di qualità e sicurezza e lo scambio di informazioni, soprattutto tra i loro punti di contatto nazionali, nonché in merito alle disposizioni sulla vigilanza e la mutua assistenza per chiarire il contenuto delle fatture.
  Ricorda, poi, che per quanto attiene alle prescrizioni farmacologiche, il Capo IV dispone che il riconoscimento della prescrizione di un medicinale e la dispensazione in uno Stato membro, se prescritto in un altro Stato membro, sono consentite conformemente alla legislazione nazionale in vigore, e se il farmaco è autorizzato nel proprio territorio, tranne in alcuni casi. Al fine di garantire la continuità delle cure, lo Stato membro di affiliazione adotta tutte le misure per il riconoscimento della prescrizione e per la dispensazione del farmaco. In particolare, la Commissione adotta un atto sul mutuo riconoscimento tra Stati delle prescrizioni farmacologiche, non oltre il 25 dicembre 2012, mentre, per l'identificazione dei medicinali o dei dispositivi medici e la loro sostituibilità, l'atto sarà adottato non oltre il 25 ottobre 2012. La Commissione dovrà adottare inoltre una lista di farmaci e di dispositivi medici esclusi dal riconoscimento della prescrizione.
  In attuazione di quanto ora illustrato, è stata emanata la Direttiva di Esecuzione 2012/52/UE della Commissione comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro, contenuta nell'allegato B del provvedimento in esame.
  Evidenzia, poi, che per quanto riguarda le reti di riferimento europee (Capo IV, artt. 12. 13, 14 e 15) è incentivato lo sviluppo di reti di riferimento europee tra prestatori di assistenza sanitaria e centri di eccellenza negli Stati membri, su base volontaria, in particolare, nel settore delle malattie rare, secondo criteri e condizioni stabilite dalla Commissione. In particolare, si prevede che la cooperazione europea per la diagnosi e la cura della malattie rare deve basarsi sui dati Orphanet e sulle reti di riferimento europee.
  L'assistenza sanitaria online deve essere sviluppata tra i Paesi membri, volontariamente, per rafforzare la continuità delle cure e garantire l'accesso ad un'assistenza sanitaria sicura e di elevata qualità per i pazienti. In particolare la rete adotta linee guida al fine elaborare una base di dati da inserire nelle carte cliniche, nonché per l'identificazione elettronica del paziente e degli operatori sanitari.
  Per quanto attiene alle deleghe e relazioni (Capo V, artt. 16,17,18, 19 e 20), per cinque anni, a decorrere dal 24 aprile 2011, la Commissione adotta atti delegati e fornisce una relazione, prima della scadenza dei cinque anni. La delega può essere revocata in qualsiasi momento e nei confronti degli atti delegati è possibile l'opposizione del Parlamento europeo o del Consiglio. La delega è automaticamente prorogata per periodi di identica durata, tranne in caso di revoca da parte del Parlamento europeo o del Consiglio. Entro il 25 ottobre 2015, e successivamente ogni tre anni, la Commissione redige una relazione sul funzionamento della direttiva e la presenta al Parlamento europeo e al Consiglio.
  Ricorda, poi, che nel marzo 2009, la XII Commissione della Camera, dopo aver esaminato la proposta di direttiva concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera (COM(2008)414 def.), ha ritenuto opportuno soffermarsi su alcuni profili problematici della proposta di direttiva. Pag. 205Come rilevabile nel Doc. XVIII, n. 8, la Commissione XII ha invitato il Governo a: valutare l'impatto economico e finanziario che la proposta di direttiva avrebbe prodotto sui sistemi sanitari nazionali e regionali, sulla loro programmazione e sulle modalità di accesso alle prestazioni; valutare l'esigenza di un potenziamento della disciplina comune europea sul tema degli standard minimi di garanzia delle cure erogate, al fine di omogeneizzare sistemi sanitari tra loro molto diversi in termini di affidabilità delle prestazioni; ponderare il problema dei meccanismi di rimborso delle prestazioni tra i diversi Stati membri, al fine di evitare che la libera circolazione dei pazienti determini un ampio contenzioso tra i diversi paesi sull'entità dei rimborsi e la tempestività dei relativi pagamenti.
  Tale aspetto sembra essere risolto dalla direttiva emanata poiché viene introdotta la previsione che il diritto al rimborso delle spese sanitarie deve seguire la legislazione dello Stato membro di affiliazione del cittadino-paziente che intende recarsi all'estero. Il fatto che l'obbligo di rimborso dell'assistenza sanitaria transfrontaliera si limiti all'assistenza sanitaria figurante tra le prestazioni cui il paziente ha diritto nel proprio Stato membro di affiliazione non impedisce però agli Stati membri di rimborsare il costo dell'assistenza sanitaria transfrontaliera al di là di tali limiti. Gli Stati membri infatti possono rimborsare spese supplementari, come le spese di alloggio e di viaggio o le spese supplementari sostenute dalle persone con disabilità, anche se tali spese non sono rimborsate in caso di assistenza sanitaria prestata sul loro territorio.
  La XII Commissione aveva anche invitato il Governo ad introdurre, anche per le cure non ospedaliere, una clausola di garanzia atta a consentire a uno Stato membro la limitazione della mobilità in entrata qualora la domanda di assistenza rivolta nei confronti dei propri fornitori rischi di compromettere il rispetto degli obiettivi programmatici nazionali in tema di razionalizzazione del settore ospedaliero e rispetto dei tempi medi di attesa.
  Rispetto alla proposta di direttiva, la direttiva sembra introdurre, per quanto riguarda l'autorizzazione preventiva per fruire delle cure sanitarie all'estero, una clausola di garanzia. Infatti, il combinato disposto degli artt. 7 e 8 richiama la necessità dell'autorizzazione preventiva (ovvero il suo diniego), da stabilirsi da parte di ciascun Stato membro, non solo per le cure ospedaliere, ma altresì a fronte di motivi imperativi di interesse generale, in base ad una valutazione clinica, in base alla presunta esposizione del cittadino-paziente a situazioni di pericolo per la propria salute, nonché in base alla possibilità che il sistema sanitario riesca a dare risposta alle istanze di cura dei cittadini di quel Paese membro entro tempi ragionevoli.
  Il documento approvato nella scorsa legislatura faceva poi riferimento alla necessità di valutare, al fine di evitare che il flusso di pazienti in uscita comprometta l'equilibrio finanziario del sistema sanitario nazionale e regionale o la programmazione del servizio ospedaliero, l'ipotesi di offrire ai pazienti un sistema volontario di autorizzazione preventiva, grazie al quale, il paziente riceva un buono con l'indicazione dell'importo massimo rimborsabile, nonché alla esigenza di valutare il riparto di competenza che, nell'ordinamento giuridico italiano, attribuisce anche alle regioni determinate potestà in materia di tutela della salute ed, infine, alla opportunità di prevedere misure volte a garantire l'effettiva circolazione dei professionisti della sanità.
  Fa presente, poi, che la Commissione Igiene e sanità del Senato, nel corso dell'esame del disegno di legge in oggetto, ha ribadito quanto osservato in occasione dell'esame in fase ascendente della direttiva (Doc. XVIII, n. 15 della XVI legislatura), invitando il Governo ad adoperarsi nelle competenti sedi comunitarie affinché: sia adeguatamente ponderato il problema dei meccanismi di rimborso delle prestazioni tra i diversi Stati membri, al fine di evitare che la libera circolazione dei pazienti determini un ampio contenzioso tra i diversi Paesi sull'entità dei Pag. 206rimborsi e la tempestività dei relativi pagamenti; sia valutata la possibilità di adottare provvedimenti che prevedano accordi internazionali sui sistemi di remunerazione e procedure contabili snelle.
  Ricorda, quindi, le altre direttive contenute nell'Allegato B di interesse della XII Commissione, tra cui in primo luogo, la Direttiva 2011/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2011, che modifica la direttiva 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, al fine di impedire l'ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale.
  In proposito, fa presente che, poiché il termine di recepimento della Direttiva 2011/62/UE, fissato al 2 gennaio 2013, è già scaduto, il termine di esercizio della delega è fissato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea.
  La direttiva, già presente nell'Allegato B della Legge comunitaria 2011, reca misure contro il sempre più diffuso fenomeno delle sostanze medicinali falsificate circolanti nel mercato europeo con gravi rischi per la salute umana. Le principali misure poste possono essere così sintetizzate: i medicinali con obbligo di prescrizione medica devono presentare elementi che consentano l'individuazione di ciascuna confezione attraverso tutta la catena di distribuzione e impediscano la manomissione delle confezioni stesse. Normalmente i farmaci senza obbligo di prescrizione medica non sono soggetti a tale obbligo, ma nell'ottica di prevenire i rischi la direttiva non esclude di estendere anche ad alcuni di essi l'applicazione di dispositivi di sicurezza degli imballaggi, anche nel caso di re-packaging.
  La produzione di sostanze attive utilizzate nella composizione dei farmaci deve seguire le buone pratiche di fabbricazione, sia che tali sostanze provengano da paesi UE sia che si tratti di prodotti importati da paesi terzi. In questo caso, l'autorità competente del Paese esportatore dovrà attestare che gli stabilimenti interessati siano sottoposti a controlli periodici severi e trasparenti, disposti anche senza preavviso, a garanzia di un livello di tutela della salute pubblica almeno pari agli standard richiesti a livello europeo.
  Per una maggiore tutela della catena distributiva legale, gli importatori e i distributori di sostanze attive dovranno essere registrati presso un'autorità competente con la qualifica di «intermediari» e i titolari delle autorizzazioni dovranno verificare che i fabbricanti e i distributori rispettino le buone pratiche. In caso di sospetti circa l'autenticità delle sostanze medicinali utilizzate, i fabbricanti sono obbligati ad informarne le autorità competenti. Viene prevista la creazione di una rete informativa tra queste autorità in modo da impedire che le sostanze segnalate come sospette possano essere messe in circolazione. L'Agenzia europea per i farmaci e le autorità nazionali competenti svolgono, in collaborazione tra loro, periodiche ispezioni nelle sedi di produzione e di stoccaggio di sostanze utilizzate per uso medicinale.
  Gli Stati membri devono attivare un sistema di controlli che impedisca l'introduzione in commercio di sostanze medicinali di dubbia origine, consentendo il ritiro di tali sostanze, anche con la collaborazione dei medici di base e degli operatori sanitari (ad avviso della Commissione Igiene e sanità del Senato deve essere previsto anche il coinvolgimento dei farmacisti). È previsto anche un sistema per consentire alle autorità nazionali di estendere l'allerta alle autorità degli altri Stati membri e di procedere immediatamente al ritiro dei farmaci pericolosi. La nuova direttiva intende inoltre far fronte alla minaccia rappresentata dalla vendita illegale di farmaci tramite internet, pratica che favorisce la circolazione di medicinali falsificati. Infine, gli Stati membri dovranno imporre sanzioni efficaci contro le attività di fabbricazione, importazione, distribuzione di sostanze medicinali falsificate.
  Ricorda infine che l'articolo 44, commi 3 e 4, del disegno di legge di conversione del DL 69/2913 (Decreto del fare) reca una disciplina transitoria in materia di certificazione di qualità delle materie prime Pag. 207utilizzate per la produzione di medicinali, da applicare fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2011/62/UE. Ricorda infine che l'Italia il 20 marzo 2013 ha ricevuto una lettera di messa in mora dalla Commissione europea nell'ambito della procedura di infrazione n. 2013/147, per mancato recepimento della direttiva 2011/62/UE.
  Altra direttiva che norme su materie di interesse della XII Commissione è la Direttiva 2012/12/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 aprile 2012, che modifica la direttiva 2001/112/CE del Consiglio concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana.
  Al riguardo, fa presente che il 27 aprile 2012 è stata pubblicata la direttiva 2012/12/CE che vieta l'aggiunta di zucchero ai succhi di frutta. La norma nasce dall'esigenza di adeguare le disposizioni della direttiva 2001/112/CE allo sviluppo delle norme internazionali in materia, in particolare della norma del Codex relativa ai succhi e nettari di frutta (norma Codex 247-2005) che è stata adottata dalla Commissione del Codex Alimentarius. Tra le modifiche più rilevanti alla normativa vigente si segnala: il mix di due o più succhi di frutta dovrà indicare esplicitamente il nome dei frutti secondo l'ordine decrescente del volume dei succhi o delle puree di frutta. Nel caso di prodotti con tre o più specie di frutta, l'indicazione della frutta utilizzata può essere sostituita dalla dicitura «più specie di frutta». Il termine per il recepimento della direttiva da parte degli Stati membri è il 28 ottobre 2013. Sono previste disposizioni transitorie a tutela degli interessi degli operatori economici che hanno immesso sul mercato o etichettato i propri prodotti prima dell'entrata in vigore delle disposizioni nazionali di recepimento della direttiva.
  Illustra quindi la Direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che modifica la direttiva 2001/83/CE per quanto riguarda la farmacovigilanza.
  Tale Direttiva ha come obiettivo l'armonizzazione in tutta l'Unione delle norme in materia di farmacovigilanza, stabilendo, tra l'altro, che l'Unione stessa possa intervenire in base al principio di sussidiarietà. Pertanto la direttiva, al fine di rafforzare la trasparenza e l'efficacia della farmacovigilanza, ha stabilito che in caso di interruzione della commercializzazione di un medicinale in uno Stato membro, il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) abbia l'obbligo di informare l'Autorità competente dello Stato medesimo, specificando se la decisione sia stata presa per ragioni attinenti all'efficacia del medicinale o alla protezione della sanità pubblica. Ciò al fine di evitare che le ragioni commerciali – che a volte giustificano il ritiro di un prodotto – fornite dalle società non siano in realtà legate alla sua sicurezza.
  La medesima direttiva stabilisce che uno Stato membro possa, con un'azione d'urgenza, sospendere l'autorizzazione all'immissione in commercio di un medicinale sul proprio territorio, anche temporaneamente. Tale azione d'urgenza deve essere comunicata tempestivamente alla Commissione, all'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) e agli altri Stati membri. In casi particolari, la Commissione può adottare le decisioni di modifica, sospensione o revoca delle autorizzazioni alla messa in commercio. Si danno altresì indicazioni relativamente al foglietto illustrativo dei farmaci che deve essere redatto in modo chiaramente leggibile nelle lingue ufficiali degli Stati membri nonché alla distribuzione all'ingrosso di medicinali verso i paesi terzi.
  Gli Stati membri hanno tempo sino al 28 ottobre 2013 per recepire le disposizioni della Direttiva in esame.
  Passa infine alla Direttiva 2012/52/UE della Commissione, del 20 dicembre 2012, comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro.
  La direttiva in esame è stata adottata in esecuzione dell'articolo 11, par. 1, della direttiva 2011/24/UE, concernente l'assistenza sanitaria transfrontaliera, che prevede Pag. 208che le prescrizioni rilasciate in un altro Stato membro ad un determinato paziente debbano poter essere dispensate nel territorio degli altri Stati membri conformemente alla legge nazionale in vigore. A tal fine, si incarica la Commissione di adottare misure che consentano al farmacista di verificare l'autenticità delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro. Tali misure dovranno comportare «l'elaborazione di un elenco non esaustivo di elementi da inserire nelle prescrizioni e che devono essere chiaramente identificabili in tutti i formati di prescrizione». La Commissione ha, quindi, adottato la direttiva di esecuzione 2012/52/UE, che contiene appunto un «elenco non esauriente dei dati da includere nelle ricette mediche», che costituirà il contenuto minimo della ricetta da utilizzare in uno Stato membro diverso da quello di emissione. Resta comunque la possibilità per gli Stati membri di affiancarvi dati ulteriori e di applicare il principio del reciproco riconoscimento alle ricette non contenenti i dati richiesti. In premessa è specificato che «i prodotti medicinali vanno (...) indicati con la loro denominazione generica», in modo da agevolarne la corretta identificazione mentre per i dispositivi medici «la ricetta deve (...) contenere dati che permettano di contattare direttamente il prescrivente in modo che il farmacista possa all'occorrenza chiedere informazioni sul dispositivo medico prescritto e identificarlo correttamente». Il termine per il recepimento è fissato al 25 ottobre 2013.
  Per quanto riguarda, poi, la legge europea 2013 (C. 1237), fa presente preliminarmente che il provvedimento, secondo quanto previsto dall'articolo 30 della legge n. 234 del 2012, contiene le disposizioni, con esclusione delle discipline di delega, finalizzate a porre rimedio ai casi di non corretto recepimento della normativa dell'Unione europea nell'ordinamento nazionale, laddove si è riconosciuta la fondatezza delle censure mosse dalla Commissione europea.
  Tale disegno di legge è particolarmente corposo e affronti temi delicati e importanti. Con specifico riferimento alle competenze della Commissione affari sociali, segnala innanzitutto l'articolo 15, che detta disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento interno alla normativa europea in materia di biocidi, principi attivi utilizzati nell'industria chimica e farmaceutica per eliminare, rendere innocui o impedire l'azione di organismi nocivi per l'uomo, gli animali, i materiali e i beni di consumo diversi dai prodotti alimentari.
  Ai sensi dei commi 1 e 2, spetta al Ministro della salute, quale autorità competente in materia, il compito di provvedere agli adempimenti previsti dal regolamento (UE) n. 528/2012 sui biocidi.
  I commi da 3 a 5 demandano a decreti ministeriali la definizione: delle tariffe in materia – in base al principio di copertura del costo effettivo del servizio –, con aggiornamento ogni tre anni; delle modalità di effettuazione dei controlli sui biocidi immessi sul mercato; delle procedure ai fini dell'adozione dei provvedimenti autorizzativi (rilasciati dal Ministero della salute) previsti dal citato regolamento n. 528/2012.
  Segnala poi che l'articolo in oggetto ha l'obiettivo di garantire la piena applicabilità del predetto regolamento, considerato che, a partire dal 1o settembre 2013, la direttiva 98/8/CE in materia dei biocidi non troverà più applicazione, e con essa di conseguenza la normativa nazionale di recepimento, contenuta nel decreto legislativo 25 febbraio 2000, n.174, ciò che comporterebbe un vuoto normativo in materia di controlli, di autorità competente e di iter autorizzativi.
  Un'altra disposizione rilevante per le competenze della XII Commissione è quella di cui all'articolo 16, che reca alcune norme tese a garantire l'applicabilità del regolamento n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo ai prodotti cosmetici.
  In proposito, segnala che, con decorrenza dall'11 luglio 2013, è abrogata la direttiva 76/768/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1976, concernente il «ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici», e, di conseguenza, Pag. 209non potrà trovare più applicazione la normativa nazionale di recepimento di quest'ultima, posta dalla legge n. 713 del 1986 (Norme per l'attuazione delle direttive della Comunità economica europea sulla produzione e la vendita dei cosmetici).
  Entrando nel merito dell'articolo in esame, i commi 1 e 2 specificano che l'autorità competente per la disciplina in oggetto, nonché quella preposta ai relativi adempimenti, è il Ministero della salute, che, ai sensi del comma 3, è l'autorità centrale dello Stato a cui spettano, in materia: i compiti di indirizzo generale e coordinamento in materia di cosmetici; l'elaborazione e l'adozione dei piani pluriennali di controllo; la supervisione e il controllo sulle attività degli organismi che esercitano le funzioni conferite dallo Stato, dalle regioni e province autonome e dalle aziende sanitarie locali.
  Il comma 4 specifica i compiti spettanti alle regioni e alle province autonome, tra cui i compiti di indirizzo e coordinamento delle attività territoriali delle aziende sanitarie locali e l'elaborazione e l'adozione dei piani regionali di controllo.
  Richiama altresì l'articolo 17 del disegno di legge in titolo, che modifica il decreto legislativo n. 109 del 1992, recante la disciplina nazionale in tema di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari. In sostanza, la modifica introdotta è diretta a evitare incertezze da parte degli operatori sull'obbligo di indicare in etichetta la presenza di allergeni alimentari, obbligo che viene confermato esclusivamente se tali ingredienti non figurano nella denominazione di vendita del prodotto finito. La novella ribadisce dunque l'indicazione già espressa con la circolare 22 luglio 2010, n. 5107 del Ministero dello sviluppo economico, che era stata adottata dopo che la Commissione europea aveva contestato all'Italia l'incertezza derivante dall'interpretazione di alcune disposizioni recate dal suddetto decreto legislativo.
  Sempre con riferimento alle competenze della Commissione affari sociali, un'ulteriore disposizione rilevante, almeno sotto certi profili, è quella di cui all'articolo 14, che opera una revisione delle sanzioni relative alla disciplina in materia di protezione delle galline ovaiole e di registrazione dei relativi stabilimenti di allevamento.
  Come evidenziato dalla relazione illustrativa, le disposizioni in esame sono dirette a sanare la procedura di infrazione 2011/2231, avviata da parte della Commissione europea nei confronti dell'Italia, per la non corretta applicazione degli articoli 3 e 5, paragrafo 2, della direttiva 1999/74/CE, attestata dalla presenza sul territorio di allevamenti di galline ovaiole con gabbie non modificate (allevamento in batteria), nonostante il divieto di utilizzo entrato in vigore il 1o gennaio 2012.
  Passando, infine, alla Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2012, presentata dal Governo ai sensi dell'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012, ricorda che, a differenza della relazione programmatica – che indica le grandi priorità e linee di azione che il Governo intende perseguire a livello europeo nell'anno di riferimento – tale documento dovrebbe invece recare un rendiconto dettagliato delle attività svolte e delle posizioni assunte dall'Italia nell'anno precedente, al fine di consentire alle Camere di verificare l'adeguatezza e l'efficacia dell'azione negoziale italiana e la sua rispondenza rispetto agli indirizzi parlamentari. Si tratta dunque del principale strumento per l'esercizio della funzione di controllo ex post del Parlamento sulla condotta del Governo nelle sedi decisionali dell'Unione europea.
  Nel caso di specie, il documento consente di ricostruire l'impostazione complessiva della politica europea del Governo Monti, nell'ultimo scorcio della passata legislatura, e di valutarne l'efficacia complessiva. Pertanto – come è stato evidenziato nella relazione che si è svolta presso la XIV Commissione lo scorso 11 luglio – tenuto conto dell'avvio della nuova legislatura e della costituzione del Governo Letta, l'obiettivo dell'esame della relazione consuntiva 2012 deve essere non quello di Pag. 210formulare un giudizio «storico» sulla politica europea del precedente Governo ma piuttosto quello di identificare i fattori strutturali di forza e di debolezza della partecipazione italiana alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea.
  Entrando nel merito dei capitoli che rientrano nella competenza della Commissione affari sociali – si tratta delle sezioni relative all'Occupazione e alle politiche sociali (p. 100) e alla Salute (p. 126) – rileva, in generale, come non sempre venga indicata in modo chiaro la posizione assunta dall'Italia rispetto ai singoli temi.
  Fa presente, quindi, che, in materia di salute, la relazione segnala in particolare i lavori per la definizione della proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e riafferma, al riguardo, l'importanza di continuare a porre l'attenzione sui risvolti connessi con la libera circolazione delle persone e con la libera prestazione di servizi sanitari nei Paesi europei.
  È proseguito, poi, il negoziato sulla proposta di direttiva relativa alla protezione dei lavoratori dalle esposizioni ai campo elettromagnetici (COM 11951/11).
  L'Italia ha preso parte, altresì, ai lavori del gruppo istituito dalla Commissione ai sensi dell'articolo 14 della direttiva 2011/24/UE, concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera, nonché ai gruppi tecnici di progetto inerenti l'impiego inerenti l'impiego della Information and Communication Technology (ICT) nella salute (eHealth).
  La relazione in esame dà conto, inoltre, dell'attività che si sta svolgendo nel settore dei dispositivi medici nell'ambito del quale, soprattutto a seguito dello scandalo concernente le protesi mammarie (PIP), la Commissione europea ha ritenuto di formulare delle richieste agli Stati membri al fine di sviluppare azioni congiunte e condivise in grado di migliorare il settore dei dispositivi medici per quanto riguarda la sicurezza ed efficacia di tali prodotti. Si specifica che il Ministero della salute ha fornito puntuale risposta a tali richieste, in particolare fornendo il proprio contributo all'elaborazione della nuova normativa sui dispositivi medici, che avrà la forma di un regolamento.
  Per quanto concerne il settore farmaceutico, la relazione riferisce dalla prosecuzione dei lavori relativi alle modifiche del regolamento (CE) n. 726/2004 e della direttiva 2001/83/CE, con riferimento alla comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica e sulla farmacovigilanza.
  Con riferimento, poi, al settore dell'igiene, sicurezza degli alimenti e nutrizione, la relazione si sofferma soprattutto sulla questione concernente la modifica del regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento e del Consiglio concernente la revisione dell'ispezione delle carni, rispetto alla quale è in atto una discussione a livello europeo. In questo contesto, l'Italia si è espressa a favore di una semplificazione delle procedure riguardanti l'ispezione post mortem, ritenendo tuttavia che la visita ante mortem, configurandosi come un'attività squisitamente clinica, debba essere effettuata in tutte le fasi esclusivamente da un medico veterinario.
  Altri temi rilevanti in questo settore riguardano, rispettivamente, l'approvazione del regolamento (UE) n. 16/2012 della Commissione, con riferimento ai requisiti relativi agli alimenti congelati di origine animale destinati al consumo umano, del regolamento (UE) n. 101/2013, relativo all'impiego di acido lattico per ridurre la contaminazione microbiologica superficiale delle carcasse bovine, nonché i negoziati concernenti il regolamento n. 1169/2011 sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e la partecipazione alle riunioni dei gruppi di lavoro per l'aggiornamento del regolamento (CE) n. 669/2009 relativo ai controlli all'importazione di alimenti.
  Vengono, altresì, riportati elenchi di attività svolta nell'ambito dei vari comitati e gruppi di lavoro attivi presso le istituzioni europee, afferenti ai settori dei prodotti fitosanitari e della sanità veterinaria.Pag. 211
  Per quanto riguarda, infine, il capitolo delle politiche sociali, la relazione dà conto, innanzitutto dell'impegno del Governo a seguire con attenzione l'attuazione della iniziativa-faro «Una piattaforma europea contro la povertà e l'emarginazione», lanciata dalla Commissione europea nell'ambito della Strategia Europa 2020.
  Nel corso del 2012, l'Italia ha partecipato, inoltre, al Comitato FSE, che ha funzioni consultive e di assistenza alla Commissione europea nell'amministrazione del Fondo sociale europeo, in particolare sulle questioni attinenti le proposte di regolamento e i documenti programmatici che ne derivano. Oltre al livello europeo, l'attività italiana in materia di FSE si è concentrata sul negoziato interno tra ministeri, regioni e parti sociali, procedendo in particolare ad una ricognizione da parte di tutte le amministrazioni interessate sulla condizionalità ex ante – ovvero sui requisiti istituzionali, amministrativi, regolatori, pianificatori e progettuali la cui soddisfazione è necessaria per poter accedere ai finanziamenti europei – che sarà propedeutica alla elaborazione nel 2013 del documento programmatico italiano, l'Accordo di partenariato, che dovrà stabilire gli impegni per il raggiungimento degli obiettivi dell'Unione europea attraverso la programmazione dei fondi europei.
  Si segnala, inoltre, l'impegno del Governo per la promozione degli obiettivi dell'anno, sul piano sia nazionale che europeo, con riferimento alla celebrazione dell'Anno europeo 2012 dell'invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni.
  Nella relazione viene altresì riportato l'impegno del Governo sul fronte delle politiche antidroga, soprattutto per quanto concerne il contributo alla realizzazione della nuova Strategia Europea 2013-2020, rimarcando la necessità di un approccio bilanciato tra la riduzione della domanda e dell'offerta della droga.
  Si riserva infine di formulare proposte di relazione e di parere al termine della discussione generale.

  Paola BINETTI (SCpI), dopo aver ringraziato il deputato Miotto per la relazione svolta, particolarmente ampia e dettagliata, si sofferma su quello che, a suo avviso, è il punto più critico dei documenti in esame, ovvero l'articolo 13 del disegno di legge di delegazione europea 2013, recante principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega volta al recepimento della direttiva sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato. In proposito, rileva, innanzitutto, come sia venuta a crearsi una discrepanza tra la direttiva, finalizzata a far sì che la sperimentazione sugli animali sia disciplinata in modo da non creare eccessive e inutili sofferenze a questi ultimi, e la disposizione di cui all'articolo 13, che finisce per ostacolare del tutto tale sperimentazione, con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano della tutela della salute dell'uomo.
  Fa presente, infatti, come allo stato attuale non vi siano metodi alternativi a quello della sperimentazione sugli animali. Sul punto, ritiene che sarebbe utile procedere, nel corso delle giornate successive, all'audizione di scienziati e di esperti della materia.
  Ribadisce, dunque, l'opportunità di attuare la direttiva così com’è, senza introdurre una disciplina ancora più rigida, che finirebbe inevitabilmente per comportare danni alla scienza, alla ricerca e alla salute umana che, in una scala di priorità dei valori, non può non collocarsi al primo posto. Evidenzia peraltro come la «vocazione» della Commissione affari sociali sia proprio quella di tutelare in primo luogo la salute delle persone.
  Fa presente, inoltre, che, anche qualora l'Italia dovesse adottare una normativa particolarmente rigida in materia di sperimentazione sugli animali, limitando così la produzione di determinati medicinali, vi sarebbe comunque la possibilità di acquistare all'estero, a costi più elevati, quegli stessi prodotti. Rileva altresì come il nostro Paese venga accusato di «medievalismo» per quanto riguarda la ricerca, anche a seguito della vicenda connessa al Pag. 212metodo cosiddetto Stamina, che non è stato sperimentato secondo le procedure previste dai protocolli.
  Dopo aver preannunciato la presentazione di emendamenti con riferimento al suddetto articolo 13, precisa che la sua non è una posizione di scarsa sensibilità nei confronti degli animali, bensì di attenzione verso la salute dell'uomo, che rischia di essere seriamente compromessa se non si consente la sperimentazione animale.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, a seguito della richiesta avanzata dal deputato Binetti, di prevedere lo svolgimento di alcune audizioni informali, segnala che, come ricordato all'inizio della seduta, sulla base della tempistica prospettata dalla Commissione di merito, le Commissioni competenti in sede consultiva dovrebbero concludere l'esame dei documenti in esame, al massimo, entro la giornata di martedì 23 luglio.
  Per tale ragione, chiede ai vari gruppi parlamentari di esprimersi in merito alla predetta richiesta di audizioni.

  Andrea CECCONI (M5S) osserva che, in base alla mole dei documenti in titolo, al numero e alla complessità delle problematiche ad essi connesse, è difficile pensare di poterne concludere l'esame entro la giornata di martedì. A suo avviso, infatti, sarebbe necessario approfondire i temi principali, quali il tema ricordato dal deputato Binetti, della sperimentazione animale, e quello dell'assistenza transfrontaliera.
  Per tale ragione, condivide la richiesta di procedere allo svolgimento di alcune audizioni che, a suo avviso, dovrebbero riguardare anche l'assistenza sanitaria transfrontaliera.

  Gian Luigi GIGLI (SCpI) concorda con i rilievi formulati dai colleghi intervenuti nel dibattito, essendo egli stesso favorevole all'idea di procedere ad un approfondimento dei temi più delicati e complessi, ovvero l'assistenza sanitaria transfrontaliera e la sperimentazione animale.
  Per quanto riguarda quest'ultima, ritiene che, a seguito dell'intervento del Senato, vi è il pericolo che si venga a creare una situazione simile a quella denunciata in occasione dell'esame del cosiddetto decreto Stamina, laddove le modifiche introdotte al testo del provvedimento presso l'altro ramo del Parlamento rischiavano di portare l'Italia fuori dalla comunità scientifica internazionale.
  Fa altresì presente che, se non si vuole correre tale rischio, occorre smantellare il testo dell'articolo 13 inserito nel corso dell'esame al Senato, che a suo avviso si ispira ad una visione manichea, al punto da prevedere che gli animali dovrebbero essere sottoposti ad anestesia anche solo per effettuare un prelievo.
  Alla luce delle considerazioni svolte, ribadisce l'opportunità di procedere allo svolgimento di audizioni sulla materia.

  Maria AMATO (PD) condivide i rilievi critici formulati dai deputati intervenuti nel dibattito con riferimento all'articolo 13 del disegno di legge di delegazione europea 2013, osservando che tale disposizione non fa altro che stressare l'emotività legata al rispetto degli animali. A suo avviso, è ipocrita pensare di vietare ogni forma di sperimentazione che possa comportare dolore per gli animali.
  A questo proposito, rileva che, ad esempio, esistono farmaci per i quali è necessario conoscere gli effetti epilettologici, che non possono che essere testati sugli animali. Allo stesso modo, ritiene che non possano essere introdotti divieti nei confronti degli xenotrapianti, che vengono effettuati utilizzando organi e tessuti provenienti da animali appartenenti a specie diverse da quella del ricevente, dal momento che la direttiva non contempla affatto questo tipo di divieto.
  Ribadisce, dunque, che non si può fermare la scienza in nome di una difesa degli animali che definisce ipocrita, precisando altresì che alla sperimentazione animale per usi scientifici è connessa un'idea di costi-benefici che non può venire meno.

Pag. 213

  Elena CARNEVALI (PD) esprime innanzitutto un ringraziamento al relatore per il lavoro svolto, evidenziando come dalla relazione siano emersi vari temi particolarmente corposi e complessi, in primis quello della sperimentazione animale.
  Rispetto a tale questione, condivide, in generale, le perplessità emerse da più parti con riferimento al fatto che l'articolo 13 del disegno di legge di delegazione europea 2013 introduce criteri più restrittivi rispetto a quelli previsti a livello comunitario. In particolare, ritiene poco giustificabili i limiti posti agli xenotrapianti, che rischiano di tradursi in un vero e proprio ostacolo alla ricerca.
  Fa presente, tuttavia, che occorre valutare in maniera ponderata il lavoro svolto presso l'altro ramo del Parlamento, in quanto si deve ritenere che la soluzione prevalsa – e recepita dal richiamato articolo 13 – sia il risultato di un compromesso tra posizioni contrapposte e non il frutto di un atteggiamento emotivo.

  Raffaele CALABRÒ (PdL) osserva come dal dibattito emerga, in generale, l'esigenza di intervenire sul testo licenziato dal Senato, apportando modifiche, in particolare, all'articolo 13 del disegno di legge di delegazione europea 2013. Si domanda, pertanto, se la Commissione avrà effettivamente il tempo di procedere ai necessari approfondimenti, al fine di approvare emendamenti da trasmettere alla XIV Commissione, insieme alle relazioni e al parere concernenti i documenti in oggetto.
  Entrando nel merito della questione problematica che è stata sollevata da più parti, fa presente che, negli anni in cui egli stesso si è formato come medico, non esistevano dubbi in ordine alla legittimità della sperimentazione animale per fini scientifici. Preso atto del fatto che, nel corso degli anni, la sensibilità è evidentemente cambiata, s'interroga tuttavia sulla possibilità concreta di utilizzare metodi alternativi alla sperimentazione animale.
  Pertanto, pur accogliendo l'esigenza di tenere conto di nuove sensibilità, ritiene indispensabile verificare preventivamente se esistono strade alternative all'utilizzazione di animali per sperimentare farmaci e terapie mediche.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, con riferimento alla domanda posta dal deputato Calabrò in ordine alla tempistica da seguire, ribadisce che la Commissione competente per il merito ha fissato tempi stretti per la conclusione dell'esame dei documenti in titolo da parte delle Commissioni competenti in sede consultiva. Pertanto, la XII Commissione può decidere di rispettare il termine ultimo di martedì 23 luglio, procedendo eventualmente allo svolgimento di audizioni compatibilmente con tale data, oppure decidere di andare oltre, assumendosene evidentemente la responsabilità.

  Giovanni MONCHIERO (SCpI) rileva come il tema della sperimentazione animale sia oggetto di un'attenzione molto forte, che probabilmente va al di là dei confini della Commissione affari sociali.
  Fa presente, altresì, di aver ricevuto un'informazione «ufficiosa» e, pertanto, da verificare, secondo la quale la disciplina introdotta nel corso dell'esame al Senato in questa materia rischia di comportare grandi difficoltà economiche per i soggetti produttori di vaccini, ciò che reputa gravissimo, soprattutto in considerazione dalla fase di crisi che attraversa il Paese.
  Per le ragioni esposte, ritiene che sia utile procedere ai necessari approfondimenti, anche attraverso lo svolgimento di audizioni che, a suo parere, dovrebbero riguardare anche l'altro grande tema, dell'assistenza sanitaria transfrontaliera.

  Filippo FOSSATI (PD), intervenendo in parziale dissenso dai deputati che l'hanno preceduto, rileva una sorta di drammatizzazione nel dibattito che, a suo avviso, non ha ragione di porsi in quanto si sta discutendo di una direttiva europea che tratta il tema della protezione degli animali con riferimento al loro utilizzo per fini scientifici.Pag. 214
  Fa presente, quindi, che in ambito comunitario è stata sicuramente prestata la dovuta attenzione alle esigenze connesse al progresso della scienza e della ricerca, non essendo certamente la direttiva in questione un atto emanato da un gruppo di animalisti estremisti.
  Ritiene, altresì, che non si possa istituire un confronto con quanto accadde in occasione dell'approvazione del cosiddetto decreto Stamina, laddove effettivamente, a differenza del caso di specie, il dibattito al Senato fu caratterizzato da una sorta di approssimazione.

  Vanna IORI (PD) condivide l'impostazione seguita dal deputato Fossati. In particolare, ritiene che si possa procedere alle audizioni al fine di approfondire il tema in oggetto, in modo da fare emergere tutte le preoccupazioni ad esso connesse, anche distanti tra loro, comprese quelle concernenti la necessità di far cessare le sperimentazioni inutili e le sofferenze eccessive che vengono inflitte agli animali.
  Pur condividendo, dunque, la scala di priorità cui faceva riferimento il deputato Binetti nel suo intervento, osserva che occorre valutare senza emotività i valori coinvolti dalla sperimentazione animale, con l'obiettivo di tutelare senz'altro la salute umana in via prioritaria, ma tenendo conto, al tempo stesso, dell'esigenza di proteggere gli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici.

  Anna Margherita MIOTTO (PD), relatore, rileva come dalla discussione sia emersa un'attenzione forte e generalizzata verso il tema della sperimentazione animale, anche da posizioni differenti. In proposito, fa notare innanzitutto che la Commissione affari sociali non sta intervenendo nella fase ascendente della direttiva, bensì sta discutendo dell'articolo 13 del disegno di legge di delegazione europea 2013, che reca principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega volta al recepimento della direttiva sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici.
  A suo avviso, occorre tenere conto di tale circostanza, anche nello svolgimento delle audizioni che sono state richieste.
  Fa presente, inoltre, che, rispetto alla predetta direttiva, il Governo può darvi attuazione oppure incorrere nell'infrazione e che, evidentemente, con il suddetto articolo 13 ha scelto la prima via, anche se, per certi versi, tale disposizione sembra introdurre criteri più restrittivi rispetto al contenuto della direttiva, al punto da ostacolare o, comunque, rendere più difficile la sperimentazione.
  Alla luce di tali premesse, ritiene che sarebbe opportuna la presenza del Governo nella seduta della Commissione che avrà luogo nella giornata di domani, per il prosieguo del dibattito.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, alla luce degli interventi svolti, e preso atto dei chiarimenti forniti dal relatore, ritiene che nella mattina di domani potranno svolgersi alcune audizioni al fine di approfondire i temi più controversi connessi al recepimento della direttiva sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici. Ricorda, tuttavia, che la Commissione affari sociali sta discutendo, in sede consultiva, delle parti di propria competenza di documenti dal contenuto molto complesso e articolato. Pertanto, ferme restando le legittime richieste di approfondimento avanzate da più parti, fa presente che occorre inquadrare la discussione che si sta svolgendo in un contesto ben più ampio.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.55.

RELAZIONI AL PARLAMENTO

  Martedì 16 luglio 2013. — Presidenza del presidente Pierpaolo VARGIU.

  La seduta comincia alle 14.55.

Pag. 215

Rapporto di performance per l'anno 2012 del Ministero della salute.
Doc. CLXIV, n. 2.
(Esame ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del documento in titolo.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, ricorda che la Presidente della Camera, il 27 giugno scorso, dando seguito ad una sollecitazione emersa in occasione della riunione della Conferenza dei presidenti di Commissione, ha portato all'attenzione di tutti i presidenti delle Commissioni permanenti la necessità di un maggior coinvolgimento delle stesse Commissioni nel programma, avviato negli ultimi anni dal Governo, di analisi e valutazione della spesa, comunemente denominato spending review. La Presidente della Camera ha, in particolare, sottolineato che un'occasione per approfondire la discussione sul tema, in vista della manovra di finanza pubblica per il prossimo anno e nell'ottica di razionalizzazione della spesa, è rappresentata dall'esame della relazione che ogni Ministro presenta entro il 15 giugno di ciascun anno ai sensi dell'articolo 3, comma 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
  Segnala, quindi, che il Ministro della salute ha provveduto in tal senso, trasmettendo la propria Relazione, denominata «Rapporto di performance 2012», il 21 giugno scorso. Considerato che la Relazione è stata assegnata a questa Commissione lo scorso 24 giugno, il termine per la presentazione della relazione, di cui al comma 3 dell'articolo 124 del regolamento, scadrà il prossimo 24 luglio.
  Fa presente, inoltre, che, secondo quanto indicato dal presidente della V Commissione nella riunione della Conferenza dei presidenti di Commissione, le relazioni presentate dalle singole Commissioni saranno trasmesse alla Commissione Bilancio ai fini della predisposizione di un contributo unitario in vista della manovra di finanza pubblica per il prossimo anno per la razionalizzazione della spesa nei settori di competenza delle Commissioni stesse. In particolare, la Commissione Bilancio potrà, d'intesa con l'omologa Commissione del Senato, predisporre un atto di indirizzo che ricomponga in un unico quadro le indicazioni provenienti dalle Commissioni permanenti.

  Giovanni MONCHIERO (SCpI), relatore, ricorda che con la presentazione del rapporto di performance per l'anno 2012 il Ministero della salute adempie a quanto disposto dall'articolo 3, comma 68, della legge n. 244 del 2007, nello specifico trasmettendo alle Camere per l'esame da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di coerenza ordinamentale e finanziaria, una relazione sullo stato della spesa, sull'efficacia nell'allocazione delle risorse nelle amministrazioni di rispettiva competenza e sul grado di efficienza dell'azione amministrativa svolta, con riferimento alle missioni e ai programmi in cui si articola il bilancio dello Stato.
  La relazione da conto degli elementi informativi e di valutazione individuati con apposita direttiva emanata dal Ministro per l'attuazione del programma di Governo, con particolare riguardo sia ai risultati conseguiti dall'amministrazione nel perseguimento delle priorità politiche individuate dal Ministro, sia al grado di realizzazione degli obiettivi di miglioramento, in relazione alle risorse assegnate. Si osserva, per inciso, che è la prima volta che i ministeri sottopongono alle Commissioni competenti per materia il Rapporto sulle performance. In esecuzione del dettato normativo, la Presidenza della Camera ha ritenuto, come ricordava il Presidente, che la Commissione debba esprimere il proprio parere.
  A tal fine, osserva che la finalità del Rapporto è quella di costituire, attraverso la misurazione e la valutazione dei risultati, la premessa imprescindibile per migliorare la qualità dei servizi offerti e consentire al contempo di garantire la massima trasparenza dei risultati e delle risorse impiegate per la loro realizzazione. Pag. 216
  Entrando nel merito del testo, nei paragrafi 3 e 4 sono esplicitati gli obiettivi assegnati ai Centri di Responsabilità e alle strutture operative partendo dalle priorità politiche definite con atto di indirizzo del Ministro e declinate in obiettivi strategici e operativi.
  Nelle tabelle delle pag. 6, 7, 8, e 9 questo procedimento è analiticamente descritto fino al dettaglio degli obiettivi operativi assegnati.
  Il giudizio di raggiungimento degli obiettivi è invece esposto in modo nel successivo paragrafo 4.
  Le valutazioni numeriche dei risultati ottenuti – con percentuali di attuazione pari o molto vicine al 100 per cento – sono poi successivamente esposte nelle tabelle delle pag. 19, 20 e 21.
  Il paragrafo 5 si riferisce alle risorse impiegate con specifico riferimento alle conseguenze delle riduzioni dei finanziamenti operati dai provvedimenti normativi in materia di finanza pubblica, partendo dai decreti legge n. 98 del 6 luglio 2011 e n. 138 del 13 agosto 2011 sino al decreto legge n. 95 del 2012 (c.d. spending review).
  Per quanto concerne invece le risorse umane, la Tavola 3 espone la distribuzione del personale del Ministero della salute, per qualifica con indicazioni di dipendenti part time e a tempo pieno e dà ragione delle variazioni intervenute nell'anno 2012 rispetto al dato del 2011. Si rileva complessivamente una riduzione di 75 unità, pari al 3,4 per cento, pienamente coerente con gli obiettivi di finanza pubblica. Con la successiva tavola 3.1 si da conto della diminuzione delle retribuzioni medie avvenute nel 2012 relativamente al 2011, in applicazione della normativa vigente in materia.
  Ciò premesso, rileva che il meccanismo di rilevazione della performance introdotto dalla legge n. 244 del 2007 risponde ad una esigenza di valutazione dell'efficienza della amministrazione centrale, divenuta ormai imprescindibile dopo che le metodologie di valutazione erano state positivamente applicate in molti enti e aziende pubbliche.
  Se il giudizio sulla relazione è complessivamente favorevole, ritiene utile segnalare alcuni passaggi che suscitano perplessità.
  Fa riferimento, in primo luogo, al fatto che il risultato della valutazione, condotta da un soggetto terzo e indipendente, non è sindacabile nel merito. Osserva, peraltro, che le logiche di assegnazione degli obiettivi e di valutazione della perfomance, adottate nel dare applicazione alla legge 244/2007, risentono della difficoltà di misurare concretamente l'efficienza e l'efficacia dell'azione degli uffici ministeriali. In particolare la definizione degli obiettivi non è sempre coerente con la priorità politica individuata dal Ministro. Ad esempio, nella tabella a pag. 7, l'obiettivo operativo 8.3.2 – finalizzato al monitoraggio, senza dubbio opportuno, dell'attività intramoenia – pare non direttamente collegabile all'obiettivo strategico 8.3 che si prefiggeva di favorire l'integrazione professionale tra gli operatori sanitari e l'integrazione tra ospedale e territorio. Per contro, si ritiene meritevole di apprezzamento lo sforzo attuato nel costruire un sistema di monitoraggio in «tempo reale» dello stato di avanzamento sui vari obiettivi che consente ai vertici delle strutture di tenere sotto controllo l'andamento delle azioni intraprese.
  In secondo luogo, osserva che, nel riferire delle azioni adottate per contenere la spesa entro gli obiettivi finanziari assegnati al Ministero, la relazione rileva che si sono incontrate difficoltà gestionali e che, in qualche caso, si sarebbero creati debiti fuori bilancio. Pur comprendendo le difficoltà della pubblica amministrazione nel dare attuazione a politiche di contenimento della spesa molto severe, la dichiarazione che si sarebbero costituiti debiti fuori bilancio pare meritevole di una specifica sottolineatura.
  Inoltre, l'Organo Indipendente di Valutazione, formula alcune osservazioni sulle difficoltà incontrate e sulle lacune tecniche degli strumenti di gestione attualmente in atto. Per quanto attiene a quest'ultimo problema, osserva che l'implementazione di un sistema di controllo di gestione Pag. 217fondato su una attendibile contabilità analitica, potrebbe anche ritenersi non indispensabile nel valutare l'attività di un Ministero. Tuttavia, se l'amministrazione sceglie di utilizzare questo strumento non è accettabile – anche in considerazione della scarsità numerica dei fattori produttivi impiegati – che la sua effettiva attivazione si protragga per anni.
  Inquietante appare, infine, la lettura del punto 6.1 della Relazione laddove l'Organismo Indipendente, nel dare conto delle difficoltà nel costruire e applicare una corretta metodologia di valutazione, osserva che «l'impiego delle stesse misure come indicatori da collegare agli obiettivi strategici della Direttiva generale per l'attività amministrativa e la gestione è avversato dalle strutture ministeriali per il collegamento attualmente previsto dalla legislazione vigente tra misurazione e valutazione della performance individuale. In altri termini, in assenza di un forte commitment degli organi di vertice, avendo il mancato raggiungimento dei risultati previsti conseguenze sulla valutazione individuale del personale ai diversi livelli, risulta poco conveniente individuare indicatori significativi e realmente sfidanti, che consentirebbero un'effettiva misurazione degli impatti dell'azione amministrativa sul contesto socio-economico di riferimento.»
  Su questo punto appare assolutamente necessario richiamare l'attenzione del Ministero.
  In conclusione, ritiene di proporre alla Commissione di esprimere un parere favorevole alla Relazione, formulando, ove la Commissione lo ritenga opportuno, alcune osservazioni in merito alle lacune e alle incongruenze sopra evidenziate.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.05.