CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 16 luglio 2013
56.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
COMUNICATO
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RELAZIONI AL PARLAMENTO

  Martedì 16 luglio 2013. — Presidenza del vicepresidente Ignazio ABRIGNANI. — Interviene il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Simona Vicari.

  La seduta comincia alle 12.20.

Relazione concernente la liberalizzazione delle attività economiche e la riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese.
Doc. XXVII, n. 1.

(Seguito dell'esame ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del regolamento e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del documento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 9 luglio 2013.

  Ignazio ABRIGNANI, presidente, ricorda nella precedente seduta il relatore Vignali ha presentato una proposta di risoluzione. Nessuno chiedendo di intervenire, invita il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulla proposta presentata.

  Il sottosegretario Simona VICARI accoglie gli impegni contenuti nelle lettere a), b), f), g) e j) della proposta di risoluzione. Pur giudicando rilevanti e opportuni gli impegni delle lettere c), d) e h), riterrebbe tuttavia preferibile trasfonderne il contenuto in emendamenti al decreto-legge n. 69 del 2013 attualmente in discussione presso le Commissioni congiunte I e V, il quale reca disposizioni di analogo contenuto. Esprime perplessità sulla lettera i), che impegna il Governo a uniformare la tipologia dei software utilizzati dalle pubbliche amministrazioni, privilegiando l’open source, non ritenendo questa la sede idonea per affrontare la questione. Manifesta infine un orientamento contrario alla lettera k) della parte dispositiva.

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  Raffaello VIGNALI (PdL), relatore, si dichiara disponibile a presentare emendamenti al decreto-legge n. 69 del 2013 in Assemblea (essendo scaduto il termine di presentazione presso le Commissioni di merito) che riproducano il contenuto delle lettere d) e h), purché il Governo si impegni fin d'ora ad esprime su di essi parere favorevole. In particolare, riguardo al contenuto della lettera h), sottolinea che in Italia vi è un'assoluta necessità di semplificare il sistema fiscale, oltre che di ridurre le tasse. Ritiene invece assolutamente prioritario il contenuto della lettera c) sottolineando il diritto dei cittadini e delle imprese a conoscere preventivamente e in modo certo i tempi dell'azione amministrativa. Osserva altresì che il soggetto responsabile dei ritardi dovrebbe rispondere nei confronti del cittadino o delle imprese per i danni da questi subiti. Riguardo al contenuto della lettera i), manifesta disponibilità ad una riformulazione, rilevando tuttavia il problema dell'interoperabilità dei diversi sistemi di software proprietari che non riescono a dialogare tra loro.
  Riguardo al contenuto della lettera k), ritiene si possa specificare che il sistema di sussidiarietà orizzontale deve intervenire nel rispetto del principio di liberalizzazione. Osserva che molte agenzie per le imprese operano in base al principio di sussidiarietà che rappresenta un evidente elemento di semplificazione della vita delle aziende. I corpi sociali intermedi, incluso il sistema delle professioni, possono rappresentare una valida alternativa al monopolio spesso inefficiente della pubblica amministrazione.

  Il sottosegretario Simona VICARI propone al relatore di riformulare la lettera c) prevedendo una riforma organica della pubblica amministrazione volta a introdurre il principio della conoscibilità preventiva dei tempi dell'azione amministrativa. Ribadisce che non ritiene accoglibile l'impegno recato dalla lettera k) che, a suo avviso, rappresenta un elemento di forte resistenza allo snellimento delle procedure della pubblica amministrazione.

  Raffaello VIGNALI (PdL), relatore, osserva che interesse primario dei cittadini e delle imprese è che la pubblica amministrazione funzioni correttamente e speditamente. Una volta che ciò sia realizzato probabilmente non vi sarà più bisogno di corpi sociali intermedi (come sono attualmente, ad esempio, i CAAF), ma al momento prevale la necessità di avere un sistema che funzioni semplificando la vita dei cittadini e delle imprese. Sottolinea che il motivo per cui molte imprese del Nord delocalizzano in Austria o in Slovenia è da ricercarsi non tanto nell'abbattimento fiscale quanto nella semplificazione amministrativa che quei Paesi sono in grado di garantire. Ritiene che spesso il monopolio pubblico attuale è inefficace e inefficiente e che la valorizzazione dei corpi intermedi possa contribuire a semplificare il rapporto tra le imprese e la pubblica amministrazione.

  Il sottosegretario Simona VICARI ribadisce un orientamento critico sulla lettera k) della parte dispositiva della risoluzione e si riserva ulteriori approfondimenti al riguardo.

  Ignazio ABRIGNANI, presidente, nessun altro chiedendo di parlare, rinvia quindi il seguito della discussione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 12.50.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 16 luglio 2013. — Presidenza del vicepresidente Ignazio ABRIGNANI, indi del presidente Ettore Guglielmo EPIFANI.

  La seduta comincia alle 12.50.

Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013.
C. 1326 Governo, approvato dal Senato.

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Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013.
C. 1327 Governo, approvato dal Senato.

Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea relativa all'anno 2012.
Doc. LXXXVII, n. 1.

(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Ignazio ABRIGNANI, presidente, avverte che, la Commissione deve esprimere un parere alla XIV Commissione, competente in sede referente, sui seguenti disegni di legge europei, trasmessi dal Senato:
   Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 (C. 1326, approvato dal Senato);
   Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee – Legge europea 2013 (C. 1327, approvato dal Senato).

  A norma dell'articolo 126-ter, comma 1, del Regolamento, è stata altresì assegnata alla XIV Commissione, con il parere di tutte le altre Commissioni permanenti, la relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2012 (doc. LXXXVII, n. 1).
  L'esame congiunto dei citati provvedimenti si svolge secondo le procedure dettate dall'articolo 126-ter del regolamento (per il «disegno di legge comunitaria»), in base alle quali le Commissioni in sede consultiva esaminano le parti di competenza e deliberano una relazione sul disegno di legge, nominando altresì un relatore, che può partecipare alle sedute della Commissione medesima. Poiché i disegni di legge ora previsti dalla legge n. 234 del 2012 sono distinti, le Commissioni dovranno esprimere su ciascuno di essi una distinta relazione, accompagnata da eventuali emendamenti approvati. Al relativo esame può procedersi congiuntamente.
  Sulla relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea le Commissioni dovranno invece esprimere un parere.
  Le relazioni ed il parere approvati sono trasmessi alla XIV Commissione; le eventuali relazioni di minoranza sono altresì trasmesse alla XIV Commissione, dove possono essere illustrate da uno dei proponenti.
  L'articolo 126-ter, comma 5, del regolamento prevede che le Commissioni di settore possano esaminare ed approvare emendamenti ai disegni di legge, per le parti di competenza.
  Gli emendamenti approvati dalle Commissioni di settore sono trasmessi alla XIV Commissione, che, peraltro, potrà respingerli solo per motivi di compatibilità con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale.
  La facoltà per le Commissioni di settore di esaminare e votare emendamenti è sottoposta alla disciplina di seguito indicata:in primo luogo possono ritenersi ricevibili solo gli emendamenti il cui contenuto è riconducibile alle materie di competenza specifica di ciascuna Commissione di settore. Nel caso in cui membri della Commissione intendano proporre emendamenti che interessano gli ambiti di competenza di altre Commissioni, tali emendamenti dovranno essere presentati presso la Commissione specificamente competente;in secondo luogo, per quanto riguarda l'ammissibilità, l'articolo 126-ter, comma 4, del regolamento della Camera stabilisce che, fermi i criteri generali di ammissibilità previsti dall'articolo 89, i presidenti delle Commissioni competenti per materia e il presidente della Commissione Politiche dell'Unione europea dichiarano inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che riguardino materie estranee all'oggetto proprio dei disegni di legge, come definito dalla legislazione vigente (articolo 30 della legge n. 234 del 2012).
  In particolare, si segnala che, secondo la prassi seguita per il disegno di legge Pag. 167comunitaria, sono considerati inammissibili per estraneità al contenuto proprio gli emendamenti recanti modifiche di discipline vigenti, anche attuative di norme europee o previste da leggi comunitarie, per le quali non si presentino profili di incompatibilità con la normativa europea.
  In ogni caso, i deputati hanno facoltà di presentare emendamenti direttamente presso la XIV Commissione, entro i termini dalla stessa stabiliti.
  Gli emendamenti respinti dalle Commissioni di settore non potranno essere presentati presso la XIV Commissione, che li considererà irricevibili. Gli emendamenti respinti dalle Commissioni potranno, peraltro, essere ripresentati in Assemblea.
  Per prassi consolidata, gli emendamenti presentati direttamente alla XIV Commissione sono trasmessi alle Commissioni di settore competenti per materia, ai fini dell'espressione del parere, che assume una peculiare valenza procedurale. A tale parere, infatti, si riconosce efficacia vincolante per la XIV Commissione. L'espressione di un parere favorevole, ancorché con condizioni o osservazioni, equivarrà pertanto ad una assunzione dell'emendamento da parte della Commissione, assimilabile alla diretta approvazione di cui all'articolo 126-ter, comma 5, del regolamento. Tali emendamenti potranno essere respinti dalla XIV Commissione solo qualora siano considerati contrastanti con la normativa europea o per esigenze di coordinamento generale. Viceversa, un parere contrario della Commissione in sede consultiva su tali emendamenti avrà l'effetto di precludere l'ulteriore esame degli stessi presso la XIV Commissione.
  Avverte infine che il termine per la presentazione degli emendamenti presso la X Commissione è fissato alle ore 16 di giovedì 18 luglio 2013.

  Caterina BINI (PD), relatore, ricorda come la Commissione Attività produttive è chiamata ad esprimere un parere alla XIV Commissione Politiche europee sui disegni di legge in titolo, approvati dal Senato, che vengono esaminati congiuntamente alla relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (anno 2012).
  Sottolinea in proposito che il 2 maggio 2013 il Governo ha presentato al Senato i citati disegni di legge europea e di delegazione europea relativi all'anno 2013 (atti S. 587 e S. 588). Si tratta dei due nuovi strumenti di adeguamento all'ordinamento dell'Unione europea previsti dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha introdotto una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea. Con l'entrata in vigore della legge n. 234, che trova qui prima applicazione, la legge comunitaria annuale prevista dalla legge n. 11 del 2005 è sostituita da due distinti provvedimenti: la legge di delegazione europea, il cui contenuto è limitato alle disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell'Unione europea ;la legge europea, che contiene norme di diretta attuazione volte a garantire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento europeo, con particolare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa europea.
  Il disegno di legge recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 è stato approvato dal Senato l'8 luglio e trasmesso alla Camera dei deputati il 9 luglio 2013 (C. 1326).
  Il provvedimento, a seguito delle modifiche approvate dal Senato, consta di 13 articoli ed è corredato da tre allegati. Gli allegati A e B contengono l'elenco delle direttive da recepire con decreto legislativo; analogamente a quanto disposto nelle precedenti leggi comunitarie, nell'allegato B sono riportate le direttive sui cui schemi di decreto è previsto il parere delle competenti commissioni parlamentari. Nell'allegato C sono riportate le rettifiche alla direttiva 2006/112/UE sul sistema comune di imposta sul valore aggiunto e alle direttive di modifica della direttiva medesima, per il cui recepimento il disegno di legge conferisce delega al Governo.Pag. 168
  Passando al contenuto di merito del provvedimento e con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Attività produttive, si segnalano in particolare le seguenti disposizioni.
  L'articolo 4, introdotto al Senato, introduce un criterio di delega legislativa per l'attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, contenuta nel disegno di legge in esame (allegato B). Secondo il comma 1, nell'esercizio della delega legislativa per l'attuazione della citata direttiva, il Governo è tenuto a introdurre disposizioni che attribuiscono all'Autorità per l'energia elettrica e il gas il compito di adottare uno o più provvedimenti volti ad eliminare l'attuale struttura progressiva delle tariffe elettriche rispetto ai consumi e ad introdurre tariffe aderenti al costo del servizio. Si tratta di un cambiamento significativo nell'approccio che l'Autorità è chiamata ad assumere, evidentemente finalizzato a ridurre i costi dell'energia che nel nostro Paese restano tuttora più alti rispetto alla media degli altri paesi dell'UE, con conseguente aggravio dei costi per le imprese. I dati a disposizione evidenziano che nel 2012 le imprese italiane hanno pagato prezzi per l'energia elettrica più elevati della media europea per tutte le classi di consumo, sia al netto che al lordo delle imposte e degli oneri generali. I differenziali rispetto agli altri paesi, misurati sui prezzi netti, per i valori più bassi si attestano sul 13 per cento, e raggiungono picchi decisamente elevati, fino al 37 per cento. Questa è, fra tutte le modifiche apportate nel corso dell'esame in prima lettura al Senato, la più significativa per l'impatto che potrà avere sul sistema produttivo nazionale e, in ultima istanza, sui costi di merci e servizi.
  Per quanto concerne le direttive contenute nell'allegato B si segnalano una serie di direttive.
  La direttiva 2011/83/UE armonizza le disposizioni relative alla tutela dei consumatori nell'ambito dei contratti di vendita di beni e servizi conclusi tra consumatori e commercianti, al fine di realizzare un effettivo mercato interno tra imprese e consumatori che raggiunga il giusto equilibrio tra un adeguato livello di tutela dei consumatori e la competitività delle imprese. Nel fare ciò la presente direttiva modifica e accorpa in un unico strumento orizzontale il quadro normativo di riferimento, composto da quattro direttive.
  La direttiva 2011/83/UE mira pertanto a rimuovere le incoerenze e colmare le lacune esistenti in materia di diritti dei consumatori in relazione a contratti conclusi con i professionisti, e rafforzare i diritti dei consumatori tentando di dare nuovo impulso alle vendite a distanza transfrontaliere, incluse quelle via Internet. L'ambito di applicazione è esteso anche ai contratti per fornitura di acqua, gas, elettricità o teleriscaldamento, anche da parte di pubbliche amministrazioni, ove detti prodotti siano forniti su base contrattuale (articolo 3).
  Le principali novità introdotte dalla direttiva 2011/83/UE, che consta di 35 articoli e due allegati, riguardano l'introduzione di una disciplina più dettagliata degli obblighi di informazione al consumatore da parte del commerciante che dovrà fornire alcune informazioni tra cui: il proprio indirizzo; le caratteristiche del prodotto; il prezzo, comprensivo delle spese di spedizione di consegna e postali; le modalità di pagamento; l'esistenza o le condizioni di un servizio postvendita; l'eventuale interoperabilità dei prodotti digitali con hardware e software (articoli 5 e 6).
  Per i contratti a distanza è previsto il diritto di recesso (articoli 9 e ss), portato dagli attuali 7 giorni sanciti dalla direttiva 97/7/CE a 14 giorni, entro i quali il consumatore potrà recedere dal contratto senza il pagamento di alcuna penalità.
  Tale termine decorre non più dalla data di conclusione del contratto di vendita ma dalla data di consegna della merce. Inoltre, se il consumatore non sarà stato informato sul diritto di recesso, questo è protratto per un anno (articolo 10). La domanda di recesso dovrà esser redatta secondo il modello di cui all'allegato 1.
  Ulteriori novità riguardano l'obbligo per il commerciante a consegnare la merce entro 30 giorni dalla data di conclusione Pag. 169del contratto, scaduti i quali il consumatore può chiedere un nuovo termine di consegna. In caso di mancato rispetto di quest'ultimo il consumatore avrà diritto al rimborso delle somme versate (articolo 18).
  Inoltre, la direttiva pone a carico del venditore sino al momento della consegna il rischio di perdita o danneggiamento dei beni (cd. passaggio del rischio) (articolo 20).
  Infine, per quanto concerne i mezzi di pagamento, non sarà possibile imporre al consumatore, qualora non utilizzi contante, tariffe superiori a quelle sostenute dal professionista per l'uso degli appositi strumenti (esempio: commissioni su carte di credito) (articolo 19). Analogo limite riguarda la tariffa per comunicazioni telefoniche su linee dedicate messe dal professionista a disposizione del consumatore (articolo. 21).
  Il termine per il recepimento della direttiva da parte degli Stati membri è fissato al 13 dicembre 2013 e le relative disposizioni si applicheranno a partire dal 13 giugno 2014.
  La direttiva 2012/4/UE è stata adottata dalla Commissione europea.
  L'articolo 14, comma 2, della direttiva 93/15/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, ha previsto che la Commissione possa adottare misure volte a stabilire le condizioni d'applicazione dell'obbligo, per le imprese, di disporre di un sistema di rintracciamento per identificare in qualsiasi momento il detentore degli esplosivi per uso civile.
  Sulla base di questa norma la Commissione ha in precedenza adottato la direttiva 2008/43/CE del 4 aprile 2008, relativa all'istituzione, a norma della direttiva 93/15/CEE del Consiglio, di un sistema «armonizzato», di identificazione e tracciabilità degli esplosivi per uso civile. L'articolo 4 specifica che l'identificazione univoca deve essere «apposta tramite marcatura o in modo stabile sul prodotto, in forma indelebile e in modo da essere chiaramente leggibile». Ai fini di poter sempre individuare i detentori degli esplosivi le imprese devono istituire un sistema di raccolta dei dati relativi agli esplosivi, che ne garantisca l'identificazione durante l'intera catena della fornitura ed il ciclo di vita. La conservazione dei relativi dati deve garantirsi per un periodo di dieci anni dalla consegna o dalla fine del ciclo di vita dell'esplosivo anche qualora le imprese abbiano cessato le proprie attività (articolo 13). Gli obblighi delle imprese vengono dettagliati nell'articolo 14.
  Nel 2012 la Commissione europea ha emendato la disciplina del sistema di identificazione e tracciabilità con la direttiva 2012/4/UE che, in estrema sintesi, ha introdotto le seguenti modifiche alla previgente 2008/43/CE:
   1. la sottrazione delle micce e degli inneschi a percussione dal campo di applicazione della direttiva (articolo 1, paragrafo 1), in considerazione del fatto che essi vengono utilizzati per fini più pirotecnici che esplosivi;
   2. l'introduzione di una nuova disciplina per i detonatori comuni (articolo 1, paragrafo 2), gli inneschi e cariche di rinforzo e le micce detonanti (articolo 1, paragrafo 3);
   3. il rinvio dell'applicazione della direttiva 2008/43/CE al 5 aprile 2013, con deroga al 5 aprile 2015 per l'obbligo di apporre l'identificazione univoca sulle confezioni elementari al livello dei distributori e per l'istituzione del sistema di raccolta dei dati (articolo 1, paragrafo 4). Tale posticipazione si è resa necessaria in quanto lo sviluppo dei sistemi informatici per il sistema di identificazione e tracciabilità degli esplosivi ha richiesto un tempo più lungo di quanto inizialmente previsto;
   4. l'obbligo di apporre l'identificazione univoca su ogni confezione elementare qualora le dimensioni o la forma degli articoli non ne consentano altrimenti l'inserimento (articolo 1, paragrafo 6);
   5. la previsione di un riesame, da porre in essere a cura della Commissione entro il 31 dicembre 2020, al fine di valutare se il progresso tecnico abbia reso Pag. 170possibile revocare le deroghe contenute nell'Allegato (articolo 1, paragrafo 5).

  Il termine per il recepimento nell'ordinamento nazionale è stabilito dall'articolo 2 al 4 aprile 2012 mentre per l'applicazione il termine fissato è il 5 aprile 2013. Il 27 novembre 2012 la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione inviando all'Italia una lettera di messa in mora (ex articolo 258 TFUE) per il mancato recepimento della direttiva 2012/4/UE. Si segnala che la medesima direttiva è oggetto dell'articolo 29 del disegno di legge europea il quale provvede, appunto, ad apportare alcune modifiche al decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 8, al fine di recepire la citata direttiva 2012/4/UE. La norma è volta ad istituire un sistema di identificazione e tracciabilità degli esplosivi per uso civile, dando corso a previsioni della direttiva 2012/4/UE per il cui mancato recepimento (entro il 4 aprile 2012) la Commissione europea ha avviato la procedura di infrazione 2012/0433.
  La direttiva 2012/27/UE – da recepire entro il 5 giugno 2014 – intende aggiornare il quadro giuridico dell'Unione relativo all'efficienza energetica mirando a tal fine a raggiungere l'obiettivo di ridurre del 20 per cento il consumo di energia primaria dell'Unione entro il 2020, nonché di realizzare ulteriori miglioramenti in materia di efficienza energetica dopo il 2020.
  A tal fine, la direttiva stabilisce norme atte a rimuovere gli ostacoli sul mercato dell'energia e a superare le carenze del mercato che frenano l'efficienza nella fornitura e nell'uso dell'energia e prevede la fissazione di obiettivi nazionali indicativi in materia di efficienza energetica per il 2020. I requisiti stabiliti sono requisiti minimi, che non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere o introdurre misure più rigorose.
  La direttiva si compone di 30 articoli (suddivisi in 5 Capi) e 15 allegati. I Capi si articolano come segue: il Capo I riguarda l'oggetto, l'ambito di applicazione, le definizioni e gli obiettivi di efficienza energetica (articoli 1-3); il Capo II concerne l'Efficienza nell'uso dell'energia (articoli 4-13); il Capo III attiene all'Efficienza nella fornitura dell'energia (articoli 14-15); i Capi IV e V recano – rispettivamente – Disposizioni Orizzontali (articoli 16-21) e finali (articoli 22-30).
  Si segnala in particolare l'articolo 3, il quale – nel disciplinare gli obiettivi di efficienza energetica – prevede che ciascuno Stato membro stabilisca un obiettivo nazionale indicativo di efficienza energetica, basato sul consumo di energia primaria o finale, sul risparmio di energia primaria o finale o sull'intensità energetica, notificando tali obiettivi alla Commissione.
  Le principali misure previste dalla direttiva riguardano:
   gli edifici pubblici dotati di impianti di riscaldamento o di raffreddamento, per i quali, fatto salvo l'articolo 7 della direttiva 2010/31/UE, ciascuno Stato membro garantisce che dal 1o gennaio 2014 il 3 per cento della superficie coperta utile totale sia ristrutturata ogni anno per rispettare almeno i requisiti minimi di prestazione energetica che esso ha stabilito. La quota del 3 per cento è calcolata sulla superficie coperta totale degli edifici con una superficie coperta utile totale superiore a 500 m2; da luglio 2015 tale soglia è abbassata a 250 m2;
   le imprese energetiche di pubblica utilità, che devono raggiungere un risparmio energetico di almeno 1,5 per cento per anno sul totale dell'energia venduta ai consumatori finali. Il calcolo del risparmio energetico aggiuntivo va effettuato sulla base della media dei consumi dei 3 anni precedenti l'entrata in vigore della direttiva in esame, avvenuta il 4 dicembre 2012; possono invece essere escluse le vendite di energia per i trasporti;
   le grandi imprese, che saranno obbligate ad audit energetici svolti ogni 4 anni, in modo indipendente da esperti accreditati. L'inizio di questi cicli di audit deve avvenire entro tre anni dall'entrata in vigore della direttiva (ovvero entro tre anni dal 4 dicembre 2012). Sono escluse dall’audit le piccole e medie imprese; Pag. 171
   gli strumenti di finanziamento, che devono favorire l'attuazione delle misure di efficienza energetica. Pertanto, gli Stati membri devono impegnarsi a facilitare la costituzione di questi strumenti finanziari.

  La direttiva modifica le preesistenti direttive 2009/125/CE Energy related Products (ErP) e 2010/30/UE sull'etichettatura dei prodotti che consumano energia e dispone i termini per l'abrogazione delle direttive 2004/8/CE sulla promozione della cogenerazione e 2006/32/CE sull'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici.
  Per quanto concerne la legge europea 2013 segnalo che il provvedimento, secondo quanto previsto dall'articolo 30 della citata legge n. 234 del 2012, contiene le disposizioni finalizzate a porre rimedio ai casi di non corretto recepimento della normativa dell'Unione europea nell'ordinamento nazionale che hanno dato luogo a procedure di pre-infrazione, avviate nel quadro del sistema di comunicazione EU Pilot, e di infrazione, laddove il Governo abbia riconosciuto la fondatezza dei rilievi mossi dalla Commissione europea.
  L'articolo 2 è diretto a risolvere le contestazioni sollevate nell'ambito del caso EU Pilot 2066/11/MARK mediante l'abrogazione del comma 4 dell'articolo 203 del Codice della proprietà industriale, che prevede l'obbligo di domiciliazione in Italia dei consulenti in materia di proprietà industriale che abbiano il domicilio professionale in uno Stato membro dell'Unione europea che richieda l'iscrizione all'Albo dei consulenti in proprietà industriale.
  A tal fine quindi viene abrogato il comma 4 dell'articolo 203 del Codice della proprietà industriale (decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30), che per i richiedenti l'iscrizione all'Albo dei consulenti in proprietà industriale – che avessero domicilio professionale in uno Stato membro dell'Unione europea – prevedeva l'obbligo ad eleggere domicilio in Italia ai fini della determinazione della competenza e di ogni notificazione di atti di procedimenti davanti ad autorità giurisdizionali ordinarie o amministrative.
  L'articolo 3 è volto a risolvere le contestazioni sollevate nell'ambito del caso EU Pilot 4277/12/MARK in materia di guide turistiche, prevedendo che le guide turistiche, abilitate ad esercitare la professione in altri Stati membri, possano operare in regime di libera prestazione di servizi sul territorio nazionale senza necessità di ulteriori autorizzazioni o abilitazioni.
  In particolare si attesta la validità in Italia dell'abilitazione alla professione di guida turistica e del riconoscimento della qualifica professionale conseguita da un cittadino dell'Unione europea in un altro Stato membro. I cittadini UE che abbiano ottenuto l'abilitazione in uno stato membro non necessitano di autorizzazioni o abilitazioni, ad eccezione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico individuati dal Ministero. In particolare, il comma 1 prevede che :l'abilitazione alla professione di guida turistica sia valida su tutto il territorio nazionale; abbia efficacia su tutto il territorio nazionale – ai fini dell'esercizio stabile in Italia dell'attività di guida turistica – il riconoscimento della qualifica professionale conseguita da un cittadino dell'Unione europea in un altro Stato membro.
  Il comma 3, aggiunto dal Senato, prevede che con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la Conferenza unificata, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, siano individuati i siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una speciale abilitazione. Al riguardo, ferme restando le ragioni condivisibili che hanno ispirato l'inserimento della disposizione, sembra comunque opportuno acquisire l'avviso del Governo circa la piena conformità della stessa alla disciplina dell'Ue, onde evitare l'insorgere di nuovo contenzioso.
  Si segnala che la previsione introdotta va nella direzione indicata dalla X Commissione Industria del Senato nel proprio Pag. 172parere sull'articolo in esame, in cui ha sottolineato l'esigenza di preservare la figura della guida turistica abilitata in Italia quale custode del patrimonio storico, artistico e culturale nazionale, in modo da non confondere la guida turistica con l'accompagnatore turistico. Secondo la Commissione, nell'ambito della procedura di accertamento (EU Pilot 4277/12/MARK) rispetto a possibili violazioni della direttiva «servizi», può essere utilmente motivata dai competenti organi di governo la specificità della professione svolta dalla guida turistica (in modo particolare in quei Paesi dove è presente un patrimonio storico e artistico senza eguali), professione rispetto alla quale è da intendersi applicabile la direttiva sulle professioni (2005/36/CE, recepita dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206).
  La Commissione europea, nell'ambito della procedura EU Pilot 4277/12/MARK, contesta la compatibilità con la normativa dell'Unione europea della legislazione nazionale relativa alle guide turistiche, laddove essa prevede che l'abilitazione all'esercizio della professione di guida turistica abbia validità solo nella regione o provincia di rilascio. La Commissione ha infatti rilevato l'esistenza nella legislazione italiana di norme in materia di guide turistiche che violano la direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno e in particolare del paragrafo 4 dell'articolo 10 che stabilisce la portata nazionale dell'autorizzazione ad esercitare la professione. A tale proposito la Commissione ricorda la sua politica «di tolleranza zero» nei confronti di violazioni degli obblighi incondizionati imposti dalla direttiva servizi, per altro incoraggiata anche dalla conclusioni del Consiglio europeo di giugno 2012. Sulla base di tali considerazioni, la Commissione ha richiesto al Governo italiano di fornire un calendario dettagliato per la definizione di un testo normativo in materia di guide turistiche.
  Come segnalato dal Governo nella relazione allegata al presente disegno di legge, sarebbe necessario un riordino normativo dell'intera disciplina. Pertanto, nel ddl in esame, al fine di evitare l'apertura di una procedura di infrazione, ci si è limitati a stabilire la portata nazionale dell'autorizzazione e a consentire alle guide turistiche – abilitate ad esercitare la professione in altri Stati membri – di operare su tutto il territorio nazionale, senza ulteriori autorizzazioni. Nella medesima procedura EU Pilot, la Commissione segnala ulteriori violazioni della direttiva servizi anche da parte della normativa nazionale e regionale che disciplina la professione dei maestri di sci.
  L'articolo 4 incrementa le risorse del Fondo Nazionale di garanzia per il consumatore di pacchetto turistico, per porre rimedio ai profili di non corretto recepimento degli obblighi derivanti dall'articolo 7 della direttiva 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze e i circuiti «tutto compreso», sollevati dalla Commissione europea nell'ambito della procedura di infrazione n. 2012/4094.
  A tal fine, viene riformulato l'articolo 51, comma 2, del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 (Codice del turismo) per disporre l'aumento dal 2 per cento al 4 per cento della quota dell'ammontare del premio delle polizze di assicurazione obbligatoria come fonte di alimentazione del Fondo, anche al fine di stipulare dei contratti assicurativi che possano coprire l'eventuale differenza economica tra la disponibilità finanziaria del relativo capitolo di bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e l'effettivo importo da rimborsare.
  Ricorda in proposito che l'articolo 51, comma 1, del Codice del turismo ha istituito il Fondo Nazionale di garanzia per il consumatore di pacchetto turistico presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per consentire, in caso di insolvenza o di fallimento del venditore o dell'organizzatore, il rimborso del prezzo versato ed il rimpatrio del consumatore nel caso di viaggi all'estero, nonché per fornire un'immediata disponibilità economica in caso di rientro forzato di turisti da Paesi extracomunitari in occasione di emergenze, imputabili o meno al comportamento dell'organizzatore. Tuttavia la gestione della Pag. 173previsione s’è dimostrata, secondo la stessa relazione governativa, alquanto problematica: al coinvolgimento del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, nella gestione di reclami circa l'osservanza delle disposizioni del codice del turismo, non corrispondeva un'adeguata dotazione finanziaria del Fondo Nazionale di garanzia.
  Si segnala che la Commissione europea ha inviato all'Italia, il 24 ottobre 2012, una lettera di messa in mora per non corretta attuazione degli obblighi imposti dall'articolo 7 della direttiva 90/341/CEE concernente i viaggi, le vacanze e i circuiti «tutto compreso». Tale articolo prevede, infatti, che l'organizzatore e/o il venditore del contratto diano prove sufficienti di disporre di garanzie per assicurare, in caso di insolvenza o fallimento, il rimborso dei fondi e il rimpatrio del consumatore.
  Secondo la Commissione il sistema adottato dall'Italia, con il Fondo nazionale di garanzia – introdotto con l'articolo 51 del decreto legislativo 79/2011 – non è in grado di fornire una garanzia effettiva di rimborso di tutte le somme versate dagli acquirenti di pacchetti turistici nonché il rimpatrio degli stessi in caso di insolvenza o fallimento dell'organizzazione. In particolare, il Fondo, che non dispone di alcuna dotazione a carico del bilancio dello Stato e che è alimentato con il 2 per cento dell'ammontare del premio delle polizze di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile degli organizzatori e dei venditori di pacchetti turistici, si è dimostrato insufficiente a garantire il rispetto dell'obbligo previsto dall'articolo 7 della direttiva.
  Come ricordato dalla Commissione, la necessità di attribuire al fondo risorse integrative per renderlo uno strumento efficace di garanzia per il consumatore era già stata sollevata nella procedura EU Pilot 1965/11/JUST.
  L'intervento del Governo è dunque volto a sanare la procedura di infrazione, portando dal 2 al 4 percento la quota dell'ammontare del premio delle polizze di assicurazione obbligatoria che alimenta il fondo. Su questo aspetto, ferma restando la necessità di evitare un aggravio dei costi sostenuti dai consumatori, sarebbe opportuno che il Governo confermasse che l'aumento nella misura indicata è effettivamente sufficiente a corrispondere ai rilievi avanzati dalle istituzioni europee.
   Infine ricorda che la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Doc. LXXXVII, n. 1), relativa all'anno 2012, è stata presentata dal Governo ai sensi dell'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012.
   In base a tale disposizione, la relazione è trasmessa alle Camere, entro il 28 febbraio di ogni anno, «al fine di fornire al Parlamento tutti gli elementi conoscitivi necessari per valutare la partecipazione dell'Italia all'Unione europea» nell'anno precedente. A questo scopo, il documento deve indicare: gli sviluppi del processo di integrazione europea, con particolare riguardo alle attività del Consiglio europeo e del Consiglio.
  In sostanza, a differenza della relazione programmatica – che indica le grandi priorità e linee di azione che il Governo intende perseguire a livello europeo nell'anno di riferimento – il documento oggi al nostro esame dovrebbe recare un rendiconto dettagliato delle attività svolte e delle posizioni assunte dall'Italia nell'anno precedente, al fine di consentire alle Camere di verificare l'adeguatezza e l'efficacia dell'azione negoziale italiana e la sua rispondenza rispetto agli indirizzi parlamentari.
   Si tratta dunque del principale strumento per l'esercizio della funzione di controllo ex post del Parlamento sulla condotta del Governo nelle sedi decisionali dell'Unione europea.
  La relazione è articolata in una premessa – che delinea in modo sintetico la posizione assunta dall'Italia sui grandi temi e politiche dell'UE – ed in quattro parti. La prima tratta degli sviluppi del processo di integrazione europea e si compone, a sua volta, di tre capitoli (relativi, rispettivamente, al quadro generale, alla politica estera e di sicurezza comune e alle relazioni esterne e ai settori della giustizia e affari interni). La seconda parte illustra la partecipazione dell'Italia alla formazione Pag. 174delle principali politiche settoriali. La terza espone, invece, più in dettaglio la partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione ed è articolata in tre capitoli, che danno conto della partecipazione alla fase preparatoria e negoziale degli atti legislativi europei, dell'attuazione della normativa europea in Italia e delle attività di formazione e comunicazione in materia europea svolte dal Governo. La quarta parte, infine, prende in considerazione l'attuazione in Italia delle politiche di coesione, l'andamento dei flussi finanziari tra l'Unione e il nostro Paese, nonché i risultati conseguiti attraverso il loro utilizzo.
   Con riferimento alla politica commerciale, la relazione ricorda come l'Italia abbia sostenuto con convinzione l'impegno dell'Alto Rappresentante Ashton volto a rafforzare le relazioni con i Paesi terzi (in particolare con partner strategici dell'UE), quale strumento per promuovere la crescita e l'occupazione in Europa.
   Allo scopo di tutelare le specifiche caratteristiche del sistema produttivo e industriale italiano, il Governo si è inoltre impegnato affinché in sede europea venisse raggiunta una soluzione di compromesso per l'adozione di una regolamentazione sull'etichettatura di origine di alcuni prodotti provenienti da Paesi terzi (il cosiddetto regolamento «Made in»). In seguito alla decisione della Commissione di ritirare la proposta, l'Italia ha insistito affinché fossero valutate soluzioni alternative, e fosse effettuata un'analisi giuridica dettagliata per definire uno schema di etichettatura a tutela dei consumatori, della trasparenza sui mercati e della concorrenza leale, suscettibile di non essere considerato un ostacolo tecnico agli scambi internazionali e di contribuire efficacemente a contrastare l'uso ingannevole e fraudolento delle indicazioni di origine europee. Merita ricordare in proposito che lo stesso Parlamento europeo è intervenuto recentemente per sollecitare la Commissione europea affinché non rinuncia a disciplinare puntualmente la materia, nel senso prospettato dall'Italia. In questa materia si confrontano, a livello europeo, le posizioni e gli interessi di paesi, come l'Italia, che mantengono una forte vocazione manifatturiera e paesi meno attenti a tutelare le loro produzioni, avendo economie più orientate alle attività finanziarie o di servizi.
   La relazione si sofferma diffusamente sul processo di revisione della disciplina settoriale ed orizzontale degli aiuti di Stato alle imprese (aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in difficoltà; aiuti alla ricerca, sviluppo e innovazione; aiuti agli investimenti; aiuti alle PMI; aiuti alla tutela ambientale, ecc.) sottolineando come il Governo abbia perseguito, nell'interlocuzione con le Istituzioni dell'Unione, l'obiettivo di continuare a garantire un elevato livello di protezione della concorrenza, senza ostacolare la ripresa economica e la riconversione del tessuto industriale. In questa materia è bene che l'Italia ribadisca il suo impegno affinché si eviti un ampliamento dell'importo degli aiuti erogabili che privilegerebbe i Paesi partner che possono avvalersi di più favorevoli condizioni finanziarie e che potrebbero erogare, a favore delle rispettive imprese, aiuti di ammontare più consistente, distorcendo fortemente la concorrenza Già oggi paesi come la Germania e la Francia erogano, a favore dei propri sistemi produttivi, aiuti di ammontare largamente superiori a quello di cui fruiscono le imprese italiane. .
   La relazione richiama inoltre le questioni connesse alla cooperazione rafforzata sul brevetto unico, che sono tuttavia state oggetto di approfondimento presso la nostra Commissione nell'ambito dell'esame della relazione programmatica.
   Nel settore del turismo, la relazione considera interessante la prospettiva dell'istituzione di un marchio di qualità europeo, che si propone di aumentare la sicurezza e la fiducia dei consumatori nei prodotti turistici e di premiare gli sforzi dell'industria per offrire servizi di qualità.
  Con riferimento alla tutela dei consumatori, la relazione ricorda l'approvazione, da parte del Consiglio competitività di una risoluzione sull'Agenda europea del consumatore, futura strategia pluriennale Pag. 175europea nel settore della politica dei consumatori, oltre alla prosecuzione del negoziato sulla proposta di direttiva sull'ADR (risoluzione alternativa delle controversie) e sulla proposta di regolamento relativo alla risoluzione delle controversie on-line.
   La relazione richiama il contribuito offerto dal Governo nel corso del 2012 a tutte le iniziative per il sostegno delle attività di ricerca e sviluppo, con particolare attenzione al negoziato sul pacchetto legislativo Horizon 2020. È proprio di questi giorni al notizia per cui la Commissione europea ha proceduto a ripartire quota parte delle risorse di Horizon 2020, per un ammontare pari a circa 22 miliardi di euro, insieme ad ulteriori fondi europei, tra diversi progetti di ricerca e innovazione. È appena il caso di richiamare il Governo affinché segua con al massima diligenza e attenzione il processo attuativo di Horizon in modo da consentire al nostro Paese, che notoriamente soffre di una grave carenza di risorse finanziarie destinate alla ricerca e all'innovazione, sia in valore assoluto che in rapporto al PIL, di poter accedere per una quota rilevante alle disponibilità assegnate dall'UE.
   Relativamente alle politiche ambientali ed energetiche, la relazione ricorda come l'Italia sia in prima linea nel promuovere in sede europea la transizione verso un'economia verde e l'adozione, nel perseguimento delle politiche ambientali, di un approccio integrato con aspetti sociali e economici.
  Rileva infine come, nell'ambito dell'esame innanzi alla commissione di merito, il relatore ha evidenziato come, con riferimento alla relazione in esame, rappresenta da un lato un forte progresso rispetto alle relazioni consuntive precedenti, in quanto salvo che per alcuni settori, riporta la posizione rappresentata dal Governo nei negoziati.
  Nella medesima sede il relatore ha peraltro evidenziato come permangono purtroppo anche alcune criticità che confermano le difficoltà del Parlamento nell'esercitare le proprie funzioni di indirizzo e controllo in materia europea e la necessità di rafforzare il dialogo con il Governo sulle questioni specifiche di competenza delle singole Commissioni parlamentari, a cominciare dalla necessità che nella relazione consuntiva si debba dare riscontro degli indirizzi approvati dalle Camere sulle politiche di settore in ambito europeo, cosa che non sempre avviene con la medesima accuratezza, nonché dalla opportunità di rafforzare la presenza dei rappresentanti del Governo alle sedute delle Commissioni in cui si approvano indirizzi su progetti di atti europei.
  Con particolare riferimento, infine, ai tempi di esame dei documenti in discussione segnala che il Governo ha espresso l'auspicio di una rapida approvazione di tali provvedimenti, prima della sospensione estiva, anche in considerazione dell'altissimo numero di procedure di infrazioni pendenti nei confronti dell'Italia.

  Ettore Guglielmo EPIFANI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.15.