CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 3 luglio 2013
48.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 162

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.50 alle 14.10.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 3 luglio 2013. — Presidenza del Presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.10.

DL 61/2013: Nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale.
C. 1139 Governo.
(Parere alle Commissioni VIII e X).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole con condizione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 2 luglio 2013.

  Gea SCHIRÒ PLANETA (SCpI), relatore, avverte i colleghi che nella giornata di Pag. 163ieri le Commissioni Ambiente e Attività produttive hanno approvato significative modifiche al testo del provvedimento, che illustra nel dettaglio. All'articolo 1, comma 1, la portata applicativa della disposizione che precisa le condizioni per la deliberazione del commissariamento straordinario dell'impresa viene ulteriormente circoscritta alle imprese che impieghino almeno 1000 lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, da almeno un anno.
  Sempre all'articolo 1, con un emendamento dei relatori è stato introdotto un comma aggiuntivo che inserisce nella procedura di commissariamento l'espressione del parere delle competenti commissioni parlamentari; specifica che il commissariamento può essere disposto non più solo nei confronti dell'impresa ma anche dello specifico ramo d'azienda o stabilimento che si trovi nelle condizioni previste dal comma 1 e che in quest'ultimo caso vadano offerte idonee garanzie patrimoniali e finanziarie per l'adempimento alle prescrizioni ambientali; specifica che l'inosservanza delle prescrizioni contenute nell'a.i.a. deve essere effettuata dall'ISPRA, con il supporto delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, e che tale accertamento deve essere effettuato in contraddittorio con l'impresa interessata.
  Con un emendamento dei relatori al comma 4 dell'articolo 1 l'obbligo di informazione sull'andamento della gestione è stato esteso nei confronti non più solo del rappresentante legale all'atto del commissariamento o ad altro soggetto appositamente designato dall'Assemblea dei soci, ma anche del titolare dell'impresa ovvero del socio di maggioranza. Nel senso di un ampliamento delle garanzie per la proprietà dell'impresa va anche l'introduzione da parte del citato emendamento dell'obbligo per il Presidente del Consiglio dei ministri di motivare il decreto con il quale può sostituire gli organi di controllo per la durata del commissariamento.
  Per quanto riguarda il comma 5 dell'articolo 1, gli emendamenti approvati prevedono ulteriori condizioni per la nomina del comitato di esperti incaricato di predisporre il piano ambientale. Inoltre vengono limitati i contenuti del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria, stabilendo che questo «preveda le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'a.i.a». Lo schema di piano, inoltre, è reso pubblico anche attraverso la pubblicazione sui siti web del ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, nonché attraverso link nei siti web della regione e degli enti locali interessati. Sono infine stati modificati i tempi per la valutazione da parte del comitato delle osservazioni ricevute ai fini della definitiva proposta del comitato.
  In analogia con quanto disposto in relazione alle garanzie per l'impresa con un emendamento dei relatori al comma 6 è stato esteso l'obbligo di comunicazione del piano industriale non più al solo rappresentante legale dell'impresa, ma anche al titolare dell'impresa stessa ovvero al socio di maggioranza.
  Con l'emendamento approvato al comma 7 è stata mitigata la portata dell'incidenza sull'a.i.a. del piano di cui al comma 5: la modifica introdotta prevede infatti che con l'approvazione del piano possano essere apportate modifiche all'a.i.a. limitatamente al solo cronoprogramma.
  Con un emendamento dei relatori al comma 9 il possibile esonero della responsabilità del commissario e del subcommissario per i possibili illeciti commessi in relazione all'attuazione dell'A.I.A. e delle altre norme di tutela ambientale e sanitaria è esteso agli esperti del comitato di cui al comma 5.
  Con riferimento alla responsabilità del commissario un emendamento dei Relatori al comma 10 richiama esplicitamente l'articolo 2236 c.c. che disciplina la responsabilità del prestatore d'opera.
  Con un emendamento al comma 11 si prevede che le somme svincolate già oggetto di sequestro, messe a disposizione del commissario ed utilizzate per gli adempimenti alle prescrizioni dell'a.i.a., Pag. 164non siano mai ripetibili, attesa la loro destinazione per finalità aziendali e di pubblica salute.
  All'articolo 1 è stato inoltre aggiunto un comma 13-bis che prevede che il Ministro dell'ambiente presenti semestralmente al Parlamento una relazione sullo stato dei controlli ambientali che dia conto anche dell'adeguatezza delle attività svolte dall'ISPRA e dalle ARPA.
  Con l'articolo aggiuntivo 2-bis è soppressa la figura del Garante previsto dal DL 207/2012 e il commissario viene incaricato di promuovere iniziative di informazione e consultazione finalizzate ad assicurare la massima trasparenza per i cittadini in ordine alle vicende di cui al presente decreto, in conformità ai principi della Convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale.
  Alla luce delle modifiche testé illustrate, e tenuto conto del dibattito svoltosi nella seduta di ieri e, in particolare, delle osservazioni formulate dai colleghi Spessotto e Buttiglione, formula una proposta di parere favorevole con osservazione (vedi allegato 1) che illustra nel dettaglio.

  Arianna SPESSOTTO (M5S) condivide il contenuto dell'osservazione formulata, che riterrebbe tuttavia opportuno esprimere nella forma della condizione.

  Gea SCHIRÒ PLANETA (SCpI), relatore, osserva che le modifiche apportate al testo del provvedimento vanno già nella direzione auspicata e che rivolgere alle Commissioni di merito una condizione sarebbe ridondante.

  Liliana VENTRICELLI (PD) preannuncia il voto favorevole del gruppo del PD sulla proposta di parere formulata, rilevando tuttavia che sarebbe stato opportuno fare riferimento alla necessità di prevedere spese finalizzate all'attuazione del protocollo di intesa in deroga al patto di stabilità.

  Gea SCHIRÒ PLANETA (SCpI), relatore, condivide pienamente il rilievo della collega Ventricelli, ricordando che tale esigenza era stata segnalata nel corso delle audizioni svoltesi presso le Commissioni di merito, e da lei stessa richiamata in sede di relazione.

  Michele BORDO, presidente, invita la relatrice a valutare la possibilità di integrare la proposta di parere, inserendo tra le premesse un rilievo circa l'opportunità di prevedere una deroga ai vincoli del Patto di stabilità, al fine di consentire agli enti locali la realizzazione di interventi diretti a bonificare e risanare sotto il profilo ambientale il territorio interessato.
  Ritiene inoltre che la trasformazione della osservazione formulata in condizione non determini particolari problemi, e che debba essere valutata tenendo conto della possibilità di pervenire ad una approvazione ampiamente condivisa della proposta di parere.

  Rocco BUTTIGLIONE (SCpI) valuta opportuno modificare l'osservazione formulata, prevedendo che le variazioni che dovessero intervenire sull'a.i.a. siano comunque preventivamente «comunicate» alle istituzioni dell'Unione europea, e non «concordate» con le istituzioni medesime. Ricorda infatti che inizialmente lo Stato membro comunica le misure adottate alla Commissione europea; seguono eventuali osservazioni di quest'ultima, e solo successivamente può esservi una fase nella quale gli interventi possono essere concordati.

  Vega COLONNESE (M5S) ritiene a sua volta opportuno che il parere sia espresso nella forma della condizione; ciò anche al fine di dare maggiore peso e rilievo al lavoro e al ruolo che compete alla XIV Commissione.

  Paolo TANCREDI (PdL) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata. Rileva che al fine di rendere una condizione effettivamente recepibile sarebbe opportuno esprimerla Pag. 165nella forma di una norma di diretta applicazione; in ogni caso, ove si opti per la condizione, diviene essenziale l'accoglimento della correzione proposta dall'onorevole Buttiglione.

  Gea SCHIRÒ PLANETA (SCpI), relatore, sottolineata l'importanza di pervenire alla definizione di un documento il più possibile condiviso, accoglie le richieste formulate dai colleghi Spessotto, Ventricelli e Buttiglione e formula quindi una nuova proposta di parere con condizione (vedi allegato 2).

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere, come da ultimo riformulata.

DL 69/2013: Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia.
C. 1248 Governo.

(Parere alle Commissioni I e V).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Luca PASTORINO (PD), relatore, ricorda che il decreto-legge 69/2013, «del fare» si compone di 86 articoli, suddivisi in tre titoli: il titolo I (articoli 1-27) reca misure per la crescita economica; il titolo II (articoli 28-61) riguarda le semplificazioni; il titolo III (articoli 62-86) contiene misure per l'efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso civile.
  Rinviando alla documentazione predisposta dagli uffici per una descrizione dettagliata, evidenzia, per quanto d'interesse della XIV Commissione, che il Governo inquadra immediatamente il DL del fare nel contesto degli indirizzi di politica economica delle Istituzioni europee, precisamente facendo riferimento alle Raccomandazioni rivolte all'Italia nell'ambito della procedura del semestre europeo 2013. La valutazione del DL in una prospettiva europea richiede, dunque, di leggerlo nel contesto del ricco mosaico degli indirizzi economici e sociali dell'UE e di valutarne la conformità, tenuto conto delle altre misure adottate dall'Italia per uniformarsi alle raccomandazioni di politica economica comune. Il primo tassello di questo mosaico è dato dalla strategia Europa 2020, delineata dalla Commissione nella Comunicazione COM(2010)2020, Europa 2020: Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e, in seguito, adottata dal Consiglio Europeo nelle Conclusioni del 25/26-III-2010 e, in via definitiva, nelle Conclusioni del 17-VI-2010. La strategia si propone di rilanciare lo sviluppo dell'Unione, superando la crisi e i problemi strutturali della scarsa produttività, basso livello occupazionale e invecchiamento della popolazione, il tutto tenendo conto di una realtà mondiale in rapida evoluzione e sempre più competitiva.
  In sintesi, Europa 2020 si compone di tre priorità, cinque obiettivi e sette iniziative faro. Le priorità sono lo sviluppo di un'economia (1) intelligente, cioè fondata su conoscenza e innovazione, (2) sostenibile, cioè più efficiente nell'uso delle risorse e più verde e competitiva, (3) inclusiva, cioè fondata su un altro livello di occupazione e tale da favorire la coesione sociale e territoriale. Gli obiettivi, ancora lontani da conseguire secondo gli ultimi dati Eurostat, prevedono il raggiungimento di un tasso di occupazione del 75 per cento nell'UE, una riduzione del 20 per cento dell'emissione di gas serra (o del 30 in presenza di condizioni favorevoli), un incremento del 20 per cento dell'impiego di energie rinnovabili e un miglioramento del 20 per cento dell'efficienza energetica (il cosiddetto pacchetto 20-20-20), un limite del 10 per cento al tasso di abbandono scolastico e un tasso minimo del 40 per cento di giovani laureati, la riduzione, infine, di 20 milioni del numero di persone a rischio di povertà o esclusione sociale; gli obiettivi europei sono declinati in obiettivi statali, a seconda delle varie situazioni nazionali. Le iniziative faro riguardano (1) l'innovazione, (2) l'istruzione e occupazione dei giovani, (3) lo Pag. 166sviluppo digitale, (4) l'uso efficiente delle risorse e lo sviluppo di un'economia a basse emissioni di carbonio, (5) una nuova politica industriale, (6) un'agenda l'occupazione e (7) una piattaforma contro la povertà. L'Unione e gli Stati membri sono ugualmente chiamati a intraprendere tutte le azioni necessarie a implementare la strategia.
  Europa 2020 è completata dai cosiddetti orientamenti integrati per le politiche economiche e occupazionali degli Stati membri, che sono definiti dalla Raccomandazione del Consiglio del 13-VII-2010, dalla Decisione 2010/707/UE e dalla Decisione 2013/208/UE. Nel complesso di tratta di dieci orientamenti, che prevedono interventi volti a (1) garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche, (2) ovviare agli squilibri macroeconomici, (3) ridurre gli squilibri dell'Eurozona, (4) investire in R&S, (5) migliorare l'efficienza energetica e la sostenibilità ambientale, (6) riformare il mercato interno e la politica industriale, (7) garantire la pari occupazione delle donne, (8) sviluppare una forza lavoro qualificata, (9) investire sull'istruzione e la formazione e (10) promuovere l'inclusione sociale e lottare contro la povertà.
  Il Consiglio Europeo ha adottato ulteriori indirizzi in materia economica: il Patto per la crescita e l'occupazione, di cui alle Conclusioni del 28/29-VI-2012, richiede, tra le altre cose, degli interventi per ripristinare la normale erogazione di prestiti all'economia e la modernizzazione delle PA; le Conclusioni del 14/15-III-2013 ribadiscono delle priorità politiche economico-sociali. La Commissione, da parte sua, ha pure ribadito in varie occasioni questi indirizzi, da ultimo nella Comunicazione COM(2012)0750, Analisi annuale della crescita 2013.
  Specificamente rivolti all'Italia sono gli indirizzi contenuti nella proposta di raccomandazione del Consiglio, presentata dalla Commissione il 29-V-2013, sul programma nazionale di riforma 2013 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità dell'Italia 2012-2017. Si tratta di sei raccomandazioni, che riguardano (1) l'aggiustamento strutturale dei conti pubblici, (2) interventi di semplificazione negli ambiti dell'amministrazione e della giustizia e di lotta alla corruzione e per migliorare la gestione dei fondi strutturali, (3) interventi nel settore bancario per sostenere il flusso del credito verso le attività produttive, (4) interventi nel settore del lavoro, rivolti in particolare a donne e giovani, tra le altre cose per migliorare la formazione e il collocamento, (5) il trasferimento dell'onere fiscale dal lavoro e dai capitali ai consumi, beni immobili e ambiente, (6) interventi di liberalizzazione nel mercato dei servizi e delle professioni.
  Lasciando il quadro generale, il provvedimento contiene alcuni articoli che interessano in modo particolare le competenze della XIV Commissione.
  L'Articolo 9 è relativo alle procedure per l'utilizzo dei fondi strutturali europei. Il cronico ritardo nell'utilizzo dei fondi strutturali in cui versano le amministrazioni centrali e regionali, che incontrato rilevanti difficoltà nell'utilizzare le risorse secondo le tempistiche dettate dalla normativa europea, importa il rischio costante di disimpegno delle stesse, atteso che le regole europee prevedono il definanziamento delle risorse non spese entro il biennio successivo all'annualità di riferimento. Infatti, secondo il Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell'11 luglio 2006, recante le disposizioni generali sui Fondi strutturali, il mancato conseguimento degli obiettivi di spesa dei fondi comunitari comporta una riduzione delle risorse per il Fondo e per il Programma operativo interessato. In base alla c.d. «regola dell'n+2», per ogni annualità contabile delle risorse impegnate – per ciascun fondo (FSE, FESR) e programma operativo (PO) sul bilancio comunitario – la parte che non risulta effettivamente spesa e certificata alla Commissione entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell'impegno di bilancio viene disimpegnata automaticamente. Il disimpegno delle risorse comunitarie comporta anche la parallela riduzione di disponibilità delle relative risorse di cofinanziamento nazionale.Pag. 167
  Il Ministro per la coesione territoriale, nel corso dell'audizione del 12 giugno 2013 presso le Commissioni V e XIV della Camera, aveva rilevato che, a sei mesi dalla chiusura del ciclo e a due anni e mezzo dalla scadenza finale per la certificazione delle spese alla Commissione, la spesa effettuata aveva raggiunto, per l'Italia, al 31 maggio 2013, 19 miliardi di euro, corrispondenti al 40 per cento delle risorse programmate; nel complesso, le risorse ancora da spendere, entro il 31 dicembre 2015, ammontano, dopo la riprogrammazione del Piano di Azione Coesione, a ben 30 miliardi di euro, la maggior parte dei quali nell'area della Convergenza.
  Già il Piano di Azione e Coesione, del 2011, aveva permesso di accelerare l'attuazione dei programmi cofinanziati, consentendo l'assorbimento di fondi per un valore di circa 12,1 miliardi di euro. Il Piano, nell'impegnare le amministrazioni centrali e locali a rilanciare i programmi in grave ritardo, ha mirato ad una concentrazione degli investimenti in quattro ambiti prioritari di interesse strategico nazionale (Istruzione, Agenda digitale, Occupazione e Infrastrutture ferroviarie), reperendo i necessari stanziamenti attraverso una riduzione della quota complessiva del cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali nell'ambito dei programmi operativi regionali del Mezzogiorno, che è stato portato dal 50 al 25 per cento, con conseguente riutilizzo delle risorse per il finanziamento, nelle medesime regioni, delle azioni e degli interventi previsti nel Piano stesso.
  Una ulteriore accelerazione nell'utilizzo dei fondi è stata garantita attraverso la deroga al patto di stabilità interno, introdotta alla fine del 2011 e rafforzata nel 2013, per una parte delle spese effettuate a valere sul cofinanziamento nazionale, nella misura di 1 miliardo nel 2012, di 1,8 miliardi nel 2013, e di un ulteriore miliardo nel 2014.
  Le misure previste dall'articolo 9, che riguardano l'utilizzazione dei fondi strutturali europei, compresi quelli inerenti lo sviluppo rurale e la pesca, nonché la realizzazione dei progetti finanziati con i medesimi fondi, prevedono:
   l'obbligo per le amministrazioni e le aziende dello Stato di dare precedenza, nella trattazione degli affari di propria competenza, ai procedimenti, provvedimenti ed atti relativi alle attività in qualsiasi modo connesse all'utilizzazione dei fondi strutturali europei;
   la facoltà dello Stato, o della Regione, ove accertino ritardi ingiustificati nell'adozione di atti di competenza degli enti territoriali, di intervenire in via sussidiaria sostituendosi all'ente inadempiente.

  Da ultimo, segnala che il comma 5 dell'articolo 9 dispone l'accreditamento delle risorse economiche del Fondo di solidarietà dell'Unione europea per gli interventi di emergenza al Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie e da questo alle gestioni commissariali attivate per fronteggiare i predetti interventi ovvero, in mancanza di tali gestioni, alle amministrazioni competenti. Si tratta di una norma che, secondo quanto segnalato nella relazione illustrativa, dovrebbe superare i dubbi interpretativi e applicativi sorti in talune sedi del controllo preventivo di legittimità in ordine al soggetto giuridico legittimato a gestire le risorse rivenienti dal Fondo.
  Proseguendo nell'esame, richiama le disposizioni di cui all'articolo 24, comma 2. Ricorda che il 24 gennaio 2013 la Commissione europea ha inviato all'Italia di una lettera di messa in mora ex articolo 258 TFUE, in materia di separazione contabile delle imprese ferroviarie e dei gestori dell'infrastruttura ferroviaria, contestando in particolare la corretta applicazione da parte dell'Italia degli artt. 6, paragrafo 1, e 9, paragrafo 4, della direttiva 91/440/UE del Consiglio, modificata dalla direttiva 2011/12/UE, relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie, e dell'articolo 6, paragrafo 1, in combinato disposto con il punto 5 dell'allegato del regolamento (CE) n. 1370/2007, relativo ai servizi pubblici di trasposto passeggeri su strada e per ferrovia.Pag. 168
  Attraverso il sistema EU-Pilot (rif. 2465/11/DG MOVE) (ora procedura di infrazione 2013/2213), la Commissione ha invitato le autorità italiane a fornire chiarimenti in merito alla corretta applicazione della normativa dell'UE, a seguito dei quali è emerso che l'Italia ha correttamente recepito la normativa europea, ma non l'ha correttamente applicata.
  Per quanto riguarda l'applicazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 91/440/UE del Consiglio, modificata dalla direttiva 2011/12/UE, che vieta ogni trasferimento di finanziamenti pubblici tra il gestore dell'infrastruttura e l'operatore ferroviario, è emerso che ha avuto luogo un certo numero di trasferimenti di attività o impianti da parte del gestore dell'infrastruttura (RFI – Rete ferroviaria italiana) all'operatore ferroviario (Trenitalia e FS Logistica).
  Per quanto riguarda l'applicazione dell'articolo 9, paragrafo 4, della direttiva 91/440/UE del Consiglio, modificata dalla direttiva 2011/12/UE, che dispone la pubblicazione di conti separati per le attività connesse alla prestazione di servizi di trasposto merci, è risultato che la società FS Logistica non ha mai pubblicato la sua contabilità.
  In merito all'applicazione dell'articolo 6, paragrafo 1, in combinato disposto con il punto 5 dell'allegato del regolamento (CE) n. 1370/2007, si escludono i trasferimenti di ricavi da un servizio pubblico a un altro settore di attività dell'operatore pubblico, mentre i fondi erogati per le attività relative alla prestazione di servizi di trasporto passeggeri a titolo di servizio pubblico non risultano correttamente indicati nei conti. La Commissione ha ritenuto pertanto che l'Italia sia venuta meno agli obblighi imposti dalla sopracitata normativa e ha avviato la procedura di infrazione n. 2013/2213.
  Nella relazione al decreto-legge n. 69, il Governo precisa che l'Italia ha recepito la separazione contabile fra le varie attività (soprattutto tra il settore merci e passeggeri), ma non la parte relativa all'ulteriore separazione contabile dei bilanci e dei conti profitti e perdite connessi alle singole attività, ovvero quelle oggetto di contribuzione pubblica e quelle a mercato, ritenendo sufficiente l'adozione di una contabilità regolatoria ricostruita ex post sulla base dei dati di contabilità industriale. Attraverso il comma 2 dell'articolo 24 si è quindi provveduto all'inserimento, nel testo del decreto legislativo n. 188 del 2003, di tale ulteriore condizione, a chiarimento degli obblighi a carico delle imprese.
  Con riferimento alle disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti di cui all'articolo 25, segnala che la Commissione europea ha avviato due procedimenti in relazione alle società partecipate dal gruppo Tirrenia. Il primo è un'indagine in materia di aiuti di Stato, avviata il 5 ottobre 2011, riguardante alcune misure di sostegno pubblico adottate dall'Italia a favore delle società dell'ex Gruppo Tirrenia che gestiscono il servizio di traghetti tra l'Italia continentale e diverse isole. L'obiettivo dell'indagine è quello di valutare se la proroga dei contratti di servizio pubblico oltre la fine del 2008 sia conforme alle norme UE in materia di servizi di interesse economico generale. I contratti riguardano i trasporti marittimi tra l'Italia continentale e la Sicilia, la Sardegna ed altre isole italiane; le società interessate dall'indagine sono Tirrenia di Navigazione, Caremar, Saremar, Siremar e Toremar. La Commissione esaminerà, inoltre, se vi sia stato un ulteriore sostegno concesso alle società del gruppo Tirrenia nel contesto della loro privatizzazione che possa falsare la concorrenza sul mercato.
  Nel novembre 2012 la Commissione ha ampliato la portata dell'indagine. La Commissione vuole valutare altresì: se le compensazioni concesse dal gennaio 2012 fino al completamento della privatizzazione delle società siano conformi alle norme UE in materia di servizi di interesse economico generale (SIEG); se le nuove compensazioni per gli obblighi di servizio pubblico concesse dall'Italia agli acquirenti delle società siano conformi a tali norme; se la proroga dell'aiuto al salvataggio per Tirrenia di Navigazione e Siremar oltre i sei mesi previsti dagli orientamenti UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la Pag. 169ristrutturazione di imprese sia compatibile con le norme UE in materia di aiuti di Stato (l'aiuto al salvataggio è stato autorizzato dalla Commissione nel novembre 2010, il finanziamento pubblico è stato rimborsato dalle società con un anno di ritardo rispetto al termine autorizzato di sei mesi); se una controgaranzia che sarebbe stata prestata dalla regione Sicilia abbia conferito un indebito vantaggio all'acquirente di Siremar. La Commissione vuole appurare inoltre se Tirrenia sia stata venduta a CIN (Compagnia italiana di navigazione) ad un prezzo inferiore al valore di mercato, come stabilito da un esperto indipendente nominato dalle autorità nazionali.
  Il secondo procedimento è un parere motivato (procedura n. 2007/4609) del 21 giugno 2012, per violazione del regolamento (CEE) n. 3577/92 sul cabotaggio marittimo. La Commissione contesta all'Italia di aver prorogato automaticamente la validità di tre contratti di servizio pubblico (scaduti nel 2008) a favore delle società di navigazione «Caremar» in Campania, «Laziomar» nel Lazio, e «Saremar» in Sardegna, senza procedere all'indizione di gare per l'aggiudicazione dei nuovi contratti. Qualora entro due mesi l'Italia non notifichi le misure adottate per conformarsi al suddetto regolamento, la Commissione potrà adire la Corte di giustizia dell'UE.
  Con riferimento alle disposizioni relative ai poteri del Commissario (ampliate con inserimento poteri di cui all'articolo 2 del O.P.C.M 3963/2011) nominato per fronteggiare la criticità della gestione dei rifiuti urbani nel territorio della provincia di Roma, di cui all'articolo 41, comma 5, si ricorda che è in corso la procedura di infrazione n. 2011/4021, in relazione alla quale il 31 maggio 2012 la Commissione europea ha inviato all'Italia un parere motivato in relazione alla non conformità alla normativa europea sulle discariche di rifiuti (direttiva 1999/31/UE in combinato disposto con la direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/UE)) della discarica di Malagrotta e di altre discariche laziali.
  La Commissione contesta la mancata istituzione nella Regione Lazio di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati che tengano conto delle migliori tecniche disponibili (articolo 16, paragrafo 1 direttiva 2008/98/UE). In particolare, secondo la Commissione, la discarica di Malagrotta e i subATO di Rieti e di Latina evidenziano un deficit nella capacità di assolvere all'obbligo di pretrattamento meccanico biologico previsto dall'articolo 6, lettera a) della direttiva 1999/31/UE, che dispone per i rifiuti urbani conferiti in discarica un trattamento che comprenda un'adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e la necessaria stabilizzazione della frazione organica in essi contenuta. Infine, la Commissione rileva la mancata attuazione delle misure idonee ad evitare i disagi causati dai rifiuti maleodoranti (articolo 13 direttiva 2008/98/UE). In relazione a tale procedimento di infrazione, il 21 marzo 2013 la Commissione europea ha deciso il deferimento dell'Italia alla Corte di giustizia.
  In particolare, La Commissione ritiene che i rifiuti stoccati presso le discariche del Lazio non subiscano il trattamento prescritto dalla normativa europea, non essendo sufficiente la frantumazione e lo sminuzzamento prima dell'interramento, come invece affermato dalle autorità italiane. Infatti, in base alla direttiva 1999/31/UE e alla direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/UE), per prevenire o ridurre gli effetti negativi sull'ambiente e qualunque rischio che ne derivi per la salute umana, il trattamento deve comprendere anche una corretta selezione dei diversi flussi di rifiuti.
  Con riferimento ai commi 6 e 7 dell'articolo 41, che recano disposizioni per accelerare le procedure per la realizzazione e l'avvio della gestione degli impianti di rifiuti in Campania, segnala che la relazione illustrativa al disegno di legge precisa che la norma è diretta ad evitare la condanna dell'Italia nella procedura di infrazione n. 2007/2195. Per quanto riguarda tale procedura, la Commissione Pag. 170europea, in data 20 giugno 2013, ha deciso di deferire l'Italia innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 260 del TFUE. Con tale decisione, la Commissione propone alla Corte di comminare all'Italia una sanzione pecuniaria nella forma di a) una somma forfettaria, calcolata sulla base di 28.090 euro per ogni giorno trascorso tra la data della prima sentenza ex articolo 258 TFUE (4 marzo 2010) e la data della seconda sentenza della Corte, a seguito del deferimento in esame; b) una penalità di mora giornaliera, pari a 256.819 euro, dal giorno in cui la Corte pronuncerà la seconda sentenza fino al completo adempimento di quest'ultima.
  Ricorda che, il 4 marzo 2010 la Corte di giustizia ha emesso una sentenza (causa C-297/08) con la quale ha giudicato l'Italia inadempiente agli obblighi incombenti in forza della direttiva 2006/12/UE (direttiva «rifiuti»). In particolare, la Corte contesta all'Italia di non avere adottato tutte le misure necessarie allo smaltimento dei rifiuti nella regione Campania ovvero di non aver creato una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento idonei a consentire l'autosufficienza in materia di smaltimento di rifiuti e che tale situazione avrebbe determinato un pericolo per la salute dell'uomo e per l'ambiente. Successivamente, con una lettera di messa in mora del 29 settembre 2011, la Commissione europea ha invitato l'Italia a conformarsi alla sentenza. L'Italia ha adottato un nuovo piano di gestione dei rifiuti per la Campania nel gennaio 2012 e a giugno ha presentato un programma di misure destinate a gestire i rifiuti nella regione fino al 2016, quando dovrebbero diventare operativi nuovi impianti di trattamento. Si ricorda che in seguito alla procedura di infrazione avviata a carico dell'Italia nel 2007 la Commissione europea ha deciso di sospendere il pagamento di 135 milioni di contributi Ue che dal 2007 al 2013 avrebbero dovuto finanziare i progetti relativi ai rifiuti, e di altri 10,5 milioni del periodo 2000-2006 che sono stati aboliti.
  Pur riconoscendo i progressi fatti, ad esempio sotto il profilo della raccolta differenziata, i punti problematici che hanno condotto la Commissione alla decisione di deferire alla Corte l'Italia, sono i ritardi che hanno portato all'arresto della costruzione della maggior parte degli impianti previsti per il recupero dei rifiuti organici, degli inceneritori e delle discariche (che mettono a rischio il completamento delle opere entro il 2016), la sorte incerta di sei milioni di tonnellate di rifiuti imballati e stoccati presso vari siti in Campania e il basso tasso di raccolta differenziata nella provincia di Napoli (pur essendo la città della Campania che produce più rifiuti, Napoli ha un tasso di raccolta differenziata solo di circa il 20 per cento).
  Si ricorda che, il 19 aprile 2013, il Tribunale (cause riunite T-99/09 e T-308/09) ha confermato la decisione della Commissione europea di considerare inammissibili le domande di pagamenti intermedi delle autorità italiane per ottenere il rimborso a carico dei Fondi strutturali (FERS) delle spese effettuate in relazione alla misura 1.7 del programma operativo (POR) «Campania», concernente operazioni relative al sistema regionale di gestione e di smaltimento dei rifiuti. La decisione della Commissione era motivata proprio dall'esistenza della procedura di infrazione n. 2007/2195, relativa alla gestione dei rifiuti in Campania.
  Proseguendo nell'esame, richiama l'articolo 44, commi 1 e 2, che riconosce ai dipendenti dell'area della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria, operanti presso strutture sanitarie pubbliche, il servizio prestato presso strutture sanitarie pubbliche di un altro paese UE. I commi citati sono identici all'articolo 2 dell'A.S. 588, recante Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013, attualmente all'esame del Senato.
  Il comma 1 modifica l'articolo 5 del decreto-legge 59/2008, che obbliga le amministrazioni pubbliche italiane a valutare, ai fini giuridici ed economici, l'esperienza Pag. 171professionale e l'anzianità acquisite da cittadini europei nel territorio di altri Stati membri, anche in periodi antecedenti all'adesione del medesimo all'Unione europea, secondo condizioni di parità rispetto a quelle acquisite nell'ambito dell'ordinamento italiano. La modifica fa seguito alla procedura di infrazione 2009/4686. La Commissione europea, nel parere motivato inviato il 26 aprile 2012, rileva che la disciplina contrattuale interna relativa alla dirigenza medica e veterinaria viola l'articolo 45 del Trattato sul funzionamento dell'UE e il regolamento CEE 1612/1968, relativi al principio della libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione, in quanto non prevede che i periodi di attività trascorsi dai medici alle dipendenze di un altro Stato membro dell'UE, prima di essere assegnati all'amministrazione sanitaria italiana, siano valutati, in Italia, ai fini del calcolo degli anni di esperienza professionale e di anzianità.
  Pertanto viene previsto che, per le aree della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria, che presta servizio presso le strutture sanitarie pubbliche, qualora l'ordinamento italiano richieda ai fini del riconoscimento di vantaggi economici o professionali, che l'esperienza professionale e l'anzianità siano maturate senza soluzione di continuità, la medesima condizione non si applica se la soluzione di continuità dipende dal passaggio dell'interessato da una struttura sanitaria pubblica (di cui alla legge 735/1960) di uno Stato membro a quella di un altro Stato membro.
  La soppressione della condizione della continuità ha effetti retroattivi. Il comma 2 provvede ai fini della copertura degli oneri finanziari mediante le risorse del fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie.
  I successivi commi 3 e 4 sospendono, fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento della Direttiva 2011/62/UE, l'applicazione della disciplina relativa alla certificazione di conformità alle norme di buona fabbricazione di cui al comma 3, primo periodo, dell'articolo 54 del D. Lgs. 219/2006. Viene pertanto ribadita, fino alla data citata, la disciplina transitoria, già contenuta nel comma 3-bis del citato articolo 54 che avrebbe dovuto applicarsi fino al 3 luglio 2013. In base a tale disciplina transitoria le materie prime, come definite dal comma 2 dell'articolo 54 dello stesso D.Lgs. 219/2006, devono essere corredate di una certificazione di qualità che attesti la conformità alle norme di buona fabbricazione rilasciata dalla persona qualificata responsabile della produzione del medicinale che utilizza le materie prime. Resta ferma la possibilità per l'AIFA di effettuare ispezioni dirette a verificare la conformità delle materie prime alla certificazione resa (procedura già prevista dall'articolo 54, comma 3-bis). Conseguentemente, il comma 4 della disposizione in esame abroga il comma 3-bis dell'articolo 54 del D.Lgs. 219/2006.
  La Direttiva 2011/62/UE è contenuta nell'Allegato B del Disegno di legge Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 (A.S. 587) attualmente all'esame del Senato.
  In merito alle disposizioni relative alla disciplina IVA applicabile alle agenzie di viaggio, di cui all'articolo 55 segnala che il 30 maggio 2011 la Commissione europea ha presentato un ricorso alla Corte di giustizia con cui contesta che l'Italia avrebbe violato gli articoli 306-310 della direttiva 2006/112/UE, concernenti il regime speciale IVA delle agenzie di viaggio.
  Tale regime deroga al trattamento fiscale ordinario, ai fini IVA, delle prestazioni di servizi e cessioni di beni, secondo il quale la base imponibile è costituita dal corrispettivo e il gettito dell'imposta affluisce allo Stato in cui la cessione/prestazione ha avuto luogo. Inoltre, il cedente/prestatore, se ha acquistato beni/servizi strumentali alla transazione per la quale è soggetto all'IVA, ha il diritto di detrarre, dall'IVA a proprio carico, la stessa IVA scaricata dal prestatore/cedente a monte (c.d. IVA a credito). Il regime speciale, invece, è quello eseguito, comunemente, dall'agenzia di viaggio al viaggiatore: l'agente di viaggio acquista diverse prestazioni Pag. 172localizzate sul territorio di un diverso Stato membro o di diversi Stati membri (ad esempio: alloggio sul territorio di uno stato, viaggio nel territorio di un altro Stato) e, assemblando tali beni e servizi in un pacchetto, li rivende al viaggiatore. Il trattamento IVA applicato al riguardo è il seguente:
   le prestazioni/cessioni rivenute vengono considerate come un'unica prestazione e – nonostante le singole componenti abbiano luogo sul territorio di uno o più Stati membri diversi da quello in cui è stabilito l'agente di viaggio – l'IVA è dovuta a quest'ultimo Stato;
   l'aliquota IVA non viene applicata sul corrispettivo ma sul «margine», cioè sulla differenza tra il corrispettivo stesso e il costo già sostenuto dall'agente per acquistare sa altri operatori i beni/servizi rivenduti;
   l'agente di viaggio non può detrarre l'IVA a credito.

  In base all'articolo 74-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, «le operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio per l'organizzazione di pacchetti turistici costituiti da viaggi, vacanze, circuiti tutto compreso e connessi servizi, verso il pagamento di un corrispettivo globale sono considerate come una prestazione di servizi unica». Tali disposizioni si applicano anche quando le prestazioni siano rese dalle agenzie tramite mandatari e non si applicano alle agenzie di viaggio che agiscono per nome e per conto dei clienti. La Commissione ritiene che, secondo l'interpretazione data dall'Italia alle norme nazionali ed europee sopra richiamate, l'applicazione del regime speciale è prevista non solo quando le agenzie di viaggio vendono il servizio al viaggiatore, ma anche quando lo vendono a un soggetto diverso dal viaggiatore (ad esempio, nel caso in cui il servizio venga venduto da un'agenzia di viaggi ad un altro soggetto passivo IVA che, a sua volta, rivendesse i servizi di viaggio). Ad avviso della Commissione la normativa italiana in questione, non limitando esplicitamente l'applicazione del regime speciale ai servizi forniti al consumatore finale, cioè al viaggiatore, contrasterebbe con le disposizioni della direttiva 2006/112 sopra richiamate.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.45.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Mercoledì 3 luglio 2013. — Presidenza del Presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.45.

Programma di lavoro della Commissione europea per il 2013 e relativi allegati.
COM(2012)629 final.

Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea per il periodo 1o gennaio 2013-30 giugno 2014.
17426/12.

Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2013.
Doc. LXXXVII-bis, n. 1.

(Esame congiunto, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto degli atti dell'Unione europea in oggetto.

  Michele BORDO, presidente e relatore, sottolinea come l'esame congiunto della Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2013, del Programma di lavoro della Commissione europea e del Programma dei 18 mesi del Trio di Presidenze del Consiglio sia particolarmente rilevante sul piano politico e istituzionale, perché consente al Parlamento di intervenire direttamente Pag. 173nella definizione delle linee generali di politica europea del nostro Paese.
  L'esame dei tre documenti, infatti, permette a noi tutti, prima in Commissione poi in Aula, di sviluppare un confronto approfondito al fine di individuare le priorità di intervento delle Istituzioni europee e del Governo italiano per l'anno in corso.
  Questa discussione si sarebbe dovuta svolgere all'inizio dell'anno, come prevede la legge, ma non è stato possibile a causa dello scioglimento delle Camere e delle conseguenti elezioni politiche.
  Il confronto tra di noi su questi atti è fondamentale, inoltre, perché è il primo del genere realizzato in questa legislatura in tutte le Commissioni permanenti ed in Assemblea sull'attività dell'UE e le priorità di intervento indicate dall'Italia per la definizione delle politiche comunitarie.
  Ritiene sia opportuno concentrare l'esame presso la XIV Commissione solo sulla relazione programmatica del Governo, su alcune parti del programma di lavoro della Commissione e sulle priorità indicate dalla Presidenza lituana. Conseguentemente, non opererà una rassegna esaustiva dei contenuti dei documenti al nostro esame. Si soffermerà essenzialmente sulle scelte programmatiche di fondo del Governo e delle Istituzioni europee e sulle questioni di maggiore rilevanza per l'Italia e per il processo di integrazione nel suo complesso.
  Quindi, sulla base delle indicazioni che arriveranno dalle Commissioni parlamentari – che nei diversi pareri formuleranno indicazioni sui settori di rispettiva competenza – e dei risultati delle audizioni, passeremo all'esame più specifico del merito dei due documenti, in vista della predisposizione della relazione per l'Assemblea.
  Ricorda innanzitutto che la relazione del Governo è articolata in tre grandi capitoli. Il primo concerne questioni ed iniziative di particolare rilevanza per il processo di integrazione: la definizione di un governo dell'economia europea; il negoziato sul Quadro finanziario pluriennale 2014-2020; l'attuazione delle modifiche istituzionali introdotte dal Trattato di Lisbona.
  Il secondo illustra i principali sviluppi delle politiche settoriali dell'Unione europea e la posizione che il Governo ha assunto o intende assumere al riguardo. In particolare, la relazione si sofferma su: mercato interno, misure per il rilancio della competitività, azione esterna dell'Unione, spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia e politiche settoriali (agricoltura e pesca, coesione, occupazione e politiche sociali, istruzione e politiche giovanili, industria tra cui energia e trasporti, ambiente, salute, tutela dei consumatori, cultura, turismo, fiscalità).
  Il terzo capitolo concerne gli adempimenti dell'Italia nel quadro della partecipazione all'Unione europea, con particolare riferimento alla prevenzione e alla risoluzione delle procedure di infrazione, alla tutela degli interessi finanziari e al contrasto delle frodi, nonché alla comunicazione e all'informazione ai cittadini sulle attività dell'Unione stessa.
  Il documento in discussione, inoltre, illustra molto bene, per gran parte dei settori, la posizione negoziale tenuta dall'Italia in merito a specifiche proposte legislative o a contributi offerti nell'ambito di consultazioni avviate dalla Commissione europea e mostra una maggiore attenzione nei confronti dell'attività delle Camere nella fase di formazione delle politiche e della normativa comunitarie.
  Quanto al Programma di lavoro per il 2013 della Commissione europea, trasmesso il 13 novembre 2012, esso è articolato intorno a sette linee di azione: realizzare un'autentica Unione economica e monetaria; promuovere la competitività attraverso il mercato unico e la politica industriale; connettere per competere, ossia costruire oggi le reti di domani; puntare sulla crescita e l'occupazione favorendo l'inclusione e l'eccellenza; utilizzare le risorse comunitarie per promuovere la competitività; costruire un'Europa sicura; sfruttare la posizione strategica dell'Europa per renderla protagonista nel mondo.Pag. 174
  Il 1o luglio 2013, in occasione dell'avvio del suo semestre di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, la Lituania ha presentato le proprie priorità programmatiche, concentrandosi, innanzitutto, sul completamento delle procedure legislative per l'adozione di strumenti e programmi di finanziamento previsti dal quadro finanziario pluriennale per il periodo dal 2014 al 2020, così da consentire l'avvio del nuovo ciclo di programmazione a partire dal 1o gennaio 2014.
  Sotto il profilo programmatico, sono tre gli obiettivi di fondo individuati. Il primo obiettivo è il rafforzamento della governance economica attraverso una serie di azioni: proseguire il lavoro svolto fino ad oggi per consolidare la stabilità finanziaria dei Paesi dell'Unione; impegnarsi per contribuire alla realizzazione dell'Unione bancaria; approfondire le questioni dell'Unione economica e monetaria; avviare la discussione sull'istituzione dell'ufficio del procuratore europeo per la protezione degli interessi finanziari dell'UE; rendere prioritarie le iniziative per una normativa sulle vendite europee, la protezione dei dati e la legalizzazione dei documenti.
  Il secondo obiettivo è contribuire ad assicurare la crescita e l'occupazione in Europa. A questo riguardo, la Presidenza lituana propone: il completamento delle iniziative previste per il rafforzamento del mercato interno, con particolare riferimento a: realizzazione del mercato unico digitale; completamento delle azioni contenute nel quadro dell'atto per il mercato unico; definizione della politica di ricerca ed innovazione e delle relazioni con la politica industriale; miglioramento del contesto regolamentare ed amministrativo in cui operano le piccole e medie imprese; strutturazione del mercato interno dell'energia entro il 2014; l'attuazione di tutte le misure volte al rilancio dell'occupazione, in particolare di quella giovanile; l'esame delle proposte relative alla portabilità dei diritti pensionistici ed ai diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie.
  Il terzo obiettivo è lavorare a fondo per garantire un'Europa più aperta con iniziative dirette a:
   promuovere una più stretta integrazione con i Paesi del partenariato orientale (Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina), anche in vista della riunione che si svolgerà a Vilnius il 28 e 29 novembre 2013;
   proseguire nel processo di allargamento;
   assicurare un più efficace controllo alle frontiere esterne dell'UE;
   procedere ad un migliore coordinamento nella dimensione esterna della politica energetica dell'Unione;
   promuovere la politica commerciale con partner strategici come USA, Giappone e Canada;
   definire una più stretta cooperazione nel settore della politica di sicurezza e di difesa comune e la promozione della cooperazione tra la UE e la Nato;
   definire la posizione dell'UE nella programmazione dell'agenda post 2015 per la politica di sviluppo.

  Come ha già detto, con questa relazione intende evidenziare alcune questioni fondamentali che poi potranno essere ulteriormente sviluppate nel corso dell'esame.
  Il primo punto da sottolineare è che nessuno dei documenti in esame fa esplicito riferimento all'evoluzione del processo di integrazione europea, anche come risposta strutturale alle criticità prodotte dalla congiuntura negativa.
  Tuttavia ritiene, soprattutto alla luce della posizione espressa dal Presidente del Consiglio e dai Ministri Moavero e Bonino alla Camera, che sarà opportuno ribadire nella relazione per l'Aula il convinto sostegno del Parlamento italiano all'avvio di un processo costituente che abbia come obiettivo ultimo la piena integrazione politica dell'Europa. Occorre evitare il rischio che le Istituzioni europee ed alcuni grandi Stati membri considerino l'unione Pag. 175economica e monetaria la frontiera più avanzata ed invalicabile del progetto europeo, come espresso dalla «prudente» tabella di marcia definita dal Consiglio europeo. Sarebbe una soluzione minimalista, tesa più a curare i sintomi della crisi attuale del processo di integrazione piuttosto che l'origine della malattia: l'adozione dell'euro senza una politica ed un governo comuni dell'economia ed in assenza di un'adeguata legittimità democratica relativamente alle scelte assunte in sede comunitaria. Soltanto l'avvio di un processo federale – che parta dal coordinamento effettivo delle politiche economiche e fiscali e culmini nel medio-lungo termine in una integrazione di tipo politico, democratico e federale – può assicurare la sopravvivenza della moneta unica e della stessa casa comune dell'Europa. Deve essere questo l'obiettivo della politica europea dell'Italia dei prossimi anni ed in particolare del semestre italiano di Presidenza dell'Unione, che deve diventare l'occasione per contribuire in misura decisiva al salto di qualità nella costruzione dell'unità politica dell'Europa.
  Un secondo punto da mettere in risalto è la ricerca di un diverso approccio del Governo e delle Istituzioni europee rispetto al completamento dell'Unione economica e monetaria e alle misure che l'Unione dovrebbe adottare per rilanciare la crescita. Il Governo, oltre a ribadire la necessità di assicurare il pieno coinvolgimento del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali nelle scelte di politica economica, sottolinea come il rafforzamento della disciplina di bilancio e delle regole intese a garantire la stabilità debba accompagnarsi necessariamente a meccanismi capaci di promuovere la prosperità e la crescita equilibrata in tutti i paesi dell'Unione, così da realizzare «un'equa condivisione dei benefici e dei rischi della moneta unica». Conseguentemente, a differenza della Commissione e della Presidenza lituana, il Governo sottolinea il proprio impegno per l'introduzione di una capacità di bilancio autonoma dell'eurozona, in particolare attraverso l'emissione di titoli, con l'obiettivo di finanziare progetti di comune interesse europeo e di mitigare l'impatto di shock asimmetrici.
  La Commissione e la Presidenza lituana, invece, pur riconoscendo con maggiore prudenza l'esigenza di rilanciare la crescita, sembrano privilegiare l'obiettivo della stabilità delle finanze pubbliche e il completamento delle misure già concordate nell'ambito dell'attuale sistema di governance e nella tabella di marcia sul futuro dell'UE.
  Analoghe considerazioni possono essere svolte per l'occupazione, obiettivo condiviso da Governo, Commissione e Presidenza del Consiglio ma, in relazione al quale, sia nella relazione sia nelle comunicazioni svolte dal Presidente del Consiglio Letta, risulta evidente la maggiore determinazione dell'Italia nel chiedere misure immediate ed efficaci soprattutto per la lotta contro la disoccupazione giovanile. Le conclusioni dell'ultimo Consiglio europeo sembrano peraltro aver accolto in buona misura l'impostazione dell'Italia.
  Pertanto, nella relazione per l'Assemblea andrà ribadito il pieno sostegno all'azione svolta dal Governo per modificare la governance economica europeo ed orientarla prioritariamente in favore della crescita e dell'occupazione. Il Consiglio europeo di giugno, però, non può costituire un punto di arrivo delle politiche dell'Unione per la ripresa economica ma, piuttosto, il punto di partenza di una nuova fase del processo di integrazione, dedicata all'adozione di misure concrete di stimolo all'economia.
   Un terzo elemento di divergenza, sebbene più sfumato, tra il nostro Governo e la Commissione attiene all'azione esterna dell'UE. Il Governo ribadisce il proprio impegno per la progressiva elaborazione di un'autentica politica estera comune, che consenta all'UE di parlare con una sola voce su tutte le principali questioni dell'agenda globale, e considera prioritari lo sviluppo del vicinato meridionale, dell'area balcanica e della gestione delle crisi regionali. La Commissione europea pone invece l'accento sulla dimensione esterna quale strumento per promuovere la crescita e la competitività e sulla necessità di Pag. 176sinergia tra i vari strumenti di azione esterna dell'UE. La Presidenza lituana, come accennato, riserva particolare importanza al partenariato orientale, al processo di allargamento e alla dimensione esterna della politica energetica dell'Unione. Anche su questo punto ritiene opportuno, pur in attesa del parere della Commissione esteri, ribadire la necessità di lavorare per favorire l'elaborazione di un'effettiva politica estera comune dell'Europa; utilizzando, secondo un approccio coerente, tutti gli strumenti dell'azione esterna (l'Alto rappresentante, il servizio per l'azione esterna, la politica di vicinato, la politica commerciale, la cooperazione allo sviluppo). Altrimenti, l'Unione rischia di essere relegata ad un ruolo marginale nelle vicende internazionali, persino in quelle che riguardano zone di vitale interesse per il nostro continente, a partire dal Mediterraneo.
  Passando ad altra questione, rileva che l'esame della relazione del Governo potrebbe costituire l'occasione per valutare – come auspicato dal Ministro Moavero in occasione dell'audizione sulle linee programmatiche – l'adesione dell'Italia alla cooperazione rafforzata sul brevetto unico europeo. La questione è controversa, di grande delicatezza e richiede apposite attività conoscitive. In questa sede si limita a ricordare, in estrema sintesi, che Italia e Spagna non hanno aderito al sistema di brevettazione unica contestando, in particolare, il trilinguismo inglese, francese e tedesco per la registrazione del brevetto stesso, ciò in difformità rispetto al regime linguistico previsto dai Trattati e discriminando le imprese italiane. Queste ultime sarebbero costrette ad affrontare costi di traduzione cui non sono soggette invece le imprese dei Paesi che hanno come lingua madre l'inglese, il francese o il tedesco. Per tale ragione, Italia e Spagna hanno impugnato, innanzi alla Corte di giustizia europea, la decisione istitutiva della cooperazione rafforzata. il ricorso è stato respinto, sebbene la Corte non si sia pronunciata espressamente sul regime linguistico del brevetto, che è disciplinato dai due regolamenti attuativi della cooperazione rafforzata (oggetto di distinta impugnazione da parte della sola Spagna). Alla luce della sentenza della Corte, che avrebbe chiarito il quadro giuridico di riferimento, il Ministro per gli affari europei ha auspicato che le Camere si pronuncino nel senso di aderire alla cooperazione rafforzata. Questa posizione è fortemente sostenuta da Confindustria che denuncia il rischio di un pregiudizio economico significativo per le imprese italiane in caso di mancata adesione, perché sarebbero costrette alla doppia brevettazione nazionale-europea con conseguente duplicazione dei costi. Mentre, sempre secondo Confindustria, i costi di traduzione ai fini della registrazione del brevetto unico non sarebbero significativi, operando già buona parte delle imprese italiane in lingua inglese.
  In senso contrario, soprattutto da parte di esponenti del mondo delle professioni si osserva che il brevetto unico favorirebbe indebitamente le imprese che hanno quale lingua madre l'inglese, il francese o il tedesco anche nella relazione con il nuovo Tribunale europeo per i brevetti, istituito dall'accordo del febbraio 2013 cui l'Italia ha già aderito (secondo pilastro della tutela brevettuale unica). Il Tribunale, infatti, avrà sezioni centrali a Parigi, Londra e Monaco di Baviera e sezioni locali in singoli Paesi (o gruppi di Paesi): per le Pmi, che costituiscono oltre il 95 per cento del sistema produttivo nazionale, potrebbe risultare troppo oneroso difendersi presso le sezioni centrali o quelle locali di altri Paesi in controversie generalmente molto complicate.
  La complessità della questione e la sua rilevanza per gli interessi del Paese impongono che la decisione di aderire o non aderire alla cooperazione rafforzata sia adeguatamente ponderata dalle Camere. L'approfondimento degli elementi a nostra disposizione fa ritenere a suo avviso opportuna l'adesione dell'Italia alla cooperazione rafforzata, ritenendo i vantaggi conseguenti per il sistema produttivo italiano superiori agli eventuali inconvenienti e costi determinati dall'uso del trilinguismo. Ricorda, in particolare, che il regolamento Pag. 177relativo alla registrazione del brevetto unico prevede un parziale rimborso delle spese di traduzione sostenute da PMI, università e persone fisiche. Ove questa posizione fosse condivisa, andrà ribadito, nella risoluzione per l'Aula, come l'adesione al brevetto unico non si configuri quale rinuncia all'azione svolta dall'Italia a difesa del regime linguistico dei Trattati e, in particolare, a tutela della lingua italiana nelle Istituzioni europee.
  L'esame della relazione programmatica costituisce anche l'occasione per fare il punto sulla preparazione del semestre di Presidenza del Consiglio dell'UE che il nostro Paese assumerà a partire da luglio 2014. Sarà un appuntamento cruciale per il prestigio dell'Italia e, ancor più, per il contributo che la Presidenza potrà dare all'avanzamento concreto del processo di integrazione, a partire dal completamento dell'UEM. Pertanto, ritiene opportuno che il Governo riferisca sulle iniziative che ha sinora assunto o intende assumere e sulle apposite strutture istituite o in corso di istituzione presso la Presidenza del Consiglio ed il Ministero degli esteri nonché sulla definizione delle priorità politiche che l'Italia perseguirà nel corso del semestre. Considera che la relazione della XIV Commissione e la risoluzione che sarà approvata in Aula debbano contribuire concretamente ad individuare e definire le priorità programmatiche del semestre di Presidenza italiana.
  I documenti al nostro esame fanno inoltre riferimento al negoziato in corso sulle proposte legislative relative alla politica di coesione, in stretta connessione con il quadro finanziario pluriennale 2014-2020. Dopo l'accordo politico sul quadro finanziario, raggiunto il 27 giugno da Parlamento, Consiglio e Commissione, ritiene che la questione prioritaria per il Paese diventi la definizione degli strumenti di programmazione attraverso i quali sarà concretamente attuata la politica di coesione nel periodo 2014-2020, come tra l'altro sottolineato dal Ministro Trigilia nella sua audizione sulle linee programmatiche del suo dicastero. Ricorda che, a due anni e mezzo dalla scadenza finale per la certificazione delle spese da parte delle Commissioni (il 31 dicembre 2015), le risorse sinora spese ammontano, per l'Italia nel suo complesso, ad appena 19 miliardi di euro, corrispondenti al 40 per cento delle risorse programmate.
  L'esperienza del periodo di programmazione in corso ha evidenziato come la difficoltà, qualitativa e quantitativa, di spendere le risorse destinate all'Italia dipenda in misura non trascurabile da errori commessi nella fase di definizione degli assi ed obiettivi di spesa, a livello nazionale e regionale, e dalla scarsa capacità amministrativa di molte strutture competenti.
  Per evitare questi errori occorre agire in due direzioni. In primo luogo, occorre concentrare le risorse disponibili nei prossimi anni su un numero di priorità limitato, in grado di assicurare un reale valore aggiunto in termini di crescita, evitando la dispersione su micro obiettivi e microinterventi che ha caratterizzato l'ultimo periodo di programmazione. In questo senso, credo che si debbano privilegiare innanzitutto gli interventi infrastrutturali volti a colmare il ritardo, in particolare del Mezzogiorno, rispetto alle aree più avanzate del Paese. Questo approccio dovrebbe portare l'Italia a predisporre e negoziare con la Commissione europea il «contratto di partenariato» che, sostituendo il quadro strategico nazionale previsto nel periodo 2007-2013, dovrà definire gli obiettivi sui quali concentrare le risorse destinate a ciascun Paese.
  In secondo luogo, occorre responsabilizzare di più il Governo nazionale sul l'utilizzo delle risorse europee, anche attivando, come prospettato dal Ministro Trigilia, un'Agenzia con compiti di intervento attivo nella progettazione e nella gestione di procedure a supporto delle funzioni regionali e del ruolo del partenariato. Ritiene, altresì, indispensabile potenziare la capacità tecnica e amministrativa delle Regioni e delle amministrazioni centrali, anche per poter esigere impegni chiari ed espliciti su obiettivi e tempi di realizzazione degli interventi, e attivare procedure di verifica ex ante dell'esistenza Pag. 178di requisiti minimi per candidarsi alla gestione di programmi, correlando il perseguimento degli obiettivi ad un insieme di incentivi e di sanzioni, compresa l'attivazione di eventuali poteri sostitutivi dello Stato.
  Giudica utile che questi punti siano inseriti nella risoluzione che la Commissione presenterà all'Assemblea.
  Propone infine, in conformità alla prassi consolidata, di svolgere un breve ciclo di audizioni di interlocutori qualificati per la prosecuzione dell'esame dei documenti e della identificazione delle priorità dell'azione europea dell'Italia: il Ministro degli affari europei; europarlamentari italiani che rivestano cariche istituzionali nel Parlamento europeo, nonché i capi delle delegazioni italiane nei gruppi politici; l'Ambasciatore lituano in Italia, al fine di illustrare le priorità della Presidenza; parti sociali e categorie produttive (Confindustria, Rete italiana imprese e sindacati); rappresentanti delle regioni, a livello sia di giunte sia di assemblee e consigli, e degli enti territoriali; esperti del settore.
  Ritiene infine fondamentale che su temi di tale rilievo possa svolgersi un dibattito ampio e approfondito, ed auspica che la Commissione possa pervenire a definire una posizione ampiamente condivisa.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Comunicazione congiunta della Commissione europea e della Alta rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza – Politica europea di vicinato: contribuire a un partenariato più forte.
JOIN(2013)4 final.

(Parere alla III Commissione).
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e conclusione – Parere favorevole con condizioni e osservazioni).

  La Commissione prosegue l'esame dell'atto dell'Unione europea in oggetto, rinviato nella seduta del 2 luglio 2013.

  Paolo TANCREDI (PdL), relatore, ricorda di aver formulato nella seduta svoltasi ieri una proposta di parere favorevole con condizioni e osservazioni, rispetto alla quale invita i colleghi ad esprimere valutazioni.

  Rocco BUTTIGLIONE (SCpI) denuncia l'ipocrisia vergognosa della Comunicazione in esame, che nulla dice a fronte delle note persecuzioni che in Medio Oriente subiscono le comunità cristiane; riterrebbe pertanto opportuno che nella prima condizione, accanto alla tutela dei diritti umani e al richiamo alle libertà di espressione, di associazione e di riunione, sia richiamata anche la libertà religiosa.
  Ritiene inoltre necessario porre l'accento sulla prevalenza della prospettiva orientale rispetto a quella mediterranea, a dimostrazione della totale assenza, a fronte di una situazione drammatica, di una qualsivoglia politica estera europea. Sottolinea la debolezza degli strumenti a disposizione e cita a titolo di esempio la situazione della Siria, rispetto alla quale non vi è una posizione definita dell'Unione europea. Occorrerebbe almeno individuare un luogo di elaborazione delle politiche, che ancora oggi non esiste.
  Un terzo tema sul quale richiama l'attenzione dei colleghi è quello dell'allargamento, evidenziando il particolare interesse per l'Italia al conseguimento da parte dell'Albania dello status di paese candidato all'ingresso nell'Unione.

  Paolo TANCREDI (PdL), relatore, accoglie il suggerimento dell'onorevole Buttiglione volto ad una riformulazione della condizione 1), nel senso di inserire un richiamo alla libertà religiosa.
  Esprime invece qualche perplessità sull'ultima questione richiamata, essendo la Comunicazione in esame dedicata alla politica di vicinato e non alle politiche di allargamento. Quanto al secondo tema sollevato dal collega Buttiglione, osserva come si tratti di una obiezione di natura strutturale, che sebbene sia certamente condivisibile, appare di difficile collocamento nell'ambito del parere formulato.

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  Rocco BUTTIGLIONE (SCpI) ritiene che nel parere si potrebbe auspicare l'intensificazione del dialogo tra istituzioni europee e Parlamenti nazionali, per una migliore definizione delle politiche di azione nelle aree del vicinato.

  Paolo TANCREDI (PdL), relatore, concorda con il suggerimento del collega Buttiglione. Ritiene a tal fine possibile modificare il quarto capoverso delle premesse, laddove si rileva che una politica di vicinato efficace richiede, in particolare, la costruzione di una reale una politica estera e di sicurezza dell'UE, in quanto soltanto un'azione unitaria, autorevole e forte dell'Unione negli scenari critici che interessano le regioni vicine può creare i presupposti per la stabilità, la crescita democratica e l'instaurazione dello stato di diritto, inserendo la specifica che «a tale scopo appare prioritario intensificare il dialogo tra le istituzioni europee, in particolare l'Alta rappresentanza dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e i Parlamenti nazionali».

  Vega COLONNESE (M5S) condivide i rilievi formulati e esprime apprezzamento per la proposta di parere. Richiama inoltre l'attenzione dei colleghi sul nuovo strumento istituito a gennaio scorso dalla Commissione europea, il Fondo europeo per la Democrazia, che permetterà di finanziare le attività di giornalisti, ONG, movimenti politici, bloggers.
  Preannuncia quindi il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata.

  Emanuele PRATAVIERA (LNA) si associa alle osservazioni formulate dall'onorevole Buttiglione.
  Chiede quindi chiarimenti in ordine alla terza condizione ed esprime una valutazione critica sulla quinta condizione, poiché ritiene che debba essere rivista la ripartizione delle risorse, nella misura di un terzo al partenariato orientale e di due terzi a quello mediterraneo. Occorre a tale riguardo che il riparto sia modificato a favore dei paesi dell'est europeo, nei quali vi sono forti e diretti interessi italiani.
  Esprime inoltre contrarietà sulla prima osservazione, volta ad assicurare una maggiore partecipazione dei cittadini dei Paesi vicini ai programmi dell'UE in materia di istruzione garantendo, in particolare, una maggiore disponibilità di borse di studio universitarie. Ritiene che eventuali incentivi debbano piuttosto essere rivolti ai cittadini europei.
  Riterrebbe infine opportuno integrare l'osservazione di cui alla lettera b) facendo esplicito riferimento alla necessità di tutelare il made in Italy e di contrastare i fenomeni di contraffazione.

  Lara RICCIATTI (SEL) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore. Diversamente dal collega Prataviera, condivide pienamente i contenuti della osservazione di cui alla lettera a), ritenendo che i programmi ivi richiamati in materia di istruzione necessiterebbero anzi di maggiori risorse, e invita ad evitare distinzioni tra cittadini europei e cittadini non europei, che appaiono particolarmente sgradevoli nella sede della XIV Commissione.

  Marina BERLINGHIERI (PD) sottolinea le potenzialità delle politiche di mobilità studentesca, che rappresentano una importantissima occasione nella costruzione di democrazie solide, obiettivo ultimo delle politiche di vicinato. Sotto tale profilo appare opportuno favorire finanziamenti che non siano distribuiti «a pioggia» ma siano mirati, selezionando specifici progetti di mobilità con i paesi del vicinato orientale e mediterraneo. Si tratta di una occasione assai rilevante per riflettere anche sulla identità della casa comune europea.

   Paolo TANCREDI (PdL), relatore, sottolinea l'importanza enorme delle politiche di vicinato, non solo con finalità di sostegno e sviluppo, ma anche come occasione per guardare oltre l'ambito strettamente domestico. Pag. 180
  Ritiene quindi opportuno mantenere fermo quanto definito con la osservazione di cui alla lettera b), per la rilevanza della mobilità studentesca extra europea.
  Quanto ai chiarimenti chiesti dall'onorevole Prataviera in ordine alla terza condizione formulata, sottolinea come questa sia volta a sottolineare che se non si realizza una flessibilità nelle politiche di vicinato, adeguandole alle specificità dei singoli paesi, sarà difficile condurre azioni efficaci.
  Circa il tema della ripartizione delle risorse, evidenzia come l'attenzione maggiore rivolta ai confini meridionali sia dettata dalla situazione geopolitica, in quanto vi è un numero maggiore di paesi, direttamente confinanti. Diverso è il caso dei paesi del confine orientale, rispetto ai quali le politiche di vicinato si intersecano con quelle di allargamento. La proposta formulata è quella di mantenere la ripartizione delle risorse come fatto in precedenza, pur nella consapevolezza di una riduzione complessiva delle risorse a disposizione delle politiche estere dell'Unione europea.

  Arianna SPESSOTTO (M5S) chiede chiarimenti in ordine alla riduzione delle risorse.

  Paolo TANCREDI (PdL), relatore, richiama il dibattito svoltosi sul quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea, purtroppo assai spesso troppo poco penetrato nel dibattito politico interno dei Paesi dell'Unione.
  Rileva infine, con riferimento alla osservazione di cui alla lettera b), che essa, nel richiamo ai prodotti italiani, già implicitamente si riferisce alla tutela del made in Italy.
  Alla luce del dibattito svoltosi formula quindi, in conclusione, una nuova proposta di parere, con condizioni e osservazioni (vedi allegato 3).

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere, come da ultimo riformulata.

  La seduta termina alle 15.40.

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