CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 5 giugno 2013
33.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 47

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Mercoledì 5 giugno 2013.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 10.10 alle 10.35 e dalle 10.55 alle 11.20.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 5 giugno 2013. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il sottosegretario di Stato alla giustizia Cosimo Ferri.

  La seduta comincia alle 10.35.

DL 35/2013: Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali.
C. 676-B Governo.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Pina PICIERNO (PD), relatore, osserva come sia nuovamente all'esame della Commissione Pag. 48il c.d. «decreto debiti scaduti della P.A.», con le modifiche apportate dal Senato.
  Ritiene opportuno precisare preliminarmente che l'oggetto dell'esame in sede consultiva è rappresentato unicamente dalle disposizioni del Senato che rientrano negli ambiti di competenza della Commissione giustizia.
  L'unica disposizione che costituisce oggetto dell'odierno esame della Commissione è, dunque, il nuovo comma 8-bis dell'articolo 11, in base al quale: «Ai fini del contenimento della spesa pubblica, gli uffici legali delle regioni sono autorizzati ad assumere gratuitamente il patrocinio degli enti dipendenti, delle agenzie regionali e degli organismi istituiti con legge regionale per l'esercizio di funzioni amministrative delle regioni medesime».

  Antonio MAROTTA (PdL) chiede alcuni chiarimenti sull'ambito di applicazione della norma, con particolare riferimento alle tipologie di contenzioso per le quali sarebbe possibile assumere gratuitamente il patrocinio.

  Donatella FERRANTI, presidente, chiarisce la ratio della disposizione, volta a limitare il ricorso a studi legali privati al fine di contenere la spesa pubblica. Rileva come dalla formulazione della norma, che si inserisce in un articolo dal contenuto molto eterogeneo, non emerga una limitazione riferita alle tipologie di contenzioso.

  Franco VAZIO (PD) ritiene che la disposizione sia ragionevole e condivisibile, offrendo una possibilità di contenimento della spesa pubblica. Osserva, peraltro, come la rubrica dell'articolo 11 menzioni solo alcune regioni e come questo dato letterale potrebbe far sorgere il dubbio che anche il comma 8-bis partecipi di questa limitazione soggettiva. In senso contrario si potrebbe però obiettare che il contenuto dell'articolo 11 è estremamente eterogeneo e che la formulazione della norma farebbe propendere per un ambito di applicazione soggettivo esteso a tutte le regioni.

  Gaetano PIEPOLI (SCpI) ritiene che dalla formulazione della norma si desume chiaramente come l'ambito di applicazione non sia limitato alle sole regioni indicate in rubrica.

  Pina PICIERNO (PD), relatore, preso atto di quanto emerso nel corso della seduta, formula una proposta di parere favorevole, nelle cui premesse si rileva che, considerato il contenuto dell'articolo 11, nel testo modificato dal Senato, il comma 8-bis è evidentemente riferito a tutte le Regioni.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore (vedi allegato).

Sui lavori della Commissione.

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che il rappresentante del gruppo PdL ha comunicato alla presidenza di non essere potuto intervenire nella riunione dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti di gruppo, convocata oggi alle 10, in quanto non è stato informato tempestivamente della stessa attraverso il sistema SMS, con il quale la segreteria della Commissione dà informale notizia dei cambi di orario delle convocazioni ai deputati, già formalmente notificate tramite email. Dopo aver precisato che si tratta di un sistema pratico utilizzato per informare tempestivamente i deputati, non attinente alla procedura formale di convocazione, che nel caso di specie risulta essere del tutto corretta, rileva che dagli accertamenti effettuati risulta che effettivamente l'onorevole Costa non risulta essere stato raggiunto dalla comunicazione via SMS. Riapre, pertanto, la riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, che si era conclusa alle ore 10.35.

  Enrico COSTA (PdL) dichiara di voler intervenire nell'ambito dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, del quale condivide le decisioni in Pag. 49merito alla programmazione dei tempi di lavoro per l'esame della proposta di legge n. 331 relativa alle pene detentive non carcerarie, alla sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili, in merito alla richiesta degli onorevoli Verini e Molteni di inserire all'ordine del giorno della Commissione nel corso della prossima settimana le risoluzioni in materia di geografia giudiziaria. Tale richiesta non tiene conto che ieri la Commissione Giustizia del Senato ha deliberato di sospendere l'esame dei progetti di legge relativi alla proroga della riforma della geografia giudiziaria. A suo parere, preso atto di tale decisione del Senato, occorrerebbe avviare immediatamente alla Camera l'esame della sua proposta di legge sulla medesima materia, il cui esame presso questo ramo del Parlamento non è stato avviato, nonostante che lui ne avesse fatto richiesta sin dalla prima riunione dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, in quanto nel frattempo il Senato aveva avviato l'esame di alcune proposte simili. Questo ostacolo, a suo parere, è venuto meno ieri.

  La seduta termina alle 10.55.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 5 giugno 2013. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il sottosegretario di Stato alla giustizia Cosimo Ferri.

  La seduta comincia alle 11.20.

Sull'ordine dei lavori.

  Donatella FERRANTI, presidente, ricorda che alle ore 11 è prevista l'audizione, in relazione all'esame delle proposte di legge recanti modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, in materia di scambio elettorale politico-mafioso, del professore Vincenzo Maiello. Ritiene quindi di sospendere la seduta in sede referente, che riprenderà al termine dell'audizione informale.

  Vittorio FERRARESI (M5S) chiede per quale motivo non si debbano trattare degli argomenti inseriti all'ordine del giorno della Commissione.

  Donatella FERRANTI, presidente, precisa che l'ordine del giorno della Commissione, come risultante dalle convocazioni, è uno strumento dotato di una certa flessibilità, adattabile alle circostanze concrete e, comunque, funzionale al migliore e più razionale svolgimento dei lavori della Commissione. Non è infrequente che sopraggiungano ragioni oggettive, legate, ad esempio, a modifiche dell'orario dei lavori dell'Assemblea o alla necessità di inserire in extremis nell'ordine del giorno della Commissione l'esame di decreti-legge o di altri provvedimenti da esaminare prioritariamente, che determinino una modifica dell'organizzazione dei lavori della Commissione e, eventualmente, anche la mancata trattazione di uno o più punti all'ordine del giorno. Tuttavia, per quanto concerne le odierne esigenze organizzative della Commissione, la sede referente si svolgerà regolarmente, proseguendo dopo la conclusione dell'audizione informale.

  Nicola MOLTENI (LNA) chiede che siano comunque garantiti tempi certi per l'esame della proposta di legge C. 331 Ferranti, relativa alle pene detentive non carcerarie, alla sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili. In considerazione della compressione dei tempi del dibattito, ritiene quindi che debba essere concesso un termine per gli emendamenti più ampio rispetto a quello ipotizzato nell'ambito dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

  Donatella FERRANTI, presidente, ritiene che i rilievi dell'onorevole Molteni siano inconferenti, poiché è evidente che non sussista alcuna intenzione né di perdere tempo né di comprimere il dibattito e le prerogative dell'opposizione. Ricorda, Pag. 50infatti, come ieri sia sopraggiunto un fatto nuovo, ovvero l'inserimento nell'ordine del giorno della Commissione dell'esame in sede consultiva del decreto-legge «debiti della PA», sul quale si è svolto un dibattito articolato. Sottolinea, inoltre, come anche il dibattito nell'ambito dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, si sia protratto ben oltre il tempo preventivato, avendo avuto ad oggetto anche dei temi non strettamente attinenti alla programmazione dei lavori della Commissione. Queste circostanze hanno fatto sì che la sede referente iniziasse a ridosso dell'orario fissato per l'inizio dell'audizione del professor Maiello, che è in attesa di entrare nell'aula della Commissione per svolgere la sua relazione. La presidenza ha quindi assunto una decisione pienamente legittima, rientrante nell'ambito dei suoi poteri organizzativi, volta a razionalizzare i lavori della Commissione e, soprattutto, molto frequente nella prassi, come l'onorevole Molteni ben sa, non essendo questa la sua prima legislatura. La presidenza, segnatamente, ha ritenuto opportuno che l'esame dei provvedimenti in sede referente proseguisse dopo la conclusione dell'audizione informale. Tuttavia, se si ritiene che questa decisione, di natura meramente organizzativa, possa avere invece altri significati, nulla vieta di proseguire l'esame in sede referente proprio con l'intervento dell'onorevole Molteni e di svolgere successivamente l'audizione informale.

  Nicola MOLTENI (LNA) contesta il fatto che si sia comunque stravolto l'ordine del giorno della Commissione

  Donatella FERRANTI, presidente, invita l'onorevole Molteni a svolgere il suo intervento sulla proposta di legge C. 331.

  Nicola MOLTENI (LNA) ritiene che la gestione dell'organizzazione dei lavori della Commissione sia la causa del mancato rispetto dei tempi e chiede che siano garantiti comunque tempi adeguati per la discussione.

  Donatella FERRANTI, presidente, preso atto dei rilievi dell'onorevole Molteni, assicura che saranno assicurati tempi adeguati per un serio ed approfondito esame della proposta di legge C. 331. Per quanto riguarda i lavori odierni della Commissione, sospende la seduta in sede referente, che proseguirà una volta conclusa l'audizione informale.

  La seduta, sospesa alle 11.30, è ripresa alle 12.20.

Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili.
C. 331 Ferranti.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 4 giugno 2013.

  Donatella FERRANTI, presidente e relatore, invita i deputati che vi abbiano interesse ad iscriversi a parlare. In attesa dell'onorevole Molteni, dà la parola al collega Ferraresi.

  Vittorio FERRARESI (M5S), intervenendo a nome del proprio gruppo, ritiene che l'ambito di applicazione del nuovo istituto della sospensione del procedimento con messa al prova sia forse eccessivamente esteso. Nell'introdurlo ci si riferisce ai reati di «minore allarme sociale», mentre la soglia edittale prevista (pena di reclusione massima fino a 4 anni) comprende fattispecie di una certa gravità. Anche in una prospettiva di raccordo con le misure proprie dell'esecuzione penale (che somigliano molto al nuovo istituto), dove la soglia base per l'accesso alle alternative alla detenzione è 3 anni, il limite di pena appare piuttosto elevato. In una condivisibile ottica di deflazione, si rinuncia a procedere per fattispecie anche piuttosto serie. Fra l'altro, i tossicodipendenti, che sarebbero i destinatari più adatti alla Pag. 51sospensione, sono tagliati fuori (pena minima è 6 anni). Quantomeno la proposta andrebbe accompagnata da una riforma sulla cornice edittale dei reati collegati alla tossicodipendenza.
  La nuova misura non appare idonea a risolvere la questione del sovraffollamento carcerario (è impropriamente chiamata «svuotacarceri»), dato che le categorie di detenuti di breve durata che affollano gli istituti di pena molto probabilmente non potrebbero beneficiare della messa alla prova (ad esempio, lo scippatore straniero, il tossicodipendente, eccetera). Fra l'altro è diretta a chi ancora in carcere non c’è, mentre la CEDU ci ha dato 1 anno per risolvere la questione di chi in carcere c’è ora).
  Sarebbe stato più opportuno intervenire, almeno prioritariamente, sui tossicodipendenti e sul trattamento dei recidivi, ossia su provvedimenti che incidono direttamente sull'esecuzione penale e che da lungo tempo sono additati come i responsabili dell'attuale situazione. La proposta di legge in esame inserisce un istituto molto delicato e complesso, che ci sembra possa sollevare una grande quantità di problematiche interpretative e applicative, senza probabilmente essere in grado di dare una soluzione soddisfacente alla questione carceri.
  Osserva come i problemi e le tensioni con il dettato costituzionale sollevati dalla messa alla prova minorile vengono di regola risolti e superati insistendo sulle peculiarità del minore. Queste giustificazioni non possono essere riproposte per l'adulto. Il «trapianto» dell'istituto nella disciplina del codice di rito solleva perciò molti interrogativi, anche con riguardo a possibili contrasti con la Costituzione. La differenza che dovrebbe salvarne la legittimità costituzionale sarebbe la seguente: al minore la misura è imposta; qui è richiesta dall'imputato, che la propone al giudice ed è chiamato ad esprimere un consenso su ogni modifica. E dubbio tuttavia che ciò basti per allontanare dubbi di costituzionalità ?
  La più grande tensione si verifica con la presunzione di non colpevolezza. La sospensione appare configurata come una anticipazione della sanzione penale mentre il processo è ancora in corso.
  Il fatto che il processo sia solo sospeso e possa in futuro ricominciare, segna una differenza fondamentale da altri modelli consensuali già sperimentati e che pure restano su un crinale di dubbia legittimità (come il patteggiamento).
  Il nuovo istituto per molti versi si spinge ben oltre. E in più è applicato prima del passaggio in giudicato: anche in una fase del tutto preliminare (può essere chiesto anche in corso d'indagine).
  Si configura come rinuncia all'accertamento su impulso dell'imputato che, di fatto, sconta in via anticipata una sorta di pena, benché il procedimento possa ricominciare.
  Ritiene che sussista anche il problema del livello di «accertamento» della responsabilità per accedere alla sospensione. Il consenso qui non gioca un ruolo. Al centro sta la formulazione dell'imputazione: il p.m. deve aver esercitato l'azione (quindi devono esservi i presupposti per agire).
  Il principio di completezza delle indagini assurge così a dogma (e già questo sotto molti profili potrebbe essere opinabile).
  Prima dell'azione il pubblico ministero può dissentire. Dopo perde ogni possibilità.
  Il livello di accertamento è quindi quello presupposto dall'esercizio dell'azione, unito a scarsissimi controlli del giudice: solo verifica sulla base dell'articolo 129 c.p.p. (sul modello del patteggiamento).
  Il controllo sulla correttezza della qualificazione giuridica almeno andrebbe aggiunto (anche perché potrebbe influire sull'ambito di applicabilità dell'istituto: 4 anni).
  Si innesta poi un altro tipo di accertamento: quello sulla «meritevolezza» della misura: il dissenso del p.m. durante le indagini potrebbe avere ad oggetto anche questo profilo ? Il p.m. deve enunciare le ragioni del dissenso: solo sul livello di accertata responsabilità ? O anche sulla Pag. 52meritevolezza in rapporto al tipo di reato commesso o all'autore ? Difficile pensare che, nel consentire o dissentire, il p.m. scinda i 2 momenti.
  Rileva quindi una possibile irragionevolezza rispetto agli altri momenti di applicazione della messa alla prova, dove al p.m. non è dato alcun potere «veto».
  Si veda inoltre il comma 4 dell'articolo 464-ter, che non sembra avere senso: l'avvenuto esercizio dell'azione già taglia fuori il p.m. Di fronte ad un diniego del nel corso delle indagini, l'imputato potrebbe già chiedere la sospensione in udienza preliminare, senza bisogno del consenso del p.m.: perché aspettare l'inizio del dibattimento per riproporre l'istanza ?
  La «meritevolezza» (che spetta al giudice di massima stabilire) pone un altro problema cruciale: qual è la finalità delle restrizioni imposte ?
  Non si desume da nessuna norma, neanche dal 168-bis c.p., che introduce l'istituto.
  L'articolo 464-quater, comma 3, parla di «idoneità» del programma di trattamento: rispetto a cosa ? L'articolo 464-quinquies, comma 3, si riferisce alla «congruità delle prescrizioni rispetto alle finalità della messa alla prova» (sostituisce il controllo sulla «congruità della pena» nel patteggiamento): quali ?
  L'implicito è che sia una pena, cui può seguire la prosecuzione del processo con alternativa aperta anche al proscioglimento.
  Queste ambiguità, questi silenzi e questa configurazione così prossima all'esecuzione (affidamento in prova) e così distante dagli altri riti speciali (manca il giudicato), in assenza delle esigenze tipiche del minore, potrebbero portare a censure di illegittimità costituzionale.
  Altro problema non affrontato per niente dalla proposta è quello dei rapporti con le misure cautelari: il tetto di pena consente addirittura di proporre la sospensione da parte di chi è in custodia in carcere. Potrebbe essere positivo, nell'ottica di alleggerimento della pressione penitenziaria. Ma allora occorre chiedersi come le esigenze cautelari interagiscano con i controlli demandati al giudice in sede di sospensione.
  Riguardo ai controlli del giudice, occorre sottolineare come difficile sia per lui operare gli accertamenti richiesti dalla nuova previsione, specie se l'istanza viene presentata in una fase embrionale del procedimento penale.
  Potrebbe non avere materiale su cui decidere.
  Si ovvia tramite una istruttoria ad hoc (articolo 464-bis, comma 5), che si configura però come completamente «extra-processuale»: informative di polizia, servizi sociali o altri enti pubblici.
  Quali norme del processo si applicano e non si applicano a questa istruttoria ?
  Delicati sono qui i rapporti col divieto di indagini sulla personalità dell'imputato.
  Le relazioni dei servizi sociali sottendono una osservazione della personalità ? Non dovrebbe essere: indagine socio-familiare (464-bis comma 5 e articolo 191-bis att.)
  Restano problemi delicatissimi sul possibile esercizio di diritti processuali nel corso di queste indagini (sul diritto al silenzio, facoltà di astensione dei prossimi congiunti, eccetera). Il processo non è infatti concluso: potrebbe ricominciare.
  Ove poi il processo ricominciasse, si sancisce l'inutilizzabilità di questo materiale.
  Meglio aggiungere «in ogni stato e grado del procedimento» (o addirittura distruzione ?), altrimenti in abbreviato, o ai fini di misure cautelari la giurisprudenza finirà per dire che quel materiale si può utilizzare.
  Vi è poi io problema del computo messa alla prova in caso di revoca o esito negativo: si discosta dalla costante giurisprudenza costituzionale in materia di misure alternative, che assegna al giudice una valutazione concreta, caso per caso, avente riguardo alla entità della violazione e alla quantità del tempo trascorso osservando le regole (oltre che alla qualità dei comportamenti).
  Quanto al ruolo della vittima, si attinge in molte parti della proposta ad istituti di Pag. 53giustizia conciliativa già sperimentati in ambito minorile e di giudice di pace.
  Lascia particolarmente perplessi l'articolo 464-quinquies: la vittima deve prestare il suo consenso per la rateizzazione delle somme dovute a titolo risarcitorio. Previsione molto discutibile, da eliminare: deve essere una valutazione rimessa al giudice che abbia riguardo alle condizioni economiche dell'imputato.
  Quanto alla durata della misura: il minimo è previsto (30 giorni) e per il solo lavoro di pubblica utilità. E le altre prescrizioni ? Il massimo si ricava indirettamente dalla durata della sospensione (2 anni se reato punito con pena detentiva; 1 anno se punito con pena pecuniari). Con possibilità di proroghe su istanza dell'imputato sull'inizio dell'attività che potrebbero restringere questi termini.
  La durata della misura è rimessa ad una forte discrezionalità giudiziale. Comunque l'effetto generale è di poca chiarezza: meglio esplicitare.
  Anche sui contenuti della misura si riscontrano ambiguità.
  Le norme sulle prescrizioni sono «sparpagliate» e devono essere ricostruite piuttosto faticosamente, dando vita ad un sistema contorto.
  Inoltre i poteri del giudice di stabilire se l'esito è positivo o negativo sono decisamente troppo indeterminati (articolo 464-septies: «se tenuto conto del comportamento... ritiene»). Il giudice sembra arbitro. Andrebbero specificati almeno i parametri che deve utilizzare (in materia esecutiva le previsioni sono meglio formulate: rispetto della legge e delle prescrizioni; commissione di nuovi reati, con specificazione del tipo).
  Molto problematica appare anche la previsione dell'articolo 464-sexies.
  Mentre si espleta la messa alla prova, resta la possibilità di una sorta di «processo parallelo»: si può chiedere di acquisire non solo le prove che rischiano la dispersione, ma anche quelle «che possono condurre» al proscioglimento, anche se non urgenti e anche se non sopravvenute.
  Si impone comunque l'assunzione con le modalità dibattimentali.
  Anzitutto, qualunque prova a difesa può potare in ipotesi al proscioglimento.
  Si allude implicitamente al proscioglimento ex articolo 129 ? O anche alla prova che instilla il dubbio ? Se sopravviene una prova non conosciuta al momento della richiesta di sospensione che si prefigura come favorevole, si danno 3 possibili alternative:
   1. La prova viene acquisita e il giudice la valuta ai fini dell'articolo 129 c.p.p.. In che modo ? Con un'udienza ad hoc ? Occorre disciplinare nel caso le conseguenze procedurali. Questo dovrebbe naturalmente superare il consenso e provocare la cessazione della messa alla prova dell'imputato.
   2. La prova viene solo acquisita, ma il giudice non ha il potere di valutarla (è come il giudice dell'incidente probatorio). All'imputato dovrebbe essere data la possibilità di valutare il da farsi: revocare consenso e rischiare il dibattimento o proseguire con la prova. Anche in questo caso, occorrerebbe regolamentare le conseguenze (termine, eccetera).
   3. Si toglie la previsione tout court: si possono acquisire durante la sospensione solo le prove non rinviabili. Si aspetta l'esito della messa alla prova e poi si procede in via ordinaria, se finisce male. Se finisce bene, il reato si estingue.

  A quale delle 3 evenienze alluda la norma andrebbe chiarito (e regolati di conseguenza i passaggi successivi).
  Occorrerebbe poi eliminare «modalità stabilite per il dibattimento», se l'assunzione non è urgente.
  Altro vuoto totale è sul regime delle impugnazioni sugli esiti della messa alla prova.
  Se il reato si estingue con sentenza, il ricorso dovrebbe esserci per forza. Ma come investire la Cassazione di queste questioni ?
  Tuttavia sono questioni relative al comportamento tenuto, attitudine, eccetera e la Cassazione giudice poco adatto.Pag. 54
  Se accogliesse il ricorso dovrebbe rinviare ad altro giudice per una nuova valutazione sugli esiti della prova.
  E l'appello ? Non si prevede. Si potrebbe delineare un sistema di impugnazioni sul modello del patteggiamento. E l'esito negativo, sancito con ordinanza ? Sarebbe inoppugnabile ?
  Quanto alle nuove pene detentive non carcerarie, i profili più problematici sono demandati ai decreti legislativi: rapporti con le sanzioni sostitutive e le misure alternative.
  È evidente che introdurre questi due nuovi tipi di pene principali comporta una profonda revisione degli altri strumenti, che potrebbero perdere di senso (v. limiti per l'affidamento in prova e per la detenzione domiciliare in sede esecutiva).
  È quantomeno sbrigativo che il legislatore delegante si limiti a introdurre questi due nuovi tipi di pena, senza curarsi delle (profonde) conseguenze che questo innesto provocherà.
  Insomma: il problema non sta tanto in quello che la proposta di delega dice. Ma in tutto quello che non dice. Bisognerebbe farsi carico delle conseguenze, almeno per linee generali (come è confacente ad una delega).
  In materia di sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili, con riferimento all'articolo 419 comma 1: l'avvertimento iniziale sulle conseguenze della mancata comparizione dovrebbe essere più esplicito: il richiamo normativo risulta del tutto oscuro per il profano, togliendo alla norma la sua funzione di garanzia. Andrebbe predisposto un avvertimento più comprensibile, con una sintesi esplicita delle conseguenze giuridiche dell'assenza.
  Quanto all'articolo 420-bis: fra le ipotesi di contatto «ufficiale» con il procedimento penale vengono inserite le misure cautelari («sottoposto»). Potrebbero esservi però misure notificate e non eseguite: si torna così al problema della conoscenza effettiva.
  La clausola «risulti con certezza» la conoscenza del procedimento (come alternativa alla notificazione personale dell'avviso di udienza) può aprire scorci molto problematici. Si potrebbe limitare la previsione ai casi in cui l'imputato si dà alla fuga mentre la polizia gli sta notificando l'avviso di udienza e la polizia lo vede. Si rientrerebbe così sicuramente nell'ambito della «sottrazione volontaria» alla conoscenza del procedimento. Sottrazione da limitare quindi al momento della consegna (flagranza di sottrazione).
  Occorre poi distinguere la conoscenza del procedimento da quella del processo.
  La proposta di legge fa sorgere, a fronte di una conoscenza del procedimento (che potrebbe avvenire in fasi del tutto embrionali delle indagini ed essere seguita da lunghi periodi di silenzio), impliciti oneri di informazione: sull'imputato grava l'onere di informarsi sui successivi svolgimenti dell'accertamento penale.
  Almeno per gli atti solenni della vocatio in iudicium alla prima udienza dell'udienza preliminare e alla prima udienza dibattimentale, occorrerebbe una consegna nelle mani dell'imputato.
  Almeno per questi casi, l'onere di una sicura informazione dovrebbe gravare sugli organi statali e non sull'imputato, che potrebbe – anche per negligenze del difensore – non venire a conoscenza dell'avvio dell'udienza preliminare e del dibattimento.
  Per le udienze successive, starà all'imputato assente informarsi.
  Salvo i rinvii disposti (eccezionalmente) fuori udienza, per i quali di nuovo dovrebbe sorgere un dovere di consegna personale.
  All'articolo 420-bis comma 3: per maggiore chiarezza, andrebbe inserita una clausola che faccia salve le ipotesi del (mantenuto) articolo 420-ter.
  Si riserva ulteriori approfondimenti e preannuncia la presentazione di emendamenti da parte del proprio gruppo.

  Nicola MOLTENI (LNA) integra l'intervento non conclusosi ieri per ribadire la totale contrarietà del suo gruppo al testo in esame, che non può assolutamente essere considerato come una soluzione della gravissima emergenza carceraria, come risulta evidente anche dalla scelta di Pag. 55utilizzare lo strumento della delega legislativa. Inoltre i dati forniti dal ministro pro tempore Severino, secondo cui sarebbero circa solo 1200 i beneficiari, dimostra l'inutilità dell'intervento. Il provvedimento si basa su degli assunti del tutto errati, come, ad esempio, quello di considerare bagatellari i reati puniti con pena fino a 4 anni, quando invece tra essi vi sono molti reati di grave allarme sociale, come ha avuto modo di sottolineare ieri. Inoltre le disposizioni relative alla detenzione presso il domicilio avrebbero gravi effetti negativi sull'ordine pubblico, in quanto verrebbe sottratto personale di polizia dal controllo del territorio per destinarlo al controllo dei detenuti presso il proprio domicilio. Tale questione è strettamente connessa a quella del braccialetto elettronico, rispetto alla quale manca chiarezza circa l'applicabilità concreta di questo strumento di controllo nonché al suo reale costo per la collettività.
  Ritiene che la Commissione debba tenere conto di tutte le perplessità emerse nel corso delle audizioni sia in questa che nella scorsa legislatura, anche in relazione all'istituto della messa alla prova ed in particolare all'applicabilità concreta in tutte le realtà territoriali della misura del lavoro di pubblica utilità.
  Conclude preannunciando una forte opposizione del suo gruppo al testo in esame.

  Franco VAZIO (PD) ritiene che le audizioni svolte abbiano prospettato una situazione diversa da quella descritta oggi. La sospensione del procedimento con messa alla prova offre alla parte lesa un sistema per ottenere l'immediato riconoscimento del suo diritto e si basa su una valutazione della pericolosità del soggetto che il giudice compie caso per caso. Tale meccanismo appare ragionevole. Ad esempio, in caso di minaccia, è verosimile che la parte lesa tema più un processo di tre anni piuttosto che l'immediata messa alla prova.
  Quanto ai rilievi mossi sulla durata della sospensione, osserva come sia altamente probabile che per quelle categorie di reati, se si andasse a dibattimento, la condanna sarebbe soggetta a sospensione condizionale e la parte lesa sarebbe conseguentemente ignorata.

  Ivan SCALFAROTTO (PD) ritiene necessario che non si confonda la pena con l'esecuzione della pena e sottolinea come alla base del provvedimento in esame non vi sia una sorta di «buonismo», finalizzato a lasciare impunite determinate condotte. Il problema è piuttosto quello di lavorare in modo moderno e adatto alle esigenze contemporanee sull'esecuzione della pena.

  Vittorio FERRARESI (M5S) precisa come il proprio gruppo non sia contrario all'istituto della messa alla prova, ma sollevi numerose perplessità su aspetti tecnici della formulazione del teso. Ritiene che un provvedimento tanto complesso e che presenta un simile numero di criticità non possa essere affrontato in tempi brevi. Si tratta di un provvedimento che non deve essere approvato « a tutti i costi» ma che deve essere formulato adeguatamente ed in modo equilibrato.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 5 giugno 2013.

Audizione in relazione all'esame delle proposte di legge C. 251 Vendola, C. 328 Francesco Sanna e C. 923 Micillo, recanti modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, in materia di scambio elettorale politico-mafioso del professore di diritto penale presso l'Università degli studi Federico II di Napoli, Vincenzo Maiello.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 11.30 alle 12.20.

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AUDIZIONI

  Mercoledì 5 giugno 2013. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il ministro della giustizia Annamaria Cancellieri.

  La seduta comincia alle 14.15.

Seguito audizione del Ministro della giustizia sulle linee programmatiche del suo dicastero.
(Svolgimento, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, e conclusione).

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  Introduce quindi l'audizione.

  Il Ministro Anna Maria CANCELLIERI risponde ai quesiti posti nelle precedenti sedute.

  Intervengono i deputati Enrico COSTA (PdL), Walter VERINI (PD), Andrea COLLETTI (M5S), Nicola MOLTENI (LNA), Arcangelo SANNICANDRO (SEL) e Gaetano PIEPOLI (SCpI).

  Interviene in replica il Ministro Anna Maria CANCELLIERI.

  Donatella FERRANTI, presidente, ringrazia il Ministro e dichiara conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali.
C. 631 Ferranti.

Disposizioni in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante.
C. 925 Costa.

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