CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 20 maggio 2013
23.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
COMUNICATO
Pag. 19

SEDE REFERENTE

  Lunedì 20 maggio 2013. — Presidenza del presidente Luca SANI.

  La seduta comincia alle 15.05.

Norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta a chilometro zero e di qualità.
C. 77 Realacci.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame della proposta di legge.

  Colomba MONGIELLO (PD), relatore, rileva che i temi affrontati dal progetto di legge all'ordine del giorno hanno assunto nell'ultimo decennio un'importanza cruciale per la sostenibilità finanziaria delle imprese agricole e per la garanzia dei consumatori a poter disporre di derrate alimentari sicure, sane e a prezzi accessibili.
  Si tratta di aspetti che fino all'entrata in vigore dei principi recati dalla cosiddetta Agenda 2000 – ossia la Politica agricola comune (PAC) degli anni 2000-2006, in cui i criteri della competitività e della concorrenza dei mercati si posero alla base dei regimi della conduzione aziendale – non erano considerati quali fattori essenziali per la gestione della aziende agricole e neppure incidevano in maniera determinante sui prezzi finali dei prodotti agricoli ed alimentari destinati ai consumatori. È questo il momento in cui le istituzioni europee, nell'ottica di ammodernare il sistema rurale europeo ancorandolo alla tutela ambientale e alla multifunzionalità, dovendo ridurre le eccedenze di produzione e tagliare gli oneri generati dal settore rurale a carico bilancio comunitario (gli interventi correlati alle organizzazioni comuni dei mercati agricoli assorbivano quasi i tre quarti delle risorse comunitarie), ha deciso di introdurre Pag. 20nel sistema produttivo agricolo i principi della concorrenza nei mercati e della competitività delle imprese agricole.
  Chi ha sofferto le maggiori conseguenze di questa specifica novità è stato in particolare il settore primario agricolo italiano, in gran parte basato sulle produzioni mediterranee, poco estensive e con elevatissimi contenuti di qualità intrinseche ed alti standard di modalità di produzione, oltre che su aziende in maggioranza scarsamente rivolte al mercato in quanto ancora incentrate su criteri di gestione tradizionali (in Italia non esisteva ancora la figura giuridica dell'imprenditore agricolo professionale, ma quella del coltivatore diretto), con superfici agricole utilizzabili assai limitate e troppo parcellizzate per adottare modelli competitivi, che hanno come punti di forza le mono produzioni e le grandi estensioni territoriali.
  Di pari passo si sono anche sviluppate le grandi realtà commerciali della grande distribuzione alimentare e queste, in sinergia con l'apertura dei mercati in parte decisa dalla politica agricola comune, hanno amplificato i noti problemi di cui soffrono gli agricoltori italiani, che sono gravati da costi di produzione elevati, da una insostenibile concorrenza da parte delle produzioni estere, spesso analoghe a quelle tipiche mediterranee (agrumi, ortofrutta e olivicoltura), ma con standard di produzione e di qualità molto più bassi, e da prezzi di vendita sul campo irrisori o ad ogni modo inadeguati a coprire gli oneri di coltivazione.
  Allo stesso modo, anche verso i consumatori sono state via via proposti prodotti sempre più standardizzati, più poveri rispetto alle qualità compositive e di ottenimento, seppure igienicamente sicuri, ma ad ogni modo sempre a prezzi enormemente superiori rispetto al loro costo di produzione in campo.
  Per contrastare questi fenomeni negativi sia per il sistema agricolo e sia per i consumatori, negli anni sono nate numerose iniziative, soprattutto in seno alle organizzazioni agricole professionali, le quali, con alterni risultati, hanno tentato di riportare in equilibrio tutti quei fattori che erano sfuggiti dal controllo delle aziende e dei consumatori.
  Tra queste misure vi rientra il concetto della vendita diretta e della filiera corta.
  La vendita diretta rappresenta per l'agricoltore un modo per incrementare i margini di guadagno derivanti dalla sua attività, perché elimina i numerosi passaggi che si verificano lungo la filiera prima che il prodotto giunga al consumatore finale. La lunghezza della filiera è la prima causa del forte incremento dei prezzi, senza che ne derivi alcun beneficio al produttore iniziale.
  Le numerose iniziative collettive di vendita gestite direttamente dai produttori agricoli – sorte per ridurre il divario fra la crescita dei prezzi al consumo a fronte della riduzione dei prezzi alla produzione – hanno trovato un riconoscimento ed una regolazione con l'approvazione della cosiddetta legge di orientamento agricolo, in deroga alla disciplina generale del commercio. Si tratta di forme di commercializzazione e distribuzione basate sul rapporto diretto tra produttori e consumatori, singoli o organizzati. Gli acquisti possono avvenire tramite vendita diretta, mercatini dei contadini (farmers’ market), gruppi di acquisto, cooperative di consumo o commercio elettronico.
  Attraverso tali forme di distribuzione, si mira in realtà a perseguire diversi obiettivi.
  In primo luogo, si può in tal modo ridurre il numero degli intermediari commerciali, diminuendo conseguentemente il prezzo finale degli alimenti, a vantaggio sia del consumatore sia del produttore, che riesce così ad ottenere una remunerazione più equa del proprio lavoro.
  In secondo luogo, si consente al consumatore una migliore conoscenza delle qualità intrinseche del prodotto, di chi lo produce e del territorio in cui avviene la produzione, venendo incontro all'evoluzione delle preferenze dei consumatori i quali, oltre a ricercare prodotti con prezzi più contenuti, sono particolarmente attenti Pag. 21alle caratteristiche di qualità nutrizionali, di sicurezza, di eticità e di ecocompatibilità degli alimenti.
  Tali forme di scambio sono ritenute inoltre idonee a valorizzare le piccole e medie imprese agricole, per lo più a conduzione familiare, che operano e vivono sul territorio, preservandone l'identità e la sopravvivenza e contribuendo, così, al loro mantenimento sul territorio.
  Infine, vi sono anche considerazione di ordine ambientale che possono indurre all'affermarsi del consumo di prodotti locali, che riduce l'impatto negativo sull'ambiente del trasporto a lunga distanza di materie prime e prodotti finiti.
  Passando ad illustrare in dettaglio il contenuto della proposta di legge C. 77, segnala che l'articolo 1 indica le finalità della nuova legge: promuovere la domanda e l'offerta dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero, provenienti da filiera corta, e dei prodotti agricoli e alimentari ecologici e di qualità, nonché lo sviluppo locale e una migliore conoscenza delle caratteristiche dei processi di trasformazione e delle tradizioni produttive.
  L'articolo 2 contiene le definizioni.
  In particolare, si intendono per prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero: i prodotti agricoli e alimentari provenienti da areali di produzione posti a una distanza non superiore a 70 chilometri di raggio dal luogo previsto per il loro consumo, o quelli per i quali è dimostrato un limitato apporto delle emissioni inquinanti derivanti dal trasporto calcolato dalla fase di produzione fino al momento del consumo finale.
  Per prodotti di qualità si intendono: i prodotti agricoli e agroalimentari provenienti da coltivazioni biologiche, nonché i prodotti a denominazione protetta e i prodotti tipici e tradizionali riconosciuti ai sensi della vigente normativa nazionale e dell'Unione europea.
  Nelle procedure ad evidenza pubblica per l'affidamento del servizio di ristorazione collettiva e per la fornitura di prodotti alimentari devono essere inseriti i criteri minimi ambientali previsti ai paragrafi 5.3.1 e 6.3.1 dell'allegato 1 annesso al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 luglio 2011, recante «Adozione dei criteri minimi ambientali da inserire nei bandi di gara della pubblica amministrazione per l'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari e serramenti esterni.».
  La norma richiama l'approccio dei cosiddetti «acquisti verdi» (Green public procurement – GPP), definito dalla Commissione europea come «l'approccio in base al quale le amministrazioni pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull'ambiente lungo l'intero ciclo di vita». Si tratta di uno strumento di politica ambientale volontario che intende favorire lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale attraverso la leva della domanda pubblica.
  L'articolo 4 è dedicato ai mercati di vendita diretta.
  In particolare, si stabilisce che i comuni possono riservare agli imprenditori agricoli esercenti la vendita diretta di prodotti agricoli almeno il 20 per cento del totale dei posteggi nei mercati al dettaglio situati in aree pubbliche (comma 1).
  Al fine di favorire l'acquisto e il consumo di prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero provenienti da filiera corta e di prodotti di qualità nonché di assicurare un'adeguata informazione ai consumatori sull'origine e sulle specificità dei prodotti stessi, si prevede altresì che le strutture commerciali possono destinare alla vendita di tali prodotti almeno il 30 per cento della superficie totale (comma 2).
  Per gli stessi fini, i comuni, nell'ambito del proprio territorio e del proprio piano del commercio, destinano specifiche aree per la realizzazione dei mercati riservati alla vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli (comma 3).Pag. 22
  Per la vendita dei prodotti provenienti da filiera corta è assicurato uno spazio appositamente dedicato e allestito in modo da rendere adeguatamente visibili e identificabili le caratteristiche di eco-compatibilità dei medesimi prodotti (comma 4).
  L'articolo 5 modifica la disciplina legislativa vigente in materia di esercizio della vendita diretta, di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 228 del 2001.
  In particolare, si prevede che la disciplina amministrativa di cui al citato articolo si applichi anche alle società di persone e alle società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci. Si prevede poi che anche per la vendita diretta esercitata in occasione di sagre, fiere, manifestazioni a carattere religioso, benefico o politico o di promozione dei prodotti tipici o locali, non è richiesta la comunicazione di inizio attività (al pari di quanto oggi già previsto per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all'aperto nell'ambito dell'azienda agricola o di altre aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano la disponibilità. Ulteriori disposizioni di semplificazione amministrativa e di riduzione dei tempi per l'inizio dell'attività, sono dettate per la vendita al dettaglio non in forma itinerante su aree pubbliche, mediante l'utilizzo di un posteggio e in locali aperti al pubblico, ivi compresi i locali facenti parte dell'azienda agricola, nonché mediante il commercio elettronico.
  In conformità a quanto previsto dall'articolo 34 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nell'ambito dell'esercizio della vendita diretta viene consentito il consumo immediato dei prodotti oggetto di vendita, utilizzando i locali e gli arredi nella disponibilità dell'imprenditore agricolo con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.
  L'articolo 6 contiene norme in materia di edilizia, relative in particolare alla riduzione del contributo per il rilascio del permesso di costruire o di altri atti autorizzatori o concessori in materia di edilizia o urbanistica per le grandi strutture di vendita e per i centri commerciali nei quali si esercita anche la vendita di prodotti agricoli e alimentari e che, all'atto della richiesta, si impegnano a porre in vendita prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero provenienti da filiera corta e prodotti di qualità in misura non inferiore, in termini di valore, al 30 per cento delle produzioni agricole e alimentari complessivamente acquistate su base annua (con la previsione di misure sanzionatorie in caso di mancato rispetto dell'impegno). Si tratta di una norma rivoluzionaria.
  Inoltre, si prevede che, al fine di orientare la programmazione commerciale per finalità di utilità sociale, ai sensi dell'articolo 41 della Costituzione, nell'istruttoria del procedimento per il rilascio del permesso di costruire o di altri atti autorizzatori o concessori in materia di edilizia o urbanistica debba essere valutato l'atto unilaterale di impegno del richiedente di porre in vendita, in misura congrua rispetto al totale dei prodotti, prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero provenienti da filiera corta e prodotti di qualità.
  L'articolo 7 istituisce il marchio di filiera «chilometro zero» che garantisce la qualità ambientale superiore del prodotto alimentare, connessa al ridotto apporto di emissioni inquinanti derivanti dal trasporto in tutti gli stadi della filiera. Tale marchio può essere evidenziato, assieme alle caratteristiche ed ai vantaggi di tali prodotti, nello scontrino rilasciato nei mercati e nelle strutture commerciali che vendono tali prodotti. La disciplina del marchio è oggetto di specifico allegato alla proposta di legge.
  Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiranno un albo delle imprese agricole e agroalimentari, delle imprese di acquacoltura e delle imprese commerciali che vendono prodotti Pag. 23agricoli e alimentari a chilometro zero provenienti da filiera corta e che hanno diritto all'attribuzione del marchio.
  L'articolo 8 istituisce, nell'ambito del Comando carabinieri politiche agricole e alimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, un apposito nucleo che svolge funzioni di prevenzione e di controllo dei prodotti disciplinati della presente legge e, in particolare, per la tutela della sostenibilità ambientale delle filiere agricole e della qualità dei prodotti agricoli e alimentari, nonché dell'educazione e dell'informazione alimentari di carattere non sanitario.
  Si prevede poi che le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, esercitino i controlli per l'accertamento delle infrazioni delle disposizioni della presente legge. A tali scopi, le amministrazioni competenti si avvalgono degli organi di polizia amministrativa locale, anche attraverso l'istituzione, nell'ambito degli stessi, di appositi gruppi di intervento.
  Per lo svolgimento dei controlli di conformità di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 1o agosto 2005, in materia di commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli freschi e dei prodotti trasformati, le regioni si avvalgono degli organi di polizia amministrativa locale.
  In conclusione, nel ricordare che la Commissione Agricoltura ha affrontato il tema anche nella passata legislatura, con l'esame di una pluralità di iniziative legislative di diversi gruppi (C. 1481 e abbinate), ritiene importante fornire un quadro di riferimento nazionale per la legislazione delle regioni, che in gran parte sono già intervenute con propri provvedimenti.
  Auspica al riguardo che il futuro intervento legislativo possa essere il frutto di un percorso condiviso dalle forze politiche, con l'ausilio e l'apporto delle altre istituzioni, delle organizzazioni agricole, delle associazioni dei consumatori e dei soggetti preposti ai controlli, che potrebbero dare un contributo in tale direzione, attraverso uno specifico ciclo di audizioni.

  Ermete REALACCI (PD) rileva che la proposta di legge della quale è primo firmatario si inserisce nelle molte iniziative avviate a vari livelli per valorizzare le produzioni del territorio, puntando al contempo sulla qualità delle produzioni. Al riguardo, desidera solo sottolineare, in aggiunta alla esauriente introduzione della relatrice, che il binomio qualità-territorio costituisce un elemento di forza sul quale l'agricoltura italiana può puntare per competere nel mondo.
  Comunica inoltre, come presidente della Commissione Ambiente, che la stessa Commissione intende avviare un'indagine conoscitiva sulla green economy, nozione che incrocia trasversalmente gli ambiti di interesse di diverse Commissioni. Preannuncia pertanto che si riserva di individuare le forme opportune per coinvolgere in tale lavoro anche i colleghi della Commissione Agricoltura.

  Filippo GALLINELLA (M5S) chiede alcuni chiarimenti in merito alla proposta di legge.
  In particolare, si sofferma sull'articolo 2, che definisce i «prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero» come i prodotti agricoli e alimentari provenienti da areali di produzione posti a una distanza non superiore a 70 chilometri di raggio dal luogo previsto per il loro consumo, o quelli per i quali è dimostrato un limitato apporto delle emissioni inquinanti derivanti dal trasporto calcolato dalla fase di produzione fino al momento del consumo finale. Al riguardo, ritiene il criterio dei 70 chilometri inadeguato e poco utile, perché non tiene conto della conformazione dei territori e delle coltivazioni negli stessi praticate. Invita pertanto a valutare la possibilità di identificare un criterio del «chilometro utile».
  Rileva poi che l'articolo 4 prevede che i comuni possono riservare agli imprenditori agricoli esercenti la vendita diretta di prodotti agricoli almeno il 20 per Pag. 24cento del totale dei posteggi nei mercati al dettaglio situati in aree pubbliche. Al riguardo, ritiene che si dovrebbe prevedere un obbligo e non una facoltà per i comuni. Ritiene inoltre opportuno favorire la vendita diretta anche in favore di agricoltori che non siano imprenditori agricoli, per consentire la commercializzazione anche delle produzioni di carattere familiare eventualmente eccedentarie.

  Adriano ZACCAGNINI (M5S), nel sottolineare che la proposta di legge all'ordine del giorno si inserisce in un quadro generale di temi sui quali il suo gruppo sta lavorando, preannuncia la presentazione di una specifica proposta di legge sull'argomento in discussione. Chiede conseguentemente che la stessa sia presa in considerazione ai fini dell'esame in Commissione e delle audizioni proposte.
  Nel merito, invita a non confondere le due nozioni del «chilometro zero» e della «filiera corta». La prima, infatti, si riferisce ad un elemento di distanza dal luogo di produzione, che nel testo in esame non tiene conto delle caratteristiche dei territori; la nozione di filiera corta riguarda invece il numero di passaggi e di intermediari tra il produttore e il consumatore. La nuova legge dovrà perciò tenere conto di tale distinzione.

  Luca SANI, presidente, fa presente che le ulteriori proposte di legge che vertono sulla stessa materia saranno senz'altro abbinate a quella in corso di esame.

  Nicodemo Nazzareno OLIVERIO (PD) ritiene assolutamente accoglibile la richiesta del deputato Zaccagnini, considerato che l'abbinamento delle proposte di legge successivamente presentate può avvenire nel corso di tutta la fase dell'esame in Commissione e che in tale ambito di regola si procede alle audizioni.

  Susanna CENNI (PD) sottolinea che la proposta di legge all'ordine del giorno contiene significative modifiche rispetto all'analogo testo presentato all'inizio della precedente legislatura, che tengono conto del dibattito successivamente sviluppatosi.
  Il testo in esame, in particolare, non disciplina un fenomeno da alcuni ritenuto «di nicchia», ma mira ad individuare gli strumenti per sostenere i sistemi economici locali, puntando sulla qualità delle produzioni e su nuovi modelli di consumo. Esso costituisce un ulteriore passo in avanti rispetto alle esperienze emerse nella realtà concreta, sul quale, con il contributo dei gruppi parlamentari, ritiene che si possa pervenire ad una sintesi che consenta la crescita delle economie locali intorno alle produzioni locali.
  Nel merito delle questioni emerse dal dibattito, osserva che la previsione di una facoltà e non di un obbligo per i comuni a riservare appositi spazi nei mercati deriva dalla necessità di rispettare le competenze regionali e comunali in materia.
  Per quanto riguarda invece il criterio dei 70 chilometri indicato all'articolo 2, osserva che si tratta di un'indicazione di massima, che si collega ad analoga previsione già contenuta nella legislazione sui piccoli impianti energetici a biomassa, al fine di incentivare l'utilizzo di materie prime provenienti dall'ambito locale. Al riguardo, si dichiara disponibile ad una ulteriore riflessione su tale criterio, ma segnala in ogni caso che un criterio troppo restrittivo rischierebbe di creare mercati nei quali non vi è una adeguata varietà delle produzioni commercializzate.
  In merito alle audizioni, suggerisce di estenderle anche al mondo del consumo consapevole.

  Giuseppe L'ABBATE (M5S) chiede chiarimenti in merito all'articolo 6, nella parte in cui si prevede che il contributo per il rilascio del permesso di costruire o di altri atti autorizzatori o concessori in materia di edilizia o urbanistica è ridotto del 50 per cento per le grandi strutture di vendita e per i centri commerciali nei quali si esercita anche la vendita di prodotti agricoli e alimentari e che, all'atto della richiesta, si impegnano a porre in vendita prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero provenienti da filiera corta e prodotti di qualità in misura non Pag. 25inferiore, in termini di valore, al 30 per cento delle produzioni agricole e alimentari complessivamente acquistate su base annua.
  Al riguardo, ritiene che con tale disposizione si rischia di agevolare la grande distribuzione, che si potrà avvalere del ritorno di immagine derivante da iniziative di questo genere senza produrre reali benefici per le produzioni locali. Ritiene pertanto che dovrebbe essere incentivato l'utilizzo di luoghi diversi di commercializzazione.

  Mario CATANIA (SCpI) rileva che la proposta di legge in esame interviene su un tema sicuramente all'ordine del giorno del dibattito pubblico, ma controverso, sul quale si registra una varietà di posizioni diverse, che investono anche la stessa rilevanza e utilità di politiche rivolte agli obiettivi oggi in discussione.
  A suo giudizio, in ogni caso, un intervento legislativo in materia può contribuire a migliorare le condizioni della produzione rispetto al mercato e favorire al contempo la posizione del consumatore. Pertanto, la sua valutazione di fondo è positiva rispetto al testo in esame, che può costituire una buona base di partenza per il procedimento legislativo.
  Si tratta tuttavia di una materia «scivolosa» sotto il profilo giuridico e delle proposte concrete, che dovranno essere valutate con particolare attenzione.
  Nel condividere la differenza tra i due concetti del «chilometro zero» e della «filiera corta», evidenziata dal deputato Zaccagnini, osserva, a mero titolo di esempio, che il criterio dei 70 chilometri non andrebbe riferito al luogo di consumo, che appare sfuggente, ma piuttosto a quello di vendita.
  Invita inoltre a prestare attenzione all'eventuale istituzione di un nuovo marchio, considerato che vi è una tendenza alla proliferazione di marchi e loghi che può disorientare il consumatore. Inoltre, un'etichettatura dei prodotti riferita al «chilometro zero» può costituire un rischio per la relativa commercializzazione.
  Auspica pertanto che, svolte le audizioni, si possa procedere ad un accurato lavoro finalizzato ad una stesura più avanzata del testo, preferibilmente in sede di Comitato ristretto.

  Franco BORDO (SEL) fa presente di aver sottoscritto la proposta di legge in esame, che ritiene costituisca un opportuno passo in avanti, seppur migliorabile, in grado di essere portata a conclusione in tempi ristretti.
  In merito all'articolo 4, osserva che effettivamente appare incongruo prevedere una facoltà per i comuni di riservare spazi nei mercati destinati alla vendita diretta, ponendo al contempo soglie minime per tali spazi. Condivide invece il criterio dei 70 chilometri, utilizzato nelle definizioni di cui all'articolo 2.
  Per quanto riguarda le agevolazioni in favore delle grandi strutture commerciali di cui all'articolo 6, il «chilometro zero» deve trovare spazio nel canale di vendita dei centri commerciali, se si vuole che esso possa divenire un modello economico per il Paese – come la sua parte politica ritiene – e non rimanere confinato in un fenomeno «di nicchia». In altri termini, la nuova legislazione non può limitarsi a recepire le realtà esistenti.
  Condivide inoltre l'opportunità di costruire con attenzione un eventuale apposito marchio, per garantire che lo stesso sia utilizzato in modo corretto.
  Infine, segnala l'esigenza di procedere celermente alle audizioni, che dovranno coinvolgere, oltre alle organizzazioni di categoria, anche le associazioni dei consumatori e l'ANCI.

  Manfred SCHULLIAN (Misto-Min.Ling.) ricorda che nell'ultima riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, è stata generalmente condivisa l'esigenza di fare della semplificazione un principio cardine del lavoro della Commissione. Conseguentemente, la Commissione dovrà elaborare un testo legislativo che contenga solo norme effettivamente innovative e chiare.
  Da questo punto di vista, condivide le perplessità manifestate dal deputato Bordo Pag. 26in merito all'articolo 4. Invita poi a verificare se sia congruo il riferimento ai piani comunali del commercio, di cui al comma 3 dello stesso articolo 4, a seguito della legislazione sulla liberalizzazione del commercio.
  Ritiene poi inutili le disposizioni di cui all'articolo 6, considerato che le grandi strutture commerciali venderanno prodotti locali solo se lo riterranno conveniente, a prescindere dalle medesime agevolazioni. Pur ritenendo apprezzabile la finalità di tale articolo, segnala la necessità di prevedere un sistema di controlli effettivamente attuabile, che non appare coerente con un sistema di competenze che affida i controlli a soggetti del tutto autonomi rispetto ai comuni, che sono i destinatari dei proventi relativi agli atti in materia edilizia e urbanistica. Ritiene infine necessario prevedere la salvaguardia della competenza primaria delle province di Trento e di Bolzano in materia urbanistica.

  Paolo RUSSO (PdL) constata che vi è un ampio consenso dei gruppi circa le finalità da perseguire con la proposta di legge in esame.
  Osserva tuttavia che, nella definizione del testo legislativo, dovrà essere chiaramente precisata la distribuzione delle competenze tra lo Stato, le regioni e i comuni, sia sotto il profilo della chiarezza e della semplificazione dell'impianto normativo sia per evitare censure di costituzionalità. Da questo punto di vista, il testo in esame appare eccessivamente regolatorio e dettagliato, mentre dovrebbe puntare maggiormente sulla creazione di condizioni attrattive, capaci di incrociare la domanda e l'offerta. Occorre altresì evitare discipline suscettibili di creare difficoltà e complicazioni, come potrebbe accadere con quelle relative all'etichettatura.
  Per quanto riguarda la definizione del «chilometro zero», la Commissione dovrà scegliere il modello di riferimento, tenendo conto che con tale nozione ci si può riferire ad un modello basato sulle produzioni del territorio, individuare in base alla storia colturale dello stesso, oppure ad un modello incentrato sugli ambiti regionale o provinciale. Occorrerà inoltre valutare altri criteri come quello fondato sulle emissioni di CO2 legate al trasporto delle materie prime e dei prodotti.
  Sul piano procedurale, auspica che vi siano adeguati margini temporali per produrre nuove iniziative legislative e per svolgere un articolato ciclo di audizione, che dovrà essere esteso al livello istituzionale. In particolare, ritiene essenziale, allorché si imposta a livello nazionale una normativa quadro, acquisire il punto di vista delle regioni, la maggior parte delle quali ha già legiferato sul tema.
  Un serio confronto sui temi in discussione è necessario per arrivare alla definizione condivisa di norme che diano agli agricoltori e ai consumatori la certezza che, se non si rivolgono alla grande distribuzione, possono contare su altri adeguati e garantiti livelli di distribuzione locale o loco-territoriale.

  Monica FAENZI (PdL), nel dichiarare di condividere le considerazioni del collega Russo, desidera soffermarsi sull'articolo 6, relativo allo sgravio degli oneri di urbanizzazione per le grandi strutture commerciali che si impegnano a porre in vendita prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero provenienti da filiera corta e prodotti di qualità. Al riguardo, avendo svolto le funzioni di sindaco per lungo tempo, ritiene che tale agevolazione comprometta le entrate dei comuni, che dovranno trovare adeguata compensazione. Essa inoltre presenta profili di iniquità rispetto ad altre attività economiche meritevoli di incentivazione, sotto il profilo della creazione di occupazione o per gli effetti positivi sull'economia locale. Cita al riguardo le strutture dedicate all'allevamento dei cavalli.

  Siro MARROCU (PD) non condivide le agevolazioni di cui all'articolo 6 della proposta di legge in esame. Infatti, premesso che la questione non interessa specificamente la sua regione, la Sardegna, dove non vi è la possibilità di ulteriori grandi centri commerciali, ritiene che le grandi Pag. 27strutture commerciali siano sostanzialmente incompatibili con il concetto di «chilometro zero», che comporta l'annullamento dell'intermediazione tra produttore e consumatore. Inoltre, se la grande struttura commerciale deve approvvigionarsi in sede locale, non è certo che ciò produca il superamento della catena commerciale e comunque benefici effettivi, sul piano dei prezzi, in favore dei produttori e dei consumatori.
  Inoltre, con riferimento all'articolo 4, sulla disciplina dei mercati su aree pubbliche, ritiene opportuno non introdurre obblighi per i comuni, ma prefigurare possibilità, visto che i comuni sono i soggetti meglio qualificati e capaci di interpretare le esigenze e le opportunità del territorio.
  Anche con riferimento alle definizioni di cui all'articolo 2 e al criterio dei 70 chilometri, considerata ad esempio la situazione della regione Sardegna, vasta ma scarsamente popolata, ritiene che si debba puntare sulla riduzione delle intermediazioni più che su criteri di tipo geografico.

  Nicodemo Nazzareno OLIVERIO (PD), premesso che oggi si inizia l'esame di un primo progetto di legge in materia, ricorda che – come avvenuto nella prassi della precedente legislatura – è opportuno dedicare una successiva seduta al dibattito di carattere generale, per poi procedere ad un ciclo di audizioni informali e successivamente all'istituzione di un Comitato ristretto, al quale affidare l'effettiva elaborazione del testo legislativo.

  Luca SANI, presidente, condividendo la proposta procedurale del deputato Oliverio, invita i gruppi a presentare tempestivamente ulteriori iniziative legislative.

  Paolo RUSSO (PdL) ritiene che sarebbe opportuno attendere la presentazione di ulteriori proposte, qualora intervenga in tempi ragionevoli.

  Adriano ZACCAGNINI (M5S) comunica che la proposta di legge del suo gruppo potrà essere presentata entro un paio di settimane.

  Luca SANI, presidente, tenuto conto della precisazione del deputato Zaccagnini, ritiene che l'esame potrebbe proseguire dopo la presentazione di ulteriori iniziative nei tempi indicati.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche al decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, in materia di disciplina delle organizzazioni di produttori nel settore agricolo.
C. 301 Fiorio e C. 474 Oliverio.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame delle proposte di legge.

  Luca SANI, presidente e relatore, rileva che le proposte di legge di legge in esame recano interventi per il rafforzamento del mercato agroalimentare e per la revisione della normativa in materia di organizzazioni di prodotto.
  È noto che il rafforzamento degli strumenti di organizzazione e concentrazione dell'offerta agricola attraverso lo sviluppo delle organizzazioni dei produttori (OP) rappresenta una delle principali azioni sulle quali si basa la Commissione europea per promuovere e contrastare l'asimmetria nel potere negoziale all'interno della filiera alimentare e stimolarne la competitività. Esso costituisce una delle politiche chiave della proposta di riforma della Politica agricola comune (PAC), nella quale l'esperienza delle organizzazioni di produttori nel settore ortofrutticola, considerata un modello per tutti gli altri settori produttivi, viene estesa all'intera gamma delle produzioni agricole.
  Come emerge da uno studio svolto dall'INEA, in Italia le organizzazioni dei produttori ortofrutticoli sono riuscite a divenire una realtà operativa efficiente, anche grazie al sostegno comunitario previsto nell'ambito della relativa Organizzazione Pag. 28comune di mercato, mentre le organizzazioni create negli altri settori produttivi si sono rivelate, invece, come è dato leggere nella relazione illustrativa alla proposta di legge C. 301, un'esperienza quasi esclusivamente burocratica. Occorre intervenire, quindi, sulla normativa vigente per fare tesoro dell'esperienza accumulata e permettere a queste realtà di divenire realmente strumento utile per l'inserimento a pieno titolo dell'imprenditore agricolo nell'ambito delle transazioni commerciali.
  Ricorda che nella scorsa legislatura un primo intervento importante è stato l'approvazione dell'articolo 62 del cosiddetto decreto-legge liberalizzazioni che ha reso obbligatorio i contratti scritti tra le singole parti; un aggiornamento della normativa in materia di organizzazioni dei produttori renderà possibile un'opportuna formalizzazione di tale strumento nell'ambito della stipula degli accordi collettivi.
  In merito alle modifiche prospettate nelle proposte di legge in esame, esse intervengono prevalentemente sul decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, recante norme per la regolazione dei mercati.
  Tra le novità più rilevanti, con riserva di approfondire in seguito le puntuali differenze tra le due proposte, rileva che la proposta di legge C. 301 prevede, come nuovo compito, quello di svolgere attività di promozione e di marketing al fine di favorire l'accesso ai nuovi mercati interni e internazionali e poi l'obbligo per i soci di far vendere la propria produzione complessiva direttamente dall'organizzazione, con facoltà del produttore di vendere per proprio conto solo il 25 per cento del prodotto; prevede altresì un numero minimo di produttori aderenti ed un volume minimo di produzione conferita nonché l'adozione di un piano strategico di attività. Nuovi requisiti vengono previsti per le associazioni di organizzazioni di produttori e delle unioni di rappresentanza delle organizzazioni di produttori, alle quali viene richiesto di essere costituite da organizzazioni di produttori che commercializzano il 33 per cento del prodotto (mentre attualmente il valore minimo previsto è di 60 milioni). Sono previste, poi, agevolazioni per la crescita delle dimensioni attraverso la concessione di un credito d'imposta nonché interventi per il potenziamento del ruolo delle organizzazioni stabilendo che le regioni prevedano specifiche tutele, all'interno del piano di sviluppo regionale, per i progetti presentati dalle stesse organizzazioni di produttori o dalle relative associazioni. Per le organizzazioni interprofessionali, si opera, ai fini della loro definizione, un rinvio agli articoli 14 e seguenti del codice civile , definendo il cosiddetto erga omnes e cioè le condizioni necessarie, per rendere vincolante alle imprese non aderenti le regole approvate all'interno dell'organizzazione (in tal caso essa deve rappresentare il 66 per cento della produzione o della commercializzazione sul territorio nazionale). Infine, vengono dettate nuove disposizioni per potenziare i contratti quadro.
  La proposta di legge C. 474 modifica anch'essa la legge n. 102 del 2005, prevedendo che le organizzazioni di prodotto predispongano piani operativi agroindustriali in modo da poter confrontarsi efficacemente sul mercato, svolgendo un'idonea programmazione con un valore minimo di conferimento che non viene fissato per legge. Viene previsto, invece, che esse rappresentino un livello minimo di fatturato idoneo, prevedendo un numero minimo di cinque soci produttori. Si prevede altresì che anche altri soggetti oltre a quelli agricoli possano partecipare. Viene poi previsto l'albo nazionale delle organizzazioni di prodotto, evitando così un'eccessiva diversificazione dei parametri di riconoscimento sul territorio. Viene previsto anche che le organizzazioni definiscano un proprio piano strategico. È prevista, da ultimo, la possibilità di sottoscrivere intese di comparto direttamente con singole imprese o con raggruppamenti industriali e specifici incentivi per favorire lo sviluppo del settore, concentrando i finanziamenti sui programmi operativi anziché sugli aiuti all'avviamento. Infine, è prevista come novità l'applicazione della disciplina delle reti di impresa alle organizzazioni Pag. 29in modo da poter avere un ulteriore modello di organizzazione sul quale strutturare la loro attività.
  Auspica infine che, nel prosieguo dell’iter del provvedimento, vi sarà modo di approfondire i numerosi aspetti della riforma, anche acquisendo il contributo dei soggetti interessati attraverso un qualificato ciclo di audizioni e procedendo alla successiva elaborazione del testo in sede di Comitato ristretto.

  Filippo GALLINELLA (M5S) chiede chiarimenti sulla previsione di contributi finanziati in favore delle organizzazioni di produttori e di forme associative delle medesime organizzazioni.

  Luca SANI, presidente e relatore, fa presente che tali previsioni si collegano alla normativa europea sulla Politica agricola comune (PAC).

  Franco BORDO (SEL) chiede delucidazioni sulla procedura che si intende seguire per l'esame dei progetti di legge e, in particolare, se si procederà oggi o in altra seduta al dibattito.

  Nicodemo Nazzareno OLIVERIO (PD) osserva che potrebbe essere opportuno rinviare, come di prassi, il seguito dell'esame alle successive sedute.

  Luca SANI, presidente e relatore, concordando la Commissione, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di agricoltura sociale.
C. 303 Fiorio.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame della proposta di legge.

  Stefania COVELLO (PD), relatore, ricorda che, nel corso della XVI legislatura, la Commissione Agricoltura portò a conclusione un'indagine conoscitiva sull'agricoltura sociale allo scopo di acquisire un quadro informativo qualificato su un fenomeno che stava e sta conoscendo significativi sviluppi nella realtà italiana ed europea, ma che ancora è privo di un quadro giuridico di riferimento a livello nazionale. In particolare, la Commissione, ritenendo che l'agricoltura sociale meritasse una particolare attenzione da parte delle istituzioni pubbliche, intraprese un'attività conoscitiva specificamente finalizzata ad acquisire dati, informazioni e valutazioni sulle iniziative di agricoltura sociale già avviate, sulle loro caratteristiche qualitative e quantitative e sui risultati raggiunti, sul quadro normativo sul quale tali iniziative si fondano a livello europeo, nazionale e regionale, sulle forme di sostegno delle quali si possono avvalere e, infine, sul ventaglio di analisi e di proposte che si stavano mettendo a punto sull'argomento.
  Ricorda quindi che l'espressione «agricoltura sociale» ricomprende un insieme di esperienze concrete che affondano le loro radici in alcuni aspetti tradizionali dell'agricoltura, come il suo carattere «multifunzionale» e il legame tra azienda agricola e famiglia rurale, per esaltarne il carattere sociale e proporsi come luogo per l'integrazione nell'agricoltura di pratiche rivolte alla terapia e alla riabilitazione delle persone diversamente abili, all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale di soggetti svantaggiati, all'offerta di servizi educativi, culturali, di supporto alle famiglie e alle istituzioni didattiche. Queste esperienze, da un lato, producono servizi di grande valore sociale e, dall'altro, sono in grado di produrre benefici in termini di sviluppo e di reddito, soprattutto per quelle imprese che presidiano le zone più svantaggiate e marginali e che appaiono pertanto caratterizzate da scarsa redditività. L'agricoltura sociale si caratterizza quindi per esprimere il ruolo multifunzionale dell'agricoltura nel campo dei servizi alla persona, affiancando alla tradizionale funzione produttiva la capacità di generare benefici per fasce vulnerabili della popolazione, dando luogo a servizi innovativi che possono rispondere efficacemente alla crisi dei tradizionali sistemi Pag. 30di assistenza sociale e alla crescente richiesta di personalizzazione e qualificazione dei servizi sociali.
  Da tale indagine – come si legge nel relativo documento conclusivo (Doc. XVII, n. 19 della XVI legislatura) – è emersa l'esigenza, generalmente condivisa dagli operatori del settore, di un intervento normativo che individui a livello nazionale i principi regolatori dell'attività, al fine di costruire un quadro unitario di riferimento per la legislazione regionale, di coordinare il complesso delle politiche e delle competenze interessate e di fornire le basi per lo sviluppo di tutte le potenzialità di queste esperienze. Al contempo, è stata segnalata l'esigenza che la nuova legge assecondi e favorisca le esperienze che sono state già messe in campo, rispetti la diversità delle forme e modalità di espressione del fenomeno, in rapporto con i fabbisogni del territorio.
  Sono altresì emerse proposte specifiche, per risolvere sul piano normativo alcune specifiche esigenze ovvero per affrontare sul piano degli interventi non legislativi le questioni connesse all'utilizzo dei fondi europei.
  In ambito europeo, l'agricoltura sociale ha trovato una sua prima definizione, come specifica area di intervento delle politiche pubbliche, nella programmazione dei fondi legati allo sviluppo rurale.
  La decisione del Consiglio 2006/144/CE, che definisce gli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale per il periodo 2007-2013, individua tra le priorità dello sviluppo rurale comunitario il miglioramento della qualità della vita nelle zone rurali e la promozione della capacità locale di occupazione e diversificazione. Il sostegno all'innovazione e all'imprenditorialità e la promozione dell'inclusione e dell'offerta di servizi locali sono azioni chiave per il perseguimento di tali orientamenti. Nel promuovere la formazione, l'informazione e l'imprenditorialità si raccomanda di tener conto in particolare delle esigenze delle donne, dei giovani e dei lavoratori anziani.
  Nel Piano strategico nazionale (PSN) 2007-2013 l'agricoltura sociale è annoverata tra le «azioni chiave» dell'Asse III, relativo al miglioramento della qualità della vita e alla diversificazione dell'economia rurale.
  Ricorda, al riguardo, che la programmazione degli interventi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea si articola per i sette anni del periodo di programmazione 2007-2013 sulle due linee di politiche distinte dello sviluppo rurale – finanziata dal secondo pilastro della Politica agricola comune tramite il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) – e delle politiche regionali e di coesione, finanziate dal Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). In entrambi i casi la normativa europea prevede la predisposizione a livello statale di un documento quadro: il Piano strategico nazionale per lo sviluppo rurale (PSN) e il Quadro strategico nazionale (QSN) per le politiche regionali e di coesione. In tali documenti vengono definiti gli obiettivi generali individuati dallo Stato membro, che vengono poi declinati dai singoli programmi regionali in funzione delle specificità territoriali.
  Nell'ambito del pacchetto di proposte per la riforma della politica agricola comune (PAC), presentato dalla Commissione europea nel mese di ottobre 2011 e in via di definizione presso le istituzioni europee, la proposta di regolamento sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (COM(2011)627), all'articolo 6 individua l'inclusione sociale come una tra le sei priorità dell'Unione europea in tale ambito. In particolare, sono indicate le attività volte a favorire la riduzione della povertà e lo sviluppo economico nelle zone rurali, con specifico riguardo ai seguenti aspetti: favorire la diversificazione, la creazione di nuove piccole imprese e l'occupazione; stimolare lo sviluppo locale nelle zone rurali; promuovere l'accessibilità, l'uso e la qualità delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) nelle zone rurali.
  All'inclusione sociale fa riferimento anche la proposta di regolamento sul programma Pag. 31quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) – Orizzonte 2020 (COM(2011)809), che si ricollega alla «strategia Europa 2020», nella quale la ricerca e l'innovazione sono il fulcro dell'azione per centrare gli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. In particolare, viene indicata la necessità: di rafforzare la solidarietà nonché l'inclusione sociale, economica e politica e le dinamiche interculturali positive in Europa e con i partner internazionali, per mezzo di progressi tecnologici e interdisciplinari e innovazioni organizzative; far in modo che la ricerca prevenga lo sviluppo di discriminazioni e disuguaglianze, quali le disuguaglianze di genere e i divari digitali o innovativi nelle società europee e nelle altre regioni del mondo.
  Va infine segnalato il parere d'iniziativa del Comitato economico e sociale del 12 dicembre 2012 sul tema «Agricoltura sociale: terapie verdi e politiche sociali e sanitarie», che offre un quadro complessivo delle problematiche e delle varie componenti dell'agricoltura sociale, nonché una serie di indicazioni sulle possibili azioni da intraprendere.
  La proposta di legge in esame riprende il testo approvato dalla XIII Commissione in sede referente, al fine di dettare i principi di riferimento per la disciplina degli aspetti essenziali delle esperienze di agricoltura sociale.
  Rispetto al testo della precedente legislatura, è da segnalare un'integrazione prevista dalla proposta di legge in esame, relativa all'istituzione di un apposito Fondo.
  L'articolo 1 individua le finalità della legge, collegando l'agricoltura sociale al ruolo multifunzionale che il settore è chiamato a svolgere dopo l'introduzione del decreto legislativo n. 228 del 2001, recante norme per l'orientamento e modernizzazione del settore agricolo.
  Con l'articolo 1 del decreto legislativo n. 228 del 2001, infatti, è stato modificato l'articolo 2135 del codice civile, che definisce la nozione di imprenditore agricolo. Fino al 2001 l'imprenditore agricolo, infatti, era identificato come colui che esercitava un'attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all'allevamento del bestiame e attività connesse, dove queste ultime, però, erano reputate tali solo quando rientravano nell'esercizio normale dell'agricoltura. L'imprenditore agricolo è adesso, nella legislazione vigente, colui che esercita almeno una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. E per coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Inoltre, la nuova norma chiarisce cosa si intende per attività connesse, stabilendo che sono tali quelle attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.
  In relazione a tale cambiamento, l'imprenditore agricolo è riuscito a diversificare la propria attività sviluppando nuove possibilità di reddito; il riferimento è, in primis, all'attività agrituristica, alle attività connesse alla gestione del suolo, all'attività di trasformazione e vendita diretta dei prodotti. Il provvedimento in esame amplia il novero delle attività connesse inserendo tra le stesse anche l'agricoltura sociale, intesa come attività di servizi sociali, sociosanitari, educativi e di inserimento socio-lavorativo.
  L'articolo 2, infatti, definisce la nozione di agricoltura sociale, intesa come le attività esercitate dagli imprenditori agricoli Pag. 32di cui all'articolo 2135 del codice civile che – in forma singola o associata con i soggetti di cui all'articolo 1, comma 5, della legge n. 328 del 2000, legge quadro sull'assistenza (soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, di volontariato e di promozione sociale) – integrano la attività prevalente agricola con le seguenti attività: inserimento socio-lavorativo di soggetti svantaggiati, molto svantaggiati e diversamente abili; fornitura di prestazioni e di servizi sociali, sociosanitari, riabilitativi, terapeutici, formativi ed educativi per famiglie, anziani, categorie deboli e soggetti svantaggiati.
  L'articolo 3 prevede che le regioni adeguino le proprie leggi al fine di consentire l'accreditamento degli operatori dell'agricoltura sociale presso gli enti preposti alla gestione dei servizi; in caso di inerzia, il Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, è chiamato a definire con decreto i relativi requisiti.
  L'articolo 4 stabilisce la possibilità per gli operatori dell'agricoltura sociale di costituire organizzazioni di produttori, costituite da almeno tre imprese, senza limiti di carattere regionale e con un volume minimo di produzione pari a 90.000 euro. L'articolo in esame introduce, quindi, una qualificazione specialistica per le organizzazioni di produttori legata al tipo di attività, da valutare alla luce dell'attuale normativa sulle organizzazioni di produttori caratterizzata da un profilo trasversale che interessa la generalità dei prodotti.
  Ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, le organizzazioni di produttori hanno come scopo principale la commercializzazione della produzione dei produttori aderenti per i quali sono riconosciute e sono in particolare chiamate a: assicurare la programmazione della produzione e l'adeguamento della stessa alla domanda, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo; concentrare l'offerta e commercializzare direttamente la produzione degli associati; partecipare alla gestione delle crisi di mercato; ridurre i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione; promuovere pratiche colturali e tecniche di produzione rispettose dell'ambiente e del benessere degli animali, allo scopo di migliorare la qualità delle produzioni e l'igiene degli alimenti, di tutelare la qualità delle acque, dei suoli e del paesaggio e favorire la biodiversità, nonché favorire processi di rintracciabilità; assicurare la trasparenza e la regolarità dei rapporti economici con gli associati nella determinazione dei prezzi di vendita dei prodotti; realizzare iniziative relative alla logistica; adottare tecnologie innovative; favorire l'accesso a nuovi mercati, anche attraverso l'apertura di sedi o uffici commerciali. I requisiti minimi per il riconoscimento delle organizzazioni di produttori sono stabiliti nel decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 23 febbraio 2007, n. 85.
  L'articolo 5 prevede la possibilità di utilizzare i locali esistenti sul fondo agricolo per l'esercizio di tale attività, assimilati, ad ogni effetto, ai fabbricati rurali. Le regioni sono chiamate a disciplinare gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio.
  L'articolo 6 reca taluni interventi di sostegno.
  In tal senso si prevede che le istituzioni pubbliche che gestiscono le gare per i servizi di fornitura alle mense scolastiche e agli ospedali possano prevedere criteri di priorità per i prodotti provenienti dall'agricoltura sociale.
  Uguali criteri di priorità potranno essere definiti per l'assegnazione delle terre demaniali e dei beni immobili confiscati in base alle leggi antimafia. Al riguardo, ricorda che l'articolo 66 del decreto-legge n. 1 del 2012 ha introdotto una nuova normativa in materia di alienazione, in via prioritaria ai giovani agricoltori, dei terreni agricoli di proprietà dello Stato e degli enti pubblici nazionali non utilizzabili per altre finalità istituzionali, prevedendo anche che in alternativa alla vendita si possa disporre la locazione dei terreni. Pag. 33
  L'articolo 6 prevede inoltre che i comuni potranno, poi, definire, particolari modalità per valorizzare nei mercati agricoli di vendita diretta i prodotti dell'agricoltura sociale.
  L'articolo 7 istituisce, infine, l'Osservatorio sull'agricoltura sociale, chiamato a definire le linee guida per l'attività delle istituzioni pubbliche, monitorare lo sviluppo dell'agricoltura sociale, anche attraverso la raccolta dei dati, promuovere iniziative di coordinamento, svolgere azioni di comunicazione ed animazione territoriale.
  L'articolo 8, infine, istituisce il Fondo per lo sviluppo dell'agricoltura sociale, con una dotazione, a partire dall'anno 2013, pari a 15 milioni di euro.
  In conclusione, ritiene necessario – considerato l'alto valore umano e sociale delle esperienze di agricoltura sociale – fornire le basi per lo sviluppo di tutte le relative potenzialità con un adeguato provvedimento legislativo.
  In tale prospettiva, dichiara di condividere l'impostazione emersa nella precedente legislatura, in favore di un intervento normativo che individui a livello nazionale i principi regolatori dell'agricoltura sociale, al fine di costruire un quadro unitario di riferimento per la legislazione regionale e di coordinamento del complesso delle politiche e delle competenze interessate. L'agricoltura sociale richiama infatti un nuovo modello di welfare che, mettendo insieme due settori caratterizzati da debolezze storiche, come l'agricoltura e il sociale, può riuscire a diventare un punto di forza.
  Sottolinea pertanto che nella definizione del testo legislativo la Commissione dovrà considerare l'importanza della relazione con il mondo del sociale e dell'istruzione, coinvolgendo anche le competenze degli organi parlamentari e dei Ministeri competenti per tali settori.
  In generale, ritiene altresì opportuno consultare, attraverso un ciclo di audizioni anche tutti i soggetti e organizzazioni interessate.

  Loredana LUPO (M5S) preannuncia che la sua parte politica, particolarmente interessata al tema dell'agricoltura sociale, presenterà una proposta di legge sull'argomento.

  Franco BORDO (SEL) fa presente che anche il suo gruppo ha presentato una proposta di legge sull'agricoltura sociale.

  Nicodemo Nazzareno OLIVERIO (PD) fa presente che il collega Schullian, dovendosi allontanare, lo ha pregato di preannunciare la presentazione di una proposta di legge in materia di agricoltura sociale da parte della sua parte politica.

  Luca SANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta, facendo presente che l'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, nel programmare i lavori della Commissione, potrà tenere conto della preannunciata presentazione di ulteriori proposte di legge in materia.

Istituzione del Comitato nazionale per la tutela dei prodotti agricoli e agroalimentari di qualità certificata e di un archivio informatico per la tutela dei medesimi prodotti e per la lotta contro le frodi e le contraffazioni.
C. 367 Oliverio.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame della proposta di legge.

  Luca SANI, presidente, avverte che il relatore Catanoso ha comunicato di non poter intervenire oggi, a causa di impegni precedentemente assunti. Al riguardo, ritiene che, per dare seguito a quanto convenuto dall'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi in sede di programmazione dei lavori, sostituirà temporaneamente il relatore stesso, che potrà in ogni caso svolgere le sue ulteriori considerazioni in altra seduta.Pag. 34
  Fa quindi presente che la proposta di legge in esame, che reca l'istituzione del Comitato nazionale per la tutela dei prodotti agricoli e agroalimentari di qualità certificata e di un archivio informatico dedicato alla loro tutela e alla lotta contro le frodi e le contraffazioni, ha per scopo precipuo quello di coordinare, potenziare e armonizzare le azioni a tutela delle produzioni agricole e agroalimentari italiane di qualità certificata e, in particolare, delle produzioni con indicazione geografica registrata, anche al fine di offrire al consumatore le più elevate garanzie in merito all'autenticità delle indicazioni di origine e di provenienza dei prodotti stessi.
  Tali sono le finalità indicate all'articolo 1 della proposta di legge, che assegna al Comitato principalmente il compito di coordinare le strutture esistenti che si occupano della tutela e della valorizzazione delle produzioni agroalimentari.
  Il Comitato è composto da un consiglio direttivo e da una segreteria tecnica (articolo 2). La struttura su due livelli del Comitato ne assicura una funzionalità ottimale e risponde all'esigenza di separare la sede deputata a elaborare le linee di indirizzo, rappresentata dal consiglio direttivo, dalla sede tecnica, rappresentata dalla segreteria, che avrà compiti esecutivi rispetto alle decisioni adottate dal consiglio direttivo. Quindi la segreteria risponde al consiglio direttivo e non ha autonomia decisionale, se non nell'ambito dello specifico mandato conferito dal consiglio medesimo (articoli 2, 3 e 4).
  Si prevede che il consiglio direttivo sia composto da personalità, di nomina ministeriale, nell'ambito dei vertici delle amministrazioni pubbliche che già si occupano di tutela e di valorizzazione nonché di lotta all'agropirateria, mentre le funzioni di segreteria sono assicurate dalla Direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare del Dipartimento delle politiche competitive, della qualità agroalimentare e della pesca del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (articoli 3 e 4).
  Inoltre, all'articolo 4, relativo ai compiti della segreteria tecnica, si prevede anche il coinvolgimento dell'Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche, nonché delle organizzazioni professionali agricole e degli altri organismi associativi rappresentativi dei prodotti agricoli a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP), a specialità tradizionale garantita (STG) o relativi a organizzazioni comuni di mercato (OMC), laddove si prevede che la segreteria tecnica li può consultare per le attività di monitoraggio dei casi di frode e di contraffazione.
  Infine, con l'articolo 5, si prevede la costituzione di un archivio informatico integrato realizzato con i dati provenienti dalla gestione delle attività del consiglio direttivo e della segreteria tecnica che renda disponibili a vari livelli le necessarie informazioni da utilizzare per la tutela delle denominazioni e dei prodotti agricoli e agroalimentari di qualità certificata, per la lotta alle frodi e alla contraffazione agroalimentare e per soddisfare le esigenze di trasparenza nei confronti dei consumatori.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.45.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 16.45 alle 17.