CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 12 dicembre 2012
754.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 38

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 12 dicembre 2012. — Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Antonino Gullo.

  La seduta comincia alle 14.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Armenia sulla cooperazione e sulla mutua assistenza in materia doganale, fatto a Yerevan il 6 marzo 2009.
C. 5510 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

Pag. 39

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Pasquale CIRIELLO (PD), relatore, ricorda che l'Accordo tra Italia e Armenia sulla cooperazione e la mutua assistenza in materia doganale, fatto a Yerevan il 6 marzo 2009, impegna le parti a fornirsi, attraverso le rispettive autorità doganali, su richiesta o spontaneamente, reciproca assistenza e cooperazione, al fine di assicurare il pieno rispetto della legislazione doganale. Attraverso la realizzazione di un'efficace azione di prevenzione, accertamento e repressione delle violazioni di tale normativa l'Accordo è finalizzato anche a rendere più trasparente l'interscambio commerciale bilaterale.
  Con riferimento al contenuto dell'Accordo, esso si compone di un preambolo e di 23 articoli.
  Nel Preambolo vengono evidenziati, tra i vari aspetti e motivi della cooperazione doganale, quello della lotta ai traffici illeciti di stupefacenti, con esplicito richiamo alla Convenzione Unica sugli Stupefacenti del 1961, modificata dal Protocollo del 1972, ed alla Convenzione ONU contro il traffico illecito di droghe e sostanze psicotrope del 1988.
  Di particolare interesse per la Commissione Giustizia è l'articolo 12 che prevede la possibilità che le Parti ricorrano, in conformità con le rispettive legislazioni nazionali, allo strumento della consegna controllata in caso di infrazioni doganali relative a stupefacenti, sostanze psicotrope e precursori, armi e munizioni, gas velenosi, materiali nucleari ed esplosivi. Il medesimo strumento può essere adottato anche in caso di contrabbando di valori artistici. La procedura di consegna controllata disciplinata dall'articolo 9 della legge n. 146 del 2006 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001) consiste nella possibilità di ritardare l'emissione o disporre che sia ritardata l'esecuzione di provvedimenti di cattura, arresto o sequestro, quando ciò sia necessario per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per l'individuazione o la cattura dei responsabili di alcuni delitti, quali contraffazione, estorsione e sequestro, usura, riciclaggio, tratta, traffico di armi, immigrazione clandestina, droga e reati ambientali.
  Inoltre l'articolo 18 disciplina i casi in cui l'assistenza può essere rifiutata o differita, con particolare riguardo all'eventualità in cui essa pregiudichi la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali della Parte richiesta, oppure comporti la violazione di leggi, regolamenti, segreti commerciali o professionali, nonché un segreto d'ufficio o di Stato.
  Il disegno di legge di ratifica in esame consta di quattro articoli.
  Gli articoli 1 e 2 recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo. L'articolo 3 autorizza la spesa di euro 20.370 per il 2012, euro 12.180 per il 2013 ed euro 20.370 a decorrere dal 2014.
  L'articolo 4, infine, dispone l'entrata in vigore della legge per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Propone quindi di esprimere parere favorevole.

  La Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica araba di Egitto sul trasferimento delle persone condannate, fatto a Il Cairo il 15 febbraio 2001.
C. 5586 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Pasquale CIRIELLO (PD), relatore, ricorda che l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo egiziano sul trasferimento delle persone condannate, Pag. 40fatto al Cairo il 15 febbraio 2001, è finalizzato allo sviluppo della cooperazione bilaterale nel trasferimento nello Stato di cittadinanza dei cittadini detenuti nel territorio dell'altro Stato contraente, in modo che tali soggetti possano scontare la pena comminata nel proprio Paese.
  L'Accordo si compone di 23 articoli, raggruppati nel Titolo 1 (artt. 1-15) dedicato ai principi generali – e che costituisce il vero cuore dell'Accordo – e nel Titolo 2 (artt. 16-22) concernente gli aspetti procedurali. Infine, il Titolo 3, che comprende il solo articolo 23, riguarda le disposizioni finali.
  L'articolo 1 è dedicato ai chiarimenti terminologici, mentre l'articolo 2 esplicita i termini dell'Accordo, in base al quale una «persona condannata nel territorio di uno Stato, può...essere trasferita nel territorio dell'altro Stato per ivi scontare la condanna inflittale con la sentenza.»
  L'articolo 3 illustra i principi generali dell'Accordo, in base ai quali il trasferimento può essere richiesto dallo Stato di condanna o da quello di esecuzione, ovvero dal condannato stesso.
  L'articolo 4, che enuncia le condizioni per il trasferimento, prevede che il condannato sia cittadino dello Stato ricevente, che gli atti o omissioni per i quali è stata inflitta la condanna costituiscano reato anche per la legge dello Stato ricevente, che la sentenza sia definitiva, che il condannato debba scontare ancora come minimo un anno di pena privativa della libertà, e che egli acconsenta al trasferimento alle condizioni di cui al successivo articolo 8, e infine che via sia accordo in merito al singolo provvedimento di trasferimento tra Stato ricevente e Stato trasferente – quest'ultimo potrà peraltro porre ulteriori condizioni al trasferimento.
  L'articolo 5 che dispone in tema di obblighi di informazione, stabilisce che ogni persona condannata, alla quale può essere applicato l'Accordo, deve esserne informata dallo Stato di condanna, così come delle conseguenze giuridiche derivanti dal trasferimento.
  L'articolo 6 contempla i casi di rifiuto del trasferimento del condannato da parte di uno dei due Stati contraenti, che si verificano se la richiesta di trasferimento concerne una pena inflitta per fatti giudicati definitivamente nello Stato di esecuzione e per i quali la pena eventualmente inflitta è stata eseguita o prescritta, ovvero qualora la condanna sia stata pronunciata per un reato di carattere puramente militare.
   L'articolo 7 elenca invece le fattispecie facoltative di rifiuto del trasferimento del condannato da parte di uno dei due Stati contraenti, ovvero: se lo Stato di esecuzione decide di non avviare o di porre fine a procedimenti giudiziari riguardanti gli stessi fatti; se i fatti che hanno motivato la condanna sono oggetto di un procedimento anche nello Stato di esecuzione; se la persona condannata non ha corrisposto somme, multe, spese giudiziarie, risarcimento dei danni e pene pecuniarie di qualsiasi genere a suo carico; se, alla data dei fatti che hanno dato luogo alla condanna, la persona condannata possiede anche la nazionalità dello Stato di condanna; se, infine, il massimo della pena privativa della libertà prevista dalla legge dello Stato di esecuzione è fortemente inferiore alla pena inflitta nello Stato di condanna.
  Ai sensi dell'articolo 8 il consenso al trasferimento da parte della persona interessata dovrà essere volontario ed informato, e lo Stato di esecuzione sarà posto in condizione di verificare adeguatamente la correttezza della relativa procedura.
  Con l'articolo 9 si definiscono i caratteri della pena da scontare nello Stato di esecuzione, la quale corrisponde alla parte di pena che rimane da scontare nello Stato di condanna, e non può in nessun caso superare il massimo previsto dalla legge dello Stato di esecuzione per lo stesso tipo di reato. Qualora poi la pena inflitta dallo Stato di condanna non sia prevista nel codice penale dello Stato di esecuzione, quest'ultimo procederà a comminare un'altra pena che per natura e durata corrisponderà per quanto possibile a quella inflitta nello Stato di condanna, che tuttavia non potrà essere aggravata. In ogni caso (articolo 10) lo Stato di esecuzione Pag. 41informa lo Stato di condanna, se da esso richiesto, sui seguiti dati alla esecuzione della pena, che comunque sono disciplinati unicamente dalla legge dello Stato di esecuzione (articolo 11). Peraltro, invece, solo lo Stato di condanna potrà decidere in ordine a ricorsi per la revisione della condanna medesima (articolo 12).
  Con l'articolo 13 si stabilisce la cessazione dell'esecuzione della pena da parte dello Stato ricevente non appena informato dallo Stato trasferente di qualsiasi decisione o misura in forza della quale la pena cessa totalmente o parzialmente di essere eseguibile. L'articolo 14 contiene una clausola di ne bis in idem, in base alla quale nessun condannato trasferito in applicazione dell'Accordo in esame potrà essere nuovamente oggetto di procedimento, arresto o detenzione nello Stato di esecuzione per il medesimo reato che aveva dato luogo al trasferimento da parte dello Stato di condanna.
  Passando agli aspetti procedurali di cui al Titolo 2, gli articoli 16-19 e 21 prevedono le caratteristiche formali e di contenuto delle domande di trasferimento, che verranno trasmesse direttamente tra i due Ministeri della Giustizia. Gli atti e documenti correlati alle domande di trasferimento ai sensi dell'Accordo in esame sono esenti da legalizzazione: essi verranno redatti nella lingua dello Stato richiedente, e tradotti nella lingua dell'altro Stato, ovvero in inglese o in francese.
  L'articolo 20 regola gli aspetti finanziari dell'Accordo, precisando che le spese derivanti dall'applicazione dello stesso sono a carico dello Stato ricevente, ad eccezione di quelle sostenute esclusivamente nel territorio dello Stato trasferente.
  Ai sensi dell'articolo 22 l'Accordo è applicabile all'esecuzione di condanne inflitte sia prima sia dopo l'entrata in vigore del medesimo.
  L'articolo 23, infine, detta le disposizioni finali dell'Accordo, che ha durata illimitata, ma potrà essere denunciato con preavviso scritto di un anno da ciascuna delle Parti contraenti.
  Il disegno di legge in esame, approvato dal Senato il 15 novembre 2012, si compone di quattro articoli. I primi due recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo tra Italia ed Egitto del 15 febbraio 2001 sul trasferimento delle persone condannate.
  L'articolo 3, comma 1, quantifica gli oneri derivanti dall'applicazione dell'Accordo, che sono valutati in euro 5.806 annui a decorrere dall'anno 2012.
  L'articolo 4, infine, dispone l'entrata in vigore della legge per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Propone quindi di esprimere parere favorevole.

  La Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.

  La seduta termina alle 14.15.

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 12 dicembre 2012.

Audizioni nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 1235 Ferranti, recante modifiche al codice penale in materia di prescrizione del reato, di Oliviero Mazza, Ordinario di procedura penale presso l'Università di Milano-Bicocca.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14.15 alle 15.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15 alle 15.15.

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SEDE REFERENTE

  Mercoledì 12 dicembre 2012. — Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Antonino Gullo.

  La seduta comincia alle 15.15.

Disposizioni in materia di riciclaggio e impiego dei proventi di reato da parte dei concorrenti nel medesimo.
C. 3145 Bersani, C. 3872 Naccarato e C. 3986 Torrisi.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato il 27 novembre 2012.

  Donatella FERRANTI (PD), relatore, presenta una proposta di testo unificato da adottare come testo base (vedi allegato), che riprende una ipotesi di formulazione del reato di riciclaggio, comprendente anche l'ipotesi di autoriciclaggio, proposta dal Procuratore nazionale antimafia, dottor Pietro Grasso in occasione dell'audizione svoltasi ieri.

  Enrico COSTA (PdL) osserva che è alquanto inusuale che il relatore presenti una proposta di testo nella seduta successiva a quella nella quale si sono concluse le audizioni, senza ascoltare prima le eventuali osservazioni degli altri deputati. Ritiene che prima si debba svolgere un dibattito, in Commissione, anche alla luce delle audizioni svolte e successivamente procedere all'adozione del testo base.

  Donatella FERRANTI (PD), relatore, ricorda che anche l'onorevole Sisto, relatore sui provvedimenti in materia di adozioni, ha presentato una proposta di testo unificato indipendentemente da qualsiasi dibattito e subito dopo le audizioni. Osserva che in tale occasione si è proceduto addirittura all'adozione del testo, mentre in questo caso non chiede che la sua proposta venga posta in votazione nella seduta odierna.

  Enrico COSTA (PdL) rileva che nel caso richiamato dalla relatrice in realtà l'adozione del testo unificato è stata effettuata dopo un lungo e approfondito esame in Commissione, che invece non vi è stato in relazione alle proposte di legge in materia di auto riciclaggio.

  Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.30.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 12 dicembre 2012. — Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO indi del vicepresidente Federico PALOMBA. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Antonino Gullo.

  La seduta comincia alle 15.30.

Norme a tutela della qualità e della trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini.
C. 5565, approvata dal Senato, ed abbinate.
(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Marilena SAMPERI (PD), relatore, rileva che il provvedimento in esame, approvato in sede deliberante dalla Commissione Agricoltura del Senato, è diretto ad introdurre nell'ordinamento norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini. La Commissione di merito non ha modificato il testo.
  L'articolo 1 stabilisce le modalità di applicazione dell'articolo 4 del decreto ministeriale 10 novembre 2009, che ha recato le disposizioni nazionali per la commercializzazione dell'olio di oliva, la Pag. 43cui disciplina comunitaria è stata definita nel reg. (CE) n. 182/2009. Si segnalano i seguenti articoli di competenza della Commissione Giustizia.
  L'articolo 4, in ragione delle pratiche che con maggior frequenza inducono in errore il consumatore danneggiando la produzione nazionale, reca dettagliate indicazioni su quelle pratiche che devono essere ritenute ingannevoli: è ingannevole non solo l'uso di diciture, ma anche quello di immagini e simboli grafici che configuri una delle ipotesi di cui agli artt. 21-23 del codice del consumo (rispettivamente sulle azioni, sulle omissioni, sulla pubblicità, e sulle pratiche commerciali ingannevoli di cui al d.lgs. 206/05); è ingannevole l'omissione che induca in errore sulla provenienza delle olive; è ingannevole l'attribuzione di requisiti positivi non previsti dalle norme, o l'attribuzione di valutazioni organolettiche, riservate agli oli extravergini, agli altri oli d'oliva.
  Ai sensi dell'articolo 5 non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni idonei ad ingannare il pubblico sulla provenienza geografica delle materie prime degli oli di oliva vergini. Le disposizioni ricalcano il contenuto del Codice della proprietà industriale (articolo 14, comma 1, lettera b), decreto legislativo 30/2005), che tuttavia riconnette l'inganno ai «prodotti o servizi», laddove la norma in commento collega l'inganno alla provenienza delle «materie prime» (olive). Quelli eventualmente già registrati, sono dichiarati decaduti per illiceità sopravvenuta (articolo 26 del Codice della proprietà industriale), e il titolare del marchio deve: dare notizia della decadenza e dei relativi motivi, a proprie spese, su almeno due quotidiani a diffusione nazionale; ritirare dal mercato tutti i prodotti contrassegnati dal marchio decaduto entro un anno dalla dichiarazione della decadenza.
  Novellando la legge n. 350/03 (finanziaria 2004), con l'articolo 6 è introdotta l'ipotesi di reato per l'illecito uso del marchio delineato dal comma 49-bis dell'articolo 4 della legge n. 350/03. Le norme si ricollegano con i commi 49-bis e ss. dell'articolo 4 della legge n. 350/2003 (introdotti con l'articolo 16, comma 6, del decreto-legge n. 135/09, e modificati con il decreto-legge n. 83/12) che sanzionano la condotta del produttore e del licenziatario che maliziosamente omettano di indicare l'origine estera dei prodotti pur utilizzando marchi naturalmente riconducibili a prodotti italiani. Le disposizioni qualificano la violazione come illecito amministrativo (di più facile accertamento), al quale va applicata una significativa sanzione amministrativa pecuniaria (da euro 10.000 a euro 250.000), accompagnata – al fine di assicurare una reale ed efficace tutela dei consumatori – dalla confisca amministrativa del prodotto o della merce, salvo che le indicazioni necessarie siano apposte, a cura e spese del titolare o del licenziatario responsabile dell'illecito, sul prodotto o sulla confezione o sui documenti di corredo per il consumatore (così il comma 49-ter). Infine, il comma 49-quater (introdotto dal decreto-legge 83/12) prevede che le Camere di commercio competenti per territorio siano le destinatarie, ai fini dell'irrogazione della sanzione di cui al comma 49-bis, del rapporto con il quale viene accertata la violazione delle norme a tutela dei prodotti made in Italy.
  Le norme in commento, introducendo il comma 49-quater-rectius 49-quinquies – dispongono che l'illecito definito al comma 49-bis sia anche sanzionato penalmente, dovendosi applicare l'articolo 517 c.p., e facendo in ogni caso salva la sanzione prevista dall'articolo 16, co. 4 del decreto-legge 135/09. Il comma 4 dell'articolo 16, del menzionato decreto-legge n. 135, prevede l'applicazione di una sanzione penale per l'uso di un'indicazione di vendita che presenti il prodotto come interamente realizzato in Italia, o altra che sia idonea ad ingenerare nel consumatore la convinzione della realizzazione interamente in Italia del prodotto, ovvero per l'uso di segni o figure che inducano la medesima fallace convinzione: per tale fattispecie vanno comminate le pene di cui all'articolo 517 c.p., aumentate di un terzo. L'articolo 517 c.p., sulla vendita di prodotti con segni Pag. 44mendaci, quantifica la pena con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a ventimila euro.
  Con l'articolo 7 è stabilito ex lege il termine entro il quale il prodotto conserva, in adeguate condizioni di trattamento, le possedute proprietà specifiche. Tale termine non potrà superare i 18 mesi dalla data d'imbottigliamento. Ancora l'articolo 7 (commi 3-4) rivede le disposizioni sulle modalità di proposizione nei pubblici esercizi degli oli d'oliva vergini, abrogando le norme attualmente contenute nell'articolo 4, commi 4-quater e 4-quinquies del decreto-legge n. 2/06. I menzionati commi 4-quater e 4-quinquies hanno introdotto il divieto per i pubblici esercizi di proporre al consumo, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, olio d'oliva in contenitori non etichettati conformemente alla normativa vigente. La sanzione amministrativa pecuniaria è compresa tra 1.000 euro e 3.000 euro.
  Le norme che si illustrano abrogano i commi 4-quater e 4-quinquies sancendo il divieto, per i pubblici esercizi, di proporre al consumo olio d'oliva vergine in particolari contenitori. Il comportamento illecito è sanzionato con una pena pecuniaria compresa tra 1.000 euro e 8.000 euro, cui si aggiunge la confisca del prodotto.
  L'articolo 12 prevede la responsabilità amministrativa degli enti della filiera degli oli vergini d'oliva laddove alcuni reati siano commessi nel loro interesse. La disposizione non novella tuttavia – come sarebbe opportuno per ragioni sistematiche – il decreto legislativo n. 231 del 2001, preferendo disciplinare ex novo i presupposti della responsabilità amministrativa della persona giuridica.
  Dopo aver elencato i delitti che comportano la responsabilità amministrativa dell'ente sono, in base al comma 1 dell'articolo 12, osserva che alcune di queste fattispecie già comportano la responsabilità amministrativa dell'ente in base al decreto legislativo n. 231 del 2001.
  In particolare, l'articolo 25-bis (Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento) del decreto legislativo prevede l'applicazione all'ente «per i delitti di cui agli articoli 473 e 474» della «sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote» (comma 1, lettera f-bis), oltre alle sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore ad un anno (comma 2).
  Inoltre, l'articolo 25-bis.1 (Delitti contro l'industria e il commercio) prevede la «sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote» per l'ente responsabile dei delitti di cui «agli articoli 513, 515, 516, 517, 517-ter e 517-quater».
  Peraltro, le disposizioni del decreto legislativo hanno portata generale e si applicano dunque a tutti gli enti, non solo a quelli della filiera degli oli vergini di oliva.
  Conseguentemente appare opportuno coordinare la disposizione dell'articolo 12 con la normativa vigente.
  La proposta di legge peraltro (comma 2), dopo aver sottolineato il legame che deve sussistere tra l'autore del reato e l'ente (lettere a) e b)) – riprendendo principi già contenuti nel decreto legislativo – stabilisce la responsabilità dell'ente anche quando l'autore del reato non è identificato o non è imputabile.
  Anche tale previsione è già dettata dall'articolo 8, comma 1, lettera a) del d.lgs 231/2011.
  L'articolo 13 prevede – a titolo di pena accessoria – la pubblicazione, su almeno due quotidiani nazionali, della sentenza di condanna per contraffazione di oli di oliva vergini in relazione ad indicazioni geografiche o denominazione di origine dei prodotti. Ulteriore pena di natura interdittiva conseguente a detta condanna concerne il divieto di svolgere qualunque attività di comunicazione commerciale e pubblicitaria, anche tramite terzi, finalizzata a promuovere oli di oliva vergini.
  L'articolo 14 prevede una serie di misure finalizzate al rafforzamento di istituti processuali ed investigativi.
  La norma stabilisce, anzitutto, che in relazione ai delitti di criminalità organizzata finalizzati all'adulterazione e frode nel settore in oggetto non si applichi il periodo di sospensione feriale dei termini Pag. 45delle indagini preliminari, che la legge 742 del 1989 – come per tutti i termini processuali – fissa di diritto dal 1o agosto al 15 settembre di ogni anno.
  Viene, poi introdotta un'ulteriore ipotesi di confisca obbligatoria mutuata dalla disciplina speciale antimafia: si prevede, infatti, che alla condanna o al patteggiamento per uno dei delitti sopraindicati consegua, da parte del giudice, l'obbligo di confisca del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui risulti, anche attraverso terze persone (fisiche o giuridiche), avere la disponibilità in misura sproporzionata al proprio reddito.
  L'articolo 14, infine, novella l'articolo 266 del codice di rito penale aggiungendo i procedimenti per i delitti di commercio di sostanze alimentari nocive (articolo 444 c.p.), contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (articolo 473 c.p.), introduzione nello stato e commercio di prodotti con segni falsi (articolo 474 c.p.), frode nell'esercizio del commercio (articolo 515 c.p.), vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (articolo 516 c.p.) e contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (articolo 517-quater c.p.) tra quelli per cui è consentito l'uso di intercettazioni telefoniche.
  L'articolo 15 del provvedimento introduce ulteriori pene accessorie a carico dei condannati per un delitto di avvelenamento, contraffazione o adulterazione nel settore degli oli di oliva vergini, consistente sia nell'impossibilità di ottenere autorizzazioni, concessioni o abilitazioni per lo svolgimento di attività imprenditoriali, sia nella perdita della possibilità di accedere a contributi, finanziamenti o mutui agevolati erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dall'Unione Europea.

  Francesco Paolo SISTO (PdL) dopo aver rilevato come le disposizioni relative al divieto di pratiche commerciali ingannevoli contenute nell'articolo 4 siano scarsamente determinate, ingenerando quindi gravi incertezze interpretative, si sofferma sull'articolo 6 ed in particolare sui rapporti tra il comma 49-bis dell'articolo 4 della legge n. 350/03 relativo al reato per illecito uso del marchio e l'articolo 517-quater del codice penale relativo alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, ritenendo che vi sia una sovrapposizione normativa.

  Giulia BONGIORNO, presidente, ritiene che la Commissione giustizia debba soffermarsi in particolare sull'articolo 14, che prevede una serie di misure finalizzate al rafforzamento di istituti processuali ed investigativi, come ad esempio le intercettazioni, che dovrebbero essere oggetto di esame esclusivo della Commissione giustizia.

  Francesco Paolo SISTO (PdL) dichiara di condividere pienamente l'intervento della Presidente ritenendo del tutto fuori luogo quanto previsto dall'articolo 14 il cui contenuto non condivide in alcun punto. Le stesse perplessità le esprime sull'articolo 14 che introduce una serie di pene accessorie del tutto sproporzionate.

  Luca Rodolfo PAOLINI (LNP) dopo aver condiviso le critiche avanzate dall'onorevole Sisto e dal Presidente, rileva come la portata di queste sia tale da rendere opportuna l'approvazione di un parere contrario.

  Giulia BONGIORNO, presidente, nessuno altro chiedendo di intervenire e rilevata la complessità del parere che dovrà essere espresso dalla Commissione, rinvia il seguito della seduta alla giornata di domani.

DL 207/2012 Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale.
C. 5617 Governo.
(Parere alle Commissioni riunite VIII e X).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

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  Donatella FERRANTI (PD), relatore, rileva che il provvedimento in esame si compone di due parti: la prima generale (articoli 1 e 2), la seconda (articolo 3) riferita specificamente alla vicenda ILVA.
  L'articolo 1 prevede al comma 1 che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare possa autorizzare, in sede di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA), la prosecuzione dell'attività produttiva di uno stabilimento industriale dichiarato «di interesse strategico nazionale» per un periodo di tempo determinato non superiore a trentasei mesi, a condizione che vengano adempiute le prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell'autorizzazione, secondo le procedure e i termini ivi indicati, al fine di assicurare la più adeguata tutela dell'ambiente e della salute secondo le migliori tecniche disponibili.
  L'esercizio del potere attribuito al Ministro si esplica in presenza dei seguenti presupposti: deve trattarsi di uno stabilimento individuato, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri., come «stabilimento di interesse strategico nazionale»; presso lo stabilimento sono occupati almeno 200 lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, da almeno un anno; l'assoluta necessità di salvaguardare l'occupazione e la produzione.
  Sarebbe opportuno prevedere che sullo schema di decreto possano esprimersi le commissioni parlamentari competenti.
  Il comma 2 dispone che le misure volte ad assicurare la prosecuzione dell'attività produttiva sono esclusivamente e ad ogni effetto: le misure contenute nel provvedimento di AIA e le prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame.
  Viene comunque fatta salva l'applicazione degli articoli 29-octies, comma 4, 29-nonies e 29-decies del decreto legislativo 152/2006 (cd. Codice dell'ambiente). Si ricorda che il comma 4 dell'articolo 29-octies individua i casi in cui è comunque necessario il riesame dell'AIA. Tra di essi è compreso, ai sensi della lettera b) del comma 4, il caso in cui «le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni senza imporre costi eccessivi».
  Il comma 3 introduce una misura sanzionatoria, aggiuntiva rispetto al quadro normativo previgente, stabilendo che, fermo restando quanto previsto dagli articoli 29-decies e 29-quattuordecies del Codice dell'ambiente e dalle altre disposizioni di carattere sanzionatorio (penali e amministrative) contenute nelle normative di settore, la mancata osservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell'AIA costituisce illecito amministrativo punito con sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato della società risultante dall'ultimo bilancio approvato.
  Ai sensi del comma 4 le disposizioni recate dal comma 1, che consentono allo stabilimento di proseguire l'attività alle condizioni indicate, trovano applicazione anche quando l'autorità giudiziaria abbia adottato provvedimenti di sequestro sui beni dell'impresa titolare dello stabilimento.
  In tal caso, i provvedimenti di sequestro non impediscono, nel corso del periodo di tempo indicato nell'autorizzazione, l'esercizio dell'attività d'impresa.
  Potrebbe essere opportuno coordinare questa disposizione con i principi che regolano l'attività giudiziaria prevedendo che ai fini della eventuale valutazione dei presupposti del sequestro preventivo, l'autorità giudiziaria prende in esame l'autorizzazione autorizzazione integrata ambientale (AIA). Si dovrebbe peraltro prevedere anche che ove si disponga o mantenga il sequestro, della predetta autorizzazione si deve tenere conto ai fini di consentire la prosecuzione dell'attività di impresa.
  Non è da escludere una soluzione ancora più radicale lasciando semplicemente l'applicazione dei principi generali. In questo caso si dovrebbe sopprimere il comma 4.Pag. 47
  Il comma 5 impone al Ministro dell'ambiente di riferire semestralmente al Parlamento circa l'ottemperanza delle prescrizioni impartite nei casi di cui al presente articolo.
  L'articolo 2 dispone che, nei limiti consentiti dal decreto, la gestione degli impianti di interesse strategico nazionale ai fini dell'attuazione delle prescrizioni contenute nell'AIA, nonché le responsabilità derivanti da ogni obbligo di legge o disposto in via amministrativa, restano in capo esclusivamente ai titolari dell'AIA medesima. Viene altresì disposto che resta ferma l'attività di controllo prevista dall'articolo 29-decies, comma 3, del decreto legislativo 152/2006.
  L'articolo 3 disciplina l'efficacia dell'autorizzazione integrata ambientale rilasciata alla società ILVA S.p.A. in data 26 ottobre 2012 e il sistema dei controlli e delle garanzie che presiedono alla sua attuazione.
  In particolare, il comma 1 dispone che l'impianto siderurgico della società ILVA S.p.A. di Taranto costituisce stabilimento di interesse strategico nazionale a norma dell'articolo 1, comma 1. Con tale disposizione la natura di interesse strategico dello stabilimento è dichiarata con norma di rango primario anziché con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. di cui al medesimo articolo 1, comma 1.
  Il comma 2 stabilisce che le prescrizioni volte a consentire la prosecuzione dell'attività produttiva dello stabilimento ILVA di Taranto sono esclusivamente quelle contenute nel provvedimento di riesame dell'AIA emanato con decreto ministeriale Ambiente 26 ottobre 2012, n. DVA/DEC/2012/0000547, di cui al comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 252 del 27 ottobre 2012. Si provvede pertanto a attribuire valenza di norma di rango primario al provvedimento di riesame dell'autorizzazione.
  In base al comma 3, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto, la società ILVA S.p.A. di Taranto è immessa nel possesso dei beni dell'impresa; è in ogni caso autorizzata, nei limiti consentiti dal provvedimento di riesame dell'AIA, alla prosecuzione dell'attività produttiva nello stabilimento e alla conseguente commercializzazione dei prodotti per un periodo di 36 mesi, ferma restando l'applicazione di tutte le disposizioni contenute nel decreto. La prosecuzione dell'attività produttiva risulta così autorizzata con fonte legislativa e non con provvedimento del Ministro come previsto dall'articolo 1.
  Si tratta di una disposizione che suscita molte perplessità in quanto con un atto di decretazione d'urgenza si interviene direttamente su provvedimenti dell'autorità giudiziaria annullandoli di fatto. Per riportare la norma ai principi costituzionali che regolano la separazione dei poteri dello Stato e comunque i rapporti con l'autonomo ordine giudiziario, si potrebbe prevedere semplicemente che l'autorità giudiziaria valuta il permanere dei presupposti del sequestro preventivo ai fini di consentire la prosecuzione dell'attività produttiva nello stabilimento.
  Ai sensi del comma 4, ai fini del monitoraggio dell'esecuzione delle prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell'AIA, viene prevista la nomina, per un periodo non superiore a tre anni, di un Garante di indiscussa indipendenza, competenza ed esperienza, incaricato di vigilare sull'attuazione delle disposizioni del decreto.
  Tale nomina dovrà avvenire entro dieci giorni dall'entrata in vigore del decreto legge, con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e della salute, previa delibera del Consiglio dei Ministri.
  Qualora il Garante sia un dipendente pubblico, verrà collocato in posizione di fuori ruolo per tutta la durata dell'incarico.
  Il comma 5 prevede che il compenso del Garante sia definito con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Pag. 48ministri, del quale viene fissato, per tale compenso, un tetto massimo di 200.000 euro lordi annui. Si applica l'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011.
  In base al comma 6, il Garante, che, come già anticipato, si avvale dell'ISPRA, nell'ambito delle competenze proprie dell'istituto, e sentite le rappresentanze dei lavoratori: acquisisce le informazioni e gli atti ritenuti necessari, che i soggetti pubblici e privati cui sono richiesti sono tenuti a fornire tempestivamente; segnala al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri dell'ambiente e della salute, eventuali criticità riscontrate nell'attuazione del provvedimento di riesame dell'AIA; propone le misure idonee a risolverle, ivi compresi eventuali provvedimenti di amministrazione straordinaria, anche in considerazione degli articoli 41 e 43 della Costituzione.
  L'articolo 4 provvede alla copertura degli oneri connessi alla remunerazione del Garante (pari a 200.000 euro, per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015).
  L'articolo 5 prevede l'entrata in vigore del decreto-legge il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Ritiene infine che anche alla luce dell'emendamento presentato dal Governo presso la Commissione di merito relativamente alla commercializzazione dei prodotti realizzati antecedentemente all'entrata in vigore del decreto legge, modificando pertanto il comma 3 dell'articolo 3, il compito della Commissione giustizia sia quello di sanare una sorta di frattura che il decreto legge ha prodotto tra l'attività legislativa e quella giurisdizionale. Ritiene infatti che la formulazione dell'emendamento sia dovuta proprio dal fatto che il decreto legge non ha chiarito in alcun modo quale sia la sorte dei provvedimenti di sequestro preventivo nel frattempo emanati. In particolare, non è chiaro se questi siano stati di fatto annullati ovvero se il decreto stesso abbia posto una nuova condizione in base alla quale i presupposti del sequestro preventivo sono cessati.

  Cinzia CAPANO (PD) dopo aver condiviso tutte le osservazioni della relatrice, osserva come l'emendamento del Governo sia un tentativo mal riuscito di risolvere la vera questione che sta alla base del decreto legge, cioè l'esito dei sequestri preventivi già effettuati. A suo parere l'emendamento è diretto unicamente a dissequestrare per via legislativa ciò che è stato sequestrato attraverso un atto giudiziario, il che è in contrasto con i principi costituzionali. Sarebbe stato più opportuno trovare una soluzione diversa prendendo anche spunto da altri ordinamenti processuali, come ad esempio quello civile che prevede la convertibilità in denaro del bene pignorato. Nel caso in esame si sarebbe potuto convertire il sequestro sulle merci in un sequestro su somme di denaro che si sarebbero poi dovute destinare a garantire l'adempimento delle prescrizioni dell'AIA.

  Luca Rodolfo PAOLINI (LNP), dopo aver rilevato che la magistratura sia intervenuta in maniera non adeguata nella vicenda relativa all'ILVA di Taranto, dichiara che a suo parere la questione dei rapporti tra provvedimenti dell'autorità giudiziaria e decreto legge debbano essere risolti sulla base della circostanza che solo successivamente all'adozione di tali provvedimenti l'ILVA di Taranto è divenuta stabilimento di interesse strategico nazionale, con tutte le conseguenze che ne derivano.

  Donatella FERRANTI (PD), relatore, dichiara di non condividere assolutamente le critiche fatte dall'onorevole Paolini ai magistrati che si sono occupati dell'ILVA di Taranto. A tale proposito ricorda che da oltre un anno il Procuratore della Repubblica di Taranto ha segnalato al Parlamento, in occasione di una audizione presso la Commissione rifiuti, i danni alla salute e all'ambiente che venivano causati dall'ILVA di Taranto. Medesime segnalazioni sono state Pag. 49fatte dalle autorità giudiziarie a diverse autorità competenti, senza peraltro pro-durre alcun effetto positivo. Ricorda che si è arrivati al sequestro preventivo solo dopo che all'esito di un incidente probatorio si è provato come l'ILVA determinasse direttamente un danno ambientale ed alla salute dei cittadini che vivono in insediamenti che si trovano ad un chilometro dalla sede industriale.

  Federico PALOMBA, presidente, nessuno altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito della seduta alla giornata di domani.

  La seduta termina alle 15.55.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE CONSULTIVA

Riforma della legislazione in materia portuale.
C. 5453, approvato in un testo unificato, e C. 2311 Meta.

Norme riguardanti interventi in favore delle gestanti e delle madri volti a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati.
C. 3303 Lucà ed abbinate.

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