CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 11 dicembre 2012
753.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
COMUNICATO
Pag. 276

AUDIZIONI INFORMALI

  Martedì 11 dicembre 2012.

Audizione informale di esperti del settore nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 1614 Madia, recante modifiche al codice dei beni culturali e del paesaggio, in materia di professioni dei beni culturali.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14.10 alle 14.45.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 11 dicembre 2012. — Presidenza del presidente Manuela GHIZZONI.

  La seduta comincia alle 14.45.

DL 179 del 2012 Misure urgenti per la crescita del Paese.
C. 5626 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni riunite IX e X).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con condizioni).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Maria COSCIA (PD), relatore, illustra Il disegno di legge C. 5626 in esame, recante conversione del decreto-legge n. 179 del 2012, già approvato dal Senato, reca «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese». Per quanto concerne i profili di competenza della Commissione cultura, l'articolo 10 è volto ad accelerare il processo di de materializzazione amministrativa in ambito scolastico e universitario, prevedendo: la costituzione del fascicolo elettronico dello studente universitario dall'anno accademico 2013-2014; l'accesso da parte delle università alle banche dati dell'INPS Pag. 277per la consultazione dei dati necessari al calcolo dell'Indicatore della situazione economica equivalente per l'università (ISEEU), nonché all'anagrafe nazionale degli studenti e dei laureati; l'utilizzo esclusivo di modalità informatiche, dal 1o marzo 2013, per i procedimenti relativi allo stato giuridico ed economico del personale del comparto scuola. Rileva che sembrerebbe pertanto opportuno integrare la rubrica con un riferimento al fascicolo elettronico dello studente universitario, cui sono dedicati 6 dei 10 commi dell'articolo. In particolare, i commi da 1 a 6 riguardano il fascicolo elettronico dello studente universitario. Il fascicolo, che deve essere costituito dalle università statali e da quelle non statali legalmente riconosciute a decorrere dall'anno accademico 2013-2014, contiene tutti i documenti, gli atti e i dati relativi al percorso universitario dello studente – dall'immatricolazione fino al conseguimento del titolo di studio –, compresi i periodi di studio effettuati all'estero nell'ambito di programmi di mobilità. Al riguardo, si richiamano gli atti che «alimentano» il diploma supplement, ossia la relazione informativa che riporta le principali indicazioni relative al curriculum specifico seguito dallo studente per conseguire il titolo. Lo scopo è quello di accelerare il processo di automazione amministrativa e migliorare i servizi per gli studenti, riducendone i costi connessi (comma 1). Nelle Linee guida realizzate nell'ambito del progetto «Università digitale» previsto dal piano e-government 2012 – elaborate, da ultimo, nel 2012, e inviate a tutti gli atenei con invito a recepirne le indicazioni – il capitolo 3 è dedicato al «fascicolo personale dello studente». In particolare, «le linee guida delineano il percorso di creazione del “dossier digitale” degli atti di carriera dello studente (dall'immatricolazione ai piani di studio, ai verbali di esame) in un formato condiviso e in linea con gli standard europei. Il documento definisce inoltre le modalità per realizzare l'integrazione tra i sistemi di gestione documentale ed i sistemi gestionali in uso presso gli atenei, a partire dal sistema di gestione delle carriere studenti». Gli scopi sono quelli di semplificare il processo di apertura del fascicolo dello studente nel sistema di gestione documentale di ateneo, ridurre il carico di lavoro del personale, rendere disponibile a ciascun studente il proprio fascicolo. Inoltre, al solo scopo di consentire l'avvio dell'operatività del fascicolo, le linee guida forniscono un elenco di documenti da inserire nel fascicolo, classificati secondo una scala di priorità che distingue fra obbligatorio, consigliato e opzionale.
  Con riguardo al rapporto tra fascicolo elettronico e mobilità studentesca, i commi 2 e 3 prevedono, rispettivamente, che, in ambito nazionale, questa si realizza attraverso lo scambio telematico del fascicolo elettronico, e che lo stesso fascicolo favorisce la mobilità internazionale, sia in entrata che in uscita. Inoltre, il comma 3 dispone che il fascicolo elettronico supporta gli standard di interoperabilità definiti a livello internazionale. Segnala che al comma 3 si ripete, con riferimento ai titoli di studio conseguiti, una previsione che è contenuta, in termini generali, nel comma 1, che dispone che il fascicolo elettronico contiene tutti gli atti e i dati inerenti la carriera dello studente. Segnala, inoltre, che il riferimento al supporto degli standard di interoperabilità definiti a livello internazionale dovrebbe essere inserito, più opportunamente, nel comma 1. In proposito, ricorda che il 19 maggio 2010 la Commissione europea ha adottato, nell'ambito delle iniziative faro della strategia per la crescita «Europa 2020», la comunicazione «Un'agenda digitale europea» (COM(2010)245). Scopo generale dell'agenda è ottenere vantaggi socioeconomici sostenibili grazie a un mercato digitale unico basato su internet veloce e superveloce e su applicazioni interoperabili. In particolare, la comunicazione ha evidenziato sette aree di azione, ritenute problematiche nell'ambito delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), tra cui «Interoperabilità e standard». In ambito nazionale, ricorda che gli articoli da 19 a 22 del decreto-legge n. 83 del 2012 (legge n. 134 del 2012) hanno istituito l'Agenzia per l'Italia digitale che ha il compito di promuovere Pag. 278la realizzazione in Italia dell'Agenda digitale europea, con particolare riferimento allo sviluppo delle reti di nuova generazione e dell'interoperabilità tra i sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni e tra questi e quelli dell'Unione europea. Il comma 4 dispone che, per gli studenti diplomati in Italia a partire dall'anno solare 2012 (dunque, dall'anno scolastico 2011 del 2012), il fascicolo elettronico è alimentato dall'anagrafe nazionale degli studenti, di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 76 del 2005 (sull'anagrafe in questione interviene anche il comma 8 dell'articolo in esame).
  Al riguardo ricorda che l'articolo 5-bis, comma 1-bis, della legge n. 264 del 1999, introdotto dall'articolo 48, del decreto-legge 5 del 2012 (legge n. 35 del 2012), ha già disposto la possibilità per le università di accedere all'anagrafe nazionale degli studenti per verificare la veridicità dei titoli autocertificati dai candidati che, ai sensi del comma 1 dello stesso articolo, si iscrivono all'università esclusivamente per via telematica. In relazione alla circostanza che, ai sensi della normativa vigente (decreto ministeriale 5 agosto 2010, n. 74), i dati acquisiti dall'Anagrafe sono conservati fino al termine dell'anno solare successivo alla conclusione di ogni ciclo scolastico, rileva che occorre considerare che quanto disposto dal comma 4 non sarà applicabile nel caso di una soluzione di continuità fra la conclusione del percorso di istruzione secondaria di secondo grado e l'avvio del percorso universitario.
  Il comma 5 dispone che, al fine di dare attuazione alle disposizioni recate dal commi da 1 a 4, e in relazione a quanto previsto dall'articolo 15 della legge n. 183 del 2011 in materia di certificati e dichiarazioni sostitutive, le università «possono accedere» in modalità telematica alle informazioni disponibili nell'anagrafe nazionale degli studenti e dei laureati delle università di cui all'articolo 1-bis del decreto-legge 105 del 2003 (L. 170 del 2003). Il medesimo concetto è ribadito dal comma 8, secondo periodo, il quale, però, dispone che all'anagrafe in questione le università «accedono». Rileva che occorre, dunque, disciplinare la questione in termini univoci in un solo comma. Al comma 5, dal punto di vista della formulazione del testo, segnala la necessità di inserire le parole «e successive modificazioni» dopo le parole «11 luglio 2003, n. 170». Il comma 6 dispone che all'attuazione dei commi da 1 a 4 si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Al riguardo, la relazione tecnica all'A.S. 3533 evidenziava che tutte le università già oggi dispongono di sistemi informativi che raccolgono tutte le informazioni relative al curricolo dello studente e sottolinea che l'adeguamento degli stessi sistemi al fine dell'acquisizione del fascicolo, una volta che sia stato definito il necessario standard di interscambio dati, potrà essere effettuato nell'ambito della manutenzione adeguativa normalmente pianificata nell'ambito delle risorse finanziarie già disponibili allo scopo. Il comma 7 riguarda l'accesso alle banche dati dell'INPS da parte delle università. In particolare, novellando l'articolo 5-bis della L. 264 del 1999 – introdotto, come ante evidenziato, dall'articolo 48 del decreto-legge n. 5 del 2012 –, il comma 7 dispone che, al fine di dare attuazione alla previsione di iscrizione telematica all'università e per verificare la veridicità dei titoli autocertificati dagli studenti, le università (che, in base allo stesso articolo 5-bis, possono accedere, come si è visto, all'anagrafe nazionale degli studenti) possono accedere, in modalità telematica e secondo quanto indicato dal Codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005), alle banche dati dell'INPS per la consultazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) e degli altri dati necessari al calcolo dell'indicatore della situazione economica equivalente per l'università (ISEEU). Al riguardo, la relazione illustrativa all'A.S. 3533 evidenziava che la previsione, oltre a semplificare gli adempimenti amministrativi di studenti e famiglie, comporta una riduzione dei costi per le università le quali, Pag. 279per il calcolo, si avvalgono dei CAAF tramite convenzioni che prevedono di norma un costo medio di 10 euro.
  Ricorda che l'ISEEU è un ricalcolo dell'ISEE che tiene conto di alcuni criteri specifici previsti per l'Università dal DPCM 9 aprile 2001, quali redditi e patrimoni dei fratelli o sorelle, calcolati al 50 per cento, considerazione redditi e patrimoni posseduti all'estero, studente con nucleo familiare a sé stante considerato indipendente nel caso si verifichino condizioni specifiche previste dal citato DPCM.
  Ricorda, inoltre, che l'articolo 16 del decreto-legge 5 del 2012 (legge 35 del 2012), al fine di semplificare e razionalizzare lo scambio di dati volto a migliorare il monitoraggio, la programmazione e la gestione delle politiche sociali, ha previsto che gli enti erogatori di interventi e servizi sociali devono inviare all'INPS le informazioni sui beneficiari unitamente a quelle sulle prestazioni concesse. La definizione delle modalità per lo scambio telematico dei dati è stata demandata ad un provvedimento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, al momento, non risulta intervenuto. Il comma 8 dispone, in un'ottica di razionalizzazione nell'impiego delle risorse e al fine di evitare duplicazioni di banche dati contenenti informazioni similari, che le due banche dati già ante citate – cioè, l'anagrafe nazionale degli studenti di cui all'articolo 3 del Decreto legislativo 76 del 2005, e l'anagrafe nazionale degli studenti e dei laureati delle università, di cui all'articolo 1-bis del decreto-legge 105 del 2003 – rappresentano «banche dati a livello nazionale» realizzate dal Ministero dell'istruzione, università e ricerca, alle quali accedono le regioni e gli enti locali, in relazione alle proprie competenze. All'anagrafe degli studenti e dei laureati accedono anche le università (come già indicato nel comma 5, ma lì in termini di «possibilità»). Dispone, inoltre, che l'anagrafe nazionale degli studenti è alimentata anche con i dati relativi agli iscritti alla scuola dell'infanzia. Con riferimento a tale ultima previsione, segnala che essa dovrebbe essere esposta nella forma di novella all'articolo 3 del decreto legislativo 76 del 2005 che, come si è visto, fa riferimento ai dati degli studenti «a partire dal primo anno della scuola primaria». I commi 9 e 10 dispongono in materia di dematerializzazione nella trattazione dei procedimenti che riguardano il rapporto di lavoro del personale della scuola. Al riguardo evidenzia, preliminarmente, che la materia potrebbe essere oggetto del già previsto «Piano per la de materializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, studenti e famiglie», di cui all'articolo 7, comma 27, del decreto-legge n. 95 del 2012 (legge n. 135 del 2012). In particolare, si prevede il ricorso esclusivo, dal 1o marzo 2013, a modalità informatiche e telematiche per i procedimenti inerenti lo stato giuridico ed economico del personale della scuola. Al riguardo si citano esplicitamente la presentazione di domande, lo scambio di documenti, dati e informazioni fra le amministrazioni interessate, incluse le scuole, nonché il «perfezionamento dei provvedimenti conclusivi». Le modalità attuative – per le quali si richiama la clausola di invarianza finanziaria – saranno definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali per quanto concerne le attribuzioni in materia affidate all'INPS, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. La relazione tecnica all'A.S. 3533 evidenziava che il sistema informativo del MIUR comprende già oggi le funzioni occorrenti alla gestione de materializzata di molti dei provvedimenti concernenti lo stato giuridico del personale della scuola. Dunque l'attività prevista rientra tra quelle di normale evoluzione del medesimo sistema informativo.
  Rileva che si potrebbe valutare di esplicitare nel decreto interministeriale i procedimenti per i quali si farà ricorso alle Pag. 280modalità informatiche, sopprimendo dunque, nel comma 9, le parole da «ivi inclusi» fino alla fine del comma. L'articolo 11, commi da 1 a 3 e 4-novies, reca disposizioni in materia di adozione di libri scolastici «in versione digitale» o «mista» – in particolare, fornendo la definizione di «versione mista» – e sopprime il vincolo temporale per le nuove adozioni dei libri di testo (5 anni per la scuola primaria e 6 anni per la scuola secondaria di I e di II grado), previsto dal decreto-legge n. 137 del 2008. Reca, altresì, disposizioni in materia di offerta formativa in situazioni svantaggiate, attraverso nuove modalità di gestione della didattica (istituzione di centri scolastici digitali). Ai libri scolastici sono dedicati i commi 1 e 2. In particolare, il comma 1 novella l'articolo 15 del decreto-legge n. 112 del 2008 (legge 133 del 2008), che, tra l'altro, aveva introdotto l'adozione di libri di testo nelle versioni on line scaricabili da internet e mista, innovandone alcuni aspetti. Il comma 1 in esame, anzitutto, introduce la «versione digitale» del libro di testo, che va a sostituire – testualmente, solo nel secondo periodo del comma 2 del novellato articolo 15 – la «versione on line scaricabile da internet». Si precisa, inoltre, a seguito di una modifica apportata dal Senato, che la versione digitale deve risponde ai requisiti di cui alla legge n. 4 del 2004, in materia di accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici. Al riguardo segnala che le disposizioni della legge 4 del 2004 si applicano già, in base all'articolo 5 della stessa, anche al materiale formativo e didattico utilizzato nelle scuole. Il medesimo comma, inoltre, fornisce una definizione legislativa di «versione mista», in base alla quale – nel testo come modificato dal Senato – la stessa è costituita, alternativamente, da: un testo in formato cartaceo e contenuti digitali integrativi; una combinazione di contenuti digitali e digitali integrativi accessibili o acquistabili in rete anche in modo disgiunto. Per completezza, evidenzio che il testo del decreto-legge prevedeva che la «versione mista» fosse costituita da un testo in formato cartaceo o digitale, nonché da contenuti digitali integrativi, accessibili o acquistabili in rete anche in modo disgiunto. Al riguardo, la relazione illustrativa dell'A.S. 3533 precisava che il «libro misto» consiste di due parti, una «costituita da un testo in formato elettronico o cartaceo, quindi organizzata e strutturata come un libro, cioè con un indice e un'esposizione sequenziale degli argomenti»; l'altra rappresentata da «contenuti digitali», che sono considerati «necessarie e indispensabili integrazioni della prima». Sull'argomento, ricorda che il testo previgente dell'articolo 15 del decreto-legge 112 del 2008 non recava la definizione di «versione mista». In seguito, il già citato decreto ministeriale 8 aprile 2009, n. 41, nel fissare le caratteristiche tecniche dei libri di testo nella versione a stampa e nella versione on line e mista, ha definito libri di testo editi in forma mista quelli «comprendenti una parte a stampa e una parte in formato digitale per l'integrazione o l'eventuale aggiornamento del testo cartaceo con contenuti digitali aggiornabili». La differenza rispetto alla normativa previgente, pertanto, consiste nella circostanza che la versione mista può anche non avere alcuna parte in formato cartaceo, nonché – come evidenziato dal rappresentante del Governo nella seduta della 7a Commissione del Senato del 21 novembre 2012 – «nella peculiarità del digitale, che consente un livello differente di apprendimento rispetto al testo in PDF, meramente riproduttivo del cartaceo».
  Rileva, con riferimento all'ipotesi che la versione mista sia costituita da contenuti digitali e digitali integrativi, che non appare del tutto chiara la differenza con i «libri nella versione digitale». Inoltre, sembrerebbe opportuno chiarire se la possibilità di accedere o acquistare in rete anche in modo disgiunto i contenuti digitali integrativi valga solo – come letteralmente risulta dal testo modificato dal Senato – nel caso della combinazione di contenuti digitali e contenuti digitali integrativi, e non anche nel caso di contenuti cartacei e contenuti digitali integrativi. In particolare, la lettera a) del comma 1 – che novella l'articolo 15, comma 2, limitatamente Pag. 281al secondo periodo, del decreto-legge 112 del 2008 – stabilisce, nel testo come modificato dal Senato, che, a decorrere dall'anno scolastico 2014-2015, il collegio dei docenti adotta esclusivamente libri nella versione digitale o mista, progressivamente a partire dalle classi prima e quarta della scuola primaria, dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado e dalla prima e terza classe della scuola secondaria di secondo grado. Dal punto di vista del coordinamento con la normativa vigente, segnala la necessità di coordinare il contenuto del novellato secondo periodo del comma 2 dell'articolo 15 del decreto-legge 112 del 2008 – nella parte in cui la «versione digitale» va a sostituire quella «on line scaricabile da internet» – con quanto disposto dal comma 1, ultimo periodo, e dal comma 2, primo periodo, dello stesso articolo 15. Dal punto di vista della formulazione del testo, segnala che l'espressione «per l'anno scolastico 2014-2015 e successivi» deve essere sostituita con l'espressione «a decorrere dall'anno scolastico 2014-2015». Ulteriori modifiche riguardano il comma 3 dell'articolo 15 del decreto-legge 112 del 2008 che demanda ad un decreto ministeriale la definizione di alcuni aspetti. In particolare (comma 1, lettera b), punti 1 e 2), con riguardo alla definizione delle caratteristiche tecniche dei libri, si fa riferimento – quale conseguenza delle variazioni riferite al comma 2 dell'articolo 15 del decreto-legge 112 del 2008 – non più alla «versione a stampa», ma alla «versione cartacea», e non più alla versione «on line» ma alla «versione digitale». Inoltre: per la «versione cartacea» – che, comunque, continua a sussistere solo nella «versione mista» – si specifica che la determinazione delle caratteristiche tecniche (già finalizzata anche ad assicurarne il contenimento del peso) tiene conto dei contenuti digitali integrativi; per la «versione digitale» si specifica che la determinazione delle caratteristiche tecniche è finalizzata anche a realizzare una effettiva integrazione tra la «versione digitale» e gli stessi contenuti digitali integrativi. Con riguardo alle caratteristiche tecniche dei contenuti digitali il rappresentante del Governo – nella citata seduta della 7a Commissione del Senato – ha precisato che i contenuti digitali «non rappresentano più semplicemente la riproduzione dei testi in formato PDF ma hanno una diversità intrinseca data fra l'altro dalla interattività». Per quanto concerne il prezzo dei libri nella scuola primaria e i tetti di spesa dell'intera dotazione libraria necessaria (la specifica sulla necessità è stata inserita durante l'esame al Senato, attraverso l'inserimento nell'articolo 11 del comma 4-novies, e potrebbe volersi riferire alla distinzione fra testi di cui obbligatoriamente gli studenti devono disporre e testi consigliati) per ciascun anno della scuola secondaria di primo e di secondo grado, il comma 1, lettera b), punto 3, specifica che la relativa determinazione tiene conto della riduzione dei costi derivanti dal passaggio al digitale e dei supporti tecnologici di cui al comma 3-ter. Sull'argomento, la relazione illustrativa dell'A.S. 3533 evidenziava che i decreti ministeriali chiariranno che il testo in formato cartaceo avrà una foliazione ridotta rispetto all'attuale – perché affronterà «gli argomenti del concetti essenziali delle varie discipline, lasciando ai contenuti digitali integrativi il compito di arricchimento, verifica e approfondimento dell'apprendimento» e che, pertanto, i tetti di spesa per l'adozione del libro misto risulteranno conseguentemente più contenuti. In particolare, si stima che il costo del libro misto si ridurrà di circa il 40 per cento. Infatti, riducendo la foliazione si riducono anche proporzionalmente i costi della carta e della distribuzione». La stessa relazione evidenziava che l'operazione di riduzione del costo del libro misto «permette di conseguenza un abbassamento anche dei tetti di spesa in una misura tale da permettere sia un risparmio per le famiglie che l'investimento degli editori sulla produzione dei contenuti digitali: la percentuale di riduzione dei tetti di spesa si può stimare pari al 20 per cento». Infine, la relazione esplicitava che con decreti ministeriali «saranno definiti: le caratteristiche del libro misto, i tetti di spesa che riguarderanno tale soluzione e i massimali di spesa per la parte “in Pag. 282formato cartaceo o elettronico” e per la parte integrativa dei “contenuti digitali” nonché per la parte relativa alla eventuale fornitura dei supporti per gli studenti». Con riferimento ai supporti informatici, il rappresentante del Governo, nella citata seduta della 7a Commissione del Senato, ha chiarito che «l'obiettivo è di ricomprendere nel tetto di spesa anche l'acquisto di tali strumenti, eventualmente mediante forme di leasing».
  Alla luce di quanto esposto, riterrebbe opportuno che si valutasse la possibilità di sostituire le parole «passaggio al digitale e dei supporti tecnologici», con le parole «passaggio al digitale e della spesa per i supporti tecnologici». Infine, il comma 1, lettera b), punto 3-bis, introdotto dal Senato, prevede che il medesimo decreto ministeriale determina, altresì, i criteri per ottimizzare l’«integrazione tra libri in versione digitale, mista e cartacea», tenuto conto delle specifiche esigenze didattiche. Al riguardo, tuttavia, rileva che sembrerebbe opportuno un chiarimento, dal momento che le disposizioni introdotte dal provvedimento non prevedono, a regime, la sussistenza di libri in «versione cartacea», se non quale parte della «versione mista». In materia interviene, altresì, il comma 1, lettera c), che, introducendo i commi 3-bis e 3-ter nel già citato articolo 15 del decreto-legge 112 del 2008, dispone che gli oneri relativi ai contenuti digitali (assicurati dalle scuole), nonché quelli relativi ai supporti tecnologici necessari alla fruizione degli stessi (anch'essi assicurati dalle scuole su richiesta delle famiglie) sono a carico delle stesse famiglie, entro il limite definito dal decreto ministeriale di cui al comma 3. Al riguardo, la relazione tecnica all'A.S. 3533 chiariva che la scuola deve acquistare i contenuti digitali integrativi, con oneri a carico delle famiglie. È, inoltre, previsto – terzo periodo della lettera a) del comma 1, nel testo come modificato al Senato – che, per le scuole statali, la delibera del collegio dei docenti relativa all'adozione della dotazione libraria è soggetta, «limitatamente alla verifica del tetto di spesa di cui al comma 3-bis», al controllo successivo di regolarità amministrativa e contabile previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo 123 del 2011 (comma 1, lettera a)). Segnala, peraltro, che la relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato fa ancora riferimento al controllo preventivo previsto dal testo del decreto-legge. Al riguardo, ricorda che, attualmente, il controllo e il monitoraggio dei tetti di spesa, previsti dalla normativa vigente, per le scuole secondarie di primo e secondo grado, fa capo agli Uffici centrali e regionali del Ministero. L'articolo 11 del decreto legislativo 123 del 2011 ha disposto che sono assoggettati al controllo successivo di regolarità amministrativa e contabile i seguenti atti: rendiconti amministrativi relativi alle aperture di credito alimentate con fondi di provenienza statale resi dai funzionari delegati titolari di contabilità ordinaria e speciale; rendiconti amministrativi resi dai commissari delegati titolari di contabilità speciale appositamente aperta in occasione di eventi eccezionali e imprevedibili (articolo 5, comma 5-bis, della legge n. 225 del 1992), nonché da ogni altro soggetto gestore, comunque denominato; rendiconti amministrativi afferenti a un'unica contabilità speciale alimentata con fondi di provenienza statale e non statale per la realizzazione di accordi di programma; ogni altro rendiconto previsto da specifiche disposizioni di legge; conti giudiziali. Sotto il profilo sostanziale, rileva che sembrerebbe necessario coordinare la previsione secondo cui gli oneri sono a carico delle famiglie – seppure nei limiti fissati con decreto ministeriale), con quella recata dal secondo periodo del comma 1 dell'articolo 15 del decreto-legge 112 del 2008 – che non viene modificato – in base alla quale «gli studenti accedono ai testi disponibili tramite internet, gratuitamente o dietro pagamento a seconda dei casi previsti dalla normativa vigente», nonché con l'articolo 156, comma 1, del decreto legislativo 297 del 1994, in materia di fornitura gratuita dei libri di testo agli alunni delle «scuole elementari». Per quanto concerne la sottoposizione della delibera del collegio Pag. 283dei docenti al controllo successivo da parte degli uffici del MIUR – anziché di quello preventivo stabilito nel testo originario – osservo che ciò sembra presentare profili problematici, atteso che mentre il controllo preventivo inibisce, qualora l'organo di controllo ne ravvisi i presupposti, l'efficacia dell'atto, quello successivo si sostanzia prevalentemente in sanzioni a carico del responsabile. È questo il caso del controllo previsto dagli articolo 11 e seguenti del decreto legislativo 123 del 2011, nei quali si dispone, in particolare all'articolo 14, che qualora il responsabile dell'atto non ottemperi alle osservazioni rese dall'Ufficio di controllo, quest'ultimo debba informarne la Corte dei conti, con le eventuali responsabilità amministrativo-contabili e disciplinari, anche alla fine della corresponsione dei compensi accessori legati alla produttività. Tali procedure appaiono, ad un primo esame, presentare problemi applicativi rispetto alla fattispecie costituita dalla delibera in questione. Con riguardo alla formulazione del testo, infine, il riferimento corretto sembrerebbe essere al comma 3, lettera c) – laddove è contenuta la locuzione «tetto di spesa» contenuta nel terzo periodo in commento – e non al (nuovo) comma 3-bis dell'articolo 15 del decreto-legge 112 del 2008 (il quale al medesimo comma 3 rinvia), a meno che con il terzo periodo medesimo si intenda riferirsi al «limite» di spesa per le famiglie previsto dal comma 3-bis. Il comma 2 dispone l'abrogazione, dal 1o settembre 2013, dell'articolo 5 del decreto-legge 137 del 2008 (L. 169 del 2008), che ha introdotto vincoli temporali nella disciplina di adozione dei libri di testo, in particolare prescrivendo l'adozione ogni 5 anni per la scuola primaria e ogni 6 anni per la scuola secondaria di I e di II grado, salva la ricorrenza di specifiche e motivate esigenze, connesse, tra l'altro, con la «scelta di testi in formato misto o scaricabili da internet». La relazione illustrativa all'A.S. 3533 evidenziava, al riguardo, che la finalità è quella di incoraggiare la produzione e la diffusione di contenuti digitali, anche considerando il fatto che «detti contenuti sono, per loro natura, soggetti a rapida obsolescenza e quindi non è opportuno che la loro adozione sia ristretta in vincoli temporali stringenti». Poiché le adozioni dei libri di testo si svolgono, di norma, entro il primo semestre dell'anno scolastico precedente, rileva che l'abrogazione disposta «dal 1o settembre 2013» dovrebbe riguardare le adozioni riferite all'a.s. 2014 del 2015. Al riguardo, occorre valutare l'opportunità di un chiarimento. Dal punto di vista della formulazione del testo, dopo le parole «legge 30 ottobre 2008, n. 169», occorre aggiungere le parole «e successive modificazioni». Il comma 3 – modificato dal Senato – novella il decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 che, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 112 del 2008 (legge 133 del 2008), ha disciplinato la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola. In particolare, la novella riguarda l'articolo 8 del provvedimento, che dispone che nelle scuole funzionanti nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle zone abitate da minoranze linguistiche, nelle aree a rischio di devianza minorile o caratterizzate dalla rilevante presenza di alunni con particolari difficoltà di apprendimento e di scolarizzazione, possono essere costituite classi uniche per anno di corso e indirizzo di studi con numero di alunni inferiore a quello minimo stabilito dagli articoli 10 (per la scuola primaria), 11 (per la scuola secondaria di primo grado) e 16 (per le classi iniziali della scuola secondaria di secondo grado). Con l'aggiunta del comma 1-bis nell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 81 del 2009, si dispone ora che nelle stesse realtà nelle quali, ai sensi del comma 1, è possibile costituire classi uniche, le regioni e gli enti locali interessati stipulano – con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente – convenzioni con il MIUR per l'istituzione di centri scolastici digitali collegati funzionalmente alle istituzioni scolastiche di riferimento, attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie. La previsione è finalizzata a migliorare la qualità dei servizi agli studenti e a garantire Pag. 284«una maggiore socializzazione delle comunità di scuole». La relazione tecnica all'A.S. 3533 evidenziava che la norma «potrebbe consentire riduzioni della spesa di personale, che a fini prudenziali non è stimata nella relazione tecnica e potrà invece essere verificata a consuntivo».
  Segnala, peraltro, che la relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato fa ancora riferimento alla possibilità di stipulare convenzioni, prevista dal decreto-legge. Sembrerebbe, dunque, che tale previsione si aggiunga alla deroga già prevista dall'articolo 8, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 81 del 2009, con riferimento alle situazioni più svantaggiate nell'ambito delle realtà indicate. Con l'intervento normativo in esame si rilegifica parzialmente in materia già delegificata ai sensi dell'articolo 64 del decreto-legge 112 del 2008. Al riguardo ricorda, peraltro, che il paragrafo 3, lettera e), della Lettera circolare dei Presidenti delle Camere sulle regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi, del 20 aprile 2001, dispone che «Non si ricorre all'atto legislativo per apportare modifiche frammentarie ad atti non aventi forza di legge, al fine di evitare che questi ultimi presentino un diverso grado di “resistenza” ad interventi modificativi successivi». Andrebbe, in ogni caso, valutata l'opportunità di demandare ad un atto normativo secondario la definizione uniforme delle modalità applicative delle nuove disposizioni. Il comma 4 dell'articolo 11, modificato nel corso dell'esame al Senato, stabilisce che il MIUR, le regioni e i competenti enti locali, avviano iniziative di rigenerazione integrata del patrimonio immobiliare scolastico, anche attraverso la realizzazione di nuovi complessi scolastici, e promuovono, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, iniziative finalizzate, tra l'altro, alla costituzione di società, consorzi o fondi immobiliari.
  I commi da 4-bis a 4-octies, inseriti nel corso dell'esame al Senato, dispongono in ordine alla predisposizione e all'approvazione di appositi piani triennali in materia di edilizia scolastica e all'istituzione di un Fondo unico per l'edilizia scolastica. Segnala che nella rubrica dell'articolo 11 non è presente alcun riferimento alle tematiche trattate nei predetti commi. In dettaglio, il comma 4 dell'articolo 11 novella il comma 2 dell'articolo 53 del decreto-legge 5 del 2012, sostituendone la lettera a). Al riguardo, ricorda che l'articolo 53 del decreto-legge 5 del 2012 aveva disposto l'approvazione da parte del CIPE, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa nell'ambito della Conferenza unificata, di un Piano nazionale di edilizia scolastica, sulla base delle indicazioni fornite da regioni ed enti locali, tenendo conto delle disposizioni recate dalla legge n. 23 del 1996. Il comma 1 dell'articolo 53, in particolare, disponeva che la proposta di Piano fosse trasmessa alla Conferenza unificata entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto e che il Piano fosse approvato entro i successivi 60 giorni. Ai sensi del comma 2 dello stesso articolo 53, il Piano ha ad oggetto la realizzazione di interventi di ammodernamento e recupero del patrimonio scolastico esistente, anche ai fini della messa in sicurezza degli edifici, e di costruzione e completamento di nuovi edifici scolastici, da realizzare, in un'ottica di razionalizzazione e contenimento delle spese correnti di funzionamento, nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti, favorendo il coinvolgimento di capitali pubblici e privati anche attraverso una serie di interventi elencati nelle lettere da a) a d-bis) del medesimo comma. In particolare la lettera a), nel testo previgente, riguarda la ricognizione del patrimonio immobiliare pubblico, costituito da aree ed edifici non più utilizzati, che possano essere destinati alla realizzazione degli interventi previsti dall'articolo 53, sulla base di accordi tra il Ministero dell'istruzione, l'Agenzia del demanio, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero della difesa in Pag. 285caso di aree ed edifici non più utilizzati a fini militari, le regioni e gli enti locali.
  La nuova lettera a) stabilisce che il MIUR, le regioni e i competenti enti locali avviano iniziative di rigenerazione integrata del patrimonio immobiliare scolastico, anche attraverso la realizzazione di nuovi complessi scolastici, e promuovono d'intesa, con il Ministero dell'economia e delle finanze, iniziative finalizzate, tra l'altro, alla costituzione di società, consorzi o fondi immobiliari, anche ai sensi degli articoli 33 e 33-bis del decreto-legge 98 del 2011 (legge n. 111 del 2011). Nel corso dell'esame al Senato è stata specificata la finalità della norma, che è volta a garantire edifici scolastici, sicuri, sostenibili e accoglienti (finalità, peraltro, già sostanzialmente presenti nel testo dell'articolo 53 del decreto-legge 5 del 2012). La relazione illustrativa al disegno di legge A.S. 3533 sottolineava che la disposizione proposta snellisce la procedura prevista per l'utilizzo delle risorse da destinare alla riqualificazione del patrimonio immobiliare scolastico – piani CIPE – e prevede la promozione di strumenti finanziari quali i fondi immobiliari territoriali. L'articolo 33 del decreto-legge n. 98 del 2011 istituisce una Società di gestione del risparmio (SGR), con un capitale non superiore a 2 milioni di euro interamente posseduto dal Ministero dell'economia e delle finanze, con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari chiusi promossi o partecipati da regioni, provincie, comuni anche in forma consorziata o associata, ed altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti, al fine di valorizzare o dismettere il proprio patrimonio immobiliare disponibile. L'articolo 33-bis del citato decreto-legge prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze – Agenzia del demanio promuova iniziative idonee per la costituzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di società, consorzi o fondi immobiliari per la valorizzazione, trasformazione, gestione e alienazione del patrimonio immobiliare pubblico di proprietà dei comuni, province, città metropolitane, regioni, Stato e degli enti vigilati dagli stessi, nonché dei diritti reali relativi ai beni immobili, anche demaniali. I predetti strumenti societari o finanziari possono essere oggetto di conferimento o di apporto da parte delle amministrazioni proprietarie di immobili destinati ad uso scolastico e di immobili complementari ai progetti di rigenerazione, in coerenza con le destinazioni individuate negli strumenti urbanistici. Per tale finalità sono utilizzate le risorse del fondo istituito dall'articolo 33, comma 8, della legge di stabilità 2012 e destinate al MIUR per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, nonché le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui all'articolo 33, comma 3, della medesima legge, già destinate con delibera CIPE del 20 gennaio 2012 alla costruzione di nuove scuole. La legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012), all'articolo 33, comma 8, prevede l'istituzione per l'anno 2012 di un apposito fondo con una dotazione di 750 milioni di euro, destinato, tra l'altro, quanto a 100 milioni di euro al MIUR per la messa in sicurezza degli edifici scolastici. La ripartizione del citato fondo è operata dal Ministro dell'economia e delle finanze. Il comma 3 del medesimo articolo 33 assegna al Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) una dotazione finanziaria di 2.800 milioni per l'anno 2015 per il periodo di programmazione 2014-2020, da destinare prioritariamente alla prosecuzione di interventi indifferibili infrastrutturali, nonché per la messa in sicurezza di edifici scolastici, per l'edilizia sanitaria, per il dissesto idrogeologico e per interventi a favore delle imprese. La relazione tecnica all'A.S. 3533 evidenziava che le risorse sono state destinate con delibera CIPE 20 gennaio 2012 alla costruzione di nuove scuole; e considerato che l'articolo 5, comma 1-bis, del decreto-legge n. 74 del 2012 ha destinato il 60 per cento delle predette risorse alla ripresa delle attività scolastiche nelle aree interessate dal sisma del 20 maggio 2012, le risorse disponibili ammonterebbero complessivamente a 80 milioni di euro, di cui i 40 milioni relativi al FSC soggiacciono al vincolo di destinazione territoriale dell'85 per cento nelle Pag. 286regioni del Mezzogiorno. Per favorire il contenimento dei consumi energetici del patrimonio scolastico e, ove possibile, la contestuale messa a norma dello stesso, gli enti locali, proprietari di immobili scolastici, possono ricorrere, ai fini del contenimento della spesa pubblica, ai contratti di servizio energia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, da stipulare senza oneri a carico dell'ente locale in conformità alle previsioni di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, anche nelle forme dei contratti di partenariato pubblico-privato.
  Segnala che l'articolo 14 del decreto-legge 52 del 2012 ha già introdotto un principio generale a carico delle amministrazioni pubbliche (comprese le scuole e gli enti locali), che dovranno adottare – entro il 9 maggio 2014 – misure per il contenimento dei consumi di energia e per rendere più efficienti gli usi finali di energia. Ciò deve avvenire sulla base delle indicazioni fornite dall'Agenzia del demanio e anche attraverso il ricorso ai contratti di servizio energia – di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993 e al decreto legislativo n. 115 del 2008 – e ai contratti di partenariato pubblico privato (PPP). I commi da 4-bis a 4-septies, inseriti nel corso dell'esame al Senato, recano una disciplina finalizzata alla predisposizione e all'approvazione di appositi piani triennali di interventi di edilizia scolastica, nonché dei relativi finanziamenti. In particolare, il comma 4-bis prevede che con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con la Conferenza unificata, sono definiti le priorità strategiche, le modalità e i termini per l'approvazione dei predetti piani che saranno articolati per ciascuna annualità al fine di consentire il regolare svolgimento del servizio scolastico in ambienti adeguati e sicuri. Per l'inserimento in tali piani, il comma 4-ter prevede che gli enti locali proprietari degli immobili adibiti all'uso scolastico presentano un'apposita richiesta alle rispettive regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano secondo quanto disposto dal decreto ministeriale previsto dal comma precedente. Ciascuna regione o provincia autonoma deve trasmettere al Ministero dell'istruzione il piano di interventi sulla base delle richieste pervenute da parte degli enti locali avuto riguardo alla programmazione dell'offerta formativa e alla corrispondenza con quanto indicato nel sopra citato decreto (comma 4-quater). I piani regionali devono essere trasmessi al Ministero nei termini indicati dal decreto ministeriale, pena la decadenza dai finanziamenti assegnabili nell'arco del triennio. Il MIUR è tenuto a verificare i piani trasmessi dalle regioni e dalle province autonome e, in assenza di osservazioni da formulare, comunica l'avvenuta approvazione alle regioni affinché siano pubblicati, nei successivi trenta giorni, sui rispettivi bollettini ufficiali regionali (comma 4-quinquies). Il comma 4-septies prevede che, nell'assegnazione delle risorse, si tiene conto della capacità di spesa degli enti locali nell'utilizzo delle risorse assegnate nell'annualità precedente, «premiando» le regioni «virtuose» con l'attribuzione di una quota non superiore al venti per cento, aggiuntiva rispetto all'entità di risorse spettanti in sede di riparto. Al riguardo, riterrebbe necessario chiarire il raccordo tra le nuove previsioni e quelle recate, in materia, dalla legge n. 23 del 1996. Ricorda, infatti, che, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, della legge n. 23 del 1996, la programmazione dell'edilizia scolastica si realizza mediante piani generali triennali e piani annuali di attuazione predisposti e approvati dalle regioni, sentiti gli uffici scolastici regionali, sulla base delle proposte formulate dagli enti territoriali competenti sentiti gli uffici scolastici provinciali, che all'uopo adottano le procedure consultive dei consigli scolastici distrettuali e provinciali. I commi 3 e 4 disciplinano la procedura per l'emanazione del piano triennale, prevedendo che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge il Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, fissa gli indirizzi volti ad assicurare il coordinamento degli interventi ai fini Pag. 287della programmazione scolastica nazionale e stabilisce i criteri per la ripartizione dei fondi fra le regioni. Le regioni trasmettono quindi al Ministro i piani generali triennali. Inoltre, entro la stessa data, esse approvano i piani annuali relativi al triennio. In caso di difformità dei piani generali rispetto agli indirizzi della programmazione scolastica nazionale, il Ministro invita le regioni a modificare opportunamente i rispettivi piani generali. Ai sensi del comma 8, i piani generali triennali successivi al primo sono formulati dalle regioni entro 90 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che reca l'indicazione delle somme disponibili. Nella ripartizione dei fondi fra le regioni si tiene conto, oltre che dei criteri di cui al comma 3, anche dello stato di attuazione dei piani precedenti. L'articolo 7 prevede, poi, che per la programmazione delle opere di edilizia scolastica le regioni e gli enti locali interessati possono avvalersi dei dati dell'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica. Il comma 4-sexies prevede l'istituzione, a decorrere dall'esercizio finanziario 2013, di un Fondo unico per l'edilizia scolastica nello stato di previsione del MIUR, in cui confluiscono tutte le risorse iscritte nel bilancio dello Stato destinate a finanziare interventi di edilizia scolastica, per le finalità di cui ai già esposti commi da 4-bis a 4-quinquies in materia di interventi di edilizia scolastica. Nella normativa vigente sono state stanziate risorse per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, che, nell'ultimo decennio, sono riconducibili alle risorse individuate nell'ambito del Programma delle infrastrutture strategiche (legge 443 del 2001), alla programmazione dell'edilizia scolastica prevista dalla legge 23 del 1996, e ad ulteriori interventi finalizzati all'adeguamento antisismico delle strutture scolastiche, avviato con la legge finanziaria 2008 (legge 244 del 2007).
  Segnala, infine, che il sopra citato articolo 53 del decreto-legge 5 del 2012 ha previsto che, nelle more dell'approvazione del Piano nazionale di edilizia scolastica di cui si è già detto, il CIPE approvasse un «Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici». Per le finalità di tale ultimo piano sono stati assegnati 100 milioni di euro a valere sulle risorse di cui all'articolo 33, comma 8, della legge 183 del 2011. Inoltre, come già ante evidenziato, l'articolo 33, comma 3, della medesima legge 183 del 2012 ha assegnato al Fondo per lo sviluppo e la coesione una dotazione finanziaria di 2.800 milioni per l'anno 2015 per il periodo di programmazione 2014-2020, da destinare prioritariamente alla prosecuzione di interventi indifferibili infrastrutturali, nonché per la messa in sicurezza di edifici scolastici. L'assegnazione delle risorse è avvenuta con la delibera CIPE n. 6 del 2012 che, alla tabella 5, reca gli ulteriori interventi prioritari in ragione della loro indifferibilità ai sensi del predetto articolo tra i quali figurano 100 milioni di euro per la costruzione di nuovi edifici scolastici e 259 milioni di euro per interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici medesimi. Il comma 4-octies, inserito nel corso dell'esame al Senato, dispone che, per gli edifici scolastici di nuova edificazione, l'infrastruttura di rete internet sia compresa tra le opere edilizie necessarie da parte degli enti locali responsabili dell'edilizia scolastica. L'articolo 33, comma 4-ter, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede che, a garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti, le università possono rilasciare delegazione di pagamento a valere sulle entrate proprie e da trasferimenti, ovvero sui corrispondenti proventi risultanti dal conto economico. A tal fine, l'atto di delegazione, non soggetto ad accettazione, è notificato al tesoriere da parte delle università e costituisce titolo esecutivo. Con il comma in esame si estende alle università, con disciplina sostanzialmente analoga, il particolare meccanismo di garanzia già vigente nel nostro ordinamento con riferimento ai contratti di finanziamento a favore degli enti territoriali. In particolare, il rilascio della delegazione di pagamento quale forma di garanzia per il pagamento delle rate di ammortamento di Pag. 288mutui e prestiti è disciplinato dall'articolo 206 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL), di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, nell'ambito del CAPO III, denominato Garanzie per mutui e prestiti. L'articolo 206 del TUEL prevede che, quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti, gli enti locali possono rilasciare delegazione di pagamento a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio annuale (entrate correnti). L'atto di delega, non soggetto ad accettazione, è notificato al tesoriere da parte dell'ente locale e costituisce titolo esecutivo. In sostanza, in forza di tale disposizione, l'ente (delegante) ordina al proprio tesoriere (delegato) di costituire una provvista destinata al soddisfacimento del debito assistito dalla delegazione, alimentata mediante accantonamenti sulle entrate dell'ente afferenti i primi tre titoli del bilancio annuale (vale a dire su entrate tributarie, extratributarie e da trasferimenti). Tale sistema di garanzia, così come previsto dall'articolo 220 del TUEL, prevede che «a seguito della notifica degli atti di delegazione di pagamento di cui all'articolo 206 il tesoriere è tenuto a versare l'importo dovuto ai creditori alle scadenze prescritte, con comminatoria dell'indennità di mora in caso di ritardato pagamento». Si tratta, in pratica, di un vincolo di destinazione che implica che le somme derivanti dall'entrata oggetto di delegazione di pagamento non possano essere destinate dall'ente che al pagamento delle rate di ammortamento del mutuo. Il sistema della delegazione di pagamento si sostanzia, dunque, nella concessione, da parte dell'ente pubblico ai soggetti finanziatori, di un titolo giuridico esecutivo per la soddisfazione del proprio credito, il quale, peraltro, prevede procedure più snelle per il pagamento delle rate di ammortamento. L'utilizzo di tale istituto, valevole anche in caso di dissesto, di fatto, azzera il rischio di insoluto per le banche.
  In considerazione di quanto sopra detto, l'ultimo periodo del comma dispone che le somme di competenza delle università destinate al pagamento delle rate in scadenza dei mutui e dei prestiti non possono essere comprese nell'ambito di procedure cautelari, di esecuzione forzata e concorsuali, anche straordinarie, e non possono essere oggetto di compensazione, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio dal giudice. Il comma 4-bis mantiene inoltre fermo il rispetto del limite massimo alle spese di indebitamento, secondo quanto disposto dagli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 29 marzo 2009, n. 49. Ricorda, con riferimento all'indebitamento delle università, che l'articolo 6 del decreto legislativo n. 49 del 2012 – che, in attuazione della delega prevista dall'articolo 5 della legge n. 240 del 2010, reca la disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e reclutamento degli atenei – stabilisce, preliminarmente, che le università statali possono contrarre mutui ed altre forme di indebitamento esclusivamente per finanziare le spese di investimento, come definite dall'articolo 3, comma 18, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004). Il limite massimo alle spese per l'indebitamento è fissato nella misura del 15 per cento dell'indicatore di indebitamento degli atenei. Tale indicatore è calcolato rapportando l'onere complessivo di ammortamento annuo – computato al netto dei relativi contributi statali per investimento ed edilizia – alla «somma algebrica» dei contributi statali per il funzionamento e delle tasse, soprattasse e contributi universitari (rispettivamente, assegnati o riscossi nell'anno di riferimento), al netto delle spese di personale e delle spese per fitti passivi. L'indicatore di indebitamento è calcolato annualmente dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con riferimento ai dati relativi all'esercizio finanziario precedente e, entro il mese di marzo di ogni anno, ne comunica gli esiti alle università ed al Ministero dell'economia e delle finanze. Al fine di assicurare il rispetto dei suddetti limiti, l'articolo 7 del decreto legislativo n. 49 del 2012 prevede che gli atenei, che presentano un valore dell'indicatore per spese di indebitamento pari o superiore al 15 per cento non possono contrarre nuovi mutui e altre forme di indebitamento con oneri a carico del proprio Pag. 289bilancio. Se il valore dell'indicatore è superiore al 10 per cento, gli atenei possono contrarre ulteriori forme di indebitamento a carico del proprio bilancio, ma solo subordinatamente all'approvazione del bilancio unico d'ateneo di esercizio e alla predisposizione di un piano di sostenibilità finanziaria. L'articolo 33-sexies, introdotto durante l'esame al Senato, autorizza, per l'anno 2013, la spesa di 10 milioni di euro per le finalità di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 194 del 2009 (legge 25 del 2010). Si tratta, sostanzialmente, della proroga, per un ulteriore anno, della convenzione stipulata tra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione S.p.A., titolare dell'emittente Radio radicale, per la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari.
  Ricorda che la predetta convenzione è stata stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 224 del 1998. Tale disposizione, confermando lo strumento della convenzione da stipulare a seguito di gara pubblica, i cui criteri dovevano essere definiti nel quadro dell'approvazione della riforma generale del sistema delle comunicazioni, ha disposto, in via transitoria, il rinnovo per un triennio, con decorrenza 21 novembre 1997, della convenzione a suo tempo stipulata tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro servizi Spa, per la trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari, quantificando un onere annuo di 11,5 miliardi di lire. Le successive proroghe sono state autorizzate e finanziate, prima per trienni di spesa, poi per singole annualità, con leggi finanziarie, ovvero con i c.d. decreti «proroga termini». In particolare, con riferimento all'ultimo periodo: per ciascuno degli anni 2010 e il 2011, il citato decreto-legge n. 194 del 2009, all'articolo 2, comma 3, ha stanziato 9,9 milioni di euro, esplicitamente per la proroga della convenzione; per il 2012, l'articolo 33, comma 38, della legge di stabilità 2012 (legge 183 del 2011) ha sostanzialmente prorogato di un ulteriore anno la disposizione del richiamato articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 194, stabilendo, per le finalità previste dalla stessa, un'autorizzazione di spesa di 3 milioni. Successivamente, l'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 216 del 2011 (legge 14 del 2012), al fine esplicito di consentire la proroga per tutto lo stesso anno della predetta convenzione, ha autorizzato la spesa di 7 milioni di euro. Dunque, la complessiva autorizzazione di spesa per il 2012 è stata di 10 milioni di euro. Dal punto di vista della formulazione del testo, rileva che sembrerebbe opportuno utilizzare la seguente formulazione, analoga – mutatis mutandis – a quella recata dall'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 194 del 2009: «È autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2013 per la proroga della convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione S.p.a., stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224». Non appare, infatti, corretto il richiamo delle finalità dell'articolo 2, comma 3, dello stesso decreto-legge 194 del 2009, poiché esso riguarda la proroga della convenzione fino al 31 dicembre 2011. L'articolo 34, comma 34, dispone, dal 2013, il versamento all'entrata del bilancio dello Stato, per la riassegnazione al Mibac, degli introiti derivanti dalla vendita dei biglietti relativi ad alcuni luoghi della cultura. In particolare, dispone che gli introiti derivanti dalla vendita dei biglietti d'ingresso al sistema museale dedicato a Giuseppe Garibaldi, sito nell'isola di Caprera – comprendente il Museo del compendio garibaldino e il memoriale custodito nell'ex forte Arbuticci –, nonché quelli derivanti dalla vendita dei biglietti degli ascensori esterni panoramici del Monumento a Vittorio Emanuele II in Roma, a decorrere dall'anno 2013 sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati allo stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali: lo scopo è quello di assicurare la gestione, la manutenzione e il restauro conservativo del sistema museale e del monumento indicati, per la migliore valorizzazione e fruizione degli stessi. Si tratta, sostanzialmente, di una deroga alle limitazioni alla riassegnazione delle somme derivanti dagli ingressi nella generalità dei luoghi della cultura – regolata, Pag. 290in primis, dall'articolo 110 del Codice dei beni culturali e del paesaggio –, recate dall'articolo 2, commi 615-617, della legge finanziaria 2008. L'articolo 110 del citato codice prevede – nei casi di gestione diretta delle attività di valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica – che tali somme sono versate alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato. Il Ministro dell'economia e delle finanze riassegna le somme incassate alle competenti unità previsionali di base dello stato di previsione della spesa del MIBAC, secondo i criteri e nella misura fissati dal Ministero medesimo. Le somme sono destinate alla realizzazione di interventi per la sicurezza e la conservazione dei luoghi medesimi, nonché all'espropriazione e all'acquisto di beni culturali, anche mediante esercizio della prelazione. In materia, inoltre, l'articolo 2 del decreto ministeriale 11 dicembre 1997, n. 507 – come modificato dal decreto ministeriale 28 settembre 2005, n. 222, emanato successivamente all'entrata in vigore del Codice – dispone, fra l'altro, che il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici può affidare in concessione, mediante convenzioni con soggetti pubblici o privati, i servizi di biglietteria. Le convenzioni stabiliscono il versamento da parte del concessionario – entro un termine comunque non superiore a 30 giorni – di una parte degli incassi ricavati dalla vendita dei biglietti non inferiore al 70 per cento degli incassi medesimi. Il compenso spettante al concessionario non può essere superiore al 30 per cento degli incassi ed è definito mediante parametri che tengono conto dell'ammontare complessivo degli incassi dell'anno precedente, dei costi di gestione dei servizi e degli interventi proposti dal concessionario per il miglioramento dei servizi medesimi e per l'attivazione o l'implementazione di strumenti informatici e telematici. Successivamente, peraltro, l'articolo 2, comma 615-617, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) ha disposto, a decorrere dal 2008, il divieto di riassegnazione delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi, tra gli altri, dell'articolo 110 del decreto legislativo 42 del 2004. In relazione a ciò, è stata prevista l'istituzione, nello stato di previsione di ciascun ministero interessato al divieto, di appositi Fondi da ripartire, la cui dotazione è stata determinata nella misura del 50 per cento dei versamenti riassegnabili nel 2006 ai pertinenti capitoli dell'entrata del bilancio dello Stato. È stato, altresì, previsto che tale dotazione è rideterminata annualmente, in base all'andamento dei versamenti riassegnabili effettuati entro il 31 dicembre dei due esercizi precedenti, in modo da assicurare in ciascun anno un risparmio in termini di indebitamento netto pari a 300 milioni di euro. L'utilizzazione dei fondi è effettuata dal Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, in considerazione dell'andamento delle entrate versate. Alla copertura delle minori entrate derivanti dalla previsione introdotta per i due luoghi della cultura indicati, per un onere pari a 1.770.000 euro annui a decorrere dal 2013, si provvede ai sensi dell'articolo 38.
  Al riguardo, evidenzia, preliminarmente, che il comma 3 dell'articolo 38 quantifica complessivamente gli oneri recati da varie disposizioni – fra le quali l'articolo 34, comma 20 – individuando varie tipologie di copertura. Evidenzio, altresì, che la relazione tecnica all'A.S. 3533 chiariva che l'onere corrisponde ad una stima dei proventi annui – da riassegnare interamente al MIBAC – calcolata considerando l'ammontare degli introiti incassati nell'ultimo triennio. Sembrerebbe peraltro ferma la previsione recata dal testo vigente del DM 507 del 1997, relativa alla percentuale del compenso riservata all'eventuale concessionario dei servizi di biglietteria. Sul punto, riterrei opportuno che si valuti, comunque, la necessità di un chiarimento. Dal punto di vista della formulazione del testo, riterrei che sembrerebbe opportuno esplicitare che il riferimento è al comma 3 dell'articolo 38. L'articolo 34, comma 41, introdotto durante l'esame al Senato, innova parzialmente la disposizione attualmente in vigore in materia di facoltà, da parte degli edicolanti, di praticare sconti «sulla Pag. 291merce venduta», a tal fine sostituendo la lettera d-ter) del comma 1 dell'articolo 5 del decreto legislativo 170 del 2001. Al riguardo, ricorda che la disciplina delle modalità e condizioni di vendita della stampa quotidiana e periodica è recata principalmente dal decreto legislativo n. 170 del 2001 che all'articolo 1 ha disposto che, su tutto il territorio nazionale, il sistema di vendita è articolato in punti vendita esclusivi (esercizi tenuti alla vendita generale di quotidiani e periodici) e non esclusivi (esercizi che, in aggiunta ad altre merci, sono autorizzati alla vendita di quotidiani o periodici) e ha previsto per essi l'obbligo di assicurare il principio della parità di trattamento delle diverse testate che, per i punti vendita non esclusivi riguarda l'ambito della tipologia di quotidiani e periodici dagli stessi scelta per la vendita (articolo 4). Nello specifico, il comma in esame dispone due modifiche alla lettera d-ter) del comma 1 dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 170 del 2001: in base alla prima, la possibilità, per gli edicolanti, di praticare sconti sulla «merce venduta» è finalizzata a defalcare il valore del materiale fornito in conto vendita e successivamente restituito, a compensazione delle successive anticipazioni al distributore. A legislazione vigente, la suddetta facoltà di praticare sconti sulla «merce venduta» si affianca a quella di defalcare il valore del materiale fornito in conto vendita e restituito, a compensazione delle successive anticipazioni al distributore; in base alla seconda, la restituzione del materiale fornito in conto vendita deve essere effettuata nel rispetto del periodo di permanenza in vendita stabilito dall'editore. Al riguardo, ricorda che, in base a quanto stabilito dall'articolo 13 dell'Accordo Nazionale sulla vendita dei giornali quotidiani e periodici, in nessun caso il rivenditore può effettuare la resa prima del termine di permanenza del prodotto editoriale. Tale possibilità è prevista solo in caso di richiamo in resa anticipata da parte del distributore o dietro richiesta dell'editore. La permanenza dei prodotti nei punti vendita è disciplinata, con riferimento alle diverse ipotesi, nell'articolo 13 dell'Accordo. Osserva che sulla base della seconda modifica, che fa riferimento al periodo di permanenza in vendita «stabilito dall'editore» sembrerebbe derivare che per «merce venduta» si debbano intendere i soli prodotti editoriali (laddove, peraltro, si ricorda che la lettera d-bis) del comma 1 dell'articolo 5 del decreto legislativo 170 del 2001, introdotta dall'articolo 39, comma 1, del decreto-legge 1 del 2012, ha disposto che gli edicolanti possono vendere presso la propria sede qualunque altro prodotto secondo la vigente normativa).
  Ricorda, che, nel parere reso il 14 marzo 2012 in ordine al decreto-legge 1 del 2012, la VII Commissione della Camera aveva osservato che occorreva valutare l'opportunità di specificare se per «merce venduta» si intendevano solo i prodotti diversi dalla stampa quotidiana e periodica, che l'edicolante può vendere, ovvero anche la stampa quotidiana e periodica, rilevando che, in tale seconda ipotesi, era necessario coordinare la disposizione con l'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 170 del 2001, in base al quale il prezzo stabilito dal produttore non può subire variazioni. Per completezza si ricorda, peraltro, che la determinazione del prezzo di vendita dei libri – che, ovviamente, si qualificano quali prodotti editoriali e possono essere venduti anche presso le edicole – è ora disciplinata dalla legge 27 luglio 2011, n. 128, che si applica dal 1o settembre 2011. In particolare, la legge ha fissato il principio che il prezzo al consumatore finale dei libri è liberamente fissato dall'editore o dall'importatore e ha disciplinato le ipotesi di sconto applicabile per il consumatore finale. Rileva che l'esigenza del coordinamento con l'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 170 del 2001 sembrerebbe dunque permanere, anche a seguito delle modifiche ora proposte. Riterrei necessario altresì valutare l'opportunità di un chiarimento sul raccordo fra la disciplina del prezzo di vendita dei libri e quanto previsto dal comma in esame. Per quanto riguarda le altre disposizioni contenenti norme di interesse della Commissione Pag. 292cultura, segnala l'articolo 1, comma 1, relativo all'attuazione dell'Agenda digitale italiana); l'articolo 11-bis, relativo al credito d'imposta per promuovere l'offerta on line di opere dell'ingegno; l'articolo 14-bis, relativo alla pubblicità dei lavori parlamentari; l'articolo 19, relativo ai grandi progetti di ricerca e innovazione e appalti precommerciali; l'articolo 20, relativo alle comunità intelligenti; l'articolo 25, relativo alle start-up innovative e agli incubatori certificati; l'articolo 26, recante deroghe al diritto societario e riduzione degli oneri per l'avvio; l'articolo 27, relativo alla remunerazione con strumenti finanziari della start-up innovativa e dell'incubatore certificato; l'articolo 27-bis, recante misure di semplificazione per l'accesso alle agevolazioni per le assunzioni di personale nelle start-up innovative e negli incubatori certificati; l'articolo 28, recante disposizioni in materia di rapporto di lavoro subordinato per le società start-up innovative; l'articolo 29, recante gli incentivi all'investimento in start-up innovative; l'articolo 30, relativo alla raccolta di capitali di rischio tramite portali on line e altri interventi di sostegno per le start-up innovative; l'articolo 31, relativo alla composizione e gestione della crisi nell'impresa start-up innovativa; l'articolo 32, relativo alla pubblicità e valutazione dell'impatto delle misure; l'articolo 33-octies, relativo alla conferenza dei servizi; l'articolo 34, comma 3, lettera b), relativo al trasferimento.
  Illustra quindi una proposta di parere favorevole con condizioni (vedi allegato).

  Pierfelice ZAZZERA (IdV) preannuncia il suo voto contrario sul provvedimento in esame, osservando come l'attuale Governo non abbia promosso assolutamente alcuna condizione per la crescita economica del Paese. Auspica, quindi, che la parola possa presto tornare agli elettori per poter scegliere un Governo politico. Stigmatizza, infine, il fatto che la posizione della questione di fiducia impedirà, come di consueto, del resto, la possibilità di apportare modifiche al testo.

  Paola GOISIS (LNP) preannuncia il voto contrario del suo gruppo sul provvedimento in esame, osservando come l'attuale Governo non abbia affatto adottato disposizioni efficaci per la crescita del Paese. Valuta negativamente, poi, la previsione dell'utilizzo delle tecnologie digitali anche nelle scuole elementari, ove invece si dovrebbe procedere all'insegnamento delle abilità fondamentali per l'alunno. Lamenta, infine, il fatto che nessun emendamento presentato dal suo gruppo in materia di istruzione sia stato accolto, con una chiusura totale da parte del Governo.

  Enzo CARRA (UdCpTP) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sul provvedimento in esame, valutando positivamente il passaggio dal cartaceo alle tecnologie digitali, che costituisce un grande passo avanti nella modernizzazione anche culturale del Paese.

  Emerenzio BARBIERI (PdL) consapevole del fatto che il parere reso non sarà valutato in maniera definitiva dalla Commissione di merito, preannuncia che lascerà libertà di voto per il proprio gruppo.

  Paola GOISIS (LNP) tiene a precisare che il preannunciato voto contrario del suo gruppo sul provvedimento in esame riflette evidentemente una posizione politica più complessiva, anche se concorda con il relatore sulla valutazione negativa della previsione dell'utilizzo delle tecnologie digitali anche nelle scuole elementari.

  La Commissione approva quindi la proposta di parere favorevole con condizioni del relatore.

  La seduta termina alle 15.10.

ERRATA CORRIGE

  Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari n. 41 del 7 dicembre 2012, a pagina 46, prima colonna, quarta riga, la cifra: «4» è sostituita dalla seguente «6».

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