CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 11 dicembre 2012
753.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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AUDIZIONI

  Martedì 11 dicembre 2012. — Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

  La seduta comincia alle 10.35.

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, sulle tematiche relative all'unione bancaria europea.
(Svolgimento, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento e conclusione).

  Gianfranco CONTE, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Introduce, quindi, l'audizione.

  Il Ministro Vittorio GRILLI svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

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  Intervengono, per formulare quesiti ed osservazioni, i deputati Maurizio FUGATTI (LNP), Marco CAUSI (PD), Francesco BARBATO (IdV), Alessandro PAGANO (PdL), Ivano STRIZZOLO (PD) e Cosimo VENTUCCI (PdL), ai quali risponde il Ministro Vittorio GRILLI.

  Gianfranco CONTE, presidente, ringrazia il Ministro Grilli e dichiara conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.35.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 11 dicembre 2012. — Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

  La seduta comincia alle 11.35.

DL 179/2012: Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese.
C. 5626 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni riunite IX e X).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Gianfranco CONTE, presidente, evidenzia preliminarmente come la Commissione disponga di tempi estremamente ristretti per esaminare in sede consultiva il provvedimento, in quanto la discussione in Assemblea su di esso inizierà già nella giornata di domani.

  Marco PUGLIESE (Misto-G.Sud-PPA), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, ai fini del parere alle Commissioni riunite Trasporti e Attività produttive, il disegno di legge C. 5626, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 179 del 2012, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese.
  In linea generale il decreto-legge n. 179, il cui termine di conversione in legge scade il 18 dicembre prossimo, reca norme in materia di infrastrutture e servizi digitali, con il recepimento dei principi dell'agenda digitale europea; dematerializzazione dei rapporti con la Pubblica amministrazione, start-up innovative, strumenti fiscali per agevolare la realizzazione di opere infrastrutturali con capitali privati, attrazione degli investimenti esteri in Italia, attraverso la costituzione del Desk Italia, interventi di liberalizzazione, in particolare in campo assicurativo sulla responsabilità civile auto e in tema di collaborazione tra gli intermediari assicurativi. Tra gli interventi a favore della crescita, sono previste disposizioni per i rafforzamento patrimoniale dei confidi e per agevolare l'utilizzo degli strumenti di finanziamento per le società non quotate, le cambiali finanziarie, oltre a specifiche misure per le attività produttive e il sistema dei trasporti.
  Il testo è stato profondamente modificato e integrato dal Senato.
  Per quanto riguarda i profili di più stretta competenza della Commissione Finanze, segnala, in primo luogo, i commi da 1 a 3 dell'articolo 8, i quali intervengono sulla disciplina dei pagamenti elettronici con riferimento al settore di trasporti pubblici.
  Il comma 1 contiene una norma di carattere programmatico, rivolta alle aziende di trasporto pubblico locale, relativamente all'adozione di sistemi di bigliettazione elettronica interoperabili a livello nazionale e di biglietti elettronici integrati nelle Città metropolitane, mentre il comma 2 demanda a un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica le regole tecniche necessarie al fine di attuare quanto disposto dal comma 1, anche gradualmente e nel rispetto delle soluzioni esistenti.Pag. 219
  Il comma 3, con disposizione a sua volta di natura programmatico, stabilisce che le aziende di trasporto pubblico locale e le amministrazioni interessate, anche in deroga alle normative di settore, consentono l'utilizzo della bigliettazione elettronica anche attraverso l'addebito diretto sul credito telefonico, nel rispetto del limite di spesa per ciascun biglietto acquistato, ovvero senza costi aggiuntivi, tramite qualsiasi dispositivo di telecomunicazione. La norma specifica che il titolo digitale del biglietto è consegnato sul dispositivo di comunicazione.
  In merito al comma 3 segnala l'opportunità di specificare che la deroga alle normative di settore deve avvenire comunque nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di servizi di pagamento, al fine di evitare l'apertura di procedure di infrazione e di escludere ostacoli al funzionamento dei sistemi di pagamento elettronici.
  Il comma 4 dell'articolo 11 stabilisce che il Ministero dell'istruzione, università e ricerca, le regioni e i competenti enti locali avviano iniziative di rigenerazione integrata del patrimonio immobiliare scolastico, anche attraverso la realizzazione di nuovi complessi scolastici, e promuovono, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, iniziative finalizzate, tra l'altro, alla costituzione di società, consorzi o fondi immobiliari, anche ai sensi degli articoli 33 e 33-bis del decreto-legge n. 98 del 2011, il quali, da un lato, hanno istituito una Società di gestione del risparmio (SGR), interamente posseduta dal Ministero dell'economia e delle finanze, con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari chiusi promossi o partecipati da regioni, provincie, comuni anche in forma consorziata o associata, ed altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti, al fine di valorizzare o dismettere il proprio patrimonio immobiliare disponibile; dall'altra, essi hanno attribuito all'Agenzia del demanio il compito di promuovere iniziative idonee per la costituzione di società, consorzi o fondi immobiliari per la valorizzazione, trasformazione, gestione e alienazione del patrimonio immobiliare pubblico.
  In tale contesto la norma del comma 4 prevede che i predetti strumenti societari o finanziari possono essere oggetto di conferimento o di apporto da parte delle amministrazioni proprietarie di immobili destinati ad uso scolastico e di immobili complementari ai progetti di rigenerazione, in coerenza con le destinazioni individuate negli strumenti urbanistici.
  L'articolo 11-bis, comma 1, al fine di migliorare l'offerta legale di opere dell'ingegno mediante le reti di comunicazione elettronica, attribuisce un credito d'imposta pari al 25 per cento dei costi sostenuti alle imprese che sviluppano nel territorio italiano piattaforme telematiche per la distribuzione, la vendita e il noleggio di opere dell'ingegno digitali. La norma precisa che tale contributo potrà essere erogato nel rispetto dei limiti della regola de minimis, di cui al regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006.
  In base al comma 2 l'agevolazione si applica per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, nel limite di spesa di 5 milioni di euro annui e fino a esaurimento delle risorse disponibili. Inoltre, ai sensi del comma 3, essa non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile IRAP; non rileva ai fini del rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa, ed è utilizzabile ai fini dei versamenti delle imposte sui redditi e dell'IRAP dovute per il periodo d'imposta in cui sono state sostenute le spese; non è rimborsabile, ma non limita il diritto al rimborso di imposte spettante ad altro titolo. L'eventuale eccedenza è utilizzabile in compensazione a decorrere dal mese successivo al termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta con riferimento al quale il credito è concesso.
  In base al comma 4, alla copertura del relativo onere si provvede – con decreti dirigenziali dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato – mediante Pag. 220incremento della misura del prelievo erariale unico in materia di giochi pubblici, nonché della percentuale del compenso per le attività di gestione ovvero per quella dei punti vendita, al fine di assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015.
  In merito al comma 4 rammenta che la Commissione Finanze ha più volte sottolineato come tale modalità di copertura non sia in alcun modo condivisibile, in quanto una modifica delle condizioni e del livello di prelievo in cui opera il comparto dei giochi – tra l'altro non coordinata con i recenti interventi normativi adottati nella stessa materia – non realizzerebbe l'obiettivo di maggiori entrate cui tende il provvedimento, ma al contrario causerebbe, soprattutto nell'attuale congiuntura, effetti pericolosi per gli equilibri economici di tale mercato, compromettendo la realizzazione del gettito atteso da tale comparto, nonché determinando un ampio contenzioso con tali soggetti, potenzialmente oneroso per l'erario.
  L'articolo 15, comma 1, sostituisce l'articolo 5 del decreto legislativo n. 82 del 2005 (recante il Codice dell'amministrazione digitale), estendendo la possibilità di effettuare pagamenti verso le amministrazioni e le imprese pubbliche con modalità informatiche (bonifici bancari e postali, carte di debito, di credito e prepagate e altri strumenti di pagamento elettronico disponibili). Con decreto interministeriale sarà disciplinata l'estensione delle modalità di pagamento anche attraverso tecnologie mobili.
  Al riguardo ricorda che l'articolo 2, comma 4-ter, della legge n. 138 del 2011 ha già previsto che il Ministero dell'economia e delle finanze promuove la stipula, tramite la società CONSIP Spa, di una o più convenzioni con prestatori di servizi di pagamento, affinché le pubbliche amministrazioni centrali e locali e i loro enti possano dotarsi di POS a condizioni favorevoli, per poter riscuotere le entrate di propria competenza con strumenti diversi dal contante, fatte salve le attività di riscossione dei tributi regolate da specifiche normative (tale norma è stata introdotta dall'articolo 12 del decreto-legge n. 201 del 2011). Osserva tuttavia come la suddetta norma non risulti ancora attuata.
  Le principali novità della novella dell'articolo 5 del Codice dell'amministrazione digitale sono le seguenti:
   estensione dell'ambito soggettivo: sono tenuti ad accettare pagamenti con modalità informatica, a prescindere dall'importo della singola transazione, non solo le amministrazioni pubbliche, ma anche le imprese pubbliche e, nei rapporti con l'utenza, i gestori di pubblici servizi;
   tali soggetti devono pubblicare nei propri siti istituzionali e specificare nelle richieste di pagamento i codici IBAN del conto di pagamento e le altre indicazioni richieste per i bonifici bancari e postali e i versamenti sulla contabilità speciale della Tesoreria; sono possibili pagamenti anche tramite bollettino postale: a tal fine devono essere forniti gli identificativi del conto corrente postale;
   i prestatori di servizi di pagamento di cui si possono avvalere i soggetti sopra indicati sono individuati mediante il ricorso alla CONSIP o alle centrali di committenza regionale;
   nel caso di pagamento attraverso carte di debito, di credito, prepagate ovvero di altri strumenti di pagamento elettronico, che consentano anche l'addebito in conto corrente, devono essere indicate le condizioni anche economiche per il loro utilizzo;
   possono essere escluse le operazioni di pagamento per le quali la verifica del buon fine dello stesso debba essere contestuale all'erogazione del servizio: in tal caso devono essere rese disponibili le modalità di pagamento tramite carte.

  Il nuovo comma 1 dell'articolo 5 del Codice dell'amministrazione digitale dispone Pag. 221che, a partire dal 1o giugno 2013 (termine iniziale inserito nel corso dell'esame in sede referente), sono tenuti ad accettare i pagamenti ad essi spettanti:
   le pubbliche amministrazioni, centrali e locali;
   le società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione;
   i gestori di pubblici servizi nei rapporti con l'utenza.

  La lettera a) del nuovo comma 1 precisa le attività da porre in essere e stabilisce l'obbligo di pubblicare nei propri siti istituzionali e di specificare nelle richieste di pagamento le informazioni di seguito elencate:
   1) i codici IBAN identificativi del conto di pagamento, ovvero dell'imputazione del versamento in Tesoreria, tramite i quali i soggetti versanti possono effettuare i pagamenti mediante bonifico bancario o postale, ovvero gli identificativi del conto corrente postale sul quale i soggetti versanti possono effettuare i pagamenti mediante bollettino postale;
   2) i codici identificativi del pagamento da indicare obbligatoriamente per il versamento.

  La lettera b) del nuovo comma 1 prevede che, per consentire ai privati di effettuare i pagamenti attraverso l'utilizzo di carte di debito, di credito, di carte prepagate o di altri strumenti elettronici di pagamento, i predetti soggetti si avvalgono di prestatori di servizi di pagamento individuati mediante gli strumenti forniti dalla CONSIP o, eventualmente, dalle centrali di committenza regionali di riferimento
  Nel caso di pagamento attraverso carte di debito, di credito, prepagate, ovvero di altri strumenti di pagamento elettronico, che consentano anche l'addebito in conto corrente, devono essere indicate le condizioni anche economiche per il loro utilizzo.
  Il prestatore dei servizi di pagamento che riceve l'importo relativo all'operazione effettuata, procede a riversarlo al tesoriere dell'ente e lo registra in apposito sistema informatico, con l'indicazione di appositi codici identificativi, nonché dei codici IBAN identificativi dell'utenza bancaria o dell'imputazione del versamento in Tesoreria. Per quanto riguarda i conti correnti postali intestati a pubbliche amministrazioni è richiamata la normativa che regola le operazioni afferenti lo svolgimento del servizio di tesoreria e il regime dei flussi attinenti al sistema delle riscossioni e dei pagamenti dello Stato e degli enti del settore pubblico allargato. Le modalità di movimentazione tra le sezioni di Tesoreria e Poste Italiane S.p.A. dei fondi connessi alle operazioni effettuate sui conti correnti postali intestati a pubbliche amministrazioni sono regolate dalla convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e Poste Italiane S.p.A. stipulata ai sensi della normativa sopra richiamata.
  Il nuovo comma 2 dell'articolo 5, per consentire ai privati di utilizzare strumenti di pagamento elettronici, prevede che le amministrazioni e i soggetti di cui al comma 1 possono avvalersi dei servizi erogati dalla piattaforma tecnologica di cui all'articolo 81 comma 2-bis, del Codice dell'amministrazione digitale, e delle piattaforme di incasso e pagamento dei prestatori di servizio di pagamento abilitati. L'articolo da ultimo richiamato stabilisce che DigitPA metta a disposizione, attraverso il Sistema pubblico di connettività, una piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati, al fine di assicurare, attraverso strumenti condivisi di riconoscimento unificati, l'autenticazione certa dei soggetti interessati all'operazione in tutta la gestione del processo di pagamento.
  Al riguardo segnala come l'articolo 15, comma 5-bis, del decreto-legge contempli una disposizione dal tenore analogo, la Pag. 222quale si differenzia per il fatto che è configurata in termini di obbligo e non di possibilità: rileva quindi la necessità di un coordinamento delle due norme.
  Il nuovo comma 3 dell'articolo 5 prevede che possono essere escluse le operazioni di pagamento per le quali la verifica del buon fine dello stesso debba essere contestuale all'erogazione del servizio: in tal caso devono essere rese disponibili le modalità di pagamento tramite le carte di debito, di credito, prepagate e gli altri strumenti di pagamento disponibili.
  Al riguardo segnala come nel corso dell'esame in sede referente sia stata soppressa la norma che escludeva dall'obbligo di accettare tramite pagamenti elettronici le operazioni di competenza delle Agenzie fiscali, nonché delle entrate riscosse a mezzo ruolo.
  I nuovi commi 3-bis e 3-ter dell'articolo 5, in tema di micro-pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, dispongono che le pubbliche amministrazioni, per i contratti di acquisto di beni e servizi tramite il mercato elettronico effettuano i «micro-pagamenti» dovuti mediante strumenti elettronici di pagamento se richiesto delle imprese fornitrici. La norma demanda ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da pubblicarsi entro il 1o marzo 2013, la definizione dei micro pagamenti in relazione al volume complessivo del contratto. Con lo stesso decreto sono adeguate alle finalità di cui al comma 3-bis, le norme relative alle procedure di pagamento delle Pubbliche Amministrazioni di cui all'articolo 1 comma 450 della legge n. 296 del 2007.
  Il comma 4 del nuovo articolo 5 dispone che l'Agenzia per l'Italia digitale, sentita la Banca d'Italia, definisce linee guida per la specifica dei codici identificativi del pagamento di cui al comma 1, lettere a) e b) (codici IBAN, dell'imputazione in Tesoreria, ovvero identificativi del conto corrente postale) e le modalità attraverso le quali il prestatore dei servizi di pagamento mette a disposizione dell'ente le informazioni relative al pagamento medesimo.
  Infine il nuovo comma 5 dell'articolo 5 prevede che le attività previste dal novellato articolo si svolgono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
  Il comma 2 dell'articolo 15 stabilisce che un decreto interministeriale (da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame), si disciplina l'ampliamento delle modalità di pagamento anche mediante l'utilizzo di tecnologie mobili. Il decreto è adottato dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro della pubblica amministrazione e la semplificazione e con il Ministro delegato all'innovazione tecnologica, anche avvalendosi dell'Agenzia per l'Italia digitale.
  La norma, a differenza di quanto previsto nel primo comma, non si inserisce all'interno del Codice dell'amministrazione digitale; tuttavia, dal tenore della disposizione, sembra che essa si riferisca ai pagamenti verso la pubblica amministrazione.
  Il comma 3 dell'articolo 15 intende risolvere le problematiche tecnico-giuridiche emerse nel corso della predisposizione del decreto ministeriale di attuazione della disciplina sulla pubblicazione dell'indicatore di tempestività dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni.
  Ricorda al riguardo che l'articolo 23 della legge n. 69 del 2009, al fine di promuovere l'individuazione e la diffusione delle buone prassi presso gli uffici delle pubbliche amministrazioni, ha introdotto l'obbligo di pubblicare sul proprio sito web o con idonee modalità un indicatore dei tempi medi di pagamento dei beni, dei servizi e delle forniture acquistate nonché dei tempi medi di definizione dei procedimenti e di erogazione dei servizi resi all'utenza con riferimento all'esercizio finanziario precedente, rinviando alcuni aspetti attuativi ad un decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, da emanarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro un mese dalla data di entrata in vigore della stessa legge. In merito la Pag. 223relazione illustrativa afferma che tale decreto attuativo non è stato emanato e che le amministrazioni interessate, per poter adempiere a quanto prescritto dal citato articolo 23, comma 5, hanno manifestato la necessità di estrarre dal sistema SICOGE (sistema informativo di contabilità integrato organicamente con il sistema informativo della Ragioneria generale dello Stato), da tutte utilizzato, i dati necessari per poter calcolare i tempi medi di pagamento.
  In tale contesto il comma 3 consente quindi a tutte le amministrazioni centrali dello Stato, incluse le articolazioni periferiche, di avvalersi delle funzionalità messe a disposizione dal sistema informativo SICOGE.
  I commi 4 e 5 prevedono che, a decorrere dal 1o gennaio 2014, i soggetti privati che effettuano l'attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi anche professionali (imprese e professionisti) sono tenuti ad accettare pagamenti effettuati attraverso carte di debito (bancomat) ovvero attraverso carte di pagamento, qualora l'onere posto a loro carico non risulti superiore a quello applicato per le carte di debito. L'attuazione di tale disposizione è demandata ad un decreto interministeriale il quale, oltre a stabilire eventuali importi minimi, modalità e termini, anche in relazione ai soggetti interessati, può disporre l'obbligo di accettare ulteriori strumenti di pagamento elettronici anche con tecnologie mobili.
  L'articolo 21, comma 1, prevede che l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (IVASS) curi la prevenzione amministrativa delle frodi nel settore dell'assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, con riguardo alle richieste di risarcimento e di indennizzo e all'attivazione di sistemi di allerta preventiva contro i rischi di frode.
  Al riguardo ricorda che l'articolo 13 del decreto-legge n. 95 del 2012 ha previsto la soppressione dell'ISVAP (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo) e la contestuale costituzione del predetto IVASS. Il nuovo Istituto – avente personalità giuridica di diritto pubblico e con sede legale in Roma – ha la finalità di assicurare la piena integrazione dell'attività di vigilanza nel settore assicurativo, anche attraverso un più stretto collegamento con la vigilanza bancaria.
  Segnala inoltre come la norma recepisca sostanzialmente il dispositivo della risoluzione n. 8-00201 (a firma dei deputati Barbato, Cesario, Pugliese e Ventucci), approvata dalla Commissione Finanze della Camera il 26 settembre 2012, con la quale si impegna il Governo ad adottare misure più incisive per favorire la diminuzione del costo dei premi relativi alla copertura assicurativa dei rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada a carico degli assicurati, segnatamente per quanto riguarda il contrasto alle frodi nel settore, in particolare attraverso la creazione di una struttura pubblica appositamente dedicata alla repressione e prevenzione del fenomeno delle frodi nel settore delle assicurazioni RC auto che si affianchi in tale opera alle stesse compagnie assicurative, all'autorità di vigilanza sul comparto, nonché alle forze di polizia ed alla magistratura, fermo restando il diretto impegno delle strutture liquidative delle compagnie assicurative nell'azione di contrasto delle frodi.
  Ricorda, altresì, che la Commissione Finanze della Camera dei deputati il 30 giugno 2011 ha approvato in sede legislativa il testo unificato delle proposte di legge C. 2699-ter, C. 1964 Barbato, C. 3544 Pagano e C. 3589 Bragantini, recante istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore dell'assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore.
  Il comma 2, al fine di per favorire la prevenzione e il contrasto delle frodi nel settore R.C. auto, per migliorare l'efficacia dei sistemi di liquidazione dei sinistri e per individuare i fenomeni fraudolenti attribuisce all'IVASS una serie di compiti. Nel dettaglio l'IVASS:
   a) analizza, elabora e valuta le informazioni desunte dall'archivio informatico Pag. 224integrato, nonché le informazioni e la documentazione ricevute dalle compagnie assicuratrici e dagli intermediari, al fine di individuare i casi di sospetta frode e di stabilire un meccanismo di allerta preventiva contro le frodi;
   b) richiede informazioni e documenti alle imprese assicurative e agli intermediari; tali informazioni sono volte anche a conoscere le iniziative assunte dalle compagnie per la prevenzione e il contrasto del fenomeno delle frodi;
   c) segnala alle imprese di assicurazione e all'Autorità giudiziaria i profili di anomalia riscontrati, invitandole a fornire informazioni in ordine alle indagini avviate al riguardo, ai relativi risultati e alle querele eventualmente presentate;
   d) fornisce collaborazione alle imprese assicurative, alle forze di polizia e all'autorità giudiziaria ai fini dell'esercizio dell'azione penale per il contrasto alle frodi assicurative;
   e) promuove ogni altra iniziativa nell'ambito della propria competenza per la prevenzione e il contrasto delle frodi assicurative;
   f) elabora una relazione annuale sull'attività svolta, formula i criteri e le modalità di valutazione delle imprese di assicurazione in relazione all'attività di contrasto delle frodi e rende pubblici i risultati delle valutazioni effettuate a fini di prevenzione e contrasto delle frodi e sulle iniziative assunte al riguardo dalle compagnie assicurative; formula proposte di modifica della disciplina in esame.

  Ricorda che l'articolo 30 del decreto-legge n. 1 del 2012 (cosiddetto decreto-legge «liberalizzazioni») ha introdotto l'obbligo, per le imprese operanti nel ramo R.C. auto, di trasmettere all'ISVAP una relazione annuale, predisposta secondo un modello (predisposto con provvedimento dell'ISVAP del 9 agosto 2012, n. 44), contenente informazioni sul numero dei sinistri per i quali la compagnia ha ritenuto di svolgere approfondimenti in relazione al rischio di frodi, il numero delle querele o denunce presentate all'autorità giudiziaria, l'esito dei conseguenti procedimenti penali, nonché le misure organizzative interne adottate per contrastare i fenomeni fraudolenti. Sulla base della relazione l'ISVAP esercita i suoi poteri di vigilanza al fine di assicurare l'adeguatezza dell'organizzazione aziendale e dei sistemi di liquidazione dei sinistri rispetto all'obiettivo di contrastare le frodi nel settore. Il mancato invio della relazione è sanzionato dall'ISVAP con un minimo di 10.000 ed un massimo di 50.000 euro.
  Le imprese sono inoltre tenute a indicare in bilancio e a pubblicare sui propri siti internet una stima circa la riduzione degli oneri per i sinistri conseguente alla attività di controllo e repressione delle frodi autonomamente svolta.
  L'archivio informatico integrato è disciplinato dal comma 3. In particolare la norma prevede che esso sia connesso con:
   la banca dati degli attestati di rischio (prevista dall'articolo 134 del decreto legislativo n. 209 del 2005, recante il Codice delle assicurazioni private);
   la banca dati sinistri e le banche dati anagrafe testimoni e anagrafe danneggiati (istituite dall'articolo 135 del medesimo Codice);
   l'archivio nazionale dei veicoli e l'anagrafe nazionale degli abilitati alla guida (istituiti dall'articolo 226 del Codice della strada);
   il Pubblico registro automobilistico istituito presso l'ACI;
   i dati a disposizione della CONSAP per la gestione del fondo di garanzia per le vittime della strada (di cui all'articolo 283 del Codice della assicurazioni) e per la gestione della liquidazione dei danni a cura dell'impresa designata (di cui all'articolo 286 del medesimo Codice)
   i dati a disposizione per i sinistri con veicoli immatricolati in Stati esteri gestiti dall'Ufficio centrale italiano;Pag. 225
   ulteriori archivi e banche dati pubbliche e private, individuate con decreto interministeriale.

  Con decreto del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentiti i Ministeri competenti, l'IVASS e il Garante per la protezione dei dati, sono stabilite le modalità di connessione delle banche dati descritte, i termini, le modalità e le condizioni per la gestione e conservazione dell'archivio e per l'accesso al medesimo da parte delle pubbliche amministrazioni, dell'autorità giudiziaria, delle forze di polizia, delle imprese di assicurazione e di soggetti terzi, nonché gli obblighi di consultazione dell'archivio da parte delle imprese di assicurazione in fase di liquidazione dei sinistri.
  Il comma 4 dispone che il decreto interministeriale appena citato stabilisce anche le modalità e i termini con cui le imprese di assicurazione garantiscono all'IVASS, per l'alimentazione dell'archivio informatico integrato, l'accesso ai dati relativi ai contratti assicurativi contenuti nelle proprie banche dati, forniscono la documentazione richiesta ai sensi del comma 2, lettera b), e comunicano all'archivio nazionale dei veicoli gli estremi dei contratti di assicurazione per la responsabilità civile stipulati o rinnovati.
  Il comma 5 prevede che la trasmissione dei dati di cui al comma 4 avvenga secondo le modalità di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previsto dall'articolo 31, comma 1, del decreto-legge n. 1 del 2012, il quale, al fine di contrastare la contraffazione dei contrassegni relativi alla R.C. auto, demanda ad un regolamento ministeriale il compito di definire la dematerializzazione dei contrassegni e la loro sostituzione con sistemi elettronici e chiama inoltre il Ministero dei trasporti a formare un elenco dei veicoli non coperti da assicurazione e a comunicare ai proprietari le conseguenze a loro carico nel caso in cui i veicoli siano posti in circolazione.
  Il comma 6 attribuisce all'IVASS il compito di evidenziare i picchi e le anomalie statistiche anche relativi a imprese, agenzie, agenti e assicurati: sarà un ruolo proattivo sia verso le imprese interessate (che, con cadenza mensile, comunicano le indagini avviate, i relativi risultati e le querele eventualmente presentate), sia verso le Autorità giudiziarie, in caso di evidenza di reato: ciò per segnalare i parametri di anomalia e incentivare azioni di indagine utilizzando il veicolo della vigilanza assicurativa, eventualmente con la collaborazione delle stesse compagnie coinvolte e vittime dell'ipotesi di frode assicurativa.
  Il comma 7 reca la clausola di invarianza degli oneri finanziari.
  Il comma 7-bis, nell'ambito della procedura di liquidazione del danno a cose per le assicurazioni obbligatorie della R.C. auto, eleva da due a cinque i giorni non festivi in cui le cose danneggiate devono essere disponibili per l'ispezione diretta ad accertare l'entità del danno.
  L'articolo 22 contiene una serie di misure a favore della concorrenza e della tutela del consumatore nel mercato assicurativo.
  Più in dettaglio, riguardo all'abolizione del tacito rinnovo del contratto R.C. auto, il comma 1, mediante l'inserimento del nuovo articolo 170-bis Codice delle assicurazioni private, dispone che il contratto di assicurazione obbligatoria R.C. auto abbia durata annuale o, su richiesta dell'assicurato, di anno più frazione; la norma vieta altresì il rinnovo tacito del contratto, in deroga all'articolo 1899, primo e secondo comma, del codice civile (in tema di durata dell'assicurazione).
  L'impresa di assicurazione è tenuta ad avvisare il contraente della scadenza del contratto con preavviso di almeno trenta giorni. Inoltre la garanzia prestata con il contratto scaduto deve essere mantenuta operante fino a non oltre il quindicesimo giorno successivo alla scadenza del contratto, fino all'effetto della nuova polizza.
  Nel corso dell'esame al Senato sono stati eliminati i commi 2 e 3 del nuovo articolo 170-bis, i quali estendevano le Pag. 226previsioni appena illustrate anche ai contratti assicurativi diversi da quelli RC auto eventualmente stipulati in abbinamento a quest'ultimo.
  Il comma 2 dell'articolo 22 contiene la disciplina transitoria per i contratti in essere, prevedendo al riguardo che le clausole di tacito rinnovo contenute nei contratti stipulati prima del 20 ottobre 2012 (data di entrata in vigore del decreto-legge) sono sottoposte alla disciplina prevista dal comma 3 del nuovo articolo 170-bis del Codice delle assicurazioni (introdotto dal comma 1 dell'articolo 22) a decorrere dal 1o gennaio 2013. Conseguentemente gli utenti che vorranno rinnovare i contratti che contenevano la clausola di tacito rinnovo, a decorrere dal 1o gennaio 2013 dovranno procedere ad una nuova stipula.
  In merito al comma 2 segnala come il richiamo al comma 3 del nuovo articolo 170-bis del Codice delle assicurazioni risulti superato dalla nuova formulazione di tale articolo approvata dal Senato (che non reca più né il comma 2 né il predetto comma 3) e come appaia pertanto opportuno effettuare una correzione.
  Con riferimento ai contratti in corso di validità al 20 ottobre 2012 dotati di clausola di tacito rinnovo, il comma 3 prevede l'obbligo per le imprese di assicurazione di comunicare per iscritto ai contraenti la perdita di efficacia delle clausole, con congruo anticipo rispetto alla scadenza del termine originariamente pattuito per l'esercizio della disdetta.
  I commi da 4 a 7 prevedono la definizione con decreto ministeriale di uno schema di «contratto di base» di assicurazione per la R.C. auto, nel quale prevedere tutte le clausole necessarie ai fini dell'adempimento dell'assicurazione obbligatoria. Ogni compagnia assicurativa, nell'offrirlo obbligatoriamente al pubblico anche attraverso internet, dovrà definirne il costo complessivo individuando separatamente ogni eventuale costo per eventuali servizi aggiuntivi.
  Il comma 4 prevede, in particolare, al fine di favorire una scelta contrattuale maggiormente consapevole da parte del consumatore, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge (20 ottobre 2012), il Ministro dello sviluppo economico (sentiti l'IVASS, l'ANIA le principali associazioni rappresentative degli intermediari assicurativi, le principali associazioni rappresentative degli intermediari assicurativi e, a seguito di una modifica in sede referente, le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative), definisca con decreto uno schema di «contratto base» di assicurazione responsabilità civile auto, nel quale siano previste le clausole minime necessarie per ai fini dell'adempimento di assicurazione obbligatoria. Il «contratto base» R.C. auto è articolato secondo classi di merito e tipologie di assicurato. Il decreto ministeriale definisce altresì i casi di riduzione del premio e di ampliamento della copertura applicabili allo stesso «contratto base».
  Il comma 5 lascia ad ogni compagnia assicurativa la libera determinazione del prezzo del «contratto di base» e delle ulteriori garanzie e clausole. Le compagnie sono tenute ad offrirlo al pubblico obbligatoriamente anche attraverso internet, eventualmente mediante link ad altre società del medesimo gruppo. Resta ferma la possibilità di offrire separatamente qualunque tipologia di garanzia aggiuntiva o di diverso servizio assicurativo.
  L'offerta del «contratto di base» deve essere proposta, ai sensi del comma 6, utilizzando il modello elettronico predisposto dal Ministero dello sviluppo economico, sentita l'IVASS, in modo che ciascun consumatore possa ottenere un unico prezzo complessivo annuo, facilmente comparabile, ferma restando la separata evidenza delle singole voci di costo.
  In base al comma 7 La disciplina dell'offerta del «contratto di base» tramite il modello elettronico dovrà essere applicata decorsi 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.
  Il comma 8 prevede che le compagnie di assicurazione debbano garantire una corretta e aggiornata informativa on line ai propri clienti mediante predisposizione sui relativi siti internet di aree riservate, accessibili mediante sistemi di riconoscimento Pag. 227che tutelino la privacy (user-id, password, sistemi di accesso controllato). In tali aree i clienti devono poter verificare lo stato delle proprie coperture assicurative, le scadenze, i termini contrattuali sottoscritti, la regolarità dei pagamenti di premio, i valori di riscatto ovvero le valorizzazioni delle polizze vita, secondo procedure simili agli attuali sistemi di home banking.
  La norma demanda a un regolamento dell'IVASS, sentiti l'Associazione nazionale tra le imprese assicuratrici-ANIA e le principali associazioni rappresentative degli intermediari assicurativi, da emanare entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge (20 ottobre 2012), il compito di stabilire le modalità attuative a cui le imprese assicurative devono adeguarsi entro i successivi 60 giorni nell'ambito dei requisiti organizzativi previsti dall'articolo 30 del decreto legislativo n. 209 del 2005.
  Coerentemente, la previsione del comma 9 intende rafforzare i requisiti professionali degli intermediari assicurativi favorendone la formazione per via telematica, anche in considerazione della crescente diffusione dei rapporti assicurativi da gestire on line. A tal fine l'IVASS determinerà con apposito regolamento (da emanare entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge) specifiche tecnico-funzionali degli interventi resi in modalità e-learning, caratteristiche e standard dei prodotti e contenuti formativi, requisiti dei soggetti formatori e modalità più rigorose per il loro accreditamento.
  Il comma 9-bis inserisce un nuovo comma 1-ter all'articolo 12 del decreto legislativo 141 del 2010 (il quale, oltre alla disciplina di recepimento della direttiva in materia di credito al consumo ha operato specifiche innovazioni all'interno del Testo unico bancario – TUB – riguardante gli operatori del settore). In particolare, al fine dichiarato di favorire la liberalizzazione e la concorrenza a favore dei consumatori e degli utenti, si prevede che non costituisce esercizio di agenzia in attività finanziaria la promozione e il collocamento, su mandato diretto di banche e intermediari finanziari, di contratti relativi alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma da parte degli agenti di assicurazione regolarmente iscritti nel Registro unico degli intermediari. Si stabilisce, inoltre, che il soggetto mandante debba curare l'aggiornamento professionale degli agenti assicurativi mandatari e assicurare il rispetto da parte loro della disciplina in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti (prevista ai sensi del titolo VI del medesimo TUB); il soggetto mandante, infine, risponde per i danni cagionati dagli agenti assicurativi mandatari nell'esercizio dell'attività prevista dal presente comma, anche se conseguenti a responsabilità accertata in sede penale.
  Tale nuovo comma 1-ter ricalca la disciplina prevista per i promotori finanziari dal comma 1-bis dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 141 del 2012, i quali, nel proporre contratti di finanziamento o di servizi di pagamento per conto del soggetto abilitato che ha conferito loro l'incarico non sono qualificati come agenti in attività finanziaria.
  I commi da 10 a 13 consentono agli intermediari assicurativi di poter collaborare tra loro, anche mediante l'utilizzo dei rispettivi mandati, garantendo piena informativa e trasparenza nei confronti dei consumatori. Ogni patto contrario tra compagnia assicurativa e intermediario mandatario è nullo. All'IVASS è attribuita la vigilanza e data inoltre la possibilità di adottare le più opportune direttive per la corretta applicazione della norma. L'intento dichiarato della norma è quello di favorire il superamento dell'attuale segmentazione del mercato assicurativo ed accrescere il grado di libertà dei diversi operatori.
  La disciplina così introdotta si pone in linea di continuità con quanto previsto dall'articolo 8 del decreto-legge n. 233 del 2006 e dall'articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 7 del 2007, i quali hanno disposto il divieto di clausole di esclusiva tra agente assicurativo e compagnia, in funzione dello sviluppo di reti di plurimandato. Pag. 228
  In particolare il comma 10 consente agli intermediari assicurativi iscritti al Registro unico degli intermediari di assicurazione e di riassicurazione (R.U.I.) di adottare forme di collaborazione reciproca nello svolgimento della propria attività anche mediante l'utilizzo dei rispettivi mandati. Detta collaborazione è consentita sia tra gli intermediari iscritti nella stessa sezione del R.U.I. o nell'elenco annesso sia tra di loro reciprocamente (si tratta di: agenti di assicurazione, broker, banche, SIM, istituti finanziari, Poste italiane e gli intermediari con residenza o sede legale in altri Stati membri), a condizione che sia fornita piena informativa e trasparenza nei confronti dei consumatori, in relazione al fatto che l'attività di intermediazione viene svolta in collaborazione tra più intermediari, nonché l'indicazione dell'esatta identità, della sezione di appartenenza e del ruolo svolto dai medesimi nell'ambito della forma di collaborazione adottata. L'IVASS vigila sulla corretta applicazione della norma in esame e può adottare disposizioni attuative anche al fine di garantire adeguata informativa ai consumatori.
  Il comma 11 prevede la responsabilità solidale degli intermediari assicurativi che svolgono attività di intermediazione in collaborazione tra di loro ai sensi del comma 10 per i danni sofferti dal cliente nello svolgimento di tale attività.
  Il comma 12 dispone, a decorrere dal 1o gennaio 2013, la nullità delle clausole fra mandatario e impresa assicuratrice incompatibili con la normativa prevista dal comma 10. Il riferimento è a quelle clausole contrattuali accessorie al mandato che, nel prevedere l'esclusiva (peraltro vietata dai citati articoli 8 del decreto-legge n. 233 del 2006 e 5, comma 1, del decreto-legge n. 7 del 2007), impediscono una collaborazione con altri intermediari. Al riguardo si demanda all'IVASS di vigilare e di adottare eventuali direttive per l'osservanza della norma, garantendo un adeguata informativa ai consumatori.
  Il comma 13 prescrive la definizione di standard tecnici uniformi ai fini di una piattaforma di interfaccia comune per la gestione e conclusione dei contratti assicurativi, anche con riferimento alle attività di preventivazione, monitoraggio e valutazione che dovrà essere operata dall'IVASS (sentite l'ANIA e le associazioni rappresentative degli intermediari) entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge, al fine di incentivare lo sviluppo delle forme di collaborazione tra intermediari e la concorrenza attraverso l'eliminazione di ostacoli di carattere tecnologico.
  La piattaforma quindi, secondo la relazione governativa, dovrà essere in grado di colloquiare con i sistemi proprietari delle compagnie per assicurare un'adeguata integrazione e confronto sulle informazioni inerenti i prodotti assicurativi nel corso delle consuete funzionalità di gestione.
  Il comma 14, con una modifica al secondo comma dell'articolo 2952 del codice civile (recante la disciplina della prescrizione in materia di assicurazione), eleva da due a dieci anni il termine prescrizionale per i diritti derivanti dalle polizze vita (cosiddetti «dormienti»), al fine di garantire maggiormente gli eredi che devono riscuotere le polizze vita e onde evitare possibili eccezioni di legittimità costituzionale per disparità di trattamento. Nel corso dell'esame al Senato è stato invece mantenuto a due anni il termine prescrizionale per gli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione e dal contratto di riassicurazione.
  Il comma 15 ribadisce l'obbligo, per l'IVASS, di garantire, anche mediante internet, un'adeguata informazione ai consumatori sulle misure introdotte dall'articolo 22 e di valutare il loro impatto economico-finanziario e tecnologico-organizzativo.
  Il comma 15-bis demanda all'IVASS il compito di definire, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, misure di semplificazione delle procedure e degli adempimenti burocratici limitatamente al ramo assicurativo danni, con particolare riferimento alla riduzione degli adempimenti cartacei e della modulistica nei Pag. 229rapporti contrattuali fra imprese di assicurazione, gli intermediari e clientela, anche favorendo le relazioni digitali, l'utilizzo della posta elettronica certificata, la firma digitale e i pagamenti elettronici e i pagamenti on line.
  Il comma 15-ter prevede, inoltre, che l'IVASS renda conto alle competenti commissioni parlamentari mediante relazioni annuali sulle misure di semplificazione adottate e sui risultati conseguiti in relazione a tale attività.
  I commi da 15-quater a 15-septies dispongono in materia di estinzione anticipata e di portabilità dei mutui ai quali sono connessi contratti di assicurazione.
  In particolare, il comma 15-quater prevede che qualora l'assicurato abbia versato un premio unico, nel caso di estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo o del finanziamento, le imprese restituiscono al debitore/assicurato la parte di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria, calcolata per il premio puro in funzione degli anni e della frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura, nonché del capitale assicurato residuo.
  La norma stabilisce che nel contratto di assicurazione siano indicati i criteri e le modalità per la definizione del predetto rimborso. Le imprese possono trattenere dall'importo dovuto le spese amministrative effettivamente sostenute per l'emissione del contratto e per il rimborso del premio, a condizione che le stesse siano state indicate nella proposta di contratto, nella polizza ovvero nel modulo di adesione alla copertura assicurativa. Tali spese amministrative non possono però costituire un limite alla portabilità dei mutui ovvero un onere ingiustificato in caso di rimborso.
  In caso di estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo, in alternativa al rimborso del premio pagato relativo al periodo residuo, si prevede che le imprese, su richiesta del debitore/assicurato, forniscono la copertura assicurativa fino alla scadenza contrattuale a favore del nuovo beneficiario designato.
  La nuova disciplina si applica a tutti i contratti, compresi quelli commercializzati precedentemente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
  L'articolo 23 è volto a modificare la disciplina delle società di mutuo soccorso (SMS) di cui alla legge n. 3818 del 1886, per adeguarne la normativa e per ampliare il loro campo di attività.
  Più in dettaglio, il comma 1 prevede l'iscrizione delle società di mutuo soccorso al Registro delle imprese, secondo criteri e modalità che verranno stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, al fine di superare l'opposizione di alcune Camere di commercio, che considerano tali società enti non commerciali: al riguardo si prevede che l'iscrizione avviene nella sezione «imprese sociali», con l'ulteriore automatica iscrizione presso l'Albo delle società cooperative, analogamente a quanto previsto dal comma 2, dell'articolo 10, della legge n. 99 del 2009 per le imprese cooperative.
  Il comma 2 sostituisce l'articolo 1 della legge n. 3818 del 1886, riconducendo anzitutto l'assenza di finalità di lucro al perseguimento della finalità di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale.
  Si ampliano inoltre le attività che le società di mutuo soccorso possono svolgere in esclusivo favore dei soci e dei loro familiari conviventi (erogazione di trattamenti e prestazioni socio-sanitari nei casi di infortunio, malattia ed invalidità al lavoro, nonché in presenza di inabilità temporanea o permanente; erogazione di servizi di assistenza familiare o di contributi economici ai familiari dei soci deceduti; erogazione di sussidi in caso di spese sanitarie sostenute dai soci per la diagnosi e la cura delle malattie e degli infortuni; erogazione di contributi economici e di servizi di assistenza ai soci che si trovino in condizione di gravissimo disagio economico a seguito dell'improvvisa perdita di fonti reddituali personali e familiari e in assenza di provvidenze pubbliche), stabilendo altresì che le prime due attività Pag. 230potranno essere svolte anche attraverso l'istituzione o la gestione dei fondi sanitari integrativi.
  Tale istituzione e gestione (regolata dal decreto legislativo n. 502 del 1992) sfugge al vincolo di destinazione per il quale le attività, ad eccezione dei casi previsti da disposizioni di leggi speciali, possono essere svolte nei limiti delle proprie disponibilità finanziarie e patrimoniali (il vincolo previgente era diverso, trattandosi di un obbligo di specificare la spesa e il modo di farvi fronte nell'annuo bilancio, dal quale non si poteva erogare il danaro sociale a fini diversi da quelli tipici, eccettuate le spese di amministrazione).
  Il comma 3 introduce un nuovo articolo 2 nella predetta legge n. 3818 del 1886, il quale dà la possibilità, alle società in questione, di promuovere attività di carattere educativo e culturale ai fini della prevenzione sanitaria e della diffusione dei valori mutualistici, limitando peraltro la loro azione alle attività espressamente previste ed escludendo espressamente lo svolgimento di attività d'impresa; si tratta di attività che sostituiscono il precedente fine di «cooperare all'educazione dei soci e delle loro famiglie» e di «dare aiuto ai soci per l'acquisto degli attrezzi del loro mestiere ed esercitare altri uffici propri delle istituzioni di previdenza economica».
  Il comma 4 aggiunge un terzo comma all'articolo 3 della legge n. 3818, che rende possibile la «mutualità mediata», in virtù della quale anche una di tali società può – oltre ad avere soci sostenitori, anche persone giuridiche – divenire socia ordinaria di altre società di mutuo soccorso; ciò a condizione che lo statuto lo preveda espressamente e che i membri persone fisiche di tali enti giuridici siano destinatari di una delle attività istituzionali delle medesime società di mutuo soccorso; la possibilità di aderire in qualità di socio è prevista anche per i Fondi sanitari integrativi in rappresentanza dei lavoratori iscritti.
  La norma inoltre ammette la categoria dei soci sostenitori, i quali possono essere anche persone giuridiche. I soci sostenitori possono designare fino a un terzo degli amministratori, che vanno comunque scelti tra i soci ordinari.
  Con il comma 5 si aggiunge un comma all'articolo 8 della legge n. 3818, prescrivendo la devoluzione patrimoniale della società in liquidazione o trasformata: ne beneficiano altre società di mutuo soccorso, ovvero i fondi mutualistici, ovvero ancora il corrispondente capitolo di bilancio dello Stato.
  Il comma 6 modifica la rubrica dell'articolo 18 del decreto legislativo n. 220 del 2002, in materia di riordino della vigilanza sugli enti cooperativi, mentre il comma 7 integra il medesimo articolo 18, confermando l'attuale sistema di vigilanza posto in capo al Ministero dello Sviluppo economico ed alle associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, aggiungendo in capo a queste (nei confronti delle SMS aderenti) la possibilità di essere delegatarie dei poteri di revisione del Ministero dello sviluppo economico. Inoltre si demanda a un decreto del medesimo Ministero dello sviluppo economico (che, in base al comma 8, dovrà essere adottato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge) la definizione dei modelli di verbale di revisione e di ispezione straordinaria, e si precisa l'ambito di applicazione delle attività di vigilanza, le quali hanno lo scopo di accertare la conformità dell'oggetto sociale alle attività previste dagli articoli 1 e 2. Resta comunque in capo al solo Ministero dello sviluppo economico il potere, in caso di accertata violazione delle suddette disposizioni, di disporre la perdita della qualifica di società di mutuo soccorso e la cancellazione dal Registro delle imprese e dall'Albo delle società cooperative.
  Il comma 9 reca un'interpretazione autentica in tema di vigilanza sugli enti cooperativi e loro consorzi, con riferimento all'articolo 4 del decreto legislativo n. 220 del 2002, nel senso che la vigilanza esplica effetti ed è diretta nei soli confronti delle pubbliche amministrazioni ai fini della legittimazione a beneficiare delle Pag. 231agevolazioni fiscali, previdenziali e di altra natura, nonché per l'adozione di eventuali provvedimenti sanzionatori.
  Il comma 10 sopprime la previsione di cui all'articolo 17, comma 3, della legge n. 49 del 1985, in materia di credito alla cooperazione, che recava l'obbligo, per il Ministero, di escludere dalla ripartizione delle risorse del Fondo per la salvaguardia dei livelli di occupazione le società finanziarie che non hanno effettuato erogazioni pari ad almeno l'80 per cento delle risorse conferite, decorsi due anni dal conferimento delle stesse.
  Il comma 11, con una modifica al comma 4 del medesimo articolo 17, sopprime inoltre, per le società finanziarie che assumono la natura di investitori istituzionali, l'obbligo d'iscrizione nell'elenco degli intermediari finanziari (previsto dall'articolo 106 del TUB).
  Il comma 12 integra il comma 5 dell'articolo 17, al fine di consentire che con le risorse apportate dal citato Fondo le società finanziarie possono assumere partecipazioni temporanee di minoranza nelle cooperative, anche in più soluzioni, e sottoscrivere, anche successivamente all'assunzione delle partecipazioni, strumenti finanziari emessi secondo la disciplina prevista per le società per azioni (di cui all'articolo 2526 del codice civile).
  Il comma 10-bis dell'articolo 23 reca disposizioni sull'alimentazione del fondo comune attributo all'Ente nazionale per il microcredito e sulla destinazione del contributo annuo stanziato in favore dell'Ente: per effetto delle norme in esame a detto fondo comune potranno affluire anche (oltre ai contributi volontari, ai beni attribuiti ex lege, ai contributi erogati da organismi nazionali od internazionali e ad ogni altro provento derivante dall'attività del Comitato) le risorse, pari a 1,8 milioni di euro annui, destinate all'Ente per la promozione, la prosecuzione e il sostegno di programmi di microcredito e microfinanza volti allo sviluppo economico e sociale del Paese e al contrasto alla povertà, nonché stanziati per il funzionamento del Comitato medesimo, e poste a carico del bilancio dello Stato.
  Il contributo annuo viene dunque qualificato onere inderogabile, categoria tra cui rientrano esclusivamente le spese cosiddette obbligatorie, ossia le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, le spese derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle vincolate a particolari meccanismi o parametri, determinati da leggi che regolano la loro evoluzione.
  Inoltre si dispone che il citato contributo possa essere destinato anche alla costituzione di fondi di garanzia e fondi rotativi dedicati ad attività di microcredito e microfinanza in campo nazionale ed internazionale.
  L'articolo 23-bis, mediante la modifica dell'articolo 120-quater, comma 7, del TUB, eleva da dieci a trenta giorni il termine entro il quale deve perfezionarsi la surrogazione, onde evitare il risarcimento per ritardato perfezionamento delle procedure di surrogazione dei finanziamenti bancari (cosiddetta «portabilità» di finanziamenti e mutui).
  Al riguardo ricorda che l'articolo 27-quinquies del decreto-legge n. 1 del 2012 aveva ridotto il termine in esame a dieci giorni, rispetto ai trenta giorni precedentemente previsti dall'articolo 8, comma 8, del decreto-legge n. 70 del 2011. Per effetto delle modifiche apportate dalla disposizione, i termini utili al perfezionamento tempestivo della surrogazione sono riportati a trenta giorni.
  L'articolo 23-quater modifica le disposizioni concernenti la governance e la struttura delle banche popolari e delle società cooperative quotate.
  Più in dettaglio, viene elevata dallo 0,5 all'1 per cento la quota massima di partecipazione al capitale sociale delle banche popolari, prevedendo specifiche deroghe a tali limiti in favore delle fondazioni bancarie ed affidando allo statuto della banca la possibilità di subordinare l'ammissione a socio, oltre che a requisiti soggettivi, al possesso di un numero minimo di azioni.
  Le disposizione modifica poi la speciale disciplina delle società cooperative quotate Pag. 232contenuta nel Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, al fine di affidare all'autonomia statutaria la determinazione delle quote di capitale rilevanti ai fini dell'esercizio di specifici diritti azionari (relativi all'ordine del giorno in assemblea e all'elezione con voto di lista del consiglio di amministrazione).
  In particolare, il comma 1, lettera a), numero 1, modifica l'articolo 30 del TUB, sostituendo il primo periodo del comma 2, al fine di vietare la detenzione, in via diretta o indiretta, di azioni rappresentative del capitale sociale delle banche popolari in misura eccedente l'1 per cento del capitale sociale stesso. In sostanza, per effetto di tale modifica il limite del possesso azionario è elevato dallo 0,5 (previsto dalla norma vigente) all'1 per cento, chiarendo altresì che tale limite è operativo anche per le partecipazioni detenute indirettamente. La disposizione fa salva la facoltà prevedere nello statuto limiti più contenuti, comunque non inferiori allo 0,5 per cento.
  Il numero 2 della lettera a) inserisce un nuovo comma 2-bis nell'articolo 30 del TUB, ai sensi del quale, in deroga ai limiti così previsti, gli statuti possono fissare al 3 per cento la partecipazione delle fondazioni di origine bancaria (di cui al decreto legislativo n. 153 del 1999). Tale deroga è consentita a condizione che le fondazioni, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, detengano una partecipazione al capitale sociale superiore all'1 per cento se il superamento del limite deriva da operazioni di aggregazione e fermo restando che tale partecipazione non può essere ulteriormente incrementata. Sono fatti salvi i limiti più stringenti previsti dalla disciplina propria delle fondazioni bancarie e le autorizzazioni richieste ai sensi di norme di legge.
  Il numero 3 della lettera a) inserisce un nuovo comma 5-bis nel già richiamato articolo 30, al fine di consentire – con l'obiettivo di favorire la patrimonializzazione della società – allo statuto delle banche popolari di subordinare l'ammissione a socio, oltre che a requisiti soggettivi, al possesso di un numero minimo di azioni, il cui venir meno comporta la decadenza dalla qualità così assunte.
  La lettera b) introduce un nuovo comma 2-bis nell'articolo 150-bis del TUB, affidando agli statuti delle banche popolari la determinazione del numero massimo di deleghe che possono essere conferite ad un socio, fermo restando il limite di dieci deleghe previsto dall'articolo 2539, comma 1, del codice civile.
  Il comma 2 apporta invece modifiche al TUF.
  In particolare la lettera a) del comma modifica l'articolo 126-bis comma 1, del TUF, concernente le disposizioni in materia di integrazione dell'ordine del giorno dell'assemblea e di presentazione di nuove proposte di delibera delle società quotate, disponendo che per le società cooperative quotate la misura rilevante del capitale ai fini dell'applicazione di tali disposizioni in materia di assemblea venga determinata dagli statuti, anche in deroga alle disposizioni (articolo 135 del TUF) che impongono, per le società cooperative quotate, che le percentuali di capitale individuate nel codice civile e medesimo TUF siano rapportate al numero complessivo dei soci stessi.
  La lettera b) introduce un'analoga norma in materia di autodeterminazione statutaria nell'articolo 147-ter, comma 1, primo periodo, del TUF, che disciplina l'elezione e la composizione del consiglio di amministrazione. In tal modo, ove la società abbia forma di cooperativa, la misura è stabilita dagli statuti anche in deroga alle richiamate disposizioni dell'articolo 135 le quali impongono, per le società cooperative quotate, che le percentuali di capitale individuate nel codice civile e medesimo TUF siano rapportate al numero complessivo dei soci stessi.
  I commi 1 e 2 dell'articolo 24 modificano il TUF al fine di recepire le innovazioni apportate dal Regolamento n. 236/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di vendite allo scoperto di strumenti finanziari e di contratti derivati. Pag. 233
  Il comma 1 apporta le necessarie modifiche al TUF, in ottemperanza all'emanazione del predetto Regolamento (UE) N. 236/2012.
  In particolare, la lettera a) inserisce nel TUF l'articolo 4-bis, al fine di individuare quali autorità nazionali competenti ai sensi del regolamento n. 236/2012 il Ministero dell'economia e delle finanze, la Banca d'Italia e la CONSOB.
  Specificamente, ai sensi del nuovo articolo 4-bis:
   la CONSOB viene individuata quale autorità competente per ricevere le notifiche, attuare le misure ed esercitare le funzioni e i poteri previsti dal citato regolamento con riferimento a strumenti finanziari diversi dai titoli del debito sovrano e ai credit default swap su emittenti sovrani;
   la Banca d'Italia e la CONSOB (nell'ambito delle rispettive attribuzioni) sono individuate quali autorità competenti per ricevere le notifiche, attuare le misure e esercitare le funzioni e i poteri previsti dal regolamento citato con riferimento ai titoli del debito sovrano e ai credit default swap su emittenti sovrani, fatti salvi i poteri attribuiti al MEF;
   il Ministero dell'economia e delle finanze, su proposta della Banca d'Italia, sentita la CONSOB, esercita i poteri di temporanea sospensione delle restrizioni e di intervento in circostanze eccezionali previsti dal regolamento, sempre con riferimento al debito sovrano e ai credit default swap su emittenti sovrani;
   la CONSOB è altresì individuata quale autorità responsabile per la cooperazione e lo scambio di informazioni con la Commissione europea, l'AESFEM e le autorità competenti degli altri Stati membri.

  Per facilitare il coordinamento tra le autorità è prevista la stipula di un protocollo di intesa tra le autorità competenti per la definizione delle modalità della cooperazione e lo scambio di informazioni rilevanti per l'esercizio delle rispettive funzioni. Il coordinamento deve concernere, tra l'altro, le irregolarità rilevate, le misure adottate nell'esercizio delle rispettive competenze, le modalità di ricezione delle notifiche, nell'esigenza di ridurre al minimo gli oneri gravanti sugli operatori.
  Per adempiere alle rispettive competenze, sono altresì attribuiti alla Banca d'Italia e alla CONSOB i poteri attualmente attribuiti a quest'ultima (previsti dall'articolo 187-octies del TUF) in materia di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato.
  A fini di coordinamento con quanto previsto dalla lettera a), la lettera b) del comma 1 modifica l'articolo 170-bis del TUF, dedicato alle sanzioni previste nel caso di ostacolo alle funzioni di vigilanza, al fine di enumerare, accanto alla CONSOB, anche la Banca d'Italia come soggetto che esercita funzioni di vigilanza.
  Analogamente, la lettera c) modifica l'articolo 187-quinquiesdecies del TUF, concernente le sanzioni amministrative a tutela dell'attività di vigilanza, sempre aggiungendo, accanto alla CONSOB, la Banca d'Italia come soggetto che esercita funzioni di vigilanza.
  La lettera d) inserisce nel TUF un nuovo l'articolo 193-ter, specificamente dedicato alle sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni di quanto previsto dal regolamento n. 236/2012. Il nuovo articolo 193-ter prevede anzitutto la sanzione amministrativa pecuniaria, consistente nel pagamento di una somma da 25.000 a 2.500.000 euro per chi:
   non osservi le disposizioni previste dagli articoli 5, 6, 7, 8, 9, 15, 17, 18 e 19 del regolamento n. 236/2012 (si tratta, rispettivamente, degli obblighi relativi a: notifiche alle autorità competenti di importanti posizioni corte nette in titoli azionari e comunicazione al pubblico di importanti le predetti posizioni; notifica alle autorità competenti di importanti posizioni corte nette in debito sovrano e di posizioni scoperte nei credit default swap su emittenti sovrani; concernenti i metodi di notifica e comunicazione al pubblico; procedure di esecuzione coattiva; esenzione per attività di supporto agli scambi Pag. 234e operazioni di mercato primario; notifica e comunicazione al pubblico in circostanze eccezionali; notifica da parte dei prestatori in circostanze eccezionali);
   violi le disposizioni di cui agli articoli 12, 13 e 14 del medesimo regolamento (concernenti rispettivamente le restrizioni alle vendite allo scoperto di titoli azionari, di titoli di debito sovrano e di CDS su emittenti sovrani in assenza della disponibilità dei titoli medesimi);
   violi le misure adottate dalle autorità competenti di cui all'articolo 4-ter, ai sensi degli articoli 20, 21 e 23 del medesimo regolamento (rispettivamente relativi alle restrizioni alle vendite allo scoperto e operazioni analoghe in circostanze eccezionali; alle restrizioni alle operazioni relative a CDS su emittenti sovrani in circostanze eccezionali e al potere di restringere temporaneamente la vendita allo scoperto di strumenti finanziari in caso di una diminuzione significativa del prezzo).

  Dette sanzioni sono aumentate fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dall'illecito quando, per le qualità personali del colpevole, per l'entità del prodotto o del profitto conseguito dall'illecito ovvero per gli effetti prodotti sul mercato, esse appaiono inadeguate anche se applicate nel massimo.
  È inoltre prevista la confisca del prodotto o del profitto dell'illecito accanto alle sanzioni suddette. Qualora non sia possibile eseguire la confisca, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente. A tali sanzioni non si applica l'articolo 16 della legge n. 689 del 1981, che consente in specifiche ipotesi di pagare le sanzioni in misura ridotta.
  Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 24-bis modifica in più punti la disciplina dell'attività di bancoposta svolta da Poste italiane S.p.a.
  In particolare, la lettera a) del comma 1 apporta modifiche all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 144 del 2011, in primo luogo al fine di includere tra le definizioni ivi recate anche quella di «Patrimonio Bancoposta», ovvero il patrimonio destinato attraverso cui Poste Italiane esercita le attività di bancoposta.
  La medesima lettera a), accanto a disposizioni di coordinamento formale, intende inoltre specificare la definizione di «bollettino di conto corrente postale» recata dall'articolo 1, comma 1, lettera g), del decreto del Presidente della Repubblica n. 144 del 2001, precisando che si intende per tale sia il modulo emesso da Poste per il versamento di fondi su un conto corrente postale sia in forma cartacea che elettronica.
  La lettera b) del comma 1 modifica in più punti l'articolo 2 del citato decreto del Presidente della Repubblica 144 del 2001.
  In primo luogo (sostituendo la lettera c) dell'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 144) si allinea la disciplina ivi prevista, secondo la quale tra le attività di bancoposta vi è la prestazione di servizi di pagamento, alla disciplina dei servizi di pagamento contenuta nel decreto legislativo n. 11 del 2010. A tale riguardo si precisa che la prestazione di servizi di pagamento in seno all'attività di bancoposta comprende l'emissione di moneta elettronica e di altri mezzi di pagamento, in luogo di comprendere l'emissione, la gestione e la vendita di carte prepagate e di altri mezzi di pagamento.
  Inoltre, aggiungendo una nuova lettera f-bis) nell'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 144, tra le attività di bancoposta viene incluso l'esercizio in via professionale del commercio di oro, per conto proprio o per conto terzi, secondo quanto disciplinato dalla legge 17 gennaio 2000, n. 7.
  La medesima lettera b) aggiunge inoltre un nuovo comma 2-bis nell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 144, al fine di consentire a Poste Italiane di stabilire succursali negli altri Stati comunitari ed extracomunitari per l'esercizio di attività di bancoposta, nonché di esercitare le attività di bancoposta ammesse Pag. 235al mutuo riconoscimento in uno Stato comunitario senza stabilirvi succursali ed operare in uno Stato extracomunitario senza stabilirvi succursali.
  Viene disposta anche l'integrale sostituzione dell'articolo 2, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 144, che prevede l'applicazione all'attività di bancoposta di numerose disposizioni del TUB, in quanto compatibili.
  Coerentemente a tali modifiche, si prevede l'applicazione alle attività di raccolta del risparmio svolte da bancoposta delle norme del TUB in materia di succursali estere (articolo 15 commi 1, 2 e 16, commi 1, 2 e 5, del TUB) e di tutte le norme relative alle partecipazioni nelle banche (articoli da 19 a 24 del TUB).
  Non è invece più prevista l'applicazione dei requisiti di onorabilità dei titolari di partecipazioni rilevanti o di controllo (articolo 25 del TUB), mentre persistono i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza posti a carico degli esponenti aziendali (articolo 26 del TUB).
  Le modifiche prevedono inoltre l'applicazione integrale – non più parziale – delle norme in tema di vigilanza ispettiva sull'attività (articolo 68 del TUB) svolta dalla Banca d'Italia, delle norme sull'emissione e sul rimborso della moneta elettronica (articoli 114-bis e 114-ter del TUB).
  Si prevede altresì l'applicabilità delle disposizioni in materia di diritto di recesso (articolo 120-bis del TUB), e delle tutele previste in materia di credito al consumo (articoli da 121, comma 3, a 126 del TUB), con esclusivo riferimento all'attività di intermediario svolta da Poste Italiane in seno all'attività di bancoposta; si precisa inoltre che saranno operative le disposizioni introdotte nel TUB a seguito del recepimento della richiama disciplina europea dei servizi di pagamento (articoli da 126-bis a 128-quater del TUB).
  Per quanto concerne le norme applicabili all'attività di prestazione servizi di investimento, modificando il comma 4 dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 144, si prevede una più ampia applicazione dei poteri di vigilanza regolamentare della Banca d'Italia e della CONSOB su tali servizi e l'integrale applicazione dei poteri di vigilanza ispettiva; sarà integrale anche l'applicazione delle regole concernenti l'autorizzazione di Poste Italiane a operare nei mercati regolamentati, non più dunque limitandole a quelli italiani. Inoltre, ai servizi di investimento prestati da Poste Italiane si applicheranno le disposizioni in materia di tutela degli interessi collettivi degli investitori e di risoluzione stragiudiziale di controversie (articoli 32-bis e 32-ter del TUF).
  Modificando il successivo comma 6 dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 144 si includono altresì, tra le norme applicabili al risparmio postale, anche quelle del decreto ministeriale 6 ottobre 2004 (che disciplina la raccolta di fondi, con obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello Stato, effettuata dalla Cassa depositi e prestiti S.p.a. avvalendosi di Poste italiane S.p.a, ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003).
  Con l'introduzione del nuovo comma 9-bis nell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 144 si consente a Poste, nell'esercizio dell'attività di bancoposta, di svolgere attività di promozione e collocamento di prodotti e servizi bancari e finanziari fuori sede.
  La lettera c) del comma 1 sostituisce il comma 2 dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 144, disponendo che la comunicazione ai clienti delle variazioni contrattuali unilaterali sfavorevoli eventualmente apportate ai tassi di interesse, ai prezzi o alle altre condizioni previsti nei contratti a tempo indeterminato sia effettuata, in luogo della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale o avviso inviato ai correntisti, con le medesime garanzie e tutele previste dagli articoli 118 e 126-sexies del TUB in materia di contratti di durata e di servizi di pagamento.
  La lettera d) del comma 1 sostituisce i commi 1 e 4 dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 144 (che reca la disciplina del bollettino di conto corrente postale), al fine di precisare che Pag. 236il bollettino possa essere emesso anche in formato elettronico, in luogo del solo formato cartaceo.
  La lettera e) sostituisce il comma 1 dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 144, al fine di precisare che, tra i servizi e le attività di investimento che Poste può svolgere nei confronti del pubblico vi è quello di collocamento di strumenti finanziari senza assunzione a fermo, né assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente, prevista dall'articolo 1, comma 5, lettera c-bis, del TUF.
  L'articolo 24-ter aggiunge al comma 1 dell'articolo 136 del TUB una norma che prevede la facoltà del consiglio di amministrazione di delegare l'approvazione delle operazioni assunte da esponenti bancari in potenziale conflitto di interessi, nel rispetto delle modalità previste.
  Osserva in proposito come la disposizione non indichi a quali organi sociali o, più in generale, a quali soggetti sia delegato il potere di approvazione delle operazioni assunte da esponenti bancari.
  La norma sopprime, inoltre, i commi 2 e 2-bis del medesimo articolo 136, i quali prevedono l'applicazione della suddetta norma anche a chi svolge funzioni di amministrazione, direzione e controllo, presso una banca o società facenti parte di un gruppo bancario, per le obbligazioni e per gli atti posti in essere con la società medesima o per le operazioni di finanziamento poste in essere con altra società o con altra banca del gruppo.
  L'articolo 25 introduce la definizione di start-up innovativa e ne stabilisce i requisiti soggettivi e oggettivi tra cui: maggioranza del capitale detenuta da persona fisica, 20 per cento della spesa destinato a ricerca e sviluppo, occupazione di ricercatori pari a un terzo del personale.
  Le misure previste possono essere concesse anche a società costituite anteriormente, se rientranti nella definizione di start up innovativa. È disciplinata la specifica categoria della start-up a vocazione sociale caratterizzata per operare in via esclusiva in alcuni settori particolari, tra cui: assistenza sociale e sanitaria, educazione, istruzione e formazione, tutela dell'ambiente, valorizzazione del patrimonio culturale, turismo sociale e, infine, formazione universitaria e post-universitaria. Inoltre è disciplinata la definizione di incubatori certificati. Tali sono le società che offrono servizi per sostenere la nascita e lo sviluppo di start-up innovative. Presso le Camere di commercio, industria e artigianato, è istituita un'apposita sezione speciale del registro delle imprese per le start up innovative e per gli incubatori certificati. Sono altresì previste forme di pubblicità delle informazioni inerenti la vita e l'attività delle start-up e degli incubatori che operano nello speciale regime giuridico previsto dal decreto-legge.
  L'articolo 26 reca norme volte a semplificare alcune procedure per le imprese start-up innovative in materia di reintegro delle perdite, diritti attribuiti ai soci, disapplicazione della disciplina delle società di comodo e in perdita sistemica, offerta al pubblico, divieto di operazioni sulle proprie partecipazioni, emissione di strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o di diritti amministrativi, nonché l'esonero dal versamento di alcuni diritti di bollo e di segreteria.
  In dettaglio, il comma 1 estende di dodici mesi il periodo di cosiddetto «rinvio a nuovo» delle perdite (dalla chiusura dell'esercizio successivo alla chiusura del secondo esercizio successivo), così da consentire alla impresa start-up innovativa di completare l'avvio e di rientrare fisiologicamente dalle perdite maturate nelle primissime fasi.
  Nei casi di riduzione del capitale della società al di sotto del minimo legale (articolo 2447 del codice civile per le Spa e 2482-ter per le Srl), si consente anche il differimento della decisione sulla ricapitalizzazione entro la chiusura dell'esercizio successivo; pertanto fino a tale data non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale (ai sensi degli articoli di cui agli articoli 2484, primo comma, n. 4), e 2545-duodecies del codice civile); se però entro l'esercizio successivo il capitale non risulta reintegrato al di sopra del minimo legale, Pag. 237l'assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve deliberare ai sensi della disciplina codicistica.
  I commi 2 e 3 estendono anche alle imprese start-up innovative costituite in forma di S.r.l. – in deroga all'articolo 2468, commi secondo e terzo, e 2479, comma 5, del codice civile – la libera determinazione dei diritti attribuiti ai soci, attraverso la creazione di categorie di quote anche prive di diritti di voto o con diritti di voto non proporzionali alla partecipazione ovvero diritti di voto limitati a particolari argomenti o subordinati al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative. Si tratta di istituti previsti in via ordinaria per le s.p.a., ma la cui estensione risponde alla ratio di consentire una diversificazione delle opzioni di investimento per gli investitori interessati ad entrare nel capitale della impresa start-up innovativa, favorendone la crescita.
  Il comma 4 prevede per le start-up innovative la disapplicazione della disciplina in materia di società di comodo e in perdita sistemica, di cui all'articolo 30 della legge n. 724 del 1994, e all'articolo 2, commi da 36-decies a 36-duodecies, del decreto-legge n. 138 del 2011.
  Il comma 5 deroga al regime ordinario che vieta l'offerta al pubblico, ammettendo quindi che le quote di partecipazione in start-up innovative costituite in forma di S.r.l. possano essere oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, nei limiti previsti dalle leggi speciali (incluso attraverso l'impiego di funding portal).
  Il comma 6 introduce una deroga al divieto assoluto di operazioni sulle proprie partecipazioni (stabilito dall'articolo 2474 del codice civile) qualora l'operazione sia effettuata dall'impresa start-up innovativa costituita in forma di S.r.l. in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l'assegnazione di quote di partecipazione a dipendenti, collaboratori, componenti dell'organo amministrativo o prestatori di opere o servizi, anche professionali.
  In parziale sovrapposizione col principio della libera determinazione dei diritti attribuiti ai soci, già affermato ai commi 2 e 3, il comma 7 estende all'impresa start-up innovativa e agli incubatori certificati anche l'istituto, ammesso nelle S.p.A., dell'emissione di strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nelle decisioni dei soci: ciò a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, trattandosi di strumenti partecipativi (non imputati a capitale) volti a consentire la diffusione di pratiche di work-for-equity attraverso l'assegnazione di strumenti finanziari.
  Il comma 8 stabilisce l'esonero dal versamento dei diritti di bollo e di segreteria dovuti agli adempimenti per l'iscrizione al Registro delle imprese, nonché del pagamento del diritto annuale dovuto in favore delle Camere di commercio. L'esenzione è dipendente dal mantenimento dei requisiti previsti dalla legge per l'acquisizione della qualifica di start-up innovativa e di incubatore certificato e dura comunque non oltre il quarto anno di iscrizione.
  L'articolo 27 introduce agevolazioni fiscali in favore di alcuni soggetti che intrattengono rapporti, a diverso titolo, con start-up innovative e incubatori certificati.
  In primo luogo, i commi da 1 a 3 recano un regime tributario di favore per gli amministratori, i dipendenti e i collaboratori delle imprese qualificate come start-up innovative e dei cosiddetti «incubatori certificati». Per tali soggetti, non concorre a formare l'imponibile a fini fiscali e contributivi quella parte di reddito di lavoro che deriva dall'attribuzione di azioni, quote, strumenti finanziari partecipativi o diritti (anche di opzione).
  Il comma 4 precisa il regime fiscale applicabile alle azioni, alle quote e agli strumenti finanziari partecipativi emessi a titolo di corrispettivo per l'apporto di opere e servizi in favore di start-up innovative o di incubatori certificati; fermo restando che i predetti strumenti finanziari – secondo le regole generali – non sono sottoposti a tassazione in capo al soggetto apportante, nel caso delle start-up e degli incubatori detti strumenti non concorrono a formare l'imponibile fiscale Pag. 238anche se emessi a fronte di crediti maturati per la prestazione di opere e servizi, ivi inclusi quelli professionali.
  L'articolo 27-bis prevede l'applicazione del credito di imposta per le nuove assunzioni di profili altamente qualificati (previsto dall'articolo 24 del decreto-legge n. 83 del 2012) alle start-up innovative e agli incubatori certificati come definite, rispettivamente, dai commi 2 e 5 dell'articolo 25 secondo modalità semplificate.
  In particolare, il credito d'imposta è concesso al personale altamente qualificato assunto a tempo indeterminato, compreso quello assunto attraverso i contratti di apprendistato. Ai fini della concessione del credito d'imposta, non si applicano le disposizioni di cui ai commi 8, 9 e 10 del citato articolo 24.
  I controlli, secondo quanto disposto dai richiamati commi 8 e 9, avvengono sulla base di apposita documentazione contabile certificata da un revisore iscritto nel registro dei revisori dei conti o dal collegio sindacale. La certificazione viene allegata al bilancio. Le imprese non soggette a revisione contabile e prive di collegio sindacale devono avvalersi per la certificazione delle spese di un consulente tecnico indipendente (che non abbia avuto nei tre anni precedenti un rapporto di collaborazione o dipendenza con l'impresa) e iscritto al registro dei revisori contabili. La spesa sostenuta per la certificazione contabile è ammessa a contributo nel limite di 5.000 euro.
  Nel caso di colpa grave nell'esecuzione degli atti di certificazione al revisore si applicano le sanzioni previste dall'articolo 64 del codice di procedura civile per il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti (arresto fino a un anno o ammenda fino a euro 10.329), nonché la sospensione dall'esercizio della professione e fermo il risarcimento dei danni causati alle parti.
  Inoltre, il credito d'imposta è concesso alle start-up innovative e agli incubatori certificati in via prioritaria rispetto alle altre imprese, fatta salva la quota (2 milioni per il 2012 e 3 milioni annui a decorrere dal 2013) riservata dal comma 13-bis del predetto articolo 24 in favore delle assunzioni in oggetto da parte di imprese che abbiano la sede o unità locali nei territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessati dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012.
  L'istanza per fruire del contributo, prevista dal comma 6 del medesimo articolo, è redatta in forma semplificata secondo le modalità stabilite con il decreto applicativo previsto dal successivo comma 11 (che alla data odierna non risulta ancora emanato).
  L'articolo 29 introduce una serie di incentivi fiscali per gli anni 2013-2015, in favore di persone fisiche e persone giuridiche che intendono investire nel capitale sociale di imprese cosiddette «start-up innovative».
  In dettaglio, il comma 1 dispone che, per gli anni 2013, 2014 e 2015, i soggetti passivi IRPEF possono fruire di una detrazione d'imposta pari al 19 per cento delle somme investite nel capitale sociale di una o più start-up innovative. Ai sensi del comma 7 tale percentuale si innalza al 25 per cento per le start-up a vocazione sociale o operanti in ambito energetico.
  Ai fini dell'agevolazione, le somme possono essere investite sia direttamente sia per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) che investano prevalentemente in start-up innovative.
  Il comma 2 prevede che non si tiene conto delle altre detrazioni eventualmente spettanti al contribuente. La parte di detrazione non fruita (in tutto o in parte) nel periodo di imposta di riferimento può essere portata in detrazione nei 3 anni successivi.
  La disposizione è diretta ad aumentare la capacità di attrazione dei capitali privati delle imprese start-up innovative con il ricorso alla leva fiscale, come accade, ad esempio, nel Regno Unito dove, pur con alcune limitazioni, è possibile investire in determinati prodotti mobiliari beneficiando di agevolazioni fiscali per il costo sostenuto per l'investimento. Pag. 239
  L'investimento massimo detraibile non può eccedere l'importo di 500.000 euro per ciascun periodo d'imposta, con il vincolo che deve essere mantenuto per almeno 2 anni.
  In base al comma 3, qualora l'investimento venga ceduto, anche parzialmente, prima del decorso di tale termine, il contribuente decade dal beneficio con l'obbligo di restituire l'importo detratto, unitamente agli interessi legali.
  I commi 4 e 5 introducono incentivi in favore delle persone giuridiche soggetti IRES.
  In particolare il comma 4 prevede che, per i periodi d'imposta 2013, 2014 e 2015, il 20 per cento della somma investita nel capitale sociale di una o più imprese start-up innovative, direttamente ovvero per il tramite di OICR o altre società che investano prevalentemente in imprese start-up innovative, non concorra alla formazione del reddito dei soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società (IRES) diversi da imprese start-up innovative. Tale percentuale di deduzione sale al 27 per cento per le start-up a vocazione sociale o operanti in ambito energetico, ai sensi del comma 7.
  Analogamente a quanto previsto per le persone fisiche, per poter fruire dell'agevolazione l'investimento deve essere mantenuto per almeno due anni e in caso di cessione, anche parziale, dell'investimento prima di tale termine il beneficio decade e va recuperato a tassazione l'importo dedotto, maggiorato degli interessi legali.
  In base al comma 5, in ogni caso l'importo massimo deducibile non può superare, in ciascun periodo d'imposta, 1.800.000 euro.
  Il comma 6 prevede espressamente che la predetta agevolazione (deduzione del 20 per cento) non si applica né agli OICR né alle altre società che investano prevalentemente in imprese start-up innovative. Il comma 4, peraltro, prevede l'inapplicabilità dell'agevolazione anche alle stesse start-up innovative (che pertanto possono essere solo destinatarie di risorse per le quali altri contribuenti invocano l'agevolazione ma non possono esse stesse beneficiare direttamente dell'agevolazione).
  Il comma 8 affida a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto col Ministero dello sviluppo economico, l'individuazione delle modalità attuative delle predette agevolazioni. Il provvedimento deve essere emanato entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge (20 ottobre 2012), ovvero entro il 19 dicembre 2012.
  Il comma 9 subordina l'efficacia delle disposizioni recate dall'articolo in commento all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), richiesta dal Ministero dello sviluppo economico.
  L'articolo 30 reca disposizioni in materia di raccolta di capitale di rischio da parte delle imprese start-up innovative, consentendo che essa avvenga mediante portali on line (cosiddetto crowdfunding).
  In dettaglio, il comma 1 modifica l'articolo 1 del TUF, al fine di inserirvi la definizione di portale per la raccolta di capitali per le start-up innovative, intendendosi per tale una piattaforma online che abbia come finalità esclusiva la facilitazione della raccolta di capitale di rischio da parte delle start-up innovative, comprese le start-up a vocazione sociale.
  Il comma 2 introduce nella parte II del titolo III del TUF il Capo III-quater, costituito da un nuovo articolo 50-quinquies, dedicato alla disciplina della gestione di portali per la raccolta di capitali per start-up innovative.
  Lo svolgimento di tale attività viene riservata:
   alle imprese di investimento;
   alle banche autorizzate ai relativi servizi di investimento;
   ai soggetti iscritti in un apposito registro, tenuto dalla CONSOB, purché questi ultimi trasmettano gli ordini riguardanti la sottoscrizione e la compravendita di strumenti finanziari rappresentativi di capitale esclusivamente a banche e imprese di investimento.

Pag. 240

  È fatto divieto ai soggetti iscritti nel registro di detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza di terzi.
  Inoltre, si affida alla CONSOB il compito di determinare con regolamento i principi e i criteri relativi:
   alla formazione del registro e alle relative forme di pubblicità;
   alle eventuali ulteriori condizioni per l'iscrizione nel registro, alle cause di sospensione, radiazione e riammissione e alle misure applicabili nei confronti degli iscritti nel registro;
   alle eventuali ulteriori cause di incompatibilità;
   alle regole di condotta che i gestori di portali devono rispettare nel rapporto con gli investitori, prevedendo un regime semplificato per i clienti professionali.

  Alla CONSOB è altresì affidata la vigilanza sui gestori di portali per verificare l'osservanza delle disposizioni di cui al presente articolo e della relativa disciplina di attuazione. A tal fine l'Autorità ha il potere di richiedere la comunicazione di dati e di notizie e la trasmissione di atti e di documenti, fissando i relativi termini, nonché effettuare ispezioni.
  Sono infine previste particolari misure sanzionatorie nei confronti di gestori di portali che violano le norme così introdotte, ovvero le disposizioni attuative emanate dalla CONSOB: in base alla gravità della violazione e tenuto conto dell'eventuale recidiva si prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 25.000 euro.
  Per i soggetti iscritti nell'apposito registro può altresì essere disposta la sospensione da uno a quattro mesi o la radiazione dal registro. Si prevede infine che le sanzioni siano applicate dalla CONSOB con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti agli interessati, da effettuarsi entro centottanta giorni dall'accertamento ovvero entro trecentosessanta giorni se l'interessato risiede o ha la sede all'estero, e valutate le deduzioni da essi presentate nei successivi trenta giorni. Nello stesso termine gli interessati possono altresì chiedere di essere sentiti personalmente. A tali sanzioni si applicano le disposizioni contenute nella disciplina generale delle sanzioni amministrative (di cui alla legge n. 689 del 1981, ad eccezione dell'articolo 16 che prevede il pagamento delle sanzioni in misura ridotta). Resta fermo quanto previsto dalle norme in materia di provvedimenti ingiuntivi emanati nei confronti di imprese di investimento, alle banche, alle SGR e alle società di gestione armonizzate.
  Il comma 3, al fine di coordinare la normativa in materia di offerta al pubblico di prodotti finanziari con le offerte condotte esclusivamente attraverso i portali per la raccolta di capitali, introduce nel TUF l'articolo 100-ter, prevedendo che le offerte al pubblico condotte esclusivamente attraverso uno o più portali per la raccolta di capitali possono avere ad oggetto soltanto la sottoscrizione di strumenti finanziari emessi dalle start-up innovative e devono avere un corrispettivo totale inferiore a quello determinato dalla CONSOB con regolamento (ai sensi dell'articolo 100, comma 1, lettera c), del TUB). Inoltre, è affidata alla CONSOB la determinazione della disciplina applicabile alle predette offerte, al fine di assicurare la sottoscrizione da parte di investitori professionali o particolari categorie di investitori dalla stessa individuate di una quota degli strumenti finanziari offerti, quando l'offerta non sia riservata esclusivamente a clienti professionali, nonché di tutelare gli investitori diversi dai clienti professionali nel caso in cui i soci di controllo della start-up innovativa cedano le proprie partecipazioni a terzi successivamente all'offerta.
  Il comma 4, modificando l'articolo 190, comma 1, del TUF, prevede che siano puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria anche coloro che esercitino l'attività di gestore di portali in assenza dell'iscrizione nell'apposito registro.
  Ai sensi del comma 5, il termine entro cui la CONSOB detta le disposizioni attuative Pag. 241è di 90 giorni, decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
  Il comma 6 reca modalità semplificate e gratuite, in favore delle start-up innovative e degli incubatori certificati (di cui all'articolo 25, comma 5, del decreto-legge) di intervento da parte del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese. Le modalità di intervento e i relativi criteri sono individuati con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro 60 giorni dalla data di conversione in legge del decreto-legge; le modifiche riguardanti il funzionamento del Fondo devono complessivamente assicurare il rispetto degli equilibri di finanza pubblica.
  Il comma 7 include anche le imprese start-up innovative operanti in Italia tra le imprese destinatarie dei servizi (assistenza in materia normativa, societaria, fiscale, immobiliare, contrattualistica e creditizia) messi a disposizione dall'ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane.
  Il comma 8 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 31, comma 1, stabilisce che alle start-up innovative, nei primi quattro anni dalla costituzione, non si applicano né l'istituto del fallimento né le altre procedure concorsuali disciplinate dalla legge fallimentare. In caso di crisi, a queste imprese si applicherà esclusivamente, in base al comma 2, la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento disciplinata dalla legge n. 3 del 2012, come modificata dall'articolo 18 del decreto-legge.
  La previsione ha l'obiettivo di contrarre i tempi della liquidazione giudiziale della start-up in crisi, approntando un procedimento semplificato rispetto a quelli previsti dalla legge fallimentare e fondato non sulla perdita di capacità dell'imprenditore ma, piuttosto, sulla mera segregazione del patrimonio destinato alla soddisfazione dei creditori concorsuali.
  In tale contesto, sempre ai sensi del comma 2, trascorsi 12 mesi dall'iscrizione nel registro delle imprese del decreto di apertura della procedura liquidatoria prevista dalla legge n. 3 del 2012, i dati relativi ai soci della start-up innovativa non saranno più accessibili al pubblico ma esclusivamente all'autorità giudiziaria e alle autorità di vigilanza. Restano altresì pubblici i dati relativi alla società di capitali assoggettata alla procedura.
  L'articolo 32 prevede, al comma 1, che la Presidenza del Consiglio dei ministri promuova una campagna di sensibilizzazione a livello nazionale per diffondere una maggiore consapevolezza pubblica sulle opportunità imprenditoriali legate all'innovazione e alla nascita e allo sviluppo di imprese start-up innovative.
  In tale prospettiva il comma 2 prevede che un sistema permanente di monitoraggio e valutazione, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, verifichi l'impatto delle misure volte a favorire la nascita e lo sviluppo di tali imprese, avvalendosi anche dei dati forniti da soggetti del Sistema statistico nazionale. A tal fine il comma 5 prevede, a favore dell'ISTAT, uno stanziamento di 150.000 euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 per la raccolta dei dati.
  Il comma 7 stabilisce inoltre che il Ministro dello sviluppo economico presenti annualmente una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni in materia di start-up innovative, mettendo in rilievo l'impatto di tali norme sulla crescita e l'occupazione.
  I commi 1 e 2 dell'articolo 33 recano una disciplina sperimentale per il riconoscimento di un credito d'imposta per la realizzazione di nuove opere infrastrutturali di importo superiore a 500 milioni di euro con contratti di partenariato pubblico privato (PPP), a valere sull'IRES e sull'IRAP generate in relazione alla costruzione e gestione dell'opera stessa.
  Viene inoltre stabilito che il credito di imposta non costituisce ricavo ai fini delle imposte dirette e dell'IRAP e viene previsto che esso venga posto a base di gara per l'individuazione dell'affidatario del contratto di PPP e successivamente dovrà essere riportato anche nel contratto.Pag. 242
  I commi da 2-bis a 2-quater, oltre a prevedere l'attestazione del credito d'imposta per le opere infrastrutturali, ampliano le misure agevolative a favore delle imprese che realizzano nuove opere infrastrutturali con contratto di partenariato pubblico privato (PPP), attraverso l'esenzione dal pagamento del canone di concessione.
  Il comma 3 modifica l'ambito di applicazione della disciplina in materia di finanziamento di infrastrutture mediante defiscalizzazione contenuta nell'articolo 18 della legge di stabilità 2012 (legge n. 183 del 12 novembre 2011).
  In sintesi, si delineano quindi tre distinte modalità di sostegno alla realizzazione di nuove opere infrastrutturali, le cui procedure sembrano essere sostanzialmente analoghe:
   in via sperimentale, il credito d'imposta per nuove opere di importo superiore a 500 milioni di euro;
   l'esenzione dal pagamento del canone di concessione, sempre per nuove opere di importo superiore a 500 milioni di euro, che è cumulabile con la misura precedente;
   la defiscalizzazione per nuove opere incluse in piani o programmi di amministrazioni pubbliche previsti a legislazione vigente (di cui all'articolo 18 della legge n. 183 del 2011).

  Il comma 3-bis estende la disciplina concernente l'emissione di obbligazioni e di titoli di debito da parte delle società di progetto di cui all'articolo 157 del decreto legislativo n. 163 del 2006 anche alle società operanti nella gestione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica.
  Il comma 4-bis estende la possibilità di emissione di obbligazioni e di titoli di debito per la realizzazione di specifici progetti infrastrutturali alle società titolari delle autorizzazioni per la realizzazione di reti di comunicazione elettronica e a quelle titolari delle licenze individuali per l'istallazione e la fornitura di reti di telecomunicazioni pubbliche.
  Il comma 4-ter prevede che, a garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti, le università possono rilasciare delegazione di pagamento a valere sulle entrate proprie e da trasferimenti, ovvero sui corrispondenti proventi risultanti dal conto economico. A tal fine, l'atto di delegazione, non soggetto ad accettazione, è notificato al tesoriere da parte delle università e costituisce titolo esecutivo.
  L'articolo 34, al comma 3, lettera a), esclude dalla riduzione dei canoni per locazioni passive delle pubbliche amministrazioni gli immobili conferiti ai fondi immobiliari e successivamente trasferiti a terzi aventi causa.
  Al riguardo ricorda che l'articolo 3, commi da 1 a 10 e da 12 a 18, del decreto-legge n. 95 del 2012 ha dettato disposizioni volte a ridurre e razionalizzare gli spazi utilizzati dalle pubbliche amministrazioni per scopi istituzionali, nonché a contenere la spesa per locazioni passive. In particolare, per i contratti di locazione passiva delle pubbliche amministrazioni, è disposta la riduzione del 15 per cento del canone e la sospensione per un triennio degli adeguamenti ISTAT. È stato inoltre introdotto un parametro di riferimento per gli spazi ad uso ufficio e addetti a cui le pubbliche amministrazioni devono adeguarsi. Sono previste norme finalizzate a ridurre le locazioni passive, favorendo l'utilizzo da parte delle amministrazioni pubbliche di immobili di regioni ed enti locali a titolo gratuito, in condizione di reciprocità, e di enti pubblici non territoriali a canoni agevolati.
  Il comma 8 del medesimo articolo 3 del decreto-legge n. 95 esclude dalla riduzione dei canoni di locazione passiva gli immobili di proprietà dei fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge n. 351 del 2001, il quale ha autorizzato il Ministro dell'economia a promuovere la costituzione di fondi comuni di investimento immobiliare, conferendo o trasferendo beni immobili a uso diverso da quello residenziale dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Pag. 243Stato e degli enti pubblici non territoriali, individuati con uno o più decreti che disciplinano le procedure per l'individuazione o l'eventuale costituzione della società di gestione, per il suo funzionamento e per il collocamento delle quote del fondo e i criteri di attribuzione dei proventi derivanti dalla vendita delle quote.
  La modifica recata dalla lettera a) è dunque volta a integrare la predetta disposizione, includendo gli aventi causa da detti Fondi, per il limite di durata del finanziamento degli stessi Fondi, tra i soggetti esclusi dalla riduzione del canone.
  La lettera b) del medesimo comma 3 trasferisce in proprietà, nello stato di fatto e di diritto in cui si trova, a titolo gratuito, parte del Compendio dell'Arsenale al Comune di Venezia, il quale ne deve assicurare l'inalienabilità, la valorizzazione, il recupero e la riqualificazione.
  L'articolo 34, al comma 44, modifica la disciplina dei depositi fiscali ai fini IVA, al fine di chiarire che l'introduzione in deposito si intende realizzata anche negli spazi limitrofi al deposito IVA, e che l'IVA si intende definitivamente assolta all'estrazione della merce dal deposito IVA per la sua immissione in consumo nel territorio dello Stato, qualora risultino correttamente posti in essere gli adempimenti di legge.
  Più in dettaglio, la norma aggiunge un periodo all'articolo 16, comma 5-bis, del decreto-legge n. 185 del 2008, che ha inciso sulla disciplina dei depositi fiscali IVA con una norma interpretativa della lettera h) del comma 4 dell'articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993, onde chiarire che l'introduzione in deposito si intende realizzata anche negli spazi limitrofi al deposito IVA, senza che sia necessaria la preventiva introduzione della merce nel deposito.
  Tale operazione consente altresì di ritenere assolte le funzioni di stoccaggio e di custodia, e – secondo il tenore letterale della disposizione – la condizione posta agli articoli 1766 e seguenti del codice civile che disciplinano il contratto di deposito.
  In ordine alla formulazione della norma, segnala l'opportunità di chiarire a quale «condizione» (recata dagli articoli 1766 e seguenti del codice civile) essa si riferisca in relazione al contratto di deposito.
  Inoltre, le norme chiariscono che l'IVA si intende definitivamente assolta all'estrazione della merce dal deposito IVA per la sua immissione in consumo nel territorio dello Stato, qualora risultino correttamente poste in essere le norme dettate al comma 6 dell'articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993.
  Il comma 57 dell'articolo 34 prevede che, entro 90 giorni dalla data di pubblicazione della legge di conversione del decreto-legge, la CONSOB, nell'ambito dell'autonomia del proprio ordinamento ed al fine di assicurare efficaci e livelli continuativi livelli di vigilanza per l'attuazione di quanto previsto ai sensi del presente articolo e per la tutela degli investitori, la salvaguardia della trasparenza e della correttezza del sistema finanziario, provveda alle «occorrenti iniziative attuative».
  In particolare a tal fine la CONSOB potrà assumere, per ragioni di urgenza derivanti da indifferibili esigenze di servizio, mediante nomina per chiamata diretta e con contratto a tempo determinato, non più di cinque persone che, per i titoli professionali o di servizio posseduti, risultino idonee all'immediato svolgimento dei compiti di istituto (si tratta di un terzo del personale che può essere assunto ai sensi dell'articolo 2, comma 4-undecies, del decreto-legge n. 35 del 2005), entro 18 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
  L'articolo 34-sexies riconosce anche ai crediti vantati dai titolari di licenza per l'esercizio di depositi commerciali di prodotti energetici ad accisa assolta il privilegio generale sui beni mobili dei cessionari dei prodotti, loro debitori, con lo stesso grado del privilegio previsto dall'articolo 2752 del codice civile, cui tuttavia è posposto, per l'ammontare dell'accisa corrisposta, a condizione che essa venga evidenziata separatamente in fattura.Pag. 244
  La disposizione in esame innova l'articolo 16 del decreto legislativo n. 504 del 1995 (Testo unico delle accise) ai sensi del quale il credito dell'amministrazione finanziaria ha privilegio, a preferenza di ogni altro, sulle materie prime, sui prodotti, sui serbatoi, sul macchinario e sul materiale mobile esistenti negli opifici di produzione o negli altri depositi fiscali, anche se di proprietà di terzi.
  L'articolo 34-duodecies proroga di cinque anni, dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2020, la scadenza delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative.
  La proroga viene concessa attraverso una novella dell'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, il quale, in attesa della revisione della legislazione nazionale in materia, ha prorogato sino al 31 dicembre 2015 le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative che erano in essere al 30 dicembre 2009 (data di entrata in vigore del decreto-legge) e la cui scadenza era fissata entro la suddetta data del 31 dicembre 2015.
  Al riguardo ricorda che la necessità di procedere alla revisione della normativa in materia di concessioni demaniali marittime era stata sollevata dall'apertura di una procedura di infrazione comunitaria (n. 2008/4908) nei confronti dell'Italia circa la disciplina che prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni e la preferenza accordata al concessionario uscente.
  A tal fine il legislatore italiano è dapprima intervenuto con l'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, abrogando il secondo comma dell'articolo 37 del Codice della navigazione, che dava preferenza al concessionario uscente in occasione del rinnovo delle concessioni. In seguito ad ulteriori rilievi della Commissione europea, con l'articolo 11 della legge n. 217 del 2011 (legge comunitaria 2010), è stato abrogato il comma 2 dell'articolo 01 del decreto-legge n. 400 del 1993, il quale fissava in sei anni la durata delle concessioni demaniali marittime e prevedeva il loro rinnovo automatico alla scadenza per la stessa durata.
  L'articolo 11 della legge comunitaria 2010 ha infine delegato il Governo ad emanare, entro il 17 aprile 2013, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime.
  In conseguenza di questi interventi legislativi, la procedura di infrazione è stata chiusa in data 27 febbraio 2012.
  L'articolo 36, ai commi 1 e 2, mira a rafforzare patrimonialmente i confidi, consentendo di imputare al fondo consortile, al capitale sociale o ad apposita riserva, i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali o finanziamenti per la concessione delle garanzie costituiti da contributi dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici esistenti alla data del 31 dicembre 2012. La norma consente altresì di accantonare i predetti contributi per la copertura dei rischi.
  Come specificato dalla relazione illustrativa, le risorse interessate farebbero già parte dei mezzi propri dei confidi, ma su di esse potrebbero gravare dei vincoli di destinazione (per esempio territoriali) che non consentono il loro utilizzo a presidio dei rischi complessivamente assunti. Attraverso la destinazione di tali contributi al fondo consortile o al capitale sociale tali vincoli verrebbero pertanto fatti cadere ope legis.
  Tali risorse vengono attribuite unitariamente al patrimonio, anche a fini di vigilanza, dei relativi confidi, senza vincoli di destinazione, nel caso siano destinati ad incrementare il patrimonio; la relativa delibera è di competenza dell'assemblea ordinaria.
  Viene poi precisato che le eventuali azioni o quote corrispondenti costituiscono azioni o quote proprie dei confidi e non attribuiscono alcun diritto patrimoniale o amministrativo, né sono computate nel capitale sociale o nel fondo consortile ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea.
  La disposizione si applica:
   ai confidi sottoposti entro il 31 dicembre 2013 a vigilanza diretta da parte della Banca d'Italia; Pag. 245
   ai confidi che si sono rafforzati patrimonialmente e organizzativamente a seguito di operazioni di fusione realizzate a partire dal 1o gennaio 2007 o di operazioni di fusione che verranno realizzate entro il 31 dicembre 2013.

  Il comma 3 reca una serie di modifiche all'articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012, concernente gli strumenti di finanziamento per le imprese e le cambiali finanziarie, a fini di coordinamento con altre disposizioni ivi contenute.
  Più in dettaglio, la lettera a) novella il comma 8 dell'articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012, concernente il trattamento fiscale delle obbligazioni e delle cambiali finanziarie. Le modifiche prevedono anzitutto che le disposizioni dell'articolo 3, comma 115, della legge n. 549 del 1995, sulla parziale indeducibilità degli interessi, non si applichi alle obbligazioni e titoli similari e alle cambiali finanziarie, emesse da società non emittenti strumenti finanziari rappresentativi del capitale quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, diverse dalle banche e dalle micro-imprese.
  La disciplina suddetta è pertanto estesa anche ai titoli similari alle obbligazioni.
  In secondo luogo viene specificato il riferimento normativo relativo alla definizione di investitore qualificato che sottoscrive obbligazioni e cambiali finanziarie, ossia l'articolo 100 del TUF.
  È quindi introdotta una soglia di rilevanza del 2 per cento del capitale o del patrimonio della società emittente sotto la quale non è necessario verificare che l'investitore qualificato non sia socio.
  Nel corso dell'esame al Senato, sono state introdotte due ulteriori condizioni per la non applicabilità della norma sull'indeducibilità degli interessi:
   a) gli strumenti finanziari devono essere negoziati in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione di Paesi della Unione europea o di Paesi aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella cosiddetta white list, vale a dire i Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni in materia fiscale;
   b) il beneficiario effettivo dei proventi deve essere residente in Italia o in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni.

  È stato, infine, precisato che le nuove disposizioni si applicano con riferimento agli strumenti emessi a partire dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (vale a dire il 20 ottobre 2012).
  La lettera b) del comma 3 novella il comma 9 dell'articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012, al fine di rendere applicabile anche alle cambiali finanziarie il regime di esenzione dalla ritenuta del 20 per cento di cui al comma 1 del decreto legislativo n. 239 del 1996 (prevista per le obbligazioni emesse dai cosiddetti «grandi emittenti», ossia banche e società quotate), anche nel caso di emittenti non quotati.
  La lettera c) sopprime il comma 16 dell'articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012, con cui si prevede che lo sponsor mantenga nel proprio portafoglio, fino alla naturale scadenza, una quota dei titoli emessi.
  La lettera d) modifica il comma 19 dell'articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012, al fine di consentire alle società non emittenti strumenti finanziari rappresentativi del capitale quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, diverse dalle banche e dalle micro-imprese, di emettere, oltre che obbligazioni, anche titoli similari con clausole di partecipazione agli utili di impresa e di subordinazione purché con scadenza iniziale uguale o superiore a 36 mesi
  La lettera e) modifica il comma 21 dell'articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012, concernente la clausola di partecipazione, modificando il criterio di computo della componente variabile del corrispettivo, precisando che tale somma è proporzionale al rapporto tra il valore nominale delle obbligazioni partecipative e la somma del capitale sociale, aumentato della riserva legale e delle riserve disponibili Pag. 246risultanti dall'ultimo bilancio approvato, e del medesimo valore delle predette obbligazioni.
  Tale modifica – per effetto della quale il rapporto fra obbligazioni partecipative e capitale sociale deve tener conto anche al denominatore delle obbligazioni – appare finalizzata ad evitare che i soci siano esclusi dalla partecipazione agli utili.
  La lettera f) modifica il comma 24 dell'articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012, prevedendo che, qualora l'emissione con clausole partecipative contempli anche la clausola di subordinazione e comporti il vincolo di non ridurre il capitale sociale se non nei limiti dei dividendi sull'utile dell'esercizio, la componente variabile del corrispettivo costituisce oggetto di specifico accantonamento per onere nel conto dei profitti e delle perdite della società emittente, rappresenta un costo e, ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi, è computata in diminuzione del reddito dell'esercizio di competenza, a condizione che il corrispettivo non sia costituito esclusivamente da tale componente variabile.
  In sostanza, rispetto al testo previgente si prevede che la componente variabile del corrispettivo sia deducibile nella misura in cui sia prevista anche una quota di remunerazione fissa.
  La lettera g) inserisce nell'articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012 un nuovo comma 24-bis, al fine di prevedere, anche con riferimento alla disposizione recata dal comma 24, la verifica in capo agli investitori delle stesse condizioni previste dal comma 8 per la disapplicazione dell'articolo 3, comma 115, della legge n. 549 del 1995 sulla parziale indeducibilità degli interessi.
  I commi da 3-bis a 3-decies dell'articolo 36 recano disposizioni concernenti il futuro assetto azionario di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.
  In particolare, il comma 3-bis dispone le modalità con le quali CDP provvederà entro il 31 dicembre 2012 a determinare il rapporto di conversione delle azioni privilegiate in azioni ordinarie. La conversione avverrà in particolare secondo i seguenti passaggi:
   in primo luogo sarà determinato il valore di CDP in due momenti diversi: alla data di trasformazione in società per azioni (ovvero al 12 dicembre 2003, secondo il combinato disposto del decreto-legge n. 269 del 2003 e del decreto ministeriale del 5 dicembre 2003) e alla data 31 dicembre 2012; tale determinazione avverrà sulla base di perizie giurate di stima che dovranno tenere conto, tra l'altro, della presenza della garanzia dello Stato sulla raccolta del risparmio postale.
   successivamente, verrà calcolato il rapporto tra il valore nominale delle azioni privilegiate e il valore di CDP alla data del 12 dicembre 2003 (data di trasformazione di CDP in società per azioni), come sopra determinato;
   infine dovrà calcolarsi il valore riconosciuto alle azioni privilegiate ai fini della conversione, come una quota – corrispondente alla predetta percentuale – del valore di CDP al 31 dicembre 2012.

  Ai sensi del comma 3-ter, qualora il rapporto di conversione delle azioni privilegiate in azioni ordinarie come sopra determinato non risultasse alla pari, i titolari delle azioni privilegiate potranno beneficiare di un rapporto di conversione alla pari (nel quale il valore nominale delle azioni privilegiate coinciderà col valore nominale delle azioni ordinarie) versando alla CDP un conguaglio di importo pari alla differenza tra il valore di una azione ordinaria e il valore di una azione privilegiata.
  In base al comma 3-quater, qualora i titolari delle azioni privilegiate non esercitano il diritto di recesso entro il termine previsto dal comma 3-sexies, ovvero nella finestra temporale compresa tra il 15 febbraio 2013 e il 15 marzo 2013, essi dovranno versare al Ministero dell'economia e delle finanze, a titolo di compensazione, un importo forfetario pari al 50 per cento dei maggiori dividendi corrisposti Pag. 247da CDP dal 12 dicembre 2003 per le azioni privilegiate per cui avviene la conversione, rispetto a quelli che sarebbero spettati per una partecipazione azionaria corrispondente alla percentuale di concambio delle azioni privilegiate in ordinarie (ovvero per una partecipazione azionaria corrispondente alla percentuale di concambio).
  Il comma 3-quinquies prevede che predetto importo forfettario possa essere versato ratealmente in una quota non inferiore al 20 per cento entro il 1o aprile 2013, e per la quota residua (l'80 per cento o una quota inferiore) in quattro rate uguali alla data del 1o aprile dei quattro anni successivi, con applicazione degli interessi legali.
  Il periodo per l'esercizio del diritto di recesso decorre, ai sensi del comma 3-sexies, dal 15 febbraio 2013 e termina il 15 marzo 2013. Le azioni privilegiate sono automaticamente convertite in azioni ordinarie a far data dal 1o aprile 2013.
  In base al comma 3-septies le condizioni economiche per la conversione di cui ai commi precedenti sono riconosciute al fine di consolidare la permanenza di soci privati nell'azionariato di CDP. Esse opereranno dunque solo ove i soci privati (le fondazioni bancarie) decidano di mantenere la propria partecipazione in CDP.
  Di conseguenza, si precisa che i soggetti che esercitino il diritto di recesso vedranno applicate, quanto alla determinazione del valore di liquidazione delle azioni privilegiate, le vigenti disposizioni dello statuto della CDP.
  Si prevede inoltre, al comma 3-octies, che dal 1o aprile 2013 e fino alla data di approvazione da parte dell'assemblea degli azionisti CDP del bilancio d'esercizio al 31 dicembre 2012, a ciascuna fondazione bancaria azionista di CDP sia concessa la facoltà di acquistare dal Ministero dell'economia e delle finanze, che è obbligato a vendere, un certo numero di azioni ordinarie di CDP; esso non può risultare superiore alla differenza tra il numero di azioni privilegiate già detenuto e il numero di azioni ordinarie ottenuto ad esito della conversione. Tale facoltà di acquisto è trasferibile a titolo gratuito tra le fondazioni bancarie azioniste di CDP.
  In base al comma 3-novies la facoltà di acquisto di cui al comma 3-octies viene esercitata al prezzo corrispondente al valore di CDP al 31 dicembre 2012.
  Tale importo può essere corrisposto al Ministero dell'economia e delle finanze in più soluzioni: una quota non inferiore al 20 per cento è versata entro il 1o luglio 2013, mentre la quota residua è corrisposta in quattro rate uguali, alla data del 1o luglio dei quattro anni successivi, con applicazione dei relativi interessi legali.
  Il comma 3-decies prevede che le dilazioni di cui ai commi 3-quinquies e 3-novies sono accordate dal Ministero dell'economia su richiesta dell'azionista e a fronte della costituzione in pegno di azioni ordinarie a favore del Ministero, fino al completamento dei pagamenti dovuti. Il numero delle azioni da costituire in pegno è determinato sulla base degli importi dovuti per i pagamenti dilazionati comprensivi degli interessi, tenendo conto del valore delle azioni ordinarie corrispondente al valore di CDP al 31 dicembre 2012. Il pegno di azioni non implica la sospensione del diritto di voto e del diritto agli utili, che comunque spettano alla fondazione concedente garanzia. In caso di inadempimento delle obbligazioni assunte, il Ministero dell'economia e delle finanze acquisisce a titolo definitivo le azioni corrispondenti all'importo del mancato pagamento.
  Il comma 8-bis, al fine di rendere più efficienti le attività di controllo relative alla rintracciabilità dei prodotti agricoli e alimentari, assoggetta i produttori agricoli esonerati dalla dichiarazione IVA all'obbligo di comunicazione all'amministrazione finanziaria delle operazioni rilevanti a fini IVA (cosiddetto «spesometro»).
  Il comma 10-quater modifica le ipotesi di esclusione di determinate attività dal perimetro dell'agenzia in attività finanziaria.
  Per effetto di tale previsione, non costituisce agenzia in attività finanziaria l'attività di promozione e collocamento di Pag. 248contratti relativi alla concessione di finanziamenti o alla prestazione di servizi di pagamento da parte di promotori iscritti in apposito albo – effettuate per conto del soggetto abilitato che ha conferito l'incarico – anche ove i servizi offerti non intendano consentire agli investitori di effettuare operazioni relative a strumenti finanziari.
  La disposizione, in particolare, modifica l'articolo 7 del decreto legislativo n. 169 del 2012, espungendo dalla predetta norma la condizione secondo cui l'attività di promozione e collocamento non è qualificabile come «agenzia in attività finanziaria» a condizione che sia finalizzata a consentire l'effettuazione di operazioni su strumenti finanziari.
  I commi 10-sexies e 10-septies dell'articolo 36 estendono alle grandi imprese limitatamente ai soli finanziamenti erogati con la partecipazione di Cassa depositi e prestiti, la concessione della garanzia del Fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese.
  L'articolo 37 reca disposizioni per il finanziamento di talune agevolazioni in favore delle piccole e medie imprese localizzate nelle zone franche urbane ricadenti nelle regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
  In particolare, il comma 1 stabilisce che le risorse rivenienti dalla riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013 nell'ambito del Piano di azione coesione, nonché ulteriori risorse regionali (così specificato dal Senato) possono essere destinate anche al finanziamento delle agevolazioni previste alle lettere da a) a d) dell'articolo 1, comma 341, della legge n. 296 del 2006 (esenzione dal pagamento delle imposte sui redditi, dell'IRAP, dell'imposta sugli immobili e dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente), nonché in quelle valutate ammissibili nella relazione istruttoria ad essa allegata, in favore delle imprese di micro e piccola dimensione localizzate o che si localizzano entro la data fissata dal decreto previsto dal successivo comma 4 nelle zone franche urbane (ZFU) individuate dalla delibera CIPE n. 14 del 2009, ricadenti nelle regioni ammissibili all'obiettivo «Convergenza». La norma stabilisce inoltre che, oltre alle ZFU già individuate dalla citata delibera n. 14 il CIPE provveda a individuarne ulteriori entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, che devono tuttavia rientrare anch'esse nelle regioni dell'obiettivo «Convergenza».
  L'articolo 38, comma 1, interviene sulla disciplina fiscale e contributiva dei vettori aerei esteri.
  In dettaglio la norma prevede che, ai fini del diritto aeronautico, l'espressione «base» identifichi un insieme di locali ed infrastrutture a partire dalle quali un'impresa esercita in modo stabile, abituale e continuativo un'attività di trasporto aereo, avvalendosi di lavoratori subordinati che hanno in tale base il loro centro di attività professionale, nel senso che vi lavorano, vi prendono servizio e vi ritornano dopo lo svolgimento della propria attività.
  La norma prevede conseguentemente che un vettore aereo titolare di una licenza di esercizio rilasciata da uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia sia considerato stabilito sul territorio nazionale quando eserciti in modo stabile o continuativo o abituale un'attività di trasporto aereo a partire da una «base» quale definita nel modo predetto.
  Per effetto di tale disposizione, verrebbero assoggettati alla disciplina fiscale nazionale quei vettori aerei esteri che attualmente si avvalgono di discipline più favorevoli dei paesi UE di provenienza.
  Al riguardo segnala come la definizione comunitaria di «base di servizio» sostanzialmente richiede che nella base si inizi e termini un «periodo di servizio», e sembri non coincidere con quella che il comma 1 dell'articolo 38 intende introdurre, la quale indica invece che si è in presenza di una «base» qualora i lavoratori subordinati abbiano in questa sede il loro centro di attività professionale, nel senso che è sufficiente che lì lavorino, prendano servizio e ritornino dopo lo svolgimento della Pag. 249propria attività (e non che vi inizino e concludano un «periodo di servizio» come richiesto dalla norma comunitaria).
  L'ultimo periodo del comma 1 prevede che la disposizione si applichi a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2012, quindi già dal 2012, in deroga alle norme dello Statuto del contribuente (articolo 3 della legge n. 212 del 2000) sull'efficacia temporale delle norme tributarie.
  Secondo la Relazione tecnica la norma produce effetti tributari per maggiori entrate pari a 89,5 milioni di euro nel 2013, e a 50,8 milioni sia per il 2014 che per il 2015 (sia in termini di IRES che di IRAP).
  Il comma 2 reca modifiche agli articoli 4 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 concernenti le operazioni effettuate dallo Stato e altri soggetti pubblici nell'ambito di attività di pubblica autorità e l'esenzione IVA sulle operazioni di versamento delle imposte per conto dei contribuenti.
  In dettaglio, la lettera a) modifica l'articolo 4, quinto comma, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, al fine di prevedere che non sono considerate attività commerciali a fini IVA le operazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni e dagli altri enti di diritto pubblico nell'ambito di attività di pubblica autorità.
  Secondo quanto riportato nella Relazione tecnica, la norma dovrebbe avere sostanzialmente carattere chiarificatorio e non innovativo e non comporterebbe pertanto effetti sul gettito.
  La lettera b) novella il n. 5) del primo comma dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, al fine di rendere esenti da IVA le operazioni relative ai versamenti di imposte effettuati per conto dei contribuenti, a norma di specifiche disposizioni di legge, da aziende ed istituti di credito. Poiché l'esenzione IVA viene limitata ai soli servizi di versamento effettuati per i contribuenti da aziende ed istituto di credito (ossia con delega F24), rispetto al testo previgente verrebbe assoggettata ad IVA l'attività di riscossione dei tributi per il cui svolgimento viene corrisposto un aggio.
  A tale riguardo la Relazione tecnica stima un recupero di gettito IVA di circa 100 milioni di euro l'anno per effetto di tale assoggettamento.

  Gianfranco CONTE, presidente, nel rilevare come il provvedimento in esame sia caratterizzato da luci e ombre, ritiene che il principale difetto del testo sia costituito dai numerosi rinvii a ulteriori provvedimenti attuativi, il cui elevato numero induce a considerare il provvedimento medesimo, nel suo complesso, una sorta di elenco delle buone intenzioni, di certo non paragonabile, sotto i profili qualitativo e quantitativo, al cosiddetto «decreto sviluppo 1», cioè al decreto-legge n. 83 del 2012.

  Marco PUGLIESE (Misto-G.Sud-PPA), relatore, formula una proposta di parere favorevole con alcune osservazioni (vedi allegato 1), rilevando di aver presentato la predetta proposta soltanto per consentire alla Commissione di compiere un atto di responsabilità politica, dal momento che il testo del decreto-legge sembra poco idoneo a tradurre in misure concrete ed efficaci i principi del rigore, della crescita e dell'equità, cui il Governo ha dichiarato, fin dall'insediamento, di voler ispirare la propria azione.
  Osserva, peraltro, come la Camera non abbia avuto il tempo materiale di approfondire il contenuto del provvedimento, il cui testo è stato modificato in molti punti nel corso di un lunghissimo esame presso l'altro ramo del Parlamento.
  In particolare, ritiene emblematico della scarsa sensibilità dell'Esecutivo rispetto ai temi della crescita il mancato accoglimento, presso il Senato, della proposta volta a prorogare dal 31 dicembre 2012 al 31 dicembre 2013 la scadenza degli incentivi relativi al IV conto energia per le pubbliche amministrazioni, evidenziando come ciò costituisca anche una testimonianza del sostanziale fallimento delle politiche attuate dal Ministro Passera nel settore delle fonti energetiche rinnovabili.Pag. 250
  Auspica, quindi, che possano trovare effettiva concretizzazione, nel prossimo futuro, gli intendimenti manifestati in questi giorni da autorevoli esponenti di ampi schieramenti politici, secondo i quali il Governo che sarà a breve chiamato a guidare il Paese dovrà puntare sulla crescita e sullo sviluppo con una determinazione maggiore di quella che ha animato l'Esecutivo in carica, il quale sta sostanzialmente proponendo al Parlamento di convertire in legge un provvedimento d'urgenza non consono alle esigenze di un Paese sviluppato come l'Italia.

  Silvana Andreina COMAROLI (LNP) preannuncia il voto contrario del proprio gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

  Francesco BARBATO (IdV), traendo spunto dalle considerazioni espresse dal Presidente, ritiene paradossale che un provvedimento il quale si pone, fin dal titolo, l'obiettivo di introdurre misure urgenti per la crescita economica, contenga norme non immediatamente applicative, che necessitano di ulteriori atti di attuazione. Tale aspetto dimostra, a suo giudizio, come il provvedimento si riduca, in sostanza, ad una serie di norme di sapore propagandistico, le quali non avranno alcun effetto concreto e rappresenteranno un'ulteriore presa in giro nei confronti dei cittadini.
  Sottolinea quindi come l'unica crescita che il Governo Monti ha saputo realizzare finora è stata quella della pressione tributaria, che supererà nel 2013 la soglia del 45 per cento, della disoccupazione, la quale, per quanto riguarda i giovani, risulta ormai nettamente superiore al 30 per cento, della spesa pubblica, che ha ormai raggiunto livelli record nonostante le propagandate misure di spending review, nonché degli scandali che investono quotidianamente tutti i settori di una pubblica amministrazione marcia e sprecona, come testimoniato dagli arresti effettuati dalla Guardia di finanza presso il Ministero dell'Agricoltura e dalle pesanti ombre che si stagliano perfino sulla regolarità di appalti del Ministero dell'interno.
  In tale contesto la maggior parte del Parlamento non ha ancora preso coscienza della drammatica situazione in cui versa il Paese, e le forze politiche che hanno finora sostenuto l'Esecutivo si sono rese compartecipi degli enormi errori compiuti nell'ultimo anno. In particolare, evidenzia la totale assenza di una vera politica industriale e di una politica tributaria che non si limiti ad incrementare il prelievo tributario, ad esempio attraverso l'applicazione dell'IMU anche sulla prima casa, riducendo sul lastrico molti cittadini, le cui tredicesime saranno completamente assorbite per il versamento del saldo della stessa IMU. Nell'attuale fase depressiva dell'autonomia nazionale, e nella difficilissima condizione sociale in cui si trovano larghi strati della popolazione, sarebbe invece necessario introdurre misure, anche tributarie, per sostenere i consumi e il sistema produttivo, che rappresenta pur sempre, al di là delle attuali condizioni di difficoltà, il secondo comparto manifatturiero d'Europa.
  Passando al merito del provvedimento in esame, evidenzia come esso appaia sostanzialmente fumoso ed inefficace, ad esempio in quanto non affronta in alcun modo il problema dell'eccessivo livello del costo dell'energia, che pone le imprese italiane in una condizione di estrema debolezza nei confronti dei competitori internazionali, ricordando a tale proposito come la ragione principale che sta portando alla chiusura dello stabilimento Alcoa di Portovesme risieda appunto in tale squilibrio dei costi energetici, che ha indotto la multinazionale svizzera Glencore ad abbandonare l'ipotesi di acquisizione del sito produttivo a causa dell'incapacità del Governo di garantire un prezzo più basso per l'energia.
  In tale contesto considera ancor più vergognosa l'incapacità dell'Esecutivo e della maggioranza di incidere finalmente in modo effettivo sugli esorbitanti costi della politica e degli organi costituzionali, rilevando a tale proposito come la dotazione annua della Presidenza della Repubblica sia destinata ad aumentare, nel 2014 e nel 2015, a 230 ed a 236 milioni di euro Pag. 251rispetto agli attuali 228 milioni, ad ulteriore conferma di come nel bilancio dello Stato si annidino ancora enormi sacche di spreco che, oltre a gravare pesantemente sulle tasche dei contribuenti, mortificano la dignità e l'impegno di tutti quei dipendenti pubblici che svolgono con dignità ed impegno i loro compiti.
  Ribadisce quindi la radicale contrarietà del proprio gruppo al provvedimento in esame, preannunciando il voto contrario sulla proposta di parere formulata su di esso dal relatore.

  Marco CAUSI (PD) rileva, preliminarmente, come i deputati finora intervenuti nel dibattito abbiano preferito dare rilievo, nei propri interventi, più a considerazioni di tipo squisitamente politico che a valutazioni attinenti al merito del provvedimento.
  Anche a nome della propria parte politica, osserva, quindi, come il prosieguo dell’iter del provvedimento risulti inevitabilmente condizionato dalla lunga durata dei lavori presso il Senato, che ora impedisce alla Camera, segnatamente alla Commissione Attività produttive, di approfondire adeguatamente, come avvenuto in occasione dell'esame del decreto-legge n. 83 del 2012, sia le misure proposte dal Governo, sia quelle che gli stessi parlamentari del Partito Democratico avrebbero inteso proporre, se la situazione fosse stata diversa.
  Ciò costituisce un'ulteriore conferma della necessità di modificare l'attuale configurazione dei poteri delle Camere e di abbandonare, conseguentemente, un sistema bicamerale che non appare più perfetto come sarebbe formalmente previsto dall'attuale assetto istituzionale.
  Nonostante la condizione non felice nella quale la Camera è chiamata a pronunciarsi, considera comunque un atto di responsabilità l'approvazione del decreto-legge in esame, non potendosi sottacere, d'altra parte, come esso contenga anche alcuni interventi positivi e molto utili, quale sicuramente il recupero della normativa concernente le zone franche urbane, che consentirà di finanziare talune agevolazioni a favore delle imprese di piccole dimensioni in esse localizzate, ove tali zone, come individuate dalla delibera CIPE n. 14 del 2009, ricadano nelle regioni ammissibili all'obiettivo «Convergenza» (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia).
  Rileva, conclusivamente, come appaia contraddittorio l'atteggiamento assunto da alcune forze politiche, le quali hanno dapprima chiesto a gran voce – anche in Assemblea, venerdì scorso – che il Professor Monti salisse al Quirinale, per rassegnare le proprie dimissioni, e poi, quando il Presidente del Consiglio ha preannunciato che si dimetterà dopo l'approvazione definitiva della legge di stabilità 2013, hanno definito tale iniziativa irresponsabile.
  In proposito, auspica che le forze politiche che hanno deciso di fare opposizione al Governo Monti si astengano dal raccontare agli italiani, nella prossima campagna elettorale, cose diverse da quelle che dichiarano in Parlamento.

  Angelo CERA (UdCpTP) evidenzia, a nome del proprio gruppo, come al testo del provvedimento siano state apportate, presso l'altro ramo del Parlamento, numerose e rilevanti modifiche, e come, anche a causa dell'eccessiva durata dell'esame presso il Senato, la Camera sia obbligata, di fatto, a convertire in legge il decreto-legge n. 179 del 2012 senza avere nemmeno la possibilità di valutare nel merito gli interventi da esso recati per sostenere la crescita del Paese.
  Condivide, quindi, le considerazioni già svolte in proposito da alcuni deputati intervenuti nel dibattito, rilevando, altresì, come lo strumento della posizione della questione di fiducia, cui anche il Governo in carica ha reiteratamente fatto ricorso, abbia contribuito ad alterare il corretto svolgimento della funzione legislativa – che appartiene collettivamente alle due Camere –, facendo sì che il contenuto dei singoli provvedimenti fosse sostanzialmente deciso, di volta in volta, o presso la Camera o presso il Senato.Pag. 252
  Per quanto riguarda, in particolare, il contenuto del decreto-legge, ritiene debba prendersi atto che i partiti hanno avuto, nel corso dell'esame al Senato, un ruolo sicuramente preponderante, come testimoniano proprio le ampie modifiche apportate al testo originario del decreto-legge.
  In tale contesto, considera paradossale il fatto che, mentre il Governo in carica, dopo avere accettato di occuparsi delle sorti di un Paese che versava in condizioni gravissime, si è assunto, ancora una volta, la piena responsabilità del provvedimento trasmesso alla Camera, le predette forze politiche saranno completamente libere di fare campagna elettorale imputando all'Esecutivo anche le proprie colpe.

  La Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla situazione della Società italiana degli autori e degli editori.
Nuovo testo Doc. XXII, n. 32.
(Parere alla VII Commissione).
(Esame e conclusione – Nulla osta).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Gianfranco CONTE, presidente e relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del parere alla Commissione Cultura, il nuovo testo, come risultante dagli emendamenti approvati in sede referente, della proposta di istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla situazione della Società italiana degli autori ed editori (Doc. XXII n. 32).
  Il testo, che si compone di 7 articoli, prevede, all'articolo 1, l'istituzione di una Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sulla situazione della Società italiana degli autori ed editori (SIAE), ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, con il compito di esaminare, in particolare, l'attività, la gestione e il funzionamento degli organi sociali della SIAE, nonché l'esercizio delle funzioni di tutela del diritto d'autore e di accertare in tale ambito eventuali responsabilità politiche e dirigenziali.
  L'articolo 2 disciplina, ai commi 1 e 2, la composizione della Commissione, che è costituita da venti deputati, nominati dal Presidente della Camera in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, in modo da assicurare comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo parlamentare, e dal Presidente, nominato anch'esso dal Presidente della Camera dei deputati al di fuori dei venti componenti.
  In tale contesto il comma 3 prevede che entro dieci giorni dalla nomina, il presidente convochi la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza, che è composto, oltre che dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari.
  L'articolo 3 definisce in dettaglio i compiti della Commissione.
  Per quanto riguarda gli aspetti rilevanti per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala la lettera a), ai sensi della quale la Commissione è chiamata a esaminare le modalità di esercizio delle funzioni attribuite dalla legge alla SIAE, nell'ambito della tutela del diritto d'autore e delle tematiche connesse, con particolare riferimento alla gestione dei servizi di accertamento e riscossione di imposte, contributi e diritti, anche in regime di convenzione con pubbliche amministrazioni, regioni, enti locali e altri enti pubblici o privati.
  Gli ulteriori compiti di analisi della Commissione riguardano:
   ai sensi della lettera b), l'attuazione, da parte della SIAE, d'intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali, degli studi e iniziative previsti dalla legge per incentivare la creatività di giovani autori italiani e agevolare la fruizione pubblica a fini didattici ed educativi delle opere dell'ingegno diffuse attraverso reti telematiche;
   in base alla lettera c), la consistenza e la gestione del patrimonio mobiliare e immobiliare della SIAE, la disciplina concernente Pag. 253il funzionamento e le attività dell'ente, incluse le modalità di gestione dei diritti, nonché l'organizzazione e le procedure di elezione e di funzionamento degli organi sociali;
   secondo la lettera d), le modalità di adozione, deliberazione e approvazione dello statuto della SIAE, di selezione e retribuzione del personale, di conferimento degli incarichi direttivi, di nomina e revoca degli agenti mandatari;
   ai sensi della lettera e), l'esercizio dei poteri governativi di vigilanza sulla SIAE da parte del Ministro per i beni e le attività culturali, congiuntamente con il Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze per le materie di sua specifica competenza.

  L'articolo 4 attribuisce alla Commissione, ai commi 1 e 2, i poteri di indagine e di esame riconosciuti all'autorità giudiziaria, escludendo esplicitamente la possibilità di adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo previsto dall'articolo 133 del codice di procedura penale.
  Il comma 3 riconosce alla Commissione la facoltà di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti da segreto, i quali, ai sensi del comma 4, sono mantenuti in regime di segretezza fino a quando siano coperti dal segreto.
  Il comma 5 rinvia alla disciplina del segreto di Stato e dei segreti d'ufficio, professionale e bancario, riconoscendo altresì l'opponibilità alla Commissione del segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
  In base al comma 6 la Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso, sancendo comunque l'obbligo del segreto per gli atti e documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.
  L'articolo 5 esplicita l'obbligo dei componenti della Commissione, del personale addetto e di ogni altra persona che collabora con essa, oppure compie o concorre a compiere atti di inchiesta, ovvero ancora ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o servizio, di mantenere il segreto per quanto riguarda gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari, nonché a indagini e inchieste parlamentari.
  L'articolo 6 rinvia ad un regolamento, approvato dalla Commissione prima dell'inizio dei suoi lavori, la disciplina dell'attività e del funzionamento della Commissione stessa.
  Il comma 2 stabilisce che le sedute della Commissione siano pubbliche, salvo diversa decisione della Commissione, la quale, ai sensi del comma 3, può avvalersi dell'opera di esperti, di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria, nonché di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie.
  Il comma 4 stabilisce che la Commissione si avvale di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dal Presidente della Camera dei deputati, mentre il comma 5 fissa l'onere massimo che può derivare dal funzionamento della Commissione in 50.000 euro, posti a carico del bilancio della Camera dei deputati.
  L'articolo 7, comma 1, fissa in sei mesi dalla data dell'elezione dei vice presidenti e dei segretari la durata della Commissione, la quale, nei successivi trenta giorni, è tenuta a presentare alla Camera una relazione sulle risultanze delle indagini svolte. A tale ultimo proposito il comma 3 contempla la possibilità di presentare relazioni di minoranza.
  In merito al comma 1 segnala come il termine di durata della Commissione previsto superi la durata residua della presente Legislatura, e come appaia difficile, in tale contesto, che la Commissione possa effettivamente avviare e concludere i propri lavori.Pag. 254
  Il comma 2 prevede che la Commissione curi l'informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso della sua attività.
  Formula quindi una proposta di nulla osta (vedi allegato 2), la quale, in premessa, evidenzia come il termine di durata della Commissione previsto dall'articolo 7, comma 1, della proposta superi la durata residua della Legislatura in corso, e come pertanto, nell'attuale contesto politico, in cui è prossima la conclusione della Legislatura stessa, appaia sostanzialmente inutile istituire una Commissione la quale difficilmente potrebbe anche solo avviare i propri lavori.

  Francesco BARBATO (IdV) esprime una valutazione favorevole sul provvedimento in esame, il quale appare certo positivo, sebbene assuma, nell'attuale fase finale della Legislatura, una valenza per lo più simbolica.
  In tale contesto evidenzia l'esigenza di intervenire in modo incisivo sulle questioni della disciplina del diritto d'autore e della trasparenza, riprendendo anche gli spunti e le proposte avanzate in Germania dal cosiddetto «Partito Pirata», che ha fatto di tali temi un aspetto centrale della sua azione politica.

  La Commissione approva la proposta del relatore.

Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni in materia ambientale.
Nuovo testo C. 4240-B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato, e abbinata.
(Parere alla VIII Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti la materia tributaria, e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Elvira SAVINO (PdL), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, ai fini dell'espressione del parere alla Commissione Ambiente, il nuovo testo della proposta C. 4240-B Lanzarin, approvata dalla Camera e modificata dal Senato, recante modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni in materia ambientale, cui è abbinata la proposta di legge C. 5060 Faenzi.
  Il provvedimento, che si compone attualmente di 37 articoli, modifica, all'articolo 1, l'articolo 124 del codice delle norme in materia ambientale, di cui al predetto decreto legislativo n. 152 del 2006, prolungando da quattro a sei anni la durata dell'autorizzazione per gli scarichi idrici, ad esclusione degli scarichi contenenti sostanze pericolose, la cui autorizzazione è fissata in quattro anni.
  L'articolo 2, novellando il comma 6 dell'articolo 179 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in materia di priorità nella gestione dei rifiuti, introduce l'obbligo, per i soggetti detentori che conferiscono rifiuti per il trattamento, di intervenire per assicurare, nel caso in cui la dinamica dei prezzi di mercato produca esiti diversi, che il prezzo riconosciuto per il conferimento al riciclo sia, per la medesima tipologia di rifiuti, superiore a quello riconosciuto per il conferimento al recupero energetico. La disposizione prevede inoltre una sanzione pecuniaria di 200 euro per ogni tonnellata di rifiuti in caso di violazione di tale obbligo. La disposizione rinvia quindi ad un decreto ministeriale l'attuazione delle citate previsioni.
  L'articolo 3 reca una serie di novelle al già citato decreto legislativo n. 152.
  In particolare, il comma 1, lettera a), novella il comma 2 dell'articolo 182-ter del decreto legislativo n. 152, al fine di adeguarne la formulazione in vista della soppressione delle Autorità d'ambito territoriale ottimale (AATO) prevista dall'articolo 2, comma 186-bis, della legge n. 191 del 2009, stabilendo che agli adempimenti in materia di misure per incoraggiare la raccolta separata dei rifiuti organici, al Pag. 255trattamento degli stessi, nonché all'utilizzo di materiali sicuri per l'ambiente ottenuti dai rifiuti organici, ivi previsti, provvedano le autorità competenti, individuate dalle regioni ai sensi del citato comma 186-bis.
  Il comma 1, lettera b), n. 1), integra la definizione di rifiuto organico recata dall'articolo 183, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 152, prevedendo che in essa siano compresi i manufatti compostabili certificati secondo la norma tecnica UNI EN 13432/2002.
  La lettera b), n. 2), integra la definizione di autocompostaggio recata dall'articolo 183, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 152, al fine di estenderla anche alle utenze non domestiche.
  La lettera b), n. 3), novella la definizione di «compost di qualità» recata dall'articolo 183, comma 1, lettera ee), del decreto legislativo n. 152, specificando che tale compost deve rispettare esclusivamente i requisiti previsti per gli ammendanti.
  La lettera b), n. 4), introduce la lettera ff-bis) nel comma 1 dell'articolo 183 del decreto legislativo n. 152, recante la definizione di «digestato da non rifiuto», inteso come prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di prodotti o di sottoprodotti di cui all'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 che sia utilizzabile come ammendante ai sensi della normativa vigente in materia.
  La lettera c), n. 1), novella la lettera b) del comma 2 dell'articolo 185 del decreto legislativo n. 152, relativo alle esclusioni dall'ambito di applicazione della normativa sui rifiuti i sottoprodotti di origine animale: in tale ambito si modificano le condizioni di esclusione, prevedendo che i predetti sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002 e destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio, rientrano nel novero dei rifiuti quando il digestato o il compost prodotti non sono destinati all'utilizzazione agronomica nell'ambito di una o più aziende agricole consorziate che ospitano l'impianto, mentre sono esclusi dall'ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti, qualora siano destinati all'utilizzazione agronomica nell'ambito di una o più aziende agricole consorziate che ospitano l'impianto.
  La lettera c), n. 2), modifica il riferimento normativo richiamato dalla lettera c) del comma 2 dell'articolo 185 del decreto legislativo n. 152, relativo al trattamento delle carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, al fine di tenere conto dell'avvenuta abrogazione del regolamento (CE) n. 1774/2002 ad opera del regolamento (CE) n. 1069/2009, il quale costituisce disciplina esaustiva ed autonoma nell'ambito del campo di applicazione ivi indicato.
  La lettera d), n. 1), è volta a incentivare lo sviluppo del mercato dei materiali riciclati, prevedendo che lo Stato adotti direttive per la definizione e l'aggiornamento dei capitolati speciali d'appalto per le opere pubbliche, in modo da privilegiare l'impiego di prodotti ottenuti dal riciclo di pneumatici fuori uso, rispondenti agli standard ed alle norme tecniche di settore, ove esistenti, ovvero aggregati artificiali derivanti da processi siderurgici rispondenti alla normativa di settore, ottenuti dal riciclo di rifiuti non pericolosi da costruzione e demolizione.
  La lettera d), n. 2), integra il disposto dell'articolo 195 del decreto legislativo n. 152, relativo alle competenze statali in materia di gestione dei rifiuti, prevedendo che, nelle more dell'adozione dei decreti statali previsti dalla lettera c) del comma 2 dell'articolo 195, finalizzati alla determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi è le regioni e le province autonome possono adottare disposizioni regolamentari e tecniche che restano vigenti fino all'entrata in vigore dei decreti medesimi.
  La lettera e), n. 1), consente la stipula di accordi di programma aventi ad oggetto l'impiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici dei materiali recuperati Pag. 256dalla raccolta differenziata di tutti i rifiuti e non solo di quelli urbani, come prevede la normativa vigente.
  La lettera e), n. 2), consente che gli accordi e i contratti di programma abbiano ad oggetto l'impiego, da parte degli enti pubblici, delle società a prevalente capitale pubblico e di soggetti privati, dei materiali e prodotti provenienti dal recupero dei rifiuti, sia nella realizzazione di opere infrastrutturali che nell'ambito dell'acquisto di beni, dando priorità ai materiali e prodotti ottenuti dal riciclaggio di pneumatici fuori uso, dei rifiuti non pericolosi da attività di costruzione e demolizione, che risultino conformi agli standard ed alle normative di settore, ove esistenti, nonché dal trattamento delle tipologie di rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE) e dei rifiuti di imballaggi che presentino particolari difficoltà di riciclo.
  La lettera f) riduce, del 50 per cento per le imprese certificate EMAS ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009, e del 40 per cento per quelle in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma UNI EN ISO 14000, le garanzie finanziarie che le imprese devono prestare ai fini del rilascio dell'autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.
  Per quanto riguarda gli ambiti di interesse della Commissione Finanze, segnala il comma 2, il quale dispone l'immediata applicabilità, a decorrere dall'entrata in vigore del provvedimento, delle riduzioni (del 50 per cento per le imprese registrate EMAS e del 40 per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma UNI EN ISO 14001) delle garanzie finanziarie da prestare per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti previste dall'articolo 194, comma 4, lettera a), del decreto legislativo n. 152, senza dover attendere l'emanazione del decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, attualmente previsto dal medesimo articolo 194.
  L'articolo 4 novella l'articolo 185, comma 1, lettera f), del decreto legislativo n. 152, al fine di escludere dall'applicazione della disciplina sui rifiuti il materiale derivante dalla potatura degli alberi, anche proveniente dalle attività di manutenzione delle aree verdi urbane, se utilizzato per la produzione di energia da tale biomassa, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana. Tale esclusione potrà avvenire a condizione che il materiale indicato sia configurabile come sottoprodotto, ai sensi dell'articolo 184-bis del medesimo decreto legislativo.
  L'articolo 5 interviene sulla disciplina in materia di miscelazione di rifiuti speciali e di oli usati.
  In particolare, il comma 1 integra l'articolo 187 del decreto legislativo n. 152 con una norma transitoria che dovrebbe consentire agli enti competenti di avere il tempo necessario per adeguare le autorizzazioni degli impianti di recupero e di smaltimento in essere alle norme in materia di miscelazione di rifiuti speciali, come modificate dal decreto legislativo n. 205 del 2010. A tal fine si dispone che gli effetti delle autorizzazioni in essere relative all'esercizio degli impianti di recupero o di smaltimento di rifiuti che prevedono la miscelazione di rifiuti speciali, consentita ai sensi del predetto articolo 187, nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 205 del 2010, restano in vigore fino alla revisione delle autorizzazioni medesime.
  Il comma 2 sostituisce il comma 2 dell'articolo 216-bis del decreto legislativo n. 152, al fine di consentire che la gestione degli oli usati possa avvenire anche miscelando gli stessi oli, in deroga al divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi, in modo da tenere comunque costantemente separati, per quanto tecnicamente possibile, gli oli usati da destinare a processi di trattamento diversi fra loro. La disposizione ribadisce inoltre il divieto di miscelare gli oli usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze, già previsto dal testo vigente.
  L'articolo 6, inserito nel corso dell'esame al Senato e soppresso durante Pag. 257l'esame in sede referente in terza lettura alla Camera, introduceva una lettera f-bis) nell'articolo 200 del decreto legislativo n. 152, al fine di aggiungere un nuovo criterio per la gestione dei rifiuti urbani organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali (ATO).
  L'articolo 7 novella i commi 2, 3 e 4 dell'articolo 202 del decreto legislativo n. 152, che disciplina l'affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti.
  La lettera a) integra il comma 2 dell'articolo 202, stabilendo che i soggetti partecipanti alle gare per la gestione devono indicare, nel piano che ognuno di essi deve presentare, i seguenti obiettivi prioritari:
   separazione alla fonte e organizzazione della raccolta differenziata domiciliare;
   diffusione del compostaggio domestico;
   promozione di riciclaggio, recupero e selezione dei materiali;
   sperimentazione di modalità di riparazione, riuso e decostruzione dei materiali di scarto;
   sperimentazione di forme di tariffazione puntuale sulla base della produzione effettiva di rifiuti non riciclabili.

  La lettera b) integra il comma 3 del medesimo articolo 202, che disciplina i criteri di valutazione delle proposte di miglioramento della gestione presentate dai partecipanti alla gara, stabilendo che, al fine di perseguire in via prioritaria la riduzione della produzione dei rifiuti, in tali valutazioni si tiene conto delle capacità e competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti e riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti.
  La lettera c) riscrive il comma 4 dell'articolo 202, il quale disciplina il conferimento, ai soggetti affidatari, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali, già esistenti al momento dell'assegnazione del servizio, prevedendo che la proprietà di tali impianti e dotazioni possa essere non solo degli enti locali, ma anche delle forme associate di enti locali, e che il conferimento ai soggetti affidatari non avvenga necessariamente tramite comodato (quindi essenzialmente in modo gratuito), ma possa avvenire anche a titolo oneroso.
  L'articolo 8 aggiunge un comma 3-bis nell'articolo 205 del decreto legislativo n. 152, allo scopo di consentire alle associazioni di volontariato senza fine di lucro di effettuare raccolte di prodotti o materiali, nonché di indumenti ceduti da privati, per destinarli al riutilizzo, previa convenzione a titolo non oneroso con i comuni, fatto salvo l'obbligo del conferimento ad operatori autorizzati, ai fini del successivo recupero o smaltimento, dei materiali residui.
  L'articolo 9, comma 1, introduce nel testo del decreto legislativo n. 152 del 2006 un nuovo articolo 213-bis, il quale prevede l'esclusione delle attività di trattamento tramite compostaggio aerobico o digestione anaerobica dei rifiuti urbani organici biodegradabili dal regime delle autorizzazioni previste per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti dagli articoli 208 e seguenti del citato decreto legislativo n. 152, a condizione che: i rifiuti oggetto del trattamento siano costituiti da rifiuti biodegradabili di cucine e mense e da rifiuti dei mercati e da rifiuti biodegradabili prodotti da giardini e parchi; la quantità totale non ecceda 80 tonnellate annue; il trattamento sia eseguito nel territorio comunale o di comuni confinanti che abbiano stipulato una convenzione di associazione per la gestione congiunta del servizio; il prodotto ottenuto sia conforme alla disciplina sugli «ammendanti» e sia utilizzato sul medesimo territorio; i rifiuti non siano stoccati, prima del trattamento, per oltre un determinato periodo di tempo; gli impianti siano gestiti sotto la responsabilità di un professionista abilitato.
  Il comma 2 specifica che la realizzazione e l'esercizio degli impianti di cui al comma 1 sono soggetti a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) e all'osservanza delle prescrizioni in materia urbanistica, delle norme antisismiche, ambientali, Pag. 258di sicurezza, antincendio e igienico-sanitarie, delle norme relative all'efficienza energetica nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio.
  Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, richiama l'articolo 10, il quale, modificando l'articolo 228, comma 2, del decreto legislativo n. 152, prevede che il contributo ambientale per la gestione degli pneumatici fuori uso, istituito dal medesimo comma 2, costituisca parte integrante del corrispettivo di vendita, sia assoggettato ad IVA e debba essere riportato in modo chiaro e distinto in ciascuna fattura nell'importo vigente alla data della cessione del prodotto.
  L'articolo 11, modificando il comma 9 dell'articolo 242 del decreto legislativo n. 152, amplia l'ambito delle operazioni di messa in sicurezza operativa dei siti contaminati.
  A tal fine si prevede che tra le opere che possono essere oggetto di interventi straordinari e ordinari di manutenzione o di messa in sicurezza, siano comprese anche le strutture interrate, oltre agli impianti e alle reti tecnologiche.
  Alle medesime condizioni, ovvero purché non venga compromessa la possibilità di effettuare o completare gli interventi di bonifica, si consentono altresì interventi di adeguamento degli impianti, anche qualora ricadano in aree da bonificare, nonché gli interventi autorizzati o prescritti nell'ambito dei procedimenti relativi all'autorizzazione integrata ambientale (AIA) di cui agli articoli 29-bis e seguenti, nonché all'autorizzazione alle emissioni in atmosfera di cui all'articolo 269 e seguenti del decreto legislativo n. 152.
  L'articolo 12 esclude gli essiccatoi agricoli dal novero degli impianti assoggettati all'autorizzazione alle emissioni in atmosfera prevista dal titolo I della parte V del decreto legislativo n. 152.
  L'articolo 13 prevede, al comma 1, che i materiali di scavo provenienti dalle miniere dismesse, o comunque esaurite, collocate all'interno dei siti di interesse nazionale (SIN), possano essere utilizzati nell'ambito delle medesime aree minerarie per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, miglioramenti fondiari o viari, oppure per altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali, a determinate condizioni indicate dalla stessa norma.
  Il comma 2 prevede che le aree sulle quali insistono i materiali di scavo di cui al comma 1, ricorrendo le medesime condizioni ivi previste per i suoli e per le acque sotterranee, siano restituite agli usi legittimi. Ai fini di tale restituzione, il soggetto interessato comunica al Ministero dell'ambiente i risultati della caratterizzazione, validati dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) competente per territorio, che si avvale anche delle banche dati di enti o istituti pubblici.
  Il comma 3 stabilisce che il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con cui è regolamentato l'utilizzo delle terre e rocce da scavo, non si applica alle ipotesi di immersione in mare di materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi.
  L'articolo 14 stabilisce, al comma 1, che i residui prodotti nel processo di estrazione e lavorazione di marmi e di materiali lapidei costituiscono sottoprodotti, e non sono dunque considerati rifiuti, in presenza di talune condizioni, indicate nella disposizione.
  Il comma 2 precisa che i predetti residui sono comunque considerati rifiuti, se il processo di estrazione e lavorazione utilizza sostanze potenzialmente inquinanti.
  Il comma 3 stabilisce che i fanghi di segagione e di lavorazione di marmi e materiali lapidei, nonché i fanghi di lavaggio di aggregati inerti, sono considerati come sottoprodotto, e dunque non costituiscono rifiuti, in presenza di alcune condizioni indicate nella disposizione.
  Ai sensi dei commi 4 e 5 i residui di cui ai commi 1 e 3 possono essere utilizzati in sostituzione dei materiali di cava per reinterri, riempimenti e rimodellazioni, per Pag. 259interventi di recupero ambientale, nella produzione di aggregati per l'edilizia, nonché in tutti i processi produttivi che permettano l'utilizzo dei medesimi materiali in sostituzione di materiale di cava.
  In base ai commi 6 e 7, l'idoneità agli specifici utilizzi va verificata in relazione alla legislazione vigente, ed il produttore è tenuto ad autocertificare che i predetti materiali provengano da siti autorizzati all'attività estrattiva, da siti destinati alla lavorazione di marmi e materiali lapidei, e comunque non da siti contaminati o sottoposti a bonifica.
  L'articolo 15 modifica la definizione di «alluvione» recata dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 49 del 2010, al fine di chiarire che non sono considerati alluvioni gli allagamenti causati da impianti fognari e, in tal modo, riallineare la norma nazionale alla corrispondente definizione recata dalla direttiva europee. La disposizione correggere inoltre un errore materiale contenuto nell'Allegato l, parte B, punto 1 del medesimo decreto legislativo n. 49.
  Ancora con riferimento agli aspetti di competenza della Commissione Finanze, richiama i commi 01, 1 e 1-bis dell'articolo 16.
  Il comma 01, integrando l'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, istitutivo del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, consente al comune di affidare, anche in modo disgiunto, le fasi di gestione, accertamento e riscossione del tributo, nel rispetto del comma 35 del medesimo articolo 14, a consorzi o unioni tra comuni, ai soggetti privati iscritti nell'albo nazionale dei soggetti abilitati alla riscossione delle entrate di province e comuni, a società interamente pubbliche, a società miste pubbliche – private, nonché ai soggetti affidatari del servizio di gestione dei rifiuti urbani.
  In merito alla formulazione della disposizione, rileva come il generico rinvio, ivi contenuto, al rispetto del comma 35, il quale prevede, al primo periodo, che il tributo deve essere versato esclusivamente al comune, rischi di rendere impossibile l'applicazione della novella, la quale è invece volta a consentire l'affidamento delle attività di gestione, accertamento e riscossione del tributo anche a soggetti diversi dal comune stesso. Pertanto, considera opportuno circoscrivere il richiamo al comma 35 al secondo e terzo periodo del comma stesso, che regolano la rateazione del pagamento del tributo.
  Il comma 1 novella il comma 29 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, il quale attribuisce ai comuni la facoltà di prevedere l'applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva in luogo del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi istituito, a decorrere dal 1o gennaio 2013, dal medesimo articolo 14.
  In tale contesto la novella prevede che l'applicazione di tale tariffa sia possibile non solo nel caso (attualmente previsto) in cui i comuni abbiano realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico, ma anche per i comuni che hanno realizzato sistemi di gestione caratterizzati dall'utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso.
  Il comma 1-bis integra il comma 32 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011. La novella prevede, con riferimento ai comuni i quali, avendo realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico, possono istituire una tariffa avente natura corrispettiva in luogo del predetto tributo sui rifiuti e sui servizi, ed applicare il tributo solo limitatamente ai costi per i servizi indivisibili del servizio, sono autorizzati ad affidare, anche in modo disgiunto, le fasi di gestione, accertamento e riscossione della maggiorazione al citato tributo (pari a 0,30 euro per metro quadrato), prevista a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili, a consorzi o unioni tra comuni, ai soggetti privati iscritti nell'albo nazionale dei soggetti abilitati alla riscossione delle entrate di province e comuni, a società interamente pubbliche, a società miste pubbliche – private, nonché ai soggetti affidatari del servizio di gestione dei rifiuti urbani.Pag. 260
  Il comma 2 novella i commi 25 e 29 dell'articolo 3 della legge n. 549 del 1995, relativamente al tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi istituito dal comma 24 del medesimo articolo 3.
  In particolare, la lettera a) stabilisce che il tributo si applichi, non più, come previsto dalla previgente formulazione della norma, al deposito in discarica di rifiuti solidi, ma a quello di rifiuti solidi urbani.
  In merito alla formulazione della disposizione, segnala come tale modifica rischi di limitare l'applicazione del tributo, circoscrivendola al solo deposito di rifiuti solidi urbani, ed escludendo invece il deposito in discarica di rifiuti speciali, con evidenti effetti riduttivi sul gettito del tributo stesso, che rischierebbero di dover essere compensati attraverso un incremento del prelievo sulle restanti tipologie di rifiuti, e, quindi, sostanzialmente, a carico delle persone fisiche. In tale contesto ritiene pertanto necessario valutare attentamente l'opportunità di sopprimere la previsione.
  La lettera b) elimina invece i limiti massimi delle aliquote per chilogrammo di rifiuto conferito in discarica previsti dal citato comma 29 (attualmente fissati in euro 0,01 per i rifiuti ammissibili al conferimento in discarica per i rifiuti inerti ed in euro 0,02582 per i rifiuti ammissibili al conferimento in discarica per rifiuti non pericolosi e pericolosi).
  Il comma 3 sostituisce la lettera a) del comma 1 dell'articolo 9-bis del decreto-legge n. 172 del 2008, recante misure urgenti volte a superare le difficoltà riscontrate dagli operatori del settore del recupero dei rifiuti, al fine di adeguare la disposizione al mutato quadro normativo delineatosi in seguito all'emanazione dei decreti legislativi nn. 128 e 205 del 2010.
  Il comma 4 interviene sulla disciplina dei trasporti di rifiuti pericolosi e non pericolosi effettuati dagli imprenditori agricoli, al fine di prevedere a regime (e non solo in via transitoria fino al 2 luglio 2012, come attualmente previsto) l'esclusione dal SISTRI per gli imprenditori agricoli che producono e trasportano ad una piattaforma di conferimento, oppure conferiscono ad un circuito organizzato di raccolta, i propri rifiuti pericolosi in modo occasionale e saltuario, nonché al fine di triplicare (elevandola a 300 kg o litri) la soglia annua per poter considerare i citati trasporti e conferimenti come occasionali e saltuari. Le novelle recate dal comma 4 stabiliscono inoltre che i trasporti di rifiuti pericolosi e non pericolosi di propria produzione effettuati direttamente dagli imprenditori agricoli professionali verso i circuiti organizzati di raccolta e le piattaforme di conferimento non sono considerati svolti a titolo professionale, risultando pertanto esonerati gli stessi imprenditori dall'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali.
  Il comma 5 introduce una disciplina speciale, applicabile nelle isole con popolazione residente inferiore a 15.000 abitanti, volta a consentire l'utilizzo di paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso, mentre il comma 6 consente la rimozione e l'utilizzo per la produzione di energia o per il riutilizzo a fini agricoli delle biomasse vegetali di origine marina e lacustre spiaggiate lungo i litorali.
  L'articolo 17 reca disposizioni riguardanti i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) per la cui raccolta la normativa vigente reca una specifica regolamentazione.
  In particolare, il comma 1 dispone che rientra nella fase della raccolta il raggruppamento dei RAEE finalizzato al loro trasporto presso i centri di raccolta.
  Il comma 2 reca una disposizione di coordinamento, precisando che il trasporto dei RAEE proveniente dai nuclei domestici è effettuato dai distributori o dai terzi solo se riguarda un quantitativo complessivo di RAEE non superiore a 3.500 kg.
  Il comma 3 prevede che la realizzazione e la gestione di centri di raccolta si svolge con le modalità previste dal decreto ministeriale 8 aprile 2008, che ha disciplinato i centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato, ovvero, Pag. 261in alternativa, con le modalità previste dagli articoli 208 (autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti), 213 (autorizzazioni integrate ambientali) e 216 (operazioni di recupero) del decreto legislativo n. 152.
  Il comma 4 abroga le disposizioni recate dal comma 2 dell'articolo 1 e dall'articolo 8 del decreto ministeriale 8 marzo 2010, n. 65, ora assorbite dalle previsioni legislative dei commi da 1 a 4.
  Il comma 5 novella l'articolo 10, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo n. 151 del 2005, rendendo permanente, per il produttore di RAEE, la possibilità, ora prevista solo fino al 13 febbraio 2011 e, per i grandi elettrodomestici, solo fino al 13 febbraio 2013, di indicare esplicitamente all'acquirente, al momento della vendita di nuovi prodotti, i costi sostenuti per la raccolta, il trattamento, il recupero e lo smaltimento dei RAEE storici.
  Il comma 6 integra la definizione di trattamento dei rifiuti RAEE, specificando che esso deve avvenire nel rispetto di condizioni, modalità e prescrizioni stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente.
  L'articolo 18 dispone che, in tutti i casi in cui possono essere imposte, dalle autorità competenti e nei modi consentiti dalla normativa vigente, misure di compensazione e riequilibrio ambientale e territoriale in relazione alla realizzazione di attività, opere, impianti o interventi, esse non possono avere carattere esclusivamente monetario.
  In caso di inosservanza di tale disposizione, oltre agli oneri necessari alla realizzazione delle misure di compensazione e riequilibrio ambientale e territoriale, il soggetto inadempiente è tenuto a versare una somma di importo equivalente che affluisce ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per le esigenze di tale Ministero.
  L'articolo 19 prevede che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pubblichi sul proprio sito istituzionale l'andamento effettivo dei flussi di riassegnazione di somme riguardanti politiche ambientali, con un aggiornamento almeno trimestrale, in tutti i casi in cui la normativa prevede, con riferimento a fondi che soggetti pubblici o privati siano tenuti a versare, la riassegnazione di fondi a capitoli dello stato di previsione del Ministero o a fondi istituiti con legge funzionali all'attuazione di politiche ambientali da parte dello stesso Ministero. Inoltre la disposizione stabilisce che, entro il 30 giugno di ciascun anno, il Ministro dell'ambiente presenti al Parlamento una relazione illustrativa su tale andamento che quantifichi i fondi effettivamente riassegnati.
  L'articolo 20 reca una norma di interpretazione autentica relativa alla norma, di cui all'articolo 2, comma 12, lettera e), della legge n. 481 del 1995, la quale, ai fini dell'esercizio delle funzioni in materia di regolazione e controllo dei servizi idrici attribuite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas, prevede che, nel definire e aggiornare tariffe e parametri di riferimento nonché le modalità per il recupero dei costi eventualmente sostenuti nell'interesse generale, si debba assicurare la realizzazione, fra gli altri, degli obiettivi generali di tutela ambientale.
  In tale contesto l'articolo 20 chiarisce che tale previsione si interpreta, in ogni caso, e a tali soli fini, nel senso che resta comunque ferma la necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio «chi inquina paga», sulla base di indirizzi stabiliti dal Ministero dell'ambiente e secondo modalità di recupero determinate dall'Autorità stessa.
  L'articolo 21, comma 3, reca alcune novelle agli articoli 9 e 21 della legge n. 394 del 1991, in materia di enti parco, in particolare per quanto riguarda: il procedimento di nomina dei direttori degli enti parco, che devono essere scelti nell'ambito di una rosa di tre candidati motivatamente proposti dal Presidente dell'ente, sulla base delle competenze e capacità professionali; il collocamento in aspettativa del direttore, nel caso in cui sia un dipendente pubblico; la vigilanza del Pag. 262Ministero dell'ambiente sui predetti enti, che si esercita mediante all'approvazione di statuti, regolamenti, bilanci e piante organiche.
  Il comma 4 riduce da 13 a 7 il numero dei componenti dei consigli direttivi degli enti parco già scaduti, i quali saranno ricostituiti entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento e saranno composti dal Presidente e da tre esperti designati dalla Comunità del parco, da un esperto del Ministero dell'Ambiente, da un esperto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, nonché da un esperto designato dalle associazioni ambientaliste riconosciute.
  In tale contesto il comma 5 specifica che la partecipazione agli organi collegiali dei parchi avviene a titolo gratuito e non dà diritto a compensi o a gettoni di presenza, mentre il comma 6 sopprime le commissioni di gestione delle aree marine protette.
  L'articolo 22 dispone che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare emani, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento, un regolamento per la gestione dei materassi dismessi, specificando le modalità di recupero e l'introduzione di meccanismi che, in osservanza della normativa nazionale e comunitaria, favoriscano il recupero e l'avvio al riciclaggio dei materiali impiegati.
  L'articolo 23 integra la norma di delega legislativa recata dall'articolo 20, comma 1, della legge n. 217 del 2011 per l'attuazione della direttiva 2009/128/CE, relativa all'utilizzo sostenibile dei pesticidi, al fine di prevedere che il provvedimento d'attuazione possa essere proposto, non solo dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche europee e da quello dell'ambiente, ma anche dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
  L'articolo 24 novella parzialmente gli articoli 14 e 23 del decreto-legge n. 5 del 2012, recanti misure di semplificazione dei controlli sulle imprese e l'introduzione di un'autorizzazione unica in materia ambientale per le piccole e medie e imprese (PMI).
  La lettera a), sostituendo la lettera f) del comma 4 dell'articolo 14, prevede non più la soppressione, ma la razionalizzazione e riduzione di controlli a favore delle imprese in possesso della medesima certificazione del sistema di gestione per la qualità ISO prevista dalla vigente lettera f), nonché aggiungendo che il possesso di tale certificazione deve essere comunicato dalle imprese stesse alle amministrazioni competenti, anche attraverso lo sportello unico per le attività produttive (SUAP); inoltre, ai fini della razionalizzazione e riduzione dei controlli in materia ambientale si considerano unicamente la certificazione ISO 14001, e successivi aggiornamenti, o la registrazione EMAS di cui al regolamento (CE) n. 1221/2009.
  La lettera b), con una novella al comma 6 dell'articolo 14, esclude dalle misure di semplificazione previste dallo stesso articolo in materia di controlli sulle imprese, oltre alle attività di controllo in materia fiscale, finanziaria e di salute e di sicurezza sul lavoro, anche i controlli in materia di tutela del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale.
  La lettera c) incide sull'articolo 23 del predetto decreto-legge n. 5, relativo all'istituzione di un'autorizzazione unica ambientale (AUA) per le piccole e medie imprese (PMI), escludendo da tale disciplina non solo l'AIA, come dispone la norma vigente, ma anche la valutazione di impatto ambientale (VIA).
  L'articolo 25 integra l'articolo 93 del codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003. In particolare, si prevede che il soggetto che avanzi istanza di autorizzazione per l'installazione di nuove infrastrutture per impianti radioelettrici debba versare un contributo per le spese relative al rilascio del parere ambientale, calcolato in base ad un tariffario nazionale predisposto con decreto del Ministero dell'ambiente, di concerto con il Ministero per lo sviluppo Pag. 263economico, e stabilito in via transitoria, fino all'emanazione del predetto decreto, in 250 euro.
  Parimenti si stabilisce che il soggetto che presenti segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), sia tenuto a versare un contributo spese al momento del rilascio del parere da parte dell'organismo competente ad effettuare i controlli circa i controlli in materia di esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, anch'esso stabilito in via transitoria in 250 euro.
  L'articolo 26 modifica l'articolo 3 del decreto-legge n. 2 del 2012, recante disposizioni in materia di bonifica dei suoli contaminati.
  In particolare, la disposizione integra la definizione di matrici materiali di riporto e si prevede che queste ultime siano sottoposte a specifici test, al fine di escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee, e prevedendosi inoltre che, qualora esse non risultino conformi, siano considerate fonti di contaminazione e, pertanto, devono essere rimosse, rese conformi ovvero messe in sicurezza.
  L'articolo 27 sostituisce il comma 5 dell'articolo 230 del più volte citato decreto legislativo n. 152 del 2006, concernente i rifiuti provenienti da attività di pulizia di reti fognarie.
  In particolare, rispetto al testo vigente, si prevede che tale normativa si applichi anche alle fosse settiche e si stabilisce che la raccolta e il trasporto di tali rifiuti devono essere accompagnati da un unico documento di trasporto per automezzo e percorso di raccolta, secondo un modello da emanare con un decreto ministeriale. Inoltre si stabilisce che i soggetti svolgenti attività di pulizia manutentiva sono tenuti, oltre che all'iscrizione nell'albo dei gestori ambientali, anche all'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto terzi.
  L'articolo 28 apporta una serie di novelle al decreto legislativo n. 152 del 2006, relativamente alla disciplina in materia di tutela delle acque dall'inquinamento.
  In particolare, il comma 1 inserisce la definizione di reticolo idrografico, mentre il comma 2 interviene sui criteri generali della disciplina degli scarichi delle acque, al fine di estenderne l'applicazione anche ai predetti reticoli idrografici. Il comma 3 esclude che siano considerati come scarichi sul suolo quelli che recapitano acque nel reticolo idrografico.
  I commi 4 e 5 intervengono nel dettato dell'articolo 124 del decreto legislativo n. 152, in materia di autorizzazioni degli scarichi, in particolare per quanto riguarda le autorizzazioni provvisorie, mentre il comma 6 estende la sanzione amministrativa prevista nella misura di almeno 20.000 euro nel caso di scarichi che superino i valori limite effettuati nelle risorse idriche destinate al consumo umano, oppure in corpi idrici posti in aree protette, anche all'ipotesi in cui siano state violate le prescrizioni circa i limiti agli scarichi fissati per garantire le capacità auto depurative dei corpi idrici e la difesa delle acque sotterranee.
  Il comma 7 estende le sanzioni penali previste nel caso di superamento di scarico di acque reflue industriali o di scarico sul suolo anche ad una serie di inadempimenti posti in essere dal gestore di impianti di trattamento di acque reflue urbane (mancata comunicazione all'ente competente della capacità di trattamento del depuratore; mancata effettuazione di controlli sulle acque reflue all'ingresso del depuratore; mancata comunicazione di anomalie nelle acque reflue in ingresso all'impianto).
  L'articolo 29 modifica l'articolo 27 del decreto legislativo n. 152, in materia di pubblicazione dei provvedimenti di valutazione dell'impatto ambientale, eliminando la previsione secondo la quale il provvedimento è pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino Ufficiale della regione interessata e stabilendo che i termini per l'impugnazione in sede giurisdizionale decorrono dalla data di pubblicazione del provvedimento sul sito web dell'autorità competente.
  L'articolo 30 sostituisce l'articolo 243 del decreto legislativo n. 152, in materia di gestione delle acque sotterranee, in particolare per quanto riguarda le misure da adottarsi nel caso in cui le acque di falda Pag. 264risultano contaminate, che devono prevedere l'attenuazione della diffusione della contaminazione oppure il trattamento delle acque in apposito impianto di depurazione.
  La disposizione assimila inoltre le acque emunte dalla falda idrica che siano state depurate alle acque reflue industriali e regola la reimmissione delle acque trattate nello stesso bacino acquifero dal quale sono state emunte, stabilendo inoltre che tutte le attività previste dall'articolo devono garantire un'effettiva riduzione dei carichi inquinanti emessi nell'ambiente.
  L'articolo 31, attraverso modifiche agli articoli 239, 240 e 242 del decreto legislativo n. 152, intende semplificare le procedure per operazioni di bonifica o di messa in sicurezza di siti contaminati.
  A tal fine, la lettera a) specifica l'obbligo del responsabile della contaminazione delle acque di provvedere alla riparazione del danno ambientale.
  La lettera b) interviene sulla definizione di messa in sicurezza operativa dei siti, escludendo quelli con destinazione urbanistica ad uso residenziale, verde pubblico, agricolo e terziario.
  La lettera c) ricomprende nell'ambito della messa in sicurezza permanente anche gli interventi concernenti i rifiuti stoccati e indica che tali attività di messa in sicurezza vengono attuate quando si dimostri impossibile la riduzione delle fonti inquinanti.
  La lettera d) prevede che i progetti di messa in sicurezza e di bonifica devono essere presentati completi di tutti gli elaborati progettuali e stabilisce che, in attesa degli interventi di bonifica, nei siti contaminati possono essere effettuati tutti gli interventi di manutenzione, di infrastrutturazione e di adeguamento a norme di sicurezza, nonché quelli utili all'operatività degli impianti produttivi ed allo sviluppo della produzione, previa comunicazione all'Autorità titolare del procedimento di bonifica.
  La lettera e) introduce una procedura speciale semplificata per le operazioni di bonifica o di messa in sicurezza, in base alla quale l'operatore interessato che intenda effettuare a proprie spese tali interventi, può presentare un progetto completo e chiedere di procedere ai lavori con istanza alla quale si applica l'istituto del silenzio-assenso. All'ultimazione degli interventi si prevede che l'ARPA competente proceda ad un'analisi per verificare la riduzione della contaminazione del suolo e delle acque, e che l'Autorità competente provveda alla luce di tale verifica all'eventuale certificazione dell'avvenuta bonifica dell'area, che è restituita agli usi legittimi.
  L'articolo 32 interviene sulla disciplina delle terre e rocce da scavo per quanto riguarda i cantieri di piccole dimensioni, prevedendo che tali materiali possono essere assoggettati al regime dei sottoprodotti, e non a quello dei rifiuti, in presenza di alcune condizioni specificamente indicate nella norma, che sono attestate dal produttore. In tale contesto si specifica che il trasporto dei materiali è accompagnato da documento di trasporto o da copia del contratto di trasporto redatto in forma scritta.
  L'articolo 33 intende semplificare le procedure per l'autorizzazione di scarichi nelle acque sotterranee, ovvero di scarichi in mare, nonché per le autorizzazioni relative alle immersioni in mare di materiali di escavo e alla movimentazione dei fondali marini derivante da attività di posa di cavi e condotte, prevedendo che le autorizzazioni stesse sono istruite e rilasciate dalla medesima Autorità competente alla valutazione di impatto ambientale.
  L'articolo 34 intende accelerare e semplificare il procedimento di autorizzazione integrata ambientale (la quale costituisce il provvedimento che autorizza l'esercizio di un impianto, a determinate condizioni, volte a prevenire e ridurre l'inquinamento derivante dalle attività svolte dallo stesso impianto), attraverso alcune modifiche agli articoli 7, 29-ter, e 29-quater del decreto legislativo n. 152.
  In particolare, la lettera a) stabilisce che l'Autorità competente in sede statale in materia di valutazione di impatto ambientale Pag. 265e di valutazione ambientale strategica spetta al Ministero dell'ambiente e che il provvedimento di autorizzazione integrata ambientale è rilasciato dal Ministro dell'ambiente.
  La lettera b) modifica la normativa in materia di domanda di autorizzazione integrata ambientale, prevedendo che essa contenga anche l'elenco delle autorizzazioni ambientali necessarie per l'attivazione dell'impianto e consentendo al richiedente, per una sola volta, di rendere la domanda conforme a quanto richiesto dalla normativa, ove l'Autorità competente ne abbia ravvisato la non conformità. Inoltre si stabilisce che tutti i termini previsti nell'ambito dei procedimenti per il rilascio o il diniego dell'autorizzazione integrata ambientale si considerano perentori.
  La norma interviene inoltre sulla procedura per il rilascio della predetta autorizzazione integrata ambientale, stabilendo che l'Autorità competente, dopo aver verificato l'idoneità della relativa domanda, comunica l'avvio del procedimento, indicandone anche la data di conclusione. Si stabilisce altresì che le autorizzazioni integrate ambientali sostituiscono, oltre che le autorizzazioni previste da norme di settore, anche gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizio, e che la durata delle singole autorizzazioni ambientali sostituite dall'autorizzazione integrata è la stessa di quest'ultima.
  L'articolo 35 modifica la disciplina dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti di cui all'articolo 206-bis del decreto legislativo n. 152, sopprimendolo e attribuendone le competenze al Ministero dell'ambiente.
  L'articolo 36 interviene sull'articolo 2, comma 186-bis, della legge n. 191 del 2009, che ha soppresso le autorità di ambito territoriale ottimale cui era stato trasferito l'esercizio delle competenze spettanti agli enti locali in materia di gestione delle risorse idriche. In tale ambito si prevede che le regioni possano prevedere strumenti e modalità per facilitare l'accesso ai finanziamenti da parte dei gestori del servizio idrico.
  L'articolo 37 interviene anch'esso in materia di gestione del servizio idrico integrato, prevedendo che, nell'ambito del processo di subentro nella gestione di tale servizio, l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas definisca criteri e modalità per il riconoscimento del valore residuo per gli investimenti realizzati dal gestore uscente, nonché precisando che tali criteri e modalità costituiscono parte integrante delle convenzioni con cui le regioni e le provincie autonome regolano l'affidamento in gestione del servizio medesimo.
  Formula quindi una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 3).

  Marco CAUSI (PD), nel rilevare la necessità di alcuni urgenti correttivi alla disciplina del nuovo tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, avanza dubbi in merito alla possibilità che le disposizioni in materia contenute nel provvedimento possano applicarsi a decorrere dal 1o gennaio 2013 – contestualmente alla soppressione di tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, disposta dall'articolo 14, comma 46, del decreto-legge n. 201 del 2011 –, in quanto la proposta di legge in esame ben difficilmente potrà essere approvata in via definitiva prima della conclusione della Legislatura, che sembra debba aver luogo con un anticipo di qualche mese.

  Gianfranco CONTE, presidente, fa presente che, stando alle informazioni di cui dispone, si sta considerando la possibilità di introdurre nel disegno di legge di stabilità, attualmente all'esame del Senato, la proroga di alcuni termini in scadenza, tra i quali quello relativo all'istituzione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi.

  La Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

Pag. 266

Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini.
C. 5565, approvata dal Senato, e abb.
(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con osservazione).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Cosimo VENTUCCI (PdL), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del parere alla Commissione Agricoltura, la proposta di legge C. 5565, approvata dal Senato, recante norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, cui sono abbinate la proposte di legge C. 1281 Mario Pepe, C. 5078 Realacci, C. 5091 Genovese, C. 5232 Marinello e C. 5269 La Loggia.
  L'articolo 1 stabilisce le modalità di applicazione dell'articolo 4 del decreto ministeriale 10 novembre 2009, recante le disposizioni nazionali per la commercializzazione dell'olio di oliva, la cui disciplina comunitaria è stata definita nel reg. (CE) n. 182/2009.
  In merito ricorda che il citato articolo 4 del decreto ministeriale prevede che la designazione dell'origine delle due categorie degli «oli extra vergini di oliva» e degli «oli di oliva vergini» figuri attraverso l'indicazione sull'etichetta del nome geografico di uno Stato membro, della Comunità, o di un Paese terzo. In base alla provenienza, le miscele dovrebbero essere indicate come «miscela di oli di oliva comunitari», come «miscela di oli di oliva non comunitari», oppure «miscela di oli di oliva comunitari e non comunitari»; tali espressioni possono tuttavia essere sostituite con riferimenti che forniscano un'informazione analoga, ma in nessun caso l'indicazione deve trarre in inganno il consumatore sulla reale zona geografica nella quale le olive sono state raccolte e in cui è situato il frantoio nel quale è stato estratto l'olio.
  In particolare, i commi da 1 a 3 recano indicazioni in merito alla dimensione dei caratteri utilizzati, alla loro visibilità e leggibilità, alla distinguibilità dagli altri segni grafici, al luogo di apposizione dell'indicazione.
  I commi 4 e 5 confermano l'obbligo dell'uso del termine «miscela», per le miscele, pur lasciando impregiudicata l'applicazione dei commi 3 e 4 dell'articolo 4 del predetto decreto, che consente l'uso sostitutivo di riferimenti analoghi. Qualora sia utilizzato tuttavia, il termine «miscela», esso dovrà comparire nel rispetto dei canoni stabiliti ai commi 2 e 3, e comunque con «diversa e più evidente rilevanza cromatica rispetto allo sfondo, alle altre indicazioni ed alle denominazioni di vendita».
  L'articolo 2 modifica l'articolo 43, comma 1-ter, del decreto-legge n. 83 del 2012, recante misure per la crescita del Paese, che ha regolato la procedura per la verifica, da parte dei comitati di assaggiatori, delle qualità organolettiche degli oli d'oliva vergini.
  In tale ambito la lettera a) abroga l'ultimo periodo del comma 1-ter, che rimanda ad un decreto del Ministro delle politiche agricole la definizione delle modalità di accertamento delle caratteristiche degli oli di oliva vergini.
  Inoltre la lettera b) integra l'articolo 43 con cinque nuovi commi (da 1-ter.1 a 1-ter.5), i quali stabiliscono direttamente le modalità operative alle quali gli assaggiatori dovranno attenersi per esperire le verifiche (individuazione ed utilizzo degli utensili, selezione dei lotti e prelevamento dei campioni, condizioni fisiologiche dell'assaggiatore, redazione di un verbale).
  L'articolo 3 reca un'ulteriore modifica al predetto articolo 43 del decreto-legge n. 83, inserendo, dopo il comma 1-bis, un nuovo comma 1-bis.1, diretto a rendere di pubblico dominio il quantitativo di alchil esteri contenuto negli oli d'oliva vergini che recano l'indicazione della provenienza nazionale.
  Al riguardo rammenta che, per tale categoria di oli, il citato comma 1-bis ha introdotto il limite di 30 mg/kg per gli esteri di acidi grassi (ovvero i metil esteri + etil esteri degli acidi grassi), il cui superamento comporta l'avvio automatico Pag. 267da parte delle autorità nazionali di un piano straordinario di sorveglianza dell'impresa, mettendo in atto i controlli previsti dal regolamento (CE) n. 882/2004 sulle diverse fasi della produzione, trasformazione e della distribuzione dei prodotti. Il regolamento (CEE) n. 2568/91 ammette valori fino a 75 mg/kg, elevabili finanche a 150 mg/kg, e purché il rapporto metil esteri e etil esteri sia inferiore o uguale a 1,5.
  In tale contesto la disposizione richiede che siano pubblicati, per il triennio 2013-2015, sul portale del Ministero delle politiche agricole, i risultati delle analisi di ricerca della presenza degli alchil esteri e dei metil alchil esteri, il cui alto valore sarebbe indice di minore qualità del prodotto: un alto valore di alcol etilico è infatti legato a processi fermentativi iniziati nella fase di conservazione delle olive, mentre un valore elevato di alcol metilico può essere dovuto alla trasformazione di olive ad eccessiva maturazione.
  L'articolo 4, in ragione delle pratiche che con maggior frequenza inducono in errore il consumatore in materia di oli di oliva vergini, danneggiando la produzione nazionale, reca dettagliate indicazioni sulle pratiche commerciali che devono essere ritenute ingannevoli.
  In particolare il comma 1 qualifica come ingannevole non solo l'uso di diciture, ma anche quello di immagini e simboli grafici che evochino zone geografiche di origine degli oli di oliva vergini non corrispondenti all'origine delle olive, configurando una delle ipotesi di cui agli articoli da 21 a 23 del codice del consumo (recanti, rispettivamente, norme sulle azioni, sulle omissioni, sulla pubblicità, e sulle pratiche commerciali ingannevoli).
  Inoltre i commi 2 e 3 qualificano come ingannevoli l'omissione che induca in errore sulla provenienza delle olive e l'attribuzione di requisiti positivi non previsti dalle norme, nonché l'attribuzione di valutazioni organolettiche, riservate agli oli extravergini, agli altri oli d'oliva.
  Gli articoli 5 e 6 disciplinano l'illecito uso di un marchio, le conseguenze amministrative, e le sanzioni in tale ipotesi di reato.
  In particolare, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni idonei ad ingannare il pubblico sulla provenienza geografica delle materie prime degli oli di oliva vergini. La disposizione ricalca le norme in merito del Codice della proprietà industriale (di cui all'articolo 14, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 30 del 2005), collegando tuttavia l'inganno non ai «prodotti o servizi», ma alla provenienza delle «materie prime» (olive).
  Il comma 2 prevede che i marchi eventualmente già registrati, sono dichiarati decaduti per illiceità sopravvenuta, ai sensi dell'articolo 26 del Codice della proprietà industriale, mentre i commi 3 e 4 stabiliscono, in tal caso, che il titolare del marchio debba dare notizia della decadenza e dei relativi motivi, a proprie spese, su almeno due quotidiani a diffusione nazionale, e ritirare dal mercato tutti i prodotti contrassegnati dal marchio decaduto entro un anno dalla dichiarazione della decadenza.
  L'articolo 6 qualifica come reato penale, punibile ai sensi dell'articolo 517 del codice penale (vendita di prodotti con segni mendaci, cui si applica la reclusione fino a due anni e con la multa fino a 20.000 euro), la condotta di fallace uso del marchio, già sanzionata come illecito amministrativo (con applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 250.000, accompagnata dalla confisca amministrativa del prodotto o della merce) dal comma 49-bis dell'articolo 4 della legge n. 350 del 2003.
  La norma fa in ogni caso salva la sanzione prevista dall'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 135 del 2009, il quale prevede l'applicazione di una sanzione penale per l'uso di un'indicazione di vendita che presenti il prodotto come interamente realizzato in Italia, o altra che sia idonea ad ingenerare nel consumatore la convinzione della realizzazione interamente Pag. 268in Italia del prodotto, ovvero per l'uso di segni o figure che inducano la medesima fallace convinzione: per tale fattispecie vanno comminate le pene di cui all'articolo 517 del codice penale, aumentate di un terzo.
  L'articolo 7, comma 1, indica il termine massimo entro il quale gli oli di oliva vergini conservano, in adeguate condizioni di trattamento, le possedute proprietà specifiche, stabilendo che essa non possa superare i 18 mesi dalla data d'imbottigliamento, laddove l'attuale disciplina in materia definisce come termine minimo di conservazione «la data fino alla quale l'olio conserva le sue specifiche proprietà in adeguate condizioni di conservazione».
  I commi da 2 e 4 rivedono le disposizioni sulle modalità di proposizione nei pubblici esercizi degli oli d'oliva vergini, abrogando le norme in materia attualmente contenute nell'articolo 4, commi 4-quater e 4-quinquies, del decreto-legge n. 2 del 2006.
  In particolare, il comma 2 sancisce il divieto, per i pubblici esercizi, di proporre al consumo olio d'oliva vergine in contenitori privi di un dispositivo di chiusura che debba necessariamente essere alterato per consentire la modifica del contenuto, oppure privi della indicazione in etichetta dell'origine e del lotto di appartenenza.
  In caso di violazioni il comma 3 una pena pecuniaria compresa tra 1.000 euro e 8.000 euro, cui si aggiunge la confisca del prodotto, mentre il comma 4 abroga i commi 4-quater e 4-quinquies dell'articolo 4 del citato decreto-legge n. 2.
  L'articolo 8, comma 1, ribadisce, in sostanza, il potere di vigilanza sull'andamento dei prezzi e di inibizione di intese o pratiche concordate restrittive della concorrenza, già attribuiti all'Autorità garante della concorrenza e del mercato dalla legge n. 287 del 1990, il quale, all'articolo 12, ha appunto conferito alla citata Autorità Antitrust il potere di procedere, d'ufficio o su richiesta del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), ad indagini conoscitive di natura generale nei settori economici nei quali l'evoluzione degli scambi, il comportamento dei prezzi, o altre circostanze, facciano presumere che la concorrenza sia impedita, ristretta o falsata.
  Il comma 2, consente all'Autorità di acquisire dall'Agenzia delle dogane le necessarie informazioni, ed obbliga la stessa Autorità a presentare annualmente al Parlamento una propria relazione.
  In merito alla formulazione del comma 2, segnala, con riferimento a profili di interesse della Commissione Finanze, l'opportunità che l'Autorità garante possa acquisire, non solo le informazioni, fondamentali, che possono essere fornite dall'Agenzia delle dogane, ma anche quelle di altri organismi, quali, in particolare, quelle fornite dalla Guardia di finanza, di cui l'Autorità garante già può avvalersi in base all'articolo 54 della legge n. 52 del 1996, e cui il legislatore ha già attribuito (ai sensi dell'articolo 23 del decreto-legge n. 269 del 2003, dell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 185 del 2005, e dell'articolo 2, comma 199, della legge n. 244 del 2007) compiti di rilevazione dei prezzi al consumo, potendo operare in tale campo anche con i poteri di cui essa è titolare in campo tributario, ovvero altre pubbliche amministrazioni.
  Ancora per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, richiama l'articolo 9, il quale è volto ad evitare che l'applicazione del regime doganale «di perfezionamento attivo» possa determinare frodi.
  Al riguardo ricorda che tale regime, il quale prevede, in sostanza, la possibilità di importare da Paesi extra UE, senza pagare alcun dazio o prelievo agricolo, né subire l'effetto di alcuna misura di politica commerciale, merci destinate ad essere perfezionate nella Comunità e quindi riesportate al di fuori di essa, è contemplato dalla normativa doganale per agevolare l'importazione dall'esterno della comunità dei prodotti necessari per produrne altri, evitando doppie imposizioni, secondo condizioni tese ad evitare che l'applicazione del regime stesso si risolva in uno svantaggio a carico dei produttori comunitari.
  In particolare, il comma 1 consente che gli oli d'oliva vergini (anche quando i Pag. 269committenti della lavorazione siano stabiliti in Paesi extra UE) siano ammessi a tale regime di perfezionamento attivo a condizione che siano acquisiti previamente l'autorizzazione del Ministero delle politiche agricole e il parere obbligatorio e vincolante del Comitato di coordinamento, che l'articolo 6 del decreto-legge n. 282 del 2006 ha istituito per la prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari.
  Il comma 2 specifica che l'autorizzazione contemplata dal comma 1 è necessaria anche quando le lavorazioni siano svolte per conto di committenti stabiliti in Paesi extra UE.
  L'articolo 10, comma 1, obbliga gli uffici della sanità transfrontaliera (di cui fanno parte gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera – USMAF – direttamente dipendenti dal Ministero della Salute, situati all'interno dei maggiori porti ed aeroporti nazionali) a rendere accessibili le informazioni circa l'origine degli oli extra vergini e delle olive, sia agli organi di controllo sia alle amministrazioni interessate.
  In tale ambito il comma 2 stabilisce che le predette autorità rendano disponibili le informazioni detenute anche creando delle connessioni con sistemi informativi e banche dati di altre autorità pubbliche.
  L'articolo 11 regola le vendite sottocosto, che sono consentite una sola volta l'anno, stabilendo che esse debbano essere preceduta dalla comunicazione, entro i 20 giorni precedenti, al comune dove è ubicato l'esercizio di vendita, e vietandole se l'esercizio – o il gruppo – che procede alla vendita detiene più del 10 per cento della superficie di vendita presente nella provincia.
  L'articolo 12, comma 1, stabilisce la responsabilità amministrativa degli enti, ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, che ha appunto introdotto nell'ordinamento nazionale la disciplina della responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, della filiera degli oli d'oliva vergini, qualora alcuni reati, espressamente indicati dalla disposizione, siano commessi nel loro interesse o a loro vantaggio da persone che rivestano funzioni di rappresentanza, amministrazione dell'ente o di sue unità organizzative, ovvero ancora siano sottoposte alla direzione o vigilanza di tali persone.
  I delitti, contemplati dal codice penale, che comportano la responsabilità amministrativa dell'ente sono i seguenti: articolo 440 «Adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari»; articolo 442 «Commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate»; articolo 444 «Commercio di sostanze alimentari nocive»; articolo 473 «Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni»; articolo 474 «Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi»; articolo 515 «Frode nell'esercizio del commercio»; articolo 516 «Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine»; articolo 517 «Vendita di prodotti industriali con segni mendaci»; articolo 517-quater «Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari».
  Il comma 2 stabilisce la responsabilità dell'ente anche quando l'autore del reato non è identificato o non è imputabile.
  L'articolo 13, comma 1, prevede – a titolo di pena accessoria – la pubblicazione, su almeno due quotidiani nazionali, della sentenza di condanna per contraffazione di oli di oliva vergini in relazione ad indicazioni geografiche o denominazione di origine dei prodotti (disciplinata dall'articolo 517-quater del codice penale).
  Il comma 2 prevede che a detta condanna consegua il divieto di svolgere qualunque attività di comunicazione commerciale e pubblicitaria, anche tramite terzi, finalizzata a promuovere oli di oliva vergini.
  L'articolo 14 reca una serie di misure finalizzate al rafforzamento di istituti processuali ed investigativi.
  La disposizione stabilisce, anzitutto, al comma 1, che in relazione ai delitti di criminalità organizzata finalizzati all'adulterazione e frode nel settore, non si applichi il periodo di sospensione feriale dei termini delle indagini preliminari (dal 1o agosto al 15 settembre di ogni anno).Pag. 270
  Il comma 2 introduce inoltre un'ulteriore ipotesi di confisca obbligatoria, mutuata dalla disciplina speciale antimafia, prevedendo che alla condanna o al patteggiamento per uno dei delitti indicati dal comma 1 consegua, da parte del giudice, l'obbligo di confisca del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui risulti, anche attraverso terze persone (fisiche o giuridiche), avere la disponibilità in misura sproporzionata al proprio reddito.
  Il comma 3 novella l'articolo 266 del codice di procedura penale, aggiungendo i procedimenti per i delitti di commercio di sostanze alimentari nocive (di cui all'articolo 444 del codice penale); contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni (di cui all'articolo 473 del codice penale); introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (di cui all'articolo 474 del codice penale); frode nell'esercizio del commercio (di cui all'articolo 515 del codice penale); vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (di cui all'articolo 516 del codice penale) e contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (di cui all'articolo 517-quater del codice penale) tra quelli per cui è consentito l'uso di intercettazioni telefoniche.
  L'articolo 15 introduce ulteriori pene accessorie a carico dei condannati per un delitto di avvelenamento, contraffazione o adulterazione nel settore degli oli di oliva vergini, consistente sia nell'impossibilità di ottenere autorizzazioni, concessioni o abilitazioni per lo svolgimento di attività imprenditoriali, sia nella perdita della possibilità di accedere a contributi, finanziamenti o mutui agevolati erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dall'Unione Europea.
  L'articolo 16, comma 1, rende obbligatori l'istituzione e l'aggiornamento del fascicolo aziendale da parte di tutti i produttori di oli vergini, extravergini e lampanti.
  In caso di inadempienza il comma 2 prevede il divieto di commercializzare la produzione; l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria compresa fra 500 e 3.000 euro, la quale, ai sensi del comma 3, si applica anche alle imprese obbligate a tenere il registro di carico e scarico dell'olio extra vergine di oliva e dell'olio di oliva vergine, per i quantitativi di oli o olive i cui produttori non siano in regola con il fascicolo aziendale.
  In merito rammenta che il fascicolo aziendale, preposto alla raccolta delle informazioni relative a ciascuna azienda agricola, deve essere costituito per tutti i soggetti pubblici e privati, identificati dal codice fiscale (CUAA), esercenti attività agricola, agroalimentare o forestale, che intrattengano a qualsiasi titolo rapporti con la Pubblica Amministrazione centrale o regionale, ed è gestito dalla società SIN (che è partecipata al 51 per cento dall'AGEA).
  L'articolo 17, comma 1, contiene una clausola d'invarianza della spesa pubblica, mentre il comma 2 regola l'entrata in vigore del provvedimento.
  Formula quindi una proposta di parere con un'osservazione (vedi allegato 4), la quale evidenzia l'opportunità che l'Autorità Antitrust possa avvalersi, nell'esercizio dei suoi poteri su tale settore, non solo delle informazioni fornite dall'Agenzia delle dogane.

  La Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 12.15.

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