CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 29 novembre 2012
747.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Giovedì 29 novembre 2012. — Presidenza del presidente Donato BRUNO. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Saverio Ruperto.

  La seduta comincia alle 13.15.

Modalità di elezione del Consiglio provinciale e del Presidente della Provincia, a norma dell'articolo 23, commi 16 e 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
C. 5210 Governo e C. 5531 Vassallo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 28 novembre 2012.

  Gianclaudio BRESSA (PD), relatore, ribadisce la sua richiesta di acquisire le posizioni dei gruppi in merito alla conferma o meno della previsione dell'elezione di secondo grado per le Province.

  Donato BRUNO, presidente, ritiene opportuno approfittare della presenza del sottosegretario Ruperto per conoscere la posizione del Governo.

  Il sottosegretario Saverio RUPERTO, ricorda che il disegno-legge in esame è stato predisposto dal Governo sulla base della disposizione normativa dell'articolo 23 del decreto-legge «salva Italia», che prevede l'elezione di secondo grado per gli organi delle Province, come conseguenza della riduzione delle loro funzioni.
  Il decreto-legge sulla spending review è poi intervenuto reintegrando alcune funzioni delle Province. Ritiene inoltre opportuno prestare attenzione all'iter presso il Senato del disegno di legge di conversione del decreto-legge di riordino delle Province, che potrebbe far maturare interventi incisivi che avrebbero riflessi sul sistema elettorale.Pag. 7
  Al contrario, nel caso, che avanza a titolo puramente ipotetico, che l'iter di conversione trovasse ostacoli o addirittura si interrompesse, si tornerebbe alla situazione delineata dall'articolo 23 del decreto «salva Italia», con ovvie ripercussioni sulla legge elettorale.

  Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore, chiede al Governo quale posizione abbia maturato sulle varie ipotesi di applicazione alle Province di un sistema elettorale di secondo grado e se sia stato fatto in materia un approfondimento e una verifica di fattibilità.

  Salvatore VASSALLO (PD) ritiene opportuno svolgere un intervento che affronti nel merito le questioni irrisolte. Richiama quanto testé affermato dal sottosegretario Ruperto quando ha evidenziato che qualora il decreto-legge, attualmente all'esame del Senato, non dovesse essere approvato o fosse modificato in maniera significativa in sede di conversione, si potrebbe anche riconsiderare la configurazione della modalità di elezione in secondo grado per gli organi delle province.
  Rileva in proposito come vada tenuto in considerazione che il decreto-legge in questione non è volto ad attribuire nuove o diverse competenze alle province attenendo piuttosto al perimetro, ai confini delle province stesse.
  Evidenzia come a suo avviso vi siano tre problematiche ancora da risolvere. La prima, già illustrata dai relatori nel corso dell'esame in sede referente, riguarda il fatto che appare irragionevole che pochi comuni di minuscole dimensioni esprimano una rappresentanza nel consiglio provinciale di peso pari a quello di un comune di ampiezza metropolitana.
  Il secondo problema attiene al sistema elettorale, considerato che il modello previsto dal disegno di legge del Governo è di carattere puramente proporzionale con il rischio di avere un eccesso di frammentazione. Il fatto che il numero dei consiglieri sia alquanto ridotto non costituisce un attenuante quanto piuttosto un aggravante, in grado di permettere ad uno o due consiglieri di fare la differenza e di costringere a negoziazioni permanenti. Non vede dunque perché abbandonare il modello maggioritario che, a partire dal 1993, ha caratterizzato i livelli di Governo regionale e locale.
  La terza problematica attiene alla natura e alla composizione dell'organo di Governo delle province. Ricorda che lo stesso Ministro Patroni Griffi ha affermato, nel corso della sua recente audizione presso la Commissione Affari Costituzionali della Camera, che il decreto-legge cosiddetto «salva Italia» (decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011), aveva abolito le giunte e ricondotto la figura del presidente a una carica esercitata «nel tempo libero» ovvero in regime di cumulo di incarichi, perché aveva di fatto azzerato le funzioni delle province stesse. Successivamente, lo stesso Governo, con il decreto-legge cosiddetto «spending review», (decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012), ha tuttavia previsto all'articolo 17, comma 10, di riassegnare alle province funzioni in materia di pianificazione territoriale ambiente, pianificazione dei servizi di trasporto pubblico, autorizzazione e controllo del trasporto privato, costruzione e gestione delle strade provinciali, programmazione della rete scolastica e gestione dell'edilizia scolastica relativa alle scuole secondarie di secondo grado.
  Con la sua proposta di legge C. 5531 ha quindi provato a delineare possibili soluzioni alle questioni testé evidenziate.
  Per quanto attiene all'ultima tematica illustrata, fa presente come sia incongruo che l'unico organo di impulso e indirizzo politico sia costituito da un presidente che opera «nel fine settimana» nel caso si tratti di un sindaco. Per il mandato di sindaco metropolitano, una figura titolare di responsabilità maggiori del Presidente di provincia, il decreto sulla «spending review» (articolo 18 del citato decreto-legge n. 95 del 2012) prevede che esso sia svolto «a titolo esclusivamente onorifico», Pag. 8quindi nel tempo libero. Si tratta di una disposizione che a suo avviso va dunque abrogata.
  In merito alla seconda problematica, fa presente di aver ipotizzato un meccanismo elettorale molto simile a quello attualmente vigente per le province al fine di superare una serie di incongruenze altrimenti connesse al modello prefigurato nel disegno di legge governativo, a partire dal forte rischio di un presidente eletto a cui si oppone una coalizione largamente maggioritaria in consiglio.
  Infine la prima questione viene risolta prevedendo che gli elettori siano distinti in sezioni elettorali in ragione della classe demografica del comune di appartenenza.
  La sua proposta di legge non modifica pertanto in maniera significativa il disposto del disegno di legge governativo che già prevede che i consiglieri e i sindaci votino in distinti collegi elettorali. Ha quindi allegato alla sua proposta C. 5531, a puro titolo esemplificativo, una tabella che riporta, per ciascuna delle province attualmente esistenti, il numero di comuni e di seggi assegnati a ciascuna sezione.
  Fa presente come l'unico problema, secondo alcuni, del sistema da lui delineato attiene al fatto che non sarebbero rappresentati i territori. L'utilizzo del voto di preferenza risolve facilmente la questione nella sua proposta di legge.
  Ritiene, in conclusione, che questo possa essere il modo per risolvere le problematiche emerse e che vi siano tutte le condizioni per procedere rapidamente nell’iter dei provvedimenti, se vi è l'interesse in tal senso dei gruppi e del Governo.

  Matteo BRAGANTINI (LNP), ribadisce la posizione favorevole della Lega Nord al mantenimento delle Province come enti di primo livello eletti direttamente dai cittadini.
  L'elezione diretta effettuata da tutto l'elettorato della Provincia andrebbe nella direzione di favorire gli interessi dell'intera Provincia. Al contrario il sindaco chiamato ad eleggere il Consiglio provinciale potrebbe essere spinto a favorire gli interessi del proprio Comune.
  A suo avviso il sottosegretario Ruperto non ha risposto alla questione posta e non ha espresso la posizione del Governo sul mantenimento della previsione dell'elezione di secondo grado.
  Ritiene inoltre che anche gli altri gruppi, al pari del suo, debbano esprimere una posizione chiara su come considerare le Province. Se si è tutti d'accordo sul considerarle enti di primo livello, si può direttamente modificare il disegno di legge e ripristinare l'elezione diretta.

  Mario TASSONE (UdCpTP), ricorda che la Corte costituzionale doveva esprimersi ai primi di novembre sulla legittimità costituzionale di alcuni aspetti degli interventi normativi del Governo sulle Province, pronuncia poi rinviata. Si tratta di problemi che meritano un approfondimento: le Province come unioni di comuni sono in sintonia con l'articolo 114 della Costituzione e il processo di accorpamento delle Province risponde al dettato dell'articolo 133 della Costituzione ?
  È importante tutto questo per capire come procedere nel nostro lavoro. Se le Province sono unioni di Comuni, si dovrebbe operare come si è fatto per le Comunità montane, prevedendone una progressiva soppressione. Se alle Province sono attribuite competenze limitate, vanno considerate come enti di secondo livello. Sono nodi che non sono mai stati definitivamente sciolti. Proprio per questo è importante, in relazione al disegno di legge in esame, raccordarsi con l'iter di conversione al Senato del decreto-legge di riordino delle Province e capire quale direzione normativa viene intrapresa in quella sede.
  Ribadisce però che un vero riordino della materia andava effettuato con una legge costituzionale di riforma, prima di tutto, dell'articolo 114 della Costituzione.

  Gianclaudio BRESSA (PD), relatore, fa presente che il dibattito odierno avrebbe avuto molto più senso se ci fosse stata la Pag. 9presenza di tutti i gruppi. Intende comunque svolgere una breve riflessione sui temi in esame, anche al fine di fugare molti dei dubbi testé espressi dal collega Tassone.
  Rileva come il decreto-legge n. 188 del 2012, in materia di province e di città metropolitane, dovrà necessariamente essere convertito dal Parlamento poiché altrimenti ci si troverebbe di fronte ad una situazione davvero drammatica. Evidenzia, infatti, che la mancata conversione del suddetto decreto-legge comporterebbe il ritorno alle previsioni del decreto-legge n. 201 del 2011 con problematiche non tanto di carattere politico-istituzionale quanto soprattutto di tipo economico-finanziario: le province non avrebbero più potestà tributaria ed impositiva autonoma e non potrebbero dunque più garantire i mutui contratti. Si tratta di una somma pari a 13,5 miliari di euro nei confronti della Cassa depositi e prestiti che qualcuno dovrebbe, in tal caso, accollarsi: le regioni o lo Stato. Nel caso in cui lo facessero le regioni, molte di queste non riuscirebbero a rispettare le prescrizioni del patto di stabilità; ugualmente, vi sarebbero problemi seri per lo Stato ad accollarsi nel mese di dicembre 13,5 miliardi di euro di debito.
  Ritiene quindi che si debba partire dal presupposto per cui il decreto-legge n. 188 del 2012, in materia di province e di città metropolitane, sarà convertito dal Parlamento; in tale modo in capo alle province vi saranno funzioni proprie e non vi sarà incidenza rispetto alle previsioni dell'articolo 114 della Costituzione.
  Il problema vero, a suo avviso, è piuttosto costituito dalla costituzionalità del sistema di elezione in secondo grado degli organi delle province. Com’è noto, la Corte costituzionale ha rinviato, ad un momento successivo alla data di conversione del decreto-legge, un pronunciamento al riguardo. La costituzionalità delle disposizioni in questione va quindi valutata in mancanza di alcuni dati fondamentali.
  Ritiene tuttavia che lo sforzo vada fatto: il disegno di legge del Governo, pur con i limiti evidenziati dai relatori nelle precedenti sedute e dal collega Vassallo nella seduta odierna, è una risposta al decreto-legge n. 201 del 2011. Ora le province hanno funzioni diverse; al Senato inoltre sembra verrà data una interpretazione autentica che dirà che le province che hanno funzioni delegate dalle regioni le manterranno salvo atto contrario delle regioni stesse.
  A suo avviso quindi, mentre è in corso di esame presso l'altro ramo del Parlamento il decreto-legge n. 188 del 2012, in materia di province e di città metropolitane, è auspicabile un prosieguo dell’iter sui temi in esame ed una chiara risposta da parte del Governo a quella che costituisce la vera domanda: occorre chiarire se, di fronte a soggetti istituzionali così diversi rispetto a quelli definiti dall'articolo 23 del decreto-legge n. 201 del 2011 il Governo intenda o meno mantenere un sistema di elezione in secondo grado degli organi delle province.
  In caso affermativo, si aprono una serie di problematiche, come già emerso dal dibattito.
  Richiama, in primo luogo, la soluzione testé illustrata dal collega Vassallo, che tuttavia ha il limite dallo stesso ricordato, ovvero che non sarebbero rappresentati i territori; al contempo, è in corso di elaborazione un'altra soluzione, che tuttavia avrebbe il limite contrario alla prima ipotesi, poiché risolverebbe il problema della rappresentatività dei territori, ma presenterebbe comunque degli squilibri. Premesso, infatti, che una delle questioni che rende più complessa la tematica in esame è la necessità di applicare il sistema ad un insieme di comuni molto diversi tra loro – come si evince a titolo esemplificativo dal fatto che la provincia di Torino ricomprenderebbe più di 300 comuni mentre la provincia di Trieste coinvolgerebbe solo 6 comuni – in base all'ultima soluzione richiamata, che prevede l'individuazione di circoscrizioni sulla base della popolazione, vi sarebbero comunque degli squilibri in quanto collegi chiamati ad eleggere 6 consiglieri potrebbero avere una platea elettorale di 41 consiglieri mentre un collegio in cui sono eletti 4 consiglieri potrebbe Pag. 10avere una platea elettorale di 187 consiglieri. Anche in questo caso, quindi, si porrebbe un problema di equilibrio.
  Ritiene, tuttavia, che una delle due soluzioni vada scelta poiché le altre non appaiono percorribili. In entrambi i modelli testé richiamati, pur nello sforzo di razionalizzazione che viene fatto, vi sono elementi di distonia riguardo all'esatta rappresentatività degli interessi, ma da queste bisogna partire. Il problema vero infatti è che vi è un problema di rappresentatività del territorio ma anche di rappresentatività politica.
  Chiede dunque al Governo, il quale ha effettuato delle scelte precise che hanno fatto in modo che ci si trovi in una condizione molto diversa rispetto a quella definita con il decreto-legge n. 201 del 2011, quale sia il proprio intendimento rispetto al modello da seguire. Il Senato, infatti, potrà solo approvare il decreto-legge n. 188 del 2012, in materia di province e di città metropolitane, ovvero decidere di non convertirlo, e le modifiche che eventualmente saranno apportate non dovrebbero poter incidere sui temi oggi in esame.
  Fa presente che il suo gruppo, diversamente da quella che è la sua posizione di relatore, è favorevole alla modalità di elezione in secondo grado degli organi delle province, stante la posizione del Governo. Le problematiche enucleate investono questioni istituzionali rilevanti: invita dunque l'Esecutivo ad indicare quanto prima la propria posizione con chiarezza e, a quel punto, i relatori dovranno procedere rapidamente nell’iter del provvedimento, tenendo conto delle due soluzioni testé richiamate.
  Ribadisce che è il Governo che con il decreto-legge n. 95 del 2012 ha modificato le scelte adottate in precedenza con il decreto-legge n. 201 del 2011 e ricorda che è stato previsto che entro il 2013 siano eletti gli organi delle nuove province. Non si dispone dunque di un tempo infinito, anche tenendo conto che le proroghe sono state disposte fino al 30 settembre 2013: alla Commissione compete, quindi, un lavoro molto serio che andrà svolto con celerità.

  Giuseppe CALDERISI (PdL) dichiara che il suo gruppo è allo stato favorevole all'elezione dei consigli provinciali in secondo grado, ma certamente attende di conoscere il quadro di contorno complessivo, ed in particolare attende di conoscere la posizione del Governo e la pronuncia della Corte costituzionale.
  Quanto ai sistemi elettorali teoricamente possibili, fa presente che ve ne sono altri oltre quelli fin qui considerati negli interventi dei colleghi che l'hanno preceduto: vale a dire quello proposto dal Governo, quello proposto dal deputato Vassallo e quello che è allo studio cui ha fatto cenno il deputato Bressa, i quali sistemi hanno tutti qualche limite, come è stato rilevato nel corso del dibattito, in ragione della difficoltà di assicurare una soddisfacente rappresentatività dei comuni e delle popolazioni avendo a disposizione un numero contenuto di consiglieri provinciali.
  Fermo restando che occorre necessariamente assicurare una maggioranza al presidente eletto – e su questo punto auspica che il Governo avanzi una propria proposta – è possibile però immaginare anche altre soluzioni oltre quelle di cui si è detto: in primo luogo, si potrebbe pensare ad una sorta di assemblea di grandi elettori la quale esaurisca il suo compito con la elezione dei consiglieri provinciali; in secondo luogo, si potrebbe pensare ad attribuire ai diversi comuni un voto ponderato, nel senso di attribuire un peso diverso al voto dei consiglieri dei diversi comuni; in terzo luogo, si potrebbe mantenere l'elezione diretta dei consiglieri provinciali, limitando tuttavia l'elettorato passivo ai solo consiglieri comunali del territorio.
  In ogni caso sottolinea l'assoluta necessità di procedere rapidamente alla definizione delle diverse questioni aperte sul futuro delle province.

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  Il sottosegretario Saverio RUPERTO, premesso di aver forse eccessivamente semplificato il proprio pensiero nel precedente intervento, chiarisce di aver voluto semplicemente evidenziare che è in itinere un provvedimento – il disegno di legge di conversione del decreto-legge sulle province – il cui contenuto può incidere sulla scelta relativa al sistema elettorale da adottare per i consigli provinciali. Non incide, invece, a suo avviso, sulla scelta del sistema elettorale il fatto che le circoscrizioni provinciali diventano più grandi con il decreto anzidetto. Se poi il decreto-legge sopra ricordato non dovesse essere convertito – ma si tratta di un'ipotesi allo stato del tutto teorica – verrebbero anche meno le funzioni conferite alle province con il decreto-legge cosiddetto «spending rewiev», con la conseguenza che le province resterebbero enti di indirizzo e coordinamento. Non si può d'altra parte escludere che al Senato vengano apportate al decreto-legge modifiche tali da cambiare anche la natura dell'ente provincia quale si è delineata con gli ultimi interventi normativi e da renderla incompatibile con l'elezione in secondo grado.
  Per quanto riguarda il sistema elettorale, prende atto che l'orientamento della Commissione è nel senso di correggere in ogni caso il sistema di elezione in secondo grado, introducendo elementi di ponderazione del voto per assicurare una maggiore o più adeguata rappresentatività dei consigli provinciali, il che implica qualche modifica al modello proposto dal Governo. Si riserva quindi di formulare una proposta a questo riguardo.
  Quanto infine alla attuale posizione del Governo in merito alla elezione in secondo grado, ritiene di poter dire – ma si riserva di verificare che questa sia effettivamente la posizione del Governo nel suo complesso – che l'orientamento del Governo sia tuttora favorevole alla trasformazione della provincia in ente di secondo grado, salvo che, come detto, il Senato modifichi il quadro normativo in un senso incompatibile con l'elezione in secondo grado.

  Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche al Titolo V della parte II della Costituzione.
C. 445 cost. Zaccaria, C. 763 cost. Carlucci, C. 1372 cost. Volontè, C. 1709 cost. Mantini, C. 2801 cost. Borghesi, C. 4423 cost. Laffranco, C. 4806 cost. Libè e C. 5432 cost. Palumbo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 27 novembre 2012.

  Mauro LIBÈ (UdCpTP), relatore, fa presente, d'intesa con la relatrice Lorenzin, che vi è l'intenzione dei relatori di predisporre un testo da sottoporre alla Commissione quale testo base per il prosieguo dell’iter nel corso della prossima settimana.

  Gianclaudio BRESSA (PD) fa presente che la posizione del suo gruppo sulla proposte di legge in esame è nota ed è quindi opportuno concludere quanto prima la fase della discussione così da poter procedere all'esame del testo da sottoporre poi all'Assemblea.

  Giuseppe CALDERISI (PdL) rileva che è chiaro a tutti che non sarà possibile approvare il provvedimento in esame in questa legislatura, in quanto non esistono i margini di tempo richiesti dalla Costituzione per la doppia deliberazione delle Camere, a meno che le elezioni avvengano in una data successiva a quella attualmente prevista, come pure sarebbe possibile in base all'articolo 61 della Costituzione, che prevede che le elezioni delle Pag. 12nuove Camere si svolgano entro 70 giorni dalla fine delle precedenti. Non sussiste quindi l'esigenza di limitare l'intervento ad un nucleo ampiamente condiviso di norme in modo da consentirne la rapida approvazione. Trattandosi invece di consegnare alle Camere della prossima legislatura il filo di una prima riflessione è forse questo il momento giusto per svolgere considerazioni di carattere più ampio.
  Premesso che non intende ripetere quanto da lui già detto in altri interventi su questo tema, ai quali si richiama, segnala l'importanza di riflettere anche sulla necessità di definire con attenzione il ruolo delle regioni. Infatti – come è stato osservato dal senatore Chiti in un recente intervento da lui svolto a Firenze in occasione della presentazione del Rapporto sulla legislazione – province con circoscrizione così ampia come quelle che si stanno delineando per effetto delle riforme in corso rischiano in prospettiva di mettere in ombra il ruolo delle regioni.
  Ricorda che il bilancio delle regioni è oggi prevalentemente impegnato dalla sanità, laddove, essendo il diritto alla salute un diritto primario assicurato sul territorio nazionale a tutti i cittadini indistintamente, un federalismo sanitario, con ventuno sanità diverse, non ha giustificazione; un discorso analogo potrebbe farsi per altre materie che sono state attribuite alla competenza delle regioni, ma che dovrebbero spettare piuttosto al livello di governo nazionale.
  A suo avviso il ruolo delle regioni dovrebbe essere quello di promuovere lo sviluppo socio-economico del territorio: qui esiste infatti una differenziazione territoriale tale da giustificare il regionalismo. Occorre d'altra parte immaginare che alle regioni siano attribuiti gli strumenti necessari per perseguire questo obiettivo e che le regioni stesse siano configurate per territori omogenei. Si può in altre parole pensare ad un accorpamento che possa essere funzionale ad un ripensamento del ruolo delle regioni nel quale, come detto, le regioni si occupino di promozione socio-economica del territorio.
  Ritiene che questa sia l'occasione per svolgere una riflessione su questo tema in vista di un contributo più ampio e lungimirante ai lavori della prossima legislatura. In ogni caso ribadisce che è assolutamente indispensabile prevedere, come avviene in tutti gli ordinamenti federali, la clausola di supremazia.

  Mario TASSONE (UdCpTP) ritiene che vi sia la necessità, a questo punto, di effettuare una scelta sull'ampiezza d'intervento che s'intende portare avanti con le proposte di legge in esame, tenendo conto dei tempi disponibili e degli intendimenti dei relatori.

  Matteo BRAGANTINI (LNP) chiede se il deputato Calderisi parli a nome proprio ovvero a nome di tutto il gruppo del Popolo della libertà, nel quale ultimo caso dovrebbe prendere atto che tale gruppo ha cambiato avviso rispetto al federalismo. Per federalismo infatti si intende – in questo modo ha sempre inteso la Lega Nord Padania – la devoluzione ai territori di tutte le competenze, con l'eccezione di quelle in materia di difesa e di giustizia, fermo restando che quelle sulla moneta sono già state attribuite all'Unione europea. In questo quadro, ritiene che la regola della supremazia invocata dal deputato Calderisi sia contraria alla logica del federalismo. Auspica infine che la Commissione voglia concentrarsi su riforme puntuali che abbiamo qualche possibilità di diventare legge prima della fine della legislatura.

  Giuseppe CALDERISI (PdL) nega di aver mai voluto intendere che si debba mettere in discussione il federalismo.

  Donato BRUNO, presidente, invita quindi i relatori a predisporre quanto prima un testo unificato delle proposte di legge in esame, da sottoporre alla valutazione Pag. 13della Commissione. Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.15.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 29 novembre 2012.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.15 alle 14.30

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE REFERENTE

Attuazione dell'articolo 49 della Costituzione.
Testo unificato C. 244 Maurizio Turco, C. 506 Castagnetti, C. 853 Pisicchio, C. 1722 Briguglio, C. 3809 Sposetti, C. 3962 Pisicchio, C. 4194 Veltroni, C. 4950 Galli, C. 4955 Gozi, C. 4956 Casini, C. 4965 Sbrollini, C. 4973 Bersani, C. 5111 Donadi, C. 5119 Rampelli e C. 5177 Iannaccone.