CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 16 ottobre 2012
720.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e V)
COMUNICATO
Pag. 11

SEDE REFERENTE

  Martedì 16 ottobre 2012. — Presidenza del presidente della I Commissione Donato BRUNO. — Intervengono il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Gianfranco Polillo e il sottosegretario di Stato per l'interno Saverio Ruperto.

  La seduta comincia alle 12.05.

DL 174/2012: Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012.
C. 5520 Governo.

(Esame e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

  Pierangelo FERRARI (PD), relatore per la I Commissione, intende preliminarmente evidenziare come il provvedimento di cui le Commissioni avviano l'esame nella seduta odierna è di particolare complessità ed investe temi di assoluto rilievo. Ringrazia quindi gli Uffici per il lavoro svolto in vista della seduta odierna e preannuncia la richiesta di svolgimento di una serie di audizioni – di soggetti su cui il decreto-legge interviene e di esperti di diritto costituzionale – così da poter focalizzare, con l'ausilio degli auditi, le questioni maggiormente problematiche del provvedimento. Le audizioni sono tanto più necessarie poiché, a suo avviso, si Pag. 12rilevano nel provvedimento questioni di problematica costituzionalità e di dubbia efficacia dal punto di vista dei tempi e delle procedure.
  Passando all'illustrazione del contenuto, fa anzitutto presente che si soffermerà, come relatore per la I Commissione, sulle disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3, ad eccezione dei capoversi p), q) ed r) del comma 1 e del comma 5, nonché sugli articoli 6, 7 e 10 mentre sulle altre parti del provvedimento interverrà la relatrice per la V Commissione.
  Rileva quindi che l'articolo 1 reca misure per il rafforzamento della partecipazione della Corte dei Conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti territoriali.
  Premette che tale intervento normativo, pur qualificato dal comma 1 in termini di «adeguamento» delle forme dei controlli sulla gestione finanziaria delle regioni, già effettuati dalla Corte dei conti in base al quadro normativo già vigente, ha in buona parte una significativa portata innovativa.
  Evidenzia che, com’è noto, il controllo sulla gestione finanziaria non costituisce per le regioni l'unica forma di controllo prevista dall'ordinamento. La Costituzione consente, infatti, ulteriori forme di controllo, che riguardano sia organi regionali, in base all'articolo 126, sia atti normativi delle regioni, ai sensi dell'articolo 127. La legge costituzionale n. 1 del 2003 ha invece espunto dall'ordinamento il controllo preventivo di legittimità sugli atti delle regioni, che il decreto-legge in esame reintroduce, nonché il riesame degli stessi atti in sede di controllo di merito, abrogando il primo comma dell'articolo 125 della Costituzione. Si tratta di un primo elemento di problematicità di cui tenere conto.
  Inoltre, l'articolo 100 della Costituzione, secondo comma, richiamato dal comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame, prevede la partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, riferendo alle Camere sul risultato del riscontro eseguito. I casi e le forme di tale partecipazione sono oggetto di riserva di legge.
  Le forme di controllo attualmente previste per le regioni non sembrano, in ogni modo, costituire un numerus clausus alla luce degli orientamenti della giurisprudenza costituzionale, che ha evidenziato la discrezionalità del legislatore nello stabilire tipologie di controllo, individuandone il limite solo nella loro funzionalità rispetto alla tutela di interessi costituzionalmente garantiti.
  Tali interessi sono stati finora individuati dalla giurisprudenza costituzionale nel buon andamento degli uffici pubblici, nella responsabilità dei funzionari, nell'equilibrio di bilancio e nel coordinamento della finanza delle regioni con quella dello Stato, delle province e dei comuni. Ciò non toglie che le previsioni in esame vadano esaminate attentamente, con particolare riguardo a quanto stabilito dal comma 2 dell'articolo 1, con riferimento al controllo preventivo di legittimità, che costituisce uno degli elementi di maggiore problematicità del provvedimento.
  La giurisprudenza costituzionale, già all'indomani dell'entrata in vigore della legge n. 20 del 1994, ha affermato, nella sentenza n. 29 del 1995, che «l'assoggettamento delle regioni, in base alla legge n. 20 del 1994, al controllo della Corte dei conti sulla gestione delle pubbliche amministrazioni, non postula un'indebita assimilazione delle regioni stesse agli «enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria», atteso che il suddetto controllo non costituisce attuazione dell'articolo 100 della Costituzione, bensì trova il suo fondamento in un non irragionevole esercizio della discrezionalità del legislatore».
  Infatti, se l'articolo 100 della Costituzione, secondo comma, riserva alla legge la determinazione dei casi e delle forme del controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, tuttavia, il pilastro costituzionale al quale tale giurisprudenza ha ricondotto il controllo della Corte dei conti sulla gestione è stato Pag. 13individuato nell'articolo 97 della Costituzione. In questa prospettiva, il controllo realizza «un compito essenzialmente collaborativo posto al servizio di esigenze pubbliche costituzionalmente tutelate, e precisamente volto a garantire che ogni settore della pubblica amministrazione risponda effettivamente al modello ideale tracciato dall'articolo 97 della Costituzione, quello di un apparato pubblico realmente operante sulla base dei principi di legalità, imparzialità ed efficienza».
  Nella sentenza 470 del 1997, la Corte costituzionale rileva che il controllo della Corte dei conti va ancorato alla concreta «scelta del legislatore ordinario, cui non può reputarsi preclusa l'introduzione di forme di controllo diverse e ulteriori rispetto a quelle puntualmente previste negli articoli 100, comma 2, 125, comma 1 e 130 della Costituzione, purché per esse sia rintracciabile un adeguato riferimento normativo ovvero un sicuro ancoraggio a interessi costituzionalmente tutelati».
  Durante la vigenza dell'abrogato primo comma dell'articolo 125 della Costituzione, la Corte ha ritenuto che il controllo ivi previsto non avesse carattere «tassativo», nel senso di escludere la possibilità di forme diverse ed ulteriori di controllo.
  Questa interpretazione giurisprudenziale delle possibilità di estensione delle forme e degli oggetti del controllo esercitato dalla Corte dei conti appare legata al ruolo e alla posizione nel sistema costituzionale che, a tale organo, la Consulta ha riconosciuto: vale a dire, una posizione «di indipendenza e di neutralità» e un ruolo complessivo, di organo posto al servizio dello Stato-comunità, e non già soltanto dallo Stato-governo, quale garante imparziale dell'equilibrio economico-finanziario del settore pubblico (sia statale, sia regionale e locale), e, in particolare, della corretta gestione delle risorse collettive sotto il profilo dell'efficacia, dell'efficienza e dell'economicità» (sentenza n. 29 del 1995).
  Da tale collocazione della Corte dei conti discende la natura collaborativa del controllo esercitato nei confronti delle autonomie territoriali.
  Secondo la stessa giurisprudenza, il controllo della Corte dei conti nulla toglie, anche per le regioni ad autonomia speciale, al controllo «squisitamente politico» che gli organi regionali rappresentativi esercitano sulla complessiva documentazione di bilancio nei confronti degli esecutivi regionali.
  In questa cornice interpretativa, l'abrogazione dell'articolo 125, primo comma, della Costituzione può essere intesa come un atto di «decostituzionalizzazione» completa della specifica regolamentazione dei controlli sugli atti, lasciando al legislatore ordinario piena libertà di regolazione; oppure, come una definitiva soppressione di tali controlli, nel quadro dell'ampia autonomia regionale delineata dalla riforma del Titolo V, ma anche in tal caso senza precludere alla legge ordinaria la eventuale previsione di nuove forme di controllo compatibili con tale autonomia. Comunque la discrezionalità legislativa in tale materia è funzionale all'attuazione degli interessi costituzionalmente garantiti.
  Anche a seguito della riduzione dell'ambito del controllo preventivo sugli atti, effettuata dalla legge n. 127 del 1997, prima della riforma del Titolo V (sentenza n. 470 del 1997) e dopo la suddetta riforma, adottata con le legge costituzionale n. 1 del 2003, la Corte costituzionale ha mantenuto una analoga impostazione.
  Gli stessi capisaldi individuati dalla Corte costituzionale hanno trovato ulteriore traduzione normativa nell'articolo 7 della legge n. 131 del 2003, che ha attribuito alla Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, la verifica del rispetto degli equilibri di bilancio da parte di comuni, province, città metropolitane e regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea.
  La garanzia del rispetto dell'equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva che tali disposizioni perseguono ne ha fatto ritenere – in base ad una lettura effettuata anche nella prospettiva di quanto stabilito dall'articolo 248 del Trattato CE, in ordine al controllo negli Stati Pag. 14membri della Corte dei conti europea, da effettuarsi «in collaborazione con le istituzioni nazionali di controllo» – la legittimità (sentenza della Corte Costituzionale n. 267 del 2006) anche nei confronti delle regioni e le province ad autonomia differenziata, «non potendo dubitarsi che anche la loro finanza sia parte della finanza pubblica allargata» (sentenza n. 425 del 2004).
  Alla luce del riformato Titolo V, quindi, il controllo della Corte dei conti realizza un principio di coordinamento della finanza pubblica, come evidenziato nell'incipit del comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame, che finalizza le disposizioni contenute nell'intero articolo 1 alla suddetta materia in cui, alla luce del riparto costituzionale di competenze garantito dall'articolo 117 della Costituzione, spetta allo Stato porre i principi di riferimento.
  Giova ricordare che dalla giurisprudenza costituzionale più recente, con la quale sono state valutate numerose disposizioni di contenimento della spesa pubblica, risulta che possono essere ritenute principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi del terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, le norme che «si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenza n. 148 del 2012; conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del 2011 e n. 326 del 2010).
  Con la sentenza n. 193 del 2012, la Consulta ha osservato che, l'estensione a tempo indeterminato di misure restrittive fa venir meno una delle due condizioni, quella della temporaneità delle restrizioni», non rilevando l'apposizione di un termine ad quem a mezzo di formula priva di riferimenti temporali precisi, «che consente il protrarsi sine die di misure, le quali rimarrebbero così solo nominalmente temporanee».
  In base al complessivo quadro normativo e all'interpretazione che ne è stata dalla Corte costituzionale, la previsione del «rafforzamento dei controlli della Corte dei Conti» affermata dal comma 1 dell'articolo 1 sulla base dell'articolo 100 della Costituzione, potrebbe trovare un fondamento costituzionale che va ben oltre tale articolo, ivi espressamente richiamato, dato anche dagli articoli 28, 81, 97 e 119 della Costituzione che, pertanto, potrebbero essere anch'essi richiamati nel testo.
  I successivi commi dell'articolo 1 non intervengono sui controlli già previsti per le regioni stabilendo ad essi modifiche, ma introducono nuove forme di controllo, in parte conformi a quelli già effettuati su atti dello Stato, in parte conformi a quelli esercitati sugli enti locali. Tali controlli riguardano, in primo luogo, in via preventiva, la legittimità di categorie di atti regionali, espressamente indicati, e hanno ad oggetto la verifica del rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, dal patto di stabilità interno, dal diritto della UE e dal diritto costituzionale.
  Il comma 2 sottopone, in particolare, al controllo preventivo di legittimità delle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti i seguenti atti regionali: gli atti normativi a rilevanza esterna, aventi riflessi finanziari, emanati dal Governo regionale; gli atti amministrativi, a carattere generale e particolare, adottati dal Governo regionale e dall'amministrazione regionale, in adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea; gli atti di programmazione e pianificazione regionali, ivi compreso il piano di riparto delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
  Con riferimento agli atti normativi a rilevanza esterna aventi riflessi finanziari emanati dal governo regionale, il primo elemento che se ne trae è che da tale controllo sono esclusi gli atti aventi forza di legge; infatti, analogamente a quanto previsto per la fonte normativa ordinaria statale, la locuzione «emanati dal governo Pag. 15regionale», nonostante la competenza del Presidente della regione ad emanare le leggi regionali, dovrebbe essere intesa come riferita agli atti «adottati» dallo stesso Governo.
  Parametri del controllo sono il rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, del patto di stabilità interno, nonché del diritto dell'Unione europea e di quello costituzionale.
  Tali parametri concorrono a delimitare le fonti la cui disciplina si pone come stregua di valutazione della legittimità degli atti.
  Ai sensi del comma 3, il rendiconto generale della regione è sottoposto al giudizio di parifica da parte della Corte dei Conti, in conformità alla disciplina – di cui agli articoli 40 e 41 del Testo unico delle leggi sul funzionamento della Corte – relativa alle modalità attraverso le quali la Corte delibera la parificazione del rendiconto generale dello Stato.
  Ogni sei mesi inoltre il comma 4 prevede controlli che attengono alla tipologia delle coperture finanziarie delle leggi regionali di spesa e le tecniche di quantificazione dei relativi oneri finanziari.
  Sempre in via preventiva, i controlli riguardano anche la proposta della giunta regionale di bilancio di previsione, ai sensi del comma 6, secondo il parametro dell'attendibilità ai fini della salvaguardia degli equilibri di bilancio, del rispetto del patto interno di stabilità e della sostenibilità dell'indebitamento.
  Per le regioni a statuto speciale e le province autonome, il comma 5 prevede che esse adeguino i rispettivi ordinamenti alle disposizioni dell'articolo 1 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge.
  Va precisato che ordinamento, funzioni e competenze delle regioni ad autonomia differenziata sono stabilite, per ciascuna di esse, dal rispettivo Statuto e dalle relative norme di attuazione che intervengono anche sulla disciplina dei controlli della Corte dei conti.
  L'applicazione delle disposizioni recate dall'articolo 1 non può che avvenire, perciò, attraverso la modifica delle norme di attuazione, norme di rango costituzionale adottate secondo una specifica procedura disciplinata in ciascuno Statuto speciale; tale procedura, nonostante alcune differenze tra regione e regione, prevede una fase di consultazione-concertazione su tutti gli aspetti di rilievo rimessa ad una «commissione paritetica» Stato-Regione la quale, di fatto, redige il testo.
  Risulta di tutta evidenza, perciò, che l'osservanza del termine di sei mesi per provvedere all'adeguamento dell'ordinamento, dipende dalla possibilità che venga raggiunto l'accordo tra Stato e Regione. Si tratta di un altro elemento di problematicità di cui tenere conto.
  Il comma 5 non indica alcuna sanzione in caso di inadempienza, ma il comma 9 prevede, in via generale per tutte le regioni, in relazione all'esito dei controlli effettuati dalla Corte dei conti, un obbligo di ripristino di regolarità e di equilibrio di bilancio con preclusione, nelle more, di attuare programmi di spesa.
  In tema di autonomie speciali e coordinamento della finanza pubblica, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza costituzionale, il vincolo del rispetto dei princípi statali di coordinamento della finanza pubblica connessi ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, che grava sulle Regioni ad autonomia ordinaria in base all'articolo 119 della Costituzione, si impone anche alle autonomie speciali nell'esercizio dell'autonomia finanziaria di cui allo statuto speciale; sussiste, sotto questo aspetto, una sostanziale coincidenza tra limiti posti alla autonomia finanziaria delle Regioni ad autonomia ordinaria dall'articolo 119 della Cost. e limiti posti all'autonomia finanziaria delle autonomie speciali dallo statuto speciale (sentenza n. 190 del 2008 con riferimento alle province autonome).
  Il comma 6 prevede che le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano l'attendibilità dei bilanci di previsione proposti dalle giunte regionali in relazione alla salvaguardia degli equilibri Pag. 16di bilancio, al rispetto del patto di stabilità interno e alla sostenibilità dell'indebitamento.
  La verifica della Corte è esercitata con le modalità – previste dall'articolo 1, commi 166 e seguenti, della legge n. 266 del 2005 – con le quali la Corte valuta le relazioni sul bilancio di previsione e sul rendiconto d'esercizio ad essa trasmesse dai revisori dei conti degli enti locali.
  Va peraltro evidenziato che i poteri di valutazione e accertamento della Corte dei conti, previsti dall'articolo 1, commi 166-170, risultano implementati – senza novelle testuali – dal comma 8 dell'articolo 1.
  A tale fine, entro venti giorni dalla trasmissione della proposta della giunta regionale alla sezione competente, la sezione esprime le proprie valutazioni con pronuncia specifica, nelle stesse forme previste per la pronuncia che la Corte adotta sulla base delle sopra citate relazioni dei revisori, di cui all'articolo 1, comma 168, della medesima legge n. 266 del 2005.
  Il comma 7 attribuisce alle sezioni regionali della Corte dei conti la verifica, con cadenza semestrale, della legittimità e della regolarità delle gestioni, nonché del funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e del pareggio di bilancio di ciascuna Regione.
  A tale fine, si prevede che il Presidente della Regione trasmetta trimestralmente alla sezione regionale di controllo della Corte un referto sulla regolarità della gestione e sull'efficacia e sull'adeguatezza del sistema dei controlli interni adottato. Tale referto è adottato sulla base delle Linee guida deliberate dalla Sezione delle autonomie della Corte ed è, altresì, inviato al Presidente del Consiglio regionale.
  Evidenziata preliminarmente la necessità di valutare attentamente la suddetta previsione, rileva che il comma 7, primo e secondo periodo, sembra intervenire proprio sulla verifica di gestione già disciplinata dalla normativa vigente con disposizioni la cui differente formulazione sembra assumere valenza sostanziale, laddove si introducono i riferimenti alla legittimità delle gestioni, all'efficacia e all'adeguatezza dei controlli e la previsione dell'emanazione di linee guida da parte della Corte dei conti. Alla luce di ciò appare necessario verificare se la disciplina prevista dai suddetti periodi del comma 7 sostituisca – in tal caso implicitamente – quella già contenuta nell'articolo 7, comma 7, della legge n. 131 del 2003.
  Il comma 7, pur citando i controlli interni alle regioni, non reca inoltre alcun riferimento all'articolo 14, comma 1, lettera e), del decreto-legge n. 138 del 2011, la cui applicazione è però richiamata dal comma 1 dell'articolo 2.
  Appare inoltre opportuno che i presupposti per l'irrogazione della condanna, ai sensi del comma 7, siano definiti in maniera più determinata e che sia ulteriormente precisato il riferimento, nella prima parte del comma 1, alla regolarità «delle gestioni».
  Per i medesimi controlli, la Corte dei conti può avvalersi del Corpo della Guardia di finanza e viene coadiuvata dai Servizi Ispettivi di finanza pubblica.
  Per i controlli su bilanci preventivi e rendiconti, il comma 8 sembra estendere non solo i criteri di accertamento che le sezioni regionali della Corte dei conti devono seguire nei confronti degli enti locali, ma anche la platea dei soggetti i cui atti devono essere controllati.
  La formulazione del comma 8 però potrebbe ampliare il tenore della disposizione richiamata perché, oltre a stabilire i criteri dell'accertamento che le sezioni regionali sono chiamate a compiere – salvaguardia dell'equilibrio di bilancio, rispetto del patto di stabilità interno, sostenibilità dell'indebitamento e assenza di irregolarità – con una formulazione differente rispetto a quella prevista all'articolo 1, comma 166 della legge n. 266 del 2005, sembra estendere la platea dei soggetti cui si riferiscono i bilanci e i consuntivi oggetto di controllo. Infatti, mentre il comma 166 si riferisce solo agli enti locali, il comma 8 menziona le «autonomie territoriali» e gli «enti che compongono il Servizio sanitario nazionale».Pag. 17
  Così individuata, la platea dei soggetti passivi del controllo è atta a comprendere anche le regioni. Inoltre, poiché il comma 8 non è formulato in termini di novella del citato comma 166, non appare chiaro se, anche ai sensi di tale disposizione, sia prevista per le autonomie territoriali alle quali il controllo è esteso: la trasmissione di relazione sui documenti contabili da parte dell'ente; la necessità che siano rispettate le linee guida per la predisposizione della relazione dettate dalla Corte dei conti ai sensi del comma 166.
  Il tenore del comma 8, oltre a porre l'esigenza di chiarire i termini entro i quali intervenga per gli enti diversi dalle regioni, sulla disciplina già contenuta nei commi 166 e seguenti della legge n. 266 del 2005, sembra richiedere, come già evidenziato, una definizione del perimetro applicativo rispetto alle disposizioni contenute nel comma 6.
  Rispetto ad esso, pur essendo identico l'oggetto del controllo – bilanci preventivi e consuntivi regionali – muta la sede del controllo – la verifica dell'attendibilità per il comma 6 e la legittimità e la regolarità per il comma 8 – ed è introdotto un parametro ulteriore – assenza di irregolarità in grado di pregiudicare anche con riguardo a futuri assetti economici la sana gestione finanziaria dell'ente – rispetto a quelli previsti dal comma 6 (salvaguardia degli equilibri di bilancio, rispetto del patto di stabilità interno, sostenibilità dell'indebitamento).
  Andrebbe inoltre chiarito il richiamo contenuto nel comma 8 al controllo di legittimità e regolarità sul bilancio consuntivo delle autonomie territoriale, con riferimento alle regioni, in quanto per esse il comma 3 prevede la sottoposizione del rendiconto a giudizio di parifica.
  Il comma 9 dispone per il caso di esito negativo dei controlli effettuati ai sensi dei precedenti commi, stabilendo un obbligo di ripristino di regolarità e di equilibrio di bilancio con preclusione, nelle more, di attuare programmi di spesa. Occorrerebbe approfondire le modalità con cui le previsioni del comma 9 – che appaiono formulate in modo generico – si riferiscono alle misure di controllo di cui ai commi precedenti.
  Inoltre, la preclusione di cui al comma 9, traducendosi in una sospensione di attività, dovrebbe avere natura temporanea e sembra evidenziare comunque profili collaborativi del controllo, nelle varie tipologie disciplinate da ciascun comma. Dall'accertamento effettuato dalle sezioni regionali deriva in capo all'ente destinatario dell'accertamento una responsabilità per l'adozione delle misure necessarie. La struttura della disposizione, in altre parole, sembra permettere una separazione tra la funzione di controllo della Corte dei conti e l'attività amministrativa degli enti, elemento ritenuto rilevante, ai fini dello scrutinio di costituzionalità sui controlli previsti nella legge finanziaria per il 2006, nella giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 179 del 2007).
  I commi da 10 a 14 contengono disposizioni destinate ai gruppi consiliari delle Assemblee regionali. Sulle risorse dei gruppi interviene anche l'articolo 1 che, al comma 1, lettera f), prevede la riduzione dei contributi ai gruppi consiliari e, alla lettera h), introduce forme di trasparenza e pubblicità analoghi a quelli vigenti nella normativa statale.
  In caso di inadempimento di tali obblighi di trasmissione del rendiconto o di provvedere alla regolarizzazione, il gruppo decade dal diritto all'erogazione, per l'anno in corso, di risorse da parte dell'Assemblea regionale ed è tenuto a restituire le somme dalla stessa ricevute che non siano state rendicontate. Tali disposizioni sanzionatorie sono previste anche in caso di tardiva o mancata trasmissione del rendiconto. In tal caso, poiché è possibile che il rendiconto sia stato comunque predisposto e in esso siano state regolarmente iscritte tutte le somme, la seconda sanzione non sarebbe applicabile.
  Il comma 15 estende al rendiconto generale delle Assemblee regionali le disposizioni dei commi 10-14.
  L'estensione di tali commi all'organo rappresentativo della regione va peraltro valutata alla luce della legge n. 853 del Pag. 181976 che ha previsto l'autonomia contabile e funzionale dei consigli regionali delle regioni a statuto ordinario. In particolare, in mancanza di espresso coordinamento, appare necessario verificare l'impatto delle disposizioni dei commi 10-14 sulla disciplina contenuta in tale fonte.
  Occorre inoltre tenere presente che, per le regioni a statuto speciale, la Corte costituzionale, con sentenza n. 143 del 1968, ha affermato che il Consiglio non solo è organo politico-legislativo ma, al pari di altre Assemblee regionali (sentenza n. 66 del 1964), non ha funzioni esecutive neanche di natura regolamentare: i suoi atti quindi non sono sottoposti a riscontro esterno. Inoltre, laddove gli statuti speciali sottopongano «gli atti amministrativi della regione» al sindacato di legittimità della Corte dei conti, tale sindacato non può che riferirsi agli atti del Governo regionale. Sulla base di tali considerazioni, secondo la Consulta «le somme impegnate in bilancio per le spese di funzionamento del consiglio regionale, appena pervenutegli, possono essere spese dal suo Presidente senza altro controllo che quello, successivo, del medesimo Consiglio».
  Inoltre, la sentenza n. 198 del 2012 afferma che: «la disciplina relativa agli organi delle Regioni a statuto speciale e ai loro componenti è contenuta nei rispettivi statuti. Questi, adottati con legge costituzionale, ne garantiscono le particolari condizioni di autonomia, secondo quanto disposto dall'articolo 116 della Costituzione (...) A tali fonti una legge ordinaria non può imporre limiti e condizioni».
  A fronte del quadro ricostruttivo relativo all'articolo 1, testé illustrato, resta inteso che, tenuto conto del dettato costituzionale e delle pronunce giurisprudenziali in cui si inseriscono le disposizioni in esame, sarà necessario svolgere, nel prosieguo dell'iter, attenti approfondimenti e valutazioni da parte delle Commissioni.
  Passando alle previsioni dell'articolo 2, recante riduzione dei costi della politica nelle regioni, vorrei preliminarmente ricordare che il 27 settembre 2012 la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha approvato un documento che esprime il sostegno di tutte le regioni nei confronti del Governo ai fini dell'adozione di un decreto-legge che stabilisca nuovi parametri per ogni Regione «relativi a tutti i costi della politica, che prendano le mosse dall'adozione di criteri standard al fine di promuovere l'omogeneizzazione delle diverse situazioni regionali». Il documento si conclude con la richiesta di previsione di sanzioni per le regioni inadempienti.
  Quanto al contenuto dell'articolo 2, il comma 1 reca la maggior parte delle misure di risparmio introdotte dall'articolo in esame, finalizzate al coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica.
  Si tratta di una serie di misure che ciascuna regione deve adottare entro il 30 novembre 2012, oppure entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto – e quindi entro l'11 aprile 2013 – qualora il recepimento nell'ordinamento regionale necessiti di modifiche statutarie, ai sensi dell'articolo 123, commi secondo e terzo, della Costituzione.
  Si stabilisce quindi che l'applicazione di tali misure costituisce condizione inderogabile per l'erogazione dell'80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni. Sono esclusi dal vincolo i finanziamenti del trasporto pubblico locale, mentre quelli per il servizio sanitario nazionale subiranno, in caso di inadempienza, una decurtazione limitata al 5 per cento.
  Una prima parte di misure è contenuto nella lettera a) e riguarda, oltre alla riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori regionali, la riduzione degli emolumenti percepiti dagli stessi, la commisurazione del trattamento economico all'effettiva partecipazione alle sedute del Consiglio, il passaggio al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali; l'istituzione del Collegio dei revisori dei conti quale organo di vigilanza del Consiglio regionale.
  Com’è noto, tali misure erano già state previste dall'articolo 14 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, prevedendo Pag. 19il recepimento da parte delle regioni al fine della collocazione nella classe di enti più virtuosi in relazione all'applicazione del patto di stabilità.
  Con la disposizione in esame si aggiungerebbe quindi la sanzione della suddetta decurtazione dei trasferimenti erariali.
  Illustra, quindi, le misure del decreto-legge 138 del 2011 richiamate dalla lettera a) del comma 1: in primo luogo, la determinazione del numero massimo dei consiglieri regionali, ad esclusione del presidente della giunta regionale, uguale o inferiore a 20 per le regioni con popolazione fino ad un milione di abitanti; a 30 per le regioni con popolazione fino a due milioni di abitanti; a 40 per le regioni con popolazione fino a quattro milioni di abitanti; a 50 per le regioni con popolazione fino a sei milioni di abitanti; a 70 per le regioni con popolazione fino ad otto milioni di abitanti; a 80 per le regioni con popolazione superiore ad otto milioni di abitanti.
  Quindi, la determinazione del numero massimo degli assessori regionali pari o inferiore ad un quinto del numero dei componenti del Consiglio regionale, con arrotondamento all'unità superiore; la commisurazione del trattamento economico dei consiglieri regionali all'effettiva partecipazione ai lavori del consiglio regionale; l'istituzione, a decorrere dal 1o gennaio 2012, di un collegio dei revisori dei conti, quale organo di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione dell'ente; il collegio, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, opera in raccordo con le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti; il passaggio, per i consiglieri regionali al sistema previdenziale contributivo, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e con efficacia a decorrere dalla prima legislatura regionale successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.
  Per quanto riguarda in primo luogo la determinazione del numero massimo dei consiglieri regionali, ricorda, in questa sede, che il suddetto articolo 14, come modificato dall'articolo 30 della legge n. 183 del 2011, che ne aveva modificato la formulazione per le regioni a statuto speciale e le province autonome, è stato impugnato avanti alla Corte costituzionale da alcune regioni. La sentenza della Consulta, n. 198 del 2012, ha accolto solo le censure avanzate dalle autonomie speciali, sulla base del rilievo che per esse la disciplina degli organi e dei relativi componenti è stabilita dagli statuti, adottati con legge costituzionale, che ne garantiscono le particolari condizioni di autonomia, in conformità all'articolo 116 della Costituzione. A tali fonti, la legge ordinaria – nella specie l'articolo 14 del citato decreto-legge – non può imporre limiti e condizioni.
  La stessa sentenza, per le regioni a statuto ordinario, ha ritenuto infondate le censure di incostituzionalità riferite all'articolo 14, perché fissa parametri diretti esplicitamente al «conseguimento degli obiettivi stabiliti nell'ambito del coordinamento della finanza pubblica». Sia per gli emolumenti che per il numero dei consiglieri la tecnica legislativa è quella di stabilire un limite complessivo che «lascia alle Regioni un autonomo margine di scelta». In merito a tale tecnica è consolidato l'orientamento di compatibilità costituzionale già espresso dalla Corte con le sentenze n. 182 e n. 91 del 2011; n. 326 del 2010 e n. 297, n. 284 e n. 237 del 2009. Anche le disposizioni che prevedono che il trattamento economico dei consiglieri regionali debba essere commisurato all'effettiva partecipazione ai lavori del Consiglio, e che il loro trattamento previdenziale debba essere di tipo contributivo, «pongono precetti di portata generale per il contenimento della spesa» e sono perciò indenni da censure di legittimità.
  Poiché gli Statuti regionali devono essere in armonia con la Costituzione (articolo 123) la fissazione di un «rapporto tra il numero degli abitanti e quello dei consiglieri, e quindi tra elettori ed eletti (nonché tra abitanti, consiglieri e assessori), mira a garantire proprio il principio in base al quale tutti i cittadini hanno il diritto di essere egualmente rappresentati. In assenza di criteri posti dal legislatore Pag. 20statale, che regolino la composizione degli organi regionali, può verificarsi – come avviene attualmente in alcune Regioni, sia nell'ambito dei Consigli che delle Giunte regionali – una marcata diseguaglianza nel rapporto elettori-eletti (e in quello elettori-assessori): i seggi (nel Consiglio e nella Giunta) sono ragguagliati in misura differente alla popolazione e, quindi, il valore del voto degli elettori (e quello di scelta degli assessori) risulta diversamente ponderato da Regione a Regione». Secondo la Corte, «il principio relativo all'equilibrio rappresentati-rappresentanti non riguarda solo il rapporto tra elettori ed eletti, ma anche quello tra elettori e assessori (questi ultimi nominati)» e non contrasta col principio di uguaglianza del voto l'elezione di secondo grado, in cui l'elettorato attivo è attribuito ad un cittadino eletto dal popolo in sua rappresentanza (conforme alla sentenza della Corte Costituzionale 96 del 1968).
  Sono state respinte anche le censure di incostituzionalità sollevate da alcune regioni in merito ai termini previsti dall'articolo 14, in quanto, secondo la Corte, un'eventuale durata maggiore dei prescritti sei mesi del processo riformatore a causa dei tempi necessari per l'eventuale referendum sullo statuto e per la pendenza del giudizio di legittimità costituzionale non comporta responsabilità degli enti purché la decisione in merito alle misure in questione sia almeno adottata nel termine di sei mesi.
  Pertanto, l'attuazione del suddetto articolo 14 comporta l'avvio della riforma delle norme statutarie che dispongano in merito al numero dei consiglieri, nonché delle leggi elettorali regionali che prevedano un numero di componenti del consiglio superiore a quello che deriverebbe dall'applicazione dello stesso articolo 14.
  Va ricordato che, ad oggi il processo normativo di riparametrazione del numero dei consiglieri secondo quanto previsto dal suddetto articolo 14, non risulta ancora avviato nell'ordinamento delle regioni a statuto ordinario.
  Va segnalato però che la Toscana, con la legge regionale 27 dicembre 2011, n. 66, legge finanziaria per il 2012, all'articolo 151 ha modificato la legge regionale 25 del 2004, prevedendo che il consiglio regionale sia composto da quaranta membri, con decorrenza dalla prima elezione del Consiglio regionale successiva all'entrata in vigore di specifica legge di modifica dello Statuto, ad oggi ancora non adottata. Inoltre sia l'Emilia Romagna (dal 2005) che la Lombardia hanno un numero di consiglieri regionali che è già conforme al parametro in questione.
  Quanto alle altre regioni a statuto ordinario, l'articolo 32 del nuovo statuto del Veneto parametra i consiglieri con un rapporto da uno a centomila abitanti, secondo modalità individuate dalla legge elettorale, per un massimo di 60 consiglieri. Inoltre, occorre tenere presente che nelle regioni in cui si applica la legge elettorale «nazionale», in alcune circostanze, il numero dei consiglieri può aumentare (come in Abruzzo per effetto del premio di maggioranza) o diminuire (come in Liguria).
  Ciò premesso, l'attuazione del limite previsto dall'articolo 14 dovrebbe coinvolgere: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio (che comunque aumenterebbe il numero massimo rispetto a quello che derivava dai parametri stabiliti dalla legge n. 108 del 1968), Liguria, Marche, Molise, Piemonte, Puglia e Umbria. Per il Veneto, come detto, l'attuazione dell'articolo 14 richiede che il limite massimo sia fissato a 50 anziché 60.
  Oltre alle misure già previste dall'articolo 14 del decreto-legge n. 138 del 2011, richiamate dalla lettera a), ulteriori misure di riduzione degli emolumenti per gli amministratori regionali e contenuto in un altro gruppo di disposizioni, previste dalla lettere b), c), d) ed e) del medesimo comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame. A queste è collegata la limitazione dei vitalizi e dei trattamenti pensionistici degli stessi amministratori operata dal comma 2.
  In particolare, la lettera b) prevede che le regioni ridefiniscano l'importo dell'indennità di funzione e dell'indennità di carica dei consiglieri e degli assessori regionali Pag. 21entro un limite massimo costituito dagli importi vigenti nella regione più virtuosa.
  La disposizione demanda alla Conferenza Stato-regioni il compito di individuare la regione più virtuosa, operazione che dovrà essere compiuta entro il 30 ottobre 2012, in modo da consentire alle regione di provvedere entro il 30 novembre (termine di cui all'alinea) alla eventuale riduzione.
  Peraltro, non viene indicato alcun parametro per l'individuazione della regione più virtuosa, che, presumibilmente, dovrebbe essere quella (o quelle) in cui l'importo delle indennità è più basso.
  Una norma di chiusura prevede che, in caso di inadempienza della Conferenza, la regione più virtuosa sia individuata con decreto del Presidente del Consiglio adottato nei successivi 15 giorni su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze.
  Quindi, le regioni dovranno ridurre le indennità dei propri amministratori (assessori e consiglieri) adeguandosi alla regione più virtuosa, fermo restando per i consiglieri il principio di commisurazione del trattamento economico globale alla effettiva partecipazione ai lavori consiliari, come prescritto dal suddetto articolo 14.
  Negli ultimi anni si registrano diversi interventi normativi volti alla riduzione del trattamento economico degli amministratori regionali, sui quali in alcuni casi è intervenuta la Corte costituzionale a definire i limiti dell'interventi statale. Rispetto ad alcuni di tali interventi sarebbe stato opportuno prevedere disposizioni di coordinamento nell'articolo in esame.
  La lettera c) introduce il divieto di cumulo di indennità o emolumenti, comunque denominati – comprese le indennità di funzione o di presenza – in commissioni o organi collegiali derivanti dalle cariche di presidente della regione, di presidente del consiglio regionale, di assessore o di consigliere regionale. In tali casi il titolare di più cariche deve optare per uno solo degli emolumenti o indennità.
  In proposito, va ricordato che il decreto-legge n. 78 del 2010 ha soppresso la corresponsione dell'indennità di funzione per i parlamentari (nazionali ed europei) e i consiglieri regionali che sono anche amministratori locali e ha posto il divieto di cumulo delle indennità di funzione per chi è eletto o nominato in organi appartenenti a diversi livelli di governo.
  La lettera d) prevede, per i consiglieri, la gratuità della partecipazione alle commissioni permanenti, con l'esclusione anche di diarie, indennità di presenza e rimborsi spese comunque denominati.
  La lettera e) dispone che ciascuna regione disciplini le modalità di pubblicità e trasparenza dello stato patrimoniale dei titolari di cariche pubbliche elettive e di governo di competenza prevedendo una dichiarazione, da pubblicare annualmente, all'inizio e alla fine del mandato, sul sito internet dell'ente che consenta determinati dati e sanzioni amministrative per la mancata o parziale ottemperanza.
  Com’è noto, norme in materia di anagrafe degli eletti, relativa ai parlamentari e ai membri di governo nazionali, sono contenute nella legge n. 441 del 1982 che già ne prevede l'applicazione anche ai consiglieri regionali – ma non agli assessori – secondo modalità rimandate alla autoregolamentazione di ciascun Consiglio.
  Andrebbe quindi valutata l'opportunità di coordinamento della disposizione in esame con la normativa vigente.
  La lettera f) prevede la riduzione dei contributi ai gruppi consiliari e dei partiti e, per questi ultimi la lettera h) introduce forme di trasparenza e pubblicità analoghi a quelli vigenti nella normativa statale.
  In particolare, viene introdotta anche per i gruppi consiliari e i partiti politici una norma analoga a quella relative alle indennità dei consiglieri ed assessori di cui alla lettera b): le norme regionali in materia devono essere ridefinite in modo tale che tali contributi non eccedano complessivamente l'importo riconosciuto dalla regione più virtuosa, «secondo criteri omogenei», in ogni caso ridotto della metà.Pag. 22
  A parte il riferimento a «criteri omogenei» di non facile interpretazione, la disposizione prevede inoltre che sono fatti salvi i rimborsi delle spese elettorali previsti dalla normativa nazionale e che sono esclusi, da ogni contribuzione i gruppi composti da un solo consigliere (i cosiddetti monogruppi), salvo quelli che risultino così composti già all'esito delle elezioni.
  Questa seconda condizione va presumibilmente interpretata nel senso che è consentito il finanziamento dei monogruppi costituiti immediatamente all'inizio della legislatura consiliare, ma non quelli che si formano nel corso della legislatura.
  L'individuazione della regione più virtuosa è demandata (come per la lettera b) alla Conferenza Stato-regioni entro il 30 ottobre 2012. Decorso inutilmente tale termine, essa è individuata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato nei successivi quindici giorni, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dell'economia e delle finanze.
  La lettera h) prevede l'istituzione di un sistema informativo nel quale sono raccolti i dati relativi al finanziamento dell'attività dei «gruppi politici».
  Al riguardo, appare opportuno chiarire la portata di tale locuzione, in particolare se essa comprenda sia i gruppi consiliari, sia i partiti politici, anche non rappresentati in consiglio; in tal caso si dovrebbe verificare la portata del riferimento al finanziamento della relativa attività.
  La lettera g) estende alle regioni diverse misure di contenimento della spesa previste dalla normativa vigente e dirette prevalentemente alle amministrazioni centrali.
  Il comma 2 pone l'obbligo alle regioni di corrispondere i vitalizi ai consiglieri e assessori regionali solo a coloro che hanno i seguenti requisiti: hanno compiuto 66 anni di età; hanno ricoperto tali cariche, anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a dieci anni.
  Sembrerebbe dunque trattarsi di una disposizione transitoria che, ai sensi del comma 2, è destinata a trovare applicazione fino al passaggio al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali disposto dall'articolo 14, comma 1, lettera f), del decreto-legge 138 del 2011 a partire dalla prossima legislatura.
  La disposizione fa salva l'eventuale abrogazione dei vitalizi già disposta dalle regioni.
  Sono inoltre esclusi dall'ambito di applicazione della norma i «trattamenti già in erogazione» a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Sembrerebbero dunque esclusi coloro che già usufruiscono del vitalizio e non anche coloro che pur avendone maturato i diritti, non possono usufruirne perché, ad esempio, ricoprono ancora la carica di consigliere regionale.
  Andrebbe tuttavia specificato l'ambito di applicazione della disposizione per i consigli regionali che già sono passati al regime pensionistico contributivo.
  La collocazione della norma in un comma separato rispetto al comma 1 non sembra consentire l'applicazione né della decurtazione dei trasferimenti erariali, né del commissariamento – previsto dal comma 5 – in caso di inadempienza di tipo specifico, ferma restando la sanzione in caso di mancato passaggio al sistema contributivo di cui all'articolo 14, comma 1, lettera f) del decreto-legge n. 138 del 2011.
  Il comma 3 detta alcune disposizioni procedurali in ordine all'applicazione delle riduzioni di spesa di cui al comma 1.
  In primo luogo, si prevede che «gli enti interessati» – ovvero giunte e consigli regionali – inviino una comunicazione alla Presidenza del Consiglio ed al Ministero dell'economia e finanze che documenti il rispetto delle condizioni di cui al comma 1. La comunicazione deve essere inviata entro i 15 giorni successivi alla scadenza dei termini di cui al comma 1 (entro il 15 dicembre 2013 oppure entro il 26 aprile 2013 se si tratta di interventi che presuppongono modifiche statutarie).
  In secondo luogo, un termine diverso, più lungo, è previsto per le regioni «nelle quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il presidente della regione Pag. 23abbia presentato le dimissioni ovvero si debbano svolgere le consultazioni elettorali entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto» (9 gennaio 2012). In tali casi, il termine di sei mesi di cui sopra decorre dalla data della prima riunione del nuovo consiglio regionale.
  La deroga riguarda solo l'attuazione delle misure di cui al comma 1 che necessitano di modifiche statutarie e non anche quelle che possono essere attuate con leggi regionali ordinarie o altri atti, per queste ultime rimane fermo, anche per le regioni con i consigli sciolti il termine del 15 dicembre 2013.
  Appare peraltro utile rilevare che anche per gli atti che non necessitano di modifiche statutarie il termine temporale del 15 dicembre appare oggettivamente difficile da rispettare per quelle regioni il cui consiglio non è nel pieno delle proprie funzioni. Di incerta interpretazione appare la seconda condizione che fa scattare la deroga, ossia lo svolgimento delle elezioni entro 90 giorni dal decreto, ipotesi che sembrerebbe alternativa (... «ovvero»...) a quella delle dimissioni del presidente. A meno che non si interpreti il termine «ovvero» non in senso disgiuntivo, bensì esplicativo o correlativo: le regioni nelle quali il presidente è dimissionario e nelle quali si voterà entro 90 giorni. Al riguardo appare opportuno un chiarimento da parte del rappresentante del Governo.
  Inoltre, come rilevato nella sentenza della Corte Costituzionale 198 del 2012, l'articolo 123 della Costituzione richiede che gli statuti siano «in armonia con la Costituzione» che detta norme che riguardano il rapporto elettori-eletti per i consiglieri e le modalità dell'accesso ai pubblici uffici per gli assessori, cioè, per il diritto di elettorato attivo, l'articolo 48 della Costituzione, e, per il diritto di elettorato passivo e l'accesso agli uffici pubblici, l'articolo 51 della Costituzione, entrambi espressione del più generale principio di eguaglianza.
  In questa prospettiva, una valutazione di compatibilità della clausola di chiusura con la riserva costituzionale dovrebbe considerare l'esigenza, evidenziata dalla sentenza 198 del 2012 di «garantire proprio il principio in base al quale tutti i cittadini hanno il diritto di essere egualmente rappresentati», ciò in quanto «In assenza di criteri posti dal legislatore statale, che regolino la composizione degli organi regionali, può verificarsi – come avviene attualmente in alcune Regioni, sia nell'ambito dei Consigli che delle Giunte regionali – una marcata diseguaglianza nel rapporto elettori-eletti (e in quello elettori-assessori): i seggi (nel Consiglio e nella Giunta) sono ragguagliati in misura differente alla popolazione e, quindi, il valore del voto degli elettori (e quello di scelta degli assessori) risulta diversamente ponderato da Regione a Regione».
  Il comma 4 introduce – con riferimento alle disposizioni recate dal comma 1 dell'articolo 2 – la clausola di «compatibilità» con l'ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.
  Il comma 5 contiene la misura sanzionatoria nei confronti delle regioni che non provvedono ad adeguare il proprio ordinamento entro il termine disposto dal comma 1 ovvero dal comma 3. In questi casi alla regione viene assegnato il termine ulteriore di 90 giorni per provvedere ai sensi di quanto dispone l'articolo 8, comma 1, della legge 131 del 2003 con riguardo alla disciplina del potere sostituivo da parte del Governo.
  Il mancato rispetto di tale ulteriore termine è considerato grave violazione di legge ai sensi dell'articolo 126, comma 1 della Costituzione e dunque possibile causa di scioglimento del Consiglio regionale. Analoga impostazione era seguita dal decreto legislativo n. 149 del 2011 recante misure sanzionatorie e premiali per gli enti territoriali in attuazione della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale.
  In virtù di quanto disposto al comma 4 per le regioni a statuto speciale e le province autonome, la norma non dovrebbe essere direttamente applicabile a quegli enti. Peraltro la disciplina dei casi di scioglimento delle assemblee legislative Pag. 24(consigli regionali o provinciali), nonché la relativa procedura sono contenute negli Statuti di autonomia.
  Il comma 6 incide sulle procedure relative ai piani di rientro sanitario escludendo la possibilità che il presidente di regione dimissionario o impedito nello svolgimento delle sue funzioni possa continuare a ricoprire l'incarico di commissario ad acta per la gestione del piano di rientro.
  A tal fine la lettera c) introduce un comma 84-bis all'articolo 2 della L. 191/2009, dove si prevede che in caso di dimissioni o di impedimento del presidente della regione il Consiglio dei Ministri nomina un commissario ad acta fino all'insediamento del nuovo presidente della regione o alla cessazione della causa di impedimento.
  La disposizione si applica anche ai commissariamenti disposti ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.
  Le lettere a) e b) apportano delle modifiche formali, conseguenti all'introduzione del comma 84-bis, ai comma 83 e 84 della legge n. 191 del 2009.
  Il comma 7 interviene in materia dei rimborsi per le spese sostenute dai partiti politici per le compagne elettorali, disponendo anche per le elezioni regionali l'interruzione dell'erogazione delle quote dei rimborsi in caso di scioglimento anticipato del consiglio regionale, analogamente con quanto previsto per le elezioni politiche.
  L'articolo 3, comma 1 introduce, alla lettera a), disposizioni in materia di anagrafe patrimoniale degli amministratori degli enti locali con più di 10 mila abitanti.
  Si tratta di una disposizione simile a quella introdotta per le regioni dall'articolo 2, comma 1, lettera e). In particolare, la disposizione in esame, che introduce l'articolo 41-bis del TUEL, prevede che gli enti locali con popolazione superiore a 10.000 abitanti devono disciplinare le modalità di pubblicità e trasparenza dello stato patrimoniale dei titolari di cariche pubbliche elettive e di governo di loro competenza, in primo luogo quindi dei consiglieri e assessori provinciali e dei consiglieri e assessori comunali con più di 10.000 abitanti.
  L'adozione delle misure attuative di dettaglio è demandata ai regolamenti comunali e provinciali che dovranno operare secondo alcuni principi individuati dalla norma in esame.
  Si prevede infine che l'organo competente a irrogare la sanzione amministrativa è individuato ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Tale disposizione disciplina l'obbligo del rapporto che il funzionario o dell'agente che ha accertato la violazione di una disposizione che prevede una sanzione amministrativa è tenuto a fare qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta.
  Non appare peraltro chiaro il riferimento all'articolo 17 della legge n. 689 del 1981 e andrebbe esplicitato il procedimento di individuazione dell'organo competente a irrigare la sanzione; in ogni caso appare difficile che, nel caso in specie, possa essere il presidente della giunta provinciale o il sindaco, in quanto questi soggetti potrebbero essere in astratto i destinatari della sanzione.
  La lettera b) amplia i casi in cui è obbligatorio il parere di regolarità tecnica dei responsabili dei servizi, modificando l'articolo 49 del TUEL.
  La novella, oltre all'ipotesi summenzionata, stabilisce l'obbligatorietà della richiesta anche per le delibere che comportino riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente. Con il comma 4, aggiunto rispetto al testo previgente, la norma stabilisce, altresì, che il consiglio o la giunta debbono motivare adeguatamente i casi in cui non intendano conformarsi al parere reso.
  La lettera c) detta norme in merito alla revoca dell'incarico di responsabile del servizio finanziario modificando l'articolo 109 del TUEL.
  Con la novella viene inserito un nuovo comma 2-bis, in virtù del quale l'incarico di responsabile del servizio finanziario Pag. 25può essere revocato, solo in caso di gravi irregolarità riscontrate nell'esercizio delle funzioni assegnate, con ordinanza del legale rappresentante dell'Ente, previo parere obbligatorio del Ministero dell'interno e del MEF (Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato).
  La lettera d) del comma 1, sostituisce l'articolo 147 del TUEL, relativo alle tipologie di controlli interni degli enti locali, inserendo cinque nuovi articoli da 147 a 147-quinquies, volti a ridisegnare l'intero sistema.
  L'intervento legislativo è sostanzialmente finalizzato ad una implementazione del sistema dei controlli interni, che prevede, oltre ai controlli di regolarità amministrativa contabile, di gestione e di controllo strategico, anche il controllo sugli equilibri finanziari dell'ente e il controllo degli organismi gestionali esterni all'ente, in particolare il controllo sulle società partecipate per gli enti locali con popolazione superiore a 10.000 abitanti.
  Nell'elenco delle tipologie dei controlli interni non compare più la valutazione delle prestazioni del personale con qualifica dirigenziale.
  La disciplina attuativa di tale nuovo sistema di controlli interni, è demandata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 3 ad un regolamento del Consiglio. Il nuovo sistema deve essere reso operativo entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge. L'inerzia protratta dell'ente locale determina lo scioglimento dell'ente, ai sensi dell'articolo 141, comma 1, del TUEL.
  La lettera e) del comma 1, sostituisce l'articolo 148 del TUEL, in tema di controllo della Corte dei conti sugli enti locali, con un nuova e più estesa formulazione che amplia consistentemente la funzione di controllo della Corte medesima, che viene a ricomprendere, anche in corso di esercizio, la regolarità della gestione finanziaria, gli atti di programmazione e l'efficacia dei controlli interni di ciascun ente, ed affida ad essa anche un potere sanzionatorio nei confronti degli amministratori dell'ente locale.
  La lettera f) del comma 1 modifica l'articolo 153, comma 4, del TUEL, affidando al responsabile del servizio finanziario dell'ente locale, in aggiunta alle funzioni per esso ora previste da tale articolo, il compito di salvaguardare gli equilibri finanziari complessivi della gestione e dei vincoli di finanza pubblica. Si dispone inoltre, con la finalità di rafforzare il suo ruolo di garante degli equilibri di bilancio, che nell'esercizio di tutte le proprie funzioni il responsabile agisca in autonomia, nei limiti dei principi contabili, tenendo altresì conto degli indirizzi della Ragioneria generale dello Stato in tema di programmazione e gestione delle risorse.
  Viene inoltre modificato il comma 6 dell'articolo 153 del TUEL, disponendosi che le segnalazioni del responsabile finanziario in ordine al sussistere, nell'ambito della gestione delle entrate o delle spese correnti, di situazioni suscettibili di pregiudicare gli equilibri di bilancio dell'ente locale siano trasmesse, oltre che all'organo di revisione ed al legale rappresentante e al presidente del consiglio dell'ente, come ora previsto, anche alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti.
  La lettera g) del comma 1 integra le disposizioni recate dall'articolo 166 del TUEL, in merito all'utilizzo del Fondo di riserva degli enti locali, al fine di riservare almeno la metà della quota minima del Fondo alla copertura di «spese non prevedibili», qualora ciò serva ad evitare danni certi all'amministrazione, e ad aumentare tale quota minima nel caso in cui l'ente abbia deliberato anticipazioni di tesoreria o l'utilizzo di entrate aventi specifica destinazione per il finanziamento di spese correnti.
  La lettera h) del comma 1 dell'articolo 3 integra le disposizioni recate dall'articolo 187 del TUEL, relativo alla disciplina dell'avanzo di amministrazione degli enti locali, vietandone l'utilizzo agli enti locali che si trovino in una delle situazioni previste dagli articoli 195 e 222 del TUEL, nel caso cioè in cui l'ente abbia deliberato anticipazioni di tesoreria o l'utilizzo di entrate aventi specifica destinazione per il finanziamento di spese correnti.Pag. 26
  La lettera i) del comma 1 dell'articolo 3 modifica le disposizioni recate dal comma 3 dell'articolo 191 del TUEL, relativo alle regole per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese, con riferimento specifico alle spese relative ai lavori pubblici di somma urgenza, prevedendone l'approvazione da parte dell'organo consiliare.
  La lettera l) del comma 1 dell'articolo 3 integra le disposizioni recate dall'articolo 227 del TUEL, relativo al rendiconto di gestione, prevedendo nel caso di mancata approvazione di tale documento entro i termini previsti dal TUEL l'attivazione della procedura per lo scioglimento dell'organo consiliare inadempiente e l'attribuzione al Prefetto dei poteri propulsivi e sostitutivi, già prevista nelle ipotesi di mancata approvazione nei termini del bilancio di previsione.
  Il comma 1, lettere m), n) ed o), nonché i commi 3 e 4 dell'articolo 3, modificano i criteri di nomina di un componente del consiglio dei revisori dell'ente locale, prevedendo che uno degli stessi, cui sono affidate le funzioni di Presidente, sia designato dal Prefetto, su scelta effettuata di concerto dai Ministeri dell'interno e dell'economia e finanze tra i rispettivi dipendenti.
  Al riguardo, poiché il comma 2-bis introdotto nell'articolo 234 del TUEL dalle suddette disposizioni, stabilisce espressamente che il componente di nomina prefettizia svolga le funzioni di Presidente, dovrebbero intendersi conseguentemente superate, per i comuni cui si riferisce la nuova disposizione, le disposizioni in ordine all'affidamento di tale funzione recate dal comma 2 del medesimo articolo 234, nonché dall'articolo 6 del decreto ministeriale n. 23 del 2012. Sarebbe conseguente opportuno coordinare conseguentemente tali norme rispetto al nuovo comma 2-bis.
  Sul collegio dei revisori interviene successivamente il comma 3 dell'articolo 3, stabilendo che i rappresentanti dei Ministeri dell'interno e dell'economia, da designarsi da parte del Prefetto ai sensi del suddetto comma 2-bis, siano scelti tra soggetti in possesso di adeguati requisiti professionali, da stabilirsi, unitamente ai criteri di designazione al collegio, con apposito decreto ministeriale da emanarsi di concerto tra i due ministri interessati entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.
  Al riguardo segnala la necessità di coordinare il comma 3 in esame con il testo dell'articolo 234 del TUEL – nel quale comunque per ragioni di sistematicità sarebbe opportuno inserire il nuovo comma – il cui comma 2 prevede requisiti di scelta per i revisori riferiti a tutti i membri del collegio, che ora verrebbero derogati, relativamente ad uno dei tre rappresentanti (che ai sensi del comma 2-bis assumerà le funzioni di presidente), dalla specifica disciplina che verrà dettata dal decreto ministeriale previsto dal comma 4 stesso.
  Il comma 4 dell'articolo 3 dispone poi che il nuovo comma 2-bis inserito dalla lettera m) si applichi a decorrere dal primo rinnovo dell'organo di revisione successivo alla data di emanazione del decreto ministeriale previsto dal comma 3.
  Inoltre, l'articolo 3, comma 1, lettera o) modifica l'articolo 239 del TUEL, ampliando consistentemente la tipologia dei pareri affidati all'organo di revisione.
  La lettera s) del comma 1, mediante novella dell'articolo 248 del TUEL, reca norme volte a sanzionare il comportamento degli amministratori che abbiano cagionato il dissesto finanziario degli enti locali.
  La novella, confermando in linea generale l'impianto descritto dal citato articolo 248, realizza i seguenti interventi: sopprime il limite temporale dei cinque anni precedenti il dissesto accertato dalla magistratura contabile; inserisce l'espresso richiamo alle condotte omissive rilevanti ai fini delle cause ostative a ricoprire determinati incarichi ivi previste; introduce una sanzione pecuniaria da irrogare nei confronti degli amministratori giudicati responsabili dalle sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti; implementa il sistema sanzionatorio previsto per i componenti del collegio dei revisori degli Pag. 27enti locali di cui la Corte dei conti abbia accertato gravi responsabilità nello svolgimento delle loro attività.
  Il primo periodo del comma 5-bis, introdotto dalla lettera s), riproduce dunque quanto già previsto dall'ultima parte dell'articolo 248, comma 5, TUEL, come modificata dall'articolo 6, comma 1 del decreto legislativo n. 149 del 2011. In questa sede giova ribadire le medesime perplessità osservate nel corso di esame della legislazione delegata.
  Anche in tale occasione, infatti, come già osservato nel corso dell'esame del decreto legislativo n. 149 del 2011, il tenore letterale della formulazione in esame non è stato oggetto di chiarimento avuto riguardo a chi e con quale modalità dovrebbe stabilire la durata, fino ad un massimo di dieci anni, dell'incompatibilità successiva per il revisore di cui sia accertata la responsabilità. Allo stesso, pur in tale sede, non sono stati introdotti criteri certi nonché utili alla individuazione in concreto delle responsabilità definite «gravi».
  E, anche ora, si reputa necessario richiamare l'attenzione del Governo sull'opportunità di chiarire l'espressione «organismi agli stessi riconducibili», anche in riferimento alle ipotesi di incompatibilità già previste dall'articolo 236 del TUEL.
  Il comma 6 – introducendo un nuovo comma 2-bis all'articolo 6 del decreto legislativo n. 149 del 2011 – prevede che il decreto di scioglimento del Consiglio dell'ente locale che ha omesso di deliberare il dissesto conserva i suoi effetti per un periodo di almeno dodici mesi, fino ad un massimo di quindici.
  La relazione illustrativa afferma che la norma è finalizzata ad assicurare la gestione commissariale dell'ente per un periodo di tempo sufficientemente congruo per l'adozione di misure di risanamento e di ripristino delle condizioni di funzionamento complessivo dell'ente.
  Il comma 7, infine, afferma che la Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, prevista dall'articolo 155 del TUEL, assume la denominazione di Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali.
  L'articolo 6, commi 1 e 2, persegue la finalità di rafforzare gli strumenti utilizzabili per la funzione di analisi della spesa pubblica affidata al Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa pubblica per acquisti di beni e servizi, istituito dall'articolo 2 del decreto-legge n. 52 del 2012 sulla c.d. spending review.
  A tale scopo le norme dispongono che per lo svolgimento di analisi sulla spesa pubblica il Commissario si avvale dei Servizi ispettivi di finanza pubblica della Ragioneria generale dello Stato, cui vengono affidate analisi su campione relative alla efficienza dell'organizzazione ed alla sostenibilità dei bilanci. Tali analisi sono svolte ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera b) della legge di contabilità n. 196 del 2009 – che consente al Ministero dell'economia e delle finanze di effettuare, tramite i predetti servizi ispettivi, analisi sulla regolarità della gestione contabile delle amministrazioni pubbliche – sulla base di appositi modelli concordati tra il Commissario e la Ragioneria generale dello Stato e deliberati dalla Sezione autonomie della Corte dei conti.
  Al riguardo, rileva sin d'ora che, sotto un profilo sistematico, le norme in esame potrebbero più opportunamente essere inserite novellando il decreto-legge n. 52 del 2012, sul quale esse incidono, ampliando i poteri del Commissario. Per tale aspetto potrebbe eventualmente farsi riferimento all'articolo 5 di tale provvedimento, laddove, nell'elencare i poteri del nuovo organo, si prevede espressamente che lo stesso possa avvalersi, per lo svolgimento di ispezioni e verifiche sulle amministrazioni pubbliche – e dunque anche sugli enti locali – dei Servizi ispettivi di Finanza pubblica.
  Il comma 3 affida alle sezioni regionali della Corte dei conti il compito di svolgere i controlli per la verifica dell'attuazione delle misure dirette alla razionalizzazione della spesa pubblica degli enti territoriali, Pag. 28sulla base di metodologie appropriate definite dalla Sezione autonomie della stessa Corte di conti.
  Il comma 4 stabilisce che la Sezione autonomie emana delibere di orientamento in caso di interpretazioni difformi delle sezioni regionali di controllo.
  Dunque, mentre la prima disposizione sembrerebbe diretta a disciplinare uno speciale potere di controllo della Corte dei conti, espressamente diretto a verificare e monitorare l'attuazione da parte degli enti locali delle misure di razionalizzazione della spesa, la seconda disposizione ha carattere senz'altro più generale, intervendendo con un meccanismo che consente la omologazione non solo dei criteri di controllo (di tutti in controlli quindi anche sulle regioni e non solo sugli enti locali) da parte delle sezioni regionali della Corte, ma anche delle interpretazioni per l'attività consultiva e per altre questioni di particolare rilevanza. Sui risultati dei controlli effettuati la Sezione autonomie riferisce al Parlamento.
  Peraltro, numerose disposizioni – tra cui la legge finanziaria per il 2006 – disciplinano le modalità di controllo delle sezioni regionali della Corte dei conti sugli enti locali e andrebbe quindi, a mio avviso, valutata l'opportunità di coordinare il comma in esame con tali disposizioni.
  Inoltre, i nuovi compiti di coordinamento della Sezione autonomie di cui al comma 4, sembrano sovrapporsi a quelli affidati alle sezioni riunite della Corte dei conti, di cui all'articolo 17, comma 31, del decreto-legge n. 78 del 2009 le cui disposizioni sono, peraltro, fatte salve dal comma in esame.
  L'articolo 7 reca norme di carattere organizzativo concernenti le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.
  In particolare, la lettera a) del comma 1 stabilisce che il Presidente della sezione regionale di controllo della Corte dei conti coordini le attività amministrative della Corte presso la medesima Regione e che, per lo svolgimento della funzione di controllo, possa avvalersi anche di magistrati assegnati alla sezione regionale giurisdizionale, nell'ambito delle risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente e sentito il Presidente della sezione giurisdizionale.
  Tali disposizioni si applicano anche alle sezioni istituite presso le province autonome di Trento e di Bolzano.
  Alla lettera b) del comma 1 viene stabilito che, con decreto del Presidente della Corte dei conti, sia individuato un magistrato assegnato alla sezione regionale di controllo che, sulla base delle direttive impartite dal Presidente della medesima sezione, sia responsabile dell'attuazione dei compiti attribuiti alla Corte dal presente decreto.
  Nella relazione illustrativa di accompagnamento al decreto-legge si sottolinea il tratto organizzativo della disposizione in esame, spiegando la scelta dell'Esecutivo di introdurla in via d'urgenza con lo strumento legislativo, in luogo di quello ordinario rimesso propriamente all'autonomia organizzativa della Corte dei conti, allo specifico scopo di rendere immediatamente operanti le nuove disposizioni in materia di controllo.
  L'articolo 10, infine, reca disposizioni in materia di Agenzia Autonoma per la gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali ed interviene essenzialmente su due ambiti.
  In primo luogo, al comma 1, dispone una proroga in merito al processo di trasferimento delle funzioni già facenti capo all'Agenzia Autonoma per la gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali (AGES).
  Il comma 2, a sua volta, reca la soppressione della Scuola Superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale (SSPAL) ed i commi da 2 a 6 stabiliscono le conseguenti regole per tutti gli adempimenti successivi e connessi a tale soppressione.
  Nel contempo, viene istituito il Consiglio direttivo per la gestione dell'Albo presso il Ministero dell'interno con il compito di assicurare la necessaria attività di indirizzo e programmazione dei compiti già affidati all'Agenzia e alla soppressa Scuola.Pag. 29
  Nel dettaglio, il comma 1 dell'articolo 10, prevede un differimento sino al 31 luglio 2013 del termine, già prorogato al 1o gennaio 2013, per l'applicazione dei criteri di riduzione dei contributi ordinari delle amministrazioni provinciali e comunali destinati alla copertura degli oneri conseguenti alla soppressione dell'AGES; come già stabilito con i precedenti interventi normativi in materia, sino alla predetta data continua ad applicarsi il sistema di contribuzione diretta a carico degli enti locali.
  Peraltro, poiché la proroga della contribuzione sembra implicitamente comportare la proroga del termine per la soppressione dell'Agenzia, andrebbe chiarita la finalità della destinazione della contribuzione.
  Com’è noto, infatti, la soppressione dell'AGES è stata disposta dall'articolo 7, commi da 31-ter a 31-septies del decreto-legge n. 78 del 2010, che ha previsto che il Ministro dell'interno «succeda a titolo universale» all'Agenzia e che al relativo Ministero siano trasferite le risorse strumentali e di personale dell'Agenzia, comprensivo del fondo di cassa. Con il successivo decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 2011, il Ministero dell'interno è stato, in seguito, autorizzato ad assumere a tempo indeterminato il personale dell’ex Agenzia autonoma per la gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali.
  Nell'ambito delle richiamate disposizioni, il comma 31-sexies del citato articolo 7, ha soppresso, a partire dal 1o gennaio 2011, il contributo a carico degli enti locali per il fondo finanziario di mobilità dell'Agenzia, di cui all'articolo 102, comma 5, del Testo unico degli enti locali, con corrispondente riduzione dei contributi ordinari delle amministrazioni provinciali e dei comuni, rimettendo la definizione dei relativi criteri di riduzione ad un decreto interministeriale, sentita la Conferenza Stato – città ed autonomie locali.
  Sono seguite, quindi, successive proroghe fino all'ultima, disposta dall'articolo 23, comma 12-novies del decreto-legge n. 95 del 2012, che aveva ulteriormente posticipato al 1o gennaio 2013 l'applicazione dei criteri della riduzione dei contributi ordinari delle amministrazioni provinciali e dei comuni – e dei relativi provvedimenti attuativi già adottati dal Ministro dell'interno – disposta al fine di assicurare la copertura del fondo finanziario di mobilità dei segretari comunali e provinciali dell'AGES, a seguito della soppressione dell'Agenzia e del conseguente venir meno del relativo contributo a carico degli enti locali. Con tale disposizione si è, inoltre, stabilito, come nella disposizione all'esame delle Commissioni, che, fino a tale data, continuano ad applicarsi il sistema di contribuzione diretta a carico degli enti locali.
  Quanto alla soppressione della SSPAL, disposta dal comma 2 dell'articolo 10, si stabilisce, come già prescritto dal decreto-legge n. 78 del 2010 nei riguardi dell'AGES, che il Ministro dell'interno «succeda a titolo universale» alla Scuola mediante trasferimento, in capo al dicastero, delle risorse strumentali, finanziarie e di personale ivi in servizio.
  Giova ricordare che la SSPAL, istituita con la legge n. 127 del 1997, unitamente all'AGES, aveva il compito di curare, su tutto il territorio nazionale, la formazione e l'aggiornamento dei Segretari comunali e provinciali e dei dirigenti degli enti locali, ed era strutturata territorialmente in undici sedi regionali ed interregionali.
  Peraltro, considerato che il comma 2 non contiene disposizioni di coordinamento con l'articolo 104 del decreto legislativo n. 18 agosto 2000 n. 267 (TUEL), nel prosieguo dell’iter occorre valutare l'opportunità di prevedere l'abrogazione della disciplina ivi contenuta, che rimette a un regolamento – poi adottato con decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 2008, n. 27 – la disciplina dell'organizzazione, del funzionamento e dell'ordinamento contabile della Scuola superiore e delle scuole regionali ed interregionali da essa istituite per la formazione e la specializzazione dei segretari comunali e provinciali e dei dirigenti della pubblica amministrazione locale. Pag. 30
  Il successivo comma 5, con riferimento alla copertura degli oneri conseguenti alla soppressione della Scuola, prevede che si continui a provvedere mediante i contributi ordinari delle amministrazioni provinciali e dei comuni in base all'articolo 7, comma 31-sexies del decreto-legge n. 78 del 2010.
  Il comma 3 prevede l'inquadramento dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato, della soppressa Scuola, nei ruoli del Ministero dell'interno, stabilendo che vengano inquadrati sulla base di una specifica tabella di corrispondenza approvata con decreto interministeriale e che i dipendenti trasferiti mantengono il trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell'inquadramento.
  Il comma 6 demanda a un regolamento di delegificazione, da emanare entro il 31 luglio 2013, la riorganizzazione delle strutture del Ministero dell'interno per garantire l'esercizio delle funzioni trasferite e disciplinare l'inquadramento del personale conseguenti alla soppressione dell'Agenzia e della Scuola e l'istituzione di una apposita sezione dei ruoli dell'Amministrazione civile dell'interno corrispondente al numero degli inquadramenti da disporre.
  La norma mantiene il numero delle strutture dirigenziali di livello generale e non generale, risultante dall'applicazione delle misure di riduzione degli assetti organizzativi già disposti dal decreto-legge n. 95 del 2012 (cosiddetta spending review).
  Il comma 4, come già previsto per la soppressa AGES, reca, poi, una disposizione di carattere transitorio, con la quale si prevede che, fino all'adozione del predetto regolamento, al fine di garantire la continuità delle funzioni svolte nelle more del processo di riorganizzazione, le attività della Scuola continuano a essere esercitate presso la sede e gli uffici a tal fine utilizzati.
  Va altresì ricordato che la Sezione autonomie della Corte dei conti, fin dalla relazione di controllo sul rendiconto degli esercizi finanziari 2008-2010 dell'ex Agenzia approvato con delibera n. 5/SEZAUT/2011/VSGF, aveva ritenuto – in difformità all'orientamento del Consiglio di Stato – che gli effetti del decreto-legge n. 78 del 2010 soppressivi dell'Agenzia si estendessero anche alla SSPAL.
  In tale relazione si rilevava la carenza dei requisiti di efficacia ed economicità della gestione, soprattutto nello squilibrio tra dati di consuntivo tra spese di funzionamento e spese relative all'attività didattica.
  Tale squilibrio è confermato anche nella relazione di controllo sul rendiconto della gestione finanziaria dell'ex agenzia del 2011 (Deliberazione n. 11/SEZAUT/2012/VSGF), in cui la Sezione rilevando una sproporzione tra risorse disponibili e funzioni esercitate: la relazione 2011, pur rilevando un decremento della spesa pari al 27,9 per cento soprattutto per contrazione delle risorse trasferite alla Scuola, aveva segnalato «una situazione di ingravescente inefficienza di un sistema gestionale che, paralizzato dalla situazione di transitorietà, da un lato, mantiene strutture inoperose rispetto alle piene potenzialità, dall'altro, conserva risorse improduttive, tutto ciò in un momento di generale ed impellente necessità di risparmio e razionalizzazione della spesa pubblica».
  A conclusione della relazione la Sezione ha rilevato che «pur mancando termini di rapporto omogenei per una congrua comparazione, non sembra opinabile che difettino gli ottimali requisiti di efficacia ai quali devono ispirarsi gli apparati organizzativi pubblici, ciò che fa auspicare un rapido completamento della fase di transizione per il previsto passaggio delle risorse di personale al Ministero dell'Interno ai fini di un più efficiente impiego delle medesime, non può che ribadire l'auspicio che sia portato a conclusione il procedimento di trasferimento delle risorse e del personale al Ministero dell'Interno».
  Con il comma 7 viene istituito presso il Ministero dell'interno, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge – 11 ottobre 2012 –, il Consiglio direttivo per l'Albo Nazionale dei segretari comunali e provinciali.Pag. 31
  Tale organo collegiale, presieduto dal Ministro dell'interno o da un Sottosegretario delegato, è composto dal Capo Dipartimento per gli Affari Interni e territoriali; dal Capo del Dipartimento per le politiche del personale dell'Amministrazione Civile e per le risorse strumentali e finanziarie; da due prefetti dei capoluoghi di regione designati a rotazione ogni tre anni; dai Presidenti di ANCI e UPI o dai loro delegati, da un rappresentante dell'ANCI e da un rappresentante dell'UPI.
  Spetta al Ministro dell'interno, su proposta del Consiglio Direttivo e sentita la Conferenza Stato Città e Autonomie locali la definizione delle modalità procedurali e organizzative per la gestione dell'albo dei segretari nonché il fabbisogno di segretari comunali e provinciali; la definizione e l'approvazione degli indirizzi per la programmazione dell'attività didattica nonché del piano generale annuale delle iniziative di formazione e di assistenza, verificandone la relativa attuazione; la ripartizione dei fondi necessari all'espletamento delle funzioni relative alla gestione dell'albo e alle attività connesse, nonché a quelle relative alle attività di reclutamento, formazione e aggiornamento dei segretari comunali e provinciali, del personale degli enti locali, nonché degli amministratori locali; la definizione delle modalità di gestione e di destinazione delle risorse strumentali e di personale, già in servizio presso l'AGES, trasferite al Ministero dell'interno.
  Il comma 8 precisa che per la partecipazione alle sedute del Consiglio direttivo non è previsto alcun tipo di compenso né rimborso spese a carico del bilancio dello Stato.
  Il comma 9 reca, infine, una clausola di neutralità finanziaria volta a prevedere che, dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

  Chiara MORONI (FLpTP), relatore per la V Commissione, rinviando alla documentazione predisposta dagli Uffici sul complesso del provvedimento, per quanto attiene più specificamente agli aspetti finanziari, ritiene necessario preliminarmente rilevare come, un provvedimento di tale portata sulla finanza degli enti territoriali non potesse prescindere completamente dall'affrontare profili oggetto della riforma costituzionale attuata con la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che ha introdotto nel nostro ordinamento il principio del pareggio di bilancio.
  Va, tuttavia, ricordato come, da un lato, la legge costituzionale dovrà ricevere applicazione solo a decorrere dall'esercizio finanziario 2014, e, dall'altro, come l'intervento in esame preceda l'adozione della legge ordinaria, da approvare a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera che, a norma del nuovo testo dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione, introdotto dalla medesima legge costituzionale, dovrà disciplinare il contenuto della legge di bilancio dello Stato, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni.
  Ciò comporta, in particolare, che alcune competenze attribuite alla Corte dei conti e alcuni obblighi posti a carico degli enti territoriali potranno assumere un contenuto determinato – o sono comunque destinati ad assumere una diversa portata – solo una volta approvata la predetta legge da approvare a maggioranza assoluta e saranno suscettibili, almeno in alcuni casi, di ricevere una puntuale applicazione non prima del 2014.
  Si riferisce, in particolare, a talune disposizioni dell'articolo 1, illustrato dal relatore per la I Commissione, ove, nel disciplinare le funzioni di controllo della Corte dei conti sui bilanci regionali, si fa riferimento a nozioni di «equilibri dei bilanci» e di «pareggio di bilancio». Analogamente, in materia di controlli sugli enti locali, all'articolo 3, comma 1, lettera d), capoverso Art. 147-quinquies, si prevede che il controllo sugli squilibri finanziari si svolga anche con riferimento alle norme di attuazione dell'articolo 81 della Costituzione, facendo – sembrerebbe – Pag. 32riferimento al nuovo testo di tale articolo che, tuttavia, è destinato a ricevere applicazione solo a decorrere dal 2014. Inoltre, il medesimo comma, al capoverso Art. 148, assegna alle sezioni regionali della Corte dei conti il compito di verificare il rispetto del pareggio di bilancio di ciascun ente locale.
  Il capoverso Art. 243-bis del medesimo articolo 3, comma 1, lettera r), reca invece una disciplina che, sul piano sostanziale, è destinata a concorrere alla definizione di equilibrio di bilancio degli enti territoriali ai sensi della legge costituzionale n. 1 del 2012 e della relativa legge di attuazione. Tale capoverso prevede che i disavanzi dei comuni e delle province possano essere riassorbiti entro un termine di 5 anni, in base ad una determinata procedura e a determinate condizioni. Poiché attualmente il termine massimo per il riequilibrio finanziario è stabilito in tre anni, è evidente come la disciplina in questione renda più elastico l'equilibrio di bilancio degli enti locali. Scelta che, nel merito, può essere condivisibile poiché prende atto delle attuali difficoltà e offre precise garanzie, prevedendo tra l'altro un forte coinvolgimento dell'amministrazione centrale, ma che, cionondimeno, va valutata con riferimento al principio del pareggio di bilancio di recente introdotto nella Carta costituzionale.
  A riguardo osserva come, allo stato, appaia assai problematico verificare, rispetto sia alle regioni che agli enti locali, l'osservanza della regola del «pareggio di bilancio», mentre per quanto riguarda il rispetto degli equilibri finanziari e degli equilibri di bilancio non si potrà che fare riferimento alla legislazione contabile vigente. Sembra inoltre porsi, in prospettiva, una questione terminologica, poiché, la richiamata legge costituzionale n. 1 del 2012, pur richiamando nel titolo il «pareggio di bilancio», si riferisce poi nel testo, con riferimento sia allo Stato sia agli enti territoriali esclusivamente alla nozione di «equilibrio dei bilanci», di carattere più elastico e da attuare tenendo presente l'andamento del ciclo economico. Nel testo in esame ricorrono, invece entrambe, le espressioni, senza che sia possibile tuttavia chiarire l'eventuale differente portata giuridica di ciascuna di esse.
  Con tale breve premessa intende sottolineare l'esigenza che il Parlamento sia posto nelle condizioni di discutere quanto prima i contenuti della legge ordinaria, da approvare a maggioranza assoluta, che dovrà assicurare concretezza ed effettività al principio del pareggio del bilancio. Ritiene inoltre che le disposizioni alle quali ha accennato vadano valutate con estrema attenzione per verificarne la piena coerenza con la riforma costituzionale.
  Venendo quindi all'esame delle singole disposizioni d'interesse della Commissione bilancio, segnala in primo luogo che le lettere p) e q) del comma 1 dell'articolo 3 recano alcune novelle al testo unico sull'ordinamento degli enti locali, modificando le disposizioni relative alla disciplina degli enti locali strutturalmente deficitari.
  Nello specifico, la lettera p) modifica le disposizioni recate dall'articolo 242 del testo unico, relativo all'individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari, al fine di snellire la procedura per l'adozione dei parametri obiettivi di riferimento per l'individuazione della condizione di deficitarietà strutturale degli enti. Si prevede, in particolare, che la relativa tabella sia allegata al rendiconto, anziché al relativo certificato, e che il decreto del Ministro dell'interno che fissa i parametri obiettivi e le modalità per la compilazione della tabella medesima sia di natura non regolamentare e non sia soggetto a pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Non è più richiesto il parere della Conferenza Stato – città e autonomie locali, ma si prevede, invece il concerto con il Ministro dell'economia e finanze. Da ultimo, si sopprime la previsione che i parametri valgano per il triennio successivo alla loro definizione, precisandosi che, fino alla fissazione di nuovi parametri, si applichino quelli vigenti l'anno precedente.
  Occorre, inoltre, considerare che il comma 5 dell'articolo 3 prevede che per l'anno 2013, la condizione di deficitarietà strutturale, di cui all'articolo 242 del testo Pag. 33unico, continua ad essere rilevata sulla base della tabella allegata al certificato sul rendiconto dell'esercizio 2011.
  La successiva lettera q) integra le disposizioni concernenti i controlli cui sono assoggettati gli enti locali strutturalmente deficitari, al fine di introdurre per tali enti una limitazione gestionale finalizzata a contenere le spese di personale delle società da essi partecipate cui sono affidati servizi pubblici locali. In particolare, la lettera q) introduce all'articolo 243, un nuovo comma 3-bis, il quale prevede che i contratti di servizio stipulati dagli enti locali con le società partecipate, devono contenere apposite clausole volte a prevedere, ove si verifichino condizioni di deficitarietà strutturale, la riduzione delle spese di personale delle medesime società, anche in applicazione di quanto previsto dall'articolo 18, comma 2-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008 e successive modificazioni. La relazione illustrativa afferma che la norma in esame è volta ad introdurre un nuova limitazione gestionale agli enti deficitari, finalizzata a contenere le spese di personale delle società partecipate cui sono affidati servizi pubblici locali che hanno un peso notevole nei bilanci degli enti.
  La lettera r) del comma 1 introduce, dopo l'articolo 243 del testo unico, tre articoli aggiuntivi che disciplinano una nuova procedura per il riequilibrio finanziario pluriennale degli enti per i quali sussistano squilibri strutturali di bilancio in grado di provocarne il dissesto, istituendo al contempo un apposito Fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni agli enti locali in situazione di squilibrio finanziario.
  Al riguardo, segnala che questa procedura costituisce una nuova fattispecie che si aggiunge alle altre due previste dall'ordinamento per gli enti strutturalmente deficitari e per gli enti in stato di dissesto finanziario. La relazione illustrativa evidenzia che la procedura, che ha carattere facoltativo, è finalizzata ad evitare situazioni di crisi che possano alterare l'ordinato andamento delle attività che fanno capo alle amministrazioni locali, mettendo a repentaglio i servizi da assicurare ai cittadini e, in qualche caso, la possibilità del regolare pagamento delle retribuzioni al personale dipendente. Diversamente da quanto già consentito ai sensi degli articoli 193 e 194 del testo unico, che consentono, tra l'altro, la possibilità di ripianare il disavanzo di amministrazione e di finanziare debiti fuori bilancio mediante rateizzazione della durata massima di tre anni, la nuova procedura prevede la predisposizione di un piano pluriennale di riequilibrio finanziario, che può avere una durata massima di 5 anni e deve indicare tutte le misure necessarie per ripristinare l'equilibrio strutturale del bilancio e per assicurare l'integrale ripiano del disavanzo di amministrazione e il finanziamento dei debiti fuori bilancio. Sul punto, richiama le considerazioni di carattere generale che ho formulato all'inizio della mia relazione in ordine alla necessità di valutare come il nuovo istituto possa inserirsi nel quadro della normativa attuativa della revisione costituzionale operata dalla legge costituzionale n. 1 del 2012.
  Quanto alla procedura di riequilibrio, segnala che ai sensi del nuovo articolo 243-bis del testo unico essa si attiva con una deliberazione dei consigli dei comuni e delle province per i quali, anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci degli enti, sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure correttive di cui agli articoli 193 e 194 del medesimo testo unico non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio rilevate.
  La procedura non può essere iniziata qualora la sezione regionale della Corte dei Conti abbia già provveduto, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, ad assegnare un termine per l'adozione delle misure correttive previste dall'articolo 1, comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, mentre il ricorso alla procedura sospende temporaneamente tale potere della Corte dei conti. È inoltre prevista la sospensione delle procedure esecutive intraprese Pag. 34nei confronti dell'ente dalla data di deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario fino alla data di approvazione o di diniego di approvazione del piano di riequilibrio pluriennale da parte della Corte dei conti.
  Entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data di esecutività della delibera di ricorso alla procedura, il consiglio dell'ente locale delibera un piano di riequilibrio finanziario pluriennale della durata massima di 5 anni, compreso quello in corso, i cui contenuti sono individuati puntualmente dal comma 6 del nuovo articolo 243-bis.
  Ai fini della predisposizione del piano, l'ente è inoltre tenuto ad effettuare una ricognizione di tutti i debiti fuori bilancio riconoscibili, prevedendosi che a tali debiti si possa provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata massima pari agli anni del piano di riequilibrio, compreso quello in corso, convenuto con i creditori.
  Per tutto il periodo di durata del piano, che deve essere accompagnato dal parere dell'organo di revisione economico-finanziario, l'ente, può deliberare l'incremento delle aliquote o tariffe dei tributi locali fino alla misura massima consentita, anche in deroga ad eventuali limitazioni disposte dalla legislazione vigente, nonché procedere all'accensione di mutui per la copertura di debiti fuori bilancio riferiti a spese di investimento, anche in tal caso in deroga ai limiti massimi della capacità di indebitamento previsti dalla legislazione vigente.
  A fronte di tali facoltà, finalizzate ad agevolare l'obiettivo di graduale riequilibro finanziario, gli enti che accedano alla nuova procedura sono soggetti, per tutto il periodo di durata del piano, a talune parziali limitazioni della propria autonomia, che si sostanziano nell'assoggettamento degli enti medesimi a taluni adempimenti e agli stessi controlli in materia di dotazioni organiche e assunzioni di personale e di verifica del grado di copertura di alcuni servizi previsti per gli enti strutturalmente deficitari e per quelli dissestati.
  Qualora si sia avvalso della facoltà di deliberare le aliquote o tariffe nella misura massima prevista e abbia provveduto all'alienazione dei beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i sui fini istituzionali e alla rideterminazione della propria dotazione organica ai sensi dell'articolo 259, comma 6, del testo unico sull'ordinamento degli enti locali, l'ente può, infine, accedere, ad un apposito Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, disciplinato dal nuovo articolo 243-ter del medesimo testo unico. Il comma 9 prevede, inoltre, per gli enti locali che abbiano accesso a tale Fondo di rotazione, l'obbligo di adottare, entro il termine dell'esercizio finanziario, misure di riequilibrio della parte corrente del bilancio.
  Tali misure si riferiscono, in particolare, a: la riduzione, a decorrere dall'esercizio finanziario successivo, delle spese di personale, da realizzare in particolare attraverso l'eliminazione dai fondi per il finanziamento della retribuzione accessoria del personale dirigente e di quello del comparto, nonché di specifiche risorse indicate nei contratti collettivi; la riduzione, entro il termine di un triennio, di almeno del 10 per cento delle spese per prestazioni di servizi; la riduzione, entro il termine di un triennio, di almeno del 25 per cento delle spese per trasferimenti, finanziate attraverso risorse proprie; il blocco dell'indebitamento, fatto salvo quanto previsto dal nuovo articolo in esame con riferimento ai mutui connessi alla copertura di debiti pregressi fuori bilancio.
  Per quanto attiene alla disciplina del Fondo di rotazione, il nuovo articolo 243-ter del testo unico, precisa che il Fondo è finalizzato alla concessione di anticipazioni a sostegno del risanamento degli enti locali che abbiano deliberato la procedura di riequilibrio finanziario. I criteri per la determinazione dell'importo massimo dell'anticipazione attribuibile a ciascun ente locale e le modalità per la concessione e per la restituzione della stessa in un periodo massimo di 10 anni decorrente dall'anno successivo a quello in cui viene Pag. 35erogata l'anticipazione, sono definiti con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare entro il 30 novembre 2012. Il comma 3 specifica che i criteri per la determinazione dell'anticipazione attribuibile a ciascun ente locale devono comunque essere definiti nei limiti dell'importo massimo fissato in euro 100 per abitante e della disponibilità annua del Fondo e devono altresì tenere conto dell'incremento percentuale delle entrate tributarie ed extratributarie previsto nell'ambito del piano di riequilibrio pluriennale, nonché della riduzione percentuale delle spese correnti previste nell'ambito del piano di riequilibrio pluriennale.
  Il nuovo articolo 243-quater del testo unico reca, poi, la disciplina procedurale per l'approvazione e il successivo monitoraggio e controllo dell'attuazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale. In particolare, il comma 1 dispone che entro 10 giorni dalla data della delibera del piano da parte del consiglio dell'ente locale, il piano stesso sia trasmesso alla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, nonché alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, che opera presso il Ministero dell'interno ai sensi dell'articolo 155 del testo unico e viene rinominata «Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali». L'istruttoria è svolta entro 30 giorni dalla trasmissione da un'apposita sottocommissione, composta esclusivamente da rappresentanti scelti, in egual numero, dai Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze tra i dipendenti dei rispettivi Ministeri, che, al termine dei propri lavori, redige una relazione finale, che viene trasmessa alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti.
  Entro 30 giorni dalla ricezione della relazione, la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti delibera sull'approvazione o sul diniego del piano e, in caso di approvazione del piano, la Corte vigila altresì sulla sua esecuzione, adottando in sede di controllo, apposita pronuncia.
  Si prevede che la delibera di approvazione o di diniego del piano, che è comunicata anche al Ministero dell'interno possa essere impugnata entro 30 giorni, nelle forme del giudizio ad istanza di parte, innanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione che si pronunciano, nell'esercizio della propria giurisdizione esclusiva in tema di contabilità pubblica, ai sensi dell'articolo 103, secondo comma, della Costituzione, entro 30 giorni dal deposito del ricorso. Le medesime Sezioni riunite si pronunciano in unico grado, nell'esercizio della medesima giurisdizione esclusiva, sui ricorsi avverso i provvedimenti di ammissione al Fondo di rotazione per la stabilità finanziaria.
  Il comma 6 del nuovo articolo 243-quater disciplina le modalità di controllo dell'attuazione del piano di riequilibrio approvato, stabilendo a tal fine che l'organo di revisione economico-finanziaria dell'ente trasmetta al Ministero dell'interno, al Ministero dell'economia e alla competente Sezione regionale della Corte dei Conti, entro quindici giorni successivi alla scadenza di ciascun semestre, una relazione sullo stato di attuazione del piano e sul raggiungimento degli obiettivi intermedi fissati dal piano stesso, nonché, entro il 31 gennaio dell'anno successivo all'ultimo di durata del piano, una relazione finale sulla completa attuazione dello stesso e sugli obiettivi di riequilibrio raggiunti.
  Il comma 7 reca la norma di chiusura del sistema, prevedendo che il Prefetto assegni un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto nei casi di: mancata presentazione del piano entro il termine di 60 giorni dalla data di esecutività della delibera consiliare di ricorso alla procedura di riequilibrio; diniego dell'approvazione del piano; accertamento da parte della competente Sezione regionale della Corte dei conti di grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal piano; mancato raggiungimento del riequilibrio finanziario dell'ente al termine del periodo di durata del piano stesso.Pag. 36
  L'articolo 4 è strettamente connesso ai nuovi articoli 243-bis e 243-ter del testo unico sull'ordinamento degli enti locali e prevede la formale istituzione del Fondo previsto da tale ultima disposizione, ancorché – per un evidente difetto di coordinamento – le denominazioni contenute nelle due disposizioni non coincidano: in questo articolo si fa, infatti, riferimento a un Fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni agli enti locali in situazione di grave squilibrio finanziario, mentre nell'articolo 3 si parla di un Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali. Il fondo è istituito presso il Ministero dell'interno e le sue risorse sono versate su apposita contabilità speciale intestata al Ministero dell'interno, alla quale affluiscono altresì le restituzioni delle anticipazioni da parte degli enti locali. Il fondo ha una dotazione di 30 milioni di euro per l'anno 2012, 100 milioni di euro per l'anno 2013 e 200 milioni di euro dall'anno 2014 all'anno 2020, ai quali si provvede mediante riduzioni di accantonamenti del fondo speciale in conto capitale riferiti a diversi ministeri. Al riguardo, osserva che l'utilizzo degli accantonamenti del fondo speciale di conto capitale per anni successivi al triennio di riferimento non è del tutto coerente con la loro natura, che dovrebbe riferirsi a spese di carattere temporaneo, e ritengo necessario che il Governo chiarisca se negli andamenti tendenziali di finanza pubblica, gli stanziamenti dei fondi speciali di conto capitale siano scontati in via pluriennale per il loro intero importo. Allo stesso modo, al fine di evitare una dequalificazione della spesa, è necessario che gli interventi finanziati abbiano, natura di conto capitale. Segnala, inoltre, che si prevede che al finanziamento del Fondo si possa provvedere anche attraverso la tabella E della legge di stabilità.
  Al di là di queste fonti di finanziamento, il comma 4 destina al Fondo anche le risorse, pari a 60 milioni di euro, iscritte nel conto dei residui con riferimento al Fondo per il pagamento degli interessi passivi maturati dai comuni per il ritardato pagamento dei fornitori, disciplinato nei commi 59 e 60 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2011, i quali vengono abrogati. Nel suddetto capitolo risultano iscritte somme pari a 60 milioni di euro a titolo di residui propri, vale a dire impegnati, ma non ancora pagati. È, quindi, opportuno che il Governo confermi che il loro utilizzo non pregiudichi rapporti giuridici sorti in precedenza a valere sulle medesime risorse, dal momento che – ai fini dell'impegno di somme iscritte in bilancio – si richiede l'esistenza di un'obbligazione giuridicamente perfezionata. Il comma 5 dispone inoltre che per il 2012 la dotazione del Fondo di rotazione sia incrementata di 500 milioni, da destinare esclusivamente al pagamento delle spese di parte corrente relative a spese di personale, alla produzione di servizi in economia e all'acquisizione di servizi e forniture, già impegnate e comunque non derivanti da riconoscimento di debiti fuori bilancio. L'erogazione di tali somme in favore degli enti locali interessati è subordinata all'invio al Ministero dell'interno da parte degli stessi di specifica attestazione sull'utilizzo delle risorse.
  Alla copertura dell'onere derivante dall'incremento delle risorse del Fondo di 500 milioni nel 2012 si provvede mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle risorse di parte corrente stanziate – ai sensi dell'articolo 35, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 1 del 2012 – sul fondo speciale per la reiscrizione dei residui passivi perenti di parte corrente, destinate ad accelerare il pagamento dei crediti commerciali verso la pubblica amministrazione. Sembra, peraltro, opportuno che il Governo chiarisca a quali risorse la disposizione faccia riferimento, in quanto la lettera a) prevede il rifinanziamento del fondo speciale per la reiscrizione dei residui passivi di parte corrente nella misura di 2.000 milioni di euro dei quali una quota, pari a 1.000 milioni di euro, è assegnata agli enti locali stessi, con priorità ai comuni per il pagamento di crediti commerciali.
  L'articolo 5 prevede che in sede di prima applicazione della nuova procedura di riequilibrio finanziario pluriennale degli Pag. 37enti locali che presentino squilibri strutturali di bilancio, qualora ricorrano eccezionali motivi di urgenza, agli enti che chiedono di accedere alla procedura di riequilibrio finanziario, possa essere concessa, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze un'anticipazione, a valere sul Fondo di rotazione di cui all'articolo 4, da riassorbire in sede di predisposizione e attuazione del piano di riequilibrio finanziario. In caso di diniego del piano di riequilibrio finanziario da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti, ovvero di mancata previsione nel predetto piano delle prescrizioni per l'accesso al Fondo di rotazione di cui all'articolo 243-ter del testo unico, le somme anticipate sono recuperate sulla base di tempi e modalità da disciplinare con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
  L'articolo 8 reca disposizioni in materia di patto di stabilità interno.
  In particolare, il comma 1 introduce una norma interpretativa volta alla determinazione dell'importo massimo della riduzione del Fondo sperimentale di riequilibrio – o del Fondo perequativo – da applicare, quale misura sanzionatoria, agli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 6 novembre 2011, n. 149.
  La norma di interpretazione autentica in esame si riferisce tuttavia al testo della disposizione sanzionatoria anteriore all'entrata in vigore delle modifiche apportate ai sensi dell'articolo 4, comma 12-bis, del decreto-legge n. 16 del 2012, che ha stabilito che la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, sia pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato. Il testo oggetto di interpretazione autentica recava invece la previsione di un limite massimo alla riduzione delle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio o del Fondo perequativo, da apportare nei confronti degli enti inadempienti nell'anno successivo a quello dell'inadempienza stessa, fissato in una misura comunque non superiore al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo. La norma in esame è quindi volta a precisare che con la menzione del «3 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo» si fa riferimento all'ultima annualità delle certificazioni al rendiconto di bilancio acquisita dal Ministero dell'interno, alle scadenze previste dai relativi decreti sulle certificazioni. Nel caso in cui l'ente locale, alla data in cui viene comunicata l'inadempienza da parte del Ministero dell'economia e finanze, non abbia ancora trasmesso la predetta certificazione al rendiconto di bilancio, il riferimento è da intendersi all'ultima certificazione acquisita alla banca dati del Ministero dell'interno.
  Sul punto sarebbe opportuno comunque un chiarimento rispetto alla portata di tale interpretazione autentica rispetto alle richiamate modifiche introdotto dal decreto-legge n. 16 del 2012.
  Il comma 2 reca alcune novelle all'articolo 16, commi 6 e 7, del decreto-legge n. 95 del 2012, con le quali si dispone lo slittamento dei termini per l'adozione del decreto, da parte del Ministro dell'interno, per la riduzione delle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni e del Fondo sperimentale di riequilibrio delle province – ovvero dei fondi perequativi – e dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni e alle province della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, da imputare a ciascun comune secondo le determinazioni della Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
  Nello specifico, la norma in esame posticipa la data entro la quale il Ministero dell'interno è tenuto al recepimento, con apposito decreto, delle riduzioni da imputare a ciascun comune come determinate dalla Conferenza Stato-città, dal 30 settembre 2012, rispettivamente, al 15 ottobre 2012, per le riduzioni da operare nell'anno 2012 e al 31 gennaio 2013, per le riduzioni da operare per gli anni 2013 Pag. 38e successivi, aggiornando conseguentemente anche il termine entro cui il Ministero dell'interno è tenuto comunque a procedere all'adozione del decreto di riduzione in caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città.
  Il comma 3 introduce due ulteriori commi all'articolo 16 del decreto-legge n. 95 del 2012, volti ad evitare il taglio delle risorse per l'anno 2012, previsto dal comma 6 del medesimo articolo, per i comuni assoggettati nel 2012 al patto di stabilità interno – vale a dire, quelli con popolazione superiore a 5.000 abitanti –, allo scopo di consentire a tali enti di procedere esclusivamente all'estinzione anticipata del proprio debito attraverso l'utilizzo delle suddette risorse – rientrate nella disponibilità dei comuni medesimi – che vengono, a tal fine, escluse dai vincoli del patto di stabilità interno. Ricordo che tale riduzione era stabilita nell'importo complessivo di 500 milioni di euro nel 2012. Rilevo inoltre che le risorse non utilizzate nel 2012 per l'estinzione anticipata del debito sono recuperate nel 2013; a tal fine, i comuni sono tenuti a comunicare al Ministero dell'interno, entro il termine perentorio del 31 marzo 2013, l'importo non utilizzato per tale finalità. In caso di mancata comunicazione entro il termine perentorio, il recupero nel 2013 è effettuato per un importo pari al totale del valore della riduzione non operata nel 2012. Nel 2013, l'obiettivo finanziario del patto di stabilità interno di ciascun ente è migliorato di un importo pari al recupero effettuato dal Ministero dell'interno nel medesimo anno.
  Il comma 6-ter reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'attenuazione dei vincoli del patto di stabilità di cui al comma 6-bis, pari a 500 milioni di euro per l'anno 2012, a valere sulle disponibilità presenti sulla contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate – Fondi di Bilancio», mediante versamento di una corrispondente quota all'entrata del bilancio dello Stato.
  L'articolo 9 reca disposizioni in materia di differimento di termini per la verifica degli equilibri di bilancio degli enti locali, nonché modifiche alla disciplina dell'imposta provinciale di trascrizione, dell'IMU, della riscossione delle entrate e del 5 per mille.
  In particolare, il comma 1 differisce al 30 novembre 2012 il termine – fissato in via generale testo unico sugli enti locali alla data del 30 settembre di ogni anno – entro il quale il Consiglio dell'ente locale provvede, con propria deliberazione, ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi, dando atto del permanere degli equilibri generali di bilancio. Tale deliberazione è allegata al rendiconto del relativo esercizio finanziario. La stessa disposizione precisa che, con il differimento al 30 novembre 2012, il termine per l'adozione della delibera sulla ricognizione dello stato di attuazione dei programmi diviene contestuale all'eventuale deliberazione di assestamento del bilancio di previsione dell'ente locale. Segnalo che il differimento è da porre in relazione allo slittamento del termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per l'anno 2012 fissato, da ultimo, al 31 ottobre 2012 (rispetto al termine ordinario del 31 dicembre dell'anno precedente, previsto dall'articolo 151 del TUEL).
  Il comma 2 stabilisce che il gettito dell'imposta provinciale di trascrizione (IPT) sia destinato alla Provincia ove ha sede legale o residenza il soggetto avente causa o intestatario del veicolo, e non più alla Provincia ove ha sede l'ufficio del pubblico registro automobilistico (PRA) dove sono state espletate le formalità di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli. La disposizione in esame, con l'introduzione di un comma 1-bis all'articolo 56 del decreto legislativo n. 446 del 1997, specifica inoltre che le formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli richieste al PRA possono essere eseguite su tutto il territorio nazionale con ogni strumento consentito dall'ordinamento e con destinazione del gettito dell'imposta alla Provincia ove ha sede legale o residenza il soggetto passivo, inteso come avente causa o intestatario del veicolo.Pag. 39
  Il comma 3 posticipa alcuni termini in materia di IMU. In particolare, la lettera a) differisce dal 30 settembre al 31 ottobre 2012 il termine a disposizione dei comuni per l'approvazione o la modifica del regolamento e delle delibere in materia di aliquote e detrazione IMU. In proposito, La relazione illustrativa chiarisce che con tale proroga si intende allineare il termine per l'approvazione delle delibere o regolamenti in materia di IMU a quello previsto per l'approvazione del bilancio di previsione degli enti locali per l'anno 2012, differito alla data del 31 ottobre 2012. La lettera b) proroga dal 30 settembre al 30 novembre 2012 i termini per la presentazione della dichiarazione IMU relativa agli immobili per i quali l'obbligo di dichiarazione è sorto a partire dal 1o gennaio 2012.
  Il comma 4 proroga dal 31 dicembre 2012 al 30 giugno 2013 il termine a partire dal quale sarà operativo il nuovo sistema di accertamento riscossione delle entrate dei comuni, disciplinato dall'articolo 7, comma 2, lettere da gg-ter) a gg-septies), del decreto legge n. 70 del 2011, che prevede la cessazione delle attività di accertamento, liquidazione e riscossione – spontanea e coattiva – delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate da parte di Equitalia e delle società partecipate. Di conseguenza viene prorogata alla medesima data l'operatività delle vigenti disposizioni in materia di gestione delle entrate locali, contenute in particolare nell'articolo 3, commi 24, 25 e 25-bis del decreto-legge n. 203 del 2005. La disposizione è giustificata dall'opportunità di attendere il riordino della normativa in materia, previsto dal disegno di legge n. 5291, approvato dalla Camera, recante la delega al Governo in materia fiscale. Infine, il comma 4 in esame prescrive – con una disposizione di chiusura – il divieto di procedere a nuovi affidamenti delle attività di gestione e riscossione delle entrate, nonché proroga ex lege, alle medesime condizioni vigenti – anche patrimoniali – i contratti in corso.
  Il comma 5 prevede che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali stipuli apposite convenzioni a titolo gratuito con l'Agenzia delle entrate volte ad agevolare la procedura di erogazione dei contributi del 5 per mille alle associazioni del volontariato ed alle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale, nonché alle organizzazioni di promozione sociale e alle associazioni e fondazioni. La portata della norma, con particolare riferimento alla gratuità, viene estesa alle convenzioni già stipulate per gli anni finanziari 2010, 2011 e 2012.
  Il comma 6 interviene infine sulla disciplina dell'IMU applicabile agli immobili degli enti non commerciali. In particolare, in relazione agli immobili a utilizzazione «mista», per i quali non è possibile individuare la frazione su cui si svolge l'attività non commerciale esente da imposta, si affida alla disciplina regolamentare il compito ulteriore di individuare i requisiti atti a qualificare le attività come svolte con «modalità non commerciali» (in relazione alle quali sussiste l'esenzione), oltre che gli elementi volti a individuare il rapporto proporzionale tra uso commerciale e uso non commerciale dell'immobile. Ricordo in proposito che la vigente disciplina affida la definizione degli elementi rilevanti ai fini dell'individuazione del rapporto proporzionale tra attività commerciali e non commerciali esercitate in uno stesso immobile ad un apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Il relativo schema di decreto è stato sottoposto al parere del Consiglio di Stato, che si è espresso il 4 ottobre 2012, evidenziando come la parte dello schema esaminato diretta a definire i requisiti, generali e di settore, per qualificare le diverse attività come svolte con modalità non commerciali sembrasse esulare dalla definizione degli elementi rilevanti ai fini dell'individuazione del rapporto proporzionale in caso di utilizzazione dell'immobile mista «c.d. indistinta», in quanto piuttosto volta, a delimitare, o comunque a dare una interpretazione, in ordine al carattere non commerciale di determinate attività. Pertanto, l'intervento normativo in Pag. 40esame sembra quindi dettato dall'esigenza di superare i predetti rilievi.
  Sull'articolo 10 ha già riferito il collega Ferrari, quindi passa all'articolo 11, recante ulteriori disposizioni per i territori colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012.
  Le disposizioni introdotte dal comma 1, lettera a), numeri da 1) a 4), modificano alcuni articoli del decreto-legge n. 74 del 2012, allo scopo – indicato all'alinea del medesimo comma 1 – di favorire una rapida attuazione dell'articolo 3-bis del decreto legge n. 95 del 2012, che riguarda la concessione di finanziamenti agevolati e di un credito di imposta destinati alla ricostruzione degli immobili ubicati nei territori colpiti dagli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012. In particolare, i citati numeri da 1) a 4) incidono rispettivamente sulle modalità di svolgimento delle funzioni attribuite ai Presidenti delle regioni interessate, sui contratti stipulati dai privati per lavori o servizi connessi agli interventi di ricostruzione, sulla costruzione di edifici scolastici, nonché sui controlli antimafia.
  Nello specifico, il numero 1) introduce all'articolo 1, del richiamato decreto n. 74 del 2012 il comma 5-bis che concede ai Presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, in qualità di Commissari delegati, la facoltà di delegare le funzioni attribuite dal decreto legge n. 74 del 2012 ai sindaci dei comuni ed ai presidenti delle province nei cui territori insistono gli interventi per la ricostruzione. L'atto di delega dovrà richiamare la normativa statale e regionale cui è possibile derogare ai sensi della normativa vigente e gli eventuali limiti al potere di deroga.
  Il numero 2) introduce il comma 1-bis all'articolo 3, che, di fatto, esclude i contratti stipulati dai privati beneficiari dei contributi per l'esecuzione di lavori o l'acquisizione di beni o servizi connessi agli interventi di ricostruzione e riparazione delle abitazioni private e di immobili ad uso non abitativo – previsti dal comma 1, lettera a), dello stesso articolo 3 – dall'applicazione di talune disposizioni riguardanti i contratti pubblici. La disposizione, infatti, non ricomprende i contratti stipulati dai privati in attuazione degli interventi di ricostruzione tra quelli di cui alle lettere d) ed e) del comma 1 dell'articolo 32 del Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che assoggettano rispettivamente i lavori e i servizi affidati da privati, per i quali sia previsto un contributo pubblico in misura prevalente, all'applicazione, seppur parziale, della normativa pubblicistica sui contratti pubblici. Resta, comunque, fermo sia l'obbligo di assicurare i criteri di economicità e trasparenza nell'uso delle risorse pubbliche, sia i controlli antimafia previsti dall'articolo 5-bis, novellato dal numero 4) da effettuarsi secondo le linee guida del Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere.
  Il numero 3) aggiunge un periodo alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 4 in base al quale le risorse per il ripristino degli edifici scolastici danneggiati dal sisma sono prioritariamente destinate alla costruzione di edifici in sedi nuove o diverse nel caso in cui la programmazione della rete scolastica così preveda.
  Il numero 4) introduce all'articolo 5-bis talune novelle volte ad assicurare una maggiore efficacia dei controlli antimafia sugli interventi di ricostruzione post-terremoto. La prima modifica, con la sostituzione del comma 1, assicura l'efficacia dei controlli antimafia anche sui subcontratti stipulati per lo svolgimento delle attività ritenute maggiormente esposte al rischio di infiltrazione della criminalità organizzata di cui al comma 2: si tratta sostanzialmente delle attività legate al movimento terra, ai trasporti, allo smaltimento in discarica, ai noli di macchinari, alle guardianie dei cantieri. Conseguentemente, occorrerà comprovare, anche per i subcontratti, quantomeno l'avvenuta presentazione della domanda di iscrizione negli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori Pag. 41di lavori considerati soggetti non a rischio presso almeno una delle prefetture delle province interessate. Inoltre, con la seconda modifica, relativa al comma 2 del medesimo articolo 5-bis, viene prevista la possibilità, per le regioni interessate, di ampliare, con ordinanza del Commissario delegato per ogni singola regione, l'elenco delle attività maggiormente esposte al rischio di infiltrazione della criminalità organizzata conseguentemente all'attività di monitoraggio ed analisi dell'attività di ricostruzione.
  Il numero 5) della lettera a) introduce un comma aggiuntivo all'articolo 7 del richiamato decreto-legge n. 74 del 2012, al fine di escludere i comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessati dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012, dall'applicazione delle sanzioni per il mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo all'anno 2011.
  La lettera b) del comma 1 è volta a chiarire l'ambito di applicazione dell'articolo 3-bis del decreto-legge n. 95 del 2012 in materia di finanziamenti agevolati per gli interventi di ricostruzione. In particolare, la norma chiarisce che le modalità attuative del predetto articolo sono quelle stabilite nel Protocollo di intesa tra il Ministro dell'economia e delle finanze e i Presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. La norma prevede quindi che i Presidenti delle predette regioni assicurano in sede di attuazione del Protocollo il rispetto del limite di spesa autorizzato allo scopo a legislazione vigente.
  Il comma 2 integra le disposizioni recate dall'articolo 16, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 2012, al fine di escludere, per gli anni 2012 e 2013, i comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessati dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, dall'applicazione della riduzione delle risorse del Fondo di riequilibrio ivi prevista.
  La norma mantiene fermo, peraltro, l'importo complessivo della riduzione da imputare al comparto dei comuni negli anni indicati, pari a 500 milioni di euro per l'anno 2012 e a 2.000 milioni di euro per l'anno 2013. Sul punto, rinvio tuttavia alle osservazioni formulate in merito all'articolo 8, comma 3.
  Il comma 3 interviene sull'erogazione di specifici strumenti di tutela del reddito per determinate categorie di lavoratori impossibilitati a prestare attività lavorativa o che abbiano dovuto sospendere l'attività a seguito degli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 in Emilia-Romagna.
  Il comma 4 prevede che i soggetti residenti in determinati territori interessati dal sisma possano richiedere un'anticipazione sulle loro posizioni individuali maturate ai fondi pensione cui sono iscritti, per l'acquisto della prima casa, per ristrutturazione edilizia o per ulteriori esigenze a prescindere dal requisito degli 8 anni di iscrizione al fondo pensione. Segnalo che tale disposizione ha carattere transitorio, con durata triennale a decorrere dal 22 maggio 2012 (terminando, quindi, il 22 maggio 2015).
  Il comma 5 prevede per i sostituti d'imposta operanti nelle aree colpite dal sisma del 20 maggio 2012 la regolarizzazione degli omessi adempimenti e versamenti delle ritenute sui redditi di lavoro entro il 16 dicembre, senza applicazione di interessi e sanzioni, attraverso la trattenuta sui dipendenti nei limiti del quinto dello stipendio. La disposizione chiarisce che i sostituti d'imposta interessati avrebbero dovuto versare le ritenute già operate alla data del 20 maggio 2012 sui redditi di lavoro dipendente e assimilati, nonché sui redditi di lavoro autonomo, e relative addizionali. Successivamente al 20 maggio i sostituti avrebbero dovuto comunque effettuare e riversare le stesse ritenute. Questa interpretazione discende dalla valutazione in base alla quale la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari disposta dal decreto ministeriale 1o giugno Pag. 422012 non includeva l'effettuazione e il versamento delle ritenute da parte dei sostituti d'imposta. Peraltro la norma in esame consente, entro il 16 dicembre 2012, la regolarizzazione degli adempimenti e dei versamenti omessi, senza applicazione di sanzioni e interessi. Effettuato il versamento, i sostituti operano le ritenute IRPEF sui redditi di lavoro dipendente e assimilati e relative addizionali nei limiti del quinto dello stipendio, ai sensi dell'articolo 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 180 del 1950.
  Il comma 6 proroga dal 30 novembre al 16 dicembre 2012 il termine entro il quale effettuare, senza sanzioni e interessi, i pagamenti dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, sospesi attualmente fino al 30 novembre 2012 dalle diverse disposizioni in materia.
  I commi da 7 a 13 disciplinano la procedura per concedere ai titolari di reddito di impresa che hanno i requisiti per accedere ai contributi per la ricostruzione degli immobili danneggiati, in aggiunta ai predetti contributi, la possibilità di chiedere ai soggetti autorizzati all'esercizio del credito un finanziamento, assistito dalla garanzia dello Stato, della durata massima di due anni per provvedere al pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi sospesi, nonché di quelli da versare dal 1o dicembre 2012 al 30 giugno 2013. I soggetti finanziati dovranno restituire la sola quota capitale del finanziamento, a partire dal 1o luglio 2012 secondo un piano di ammortamento, mentre lo Stato si accollerà le spese e gli interessi. La finalità delle richiamate disposizioni è quella di agevolare il pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi sospesi che, ai sensi del precedente comma 6, deve essere effettuato entro il 16 dicembre 2012, nonché di quelli da versare dal 1o dicembre 2012 al 30 giugno 2013, da parte degli imprenditori che in relazione alla loro attività hanno subito danni dal terremoto.

  Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 16 ottobre 2012.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13 alle 13.10 e dalle 19 alle 19.10.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Martedì 16 ottobre 2012. — Presidenza del presidente Donato BRUNO.

  La seduta comincia alle 18.55.

Nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 5520 Governo recante conversione in legge del DL 174/2012: Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012.
(Deliberazione).

  Donato BRUNO, presidente, sulla base di quanto convenuto in sede di ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi delle Commissioni riunite I e V, ed essendo stata acquisita l'intesa con il Presidente della Camera, propone lo svolgimento di una indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 5520 Governo recante conversione in legge del DL 174/2012: Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012. Pag. 43
  Nell'ambito dell'indagine conoscitiva le Commissioni procederanno alle audizioni di rappresentanti della Corte dei Conti, dell'ANCI, dell'UPI, della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome nonché di docenti universitari e di esperti della materia.
  Tali audizioni dovrebbero aver luogo nella settimana in corso.

  La Commissione approva la proposta di deliberazione dell'indagine formulata dal presidente.

  La seduta termina alle 19.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Martedì 16 ottobre 2012. — Presidenza del presidente Donato BRUNO. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Gianfranco Polillo.

  La seduta comincia alle 19.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Donato BRUNO, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

Nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 5520 Governo recante conversione in legge del DL 174/2012: Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012.
Audizione del Presidente della Corte dei Conti, dott. Luigi Giampaolino.
(Svolgimento e conclusione).

  Donato BRUNO, presidente, introduce l'audizione.

  Luigi GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei Conti, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  Intervengono, per porre quesiti e formulare osservazioni, i deputati Gianclaudio BRESSA (PD), Linda LANZILLOTTA (Misto), Amedeo CICCANTI (UdCpTP), Roberto SIMONETTI (LNP), Renato CAMBURSANO (Misto), Pierluigi MANTINI (UdCpTP), Mario TASSONE (UdCpTP), Raffaele VOLPI (LNP), Simonetta RUBINATO (PD) e Maria Piera PASTORE (LNP).

  Luigi GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei Conti, risponde ai quesiti posti.

  Donato BRUNO, presidente, ringrazia il Presidente della Corte dei Conti, dott. Luigi Giampaolino, per il contributo fornito e dichiara conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 20.35.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.