CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 26 settembre 2012
709.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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COMITATO DEI NOVE

  Mercoledì 26 settembre 2012.

Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici.
Emendamenti C. 4041-A.

  Il Comitato dei nove si è riunito dalle 10.30 alle 12.30.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Mercoledì 26 settembre 2012. — Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO, indi del vicepresidente Federico PALOMBA.

  La seduta comincia alle 12.30.

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Audizione in relazione all'esame delle proposte di legge C. 255 Bernardini, C. 1846 Cota, C. 4616 Bernardini, C. 5295 Papa e C. 5399 Ferranti, recanti disposizioni in materia di misure cautelari personali, di rappresentanti dell'Unione camere penali italiane (UCPI), del Prof. Giorgio Spangher, ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi La Sapienza di Roma, e di rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati (ANM).
(Svolgimento e conclusione).

  Giulia BONGIORNO, presidente, propone che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione. Introduce, quindi, l'audizione.

  Valerio SPIGARELLI, presidente, Eriberto ROSSO e Lapo GRAMIGNI componenti dell'Unione camere penali italiane, il professor Giorgio SPANGHER e Rodolfo SABELLI, presidente dell'Associazione nazionale magistrati, svolgono una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  Intervengono quindi i deputati Donatella FERRANTI (PD), Rita BERNARDINI (PD), Anna ROSSOMANDO (PD) e Manlio CONTENTO (PdL).

  Replicano il professor Giorgio SPANGHER, Valerio SPIGARELLI presidente dell'Unione camere penali italiane, Rodolfo SABELLI presidente e Anna CANEPA Vice Presidente dell'Associazione nazionale magistrati.

  Federico PALOMBA, presidente, ringrazia i soggetti auditi per il suo intervento. Dichiara quindi conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 26 settembre 2012.

Audizione in relazione all'esame del progetto di legge C. 2519-B, approvato dal Senato, recante disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali, del professor Cesare Massimo Bianca, Presidente della Commissione ministeriale per lo studio e l'approfondimento di questioni giuridiche concernenti la famiglia e di rappresentanti del Comitato Italiano per l'UNICEF – Onlus.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14.20 alle 15.35.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 26 settembre 2012. — Presidenza del vicepresidente Fulvio FOLLEGOT. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Antonino Gullo.

  La seduta comincia alle 15.35.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Stati Uniti d'America sul rafforzamento della cooperazione nella prevenzione e lotta alle forme gravi di criminalità, fatto a Roma il 28 maggio 2009.
C. 5418 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Pina PICIERNO (PD) relatore, osserva che il disegno di legge A.C. 5418, di iniziativa del Governo, reca l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo italo-statunitense sulla cooperazione nella prevenzione e lotta alle forme più gravi di criminalità – quelle transfrontaliere e quelle terroristiche – fatto a Roma il 28 maggio 2009. Pag. 18
  L'Accordo si presenta, almeno sul piano pattizio bilaterale, con connotati piuttosto innovativi poiché, più che individuare nuovi settori di collaborazione, si incentra sulle nuove metodologie di contrasto al crimine, quale ad esempio quella basata sui grandi progressi recenti nella rilevazione delle tracce di DNA e delle impronte digitali. Va peraltro ricordato al proposito che gli scambi di dati investigativi inclusivi di informazioni dattiloscopiche e sul DNA sono già previsti per il nostro Paese dal Trattato di Prum del 2005 – un accordo multilaterale tra 7 Stati membri della UE (Austria, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Spagna e Paesi Bassi), al quale l'Italia ha aderito con la legge 30 giugno 2009, n. 85, e che l'Accordo in esame espressamente richiama.
  Passando al contenuto precipuo dell'Accordo all'esame della Commissione affari esteri, si segnala anzitutto che l'Accordo consta di un breve preambolo e di 24 articoli.
  L'articolo 1 contiene una serie di definizioni importanti per la corretta comprensione e attuazione dell'Accordo: si tratta in particolare dei concetti di profilo del DNA, di dati personali, di trattamento dei dati personali e di dati di riferimento.
  All'articolo 2 viene esplicitato lo scopo dell'Accordo in esame (comma 1), precisando altresì che l'Accordo non incide sulle vigenti procedure di assistenza giudiziaria a livello internazionale.
  Il comma 2 limita la facoltà di interrogazione contemplata nell'Accordo in esame unicamente alla prevenzione e all'attività investigativa in relazione alle gravi forme di criminalità.
  L'articolo 3 tratta dei dati dattiloscopici, rispetto ai quali le Parti garantiscono la disponibilità di quelli contenuti nei sistemi nazionali automatizzati di identificazione delle impronte digitali.
  Ai sensi del successivo articolo 4, comma 1, le Parti autorizzano i punti di contatto nazionali individuati in base al successivo articolo 5 all'accesso ai dati contenuti nei rispettivi sistemi automatizzati di identificazione delle impronte digitali, con facoltà di effettuare interrogazioni automatizzate per mezzo del raffronto dei dati dattiloscopici. Tali attività trovano un limite nel rispetto della legislazione nazionale delle Parti, e vige indirettamente un divieto di raffronti collettivi, poiché le interrogazioni possono essere effettuate solo caso per caso.
  Ai sensi dell'articolo 5, comma 1, ciascuna delle due Parti dell'Accordo designa uno o più punti di contatto nazionali per l'accesso alle banche dati, stabilendone altresì secondo la legislazione nazionale le competenze e le modalità per l'accesso.
  Il comma 2 prevede successive intese di attuazione concernenti le modalità delle interrogazioni alle banche dati, inclusi eventuali limiti quantitativi ad esse. In dette intese verrà anche enumerato un gruppo esaustivo di reati punibili con una pena edittale massima superiore a un anno, i quali formeranno oggetto di cooperazione sempre in base alle rispettive legislazioni.
  L'articolo 6 disciplina la trasmissione di ulteriori dati personali e informazioni conseguente all'eventuale concordanza dei dati dattiloscopici: tale trasmissione avverrà in base alle procedure e nel rispetto della legge nazionale della Parte richiesta.
  Gli articoli 7-9 ribadiscono il contenuto dei precedenti articoli 4-6, ma in riferimento all'interrogazione di dati concernenti i profili del DNA contenuti nelle rispettive banche dati.
  L'articolo 10 riguarda la trasmissione di dati personali e altre informazioni allo scopo di prevenire attività terroristiche e altre gravi forme di criminalità. In base al comma 1 le Parti, anche senza richiesta dell'altra Parte contraente, possono trasmettere dati personali ad ampio raggio, inclusi quelli dattiloscopici (comma 2), qualora le circostanze facciano presumere che i soggetti interessati stiano ricevendo un addestramento per commettere atti di terrorismo o di grave criminalità, ovvero li abbiano già commessi o si presume siano in procinto di commetterli, o anche, infine, partecipino ad un'associazione con finalità terroristiche o di criminalità organizzata. Pag. 19La Parte trasmittente i dati può fissare le condizioni relative al loro utilizzo da parte dell'autorità ricevente (comma 3).
  In base all'articolo 11 le Parti si impegnano a un trattamento imparziale e in conformità con le rispettive legislazioni in riferimento ai dati personali trasmessi in attuazione dell'Accordo in esame, e in particolare ne assicurano la pertinenza rispetto allo specifico scopo, la conservazione per il tempo strettamente necessario e la pronta rettifica in caso di rilevamento di errori o inesattezze.
  In base all'articolo 12, comma 1, ciascuna delle due Parti può trattare i dati acquisiti nella collaborazione prevista dal presente Accordo per la finalità delle proprie indagini criminali, ovvero per prevenire gravi minacce alla propria sicurezza, o in relazione a procedimenti giudiziari anche di carattere non penale, ma che siano direttamente connessi alle indagini in sede penale. Inoltre, ciascuna delle Parti potrà utilizzare i dati per qualsiasi altro scopo, ma in tal caso solo con il consenso preventivo della Parte trasmittente dei medesimi dati – che, si ricorda, può anche fissare le condizioni relative al loro utilizzo.
  Sulla base del comma 2, le Parti si impegnano a non comunicare i dati forniti nella collaborazione prevista dal presente Accordo a Stati terzi, organismi internazionali o soggetti privati, senza il consenso della Parte trasmittente.
  L'articolo 13 prevede che la Parte ricevente si impegna, su richiesta della Parte trasmittente, a rettificare, bloccare o cancellare i dati ricevuti qualora siano inesatti o incompleti, ovvero se la loro raccolta e il loro ulteriore trattamento contravviene in qualche modo al presente Accordo o alle norme applicabili in base al diritto della Parte trasmittente.
  In base all'articolo 14, ciascuna delle Parti si impegna a conservare una registrazione della trasmissione dei dati comunicati all'altra Parte, allo scopo di garantire il controllo sull'effettiva ammissibilità della trasmissione e sulla protezione dei dati, nonché di consentire alle Parti di esercitare appieno i diritti loro conferiti nella collaborazione prevista dal presente Accordo. Da ultimo, la registrazione è finalizzata a garantire la sicurezza dei dati. Tale registrazione comprende tra l'altro le informazioni sul dato trasmesso e i motivi che ne hanno originato la trasmissione, la data della stessa e il destinatario dei dati, qualora essi non siano forniti direttamente alla controparte in base al presente Accordo.
  I dati registrati vengono protetti contro ogni uso non conforme o improprio, e sono conservati per due anni, alla scadenza dei quali essi sono immediatamente cancellati, salvo che ciò sia contrario alla legislazione nazionale.
  L'articolo 15 riguarda la sicurezza dei dati, e prevede che ogni Parte adotti le necessarie misure tecniche e organizzative per tutelare i dati personali da distruzione accidentale o illecita, da perdita accidentale o da indebita diffusione, da alterazione e da accessi non autorizzati, e in generale da qualsiasi tipo di trattamento non consentito: particolare attenzione sarà posta dalle Parti nell'adottare le misure atte a garantire che ai dati personali abbiano accesso esclusivamente le persone autorizzate.
  L'articolo 16 prevede che l'Accordo in esame non interferisce con gli obblighi giuridici delle Parti, contenuti nelle rispettive legislazioni, in ordine alla necessità di fornire ai soggetti interessati ogni informazione relativa alle finalità del trattamento, all'identità del controllore dei dati, ai destinatari dei dati stessi, al diritto di rettifica dei dati che li riguardano. Tale clausola di salvaguardia, tuttavia, viene a sua volta superata qualora fornire le informazioni di cui sopra possa pregiudicare le finalità stesse per le quali i dati sono stati richiesti, ottenuti o trattati, ovvero indagini o procedimenti giudiziari condotti dalle autorità italiane o statunitensi, ovvero infine i diritti e le libertà di terzi.
  Completano il dispositivo dell'Accordo gli articoli 17-20, nei quali è previsto anzitutto che, a richiesta, la Parte ricevente informi la Parte trasmittente sul trattamento dei dati ricevuti e sul risultato da esso conseguito (articolo 17).Pag. 20
  L'articolo 18 contiene una duplice clausola di salvaguardia, poiché prevede (comma 1) che l'Accordo non limita né pregiudica le disposizioni di qualunque altro trattato, né i rapporti in atto in base alle rispettive legislazioni, che consentono la condivisione delle informazioni tra l'Italia e gli Stati Uniti. In base al comma 2, il presente Accordo non conferisce poi alcun diritto a soggetti privati, segnatamente ad acquisire, eliminare o escludere elementi di prova o a impedire la condivisione dei dati personali. Non sono tuttavia pregiudicati i diritti esistenti a prescindere dall'Accordo in esame.
  L'articolo 19 prevede una regolare consultazione delle Parti sull'applicazione dell'Accordo, nonché in caso di controversie sull'interpretazione o applicazione di esso.
  In base all'articolo 20, ciascuna Parte sostiene le spese che comporta sul proprio territorio e per le proprie autorità l'applicazione dell'Accordo in esame, ma in casi particolari si può di comune accordo stabilire diversamente, nei limiti dettati dalle rispettive legislazioni.
  Gli articoli 21-24, infine, riportano le consuete clausole finali dell'Accordo, la cui durata è prevista a tempo indeterminato (articolo 21), salvo recesso con preavviso scritto di tre mesi, che tuttavia non incide sui dati forniti antecedentemente alla cessazione dell'Accordo.
  L'articolo 22 prevede consultazioni, a richiesta di una delle Parti, per la modifica dell'Accordo in esame, che può essere emendato in qualsiasi momento con accordo scritto delle Parti medesime.
  L'articolo 23 individua gli organi preposti all'applicazione dell'Accordo, che sono per l'Italia il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, e per il governo americano il Dipartimento di giustizia e il Dipartimento per la sicurezza interna.
  Infine l'articolo 24 disciplina l'entrata in vigore dell'Accordo, precisando altresì che le disposizioni degli articoli da 7 a 9 (dati sui profili del DNA) non si applicano fino alla conclusione delle intese di attuazione previste dal successivo articolo 8.
  Considerato il contenuto della Convenzione ritiene opportuno procedere quanto prima alla sua ratifica. Propone pertanto di esprimere parere favorevole.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, fatta a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
C. 5434 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Anna ROSSOMANDO (PD) relatore, osserva che il disegno di legge A.C. 5434, presentato alla Camera l'11 settembre 2012 per iniziativa del Governo, mira ad ottenere l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, fatta a New York il 2 dicembre 2004. Il disegno di legge contiene inoltre norme di adeguamento dell'ordinamento giuridico italiano atte a recepire le disposizioni della Convenzione, la quale è frutto di lavori che risalgono al 1977, e quindi di una lunga elaborazione conclusa il 2 dicembre 2004 con la risoluzione dell'Assemblea Generale ONU 59/38, che ha adottato il testo della Convenzione. Attualmente la Convenzione, sottoscritta da 28 Stati, è stata oggetto di ratifica o di adesione da parte di 13 Stati: si è quindi lontani dalla soglia di trenta ratifiche fissata per l'entrata in vigore a livello internazionale. La relazione introduttiva richiama tuttavia quanto disposto dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, ovvero che anche la semplice firma vincola uno Stato ad astenersi almeno, nelle more dell'entrata in vigore, da comportamenti contrastanti con il disposto della Convenzione.Pag. 21
  L'ampia relazione introduttiva che accompagna il disegno di legge chiarisce come il recepimento della Convenzione nell'ordinamento italiano consentirà di porre rimedio ad una lacuna del medesimo in ordine proprio alle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni. Infatti in materia esiste il solo precedente della norma introdotta dal decreto-legge n. 63 del 2010 (la cui vigenza è stata prorogata al 31 dicembre 2012 dall'articolo 7 del decreto legge n. 216/2011), che tuttavia si limita a prescrivere la sospensione di eventuali misure esecutive a carico di Stati esteri nelle more di procedimenti, che li riguardino, davanti a istanze giurisdizionali internazionali.
  Pertanto l'Italia, nel settore delle immunità giurisdizionali degli Stati, ha agito finora su base consuetudinaria, ovvero sul piano del diritto internazionale generale, ove è riconosciuta l'immunità degli Stati stranieri in funzione del rispetto della loro sovranità.
  La ratifica della Convenzione del 2004 sia suscettibile di ridurre notevolmente i margini di ambiguità interpretativa connaturati alla dimensione del diritto internazionale generale, consentendo un più certo quadro di riferimento, essenziale anche in considerazione del sempre maggiore coinvolgimento degli Stati e degli enti di diritto pubblico in attività commerciali e di tipo privatistico.
  Passando al contenuto precipuo della Convenzione in esame, essa si compone di un breve preambolo e 33 articoli, raggruppati in sei parti.
  La parte prima (articoli 1-4) ha funzione introduttiva: viene anzitutto fissato il campo d'applicazione della Convenzione in oggetto, ovvero l'immunità giurisdizionale di uno Stato e dei suoi beni dai tribunali di un altro Stato, e vengono fornite una serie di definizioni indispensabili per la corretta interpretazione della Convenzione. Rileva qui in particolare l'accezione ampia fornita al termine di Stato, che si applica anche alle componenti di uno Stato federale o alle suddivisioni politiche statali abilitate compiere atti di imperio, come anche all'espressione transazione commerciale, nella quale rientrano in effetti anche contratti di natura finanziaria e prestazioni di servizi. Vengono poi fissate una serie di salvaguardie dei privilegi e immunità conferiti in virtù del diritto internazionale alle missioni diplomatiche, ai consolati, alle rappresentanze presso le organizzazioni internazionali, ai capi di Stato, agli aeromobili o oggetti spaziali appartenenti a ogni singolo Stato. Infine, viene sancita la non retroattività della Convenzione in esame, che non si applica ad alcuna questione sollevata in un procedimento promosso prima dell'entrata in vigore tra gli Stati interessati della presente Convenzione.
  La parte seconda (articoli 5-9) comprende principi di carattere generale, a partire dalle modalità di attuazione dell'immunità degli Stati, che viene conseguita da uno Stato che si astiene dall'esercitare la sua giurisdizione contro un altro Stato, vigilando sul rispetto di tale decisione da parte dei propri tribunali. Viene precisato che si considera promosso un procedimento contro un altro Stato quando quest'ultimo sia citato come parte del procedimento, o il procedimento stesso sia di fatto finalizzato pregiudicarne beni, diritti, interessi o attività.
  Viene poi stabilito che uno Stato non può invocare l'immunità giurisdizionale qualora abbia dato esplicito consenso all'esercizio della giurisdizione di un particolare tribunale nei riguardi di una certa materia o causa, e ciò sia mediante accordo internazionale, sia mediante contratto scritto o dichiarazione o comunicazione scritta inoltrata nell'ambito di un determinato procedimento al tribunale interessato. Non è tuttavia considerato consenso all'esercizio della giurisdizione l'accordo generico sull'applicazione della legge dello Stato di residenza.
  Vengono poi stabilito gli effetti della partecipazione di uno Stato a un procedimento giudiziario: in particolare, uno Stato non può invocare l'immunità giurisdizionale se ha attivato esso medesimo il procedimento, ovvero vi è intervenuto o ha assunto in esso una qualsiasi posizione sul merito delle questioni in giudizio. A questa Pag. 22norma generale vengono poi eccettuati diversi profili: anzitutto, è stabilito che non possa considerarsi consenso il fatto che uno Stato intervenga nel procedimento solo per invocare l'immunità da esso, o per far valere un diritto o un interesse verso un bene in causa nel procedimento. Inoltre, non è considerata consenso di uno Stato all'esercizio della giurisdizione del tribunale dell'altro Stato la presenza in un procedimento di un proprio rappresentante quale teste, e nemmeno la non comparizione in un procedimento. Infine, in nessun caso l'immunità giurisdizionale verrà riconosciuta ad uno Stato da un tribunale in riferimento a una domanda riconvenzionale da esso presentata, o mirante a sfavorirlo.
  La parte terza (articoli 10-17) riguarda in linea di massima i procedimenti in cui gli Stati non possono invocare l'immunità, a partire dal caso di transazioni commerciali di uno Stato con una persona fisica o giuridica straniera – salvo diverso accordo tra le parti o transazioni commerciali dirette tra Stati. Inoltre, salvo diverse intese tra gli Stati interessati, non si potrà invocare l'immunità giurisdizionale in un procedimento concernente un contratto di lavoro tra uno Stato e una persona fisica impiegata interamente o in parte sul territorio dell'altro Stato.
  Vi sono però al proposito numerose eccezioni, le principali delle quali sono l'appartenenza della persona interessata alla sfera delle immunità diplomatiche, o il carattere di assoluta necessità, per la sicurezza dello Stato, del licenziamento dell'impiegato in questione.
  Ugualmente, salvo diverse intese tra gli Stati interessati, l'immunità giurisdizionale non potrà essere invocata da uno Stato in un procedimento che riguardi una riparazione pecuniaria per il decesso o la lesione dell'integrità fisica di una persona, ovvero in caso di danni o perdita di un bene materiale, imputabili ad atti od omissioni attribuibili allo Stato, verificatesi del tutto o in parte sul territorio dello Stato di appartenenza dei tribunali e in presenza dell'autore.
  In generale, poi, e sempre che gli Stati interessati non abbiano diversamente concordato, uno Stato non potrà invocare l'immunità giurisdizionale in ordine a diritti e obblighi relativi ad un bene immobiliare situato su territorio dello Stato del foro, così come a beni mobiliari o immobiliari derivati da una successione o da una donazione, e nemmeno a diritti o interessi dello Stato nell'amministrazione dei beni di un fallimento, derivanti dalla cessazione di una società o inclusi in un trust.
  L'immunità giurisdizionale non potrà essere invocata nemmeno rispetto alla determinazione del diritto di uno Stato a brevetti, disegni industriali, ragioni sociali, marchi di fabbrica o diritti d'autore, e ogni altra forma di proprietà intellettuale o industriale che siano protetti giuridicamente dallo Stato del foro (ancora una volta, sempre che gli Stati interessati non abbiano diversamente convenuto).
  Uno Stato non potrà altresì invocare l'immunità giurisdizionale in un procedimento concernente la sua partecipazione in una società o in un gruppo, se tale società o gruppo comprendono parti diverse da Stati o organizzazioni internazionali, e sono costituiti conformemente alla legislazione dello Stato del foro, ovvero vi hanno la propria sede sociale oppure il principale luogo di attività: anche qui tuttavia vige l'eccezione di diversi accordi tra gli Stati interessati, o tra le parti alla controversia.
  Sempre che gli Stati interessati, poi, non abbiano diversamente convenuto, è preclusa ad uno Stato la possibilità di invocare l'immunità giurisdizionale nei confronti di navi di cui esso sia proprietario o esercente, qualora durante il fatto che ha dato luogo all'azione legale la nave non fosse utilizzata a scopo di servizio pubblico, bensì commerciale.
  Se in un procedimento sorge la questione del carattere di servizio pubblico o, al contrario commerciale, di una nave o di un carico di cui uno stato sia proprietario o esercente, sarà sufficiente un'attestazione firmata da un rappresentante diplomatico o da altra autorità competente Pag. 23dello Stato interessato a dare prova dell'effettivo carattere della nave o del carico in questione.
  Infine, in riferimento a uno Stato che concordi con una persona fisica o giuridica straniera di sottoporre ad arbitrato alcuni aspetti contestati relativi a una transazione commerciale, tale Stato non potrà invocare l'immunità giurisdizionale in un procedimento che concerna la validità, l'interpretazione, l'applicazione o la procedura dell'arbitrato, nonché la conferma o l'annullamento del lodo arbitrale.
  La parte quarta (articoli 18-21) riguarda l'immunità degli Stati nei confronti di eventuali misure esecutive scaturite da un procedimento innanzi ad un tribunale. È anzitutto previsto non potersi procedere, prima della sentenza, ad alcuna misura di pignoramento o sequestro contro i beni di uno Stato, in relazione ad un procedimento davanti al tribunale di un altro Stato, a meno che lo Stato interessato non vi abbia esplicitamente consentito – tramite un accordo internazionale, ovvero un patto d'arbitrato, un contratto scritto, una dichiarazione o una comunicazione al tribunale –, e non abbia riservato alcuni beni all'adempimento della richiesta oggetto della controversia.
  Posteriormente alla sentenza, del pari, non si potrà procedere ad alcuna azione esecutiva nei confronti dei beni di uno Stato, a seguito di un procedimento giudiziario che lo abbia coinvolto, se non alle condizioni prima richiamate, e con la clausola aggiuntiva che lo Stato interessato abbia stabilito non essere i beni interessati specificamente utilizzati o destinati a scopi di servizio pubblico.
  Viene comunque escluso il passaggio automatico tra il consenso che uno Stato abbia accordato all'esercizio della giurisdizione nei suoi confronti e il consenso da parte di detto Stato a subire misure di carattere esecutivo, per le quali si dovrà reiterare l'esplicitazione del consenso stesso. Tra i beni ritenuti essenziali agli scopi di servizio pubblico perseguiti da uno Stato rientrano in generale i conti bancari destinati al funzionamento delle rappresentanze internazionali e diplomatiche di uno Stato, i beni a carattere militare, i beni della Banca centrale, i beni facenti parte del patrimonio culturale dello Stato o di esposizioni a carattere scientifico, culturale o storico.
  La parte quinta (articoli 22-24) riporta disposizioni varie, a partire dalle modalità di notifica degli atti di citazione e dall'eventualità di agire contro uno Stato in contumacia. Vengono poi fissati privilegi e immunità nel corso di un procedimento davanti a un tribunale: in particolare, nel caso in cui uno Stato rifiuti di conformarsi a una decisione del tribunale di un altro Stato relativa a una certa fase del procedimento, a tale stato non sarà inflitta alcuna multa o altra penalità. Inoltre, se uno Stato è parte convenuta in un procedimento davanti al tribunale di un altro Stato, esso non sarà tenuto a fornire alcuna fidejussione né a costituire depositi a garanzia del pagamento di spese e costi del procedimento.
  Infine, la parte sesta (articoli 25-33) reca le disposizioni finali della Convenzione, a partire da una clausola di salvaguardia dei diritti e obblighi degli Stati Parti della Convenzione in esame nei confronti di accordi internazionali per essi vigenti su materie analoghe all'oggetto della Convenzione medesima. Inoltre è previsto che per la soluzione di eventuali controversie gli Stati Parti si impegnano a perseguirla mediante negoziato, ma in difetto di successo si potrà adire l'arbitrato internazionale e finanche la Corte internazionale di giustizia – la previsione sull'arbitrato e sull'eventuale ricorso alla Corte internazionale di giustizia può essere tuttavia oggetto di riserva da parte di ognuno degli Stati Parti della Convenzione in esame.
  È inoltre stabilito che la Convenzione, che è rimasta aperta alla firma fino al 17 gennaio 2007, consentirà l'adesione di qualsiasi Stato: il depositario della Convenzione è il segretario generale dell'ONU. L'entrata in vigore a livello internazionale della Convenzione è prevista 30 giorni dopo la data del deposito del trentesimo strumento di ratifica, accettazione o adesione. È altresì previsto che ogni Stato Pag. 24Parte possa denunciare la Convenzione in esame con notifica scritta al depositario, e con effetto un anno dopo la ricezione della notifica stessa – senza peraltro pregiudicare le questioni di immunità giurisdizionale sollevate nei procedimenti promossi prima della data di effetto della denuncia.
  Ai sensi dell'articolo 25 della Convenzione in esame, costituisce parte integrante della stessa un allegato volto a chiarire la portata di alcune delle disposizioni della Convenzione, con particolare riguardo al termine «immunità» menzionato nell'articolo 10, agli «interessi in materia di sicurezza» dello Stato datore di lavoro di cui all'articolo 11, al termine «determinazione» dei diritti protetti di cui agli articoli 13 e 14, all'espressione «transazione commerciale» di cui all'articolo 17 e al termine «ente» utilizzato nell'articolo 19.
  Propone di esprimere parere favorevole.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Bureau International des Expositions sulle misure necessarie per facilitare la partecipazione all'esposizione Universale di Milano del 2015, fatto a Roma l'11 luglio 2012.
C. 5446 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Fulvio FOLLEGOT, presidente, in sostituzione del relatore osserva che Il disegno di legge A.C. 5446, di iniziativa del Governo, reca l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo tra l'Italia e il Bureau International des Expositions (BIE) sulle misure necessarie per facilitare la partecipazione all'Esposizione Universale di Milano del 2015, fatto a Roma l'11 luglio 2012.
  Si tratta di un «accordo di sede» tra il Governo italiano e il BIE finalizzato a determinare i meccanismi che faciliteranno la partecipazione di Stati, Organizzazioni Internazionali, soggetti pubblici e privati di tutto il mondo all'Expo Milano 2015, anche garantendo loro le necessarie condizioni fiscali e operative secondo la prassi già invalsa in precedenti edizioni.
  Come evidenziato nella relazione che accompagna il provvedimento, nel Dossier di registrazione, trasmesso nell'aprile 2010 dalle autorità italiane al Segretario generale del BIE, l'Italia si è impegnata a procedere alla stipulazione di un accordo di sede, analogamente a quanto avvenuto tra Spagna e BIE in occasione dell'esposizione di Saragozza 2008. Le disposizioni inserite nel testo dell'Accordo trovano quindi fondamento in impegni derivanti dalla Convenzione di Parigi del 1928, in impegni assunti dall'Italia con il Dossier di registrazione (approvato dal BIE nel corso della 148a Assemblea generale del 23 novembre 2010) e nella prassi adottata dai Paesi ospitanti nelle precedenti esposizioni universali.
  Va rammentato che le esposizioni organizzate con il Bureau International des Expositions, che non hanno natura commerciale, comportano obblighi precisi a carico di chi le ospita, stabiliti dalla Convenzione di Parigi del 1928 e dai Regolamenti dello stesso Bureau. La Convenzione di Parigi del 22 novembre 1928 è lo strumento giuridico che disciplina l'organizzazione delle Expo e fornisce le garanzie necessarie ad assicurare sia una buona organizzazione sia un'adeguata partecipazione a tali eventi globali.
  La Convenzione, per adeguarsi al mutare dei contesti economici, ha subito diversi interventi di aggiornamento da parte del BIE.
  Quanto al contenuto, l'Accordo consta di un breve preambolo e di 25 articoli.
  La competenza della Commissione giustizia si limita in particolare agli articoli 23 e 24 che prevedono, per la soluzione delle controversie, una clausola arbitrale sulla base delle disposizioni della Convenzione di Parigi del 1928 ovvero un arbitrato previsto dagli atti del BIE.Pag. 25
  Avverte quindi che il relatore, onorevole Scelli, ha presentato una proposta di parere favorevole.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 15.45.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 26 settembre 2012. — Presidenza del vicepresidente Fulvio FOLLEGOT. — Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Antonino Gullo e Sabato Malinconico.

  La seduta comincia alle 15.45.

Disposizioni in materia di misure cautelari personali.
C. 255 Bernardini, C. 1846 Cota, C. 4616 Bernardini, C. 5295 Papa e C. 5399 Ferranti.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato il 20 settembre 2012.

  Manlio CONTENTO (PdL) muove dalla considerazione che il sacrificio del bene supremo della libertà personale può essere accettato solo quando risulti indispensabile all'accertamento dei fatti di rilevanza penale e che, sul punto, non ci devono esser equivoci magari immaginando che il ricorso a misure cautelari possa essere autorizzato dal magistrato sulla scorta di valutazioni che attengono alla mera utilità per le indagini o, peggio, nella speranza che esse possano indurre il destinatario a rendere dichiarazioni.
  Un secondo riferimento, secondo l'oratore, va individuato nel rispetto dei principi e dei criteri che presiedono alla scelta delle misure.
  Oltre alla osservanza di precisi riferimenti legislativi in ordine alle condizioni di ammissibilità, un ancoraggio indiscutibile è rappresentato dal fatto che la misura della custodia cautelare in carcere possa essere disposta solo quando il giudice esprima un motivato giudizio circa la inadeguatezza di ogni altra misura.
  Di fronte ai chiari enunciati della Corte costituzionale, estremamente delicata appare la possibilità di estendere la presunzione legislativa astratta di quella inadeguatezza.
  Se essa è riconosciuta come ragionevole per quanto concerne i delitti di criminalità organizzata di tipo mafioso, va detto che essa non troverebbe alcuna tutela, in caso di estensioni generalizzate, da parte della Corte stessa.
  Se il riferimento alle condizioni generali di applicabilità può dirsi acquisito nella previsione legislativa dell'esistenza di «gravi indizi di colpevolezza», più delicata appare, ai fini dell'adozione della misura, la valutazione dei medesimi nel caso di dichiarazioni rese dai coimputati o da imputati di reato connesso o collegato.
  Si tratta di una questione estremamente delicata soprattutto allorché il riscontro di alcune dichiarazioni venga effettuato attraverso altre di analoga provenienza.
  Senza voler indicare una soluzione definitiva, rileva come, in tali casi, il ricorso alla custodia cautelare in carcere debba essere affrontata con maggior rigore dai competenti magistrati perché solo attraverso una responsabilità crescente di questi ultimi si potrebbe ovviare ad un difficile intervento normativo che, modificando la disciplina attuale, possa rafforzare i principi di proporzionalità e adeguatezza della misura.
  Passando ad affrontare alcune questioni sollevate dalla lettura delle proposte presentate, l'oratore sottolinea come il cuore del problema sia condensato dalla disposizione che delinea le esigenze cautelari che giustificano l'adozione delle misure.
  In tale campo, sembrerebbe opportuno distinguere i criteri di carattere generale rispetto a quelli che si riferiscono alla criminalità organizzata e, in particolare, a quella di stampo mafioso.Pag. 26
  La logica del «doppio binario», già collaudata nel nostro ordinamento, potrebbe riverberarsi anche in relazione alle esigenze ad esempio introducendo disposizioni che valorizzino l'attualità dell'appartenenza al gruppo o all'associazione criminale.
  Se, infatti, le prime due lettere dell'articolo 274 sono stanzialmente consolidate nell'applicazione concreta, e, quindi, potrebbero risultare più semplici eventuali interventi correttivi, ben più difficile appare modificare l'ulteriore previsione.
  Un primo aspetto di politica criminale, infatti, impone di evitare che una disciplina disattenta privi la magistratura di alcuni presidi che rilevano oltre che sotto il profilo processuale anche in ordine alla tutela della collettività.
  Sotto questo profilo, richiama l'attenzione della Commissione su come un intervento correttivo sulla lettera c) dovrebbe essere attentamente soppesato allo scopo di evitare che reati connessi con armi o altri mezzi di violenza personale conducano a conseguenze paradossali com’è accaduto in alcuni casi con le recenti disposizioni del cosiddetto provvedimento «svuota carceri» che, improntate all'emergenza carceraria, hanno introdotto ulteriori elementi di rottura dell'unicità del sistema attraverso la necessaria valutazione della «pericolosità dell'arrestato» rimessa, purtroppo, a valutazione di eccessiva discrezionalità di fronte anche a fatti di grave allarme sociale.
  In un'ipotesi di riforma, potrebbe essere interessante delineare, in via specifica o attraverso criteri generali, i reati e le condizioni del reo in base ai quali può essere disposta, nel ricorso dei requisiti stabiliti dalla lettera c), la custodia cautelare in carcere.
  Ciò limiterebbe grandemente la discrezionalità del giudice circa il principio di adeguatezza della misura.
  Oppure si potrebbe rovesciare la prospettiva individuando legislativamente i casi in cui il giudice non può fare ricorso al carcere.
  Prende, quindi, in esame l'idea di estendere il divieto del carcere anche agli arresti domiciliari nel caso in cui si ritenga possibile la concessione della sospensione condizionale della pena.
  Apparentemente ragionevole, la modica potrebbe comportare l'impossibilità di utilizzare idonee misure coercitive come gli arresti domiciliari anche nei casi di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 274 del codice di rito.
  Quanto alla gravità del reato, essa dovrebbe trovare la sua sede appropriata nella sola lettera c) dell'articolo citato in modo da escluderne l'utilizzo in altri casi.
  Si potrebbe così utilizzare quel profilo per riferirsi alla pericolosità del responsabile inserendo quindi un utile collegamento con la nuova disciplina dello «svuota carceri» per i casi di arresto in flagranza e relativo giudizio direttissimo.
  Si avrebbe, insomma, una migliore tripartizione che vedrebbe le esigenze cautelari modellarsi, in modo più puntuale, ai tre riferimenti del codice: la tutela delle indagini, il pericolo di fuga, la pericolosità della persona sottoposta alle indagini, limitatamente ai – o con esclusione dei – reati con certe caratteristiche, purché desumibili da precisi elementi rivelatori ricavabili da circostanze specifiche del fatto o della personalità del colpevole (precedenti giudiziari).
  Dichiarando la disponibilità del PdL a confrontarsi apertamente sull'argomento, auspica, infine, una ancora più efficiente risposta, da parte del giudice di legittimità, alle questioni relative alla libertà personale rimesse alla sua valutazione attraverso l'impugnazione dei provvedimenti in materia.

  Rita BERNARDINI (PD), facendo riferimento all'intervento dell'onorevole Contento, rileva che la questione della individuazione di reati gravi al fine di limitare ad essi l'applicazione della custodia cautelare in carcere è estremamente delicata non essendo sempre sufficiente fare riferimento a particolari modalità della condotta ovvero a lesioni di specifici beni giuridici. A tale proposito evidenzia come non sempre le condotte violente siano Pag. 27sempre quelle più gravi ai fini dell'applicazione della misura in esame.

  Fulvio FOLLEGOT, presidente, nessuno chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.15.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Disposizioni per assicurare la libertà della circolazione nonché la libertà di accesso agli edifici pubblici, alle sedi di lavoro e agli impianti produttivi.
C. 1455 Lehner e C. 3475 Cirielli.

Delega al Governo in materia di depenalizzazione, pene detentive non carcerarie, sospensione del procedimento per messa alla prova e nei confronti degli irreperibili.
C. 5019 Governo, C. 879 Pecorella, C. 4824 Ferranti, C. 92 Stucchi, C. 2641 Bernardini, C. 3291-
ter Governo, C. 2798 Bernardini, C. 3009 Vitali e C. 5330 Ferranti.

Modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654, e al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, per il contrasto dell'omofobia e della transfobia.
C. 2807 Di Pietro e C. 4631 Concia.

SEDE CONSULTIVA

Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani.
Nuovo testo unificato C. 4534 Governo.

Nuove norme in materia di animali d'affezione e di prevenzione del randagismo e tutela dell'incolumità pubblica.
Testo unificato C. 1172 Santelli ed abb.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI