CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 13 settembre 2012
704.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e XI)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Giovedì 13 settembre 2012. — Presidenza del presidente della I Commissione Donato BRUNO. — Interviene il ministro per la pubblica amministrazione e per la semplificazione Filippo Patroni Griffi.

  La seduta comincia alle 14.40.

Modifiche agli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, in materia di trattamenti economici erogati a carico delle finanze pubbliche.
C. 4901 Dal Lago, C. 5035 Bressa e C. 5170 Vassallo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 1o agosto 2012.

  Il Ministro Filippo PATRONI GRIFFI rileva preliminarmente che i provvedimenti in esame, tutti di iniziativa parlamentare, si collocano nel solco delle novità introdotte con lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, attuativo dell'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, mirando, in via principale, a definirne in maniera più equilibrata e omogenea la platea dei destinatari; al contempo, alcune proposte di legge interessano l'articolo 23-bis del medesimo decreto, che applica limiti retributivi ai compensi dei membri delle società pubbliche. Nel confermare la particolare attenzione che il Governo rivolge a tali provvedimenti, sottolinea, peraltro, l'esistenza di una questione normativa che andrebbe risolta, a suo avviso, prima ancora di preoccuparsi dell'ulteriore specificazione della platea di cui all'articolo 23-ter del citato decreto-legge n. 201 del 2011, al fine di assicurare una maggiore certezza in materia di fissazione dei limiti per i trattamenti economici erogati a carico delle finanze pubbliche. Fa riferimento, in proposito, all'esigenza di verificare la possibilità di un coordinamento tra le norme istitutive della cosiddetta «Commissione Giovannini», tese a garantire lo svolgimento di un lavoro di ricognizione dei trattamenti economici percepiti annualmente dai titolari di cariche e incarichi pubblici nei principali Stati della cosiddetta «Area Euro», e quelle recate dai più recenti provvedimenti in materia, tenuto conto che alla base dei diversi interventi in questione sembra possano esservi logiche potenzialmente contrastanti, Pag. 4nonché platee di riferimento difficilmente assimilabili.
  Quanto alla situazione applicativa delle disposizioni interessate dalle proposte di legge in esame, fa notare, poi, che il Governo ha avviato un'articolata attività di monitoraggio, che ha visto coinvolte tutte le amministrazioni, 37 delle quali – tra cui è ricompresa la quasi totalità delle amministrazioni centrali – hanno già fornito i dati necessari (su un numero complessivo di circa 80, compresi anche alcuni enti numericamente non rilevanti, come gli enti parco nazionali, che per larga parte non hanno ancora risposto); in questo contesto, sono emersi 18 casi di superamento del tetto previsto dalla legge, sebbene tali dati richiedano un'ulteriore integrazione, anche alla luce delle novità legislative di recente intervenute.
  Si impegna, in ogni caso, a fornire al Parlamento (e alla stessa Corte dei conti) tutti i dati necessari, una volta che tale opera di ricognizione sarà completata, nell'ottica di favorire lo svolgimento di un'attenta attività di controllo incrociato, che consenta di definire più precisamente il livello medio dei trattamenti economici percepiti nell'ambito della pubblica amministrazione.

  Matteo BRAGANTINI (LNP), nel sottolineare l'importanza del provvedimento all'esame delle Commissioni I e XI, rileva come siano passati circa otto mesi senza che siano ancora disponibili i dati forniti dalle amministrazioni centrali sul numero di dipendenti che superano il tetto stabilito dall'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011.
  Propone, quasi come provocazione, di usare le dichiarazioni dei redditi per ottenere e verificare immediatamente tali dati Infatti, a suo avviso, otto mesi sono un tempo eccessivo e sembra quasi di trovarsi di fronte a un gioco per allungare i tempi. Chiede, quindi, al ministro di sollecitare le amministrazioni a fornire i dati richiesti.

  Salvatore VASSALLO (PD), rilevato che alcune delle proposte di legge in esame si prefiggono esclusivamente di estendere la disciplina dell'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011 a tutte le pubbliche amministrazioni, colmando le lacune derivanti dalla imprecisa formulazione di quella norma, fa presente che occorrerebbe però anche, nel momento in cui si interviene su questa materia, disciplinare in modo chiaro e soprattutto uniforme anche il regime delle incompatibilità per i dipendenti pubblici e il profilo del cumulo degli incarichi e delle retribuzioni.
  A suo avviso, occorre, in questa ottica, stabilire due principi. Il primo è che nelle pubbliche amministrazioni il trattamento economico deve essere commisurato alle funzioni effettivamente svolte dal dipendente, e non deve essere invece legato allo status del dipendente e quindi alla sua provenienza. Il secondo principio è che gli oneri per la retribuzione del dipendente pubblico devono essere posti a carico della pubblica amministrazione per la quale questi effettivamente lavora, e non di quella di provenienza. Esistono invece normative speciali, spesso dettate da fonti secondarie o addirittura subordinate, le quali si muovono nella direzione opposta.
  Osserva che, a questo proposito, è emblematica la disciplina di legge riguardante i dipendenti pubblici eletti al Parlamento. L'articolo 68, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, dispone, al primo periodo, che i dipendenti delle pubbliche amministrazioni eletti al Parlamento sono collocati in aspettativa senza assegni per la durata del mandato: a suo avviso, questo è corretto e si tratta anzi dell'istituto che andrebbe generalizzato; il secondo periodo del comma aggiunge però che i dipendenti eletti al Parlamento possono optare per la conservazione, in luogo dell'indennità parlamentare, del trattamento economico in godimento presso l'amministrazione di appartenenza, che resta a carico della medesima: quest'ultima previsione è, a suo avviso, irragionevole, in quanto pone a carico di una pubblica amministrazione l'onere della retribuzione di un soggetto che non lavora per essa.Pag. 5
  A parte questo, ritiene che il provvedimento in esame costituisca l'occasione giusta per stabilire un principio valido per tutti anche in materia di collocamento fuori ruolo e di collocamento in aspettativa senza assegni. Il collocamento fuori ruolo, infatti, ha un senso quando il dipendente pubblico lavora per una pubblica amministrazione diversa da quella di provenienza, ma c’è in questo anche un interesse di quest'ultima; se l'interesse della pubblica amministrazione di provenienza non sussiste, e sussiste solo l'interesse del dipendente o della pubblica amministrazione di destinazione, si deve ricorrere invece all'aspettativa senza assegni.
  Occorre poi evitare del tutto che un dipendente pubblico possa svolgere funzioni per un'altra amministrazione o istituzione restando al suo posto nell'amministrazione di provenienza, senza neanche essere posto fuori ruolo, sulla base della finzione secondo cui sarebbe possibile svolgere contemporaneamente due incarichi dirigenziali: accade ad esempio che magistrati amministrativi, restando formalmente al loro posto, svolgano nel contempo l'incarico di capi di gabinetto o di capi degli uffici legislativi. A suo avviso, anche questo profilo va disciplinato con una norma a carattere generale, con la quale si chiarisca, nel regime delle deroghe, che il dipendente che è in servizio effettivo per una pubblica amministrazione non può svolgere contemporaneamente funzioni dirigenziali anche per altre amministrazioni o istituzioni, ma può al massimo svolgere incarichi per loro natura compatibili con le sue funzioni primarie, come possono essere gli incarichi di consulenza.

  Roberto ZACCARIA (PD), rileva come, a partire dalle norme contenute nella legge finanziaria 2006, quasi ogni governo che si è succeduto si è esercitato ad intervenire su questo terreno. Guarda caso questi interventi sono stati effettuati in prossimità della scadenza della legislatura, con l'effetto di risultare dei manifesti di nobili intenti, ma senza alcuna efficacia.
  Ciò avviene anche nel caso degli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011 che cercano di dare una soluzione sistematica al trattamento di vertice delle società non quotate e delle amministrazioni pubbliche. Questo tentativo non si associa però al riordino e all'eventuale abrogazione delle numerose e disomogenee norme in materia, tutte in vigore ad eccezione della disciplina dettata dalla legge finanziaria 2006. Esiste quindi una questione di omogeneità.
  Le norme in questione si applicano inoltre a platee incomplete di soggetti. Ad esempio nel caso delle Autorità amministrative indipendenti ci si riferisce al personale e non alla struttura di vertice mentre nel caso delle società partecipate ci si riferisce alla struttura di vertice e non al personale che, in base alla sua esperienza di presidente della RAI, talvolta supera nelle fasce apicali i limiti fissati di retribuzione.
  Ritiene, quindi, che per fare norme equilibrate sia necessaria una visione e un quadro generale della materia.
  Desidera porre alcuni quesiti al ministro. Prima di tutto qual è lo stato di attuazione della fase applicativa del decreto-legge n. 201 del 2011 che, mentre è andato avanti per le amministrazioni pubbliche, gli risulta che sia slittato per le società partecipate. Inoltre vorrebbe conoscere la sorte delle norme in materia ancora vigenti. Osserva, infatti, che pur se siamo ancora una volta a fine legislatura, si può tentare di approvare una disciplina che faccia pulizia delle normative precedenti anche in un campo come quello delle società partecipate con una struttura normativa complessa.
  In questo modo, pur rimanendo nel campo della norma manifesto, si può perlomeno realizzare un manifesto fatto bene. Sottolinea, infatti, che se si vuole fare davvero qualcosa, bisogna agire ad inizio mandato, come dimostra la recente esperienza francese.

  Linda LANZILLOTTA (Misto) ricorda come l'articolo 23-bis del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, Pag. 6dalla legge n. 214 del 2011, sia stato oggetto di recente modifica da parte dell'articolo 2, comma 20-quater del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012.
  Chiede, in proposito, al Governo quale sia lo stato di attuazione di tale disposizione evidenziando come non apparirebbe giustificato – se non previsto dalla legge – un trattamento differenziato tra i dirigenti della pubblica amministrazione, a cui le norme riguardanti il tetto delle retribuzioni sono già applicabili, e i componenti dei consigli di amministrazione di società a partecipazione pubblica.
  Concorda quindi con il collega Zaccaria sull'importanza di dotare la materia della necessaria organicità ma intende esprimere, in questa sede, una preoccupazione: le proposte di legge in esame sono state presentate in pochi giorni, con grande urgenza, così da poter correggere, quanto prima, le carenze emerse in sede attuativa dell'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, che lo espongono al serio rischio di una dichiarazione di incostituzionalità.
  Non vorrebbe che, nel prevedere un riordino organico della materia, si perdesse di vista l'obiettivo. Considerato, inoltre, che ci si trova nella fase conclusiva della legislatura prospetta l'opportunità di approvare, in tempi rapidi, norme «puntiformi» che rendano pienamente applicabile il suddetto articolo 23-ter, con particolare riguardo a modifiche riguardanti le autorità amministrative indipendenti e i livelli sub-statali.
  Evidenzia, infatti, che altrimenti il rischio è che una pronuncia della Corte Costituzionale travolga l'intera disposizione.
  Sulla questione delle deroghe, infine, invita il Governo a compiere un'ulteriore valutazione tenendo conto, in particolare, che talvolta è necessario incaricare di funzioni di vertice soggetti esterni alla pubblica amministrazione per i quali il «tetto» potrebbe apparire inadeguato. Ciò fermo restando che, a suo avviso, le retribuzioni della pubblica amministrazione non dovrebbero eguagliare i livelli di mercato poiché, come avviene negli Stati Uniti, chi decide, per un periodo o per tutta la vita, di essere un civil servant lo fa, in primo luogo, per lo svolgimento della funzione in sé e per i caratteri che essa ha.
  Comprende, inoltre, che non sia facile individuare i soggetti che ricadrebbero nelle deroghe rispetto alla norma in questione, ma ritiene che non scegliere equivalga ad una fuga dalle responsabilità ed il rischio è poi quello di far saltare tutto.

  Pierluigi MANTINI (UdCpTP), relatore per la I Commissione, fa presente che, dopo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo dell'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, è intervenuta la circolare del ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione n. 8 del 3 agosto 2012, la quale fornisce anche alcuni chiarimenti in relazione a talune delle questioni emerse nel dibattito di oggi.
  A parte questo, nel prendere atto del fatto che, come riferito dal ministro, alcune pubbliche amministrazioni tardano a fornire i dati sulle retribuzioni dei propri dipendenti, che sono necessari a far emergere le posizioni che eccedono il tetto, chiede al rappresentante del Governo se non ritenga che la mancata o la tardiva comunicazione di tali dati dovrebbe essere configurata quanto meno come condotta censurabile sotto il profilo amministrativo.

  Il Ministro Filippo PATRONI GRIFFI si riserva di fornire, quanto prima, i necessari elementi alle Commissioni rispetto alle questioni poste nella seduta odierna.
  Sarà inoltre oggetto di attenta valutazione la possibilità di «interrogare» l'anagrafe tributaria per acquisire i dati in questione. Evidenzia tuttavia come non sia del tutto evidente la possibilità di poter prendere visione dell'intera situazione patrimoniale delle persone, se non sulla base di una previsione di legge. Per tale ragione, è stato posto in capo al dipendente pubblico l'obbligo di comunicare tutte le situazioni patrimoniali che lo riguardano e che, cumulate, danno luogo ad un superamento del livello massimo retributivo consentito.Pag. 7
  Rileva, inoltre, come la questione relativa alle responsabilità conseguenti in effetti sussista e ricorda come molte amministrazioni abbiano, di recente, emanato disposizioni relative agli obblighi di comunicazione. Evidenzia peraltro come la legge non indichi un termine per la prima applicazione.
  Rispetto alle altre questioni poste, sottolinea come dal monitoraggio finora svolto dal ministero le ipotesi di superamento del tetto fissato dalla legge sono state molto limitate considerato, in particolare, che i casi di scostamento sono stati poi portati a riduzione in base a quanto previsto dalla circolare del 3 agosto 2012, n. 8, applicativa dell'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011 sui limiti retributivi.
  Ricorda che le amministrazioni sono state quindi sollecitate a fornire quanto prima i dati richiesti ed è stato distribuito un questionario al riguardo.
  Rileva quindi come vada, a suo avviso, lasciata alla valutazione delle Commissioni la decisione relativa alle modalità di procedere con riguardo alle proposte di legge in esame, che sono tutte di origine parlamentare.
  Ritiene, in ogni modo, che i dati ottenuti ed i risultati finora raggiunti in materia costituiscano un risultato già di per sé considerevole, se si pensa che solo pochi mesi fa sembrava molto difficile pensare di poter ottenere un tale quadro informativo.
  Riguardo, infine, alla possibile previsione di un testo unico di riordino delle numerose disposizioni che investono la materia, ricorda come nel corso dell'esame alla Camera, in sede referente, del disegno di legge in materia di anticorruzione, presso le Commissioni riunite I e II, fosse stato presentato un emendamento in tal senso, che recava criteri di delega al Governo analoghi a quelli testè evidenziati dal deputato Vassallo, ma che tuttavia non è giunto ad approvazione per il timore di un eccessivo rinvio dei tempi. Le Commissioni hanno poi approvato un emendamento presentato dal collega Giachetti che reca norme relative al regime del fuori ruolo.
  Rileva peraltro come, rispetto ai due punti richiamati dal deputato Vassallo, la materia in questione si caratterizzi per una particolare complessità. Personalmente, non ritiene condivisibile l'idea che chi accetta un incarico presso un'altra pubblica amministrazione lo fa nel proprio interesse, dovendo a suo avviso sempre farsi riferimento all'interesse pubblico. Ribadisce, comunque, come si tratti di una materia particolarmente complessa su cui si riserva, in ogni modo, di svolgere un'attenta riflessione.
  Si impegna, infine, a trasmettere alle Commissioni gli esiti del monitoraggio in corso, non appena lo stesso possa considerarsi sostanzialmente concluso.

  Donato BRUNO, presidente, chiede al ministro quali siano i tempi che egli prevede per la conclusione del monitoraggio in questione.

  Il Ministro Filippo PATRONI GRIFFI ritiene che, entro la fine del mese di settembre, dovrebbero essere acquisiti i dati significativi al riguardo.

  Donato BRUNO, presidente, fa quindi presente che, d'intesa con il presidente della XI Commissione, onorevole Silvano Moffa, la programmazione dei lavori delle Commissioni per il seguito dell'esame dei progetti di legge in titolo sarà definita in modo tale da poter prevedere la conclusione dell'esame preliminare una volta acquisito il necessario quadro informativo dal Governo.

  Maria Grazia GATTI (PD), nel ricordare che ciascun cittadino possiede un unico codice fiscale, in grado di individuare rapidamente la sua posizione reddituale con assoluta certezza, si domanda se, ai fini dell'acquisizione dei dati riguardanti i trattamenti economici di coloro che ricevono emolumenti a carico delle finanze pubbliche, non sia praticabile l'ipotesi di chiedere alle singole amministrazioni Pag. 8la verifica della certificazione unica dei redditi dei dipendenti, fornendo in tal modo al Parlamento dati univoci e certi.

  Lucia CODURELLI (PD) si dichiara indignata per il fatto che il Governo non sia ancora in grado di fornire dati certi in ordine al livello dei trattamenti economici erogati a carico della finanza pubblica, nonostante su tale argomento si dibatta in Parlamento da lungo tempo. Osserva che questo medesimo Esecutivo – tanto incerto e prudente quando si tratta di incidere sui livelli di retribuzione più elevati – nei mesi scorsi non si è fatto alcuno scrupolo nell'intervenire con provvedimenti fortemente lesivi dei soggetti più deboli; ricorda, in particolare, le pesanti conseguenze che i lavoratori hanno dovuto subire sul versante della riforma pensionistica, che li ha privati di un vero e proprio diritto sostanziale. Rilevando che sembra sussistere, allo stato, una evidente discriminazione tra diverse categorie di cittadini, si domanda quale possa essere l'immagine che le istituzioni danno all'opinione pubblica, se non sono capaci neanche di assicurare la disponibilità di precisi dati economici e retributivi. Paventa il rischio che, dietro alle titubanze del Governo, che giudica vergognose, si nasconda in realtà la mancanza di volontà di colpire le categorie privilegiate del pubblico impiego, ritenendo inaccettabile che ciò accada a fronte dei rilevanti risparmi di spesa già conseguiti sulla pelle dei lavoratori più in difficoltà.

  Il Ministro Filippo PATRONI GRIFFI fa notare che il Governo in carica, nei nove mesi che vanno dal momento del suo insediamento ad oggi, è riuscito – su questa materia – a realizzare interventi concreti e a svolgere un'attenta e oculata attività di monitoraggio e controllo, ottenendo risultati che appaiono non paragonabili rispetto alle inefficienze e alle lacune che si sono accumulate nel corso degli ultimi dieci anni.

  Giuliano CAZZOLA (PdL), relatore per la XI Commissione, intervenendo per una considerazione conclusiva, ritiene che la strada dell'acquisizione della documentazione fiscale dalle amministrazioni pubbliche possa essere utile, non soltanto perché risulta più facilmente percorribile, ma anche in quanto comprenderebbe tutte le somme che tali amministrazioni erogano ai propri dipendenti in qualità di datori di lavoro pubblico: a suo avviso, infatti, lo scopo dell'intervento normativo non è quello di colpire trattamenti economici legittimamente percepiti sulla base dell'esercizio di una libera attività professionale a tal fine autorizzata, ma quello di scongiurare che, soprattutto con l'assunzione di doppi incarichi nell'ambito della pubblica amministrazione (cita, a titolo di esempio, la direzione dell'Agenzia delle entrate o la presidenza dell'INPS che si sommano a incarichi di vertice in Equitalia), vi possano essere clamorosi e ingiustificati casi di cumulo di stipendio, che portano le retribuzioni complessive a scostarsi in misura rilevante dai limiti fissati per legge.

  Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.40.