CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 12 settembre 2012
703.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO
Pag. 56

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 12 settembre 2012. — Presidenza del vicepresidente Giuseppe Francesco Maria MARINELLO. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Gianfranco Polillo.

  La seduta comincia alle 14.05.

Sul lutto del deputato Armosino.

  Giuseppe Francesco Maria MARINELLO, presidente, esprime all'onorevole Armosino il cordoglio di tutta la Commissione per il grave lutto da cui è stata colpita, la perdita del marito.

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2011.
C. 5324 Governo.

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2012.
C. 5325 Governo.

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.

  Giulio CALVISI (PD), relatore, segnala che la sua relazione, pur esaminando congiuntamente i disegni di legge di rendiconto per il 2011 e di assestamento per il 2012, dedicherà una specifica attenzione al primo provvedimento, oggetto di una specifica indagine conoscitiva nella quale hanno avuto luogo le audizioni del Presidente della Corte dei conti, dottor Luigi Giampaolino, del direttore dell'Ispettorato generale del bilancio, dottor Biagio Mazzotta, e dei responsabili dei nuclei di valutazione della spesa istituiti presso i singoli ministeri. La presentazione del Rendiconto, da un punto di vista formale e procedurale, rappresenta il momento in cui far valere la responsabilità del Governo dinanzi al Parlamento per quanto Pag. 57riguarda la gestione del bilancio dello Stato. Ricorda che quest'anno la Commissione, cogliendo l'opportunità rappresentata dalla prima attuazione delle innovazioni introdotte in materia dalla legge n. 196 del 2009, ha stabilito di approfondire l'esame del rendiconto che, come di norma avviene, si svolge congiuntamente a quello dell'assestamento relativo all'anno in corso. Nel corso della breve indagine conoscitiva svolta è emersa la trama delle nuove modalità di predisposizione del rendiconto che dovrebbe consentire alle Camere di svolgere un controllo assai più puntuale ed efficace sulla gestione finanziaria, verificando il conseguimento degli obiettivi di bilancio dei singoli comparti dell'amministrazione. A suo parere, implementare il disegno legislativo sarà compito delle singole amministrazioni, con il coordinamento dell'amministrazione dell'economia e delle finanze, ma anche il Parlamento, e in particolare tutte le Commissioni, dovrà fare la propria parte, sviluppando una cultura nuova in materia di conti pubblici, attenta all'efficacia ed all'efficienza della spesa pubblica. Evidenzia come il rendiconto, alla stregua del bilancio, viene articolato dalla legge n. 196 in missioni e programmi ed è composto dal conto del bilancio, che espone l'entità effettiva delle entrate e delle uscite previste dal bilancio dello Stato dell'anno precedente, e dal conto del patrimonio, che espone le variazioni intervenute nelle attività e nelle passività che costituiscono il patrimonio dello Stato. Il Rendiconto relativo all'esercizio finanziario 2011 è il primo ad individuare 173 programmi in cui si articolano le 34 missioni. I programmi costituiscono nel bilancio dello Stato le unità di voto e per ciascun programma vengono esposti i risultati relativi alla gestione di competenza, alla gestione di cassa e ai residui. Al rendiconto è per la prima volta allegata, per ciascuna amministrazione, una Nota integrativa, articolata per missioni e programmi, che illustra i risultati conseguiti con la gestione in riferimento agli obiettivi fissati con le previsioni di bilancio, le risorse finanziarie impiegate, con l'individuazione dei residui, e gli indicatori che ne misurano il grado di raggiungimento. Per quanto concerne gli indicatori, segnala che risulta evidente come dovranno essere affinati ed implementati al fine di dare conto in maniera convincente dell'effettiva capacità delle amministrazioni di conseguire gli obiettivi loro assegnati attraverso un utilizzo efficiente delle risorse. Una terza novità è rappresentata dalla presentazione del Rendiconto economico, al fine di integrare la lettura dei dati finanziari con le informazioni economiche fornite dai referenti dei centri di costo delle amministrazioni centrali. Ricorda, inoltre, che, come già è avvenuto per l'esercizio 2010, al rendiconto è infine allegato l'eco-rendiconto dello Stato, una relazione illustrativa delle risorse impiegate per finalità di protezione dell'ambiente e di uso e gestione delle risorse naturali da parte delle amministrazioni centrali. Per quanto riguarda i risultati complessivi dell'esercizio finanziario 2011 in termini di competenza, dagli articoli 1, 2 e 3 del disegno di legge risultano entrate, in termini di accertamenti, pari a 750.164 milioni di euro e spese, in termini di impegni, pari a 706.957 milioni di euro, con una gestione di competenza, intesa come differenza tra il totale di tutte le entrate accertate e di tutte le spese impegnate, che registra un avanzo pari a 43.207 milioni di euro. Dal Fondo di riserva per le spese impreviste risultano prelevamenti per un importo di 1.124,6 milioni di euro; mentre tra le eccedenze di impegni di spesa di maggiore consistenza vanno segnalati i 227,4 milioni del programma «Istruzione prescolastica» e i 113,1 milioni del programma «Giustizia civile e penale». La situazione del patrimonio dello Stato è invece rappresentata da attivi per 820,7 miliardi e da passività per 2.343, 9 miliardi. Riguardo al patrimonio, si limita a ricordare come la legge finanziaria per il 2010 avesse previsto un censimento di tutti gli immobili utilizzati dalle amministrazioni statali ai fini di una loro migliore utilizzazione. Dai dati disponibili sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze, risulta che al 31 marzo 2011 erano pervenute a riguardo Pag. 58comunicazioni da parte del 53 per cento delle amministrazioni pubbliche ed erano state censite 530 mila unità immobiliari e circa 760 mila terreni, per un valore di mercato delle unità immobiliari censite stimato pari a 239-319 miliardi di euro. Ritiene che tale censimento debba essere quanto prima completato anche ai fini delle prospettive di valorizzazione del patrimonio immobiliare finalizzate alla riduzione del debito pubblico, alla crescita e all'occupazione. Segnala che, in termini di competenza, ma non in termini di cassa, i saldi di bilancio hanno registrato a consuntivo valori migliori delle previsioni. Il saldo netto da finanziare, al lordo delle regolazioni debitorie e contabili, risulta di valore positivo, pari a 920 milioni, con un miglioramento di 22.539 milioni rispetto al saldo negativo del 2010. Anche il saldo corrente (risparmio pubblico) risulta di valore positivo ed evidenzia un miglioramento rispetto all'anno precedente, risultando pari a 46.109 milioni di euro, con una variazione positiva pari a 17.367 milioni. Il ricorso al mercato si è attestato a –185.215 milioni di euro, con un miglioramento di 24,8 milioni di euro rispetto al 2010. Al netto delle regolazioni debitorie, i risultati sono migliori, il saldo netto da finanziare in termini di competenza ha un valore positivo e ammonta a 9.754 milioni di euro, mentre il risparmio pubblico assume un valore positivo ed ammonta a 56.393 milioni di euro. Evidenzia, invece, che, in termini di cassa, i saldi risultano tutti peggiorati. Il saldo netto da finanziare è pari a 66.718 milioni di euro, con un peggioramento di 6.872 milioni di euro. Il risparmio pubblico ha a sua volta registrato un valore negativo di 22.126 milioni di euro, con un peggioramento di quasi 12.000 milioni rispetto al 2010. L'importo del ricorso al mercato ammonta a sua volta a 253 miliardi di euro, con un peggioramento di circa 3,8 miliardi rispetto al 2010. Al netto delle regolazioni debitorie, il saldo netto da finanziare ammonta a 58.191 milioni di euro, mentre il risparmio pubblico ha un valore negativo per 12.235 milioni di euro. Sempre con riferimento ai saldi, evidenzia come particolare interesse riveste l'analisi condotta nella relazione della Corte dei conti che pone a raffronto i dati del nostro Paese, in termini di contabilità nazionale, con quelli dei principali Stati dell'Unione europea. In questo quadro, si evidenzia come nel 2011, l'indebitamento delle Pubbliche Amministrazioni sia sceso al 3,9 per cento del Pil, mentre il saldo primario è tornato in avanzo per oltre 15 miliardi, pari a circa l'1 per cento del prodotto interno lordo, in entrambi i casi rispettando gli obiettivi assunti nel Documento di economia e finanza dell'aprile 2011. Tale miglioramento della situazione finanziaria riflette, peraltro, una più generale tendenza europea, in quanto nel 2011 tutti i principali Paesi dell'Unione hanno migliorato i saldi di bilancio, nella maggior parte dei casi con intensità maggiore di quanto avvenuto in Italia. Ricorda, infatti, che, nella media europea, l'indebitamento in rapporto al Pil è diminuito di due punti, mentre nel confronto, il disavanzo italiano in termini percentuali è rimasto superiore a quello tedesco, ma inferiore a quello di Francia e Spagna e alla media europea. Insieme alla Germania, l'Italia ha registrato inoltre, tra i maggiori Paesi europei, il valore più elevato di avanzo primario. Il divario crescente tra crescita nominale del prodotto interno lordo e onere medio del debito ha, invece, contribuito a determinare un aumento dell'incidenza del debito delle amministrazioni pubbliche sul prodotto dal 118,6 per cento del 2010 al 120,1 per cento del 2011, anche se l'aumento risulta inferiore se non si tiene conto del sostegno finanziario concesso ai Paesi in difficoltà dell'area dell'euro. Con riferimento all'analisi della gestione di competenza, rileva che si evidenzia un calo degli accertamenti di entrata, pari a 750.164 milioni di euro, dovuto alla dinamica in calo dell'accensione di prestiti. Gli impegni complessivi di spesa ammontano a 706.957 milioni di euro ed evidenziano una diminuzione di 8,4 miliardi di euro, con una variazione negativa pari all'1,2 per cento. Le entrate finali hanno registrato un aumento di 16.417 milioni di euro dovuto per circa due terzi all'incremento delle Pag. 59entrate tributarie e per circa un terzo a quello delle entrate extratributarie. Con specifico riferimento alle entrate, i maggiori accertamenti registrati nell'esercizio 2011 sono dovuti per oltre due terzi del totale alle entrate extratributarie, le cui modalità di quantificazione determinano una sistematica sovrastima in sede di accertamento, rispetto agli effettivi incassi. Quanto all'effetto complessivo della manovra del 2011 – pari a circa 15 miliardi di euro – è solo in piccola parte, circa il 18 per cento, riconducibile ai provvedimenti varati nel corso dell'anno, mentre per il resto deriva dalle misure adottate nel triennio precedente e, in particolare, nel 2008, circa il 36 per cento, e nel 2010, oltre il 41 per cento. Le misure varate nel corso del 2011 danno, tuttavia, un segnale di svolta, ancora incerto ove si consideri la parte di manovra immediatamente operativa nell'anno, ma che diventa più marcato ove si tenga conto della rilevanza delle ulteriori misure operative dal 2012: al rinnovato ricorso a forme di prelievo una tantum per loro natura incerte, come i giochi, si associano, infatti, prelievi di natura strutturale, quali l'aumento dell'aliquota ordinaria IVA, revisione della tassazione delle attività finanziarie e degli immobili. Segnala che le entrate derivanti dal contrasto all'evasione, inoltre, non vengono più conteggiate ai fini della copertura della manovra di bilancio. Rileva che le spese finali, al netto del rimborso prestiti, registrano una riduzione di 8.423 milioni di euro. Tuttavia, analizzando le singole componenti, emerge come la diminuzione sia da ricondurre per 2.342 milioni alla parte corrente, con una variazione negativa pari allo 0,5 per cento, e per 3.780 milioni alla quota in conto capitale, con una variazione negativa pari al 7,2 per cento. Inoltre, la riduzione è sostanzialmente da ricondurre alla diminuzione dei trasferimenti in favore degli enti territoriali e soprattutto alle famiglie ed alle istituzioni sociali, con un decremento pari a 4.562 milioni di euro, mentre si registra un aumento, pari all'11 per cento rispetto al 2010 delle spese per consumi intermedi, confermando tutte le perplessità ripetutamente manifestate da più parti rispetto ai tagli lineari. Evidenzia come il Presidente della Corte dei conti abbia osservato in merito come, secondo la contabilità nazionale, i consumi intermedi siano aumentati del 2 per cento a fronte di una prevista diminuzione del 6 per cento, mentre nell'anno precedente, il 2010, si era effettivamente registrata una riduzione del 6 per cento. La circostanza che nel rendiconto gli impegni del 2011 segnino un aumento addirittura del 12 per cento rispetto al 2010, fornisce per il Presidente della Corte l'impressione di una sostanziale inefficacia dei tagli imposti alle amministrazioni centrali con i ripetuti provvedimenti di questi anni. Sempre con riferimento ai consumi intermedi, l'accelerazione registrata dalla massa dei debiti pregressi negli ultimi esercizi, in concomitanza con consistenti riduzioni di bilancio, che hanno riguardato spese delle amministrazioni solo formalmente rimodulabili, ma di fatto difficilmente comprimibili, ha favorito la formazione di obbligazioni giuridicamente perfezionate ma prive di copertura in bilancio. Evidenzia, quindi, che sono proprio i debiti pregressi, relativi a spese concernenti esercizi precedenti, a far lievitare la spesa per consumi intermedi del 2011, che, depurata da tale fattore, segna una diminuzione di quasi il 2 per cento. Anche le spese per interessi passivi, pari a 73.748 milioni, risultano aumentate di oltre il 6 per cento rispetto al 2010. Riguardo alla spesa in conto capitale, ricorda che la Corte ha osservato come la caduta cumulata dei pagamenti negli anni 2010-2011 sia vicina al 40 per cento; anche non tenendo conto dei proventi derivanti dall'uso delle frequenze televisive, il calo risulta del 27 per cento. Prossima al 45 per cento è inoltre la diminuzione dei trasferimenti in conto capitale alle imprese, mentre i trasferimenti agli enti pubblici, essenzialmente gli enti locali, risultano ridotti di circa il 28 per cento nel corso del biennio. Per quanto riguarda gli investimenti fissi lordi dello Stato, evidenzia che la crescita del 12,3 per cento ha consentito di recuperare solo in parte la netta flessione registrata nel 2010, pari al Pag. 6018,6 per cento. Particolarmente colpite risultano anche in questo caso le amministrazioni locali, titolari del 70 per cento degli investimenti pubblici, che non a caso denunciano nel biennio 2010-2011 una flessione di tale tipologia di spesa pari al 20 per cento. I tagli lineari, introdotti coi provvedimenti adottati dal 2008 al 2010, risultano avere ridotto del 29 per cento le spese in conto capitale e solo del 2 per cento le spese correnti. Sia i residui attivi che i residui passivi hanno fatto registrare una diminuzione, rispettivamente, del 6,3 per cento e del 14 per cento. Riguardo ai residui passivi si segnala un aumento di quelli provenienti dagli esercizi precedenti, pari a 1.600 milioni di euro circa, che denota un rallentamento del processo di smaltimento. Segnala che, secondo la Relazione della Corte dei conti, «alla base della perdurante anomalia del fenomeno dei residui passivi si collocano molteplici e diversificate cause: le misure di contenimento della spesa, spesso orientate allo slittamento dei pagamenti; la cattiva qualità della legislazione, non sempre supportata da specifici progetti di fattibilità; le procedure complesse e defatiganti in alcuni settori di intervento, gli schemi contabili spesso obsoleti; gli incongrui comportamenti gestionali». Osserva come, più che riproporre un elenco di cause per quanto condivisibile, andrebbero individuate amministrazione per amministrazione, programma per programma, nell'ambito delle predette tipologie, le specifiche ragioni che determinano il persistere di un così elevato livello di residui e il formarsi di nuovi residui anche in una fase di forte contrazione della spesa, al fine di contrastare il fenomeno attraverso l'adozione di idonei provvedimenti. In merito alla gestione di cassa, aggiunge come l'incremento dei pagamenti finali, pari al 3,1 per cento, pari a 15.387 milioni di euro, sia interamente imputabile all'incremento dei pagamenti di parte corrente, pari a 19.104 milioni di euro, il 4,2 per cento del totale, mentre i pagamenti in conto capitale risultano, al contrario, ridotti per l'importo di 3.717 milioni di euro, pari al 7,2 per cento del totale. Si tratta di un'ulteriore conferma delle difficoltà incontrate a tenere sotto controllo la spesa corrente compensate attraverso riduzioni estremamente ingenti delle spese in conto capitale che rappresentano il principale motore della crescita. Segnala che dalla gestione del patrimonio emerge infine un peggioramento dell'eccedenza passiva, pari a 78.860 milioni, che deriva in particolare dall'emissione dei titoli di Stato, prestiti esteri ed altri, per complessivi 56,7 milioni. A ciò si aggiungono debiti diversi per 11,9 miliardi. Ricorda come il Presidente della Corte dei conti, nel corso dell'audizione svolta presso la Commissione, abbia sottolineato l'indubbia utilità di una tempestiva rivisitazione delle missioni, ai fini di una più razionale definizione degli aggregati, valutando al contempo la struttura organizzativa che gestisce la spesa e la rilevanza politica della finalità perseguita. Il Presidente ha inoltre sollevato un problema generale di grande rilievo che attiene alla rappresentazione di entrate e spese secondo la contabilità nazionale come richiesto in sede europea, che presenta difformità talvolta rilevanti rispetto al rendiconto oggetto della parificazione. In sintesi, come ricordato ieri alla Commissione dal suo Presidente, evidenzia che numerosi sono i fenomeni analizzati dalla Corte dei conti: «per quanto riguarda i residui attivi, dalle discordanze fra i dati del rendiconto e le contabilità di entrata delle amministrazioni alle incongruenze interne al consuntivo; dall'inadeguatezza della valutazione del grado di esigibilità con l'effettivo indice di riscossione dei residui attivi; dal trascinamento di residui di versamento da un esercizio all'altro alla determinazione di una parte dell'accertato partendo dal versato; per ciò che attiene alla spesa, dalle insufficienze classificatorie del bilancio alla necessità di razionalizzare la struttura dei programmi e delle missioni; dalla persistenza di troppi capitoli promiscui alla tendenza crescente alla istituzione di capitoli fondo; dall'aumento dei residui perenti alla lievitazione dei debiti pregressi. Anomalie, queste, ultime, che mettono in crisi l'annualità del bilancio e la stessa Pag. 61rappresentatività del rendiconto». In particolare, per quanto riguarda i residui, segnala che il dato contabile è stato infatti modificato sulla base di un complesso processo di valutazione del grado di esigibilità condotto dalla Ragioneria generale dello Stato e dall'Agenzia delle entrate. Per le entrate finali, evidenzia come si sia passati da un importo complessivo di 561 miliardi di residui attivi, una cifra pari a circa un terzo del Pil, ad una cifra di poco superiore ai 215 miliardi di euro. Ciononostante, dei residui iniziali nel 2011 risulta riscosso meno del 13,4 per cento, che si riduce al 3,5 per cento se si escludono i residui di versamento relativi all'anno precedente. Evidenzia come sia da rivedere, secondo un giudizio della Corte senz'altro condivisibile, innanzitutto la prassi di considerare esigibili al 100 per cento le entrate extratributarie il cui indice di riscossione è stato nel 2011 di poco superiore al 2 per cento. Con riferimento al biennio 2010-2011, ricorda che, a seguito delle ripetute manovre finanziarie effettuate, le spese delle pubbliche amministrazioni al netto degli interessi sono diminuite dell'1 per cento e la spesa primaria dello Stato si è ridotta del 5,5 per cento. Rimarca, tuttavia, come tali risultati siano stati ottenuti con una riduzione di meno del 3 per cento delle spese correnti e con un taglio di oltre il 26 per cento delle spese in conto capitale. Osserva, inoltre, come l'esame delle diverse categorie di spesa si presti a letture non univoche. Ciò vale in particolare per i consumi pubblici che rappresentano più del 70 per cento della spesa statale al netto degli interessi e ai trasferimenti. I redditi da lavoro dipendente risultano infatti in diminuzione secondo la contabilità nazionale ma in aumento a leggere i dati del rendiconto. A suo parere, ciò si spiega in quanto, a fronte di una diminuzione delle retribuzioni lorde, si registra un incremento dei contributi aggiuntivi versati all'INPDAP per il riequilibrio della gestione pensionistica dei dipendenti statali. Per quanto riguarda i consumi intermedi, come già detto, evidenzia un loro aumento nel 2011 pari al 2 per cento, mentre l'obiettivo era di una riduzione del 6 per cento. Il fattore distorsivo è rappresentato, come già ricordato, in questo caso dall'accelerazione registrata dalla massa dei debiti pregressi, che hanno riguardato spese di funzionamento delle amministrazioni solo formalmente rimodulabili ma rivelatesi in realtà incomprimibili nel breve periodo. Evidenzia come, se si legge questo dato insieme a quello che la Corte dei conti ha fornito circa il crollo delle spese in conto capitale, vicina, nel biennio 2010-2011, al 40 per cento, si rileva con maggiore efficacia numerica il frutto avvelenato dei tagli lineari. Segnala come l'attività di auditing finanziario-contabile svolta dalla Corte abbia evidenziato l'esistenza di una molteplicità di capitoli promiscui e la necessità di un'effettiva revisione del nomenclatore degli atti. Inoltre, le eccedenze di spesa appaiono configurare una anomalia programmatica e gestionale e i residui passivi sono risultati in costante crescita, evidenziando problemi di costruzione del bilancio. Con riferimento all'audizione svolta dal dottor Mazzotta, rileva come, accanto alle criticità, siano emersi i correttivi che la riforma del rendiconto attuata dalla legge n. 196 del 2009 rende possibile introdurre. La maggiore trasparenza ed analiticità delle risultanze di bilancio dovrebbe infatti consentire la verifica della correttezza della gestione e l'effettivo rispetto delle autorizzazioni disposte con il bilancio di previsione. Considera auspicabile che il rendiconto divenga un valido strumento conoscitivo e di supporto alle valutazioni del decisore politico circa l'allocazione a consuntivo delle risorse tra le funzioni assolte dall'intervento pubblico e l'effettivo conseguimento degli obiettivi assegnati a ciascuna amministrazione. Perché questo si verifichi ritiene tuttavia necessario un deciso rafforzamento dell'azione di controllo svolta dal Parlamento e innanzitutto dalle Commissioni. Considera necessario, infatti, sviluppare la capacità di monitorare in profondità l'attuazione finanziaria delle missioni e dei programmi coinvolgendo i responsabili della spesa dei singoli ministeri. Tale attività non potrà essere limitata alle Commissioni Pag. 62bilancio, a suo parere, e dovrebbe giovarsi dell'esercizio della delega prevista dall'articolo 40 della legge n. 196 relativa alla revisione della struttura del bilancio che dovrà intervenire su un'articolazione delle missioni e dei programmi per molti aspetti inadeguata e scarsamente rappresentativa delle effettive linee di azione delle amministrazioni. Ritiene che il Parlamento dovrà in particolare fare in modo che le previste Note integrative a consuntivo che danno conto dell'effettivo conseguimento degli obiettivi assegnati a ciascuna amministrazione in relazione ai programmi gestiti presentino contenuti informativi adeguati e vengano redatti, come evidenziato dallo stesso dottor Mazzotta, utilizzando indicatori di risultato e di impatto e non meri indicatori di tipo finanziario o di realizzazione fisica. Ricorda che il dottor Mazzotta ha, in particolare, richiamato alcuni provvedimenti assunti per fronteggiare il fenomeno dei residui che, come si è visto, rappresenta un perdurante elemento di debolezza del sistema dei conti pubblici. È stato ricordato come, al fine di liquidare i debiti commerciali dello Stato, il decreto-legge n. 1 del 2012 abbia incrementato i fondi per la riassegnazione dei residui passivi perenti per complessivi 2.700 milioni di euro ed abbia inoltre reso possibile emettere a tal fine titoli di Stato per complessivi 2000 milioni di euro. Segnala che, con il rendiconto relativo al 2012, si potranno inoltre apprezzare gli effetti della Circolare della Ragioneria generale dello Stato n. 6 del febbraio 2012 che ha disposto una revisione approfondita dello stock dei residui passivi perenti al fine di cancellare le somme per le quali non dovessero più sussistere i presupposti giuridici per il pagamento. Un ulteriore elemento posto in luce dalla Ragioneria generale dello Stato che ritiene opportuno sottolineare riguarda la tendenza alla concentrazione della spesa. Quattro ministeri assorbono circa l'87 per cento della spesa. Nel dettaglio, il Ministero dell'economia e delle finanze, che gestisce una parte rilevante dei trasferimenti, circa il 50 per cento, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali circa il 18 per cento, il Ministero dell'istruzione circa il 12 per cento e il Ministero dell'interno circa il 6 per cento. Il fenomeno è tra l'altro in crescita. Rileva che dal 2003 sono aumentate le spese del Ministero della giustizia del 28 per cento, del Ministero del lavoro del 25 per cento, del Ministero dell'economia e delle finanze del 20 per cento, e del Ministero dell'interno del 20 per cento. Ciò a motivo soprattutto dell'incremento dei trasferimenti ad altre amministrazioni pubbliche e dell'incremento della spesa per i redditi da lavoro dipendente. Osserva come si siano viceversa ridotte le spese del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 49 per cento, e del Ministero per i beni e le attività culturali del 34 per cento, sui quali incide soprattutto la riduzione delle spese in conto capitale. Anche i Ministeri degli affari esteri e delle politiche agricole, alimentari e forestali registrano una diminuzione della spesa pari a circa il 15 per cento. Questi ultimi dati destano, a suo avviso, preoccupazione non fosse altro che per il forte calo delle spese più orientate allo sviluppo o comunque fondamentali per promuovere le risorse migliori del Paese; si riferisce ai beni culturali, ovvero alla presenza dell'Italia nello scenario internazionale, come nel caso degli affari esteri. Se si guarda al confronto tra le missioni per le annualità 2010 e 2011, osserva come rispetto all'esercizio 2010 lo scorso esercizio si sia registrata una forte contrazione della spesa in settori strategici, quali quelli compresi nella missione Istruzione scolastica, che si riduce del 2,8 per cento rispetto all'esercizio precedente, e quelli della missione Istruzione universitaria, nella quale la riduzione è del 5,5 per cento. Al riguardo, segnala che il parere della VII Commissione pone bene in luce i numerosi tagli alle risorse destinate ai settori dell'istruzione, dell'università, della ricerca e della cultura, sottolineando come essi incidano su settori strategici per la crescita del Paese. Guardando poi le risultanze dell'Ecorendiconto in materia di Ambiente evidenzia in circa 6 miliardi, pari all'1,1 per cento della spesa primaria Pag. 63complessiva del bilancio dello Stato, la spesa destinata, per il 2011, alla protezione dell'ambiente e alla gestione delle risorse naturali. Rispetto al 2010 questa spesa si è ridotta di circa 2,3 miliardi, ovvero di circa il 27 per cento. Sempre in tema di Ambiente, segnala che la Missione «casa e assetto urbanistico» ha registrato, nel corso dell'anno 2011, un ingente e inedito ridimensionamento: rispetto al 2010, vi è una riduzione evidente degli stanziamenti di competenza, da 702 a 302 milioni di euro, che equivale, in percentuale, ad un taglio netto del 61 per cento. Nonostante la Commissione, per le ragioni in precedenza ricordate, abbia scelto di concentrare l'istruttoria sul rendiconto, non ritiene possibile trascurare le informazioni e le indicazioni che derivano dall'esame dell'assestamento di bilancio per il 2012. Le variazioni per atto amministrativo intervenute nel periodo gennaio-maggio derivano dall'applicazione di nuovi provvedimenti legislativi per i quali il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le necessarie variazioni di bilancio ovvero dall'applicazione di procedure previste dalla normativa contabile. Tra le variazioni compensative più significative ricorda i prelievi dai fondi di riserva e, in particolare, dal Fondo per la reiscrizione dei residui passivi perenti, pari a 211 milioni, e dal Fondo di riserva per le autorizzazioni di cassa, pari a 1.986 milioni, l'utilizzo del Fondo per lo sviluppo e la coesione, pari a 1.499 milioni in conto competenza e 2.629 milioni per cassa. Osserva come l'articolo 2 disponga alcune modifiche all'articolo 2 della legge di bilancio per il 2012. In particolare, viene aumentato il limite massimo di emissione di titoli pubblici che passa da 26.500 a 40.000 milioni di euro e il Fondo per la rassegnazione dei residui passivi perenti di parte corrente registra un incremento, passando da 1.200 a 1.300 milioni di euro. Ricorda che il Documento di economia e finanza per il 2012 stima per il 2012 un fabbisogno del settore pubblico pari a 26.262 milioni di euro, inferiore di 35.288 milioni rispetto a quello registrato nel 2011, evidenziando la forte accelerazione impressa al processo di risanamento della finanza pubblica. Al riguardo, perciò, ritiene che sarebbe utile che il Governo chiarisca se l'aumento del limite massimo per l'emissione di titoli pubblici sia da attribuire a motivazioni di carattere esclusivamente tecnico, come si evince dalla Relazione del Governo, o se invece vi siano ragioni o cautele o preoccupazioni legate all'andamento dei nostri titoli pubblici sul mercato finanziario. In materia di flessibilità di bilancio, sottolinea le variazioni compensative tra autorizzazioni legislative di spesa all'interno di singoli programmi da parte de del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'ambiente e del Ministero della salute. Le variazioni compensative tra autorizzazioni legislative di spesa iscritte in diversi programmi di una stessa missione hanno invece in particolare interessato il Ministero della difesa e il Ministero per i beni e le attività culturali, mentre il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è ricorso anche variazioni compensative tra programmi appartenenti a missioni diverse. Osserva come l'analisi dei saldi evidenzi con chiarezza i risultati conseguiti in questi mesi sul piano del consolidamento dei conti pubblici. Le previsioni assestate per il 2012 attestano, rispetto alle previsioni iniziali di bilancio, un miglioramento del saldo netto da finanziare, al netto delle regolazioni debitorie e contabili, di oltre 5.000 milioni di euro, di cui 1.196 derivanti dalla proposta di legge di assestamento. In tal modo il saldo si attesta su un valore positivo di 3.466 milioni di euro, rispetto ad una previsione iniziale di segno negativo, pari a 1.568 milioni di euro. Rileva come il risparmio pubblico, inoltre, registra un miglioramento rispetto alla previsione iniziale, pari a 32.808 milioni di euro, attestandosi su una previsione assestata di 40.231 milioni. Evidenzia come il ricorso al mercato registri invece un peggioramento, passando da – 250.513 a – 260.939 milioni di euro, un valore che va peraltro considerato con grande cautela poiché si tratta di stime prudenziali a fronte di un'instabilità dei mercati che potrebbe Pag. 64condizionare notevolmente i dati di consuntivo. Il disegno di legge di assestamento non considera i possibili effetti finanziari derivanti dai provvedimenti del Trattato cosiddetto fiscal compact e dal Trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità. Con riferimento a quest'ultimo, per il quale la valutazione dell'impatto finanziario appare necessaria, osserva come il Governo abbia tuttavia a suo tempo precisato che le risorse necessarie alle quote di contribuzione sono assicurate dal netto ricavo derivante dall'emissione di titoli di Stato a medio-lungo termine aggiuntive rispetto a quelle previste dai documenti di finanza pubblica. Emissioni, ricorda, che anche a livello dell'Unione europea sono distintamente considerate e valutate con riferimento al livello del debito pubblico. Per quanto riguarda l'esigenza di fronteggiare una maggiore spesa per interessi, rammenta come la Ragioneria generale dello Stato abbia più volte chiarito che la spesa, prudenzialmente stimata in 120 milioni di euro, potrà essere assorbita dagli attuali stanziamenti a legislazione vigente in considerazione del trend dei tassi di interesse. Le stime dei relativi stanziamenti sono state infatti effettuate sulla base di un livello dei tassi di interesse che, nel corso dei primi mesi del 2012, si è rivelato inferiore e consente di realizzare risparmi rispetto alla spesa prevista. Allo stato, la diminuzione della spesa per interessi sul debito pubblico è stimata pari a 2 miliardi di euro. Tra le variazioni di competenza proposte, segnala il buon andamento delle entrate finali che registrano un incremento di 3.122 milioni contribuendo, congiuntamente ad una diminuzione delle spese finali di 1.892 milioni di euro, in misura determinante al miglioramento del saldo netto da finanziare. Ai fini della riduzione della spesa corrente, rileva in misura significativa la riduzione, per un importo di 4.532 milioni, dei trasferimenti dovuti alle amministrazioni locali, compensata solo parzialmente dai maggiori trasferimenti in favore delle regioni, pari a 1.817 milioni di euro. Come evidenziato nella Relazione, sottolinea che tale incremento è essenzialmente relativo alle maggiori risorse da attribuire alla regione Friuli Venezia Giulia e alla regione Sardegna. Per quest'ultima, si afferma nella relazione, al fine di adeguare il regime di compartecipazione erariale della Regione al nuovo ordinamento finanziario e di funzioni attribuite alla regione Sardegna, regime stabilito dalla legge finanziaria 296 del 2006. Al riguardo, chiederebbe al Governo di chiarire se tale incremento si riferisce ad una quota o all'intero pregresso o se invece si configura l'entrata in vigore a regime del nuovo ordinamento finanziario. Osserva che i saldi di cassa denotano andamenti divergenti da quelli di competenza. L'assestamento evidenzia in primo luogo un lieve peggioramento del saldo netto da finanziare che passa da – 68.655, secondo le previsioni iniziali, a – 68. 841 milioni di euro. Registra, invece, un miglioramento il risparmio pubblico, che passa da – 31.001 a – 24. 475 milioni di euro. Il ricorso al mercato evidenzia, al contrario, un peggioramento, passando da – 317.613 a –333.354 milioni di euro, in tal caso in linea con il saldo espresso in termini di competenza. Tra le variazioni proposte, segnala un aumento delle autorizzazioni ai pagamenti finali per complessivi 3.057 milioni di euro, sostanzialmente compensato dall'aumento delle entrate per 2.871 milioni di euro. Evidenzia inoltre una minore dotazione di cassa di natura corrente, pari a 2.774 milioni di euro, e una maggiore dotazione di cassa per le spese in conto capitale, pari a 2.380 milioni di euro. La spesa per interessi si riduce invece di 2.041 milioni di euro. Osserva che, alla fine dell'esercizio 2011, i residui passivi per le spese finali sono risultati pari a 92.964 milioni di euro, di cui 43.099 milioni di residui pregressi e 49.865 milioni di nuova formazione, con un decremento di 15.239 milioni rispetto all'analoga consistenza accertata nel 2010. In realtà, dopo la flessione verificatasi nel 2007 in seguito alla riduzione dei termini per la perenzione amministrativa per le spese in conto capitale, negli anni successivi il trend è ripreso ad aumentare. La riduzione registrata nel 2011 è dovuta Pag. 65essenzialmente alla minore costituzione di residui di nuova formazione, dovuta prevalentemente ad un aumento dei pagamenti in conto competenza. Ritiene invece opportuno segnalare, come attesta la stessa relazione al disegno di legge di rendiconto per il 2011, un rallentamento del processo di smaltimento dei residui pregressi. Con riferimento alla spesa complessiva, l'ammontare dei residui passivi, pari a 93.149 milioni di euro, risulta superiore a quello inizialmente stimato nel bilancio di previsione per il 2011, pari a 51.054 milioni di euro.

  Il sottosegretario Gianfranco POLILLO si riserva di intervenire in sede di replica.

  Renato CAMBURSANO (Misto) osserva preliminarmente come l'attività di controllo esercitata dal Parlamento e, in particolare, dalla Commissione bilancio in sede di esame del rendiconto rappresenti un aspetto essenziale della vita democratica del Paese, dal momento che essa costituisce la sede nella quale si valutano le scelte di rilievo strategico compiute in materia di finanza pubblica. Con particolare riferimento ai provvedimenti in esame, osserva come il rendiconto generale dello Stato per il 2011 presenti dati che, in una certa misura, sono insufficienti a formulare un giudizio compiuto sull'andamento della spesa statale, in quanto – come evidenziato anche nelle relazioni elaborate dalla Corte dei conti e come emerso anche nell'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione – vi sono alcun fenomeni, come quello della crescita dei residui, che tendono a «nascondere la polvere sotto il tappeto», e permangono nei dati di bilancio alcune, preoccupanti, «zone grigie». In questa ottica, ritiene, quindi, necessario che il Parlamento si concentri non solo sulla quantità della spesa, ma anche sulla sua qualità, cooperando e promuovendo l'attività di organizzazione e di ripensamento complessivo dei confini dell'intervento pubblico avviata dall'attuale Esecutivo, che nel medio-lungo periodo dovrebbe compensare e superare gli effetti prociclici prodotti a breve termine. Nel giudicare positivamente i dati di consuntivo relativi alla riduzione dell'indebitamento e all'avanzo primario, che ammonta a circa l'1 per cento del prodotto interno lordo, evidenzia tuttavia come a questi risultati abbia contribuito una forte riduzione della spesa per investimenti, specialmente di quella sostenuta dagli enti territoriali, mentre gli impegni relativi ai consumi intermedi si incrementano di circa l'11 per cento rispetto al 2010, testimoniando il sostanziale fallimento delle politiche incentrate sui tagli lineari della spesa corrente. Segnala, inoltre, come sia preoccupante la crescita della massa dei debiti pregressi, che segnala la necessità di riconsiderare in modo profondo le regole vigenti, laddove favoriscono il perfezionamento di obbligazioni per le quali non è possibile provvedere ai pagamenti, in ragione dei vincoli esistenti per l'utilizzo delle disponibilità di cassa. Ritiene, pertanto, che, specialmente per quanto attiene alla spesa per investimenti, sia quanto mai opportuna una revisione delle regole del patto di stabilità interno, anche se la Corte dei conti nella sua audizione di ieri ha evidenziato come nell'attuale situazione non sussisterebbero molti margini finanziari per una riconsiderazione della normativa vigente. Quanto alle «zone grigie» della gestione del bilancio, ribadisce come persistano gravi problemi connessi alla definizione delle procedure di spesa, che portano alla perenzione dei residui, e alla esternalizzazione dei servizi, materia sulla quale si è peraltro compiuto qualche passo avanti nel corso del 2012. Sul versante delle entrate, osserva in primo luogo che i dati del gettito evidenziano come l'incremento del prelievo fiscale non sempre determina gli effetti attesi in sede di preventivo, sottolineando come anche nel contrasto all'evasione fiscale debbano percorrersi strade più innovative di quelle finora seguite. Giudica, inoltre, preoccupante l'incremento della massa dei residui attivi, segnalando l'opportunità di fissare per tali poste contabili, come anche per i residui passivi, obiettivi maggiormente stringenti. Al riguardo, rileva in particolare l'opportunità di misure volte al contenimento Pag. 66della spesa, a migliorare la qualità della legislazione, semplificando le procedure amministrative e contabili, e a correggere comportamenti gestionali spesso inadeguati. Nel ricordare come nell'audizione di ieri si chiedesse un voto complessivo sul rendiconto, ritiene che siano possibili ancora molti progressi sul piano della trasparenza e della legittimità delle spese, nonché in merito alla creazione e allo smaltimento dei residui.

  Amedeo CICCANTI (UdCpTP), nel richiamare l'intervento del relatore, con riferimento alle cifre riportate, evidenzia come sia da valutare positivamente una più compiuta attuazione della legge di contabilità con riferimento alla predisposizione del rendiconto, sia in riferimento al corredo informativo prodotto, sia in riferimento alla tabella di raccordo tra la gestione finanziaria e quella economica. Dal punto di vista politico, osserva come il 2011 sia stato l'anno di svolta della politica europea, poiché, fino alla prima metà dell'anno, le stesse autorità dell'Unione non avevano correttamente valutato la portata della crisi greca e degli strumenti necessari a risolverla. Evidenzia che, se tale valutazione fosse stata effettuata in precedenza, probabilmente il salvataggio della Grecia sarebbe costato di meno ai contribuenti europei e forse la speculazione finanziaria non avrebbe intaccato anche altri paesi dell'area dell'euro. Rileva che tuttavia, oltre ai richiamati fattori relativi al contesto europeo ed internazionale, la situazione italiana risenta anche di cause interne specifiche. In proposito, ricorda come la politica economica del 2011, anno cui si riferisce il disegno di legge di rendiconto, sia stata fortemente condizionata dall'andamento dei titoli di Stato italiani sul mercato secondario, rispetto agli equivalenti titoli tedeschi. In particolare, ricorda come la manovra adottata con il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, sia stata emanata dal Governo all'indomani di un picco nel differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani ed i corrispondenti titoli tedeschi. All'indomani dell'approvazione della manovra tale differenziale è temporaneamente diminuiti per poi impennarsi all'inizio del mese di agosto, costringendo il Governo ad adottare una nuova manovra con il decreto-legge n. 138 del 2011, che anticipava l'obiettivo del pareggio dal 2014 al 2013. In proposito, osserva come la prima manovra, con una soluzione, dettata a suo avviso da calcolo politico, rinviava agli anni 2013 e 2014 i maggiori interventi, al fine di scaricare sul Governo successivo il peso politico di tali scelte. Ricorda quindi come la situazione sia ulteriormente peggiorata fino al picco nel differenziale di rendimento registratosi nel mese di novembre 2011, con la conseguente caduta del Governo Berlusconi. Ritiene in proposito che la reazione dei mercati sia stata causata dalla scarsa credibilità che quel governo aveva riguardo all'effettiva attuazione dei provvedimenti presi. Sottolinea quindi come con l'entrata in carica del Governo Monti e il decreto-legge n. 201 del 2011 si sia invertita la tendenza ed ora la situazione si stia stabilizzando. Evidenzia come alla base della scarsa credibilità del precedente Governo vi fosse anche la politica di tagli lineari che, non incidendo sui processi di formazione della spesa pubblica, non sono riusciti a centrare l'obiettivo di una riduzione della medesima, ma solo a contrarre la spesa per investimenti, al fine di consentire la costante crescita di quella corrente. Ritiene quindi che la gestione inadeguata del Governo allora in carica sia alla base delle odierne difficoltà del Paese.

  Rolando NANNICINI (PD), nel formulare una riflessione generale sui disegni di legge relativi al rendiconto e all'assestamento, osserva come nel dibattito pubblico sui temi di economia e di finanza pubblica venga sostanzialmente trascurato e, in parte, confutato il lavoro svolto in questi mesi dal Parlamento e dal Governo, disconoscendo il valore del cambiamento intervenuto nei rapporti in sede europea e in quelli con i cittadini e le imprese. Rileva, ad esempio, che nel dibattito pubblico vi è un eccesso di attenzione per l'andamento del differenziale di rendimento Pag. 67dei titoli di Stato decennali italiani rispetto a quelli tedeschi, mentre si trascura la circostanza che si è realizzato un drastico calo dei rendimenti dei titoli di Stato a un anno, per i quali gli interessi – contrariamente a quanto avviene comunemente – erano superiori a quelli per i titoli a medio e lungo termine, a testimonianza delle preoccupazioni che si nutrivano per il futuro immediato del Paese. Per quanto attiene agli andamenti di spesa, rileva in primo luogo la crescente incidenza di quella destinata al servizio del debito pubblico e di quella previdenziale, i cui andamenti giustificano pienamente l'intervento realizzato dall'attuale Esecutivo, che pure ha commesso alcuni errori nella definizione della normativa, come quelli relativi ai lavoratori «esodati. Ritiene, pertanto, sorprendente che il tema previdenziale venga messo in discussione nella campagna elettorale che va profilandosi, considerando il peso della spesa previdenziale sul totale della spesa delle pubbliche amministrazioni. In questa ottica, a suo avviso, dovrebbero considerarsi con prudenza anche i dati forniti da Confcommercio, che ha parlato di una pressione fiscale del 55 per cento, non tenendo conto delle peculiarità del prelievo contributivo e degli accantonamenti per il trattamento di fine rapporto. Sul piano della finanza pubblica, ritiene assolutamente imprescindibile una riflessione sul criterio di competenza misto utilizzato per il patto di stabilità interno a livello regionale, osservando come le Regioni abbiano realizzato riduzioni di spesa fortemente incentrate sul versante degli investimenti, mentre lo Stato e gli enti locali hanno proceduto ad una sensibile riduzione delle spese di personale. A suo avviso, è necessario che ci sia una chiara individuazione delle responsabilità di bilancio, superando le difformità esistenti nelle gestioni di competenza e di cassa, che costituiscono un elemento che limita in modo consistente la trasparenza e la comprensibilità dei bilanci pubblici. Conclusivamente, nel rivendicare la bontà di alcune riforme realizzate dal Governo, segnala come si possa fare di più specialmente per quanto attiene all'incentivazione dell'attività economica e alla detassazione degli investimenti produttivi, ritenendo che in questo campo il proprio partito possa fornire un contributo essenziale.

  Claudio D'AMICO (LNP) sottolinea preliminarmente come il cambiamento di Governo abbia bloccato l'avanzamento di alcune riforme, come il federalismo fiscale, che, se attuate compiutamente, avrebbero consentito la realizzazione di importanti miglioramenti nella finanza pubblica. Osserva che ciò è dimostrato dai risultati negativi conseguiti dal Governo in carica, che hanno portato lo stesso Presidente del Consiglio ad ammettere la responsabilità dell'aggravarsi dell'attuale recessione a scelte effettuate dal suo Governo. Ritiene che il Governo abbia adottato ricette sbagliate fin dal suo insediamento e non abbia risolto i problemi del Paese. Con riferimento al patto di stabilità, osserva che il medesimo presenta sicuramente delle storture che dovrebbero, a suo avviso, essere corrette. In proposito, richiama la situazione del comune nel quale presta il suo servizio come sindaco, ove non è stata possibile la realizzazione di un'opera pubblica malgrado la concessione di un contributo statale, in quanto, essendo stato il medesimo erogato nella seconda parte dell'anno, non si è potuto nel medesimo esercizio finanziario procedere al materiale pagamento dell'opera, all'esito delle previste procedure di assegnazione. Sottolinea come sia paradossale che un contributo erogato per la realizzazione di un'opera pubblica non possa essere materialmente speso per la realizzazione della medesima, in caso di superamento dell'esercizio finanziario, pena la violazione del patto di stabilità. Evidenzia come in tale modo lo Stato, attraverso l'obbligo di versamento sul conto unico di tesoreria, surrettiziamente riprende somme che sono destinate alla realizzazione di opere necessarie per i cittadini. Rileva come la mancata introduzione dei costi standard comporti per i comuni virtuosi l'impossibilità di effettuare le proprie spese di investimento sulla Pag. 68base delle regole del patto di stabilità interno, che, di fatto, consente ai comuni non virtuosi di perpetuare i propri sprechi in danno di quelli virtuosi. Ritiene che tale sia ad esempio la situazione del comune di Taranto, che è oggetto di specifiche disposizioni del decreto-legge n. 129 del 2012, attualmente all'esame della Camera. In proposito, ritiene che il finanziamento di 870 milioni erogato corrisponde ad una vecchia logica assistenziale e consentirà all'attuale amministrazione di fare campagna elettorale. Invita quindi il Governo a considerare una revisione delle norme del patto di stabilità interno.

  Maino MARCHI (PD) dichiara preliminarmente di condividere le analisi del relatore, che ha colto molti degli spunti emersi nell'ambito dell'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione, segnalando tuttavia la necessità di valorizzare nel dibattito anche le indicazioni che vengono dalle relazioni trasmesse dalle Commissioni di settore, che contengono spunti di grande rilievo. Quanto al disegno di legge relativo al rendiconto, osserva in primo luogo come esso si riferisca ad un esercizio nel quale le attività di gestione sono riferibili per quasi undici mesi al precedente Esecutivo, sottolineando tuttavia che una parte politica che sostiene l'Esecutivo non possa non considerare l'esigenza di assicurare una corretta funzionalità della gestione finanziaria del Paese. In questo quadro, osserva che il quadro nel complesso positivo dei dati contenuti nel rendiconto contrasta con affermazioni particolarmente critiche degli osservatori, ricordando come Alberto Zanardi nel suo rapporto sulla finanza pubblica italiana, qualifichi l'esercizio 2011 come un annus horribilis, nel quale si è avuta la netta sensazione di essere stati vicini al punto del non ritorno. Pur sottolineando il ruolo dei fattori esogeni sulle difficoltà della finanza pubblica italiana, osserva tuttavia come ad essi si è associata anche la scarsa credibilità di alcuni elementi contenuti nelle manovre finanziarie realizzate nel 2011, in cui molta parte delle entrate era rimessa a future e non meglio precisate riduzioni delle spese assistenziali e delle agevolazioni fiscali. A tali carenze ha posto rimedio la manovra realizzata con il decreto-legge n. 201 del 2011, che ha dato certezza alle entrate, prevedendo come clausola di salvaguardia un incremento dell'IVA che il governo si è impegnato ad evitare e che, allo stato, non avrà luogo fino al luglio 2013, grazie ai risparmi conseguiti con il decreto-legge relativo alla revisione della spesa pubblica. Per quanto attiene agli andamenti economici, osserva che la recessione era già stata prevista nel 2011 e che già il decreto-legge n. 201 del 2011 scontava un quadro macroeconomico peggiore di quello contenuto nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, anche in considerazione del rallentamento della crescita a livello internazionale. Osserva, peraltro, che in questo contesto il decreto-legge n. 201 del 2011 avviava un processo volto a promuovere la crescita attraverso opportuni incentivi fiscali e introduceva elementi di prelievo sui patrimoni. Ritiene, tuttavia, che il Governo potrebbe agire con più decisione sulla strada del sostegno alla crescita economica, rivedendo altresì le tendenze, che emergono anche dai disegni di legge in discussione, alla decrescita della spesa per la cultura, l'istruzione e la ricerca. Quanto ai rapporti tra Stato ed enti territoriali, osserva che già in sede di attuazione della legge n. 42 del 2009 si è realizzato un sostanziale disconoscimento dei principi del federalismo fiscale, in quanto si è omesso di disciplinare i livelli essenziali delle prestazioni e di distinguere tra i costi e i fabbisogni standard, ai quali si sono sommati gli effetti dei ripetuti tagli operati nell'ambito delle diverse manovre. Ritiene, inoltre, che si debba perseguire con forza una riduzione del carico fiscale sul lavoro, sulle imprese e sui redditi più bassi, dando soluzione anche al problema dei lavoratori «esodati». Da ultimo, ritiene che l'eco-rendiconto allegato al disegno di legge di rendiconto sia nel complesso insoddisfacente, in quanto tende a confondere le spese del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con la spesa per interventi in materia Pag. 69ambientale, segnalando l'opportunità di avviare l'esame, più volte sollecitato, della proposta C. 2025, di cui è primo firmatario, volta ad istituire un sistema integrato di contabilità ambientale, esteso anche agli enti locali.

  Giuseppe Francesco Maria MARINELLO, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia lo svolgimento delle repliche del relatore e del Governo e il seguito dell'esame dei provvedimenti alla seduta di domani. Segnala quindi che sono stati presentati 13 emendamenti riferiti al disegno di legge di assestamento (vedi Allegato). Quanto all'ammissibilità di tali proposte emendative, ricorda in via generale che il disegno di legge di assestamento incontra limiti corrispondenti a quelli previsti per il disegno di legge di bilancio. In particolare, rileva che, ai sensi dell'articolo 33, comma 3, della legge n. 196 del 2009, nell'ambito del disegno di legge di assestamento è possibile rimodulare in via compensativa, oltre alle spese di adeguamento al fabbisogno, anche gli stanziamenti relativi a spese rimodulabili determinati da disposizioni legislative sostanziali, purché la variazione avvenga tra programmi della stessa missione. Ricorda che, in deroga alla predetta disposizione, l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010 ha previsto, limitatamente agli anni 2011, 2012 e 2013, nel rispetto dell'invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica, si consente, per motivate esigenze, la rimodulazione delle dotazioni finanziarie riferite ai fattori legislativi. Alla luce dei criteri sopra richiamati, fa presente che devono pertanto considerarsi ammissibili tutti gli emendamenti presentati. Avverte che sono stati, inoltre, presentati 3 emendamenti a prima firma dell'onorevole Burtone che non possono tuttavia essere considerati ricevibili in quanto recano modifiche a capitoli di bilancio, che non costituiscono unità di voto. Le suddette proposte emendative sono anche prive della relativa copertura.

Sui lavori della Commissione.

  Giuseppe Francesco Maria MARINELLO, presidente, fa presente che il rappresentante del Governo ha comunicato di non disporre dei necessari elementi istruttori per la trattazione degli ulteriori punti all'ordine del giorno che si intendono pertanto rinviati ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.25.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE CONSULTIVA

Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992.
Nuovo testo C. 5118 Governo e abb.
(Parere alla III Commissione).

Disposizioni per l'organizzazione e il funzionamento del Museo nazionale dell'emigrazione italiana.
Testo unificato C. 4698 e abb.
(Parere alla VII Commissione).

Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
Nuovo testo unificato C. 4662 e abb.
(Parere alla IX Commissione).

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante riorganizzazione dell'Associazione italiana della Croce rossa.
Atto n. 491.
(Rilievi alla XII Commissione).

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