CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 18 luglio 2012
685.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Mercoledì 18 luglio 2012. — Presidenza del presidente Stefano STEFANI. — Interviene il Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi, e il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Marta Dassù.

  La seduta comincia alle 10.30.

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Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, fatta a Bruxelles il 25 marzo 2011.
C. 5357 Governo, approvato dal Senato.

Ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012.
C. 5358 Governo, approvato dal Senato.

Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012.
C. 5359 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito esame congiunto e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti in titolo, iniziato nella seduta di ieri.

  Stefano STEFANI, presidente, ricorda che, a seguito delle intese intervenute tra i gruppi, la discussione generale in Assemblea dei disegni di legge in titolo avrà luogo oggi pomeriggio. Ringraziando per la loro rinnovata presenza i rappresentanti del Governo, il ministro Moavero Milanesi e il sottosegretario Dassù, segnala che il Ministro dell'economia e delle finanze ha appena svolto un'audizione sui recenti sviluppi nell'ambito dell'eurozona davanti alle Commissioni Affari esteri, Bilancio e Politiche dell'Unione europea.

  Mario BARBI (PD) sottolinea che il Parlamento italiano si accinge a ratificare provvedimenti che impegnano l'Italia per decenni e che incidono di fatto in modo profondo sul nostro assetto costituzionale. Il Parlamento procede in modo inadeguato all'importanza dei temi, in modo frettoloso e nel segno dell'emergenza – come accade da troppo tempo – per dare «un» segnale di affidabilità che il nostro governo possa spendere in Europa. Esprime preoccupazione per questo iter di ratifica accelerata e per profili di merito connessi agli effetti di questi provvedimenti. Nel preannuncia che il suo voto non potrà, conseguentemente, essere un sì convinto, ma condizionato, procede ad illustrarne le ragioni.
  Osserva che si è detto che l'Europa nella crisi si sta muovendo nella direzione giusta e che questo è condivisibile. È l'andatura, lenta e barcollante, a non essere adeguata.
  Riconosce volentieri al Governo di operare nella convinzione di servire l'interesse del Paese e dell'Europa e anche di avere, da ultimo, nell'ultimo Consiglio europeo, puntato i piedi sullo spread. Ritiene, tuttavia, che ciò non sia sufficiente poiché non è sufficiente dire, come ha fatto poc'anzi in audizione il ministro Grilli, che dopo la crisi riconosceremo i progressi fatti. A suo avviso, i problemi esistono perché c’è la crisi e se non li avessimo forse non staremmo affrontando una crisi. Rivolgendosi al collega relatore Tempestini, sottolinea di concordare con la sua analisi relativa all'esaurimento di una fase funzionalista di costruzione dell'Europa e all'avvio di una nuova fase dall'esito aperto. Osserva che è di questo esito che si dovrebbe parlare.
  Sottolinea il proprio europeismo e favore per la moneta unica. Si deve, tuttavia, riconoscere che una moneta comune senza uno Stato è fragile e alla lunga insostenibile, così come sono fragili e vulnerabili Stati senza moneta. Questa però è la situazione dell'Europa. E senza un atto di volontà politica costituente che richieda il pronunciamento dei popoli non se ne esce.
  Ritiene che la domanda se Fiscal Compact e MES siano la risposta o se pongano almeno rimedio ai difetti, ormai quasi universalmente riconosciuti, di base dell'euro. La risposta non è univoca perché, se la direzione intrapresa di riforma dell'UE è corretta, il traguardo sembra allontanarsi nonostante i progressi per l'acuirsi della crisi.
  A suo giudizio, il Fiscal Compact pone in particolare problemi molto seri sia per l'Europa che per l'Italia: è necessaria l'Unione fiscale e invece si persevera nell'errore di considerare il Patto di stabilità come la soluzione e non come il problema. Pag. 91Ricorda che il Patto doveva produrre convergenza ed ha invece assecondato la divergenza nei conti pubblici e lo sviluppo di squilibri macroeconomici. Si pensi ai surplus e deficit commerciali, ai differenziali di produttività e di inflazione tra vari Paesi, aspetti che non sono stati considerati nell'audizione del ministro Grilli che ha, invece, trattato solo di finanza pubblica.
  Rileva che si è argomentato che il Patto di stabilità non ha funzionato perché è rigido e quindi stupido. A suo avviso tale strumento non diventa «intelligente» rendendolo ancora più rigido, come fa il Fiscal Compact. Questo è un punto cruciale: bisognava passare dal coordinamento delle politiche all'Unione politica dell'Europea e invece si è rafforzata la dimensione del coordinamento. L'Unione fiscale significherebbe conferire a un'autorità europea poteri effettivi di bilancio, cioè attribuirle la facoltà di imporre tasse e di fare debiti.
  Quanto all'aggravarsi del deficit democratico dell'Unione europea, segnala che il rappresentante del Governo ha opportunamente sottolineato che il fiscal compact non aggiunge molto al six-pack. Effettivamente i vincoli principali erano già contenuti nei regolamenti europei del six pack, fatti propri dal precedente Governo e del tutto sottovalutati dal Parlamento e dalle forze politiche. In quel passaggio tutti hanno preso troppo alla leggera il vincolo che veniva accettato. Il Fiscal Compact rende tuttavia quei vincoli ancora più stringenti e li colloca in una cornice intergovernativa che comincia ad esser operante con la ratifica da parte di 12 Paesi dell'area dell'euro.
  Ribadisce che a questo punto si pone un problema democratico: il nostro Parlamento si spoglia di prerogative essenziali in materia fiscale e di bilancio, demandando ad organismi europei senza una paragonabile legittimazione democratica fondamentali poteri di indirizzo e di controllo. Lo si fa tutto sommato a cuor leggero mentre altri Parlamenti difendono con forza le proprie prerogative, ad esempio il Bundestag, anche con lo scudo di inappellabili verdetti della Corte costituzionale.
  A conferma di ciò, mentre si procede alla ratifica frettolosa di MES e Fiscal Compact non si sa se e a quali condizioni la Corte costituzionale tedesca, che si pronuncerà solo il 12 settembre, darà il via libera a una decisione che il Bundestag pure ha adottato con una maggioranza superiore ai due terzi.
  A suo avviso, la vicenda costituzionale tedesca richiederebbe approfondimenti e si limita a ricordare che nel 2009 e poi in diverse altre pronunce i giudici di Karlsruhe hanno detto che la Germania non potrà cedere poteri sovrani in tema fiscale e di bilancio a nessuna entità europea perché il potere di cedere tali prerogative è nella disponibilità unica del popolo tedesco e nemmeno della sua rappresentanza democratica. Giusto o sbagliato che sia, questo è l'orientamento di Karlsruhe per cui gli preme ricordare che la sentenza del 2009, che mette un limite all'evoluzione funzionale dell'integrazione, segue la bocciatura del Trattato costituzionale europeo da parte del popolo francese.
  Ritiene che senza un referendum in Germania, e non solo in quel Paese, che si pronunci sul futuro dell'Europa non si uscirà dall'attuale «camicia di forza», fatta di «solidarietà e controlli», come ha detto la Cancelliera Merkel, una solidarietà che non consente automatismi e non aiuta la flessibilità.
  Alla luce dei tempi di cui la Germania ha deciso di disporre per valutare l'opportunità di un percorso che riguarda più Paesi, ritiene opportuno porre il quesito se la nostra Costituzione sia meno democratica di quella tedesca. Indubbiamente il nostro Paese deve fare i «compiti a casa» che sono stati assegnati non senza valutare se si tratta di quelli giusti. L'impegno assunto per la riduzione del debito di 3 punti di PIL all'anno per i prossimi venti anni è, a suo parere, insieme troppo gravoso e poco efficace: troppo gravoso, perché prelude ad almeno un decennio di stagnazione ed impoverimento, e poco efficace perché la gradualità dell'esercizio, Pag. 92se si riuscirà a realizzarlo con pareggio di bilancio, ingenti avanzi primari e una indispensabile quanto al momento chimerica crescita e anche con il di più di alienazioni di patrimonio pubblico, ci farà uscire dalla cura stremati e indeboliti in modo forse irreparabile rispetto a partner e concorrenti. I «compiti a casa» avrebbero dovuto consistere in un pacchetto di misure straordinarie per la riduzione dello stock del debito e di misure di riduzione della tassazione ordinaria. Questa sarebbe stata un'agenda su cui chiedere il pronunciamento degli italiani alle prossime elezioni.
  Esprime preoccupazione anche per gli effetti politici interni, in considerazione dell'ipoteca posta sul futuro, ancorché accesa con le migliori intenzioni, di evitare traumi e perseguire soluzioni graduali a problemi di stock del debito. Tale ipoteca potrà avere effetti politici imprevedibili aprendo inedite divisioni interne che potrebbero preludere a scenari di tipo greco con un paese diviso tra sostenitori del vincolo esterno, ritenuto virtuoso, e avversari del vincolo esterno, considerato «matrigno».
  Comprende che questi rilievi critici sarebbero ragione sufficiente per negare il consenso alla ratifica dei provvedimenti in titolo se non fosse che un voto contrario sarebbe interpretato in modo opposto alle ragioni che lo motiveranno, che non sono ragioni contro l'Europa ma per un salto di qualità politico dell'Europa. Un salto di qualità che non potrà venire che da un coinvolgimento dei popoli in modo simultaneo. Preannuncia, quindi, il proprio voto a favore perché un voto contrario potrebbe essere confuso, a livello europeo, con le tendenze euroscettiche proprie di coloro che sono ostili a una maggiore integrazione e, sul piano interno, potrebbe alimentare l'illusione che vi sia una strada facile e a costo zero per il risanamento e la soluzione dei problemi strutturali del paese.
  Ribadisce le riserve formulate nella consapevolezza che, senza un salto di qualità nazionale nel modo di affrontare la questione della riduzione del debito e senza un salto di qualità della costruzione europea sul piano della solidarietà e della legittimità democratica dei suoi organi, cioè sul piano dell'unione politica, gli strumenti da ratificare si riveleranno non solo insufficienti ma anche tali da rischiare di produrre effetti opposti a quelli desiderati.

  Stefano ALLASIA (LNP) richiama l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, professor Grilli, svolta nella prima mattina di oggi, per sottolineare che da questa importante occasione non sono emersi elementi convincenti ai fini di una deliberazione sui provvedimenti in titolo. Sottolinea che dal presente dibattito non sono mai emersi argomenti a sostegno dei Trattati in esame, corroborando l'opinione dissenziente del suo gruppo. Sottolinea che il gruppo della Lega Nord Padania, pur votando contro la ratifica dei Trattati, ritiene proficuo un confronto parlamentare su tali temi alla luce dei radicali mutamenti che essi produrranno sull'assetto economico profondo del nostro Paese per i prossimi due decenni. Nel fare presente le risposte evasive fornite dal ministro Grilli sul reperimento delle risorse con cui annualmente si conta di abbattere il debito pubblico, sottolinea che la sua regione di provenienza, il Piemonte, può contare su un assetto finanziario migliore di quello di altre regioni italiane, anche in ragione dell'impegno e della buona gestione dei fondi impiegati nella realizzazione di importanti infrastrutture. Richiama quindi la vocazione dell'Italia alle esportazioni delle merci e la sua capacità di adeguarsi in modo flessibile ai mercati internazionali ed esprime rammarico per la linea della maggioranza parlamentare che sostiene l'attuale Governo tecnico rispetto a scelte che danneggiano l'economia del nostro Paese e che si scaricheranno sui cittadini. Sottolinea che il record di debito pubblico che caratterizza l'Italia è frutto di scelte passate, condivise dalle diverse forze politiche e che hanno comportato un indebitamento pubblico a fronte di un moderato indebitamento privato. Le misure da approvare sono finalizzate ad impoverire i cittadini risparmiatori, che, Pag. 93malgrado gli sforzi, assistono impotenti all'inesorabile peggioramento nell'andamento dello spread nonostante il cambio nella leadership di Governo.
  Sottolinea quindi che la moneta unica ha deluso le aspettative e manca da parte di Bruxelles ogni chiarimento in ordine alla capacità competitiva dell'Europa in ambito internazionale. A queste condizioni si rischia di compromettere per il futuro la stessa tenuta degli Stati nazionali con conseguenze drammatiche per i popoli europei.
  Alla luce di tali riflessioni, preannuncia analoghe considerazioni per il proseguo delle fasi di esame presso l'Assemblea, in cui non mancherà di stigmatizzare i ristretti tempi di esame dei provvedimenti, nonché i temi del deficit democratico, della scarsa trasparenza del processo in atto e della necessità che il Governo si assuma la responsabilità di informare i cittadini in ordine all'andamento dell'economia del Paese.

  Roberto ANTONIONE (Misto-LI-PLI) nel ringraziare i relatori e i rappresentanti del Governo, preannuncia il proprio voto favorevole sui provvedimenti in titolo ritenendo opportuno cogliere questa occasione per fare il punto sulla fase epocale che l'Europa sta attraversando. Sottolinea innanzitutto il proprio convinto europeismo e la legittimità di ogni riflessione sulla scelta relativa alla moneta unica, su cui il collega La Malfa ha espresso ieri non poche perplessità. A suo avviso, il giudizio sull'euro non può che essere convintamente positivo e sottolinea la necessità che prosegua il processo di costruzione di un'Europa politica su base federale. Osserva che si sconta adesso il difetto di non avere portato a compimento il progetto di una moneta unica nel quadro di un'Unione politica. L'attuale debolezza economica dell'eurozona ci rende incapaci di fare fronte alla pressione speculativa ed è questa specifica ragione che occorre sostenere affinché il processo di un'Europa politica riparta.
  Quanto ai provvedimenti in esame, che dovrebbero contemplare i tre aspetti del rigore, della stabilizzazione e della crescita, essi sono del tutto carenti su quest'ultimo versante e, malgrado i passi avanti compiuti a Bruxelles a fine giugno, l'evoluzione della situazione in Germania rimette tutto in discussione.
  Pone, quindi, la questione di fondo del deficit di solidarietà, che è aspetto essenziale per il superamento della crisi. Ritiene inaccettabile l'approccio semplificatorio e demagogico di chi illude l'opinione pubblica sulla possibilità di abbandonare l'Unione europea, come avviene anche su taluni organi di informazione tedeschi che ascrivono all'Italia il volersi salvare con i soldi dei contribuenti tedeschi. Occorre agire subito per incidere su queste mistificazioni della realtà andando oltre, ad esempio, i soli dati comparati tra Italia e Germania relativi all'indebitamento netto pro-capite senza tenere conto contestualmente della stessa comparazione quanto a patrimonio netto pro-capite, il cui rapporto è favorevole all'Italia.
  Ritiene che l'Italia pecchi semmai di eccesso di zelo dovuto ad un certo senso di inferiorità rispetto ai partner europei, che ci induce ad assumere in modo frettoloso le decisioni nell'assenza di una piena consapevolezza circa il ruolo e il valore del nostro Paese.
  Alla luce di queste considerazioni, auspica che il Governo italiano voglia promuovere un'iniziativa politica con i Paesi dell'area dell'euro che condividono la nostra situazione alla luce del surplus che un Paese come la Germania ha maturato in tredici anni di moneta unica grazie al mercato unico e a scapito di altri Paesi membri. L'idea di un'Unione europea che porti vantaggi e guadagni ad una rosa ristretti di Stati membri non corrisponde al progetto europeo delle origini, quello cui il nostro Paese ha contribuito e in cui ha creduto. Si augura la ripresa di una fase costituente, in analogia con la stagione della Conferenza intergovernativa inaugurata nel 2002 che naufragò per responsabilità di Paesi che oggi si collocano nella rosa dei Paesi beneficiati dall'UE. Allora i referendum che bocciarono il Trattato costituzionale furono condizionati Pag. 94da paure e logiche nazionali di stampo elettoralistico, né furono supportati da un'adeguata informazione dei cittadini sui contenuti di quel testo.
  A questo punto, ritiene che l'alternativa si ponga tra una forte iniziativa governativa, come sopra accennato, o il subire in modo succube l'iniquità del processo in atto.

  Guglielmo PICCHI (PdL) ritiene che sussista un'asimmetria informativa tra quanto avviene in Parlamento e quanto è noto all'opinione pubblica. Sottolinea l'assenza in Italia di un dibattito sui provvedimenti che sono oggetto di esame a fronte dell'enorme ipoteca sul futuro che si sta accendendo e da cui deriva un forte disagio per la politica. Rileva un'ulteriore asimmetria tra il dinamismo dei mercati, la rapidità con cui si devono compiere i sacrifici necessari a fare fronte alla crisi e la lentezza decisionale di istituzioni europee fondate nei primi decenni del secondo dopoguerra. Rileva poi, quanto ai tempi di risposta, la discrasia tra la linea tedesca e quella italiana.
  Quanto al disegno di legge relativo al MES, mette in evidenza che per risolvere una crisi di tipo finanziario si ricorre ad uno strumento meramente finanziario, che rappresenta una sorta di eurobond sintetico inadeguato rispetto al nostro livello di indebitamento. Ritiene che sia una finzione il fatto che le quote versate al nuovo Meccanismo di stabilità finanziaria non si traducano in ulteriore indebitamento, considerato che tali risorse dovranno pur essere reperite ed evidenzia l'assenza di una volontà politica determinata rispetto a soluzioni come l'alienazione di quote del patrimonio immobiliare dello Stato, da cui peraltro non deriva il ripiano del debito ma il solo finanziamento del deficit.
  Sottolinea la necessità di considerare il MES come uno strumento temporaneo, la cui adozione deve essere accompagnata da un'adeguata informazione dei cittadini, ad esempio sul superamento di taluni tabù, come la questione dei diritti acquisiti. Anche il percorso di ripiano del debito, delineato nel Fiscal Compact, prospetta tempi difficili e non deve essere data per scontata la volontà dei cittadini di collaborare.
  Alla luce di quanto argomentato, preannuncia il voto favorevole sui provvedimenti in titolo con l'auspicio che si intraprendano iniziative nei confronti dell'opinione pubblica e la politica si assuma le proprie responsabilità nei confronti dei cittadini al fine di scongiurare il prodursi in futuro di effetti disgreganti e, in ultima analisi, distruttivi.

  Furio COLOMBO (PD) richiama l'attenzione del ministro Moavero Milanesi e del sottosegretario Dassù sull'umore profondamente allarmato e disorientato che domina questo dibattito, che in nessun modo può essere considerato una mera conversazione e che invece individua argomentazioni precise, di cui i due rappresentanti del Governo devono rendersi portavoce. Concordando con le analisi tracciate dai colleghi Barbi e Antonione, sottolinea la difficoltà dei parlamentari di ottemperare alle richieste del Governo circa il percorso di ratifica e i suoi tempi nella totale assenza di una cornice di riferimento. Ritiene, non per mero patriottismo ma per ragioni oggettive, che l'Italia, che pur sta compiendo uno sforzo straordinario e meritevole fatto di severi «compiti a casa», versa in una condizione umiliante in quanto al centro di arbitrari e inaccettabili attacchi da parte degli organi di informazione stranieri, con eccezioni nella stampa statunitense, che rischiano di ripercuotersi sull'opinione pubblica italiana in chiave depressiva. Ritiene che, considerata la difficoltà di recuperare la condizione di depressione collettiva che rischia di abbattersi sul nostro Paese, occorre che il Governo individui dei traguardi intermedi in questo quadro del tutto indefinito, che possano fare da argine al senso di smarrimento e di insicurezza dei cittadini. A tal proposito, lamenta i toni usati dal Ministro della difesa in un'intervista apparsa oggi sul Corriere della Sera, in cui rimprovera al Parlamento quasi l'avere osato dubitare sull'opportunità di investire denaro pubblico nell'acquisto di F-35 o in costose Pag. 95commesse a Finmeccanica in luogo di ospedali e di servizi essenziali per i cittadini.
  Ribadisce che il Paese è toccato da misure di inedita austerità intraprese da un presidente del Consiglio dei ministri molto avveduto ma che dovrebbe vedere nel Parlamento il miglior alleato e non un muto intermediario cui si chiede di rassicurare e di infondere fiducia ai cittadini. È del tutto carente nella strategia del Governo una linea comunicativa adeguata al momento e regna un clima di insoddisfazione e umiliazione che non è utile, in ultima analisi, all'obiettivo di fuoriuscita dalla crisi.

  Enrico PIANETTA (PdL), relatore per i disegni di legge n. 5357 e n. 5359, interviene in sede di replica in ragione delle numerose perplessità sollevate dai colleghi e che investono due aspetti: la costruzione dell'Europa del futuro e l'impatto dei provvedimenti in titolo. Si associa all'analisi condotta dal collega Antonione rammentando che la stessa nozione di una Costituzione per l'Europa andò incontro a bocciatura, come pure l'istituzione di un ministro degli esteri dell'Unione europea. È tuttavia possibile, a suo avviso, continuare a coltivare speranze per la costruzione di un'Unione politica.
  Quanto ai Trattati in esame, richiama i dubbi da lui sollevati sulla capienza del MES, sulla corretta quantificazione degli interessi e la carente democraticità degli organi decisionali preposti a decidere sull'impiego degli strumenti adottati. È doveroso ben valutare tali profili come pure avere consapevolezza del fatto che il Parlamento con il Fiscal Compact dà il proprio assenso allo spogliarsi di prerogative e poteri. Si tratta di un passaggio cruciale sul piano politico, se non di quello costituzionale, alla luce dell'intuizione dei padri costituenti che vollero inserire nella nostra Carta l'articolo 11. Indubbiamente, è necessaria una maggiore determinazione a coinvolgere i cittadini e ad informarli sul percorso che li attende e per queste ragioni il dibattito deve proseguire anche oltre l’iter parlamentare di ratifica. A tal proposito, ribadisce l'asimmetria tra i tempi di cui ha potuto disporre il Senato, a differenza della Camera, a fronte del valore storico dei provvedimenti in discussione.
  Concorda infine sul giudizio di chi ravvisa nel comportamento dell'Italia un atteggiamento a tratti provinciale e a tratti zelante, tuttavia ritiene che nell'attuale contesto non vi siano strade alternative ad una sollecita collaborazione con il Governo a sostegno dell'interesse del Paese.

  Francesco TEMPESTINI (PD), relatore per il disegno di legge n. 5358, nel richiamare l'intervento di ieri, condivide l'opinione di chi vede nell'Unione europea il «campo di Agramante» insicuro per i cittadini. Ribadisce che l'Italia ha finora vissuto la propria partecipazione all'Unione europea in termini assai retorici e che, da quando tale partecipazione è foriera di problemi, la classe dirigente europeista del nostro Paese si è alquanto defilata. Sottolinea la complessità e farraginosità del progetto europeo che ha potuto procedere senza intoppi fino all'allargamento.
  Sottolinea che la situazione contingente dell'Italia è essenzialmente dovuta all'avere sperperato il dividendo dell'euro, a differenza della Germania. Di conseguenza, l'UE ha trovato in Berlino una leadership diversa da quella prefigurata. Se finora è, dunque, mancato il progetto federalista, occorre fare un salto di qualità sul versante dell'integrazione. Tale capacità è al momento sub iudice per le troppe variabili coinvolte a partire dal nuovo clima diffuso in Germania, dove l'europeismo classico di un ministro come Schäuble è sostituito da un europeismo fondato sul lucro e sulla visione limitata dell'Unione doganale, una sorta di Zollverein.
  In questi ultimi dieci anni si è dunque, a suo avviso, persa un'occasione per fondare il progetto europeo su basi sicure. A questo punto, l'unica scelta da compiere riguarda l'approvazione del Fiscal Compact e del MES. Rivolgendosi al collega Evangelisti, nel contestare di avere voluto dare una rappresentazione ottimistica dei Pag. 96contenuti dei provvedimenti, conferma il giudizio positivo sugli esiti del Consiglio europeo di fine giugno che ha introdotto temi inediti relativi alla costruzione di un'Unione bancaria, fiscale e politica. Se è vero che il percorso si è gravemente complicato, è anche vero che non è più possibile chiamarsi fuori. Occorre tenere conto di alcuni elementi oggettivi a partire dall'incompiutezza del progetto europeo e della diversa opinione pubblica, che non coglie più l'UE come un valore aggiunto. Se l'UE è una realtà prevalentemente tecnocratica, questo accade per precise responsabilità di chi ha voluto imporre una visione nazionale e una dimensione essenzialmente intergovernativa. Altro elemento incontestabile è che non è possibile uscire dall'euro. Come ha evidenziato Vincenzo Visco in un recente articolo, il presidente Monti sta guidando il Paese in modo egregio nella consapevolezza che la battaglia da condurre non è di tipo mediatico ma è di sostanza, basata su una linearità e costanza di comportamenti fattuali virtuosi.
  Osserva inoltre che il nodo italiano non è rappresentato dagli effetti di politiche liberistiche ma di una tendenza di lungo periodo e assai risalente di accrescere la ricchezza privata a scapito di quella pubblica, che deve essere davvero interrotta se si vuole uscire dalla crisi. Basti considerare quanto emerge in questi giorni circa lo stato dei conti della Regione Sicilia, in cui il grave indebitamento non è nemmeno stato causato da politiche rivolte ai cittadini, a differenza di quanto ad esempio accaduto nella Catalogna spagnola. A suo avviso, sono questi i temi che dovrebbero essere affrontati in Parlamento senza indulgere in oziose analisi sulla bontà della scelta sulla moneta unica. Ribadisce che l'Italia ha sprecato una rendita di posizione che le derivava anche dall'essere ponte dell'Europa nel Mediterraneo e che adesso non resta che fare fronte a quello che c’è, tenendo conto delle caute decisioni che vengono prese da un Paese come la Francia che ha optato per una riduzione delle spese per investimento nel bilancio europeo.
  Occorre usare realismo, abbandonare la retorica e fare della normalità di una figura come quella del presidente Monti un dato valido anche all'interno del nostro Paese tenendo conto che il Fiscal Compact eredita i contenuti del six pack, su cui il Parlamento non ha battuto ciglio.

  Fabio EVANGELISTI (IdV) precisa di non avere tacciato il relatore e collega Tempestini di ottimismo fuori luogo nella sua analisi dei provvedimenti in titolo ma di autentico fervore filoeuropeo.

  Il ministro Enzo MOAVERO MILANESI ringrazia gli onorevoli commissari per il livello del dibattito svolto ed esprime, in qualità di cittadino e di rappresentante dell'esecutivo, il più profondo rispetto per il lavoro del Parlamento, che è destinato a contribuire alle fasi successive dell'azione di Governo. Quanto ai tempi disponibili per l'esame dei provvedimenti, ricorda che in sede europea è stato espresso l'auspicio per un sollecito compiersi del percorso di ratifica senza precludere le prerogative dei Parlamenti e le specificità nazionali. Quanto alla Germania, pur condividendo le considerazioni svolte, fa presente che il percorso parlamentare si è compiuto e a larga maggioranza. La situazione è indubbiamente assai variegata nei diversi Stati membri. In Italia il confronto è stato intenso e fruttuoso, soprattutto a partire dal dicembre del 2011, come dimostrano le mozioni che sono state approvate nel mese di gennaio 2012. Ribadisce l'opportunità di cogliere l'importanza del cosiddetto «Compact per la crescita», cui ha contribuito in modo significativo il Governo italiano in ossequio agli impegni assunti nei confronti del Parlamento. In questo modo gli esiti dell'ultimo Consiglio europeo appaiono conformi alle istanze del Parlamento italiano in tema di crescita e questo non serve a rivendicare meriti, bensì a sottolineare che il nostro Paese, in questa occasione, è stato percepito come autorevole e capace di incidere sulla scena europea ed internazionale.
  Evidenzia quindi lo stretto nesso che correla i provvedimenti in esame al punto che non è possibile per i Paesi dell'area dell'euro usufruire degli aiuti senza avere Pag. 97ratificato il Fiscal Compact, secondo un regime di condizionalità nella solidarietà che non è nuovo nello scenario europeo. Tornando sulla questione sollevata ieri circa i progressi che si potranno compiere con il superamento della crisi, riconosce che bisogna valutare se l'obiettivo comune di medio termine è quello di un'Europa federale. In caso positivo, i provvedimenti in titolo muovono nella direzione di una maggiore condivisione di responsabilità, di trasferimenti di sovranità e di una maggiore coesione a livello europeo. Fa quindi presente che il processo europeo, cui abbiamo contribuito e che abbiamo davanti, è di lunga durata, affonda le radici soprattutto nel crollo del Muro di Berlino e nei dibattiti degli anni Settanta che precorrevano l'adozione della moneta unica. Sottolinea che, se il trattato relativo al Fiscal Compact coinvolge venticinque Stati membri e non soltanto diciassette, è perché il tema è stato da noi posto a livello europeo anche con la mobilitazione del Parlamento europeo.
  Esprime piena partecipazione alle difficoltà che sono state evidenziate rispetto ad un percorso che è necessitato. Il Fiscal Compact è erede del six pack, da cui si differenzia per un metodo di approvazione maggiormente democratico. Indubbiamente il percorso ventennale che vi è prefigurato sarà gravoso come è vero che l'Italia ha scelto di non lucrare sull'euro. La riduzione del debito rappresenta un dovere fondamentale innanzitutto nei confronti dei cittadini e poi dell'Europa. Quanto all'obbligo di pareggio, tale regola appare apprezzabile visto gli effetti della sua assenza. Ribadisce i pregi del Compact sulla crescita e sulla sostanza degli obiettivi che esso individua per un Paese come l'Italia, votato alle esportazioni. Quanto al MES, auspica che il nostro Paese non ne abbia bisogno, tuttavia ritiene positiva la sua adozione come forma di cautela a tutela della stabilità, della tenuta del sistema bancario e in funzione anti-spread.
  In conclusione, dichiara fin da ora la disponibilità a contribuire, anche dopo la conclusione di questo iter di esame, alla riflessione parlamentare sui temi che investono l'Europa e il ruolo del nostro Paese in quel contesto.

  Il sottosegretario Marta DASSÙ alla fine del qualificato dibattito che si è svolto, sottolinea che sull'obiettivo della crescita vi è piena condivisione in Europa, anche da parte della Germania malgrado i radicati clichés. In merito ai provvedimenti in esame, rileva lo scambio proficuo tra disciplina fiscale e solidarietà sulla base di strumenti nuovi, più affidabili. Infine, rassicura l'onorevole Colombo circa i toni e le finalità positive del Ministro della difesa, che ha inteso valorizzare e non deprimere il ruolo del Parlamento su temi connessi alla gestione della spesa pubblica.

  Stefano STEFANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, nel prendere atto che, come di consueto, i gruppi hanno rinunciato alla fissazione del termine per la presentazione di emendamenti ai disegni di legge in titolo, rinvia il seguito dell'esame alla seduta pomeridiana al fine di procedere al conferimento del mandato ai relatori, una volta che siano pervenuti i pareri delle Commissioni competenti in sede consultiva.

  La seduta termina alle 12.25.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 18 luglio 2012. — Presidenza del presidente Stefano STEFANI. — Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Marta Dassù.

  La seduta comincia alle 14.30.

Modifiche alla legge 3 agosto 2007, n. 124, concernente il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e la disciplina del segreto (esame C. 5284 D'Alema ed emendamenti – Rel. Stefani).
C. 5284 D'Alema ed emendamenti.

(Parere alla I Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

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  Stefano STEFANI, presidente e relatore, osserva che la proposta di legge C. 5284 D'Alema e altri, assegnata in sede legislativa alla I Commissione in sede legislativa, si compone di 12 articoli che apportano modifiche alla disciplina dei servizi di informazione per la sicurezza, senza alterare l'impianto della riforma adottata nella scorsa legislatura con la legge n. 124 del 2007.
  Le modifiche introdotte sono principalmente indirizzate al rafforzamento dei poteri di controllo del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir). Rilevante appare anche, sul piano politico-istituzionale, l'introduzione del divieto per il sottosegretario delegato di esercitare altre funzioni di governo oltre a quelle relative ai servizi di informazione per conto della Presidenza del Consiglio. Altre modifiche di rilievo riguardano il potenziamento della sicurezza informatica nazionale, nonché l'affidamento al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza della gestione degli approvvigionamenti e dei servizi logistici comuni alle due agenzie per la sicurezza esterna ed interna.
  Con riferimento ai poteri del Copasir, segnala in particolare che il piano annuale delle attività ispettive del Dipartimento viene subordinato all'espressione di un suo parere; il Comitato viene chiamato ad accertare che le funzioni attribuite agli organismi di sicurezza non siano svolte da altri soggetti, quali ad esempio il Reparto informazioni e sicurezza dello Stato maggiore della Difesa, nonché a verificare che le attività informative siano comunque rispondenti ai principi di legge; viene introdotto il parere parlamentare sulla ripartizione delle risorse finanziarie e sui relativi bilanci preventivi e consuntivi; il Comitato potrà richiedere al Presidente del Consiglio lo svolgimento di inchieste interne, le cui relazioni conclusive saranno integralmente trasmesse al Comitato stesso, nel caso in cui si proceda all'accertamento di condotte illegittime o irregolari.
  Attira l'attenzione dei colleghi sul significativo passaggio dall'unanimità alla maggioranza dei due terzi dei membri del Comitato perché non sia opponibile né l'esigenza di riservatezza, né il segreto di Stato nel caso di indagini disposte sulla regolarità dei comportamenti di appartenenti ai servizi di informazione. Altre importanti modifiche riguardano la delicata materia del segreto di Stato, che spesso richiama la sensibilità dell'opinione pubblica in relazione alla memoria di tragici eventi del recente passato non ancora definitivamente chiariti. Sino ad ora, la legge vigente si limita a prevedere che il Governo indichi al Comitato le «ragioni essenziali» dell'opposizione del segreto di Stato. La nuova disciplina prevede invece una seduta segreta dal Copasir in cui il Presidente del Consiglio fornisca l'intero quadro informativo idoneo a consentire l'esame nel merito della conferma dell'opposizione del segreto di Stato. Segnalo che il testo originario limitava tale comunicazione ai soli presidente e vicepresidente del Copasir, mentre molto opportunamente la Commissione Affari costituzionali ha preferito estenderla all'intero collegio parlamentare.
  Segnala infine le modifiche all'articolo 4 del decreto-legge n. 144 del 2005, per cui si estende a tutti gli ambiti di competenza la facoltà dei direttori dei servizi di informazione di procedere alla richiesta di intercettazioni e controlli preventivi, da rivolgersi alla sola Procura generale presso la Corte d'appello di Roma e non più alle singole procure distrettuali. Dal punto di vista della Commissione, formulo una proposta di parere favorevole, con riferimento sia al testo della proposta di legge che alle proposte emendative approvate in linea di principio, in ragione degli evidenti miglioramenti legislativi introdotti sia dal punto di vista del controllo parlamentare e dell'equilibrio istituzionale che della razionalizzazione organizzativa.
  Coglie l'occasione per esprimere, certo di interpretare l'opinione dei colleghi, i migliori auguri di buon lavoro all'Ambasciatore Massolo che ha da poco assunto le funzioni di Capo del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, dopo aver lasciato l'incarico di Segretario generale Pag. 99del Ministero degli affari esteri per cui è stato più volte proficuamente audito da questa Commissione.

  Il sottosegretario Marta DASSÙ, nel concordare con le valutazioni espresse dal Presidente Stefani, richiama l'impianto della riforma effettuata nel 2007, in cui ha trovato opportuna collocazione il riferimento alle competenze del Ministero degli affari esteri nella materia in oggetto. Sottolinea quindi gli obiettivi della proposta di legge in titolo in ordine al rafforzamento del controllo parlamentare anche in relazione al segreto di Stato, alla razionalizzazione delle strutture senza tuttavia alterarne l'impostazione; alla valorizzazione della protezione cibernetica in ragione della novità della natura di tale rischio.

  Arturo Mario Luigi PARISI (PD) preannuncia che si asterrà nella imminente votazione in sede consultiva.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva quindi la proposta di parere favorevole, come formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 14.45.

RISOLUZIONI

  Mercoledì 18 luglio 2012. — Presidenza del presidente Stefano STEFANI. — Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Marta Dassù.

  La seduta comincia alle 14.45.

7-00886 Antonione: Sull'interpretazione dell'allegato VIII al Trattato di pace del 1947 relativo al porto di Trieste.
(Discussione e conclusione – Approvazione della risoluzione n. 8-00193).

  La Commissione inizia la discussione della risoluzione in titolo.

  Roberto ANTONIONE (Misto-LI-PLI) motiva la presentazione della risoluzione in titolo, sottoscritta dai deputati triestini e condivisa dalle istituzioni locali, sulla base dell'esigenza di superare la paralisi decisionale dovuta alle difformi interpretazioni circa la situazione giuridica dei punti franchi del porto di Trieste. Ricostruisce la relativa vicenda storico-giuridica, a partire dal Trattato di Pace del 1947, che prevedeva l'istituzione del Territorio libero di Trieste come area sottoposta alla sovranità internazionale, proseguendo con il Memorandum di Londra del 1954, a cui risale la formalizzazione delle zone A e B, fino ai Trattati di Osimo e di Roma, rispettivamente del 1975 e del 1984.
  Nel richiamare come l'allargamento dell'Unione europea abbia ormai annullato i vecchi confini e mutato radicalmente il quadro di riferimento, sottolinea la necessità di fare chiarezza sul regime giuridico relativo ai porti franchi in vista di una loro ricollocazione più funzionale all'organizzazione portuale. Auspica che il Governo accolga la risoluzione da lui presentata per garantire certezza del diritto ad una preziosa risorsa dell'economia non solo locale ovvero nazionale, ma europea.

  Il sottosegretario Marta DASSÙ, nell'esprimere il consenso del Governo sul testo della risoluzione in esame, ove il dispositivo sia riformulato arrestandosi alla parola «premessa», ricorda che l'articolo 34 dell'Allegato VI al Trattato di Pace di Parigi del 1947 prevedeva la creazione, nel Territorio Libero di Trieste, di un Porto Franco amministrato in conformità alle disposizioni contenute nello strumento internazionale costituente l'Allegato VIII al Trattato. Con il Memorandum di Londra del 1954, lo stato Italiano è subentrato nella titolarità delle funzioni e dei compiti sul Porto Franco al Territorio libero di Trieste. Infatti, a partire da quella data, si è impegnato a mantenere ed amministrare il funzionamento del Porto in armonia con gli artt. da 1 a 20 del Trattato di Pace del 1947.
  Con il Trattato di Osimo del 1975 è stata poi definitivamente sancita la spartizione Pag. 100dell'ex Territorio Libero di Trieste. Il Porto Franco è al di fuori della linea doganale ma entro i confini politici italiani. Si tratta di un'entità caratterizzata da un regime internazionale di franchigia e, tuttavia, assorbita nella sfera delle competenze generali dello Stato sovrano.
  Posto quindi che sull'Italia grava l'obbligo internazionale di continuare a mantenere le facilitazioni doganali e normative in termini di libertà e eguaglianza che sono tipiche del regime consuetudinario dei porti franchi, osserva che, allo stesso tempo, l'obbligo non implica l'immodificabilità assoluta dei punti franchi. La facoltà di estendere le zone franche è infatti palesemente prevista sia dall'articolo 3, comma 4 dell'Allegato VIII del Trattato di Pace, per cui: «Nel caso in cui sia necessario di allargare l'area del Porto Franco, ciò potrà farsi su proposta del Direttore del Porto franco con decisione del Consiglio del Governo e con l'approvazione dell'Assemblea popolare», sia dall'articolo 16 del Decreto n. 29 del 1955 del Commissario Generale del Governo italiano per il territorio di Trieste per cui: «L'area del «Porto Franco» potrà essere estesa, qualora ciò sia ritenuto necessario nell'interesse del traffico e dello sviluppo economico del porto».
  Sulla base di tali considerazioni, ritiene anzitutto corretta l'interpretazione che vede attribuire la piena disponibilità di tali zone alla potestà governativa. Quanto all'ipotesi di spostare o accorpare le aree franche all'interno di strutture portuali o retro-portuali, fa presente che nessuna norma dell'allegato VIII del Trattato di Pace prevede espressamente tale facoltà e nessuno spunto, inoltre, offre la lettera del Memorandum di Londra del 1954. Ciononostante, ritiene possibile proporre una duplice interpretazione del termine «allargare»: una, più stretta e letterale, che prevede esclusivamente la possibilità di ampliare le aree già esistenti nei luoghi prestabiliti, e un'altra, più dinamica, che include la possibilità di spostare tali zone, garantendo, tuttavia, l'uso di tali strutture portuali in condizioni di parità per tutto il commercio internazionale, come è usuale negli altri porti liberi del mondo, nel rispetto dei limiti previsti e stabiliti dall'Allegato VIII del Trattato di Pace del 1947.
  Dichiara che al Governo appare preferibile la seconda interpretazione – ovvero quella che include la possibilità di spostare le zone franche garantendo l'uso di tali strutture portuali in condizioni di parità per tutto il commercio internazionale – poiché consente l'evoluzione delle strutture portuali senza pregiudicare le funzionalità del Porto, che mantiene sempre le caratteristiche di porto franco, e quindi senza contrastare con lo spirito e la finalità del Trattato di pace e dei successivi strumenti internazionali e senza esporre il nostro Paese a fondate contestazioni da parte delle altre Parti contraenti del Trattato.
  Infine, dal punto di vista del potere decisorio (normativo od amministrativo che sia) sul porto franco triestino, ricorda che il porto franco di Trieste non ha oggi uno status internazionale, essendo del tutto sottoposto alla sovranità italiana, la quale è però limitata dalla necessità, sancita dagli strumenti internazionali sopra richiamati, di garantire la libertà di utilizzo di alcune parti del porto e delle relative strutture portuali secondo la prassi dei porti franchi, così come si è espressa la giurisprudenza italiana che ha sempre riconosciuto i punti franchi triestini come ricompresi nel territorio italiano ma qualificandoli di extradoganalità. Ne consegue che la riduzione o l'eliminazione dei punti franchi potrebbe legittimamente avere luogo solo con il consenso degli altri Stati nei confronti dei quali l'obbligo è stato da ultimo assunto con il Memorandum del 1954 e con l'accordo di cooperazione economica bilaterale siglato nel 1975 con la Jugoslavia (cui è succeduta la Slovenia). Per contro, altre diverse disposizioni sui punti franchi tali da non alterare la funzione del porto franco di Trieste possono rientrare nelle competenze delle autorità centrali o locali italiane conformemente al diritto interno e nel rispetto Pag. 101di altre norme interne rilevanti, come ad esempio quelle in materia urbanistica, ovvero di protezione ambientale.

  Roberto MENIA (FLpTP), manifestando vivo apprezzamento per la posizione assunta dal Governo, rievoca le origine storiche del porto franco triestino ed i suoi successivi sviluppi. Al riguardo, lamenta come una sorta di maledizione gravi sul destino portuale della città di Trieste. Osserva, infatti, che l'area attualmente occupata dal porto franco risulta poco utilizzata, anche per il perdurare dell'incertezza sul quadro normativo di riferimento.
  Alla luce delle dichiarazioni del Governo, auspica che si possa risolvere rapidamente la situazione di immobilità sinora delineatasi, individuando nuovi siti per l'attività del porto franco. Come elemento di conferma circa la scarsa plausibilità di interpretazioni eccessivamente rigide degli accordi vigenti, cita il fatto che il Trattato di Osimo prevede il divieto di modifiche alle circoscrizioni amministrative, previsione ampiamente superata con la creazione di due nuove realtà statali, Slovenia e Croazia, e, successivamente, con l'ingresso della prima, e fra poco anche della seconda, nell'Unione europea.
  Rinnovando il proprio apprezzamento per le affermazioni del Governo, sottolinea l'importanza che esse siano portate avanti con impegno in tutte le sedi necessarie.

  Ettore ROSATO (PD) ringraziando il rappresentante del Governo, rileva che il porto franco rappresenta un indubbio valore per la città di Trieste e che non può invece trasformarsi in un vincolo.
  Osserva che il trasferimento dall'attuale sede consentirebbe l'utilizzo per altre finalità di un'area di notevole valore, permettendo di sbloccare investimenti per quasi un miliardo di euro che rappresenterebbero un fondamentale fattore di sviluppo economico per tutto la regione nord orientale. Sottolinea in proposito l'importanza di uno sforzo collegiale da parte di tutte le amministrazioni interessate, a cominciare dal Ministero delle infrastrutture e trasporti e da quello dell'ambiente, per individuare rapidamente le soluzioni idonee.

  Franco FRATTINI (PdL), intervenendo a sostegno della risoluzione in titolo ricorda che la questione del porto di Trieste fu oggetto di particolare studio da parte del Ministero degli affari esteri negli anni in cui ne ha ricoperto la titolarità, nell'ottica di promuovere importanti investimenti stranieri che avrebbero potuto portare allo sviluppo di un traffico di circa 10 milioni di conteiners. Ricorda come proprio l'eventuale inamovibilità dei punti franchi abbia costituito una remora al progresso di tali progetti e plaude quindi alla posizione ribadita dal Governo oggi, sulla base degli studi a suo tempo compiuti, sollecitando il Governo stesso a riprendere le trattative già intercorse, anche al fine di non essere da meno rispetto alla concorrenza della Slovenia.

  Stefano STEFANI, presidente, nel dichiarare il suo profondo affetto per la città di Trieste, condivide le considerazioni del collega Frattini, anche con riferimento alla concorrenza della Slovenia che è già stata favorita dall'aumento della tassazione sul naviglio da diporto. Quanto all'importanza dei punti franchi, sottolinea quanto un paese come la Svizzera ne abbia storicamente tratto profitto.

  Roberto ANTONIONE (Misto-LI-PLI), nel riformulare la risoluzione di cui è primo firmatario secondo la proposta del rappresentante del Governo, lo ringrazia per il contributo di chiarezza fornito nel suo puntuale e preciso intervento. Ringrazia anche l'ex Ministro Frattini per le considerazioni svolte in ordine allo sviluppo strategico del porto di Trieste, osservando come siano oggi importanti per la nostra economia gli investimenti stranieri ed augurandosi che non abbiano a Pag. 102ripetersi spiacevoli episodi che hanno in passato inciso negativamente sulle aspirazioni della città giuliana a candidature per grandi eventi internazionali largamente dovuti proprio alle problematiche appena evidenziate.

  Il sottosegretario Marta DASSÙ assicura che provvederà a sensibilizzare anche il Ministero per lo sviluppo economico circa le possibilità di attrarre nuovi investimenti stranieri sul porto di Trieste, secondo quanto prospettato dall'onorevole Frattini e ripreso dagli onorevoli Stefani e Antonione.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva quindi la nuova formulazione della risoluzione in titolo, che assume il n. 8-00193 (vedi allegato).

  La seduta termina alle 15.15.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 18 luglio 2012. — Presidenza del presidente Stefano STEFANI. — Interviene il Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi.

  La seduta comincia alle 16.

Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, fatta a Bruxelles il 25 marzo 2011.
C. 5357 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame e conclusione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, da ultimo rinviato nella seduta di questa mattina.

  Stefano STEFANI, presidente, comunica che sono pervenuti i pareri favorevoli delle Commissioni Affari costituzionali e Politiche dell'Unione europea, mentre la Commissione Bilancio esprimerà il proprio parere all'Assemblea.

  La Commissione delibera di conferire il mandato al relatore, onorevole Pianetta, di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

  Stefano STEFANI, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

Ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012.
C. 5358 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame e conclusione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, da ultimo rinviato nella seduta di questa mattina.

  Stefano STEFANI, presidente, comunica che sono pervenuti i pareri favorevoli delle Commissioni Affari costituzionali e Politiche dell'Unione europea, mentre la Commissione Bilancio esprimerà il proprio parere all'Assemblea.

  La Commissione delibera di conferire il mandato al relatore, onorevole Tempestini, di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

  Stefano STEFANI, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

Pag. 103

Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012.
C. 5359 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame e conclusione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, da ultimo rinviato nella seduta di questa mattina.

  Stefano STEFANI, presidente, comunica che sono pervenuti i pareri favorevoli delle Commissioni Affari costituzionali, Giustizia e Politiche dell'Unione europea, mentre la Commissione Bilancio esprimerà il proprio parere all'Assemblea.

  La Commissione delibera di conferire il mandato al relatore, onorevole Pianetta, di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

  Stefano STEFANI, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

  La seduta termina alle 16.10.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

INTERROGAZIONI

5-06861 Renato Farina: Sul campo profughi di Shousha al confine libico-tunisino.

5-06935 Renato Farina: Sul campo profughi di Scegarab in Sudan.

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