CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 luglio 2012
684.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Martedì 17 luglio 2012. — Presidenza del presidente Stefano STEFANI. — Interviene il Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi, e il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Marta Dassù.

  La seduta comincia alle 14.

Sui lavori della Commissione.

  Stefano STEFANI, presidente, propone che, in ragione dell'affinità tematica dei tre disegni di legge di ratifica all'ordine del giorno in sede referente, la Commissione proceda ad esaminarli congiuntamente.

  La Commissione concorda.

Ratifica ed esecuzione della Decisione del Consiglio europeo 2011/199/UE che modifica l'articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l'euro, fatta a Bruxelles il 25 marzo 2011.
C. 5357 Governo, approvato dal Senato.

Ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 marzo 2012.
C. 5358 Governo, approvato dal Senato.

Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012.
C. 5359 Governo, approvato dal Senato.

(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti in titolo.

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  Enrico PIANETTA (PdL), relatore per i disegni di legge n. 5357 e n. 5359, sottolinea che i provvedimenti in titolo compongono il pacchetto approvato dal Senato lo scorso 12 luglio e adottato in sede europea per fare fronte alla crisi economica senza precedenti che sta sconvolgendo il nostro continente e per salvaguardare la governance economica nell'ambito dei Paesi che si sono dotati della moneta unica. Il pacchetto si compone di una Decisione del Consiglio europeo (la n. 1011/1991/UE) che modifica il Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea (TFUE) per permettere l'istituzione del Meccanismo europeo di Stabilità e per introdurre nel diritto europeo un vincolo giuridico tra tutti gli Stati membri alla salvaguardia della stabilità dell'area dell'euro; un Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di Stabilità, di cui dirà successivamente; infine, politicamente connesso al Meccanismo europeo di Stabilità, un Trattato per il rafforzamento delle regole e il monitoraggio comune della politica fiscale (il cosiddetto Fiscal Compact), su cui riferirà il collega Tempestini.
  Prima di procedere all'illustrazione dei due provvedimenti di cui è relatore, tiene a sottolineare che per l'Italia la doverosità della ratifica deriva non soltanto dalla nostra qualità di Paese fondatore, ma dagli impegni assunti per la salvaguardia della stabilità dell'euro in un'ottica di potenziamento del vincolo politico, oltre che economico e finanziario, di appartenenza all'Europa. È indubbio che le misure che si vanno profilando costituiscono solo una quota, seppur fondamentale, dell'intenso sforzo che si sta profondendo sia a livello europeo che a livello nazionale per gli obiettivi del superamento della crisi del debito e del rilancio della crescita per il continente europeo. In particolare l'Italia, che ha interpretato con specifico senso di responsabilità ed autorevolezza il proprio ruolo nell'ambito dell'Eurogruppo, ha già conseguito importanti obiettivi di risparmio e di razionalizzazione della spesa, accrescendo la propria credibilità e affidabilità in ambito europeo ed internazionale. Si tratta di profili che non concernono soltanto la politica ma che hanno un impatto sulla nostra capacità di attrarre capitali e investimenti e di ricevere riconoscimenti dai mercati internazionali anche in un'ottica futura, di superamento della congiuntura recessiva.
  Sottolinea che l'impegno della Camera dei deputati e di questa Commissione su tali importanti temi non inizia oggi, ricordando che la Camera dei deputati ha all'esame una serie di provvedimenti fondamentali per risolvere l'attuale fase congiunturale i cui tempi di discussione sono alquanto ristretti, a paragone di quanto avvenuto in Senato. Tuttavia la situazione internazionale è tale da indurre a procedere celermente nell’iter di esame anche al fine di dare segnali forti e precisi sulla posizione dell'Italia e sul suo ruolo in Europa. Questo ramo del Parlamento ha esercitato con costanza la propria funzione di controllo sull'operato del Governo, nonché di approfondimento istruttorio e conoscitivo, sui temi della governance europea a partire dall'avvio delle procedure sul Semestre europeo per il coordinamento ex ante delle politiche economiche e fino alle mozioni approvate alla Camera lo scorso 27 giugno sulla politica economica e finanziaria dell'Unione europea nell'ambito del Consiglio europeo del 28-29 giugno.
  Ricorda che questa Commissione ha in particolare sviluppato sinergie virtuose che hanno portato ad una collaborazione privilegiata proprio con il Parlamento tedesco. Sulla base di intese tra i presidenti dei due Parlamenti, i relatori sui provvedimenti in titolo delle Commissioni esteri di Camera e Senato si sono, infatti, recati a Berlino, il 23 maggio scorso, per approfondire questi temi con le Commissioni Bilancio, Affari esteri e Affari europei. Quest'ultima Commissione è, quindi, venuta a Roma il 19 giugno per proseguire il confronto nell'ottica di favorire l'articolato percorso di ratifica nei due Paesi. Come noto, il Parlamento tedesco – dopo un acceso dibattito che ha fatto emergere le variegate posizioni all'interno del quadro politico smentendo una certa visione dall'esterno incentrata sul ruolo della Cancelliera Pag. 38Merkel – ha completato il percorso di ratifica relativo al MES e al Fiscal Compact lo scorso 29 giugno. In tale Paese al momento la ratifica è ancora sospesa in attesa del verdetto del Tribunale Costituzionale Federale che sta lavorando sui ricorsi presentati in particolare dal gruppo parlamentare «Die Linke» e si pronuncerà il 12 settembre prossimo.
  Osserva che il nostro esame deve anche tenere conto del nuovo contesto formatosi dopo il Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012 scorsi, su cui ha riferito alla Camera il presidente del Consiglio Monti il 5 luglio. Il Consiglio si è concluso, tra l'altro, con l'adozione di una Dichiarazione del vertice della Zona dell'Euro e di un Patto per la crescita e l'occupazione valido per tutti i 27 Paesi dell'UE con cui è stato aumentato il capitale versato della Banca europea per gli investimenti, è stata avviata una fase pilota dell'iniziativa sui prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti in infrastrutture nei settori dei trasporti, dell'energia e della banda larga (i cosiddetti project bond) e sono stati riassegnati i fondi strutturali a sostegno delle PMI e dell'occupazione giovanile, destinando ulteriori 55 miliardi di euro a misure a sostegno della crescita.
  Passando ad illustrare il disegno di legge relativo alla modifica dell'articolo 136 del TFUE concernente la ratifica della decisione del Consiglio europeo del 25 marzo 2011, sottolinea che per la prima volta è stata applicata la procedura della revisione semplificata, introdotta dal Trattato di Lisbona. È bene precisare che la modifica riguarda tutti i Paesi dell'Unione europea, mentre il successivo Trattato relativo all'istituzione del MES è tra i soli Paesi dell'area dell'euro.
  La modifica al Trattato consiste nell'aggiunta di un nuovo comma all'articolo 136 del TFUE al fine di istituire, per i soli Stati la cui moneta è l'euro, «un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria» – detta il nuovo comma – «necessaria nell'ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità».
  Secondo il dettato del provvedimento, la decisione del Consiglio europeo sulla modifica entra in vigore il 1o gennaio 2013, a condizione che tutti gli Stati membri abbiano espletato le procedure per la ratifica. Segnala che ad oggi il provvedimento in titolo è stato ratificato da 12 Paesi membri (Cipro, Danimarca, Grecia, Francia, Ungheria, Lituania, Lussemburgo, Lettonia, Portogallo, Romania, Slovenia e Svezia), mentre in altri 9 Paesi (Austria, Repubblica ceca, Germania, Spagna, Finlandia, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia e Slovacchia) è intervenuta l'approvazione in sede parlamentare, senza tuttavia che la relativa legge sia entrata in vigore.
  Quanto al disegno di legge sulla ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (European Stability Mechanism, MES), con Allegati, fatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012, precisa che esso riguarda i soli 17 Paesi dell'area dell'euro «determinati a garantire la stabilità finanziaria della zona euro». Secondo la premessa al Trattato, il MES si pone come misura complementare al Trattato sul Fiscal Compact «nel promuovere la responsabilità e la solidarietà di bilancio all'interno dell'Unione economia e monetaria».
  Come descrive la relazione illustrativa al provvedimento presentato al Senato, il MES rappresenta la componente solidaristica della nuova architettura dell'eurozona, destinata ad essere attivata in situazioni di emergenza, mentre il Trattato relativo al Fiscal Compact ne rappresenta la componente «di disciplina», per assicurare la gestione sostenibile delle finanze da parte degli Stati. Dal marzo del 2013, la concessione di assistenza finanziaria sarà possibile solo a condizione che i Paesi richiedenti abbiano ratificato il Fiscal Compact e abbiano recepito nell'ordinamento la regola sul pareggio di bilancio. Dopo il 30 giugno 2013, il MES assorbirà le funzioni dei precedenti meccanismi transitori di stabilizzazione finanziaria (EFSM, European Financial Stabilisation Pag. 39Mechanism e EFSF, European Financial Stability Facility), istituiti dall'ECOFIN nel maggio del 2010 per fare fronte alla crisi della Grecia (con un primo programma di 110 miliardi di euro). Ricordo che da allora il meccanismo di stabilizzazione finanziaria è stato attivato anche a favore dell'Irlanda (85 miliardi euro) e del Portogallo (78 miliardi di euro) e nel 2012 di nuovo della Grecia (130 miliardi di euro).
  Qualora non dovesse essere disposto un rinvio a seguito dell'evoluzione del dibattito in Germania, il MES diverrà operativo già nel luglio 2012, in base a quanto concordato in sede di Consiglio europeo il 9 dicembre 2011, in modo da cumularne la capacità di intervento con quella dell'EFSF nella seconda metà del 2012 (con una capacità di prestito combinata pari a 700 miliardi di euro).
  Procede quindi ad illustrare sommariamente i caratteri del MES. Segnala che si tratta di un'organizzazione finanziaria internazionale, dotata di personalità e capacità giuridica, avente pertanto natura esclusivamente intergovernativa, con sede a Lussemburgo ed un eventuale ufficio di collegamento a Bruxelles. Tale natura esclude ogni potere di proposta e di consultazione per la Commissione e il Parlamento europeo, nonché il coinvolgimento del bilancio dell'Unione europea, considerato che il Meccanismo è formato da contributi degli Stati sotto forma di prestiti e garanzie.
  Lo stock di capitale autorizzato è di 700 miliardi di euro. Gli Stati aderenti hanno stabilito di raggiungere la piena capacità di prestito nel 2014, concordando il versamento delle prime due rate già nel 2012 (luglio e ottobre). Come riferito al Senato dall'allora viceministro e oggi ministro dell'economia e delle finanze, professor Grilli, il capitale versato è di 80 miliardi di euro ed è integrato da ulteriori 620 miliardi di euro a chiamata.
  A fronte dello stock sopra menzionato il MES ha un volume di una capacità massima di prestito di 500 miliardi di euro, incluso il sostegno in essere alla stabilità del EFSF. L'adeguatezza di tale volume sarà oggetto di nuova valutazione prima dell'entrata in vigore del Trattato e poi ogni cinque anni. Su tale profilo ritiene opportuno potere ricevere una stima da parte del Governo.
  Quanto alla governance, il MES è dotato di un Consiglio di governatori e di un Consiglio di amministrazione e di un direttore generale. Il Consiglio dei governatori – cui partecipano i ministri delle finanze dei Paesi del MES e in qualità di osservatori il presidente della BCE, il Commissario europeo agli affari economici e il presidente dell'Eurogruppo – assume le decisioni maggiori sull'impiego del meccanismo. Le decisioni sulla concessione dell'assistenza finanziaria, sulle sue modalità e condizioni, sulla capacità di prestito del MES, sulla variazione della gamma degli strumenti e sulla delega di compiti al consiglio di amministrazione, sono prese dal consiglio dei governatori «di comune accordo», cioè all'unanimità senza il conteggio degli astenuti, salvo il ricorso ad una maggioranza qualificata dell'85 per cento dei voti espressi per le decisioni urgenti. I diritti di voto di ogni Stato sono pari alla quota di contribuzione al capitale versato. È la prima volta che l'UE permette di decidere a maggioranza qualificata e non all'unanimità in tale materia.
  Il MES raccoglie fondi, per l'appunto sotto forma di prestiti e garanzie, da mettere a sostegno alla stabilità per i Paesi il cui regolare accesso al finanziamento sul mercato risulti o rischi di essere compromesso. Ha potere di raccogliere fondi con l'emissione di titoli a un costo inferiore a quello della media dei Paesi dell'euro o di concludere intese o accordi finanziari o di altro tipo con i propri membri, con istituzioni finanziarie o con terzi. Eroga, quindi, prestiti, fornisce assistenza finanziaria precauzionale, acquista obbligazioni di Stati membri beneficiari sui mercati primari e secondari ed accorda prestiti per la ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie. Su tale aspetto, osserva che il MES è definito creditore privilegiato e come tale potrebbe rappresentare un fattore problematico per gli altri creditori.
  Per attivare l'assistenza finanziaria da parte di un Paese membro, occorre una Pag. 40previa analisi della sostenibilità del debito pubblico effettuata dalla Commissione europea di concerto con la BCE e, se possibile, insieme al FMI. È dunque la Commissione l'intermediario di merito tra il MES e il Paese richiedente. Data la cooperazione tra MES e Fondo Monetario Internazionale, lo Stato che faccia richiesta di assistenza finanziaria al MES farà analoga richiesta al Fondo Monetario. La previsione di clausole di azione collettiva prefigura la partecipazione anche del settore privato. Gli Stati membri dell'UE che non fanno parte della zona euro potranno partecipare su una base di un accordo ad hoc.
  Sottolinea che il Consiglio europeo di fine giugno ha ulteriormente ampliato la portata del MES. Si è infatti assunto l'impegno di «spezzare il circolo vizioso tra banche e debito sovrano» mediante l'istituzione di un meccanismo di vigilanza unico del settore bancario gestito dalla BCE e, quindi, di dotare il Meccanismo europeo di stabilità della facoltà di immettere fondi direttamente negli istituti bancari. Soltanto dopo che tale trasferimento di sovranità sarà attuato, il MES potrà intervenire direttamente nelle operazioni di salvataggio e ricapitalizzazione delle banche, previa firma con gli Stati interessati di un Memorandum contenente le condizioni per l'assistenza finanziaria, secondo una decisione che il Governo italiano ha sostenuto nell'ottica di una maggiore flessibilizzazione di tale strumento. È stato inoltre convenuto che i fondi potranno essere usati anche per acquistare obbligazioni di Stati membri secondo un regime di condizionalità, che comprende ad esempio l'osservanza delle regole sugli aiuti di Stato.
  Tutto ciò premesso, l'Italia contribuirà al MES con una quota del 17,9137 per cento, pari a 125,395 miliardi di euro (la quota più alta dopo la Germania, 27,1464 per cento, e la Francia, 20,3859 per cento), in analogia con la nostra quota di partecipazione al capitale della BCE. Sembrerebbe potersi desumere che l'Italia, come Germania e Francia, disponga di un diritto di veto sulle decisioni urgenti come pure su quelle assunte «di comune accordo».
  Per effetto dell'approvazione del provvedimento, oltre alla ratifica del Trattato, sarà autorizzata la contribuzione italiana alla sottoscrizione del capitale per la partecipazione al MES, articolata in cinque rate, ciascuna delle quali quantificate per l'Italia in 2,866 miliardi di euro, per un totale di 14,330 miliardi di euro, cui potrebbero aggiungersene altre a chiamata. Le risorse per tali rate derivano da emissioni sui titoli di Stato a medio e lungo termine, i cui caratteri saranno definiti con decreti del Ministro dell'economia e finanze in aggiunta rispetto a quelle previste nei documenti di finanza pubblica per il triennio 2012-2014. Il maggior fabbisogno in termini di interessi (valutabili in 120 milioni per il 2012) potrà essere assorbito da stanziamenti esistenti a legislazione vigente.
  Al riguardo chiede al Ministro di potere ricevere chiarimenti in ordine alla concreta possibilità di assorbire l'esborso dei 120 milioni sopra menzionati. Il versamento non avrà alcun effetto sull'indebitamento netto (trattandosi di istituzione finanziaria indipendente a differenza dell'EFSF) e le relative passività, comprese le emissioni di titoli per il finanziamento del MES non verrebbero quindi contabilizzate a carico del bilancio degli Stati membri, a differenza di quanto avviene per l'EFSF. Quanto alla quota che compete all'Italia, è da chiarire se essa vada o meno ad incidere sull'indebitamento netto.
  Segnala che l'entrata in vigore del Trattato è fissata al momento in cui gli Stati membri che rappresentano il 90 per cento degli impegni di capitale lo avranno ratificato. Alla data del 12 luglio 2012 il Trattato MES è stato ratificato da 6 Paesi membri (Cipro, Grecia, Francia, Lussemburgo, Portogallo e Slovenia), che rappresentano il 26,55 per cento del capitale. In altri 9 Paesi (Austria, Belgio, Germania, Spagna, Finlandia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi, Slovacchia) si è concluso l’iter di ratifica parlamentare e si è in attesa della Pag. 41firma del Capo dello Stato. Oltre all'Italia, l'Estonia non ha ancora completato il percorso parlamentare di ratifica.
  Alla luce di quanto fin qui esposto in un'ottica parlamentare non intende tacere i profili connessi alla problematica democraticità delle istituzioni cui, in prospettiva, sono assegnate in via esclusiva funzioni rilevantissime, come ad esempio la BCE o gli organi decisionali all'interno del MES. In tal senso apprezza lo sforzo compiuto al Senato con la presentazione di un ordine del giorno che interviene su questi aspetti, richiamati tra l'altro nelle linee della nuova Unione monetaria tracciate a Bruxelles il 29 giugno. Ulteriori profili critici sono dati dalle note resistenze tedesche a cessioni di sovranità in materia di politiche di bilancio e bancarie.
  In conclusione, il MES, come sostenuto dal presidente Monti in occasione del suo ultimo intervento alla Camera, è strumento indispensabile al fine di stabilizzare il mercato dei titoli del debito sovrano per i Paesi in linea con le condizioni poste dal Semestre europeo e dal Patto di Stabilità. L'Italia figura in questo elenco grazie alle importanti misure adottate, a partire dalla modifica dell'articolo 81 della Costituzione per l'adozione della regola sul pareggio di bilancio, e potrà auspicabilmente disporre di questo strumento per ridurre lo spread sui propri titoli. Per contribuire alla piena riuscita di questo sforzo complessivo dell'Europa nell'interesse del nostro Paese e dei cittadini, su cui ricadono oggi in modo drammatico gli effetti della crisi, invita quindi a procedere in modo sollecito alla ratifica dei provvedimenti in titolo.

  Francesco TEMPESTINI (PD), relatore per il disegno di legge n. 5358, prima di procedere nell'illustrazione dei contenuti puntuali del provvedimento rileva la difficoltà di tacere le oggettive criticità che il Paese sta vivendo e che l'opinione pubblica condivide nella loro gravità, malgrado il Fondo Monetario Internazionale sostenga che dei punti base di rendimento dei titoli di Stato a dieci anni che l'Italia paga in più rispetto alla Germania (il famoso spread), 200 non sono giustificati dagli elementi di lungo termine del bilancio e dell'economia del paese. Sottolinea che i ripetuti allarmi sui costi del rifinanziamento del debito rischiano di fare emergere due dimensioni europee, rappresentate dai Paesi della cosiddetta Kern-Europa e i restanti Paesi della cintura mediterranea. A suo avviso, i provvedimenti in titolo segnano la fine di un'epoca e l'inizio di una nuova fase con il superamento di una certa idea sul connubio tra Europa e Germania, fondata sul forte primato dell'economia sulla politica. Richiamando le considerazioni svolte al Senato dal collega Morando in ordine ad un parallelismo tra Cina e Stati Uniti da una parte ed Europa e Germania dall'altra quanto alla bilancia commerciale, osserva che in una fase di forti squilibri macroeconomici la stabilità non è obiettivo conseguibile senza istituzioni capaci di gestire la convergenza. In tale ottica il provvedimento relativo al Fiscal Compact costituisce un primo passo ineluttabile e non soltanto sulla base di misure di austerità, che condannano i Paesi più deboli alla recessione, o solo su misure di espansione della domanda interna. A suo avviso, occorre insistere affinché i Paesi in surplus abbiano margini di manovra e possano contribuire alla situazione complessiva; in tal senso sembra muovere il nuovo Trattato a suo avviso.
  Esprime sincero apprezzamento per la politica perseguita con coerenza dal Governo in carica che ha reagito alla visione dicotomica pro o contro austerità e crescita offerta da molti economisti affermati anche di stampo keynesiano. Di contro, sottolinea l'errore di avere collocato l'Unione economia e monetaria in un ambito separato rispetto alle altre politiche europee. Richiama a tal proposito le scelte fatte dall'Amministrazione statunitense che non hanno sortito i risultati sperati.
  Ribadisce che il Fiscal Compact contribuisce a portare ordine e convergenza nelle politiche dell'Unione e che questo approccio ha avuto nel presidente Monti uno dei maggiori sostenitori e interpreti soprattutto laddove ha contribuito a evidenziare che il Fiscal Compact non preclude Pag. 42politiche anticicliche in tema di crescita ovvero il ricorso alla golden rule. Sottolinea quindi l'apprezzamento per la collaborazione prestata sia dal Parlamento europeo che tra il Governo italiano e quello francese, che si è mosso a favore di un'Europa più forte e coesa intorno a questi temi.
  Evidenzia come il Governo italiano, come peraltro il Ministro Moavero Milanesi ha contribuito ad evidenziare al Senato, ha fatto leva sull'asimmetria tra deficit e disavanzo prefigurando una combinazione di misure di rigore e di interventi modulabili in favore della crescita. In tale senso rileva come l'articolo 6 del Trattato sia di grande importanza per offrire una base giuridica anche all'adozione degli eurobonds.
  Tiene a segnalare che il Consiglio europeo di fine giugno ha conseguito un risultato straordinario nell'aprire una prospettiva alla costruzione di un'Unione europea politica più integrata e nel differenziare tra approccio qualitativo e approccio quantitativo alla crisi. Malgrado questo dato, resta il nodo politico per cui il Fiscal Compact rappresenta l'esito di un processo governato da un approccio regolatorio che si rivela inadatto alla fase che si sta aprendo. Sottolinea l'imponenza delle misure che sono state adottate dall'Unione europea per affrontare la crisi se si considera il provvedimento in esame nel quadro di una strategia basata sul six pack e sul two pack.
  Concludendo le riflessioni di merito fin qui svolte, sottolinea la necessità che si abbandoni una certa visione funzionalista degli affari europei per procedere verso una visione più politica considerato che si è ormai sconfinato sul terreno della sovranità e questo spiega le difficoltà alle quali si sta cercando di fare fronte. Indubbiamente l'evoluzione della situazione in Germania pone a tutta l'Europa una questione di fondo: è possibile procedere sul terreno dell'integrazione soltanto se vi è consenso e rispetto dei principi democratici. Se la Germania si accinge ad affrontare una scelta decisiva per il futuro dell'Unione, per l'Italia la strada da percorrere è unica ed è nel senso di una riconsiderazione dell'Europa come dimensione a noi vicina, di cui non è più possibile disfarsi con tanta superficialità. Preannuncia quindi, in analogia con il Senato, la presentazione di un ordine del giorno nelle successive fasi di esame, che terrà conto degli impegni già assunti dal Governo in occasione dell'approvazione delle mozioni in Assemblea lo scorso 27 giugno.
  Segnala anche che la prestigiosa Fondazione tedesca «Friedrich Ebert» ha pubblicato in questi giorni un'importante analisi sulla crisi dell'Unione monetaria, spiegando le ragioni per le quali soltanto uniti dal vincolo europeo i Paesi dell'Unione potranno superare la crisi. La storia dell'Europa evidenzia che in molte occasioni le crisi hanno avuto la funzione di motore per salti di qualità positivi sul piano delle strutture istituzionali e di governo dell'Unione. L'attuale crisi finanziaria offre una nuova e più decisiva occasione per far comprendere alla comunità internazionale degli Stati e ai mercati finanziari che l'Unione europea fondata su un'unione monetaria, fiscale e, in prospettiva, politica è sensibilmente più forte di un'Unione costituita dalla semplice somma degli Stati membri. Lo ha sottolineato la stessa Cancelliera Merkel in occasione del suo intervento al Bundestag, pronunciato nel giorno dell'approvazione del provvedimento da parte di 414 deputati tedeschi (una maggioranza ben superiore ai due terzi richiesti), in cui ha spiegato, rivolgendosi al suo elettorato, che «con questi due trattati (il MES e il Fiscal Compact) facciamo passi irreversibili verso una unione della stabilità», essendo che «l'Europa è il nostro futuro».
  Certo, fa presente che oggi giungono notizie non tranquillizzanti da Berlino: la Corte costituzionale tedesca si pronuncerà sui ricorsi contro il MES e il Fiscal Compact soltanto il 12 settembre prossimo, con ciò prospettando uno slittamento del «Fondo salva Stati» oltre luglio. Fino a quella data le esigenze dei Paesi in difficoltà potranno essere affrontate con lo strumento del solo EFSF (European Financial Pag. 43Stability Facility). Avverte che giovedì il Bundestag si riunisce in via straordinaria per deliberare sugli aiuti alle banche spagnole (e questa volta non occorreranno maggioranze qualificate) e il vertice informale dell'Eurogruppo di venerdì si prospetta come una nuova tappa decisiva di questo percorso, ove confermato.
  Rileva che il Trattato in esame è parte di un'ampia strategia europea di uscita dalla crisi che deve essere colta nel suo complesso. Fanno parte di tale strategia riforme apportate al quadro di governance economica europea, che innovano nel profondo la legislazione in vigore, con particolare riferimento a quattro strumenti: in primo luogo al six-pack, entrato in vigore il 13 dicembre 2011, che ha riformato il Patto di Stabilità e Crescita, innovando soprattutto il quadro europeo per la sorveglianza e il coordinamento delle politiche di bilancio degli Stati; in secondo luogo alle due nuove proposte di Regolamento, approvate il 23 novembre 2011 dalla Commissione, sulle quali Consiglio e Parlamento europeo decideranno definitivamente entro aprile 2013; in terzo luogo al Trattato intergovernativo sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria (il cosiddetto Fiscal Compact); in quarto luogo, al Trattato che istituisce il Meccanismo Europeo di Stabilità, volto a rendere permanente ciò che prima era temporaneo (EFSM e EFSF), già illustrato dal collega Pianetta.
  Il Trattato su cui relaziona è stato firmato a margine del Consiglio europeo dell'1-2 marzo 2012 dopo essere stato concordato nella riunione straordinaria del Consiglio europeo del 30 gennaio. Al Trattato hanno aderito 25 Paesi membri dell'UE su 27, con l'eccezione del Regno Unito e della Repubblica ceca.
  Ricorda che tra dicembre 2011 e febbraio 2012, si è svolto un intenso lavoro di emendamento del testo iniziale, anche sulla base di proposte presentate dal Governo italiano, con riferimento all'inserimento degli obiettivi della crescita, dell'integrazione nell'ambito del mercato interno e della coesione sociale accanto della disciplina di bilancio e al rafforzamento del ruolo della Commissione europea.
  Sottolinea che il Trattato ha per obiettivo il raggiungimento di un patto di bilancio (Fiscal Compact) per rafforzare il coordinamento delle politiche economiche e promuovere la governance economica dell'eurozona, in modo da supportare gli obiettivi della crescita sostenibile, dell'occupazione nonché, come precisato nell'ultima versione, della competitività e della coesione sociale. Le disposizioni del Trattato si applicano alle parti contraenti la cui moneta è l'euro e alle altre parti contraenti (articolo 1).
  Alla data del 12 luglio 2012, il Fiscal Compact è stato ratificato da 9 Paesi (Cipro, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Portogallo, Romania e Slovenia); in due 2 Stati (Austria e Germania) è stato completato l’iter parlamentare della ratifica ma i relativi strumenti non sono stati ancora firmati dal Presidente della Repubblica.
  In larga misura le disposizioni contenute nel Trattato riproducono o specificano obiettivi, vincoli o parametri già previsti dalla legislazione approvata l'8 novembre scorso (six-pack), dalle proposte legislative presentate dalla Commissione il 23 novembre 2011 o dal Patto Europlus.
  Il nuovo Trattato internazionale è stato pertanto negoziato e stipulato al di fuori del quadro istituzionale dell'Unione europea e delle procedure previste per la modifica dei Trattati europei. A tale riguardo, l'articolo 16 del Trattato stabilisce che entro cinque anni dall'entrata in vigore, sulla base di una valutazione della sua attuazione, verranno fatti i passi necessari, in conformità con le disposizioni dei Trattati UE, allo scopo di incorporare le norme del trattato intergovernativo nella cornice giuridica dell'UE.
  Quanto ai contenuti del Trattato, esso si articola in 16 articoli preceduti da un ampio preambolo che contiene due importanti previsioni: l'impegno delle parti contraenti a sostenere le proposte che la Commissione europea potrebbe presentare per rafforzare ulteriormente il Patto di Pag. 44stabilità e crescita, introducendo, per i Paesi dell'eurozona, obiettivi a medio termine in linea con i parametri fissati dal Trattato in esame; il richiamo, alla luce del testo finale dell'articolo 8, all'articolo 260 del TFUE, che attribuisce alla Corte di giustizia il potere di imporre il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità nel caso in cui uno Stato non si sia conformato ad una sua sentenza.
  Dopo l'articolo 1 sugli obiettivi di fondo, ai sensi dell'articolo 2, in materia di coerenza e rapporto con il diritto dell'UE, il nuovo trattato si applica e si interpreta in conformità con i Trattati su cui si fonda l'UE, in particolare con il principio di leale cooperazione tra Stati membri e Unione, senza pregiudizio per le competenze dell'UE nell'ambito dell'Unione economica e monetaria. Su questa norma è interessante segnalare che il Governo tedesco, con un proprio emendamento, aveva chiesto di sopprimere il richiamo al primato del diritto UE rispetto al nuovo trattato e di inserire invece la clausola per cui le nuove disposizioni si dovessero considerare conformi ai Trattati UE in quanto recanti norme più stringenti. L'articolo 3 impegna le Parti contraenti ad introdurre, entro un anno dall'entrata in vigore del Trattato, con norme vincolanti e a carattere permanente, preferibilmente di tipo costituzionale, l'obbligo del pareggio di bilancio.
  In base all'articolo 4, qualora il rapporto debito pubblico/PIL superi la soglia del 60 per cento, le parti contraenti si impegnano a ridurlo mediamente di 1/20 all'anno, come previsto dall'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1467/97 come modificato dal regolamento (UE) n. 1177/2011, che assume rilevanza nella misura in cui stabilisce che l'entità della riduzione del debito possa essere modulata a seguito della valutazione da parte della Commissione e del Consiglio di taluni fattori rilevanti. L'esistenza di un disavanzo eccessivo dovuto alla inosservanza del criterio del debito viene decisa seguendo le procedure previste dall'articolo 126 del TFUE. Anche questo riferimento è importante in quanto consente, per l'accertamento della situazione di disavanzo eccessivo, che il Consiglio si esprima secondo le regole della maggioranza qualificata ordinaria e non «inversa».
  In base all'articolo 5 le parti contraenti che sono oggetto di una procedura per disavanzo eccessivo dovranno concordare e sottoporre alla Commissione europea e al Consiglio un programma di partenariato economico e di bilancio che comprenda una descrizione dettagliata delle riforme strutturali che intendono mettere in atto per sanare la situazione di deficit eccessivo.
  L'articolo 6 prevede che le Parti contraenti, al fine di coordinare meglio l'attività di collocazione dei titoli di debito pubblico, riferiscano preventivamente alla Commissione e al Consiglio sui piani di emissione dei titoli di debito. Questa formulazione accoglie una proposta formulata nel rapporto Van Rompuy che, peraltro, suggeriva di valutare contestualmente l'introduzione, sia pure a lungo termine, degli stability bonds, ovvero di emissioni comuni di debito pubblico.
  L'articolo 7 impegna i Paesi dell'area dell'euro a sostenere le proposte e le raccomandazioni adottate dalla Commissione europea nel caso in cui uno Stato membro non rispetti i criteri relativi al deficit nell'ambito della procedura per disavanzi eccessivi, a meno che esse non siano respinte dal Consiglio a maggioranza qualificata (cd. «maggioranza inversa»), senza tenere conto del voto dello Stato interessato.
  L'articolo 8 concerne le procedure per la verifica dell'attuazione degli obblighi previsti in materia di disavanzo e costituzionalizzazione del pareggio di bilancio posti dall'articolo 3. In particolare, la Commissione è invitata a presentare in tempo utile alle parti contraenti un rapporto sulle disposizioni adottate da ciascuna di esse per dare attuazione agli obblighi sopra richiamati. Se la Commissione, dopo aver dato alle parti contraenti interessate la possibilità di presentare le proprie osservazioni, reitera la non conformità agli obblighi previsti dal trattato, una o più parti contraenti possono presentare ricorso alla Corte di Giustizia. Pag. 45
  L'articolo 9 impegna le parti contraenti, sulla base delle norme sul coordinamento delle politiche economiche contenute nel Trattato sul funzionamento dell'UE (TFUE), ad operare congiuntamente per una politica economica che promuova il buon funzionamento dell'Unione economica e monetaria e la crescita attraverso una convergenza e una competitività rafforzate. L'articolo 10 impegna, nel rispetto delle norme previste dai Trattati vigenti, le parti contraenti a fare ricorso, ove sia considerato appropriato e necessario, alla misure specifiche per i Paesi della zona euro previste dall'articolo 136 del TFUE, e alle cooperazioni rafforzate nei settori che sono essenziali per il buon funzionamento dell'eurozona, senza tuttavia recare pregiudizio al mercato interno.
  In base all'articolo 11, le parti contraenti discutono preventivamente e coordinano con gli altri partner, coinvolgendo anche le Istituzioni dell'UE come previsto dal diritto europeo, tutte le più importanti riforme economiche che intendono adottare, a palese rafforzamento della procedura del Semestre europeo.
  In base all'articolo 12 i Capi di Stato e di governo delle Parti contraenti la cui moneta è l'euro si riuniscono informalmente in un Euro-Summit, insieme al Presidente della Commissione europea. Il Presidente della Banca centrale europea è invitato a partecipare a tali summit. Il Presidente dell'Euro Summit verrà nominato dai Capi di stato e di governo, a maggioranza semplice, in coincidenza con la nomina del Presidente del Consiglio europeo. Gli Euro Summit avranno luogo ogni qual volta sia ritenuto necessario, e almeno due volte all'anno, per discutere i temi connessi alla governance dell'eurozona, e in particolare gli orientamenti strategici per potenziare la competitività e la convergenza economica. I Capi di Stato e di governo delle parti contraenti non appartenenti all'eurozona che hanno ratificato il trattato parteciperanno agli Euro Summit che vertono sulla competitività, sulle modifiche all'architettura dell'eurozona e alle regole che si applicheranno ad essa, così come, se appropriato e almeno una volta all'anno, agli Euro Summit su questioni specifiche attinenti all'attuazione del trattato. Il Presidente del Parlamento europeo potrebbe essere invitato per essere audito. Dopo ogni riunione dell'Euro Summit, il suo Presidente riferirà al Parlamento europeo. Il Presidente dell'Euro summit terrà inoltre informati gli altri Stati membri dell'UE sulla preparazione e gli esiti delle riunioni. La disposizione è volta a rendere sistematico e strutturato lo svolgimento dei vertici dei Capi di Stato e di Governo che, a partire dal 2010, per effetto della crisi economica, si sono svolti più volte l'anno. I Vertici mantengono peraltro carattere informale non configurando la creazione di una nuova istituzione o organo.
  In base all'articolo 13 il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali delle parti contraenti, come previsto dal Titolo II del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali allegato al TFUE, determineranno insieme l'organizzazione e la promozione di una Conferenza dei presidenti delle Commissioni competenti dei Parlamenti nazionali e delle competenti Commissioni del PE.
  L'articolo 14 stabilisce che il trattato sia ratificato dalle Parti contraenti in conformità con le rispettive norme costituzionali. Il trattato entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo al deposito del dodicesimo strumento di ratifica di una Parte contraente la cui moneta è l'euro.
  In base all'articolo 15 il Trattato è aperto all'adesione di altri Stati membri dell'UE che non siano le Parti contraenti e l'articolo 16 stabilisce che entro cinque anni dall'entrata in vigore, sulla base di una valutazione della sua attuazione, verranno fatti i passi necessari, in conformità con le disposizioni dei Trattati UE, allo scopo di incorporare le norme del trattato intergovernativo nella cornice giuridica dell'UE.

  Il ministro Enzo MOAVERO MILANESI osserva che se i passi che si stanno compiendo da circa un anno a trattati vigenti non avessero a sfondo il termometro quotidiano rappresentato dall'andamento Pag. 46dello spread si potrebbe esprimere profonda soddisfazione per i passi avanti compiuti nell'Unione economia e monetaria, anche per l'eliminazione delle lacune e dei non detti che si sono affastellati nel dare interpretazione e nell'attuare il Patto di stabilità. A questo punto del percorso, sottolinea il fatto che l'UE si sita dotando di strumenti che rafforzano l'Unione economica e monetaria mediante uno strumento di vincolo, rappresentato dal Fiscal Compact, ed uno strumento di solidarietà, rappresentato dal MES. In questa dinamica si inserisce il cosiddetto «Compact sulla crescita», adottato dal Consiglio europeo di fine giugno, che racchiude molte delle idee lanciate dal Governo italiano e anticipate nella lettera dei dodici capo di governo di dicembre. Il Compact sulla crescita può a buon diritto essere comparato quanto a carattere innovativo al Libro Bianco del 1985 sul mercato interno anche perché in esso è stata inserita, per la prima volta in un atto europeo, la previsione della «regola aurea» che, pur in una situazione di pareggio di bilancio, consente di valutare in modo positivo la spesa pubblica per investimenti. Sottolinea che si tratta di risultati notevoli se si considerano i pressoché quindici anni di lavori mai coronati da successo sulla riforma delle istituzioni europee a partire dal Trattato di Amsterdam.
  Ribadisce che la crisi in atto potrebbe rappresentare un'occasione per un salto di qualità, se si sapranno affrontare le difficoltà nel modo appropriato.
  Quanto ai contenuti del Fiscal Compact, osserva che esso in fondo ribadisce principi e regole già contenute nella legislazione precedente e richiamata dai relatori. Circa alla possibilità di disporre di un margine dello 0,5 per cento del PIL, precisa si tratta di una facoltà non trascurabile alla luce dell'eventuale applicazione della golden rule e che si dovrà comunque potere riassorbire. Condivide le considerazioni dell'onorevole Tempestini sulla simmetria tra deficit e disavanzo. Quanto alla regola del pareggio, ricorda che l'Italia è stata tra i primi ad ottemperarla laddove la Francia sta ancora compiendo una riflessione al riguardo.
  In generale, segnala che il Fiscal Compact rappresenta un'occasione per assorbire l'eccesso di debito pubblico che il nostro Paese ha accumulato in anni ormai lontani ma i cui effetti si ripercuotono nel presente.
  Passando al MES, osserva che si tratta di uno strumento di rafforzamento che fornisce risposte precise alla stabilizzazione finanziaria. La sua natura giuridica consente di evitare che gli esborsi dei Paesi membri gravino sul debito pubblico, il che si sta dimostrando importante soprattutto in vista della necessità di ricapitalizzare le banche spagnole.
  In attesa che si possa sciogliere positivamente la riserva apposta dalla Corte costituzionale tedesca, fa presente che ad oggi, anche se l'Italia e l'Estonia procedessero alla ratifica, ciò non basterebbe a realizzare l'operatività del meccanismo.
  Infine, osservato che il provvedimento relativo alla modifica dell'articolo 136 del TFUE non pone problemi di sorta, esprime apprezzamento per l'approfondito e rigoroso lavoro svolto nei mesi scorsi in questo e nell'altro ramo del Parlamento, di cui l'esame dei provvedimenti in titolo rappresenta un fase.

  Il sottosegretario Marta DASSÙ si associa alle considerazioni svolte dal Ministro Moavero Milanesi, riservandosi di intervenire nelle fasi successive del dibattito.

  Margherita BONIVER (PdL), a fronte della complessa materia, intende limitarsi ad alcuni commenti politici in relazione alla tenuta del sistema democratico europeo, messo gravemente in discussione dallo stridente contrasto tra la montagna regole a cui viene sottoposto l'apparato pubblico e l'assoluta libertà in cui operano gli speculatori. Nell'apprezzare i pur timidi segnali che di tale consapevolezza provengono dall'amministrazione Obama, sottolinea l'impotenza dei popoli europei, confermata dall'attuale impennata dello spread, nonostante i risultati dell'ultimo Pag. 47Consiglio europeo. Ci sarebbero a suo avviso molte domande da farsi, anche se mancano risposte alternative. Al riguardo, dichiara di condividere l'analisi di esperti del calibro di Krugman, piuttosto che la ricetta della Bundesbank. In tale quadro, il sostegno parlamentare alle ratifiche in esame non risolverà purtroppo le questioni aperte. Anche le misure concordate in favore della crescita si presentano infatti inadeguate sotto il profilo delle risorse disponibili. Ringrazia comunque il ministro per il lavoro svolto e dà atto al Governo di essere stato capace di agire in sede europea. Conclusivamente, dichiara di condividere la diagnosi, ma non la terapia.

  Giorgio LA MALFA (Misto-LD-MAIE), nell'associarsi al ringraziamento al ministro, ricorda l'esito a suo dire sorprendente del Consiglio europeo di fine giugno che sembrava aver finalmente affrontato congiuntamente i problemi del rigore, della crescita e della stabilizzazione. Purtroppo, a sole due settimane di distanza, resta in piedi soltanto l'obiettivo del rigore, a cui sono finalizzate le ratifiche in esame, mentre la crescita è rinviata e la stabilizzazione si è fermata non solo per l'allungamento dei tempi del processo di ratifica in Germania, ma soprattutto per le dichiarazioni recenti della Cancelliera Merkel, oltre alle prese di posizioni di Paesi Bassi e Finlandia.
  Preannuncia in ogni caso il suo voto favorevole, pur essendosi invece opposto alla modifica dell'articolo 81 della Costituzione, in quanto all'Italia non resta che la speranza di aggrapparsi al mantenimento degli impegni presi a fine giugno. Si chiede però dal punto di vista politico, analogamente alla collega Boniver, come si possa andare avanti con un'Europa che ha ormai chiaramente rinunciato a condividere un destino comune, nonostante l'ottimismo degli scenari delineati dal ministro. Osserva come in passato la solidarietà politica non venisse subordinata alla richiesta di comportamenti virtuosi, ma costituisse un valore in sé. Rileva criticamente il fatto che la moneta unica è stata un passo troppo avanzato rispetto alle condizioni del quadro politico-istituzionale. L'irrimediabile fallimento del trattato di Maastricht, fondato sull'imposizione di vincoli senza vantaggi, trova conferma nella circostanza che oggi siano proprio i deputati maggiormente europeisti, come lui stesso, a denunciare la crisi. Rimarca del resto come anche la Germania abbia le sue difficoltà, alla luce della drammatica condizione dell'euro. Conclude prendendo atto che il disegno che avrebbe dovuto portare l'Europa a contare di più nel mondo si è invece risolto in un drastico ridimensionamento del vecchio continente.

  Fabio EVANGELISTI (IdV) sottolinea la prudenza dell'intervento del ministro, rispetto ai toni più ottimistici dei relatori, nella consapevolezza che nei trattati in esame non vi sia la soluzione di tutti i problemi. Ritiene però che non si possa prescindere dal prendere atto della nuova impennata dello spread, perché sarebbe come dire che se non avessimo il termometro non avremmo la febbre. È evidente che i mercati non si sono accontentati dei passi avanti segnalati dal ministro che si è peraltro soffermato sul tema della crescita che non è però oggetto dei provvedimenti odierni. Trova però contraddittorio il tono preoccupato del suo intervento con la fiducia espressa nella provvidenzialità della crisi, ove si riuscisse a superarla. Osserva come i cosiddetti compiti a casa degli ultimi mesi non siano stati sufficienti ad impedire la risalita dello spread, solo rinviata dall'iniezione di liquidità della BCE. I tagli e le tasse hanno invece accentuato la recessione, facendo raggiungere il record del debito pubblico pari a 1996 miliardi di euro con una spesa annua per interessi pari a 90 miliardi di euro, portando la disoccupazione oltre il 10 per cento, impoverendo le famiglie e abbassando drasticamente il PIL tanto che soltanto la Grecia sta oggi peggio dell'Italia. Da oppositore del precedente governo, evidenzia, in particolare a vantaggio di chi anche in questa sede ha voluto speculare sulle future alleanze, il paradosso per cui allora le responsabilità non sarebbero soltanto Pag. 48dell'ex presidente del consiglio e dell'ex ministro dell'economia e delle finanze.
  Pur non nascondendosi come sia oggi difficile uscire da un meccanismo di cui si sono accettati gli impegni, si chiede quale sia la fretta di procedere alle ratifiche in titolo dal momento che la Germania ha già fatto sì che se ne riparli a settembre. Apprezza comunque la serietà e la consapevolezza del Governo, anche se non ne condivide le scelte. Ricorda l'astensione del suo gruppo al Senato, adottata tuttavia anche in ragione dell'effetto regolamentare previsto in quel ramo del Parlamento. Preannuncia comunque un voto non favorevole anche presso la Camera.

  Stefano STEFANI, presidente, in vista dell'inizio della riunione dell'Ufficio di presidenza delle Commissioni riunite III, V e XIV rinvia il seguito dell'esame alla giornata di domani per proseguire il dibattito, avvertendo comunque che è stata raggiunta un'intesa tra i gruppi per lo svolgimento della discussione generale in Assemblea nella seduta pomeridiana. Pertanto, la Commissione dovrà procedere a licenziare i provvedimenti in titolo non appena perverranno i pareri delle competenti Commissioni. Ricorda altresì che domani mattina è prevista l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Grilli, sui recenti sviluppi nell'ambito dell'eurozona in relazione al processo di ratifica in corso.

  La seduta termina alle 15.45.