CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 4 luglio 2012
676.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Mercoledì 4 luglio 2012. — Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Salvatore Mazzamuto.

  La seduta comincia alle 14.20.

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Sui lavori della Commissione

  Enrico COSTA (PdL) chiede alla Presidenza che sia abbinata alle proposte di legge in materia di riforma delle misure cautelari attualmente all'esame della Commissione giustizia la proposta di legge C. 5295 presentata dall'onorevole Papa ed assegnata ieri alla Commissione, vertente sulla medesima materia.

  Giulia BONGIORNO, presidente, assicura l'onorevole Costa che la proposta di legge presentata dall'onorevole Papa sarà abbinata alle altre proposte di legge in materia di misure cautelari non appena queste verranno nuovamente inserite all'ordine del giorno della Commissione.

  Antonio DI PIETRO (IdV) interviene per chiedere alla Presidenza di sollecitare un reinserimento nel calendario dell'Assemblea delle proposte di legge in materia di false comunicazioni sociali già approvate dalla Commissione giustizia in quota opposizione.

  Giulia BONGIORNO, presidente, replica all'onorevole Di Pietro che non spetta alla Presidenza della Commissione giustizia di sollecitare l'inserimento nel calendario dell'Assemblea di provvedimenti esaminati dalla Commissione stessa. In merito alle proposte di legge alle quali l'onorevole Di Pietro ha fatto riferimento il suo compito è stato quello di predisporre una programmazione dei lavori della Commissione che tenesse conto della circostanza che si trattava di proposte di legge in quota opposizione inserite nel calendario dell'Assemblea.

  Federico PALOMBA (IdV) dopo aver dato atto alla Presidenza della Commissione giustizia di aver svolto sempre un ruolo di garanzia a favore dei provvedimenti iscritti in quota opposizione, si associa alla sollecitazione dell'onorevole Di Pietro, ritenendo che la rilevanza della riforma dei reati di false comunicazioni sociali sia tale da evitare ulteriori ritardi nella sua approvazione.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell'Unione europea.
COM(2012)85 final.
(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Lorenzo RIA (UdCpTP), relatore, osserva che la proposta di direttiva in esame interviene nella delicata materia del della confisca dei proventi di reato. Nella relazione introduttiva alla proposta la Commissione, richiamandosi alle stime ONU in materia, sottolinea che l'importo totale dei proventi di reato a livello mondiale nel 2009 sarebbe quantificabile nell'ordine di circa 2100 miliardi di dollari USA, ossia il 3,6 per cento del prodotto interno lordo mondiale.
  La relazione rileva altresì che, pur non esistendo stime affidabili circa l'entità dei proventi di reato nel complesso dell'Unione europea, la gravità del problema risulterebbe evidente dai dati disponibili per alcuni Stati membri come ad esempio l'Italia. Nel nostro paese, in particolare, i proventi della criminalità organizzata riciclati nel 2011 sarebbero stati stimati dalla Banca d'Italia a 150 miliardi di euro, e la Corte dei conti avrebbe valutato intorno ai 50-60 miliardi annui il costo della corruzione. Come indicato nella EU Organised Crime Threat Assessment 2011 di Europol e nella relazione annuale di Eurojust per il 2010, le attività del crimine organizzato sono in gran parte di natura transnazionale e i proventi delle attività dei gruppi criminali sono sempre più spesso investiti in altri Stati membri.
  Già questi dati sono sufficienti per rendersi conto dell'importanza di una disciplina adeguata della materia sia su base nazionale che transnazionale. Pag. 62
  L'Unione europea si è già dotata di un quadro giuridico in materia di congelamento, sequestro e confisca dei beni, composto dalle seguenti decisioni quadro, che, alla luce di un'analisi approfondita presentata nella comunicazione della Commissione europea del novembre 2008 «Proventi della criminalità organizzata – Garantire che «il crimine non paghi» (COM(2008)766), ha tuttavia rivelato alcuni aspetti critici.
  Rispetto al quadro giuridico esistente le modifiche prospettate sono essenzialmente volte a: facilitare la confisca di beni che derivano dalle attività criminali di un condannato; consentire la confisca di beni nei casi in cui non si possa ottenere una condanna penale a motivo della morte, della malattia permanente o della fuga dell'indagato; garantire che i pubblici ministeri possano sottoporre a congelamento temporaneo i beni che rischiano altrimenti di scomparire; far sì che le autorità nazionali gestiscano i beni congelati o confiscati in modo da evitarne la svalutazione. Inoltre, la proposta non contiene disposizioni esplicite in materia di riconoscimento reciproco, limitandosi a richiamare l'applicazione alla nuova disciplina della confisca la vigente decisione quadro in materia (decisione quadro 2006/783/GAI relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca).
  Per quanto attiene al contenuto specifico della direttiva, gli articoli 1 e 2 definiscono l'obiettivo e il campo di applicazione della proposta.
  In particolare ai sensi dell'articolo 1 la proposta reca norme minime relative al congelamento di beni, in vista di un'eventuale successiva confisca, e alla confisca di beni in materia penale.
  Il riferimento a norme minime si traduce nella possibilità per gli Stati membri di emanare una normativa nazionale più ampia.
  Relativamente alle definizioni di cui all'articolo 2 si segnala che ai fini della proposta si intende per «provento di reato»: ogni vantaggio economico derivato da reati, che può consistere in qualsiasi bene e che include ogni successivo reinvestimento o trasformazione di proventi diretti da parte dell'indagato o imputato, e qualsiasi utile valutabile; «bene»: un bene di qualsiasi natura, materiale o immateriale, mobile o immobile, nonché i documenti legali o gli strumenti comprovanti il diritto di proprietà o altri diritti sui predetti beni; «strumento»: qualsiasi bene usato o destinato a essere usato, in qualsiasi modo, in tutto o in parte, per commettere uno o più reati; «confisca»: una sanzione o misura, ordinata da un'autorità giudiziaria a seguito di un procedimento per un reato, che consiste nel privare definitivamente di un bene; «congelamento»: il divieto temporaneo di trasferire, distruggere, convertire, disporre o far circolare un bene o di assumerne temporaneamente la custodia o il controllo. La definizione di «reato» rimanda a precise definizioni delle sfere di criminalità elencate all'articolo 83, paragrafo 1, del TFUE, come disposto nella normativa vigente dell'Unione.
  Si segnala che la definizione di «provento di reato» rispetto alla precedente prevista dalla decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio è stata ampliata in modo tale da includervi la possibilità di confiscare tutti gli utili valutabili, anche indiretti, che derivano dai proventi di reato: secondo la Commissione (Considerando n. 9), tale nozione dovrebbe ricomprendere il successivo reinvestimento o la trasformazione dei proventi diretti, e il valore corrispondente a tutte le perdite evitate e tutti gli utili valutabili.
  Per quanto riguarda la definizione di «reato» ai fini dell'applicazione della proposta devono considerarsi inclusi il terrorismo, la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale delle donne e dei minori, il traffico illecito di stupefacenti, il riciclaggio di denaro, la corruzione, la contraffazione di mezzi di pagamento, la criminalità informatica, nonché attività criminali diverse da quelle elencate allorquando siano commesse attraverso la partecipazione ad un'organizzazione criminale (come definita dalla decisione quadro 2008/841/GAI relativa alla lotta contro la Pag. 63criminalità organizzata). Si precisa inoltre che l'articolo 14 della proposta prevede la sostituzione dell'articolo 1 della 2005/212/GAI recante il precedente quadro delle definizioni. Secondo la Commissione le attuali disposizioni in materia di confisca (in particolare, gli articoli 2, 4 e 5 della decisione quadro 2005/212/GAI) dovrebbero comunque rimanere in vigore per quanto riguarda le attività criminali non contemplate dall'articolo 2 della proposta.
  Per quanto riguarda la confisca basata sulla condanna, in base all'articolo 3 paragrafo 1 come già previsto dalla decisione quadro 2005/2121/GAI e dalla decisione quadro 2001/50 GAI, ciascuno Stato membro è tenuto ad adottare le misure necessarie per poter procedere alla confisca totale o parziale di strumenti o proventi di reato affinché sia consentito, a seguito di una condanna penale definitiva. Il paragrafo 2 del medesimo articolo impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie per poter procedere alla confisca di beni per un valore corrispondente ai proventi di reato (cosiddetta «pena sostitutiva per il valore in causa»), a seguito di una condanna penale definitiva.
  Si segnala, appunto, che già la decisione quadro 2001/500/GAI ha posto a carico degli Stati membri l'obbligo di consentire la confisca di strumenti e proventi di reato a seguito di una condanna definitiva nonché la confisca di beni di valore equivalente ai proventi stessi. Tale previsione rimarrebbe comunque in vigore per quanto concerne i reati rimasti fuori dal campo di applicazione della proposta in esame.
  In proposito, si segnala l'opportunità di un chiarimento da parte del Governo sul combinato disposto dei due paragrafi dell'articolo 3 e, in particolare, se non possa rivelarsi utile precisare che la confisca di beni per un valore corrispondente interverrebbe solamente in via sussidiaria, nel caso in cui non sia possibile provvedere alla confisca degli strumenti o proventi di reato.
  La proposta di direttiva richiede agli Stati di prevedere, a seguito di una condanna definitiva, la confisca di strumenti o proventi di reato (articolo 3, par. 1). Tale previsione non sembra comportare alcun adeguamento del nostro ordinamento.
  Il successivo par. 2 dell'articolo 3 precisa che a seguito di condanna gli Stati dovranno poter procedere alla confisca di beni «per un valore corrispondente ai proventi di reato». L'Unione richiede dunque – in caso di condanna per uno dei reati indicati dall'articolo 2 – la confisca per equivalente. Il nostro ordinamento, già contempla questa particolare confisca, ma solo per alcune specifiche condanne. Per le ipotesi di corruzione, riciclaggio, criminalità organizzata, tratta di persone e sfruttamento sessuale di minori, l'ordinamento già consente la confisca per equivalente. L'apprensione da parte dello Stato di beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato non è ancora prevista per tutte le ipotesi di accesso illecito a un sistema informatico (la confisca per equivalente è ammessa solo in alcuni casi di frode informatica); per i casi di corruzione nel settore privato (il reato non è ancora previsto dal nostro ordinamento considerato che il disegno di legge sulla corruzione, che lo prevede, è all'esame del Senato), per le ipotesi di terrorismo (se si escludono le ipotesi di terrorismo internazionale); per le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti e per la falsificazione di monete.
  L'articolo 4 innova (limitatamente alle attività criminali contemplate dalla proposta) la disciplina concernente i poteri estesi di confisca, già prevista per determinati reati gravi dalla decisione quadro 2005/212/GAI. In particolare si procederà alla confisca totale o parziale dei beni che appartengono a una persona condannata per un reato laddove, sulla base di fatti specifici, l'autorità giudiziaria ritenga «molto più probabile» che i beni in questione siano stati ottenuti dal condannato mediante attività criminali analoghe, piuttosto che da attività di altra natura. Tuttavia non si potrà ricorrere alla confisca quando le attività criminali analoghe non hanno potuto essere oggetto di un procedimento penale a motivo della prescrizione Pag. 64ai sensi del diritto nazionale, oppure sono già state oggetto di un procedimento penale il cui esito è stata l'assoluzione definitiva dell'imputato, o in altri casi in cui si applichi il principio del ne bis in idem.
  Si ricorda che la cosiddetta «confisca estesa» riguarda quelle fattispecie in cui è opportuno che la condanna penale sia seguita dalla confisca non solo dei beni associati al reato accertato nella condanna stessa, ma anche di ulteriori beni che l'autorità giudiziaria stabilisca (attraverso un giudizio – secondo la lettera della disposizione – di tipo probabilistico) essere i proventi di altri reati. La Commissione precisa che l'intervento si è reso necessario a causa della frammentarietà del quadro giuridico previsto dalla decisione quadro 2005/212/GAI: l'attuale disciplina prevede, infatti, tre diversi gruppi di condizioni minime (che gli Stati membri possono scegliere, anche cumulativamente) in presenza dei quali è possibile applicare i poteri estesi di confisca. Tale facoltà ha fatto sì che al momento del recepimento nelle rispettive normative nazionali gli Stati membri scegliessero opzioni diverse, che si sono tradotte in concetti distinti di poteri estesi di confisca nelle giurisdizioni nazionali, spesso con l'effetto ulteriore – del tutto contrario all'obiettivo della decisione quadro – del mancato riconoscimento ed esecuzione reciproci dei sistemi prescelti dagli Stati membri.
  Pertanto con la disposizione in esame la Commissione intende predisporre (limitatamente ai reati contemplati dalla proposta) un unico insieme di norme minime concernenti la confisca estesa. Secondo la Commissione tali poteri devono applicarsi quando l'autorità giudiziaria nazionale, sulla base di fatti specifici quali quelli connessi alla natura del reato, del reddito dichiarato del condannato, della differenza tra la sua situazione economica e il suo livello di vita, o di altri fatti, ritiene molto più probabile che i beni in questione siano derivati da altri reati, di natura o gravità analoghe a quelle del reato per il quale la persona è condannata, che da altre attività. La confisca estesa è comunque esclusa nei casi di prescrizione, assoluzione o altro caso di applicazione del principio ne bis in idem che abbiano come oggetto le attività criminali analoghe citate.
  A tale proposito appare opportuno acquisire la valutazione del Governo sulle modifiche apportate alla normativa vigente con particolare riguardo all'impatto che potrebbero determinare le seguenti previsioni: quanto all'azionabilità della confisca estesa, la condizione per cui dovrebbe essere «molto probabile» che i beni interessati siano stati ottenuti dal condannato mediante attività criminali analoghe; la condizione per cui sarebbe necessario fondare il giudizio di probabilità su fatti specifici.
  I poteri estesi di confisca, cui si riferisce l'articolo 4 della proposta di direttiva, richiamano la confisca particolare già prevista nel nostro ordinamento dall'articolo 12-sexies del DL n. 306 del 1992. il nostro ordinamento dovrebbe introdurre la confisca di beni di cui il condannato non si riesca a giustificare altrimenti la provenienza per i seguenti reati indicati dalla proposta di direttiva: per le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti e per la falsificazione di monete; per le ipotesi di terrorismo (se si escludono le ipotesi di terrorismo internazionale); per i casi di corruzione nel settore privato, anche perché la relativa decisione quadro (n. 2003/568/GAI) non è stata recepita nell'ordinamento; per tutte le ipotesi di accesso illecito a un sistema informatico; per le fattispecie di sfruttamento sessuale dei minori.
  L'articolo 5 introduce nella normativa dell'Unione la fattispecie della confisca non basata sulla condanna. In particolare, si potrà procedere alla confisca dei proventi e strumenti di reato in assenza di una condanna penale, a seguito di un procedimento che, se l'indagato o imputato avesse potuto essere processato, avrebbe potuto portare ad una condanna penale, laddove: la morte o la malattia permanente dell'indagato o imputato impedisca di portare avanti l'azione penale, oppure la malattia o la fuga dell'indagato Pag. 65o imputato prima dell'azione penale o dell'emissione della condanna non consenta di agire penalmente entro tempi ragionevoli e comporti il rischio grave che l'azione penale sia invalidata dalla prescrizione.
  Il contenuto di tale disposizione riflette quanto previsto dall'articolo 54, paragrafo 1, lettera c) della Convenzione ONU contro la corruzione, ed è in linea con quanto raccomandato dal Gruppo di azione finanziaria (GAFI) dell'OSCE. La Commissione precisa che lo strumento della confisca senza condanna per essere in linea con il principio di proporzionalità debba essere circoscritto ad ipotesi in cui non sia possibile esercitare o vi sia l'alto rischio di non portare a conclusione l'azione penale per intervenuta prescrizione. Inoltre secondo la Commissione pur trattandosi di confisca rispetto ad un reato dovrebbe essere consentito agli Stati membri di scegliere se questa debba essere inflitta dal giudice penale e/o dal giudice civile/amministrativo.
  Il documento di lavoro della Commissione europea ricorda che, in Italia, l'applicazione della confisca non basata sulla condanna, applicata agli eredi di un sospettato deceduto, avrebbe permesso nel 2010, nell'ambito dell'operazione NEMESI, il congelamento di beni per un valore di oltre 700 milioni di euro.
  Si segnala che in sede di negoziato, l'articolo 5 avrebbe suscitato un approfondito dibattito nel quale sarebbero emersi due punti di vista in materia di confisca in assenza di condanna e le rispettive variazioni correntemente adottate dagli Stati membri. A tal proposito si riscontrano, da un lato, Stati che ammettono la confisca in presenza di procedimenti penali e che considerano impegnativo introdurre la confisca in pronunce adottate in base al diritto civile; dall'altro, Stati membri che consentono la confisca anche ai sensi del diritto civile e che ritengono la misura in esame poco incisiva. In tale sede si sarebbe osservato che uno degli svantaggi della disposizione potrebbe dipendere dal fatto di non essere accompagnata da una specifica previsione che estenda il reciproco riconoscimento ai provvedimenti di congelamento o di confisca adottati in assenza di condanna (riconoscimento che invece ridurrebbe i problemi pratici che incontrano gli Stati membri quando applicano un sistema diverso da quello nazionale. Tale inconveniente deriva dal fatto che la normativa vigente in materia di riconoscimento reciproco dei provvedimenti di confisca (decisione quadro 2006/783/GAI), sembrerebbe applicarsi solo alle decisioni di confisca prese nell'ambito del procedimento penale.
  Si ricorda altresì, che poiché l'articolo 5 fonda la confisca non basata sulla condanna sul presupposto ipotetico di una possibile condanna penale ove il sospetto fosse stato nelle condizioni di affrontare il processo, tale dettato ha fatto sorgere la questione di principio della possibile incompatibilità rispetto alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, con specifico riferimento alla violazione del diritto alla difesa.
  La Commissione al riguardo ha segnalato che in passato la Corte europea dei diritti dell'uomo ha emesso diverse decisioni con le quali ha confermato normative nazionali recanti confische non basate su condanne (con l'inversione dell'onere della prova relativamente alla provenienza legittima dei beni interessati) nella misura in cui fossero state applicate al caso specifico in modo equo e in presenza di adeguate garanzie per la persona colpita dal provvedimento interessato. Tra di esse la Commissione ricorda proprio il caso della normativa italiana considerata da una pronuncia della Corte di Strasburgo una restrizione necessaria dei diritti fondamentali nella misura in cui costituisca un'arma necessaria nella lotta contro la mafia (Sentenza Raimondo/Italia del 22 febbraio 1994).
  A tale proposito sarebbe utile acquisire le valutazioni del Governo anche in relazione alla possibilità di prevedere, nell'articolo in questione, disposizioni volte specificamente a disciplinare la confisca senza condanna di beni in possesso di chi non sia in grado di giustificarne la legittima Pag. 66provenienza. Tale eventualità potrebbe ricorrere qualora l'autorità giurisdizionale ritenga, sulla base di specifiche circostanze e nel rispetto dei diritti della difesa e del principio della buona fede del terzo, che tali beni derivino da attività criminali (contemplate dalla proposta) delle quali tale persona sia accusata.
  Con riferimento all'articolo 5, si segnala che l'articolo 240 del codice penale tratta la c.d. confisca penale ordinata dal giudice a seguito di sentenza di condanna ed individua come residuali le ipotesi nelle quali si può procedere a confisca anche in assenza di condanna (secondo comma, n. 2). In questo si apprezza una delle principali distinzioni rispetto alla confisca di prevenzione, che può invece essere disposta anche in caso di morte dell'interessato.
  Per quanto riguarda la prescrizione del reato, la giurisprudenza ha sin qui chiarito che l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione impedisce la confisca delle cose che costituiscono il prezzo del reato, atteso che la misura ablativa è prevista non in ragione dell'intrinseca illiceità delle stesse bensì in forza del loro peculiare collegamento con il reato, il cui positivo accertamento è necessario presupposto (Cassazione, Sez. VI, sent. n. 8382 del 2011 e Sez. II, sent. n. 39756 del 2011).
  Sul punto, dunque, sembrerebbe che il nostro ordinamento debba adeguarsi ai principi espressi dalla proposta di direttiva. Quanto alle ipotesi di fuga dall'indagato/imputato, si ricorda che in base al codice di rito la fuga dell'indagato non impedisce lo svolgimento del processo in contumacia, potendosi conseguentemente ottenere ugualmente una condanna.
  L'articolo 6 introduce nell'ordinamento dell'Unione europeo lo strumento della confisca nei confronti di terzi. L'intervento normativo impone agli Stati membri di prevedere la possibilità di confiscare i proventi di reato trasferiti a terzi dal condannato o per suo conto (o dall'indagato o imputato nelle condizioni previste per la confisca senza condanna), oppure altri beni del condannato, trasferiti a terzi al fine di evitare la confisca di beni del valore corrispondente ai proventi di reato. Ai fini della compatibilità con il principio di proporzionalità la Commissione ha posto una serie di limiti volti ad evitare possibili casi di arbitrio e a salvaguardare il principio della buona fede dei terzi. Affinché sia ammissibile la confisca nei confronti di terzi occorrerà anche che i beni siano suscettibili di restituzione, oppure che si verifichino cumulativamente le due seguenti condizioni: da una valutazione svolta sulla base di fatti specifici attinenti al condannato, all'indagato o all'imputato, la confisca dei beni del condannato (o dell'indagato o dell'imputato nelle circostanze richieste per la confisca in assenza di condanna), non ha probabilità di successo; i proventi di reato o i beni sono stati trasferiti a titolo gratuito o in cambio di un importo inferiore al loro valore di mercato nel caso in cui il terzo sapeva ovvero – in assenza di tale consapevolezza - una persona ragionevole avrebbe dovuto sospettare, in base a circostanze e fatti concreti, che si tratta di proventi di reato o altro bene trasferito al fine di evitare la confisca.
  Si segnala che in sede negoziale, l'articolo 6 da più delegazione sarebbe stato giudicato eccessivamente complesso. In particolare sarebbe stata ritenuta troppo restrittiva la condizione per cui la confisca presso terzi di beni (secondo la lettera della disposizione) non suscettibili di restituzione sarebbe ammessa solo ove non abbia probabilità di successo la confisca nei confronti del condannato (o dell'imputato/indagato nei casi sopra citati). In tale sede sarebbe inoltre emersa l'opportunità di ampliare il campo di applicazione di tale strumento ai casi in cui i beni in possesso dei terzi siano considerati non proporzionati rispetto ai redditi legali.
  In particolare, sarebbe stata proposta una diversa formulazione della disposizione in esame, che semplifica notevolmente la misura proposta dalla Commissione. Più specificamente, secondo tale riformulazione verrebbe meno la necessità ai fini della confisca presso terzi di riscontrare la mancanza di probabilità di successo della confisca nei confronti del Pag. 67condannato/imputato/indagato; in secondo luogo, oltre alla confisca di proventi di reato trasferiti a terzi dal condannato o per suo conto (oppure dall'indagato o imputato nelle circostanze di cui all'articolo 5), sarebbe ammessa la confisca di altri beni del condannato o di una persona che non sia stata in grado di dimostrare l'origine legale dei beni stessi, ove la corte rilevi, sulla base di specifiche circostanze e nel rispetto dei diritti della difesa, che tali beni derivino da attività criminali (corrispondenti a quelle elencate nell'articolo 2) di cui è accusata la persona stessa. Infine secondo la delegazione italiana stessa occorrerebbe sostituire le dettagliate previsioni concernenti l'elemento psicologico del terzo (comprensivo del principio della persona ragionevole) con un generico riferimento alla necessità che siano rispettati gli interessi dei terzi in buona fede.
  Nell'ordinamento italiano non è ammessa confisca dei beni indicati nell'articolo 240 del codice penale quando appartengono a persona estranea al reato. A tal fine, peraltro, è «terzo estraneo al reato» soltanto colui che non partecipi in alcun modo alla commissione del reato o all'utilizzazione dei profitti derivati. Tale nozione postula che l'estraneo non abbia alcun collegamento con il reato e che non vi abbia partecipato con attività connesse, anche se non punibili (Cassazione, Sez. II, sent. n. 6561 del 2009).
  La proposta di direttiva richiede agli Stati di individuare strumenti che consentano la confisca anche quanto l'appartenenza dei beni a terzi sia frutto di intestazioni fittizie, di tentativi di eludere la stessa normativa sulla confisca.
  Sul punto, nonostante la giurisprudenza abbia affermato che «l'appartenenza della cosa al terzo estraneo al reato deve sussistere al momento dell'applicazione della confisca e non risalire ad un momento precedente alla commissione del reato», ad esempio annullando il provvedimento del giudice dell'esecuzione che aveva ritenuto irrilevante l'acquisizione da parte di un terzo della proprietà dell'immobile confiscato perché avvenuto successivamente alla commissione dell'illecito ed al sequestro preventivo del bene medesimo (cfr. Sez. VI, sent. n. 4008 del 1997), il nostro ordinamento riconosce al giudice la possibilità di accertare, caso per caso, se l'intestazione del bene abbia carattere elusivo.
  L'articolo 7 obbliga ciascuno Stato membro ad adottare le misure necessarie che consentano all'autorità giudiziaria di congelare i beni che rischiano di essere dispersi, occultati o trasferiti al di fuori della giurisdizione, ed in vista di un'eventuale successiva confisca. Ai sensi del secondo paragrafo della medesima disposizione ulteriori misure devono essere adottate da ciascuno Stato membro affinché le proprie autorità competenti possano procedere immediatamente al congelamento di beni (da confermarsi quanto prima da parte dell'autorità giudiziaria) quando vi sia un rischio elevato che detti beni siano dispersi, occultati o trasferiti prima della decisione dell'autorità giudiziaria.
  L'articolo 8 reca standard minimi di garanzia dei diritti di difesa che possono essere esercitati dalle persone interessate a vario titolo dalle misure di confisca e congelamento.
   La disposizione in esame prevede che ciascuno Stato membro adotti le misure necessarie a garantire che, al fine di salvaguardare i propri diritti, le persone colpite dai provvedimenti disciplinati nella presente direttiva godano del diritto a un ricorso effettivo e che gli indagati godano del diritto a un giudice imparziale.
  L'articolo 9 (Definizione della portata della confisca ed effettiva esecuzione) prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie affinché sia possibile definire la portata esatta dei beni da confiscare in seguito ad una condanna penale definitiva o in seguito ad un procedimento quale previsto all'articolo 5, che hanno portato al provvedimento di confisca, e di consentire che siano prese ulteriori misure per quanto necessario all'effettiva esecuzione di tale provvedimento di confisca.
  Il congelamento cui si riferisce l'articolo 7 equivale al nostro sequestro preventivo, Pag. 68già disciplinato anche nel procedimento dagli articoli 321 e seguenti del codice di procedura penale.
  Per quanto riguarda le garanzie, di cui all'articolo 8 della proposta, oltre ai suddetti articoli, occorre fare riferimento alle disposizioni che disciplinano l'impugnazione della sentenza che dispone la confisca penale ovvero – nel caso del terzo estraneo – alle disposizioni (artt. 676, comma 1, e 667, comma 4, c.p.p.) che consentono di rivolgersi direttamente al giudice dell'esecuzione penale.
  In base all'articolo 10 (Gestione dei beni sottoposti a congelamento) ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie, come l'istituzione di uffici nazionali centralizzati o meccanismi equivalenti, per garantire l'adeguata gestione di beni sottoposti a congelamento in vista di un'eventuale successiva confisca. Ciascuno Stato membro assicura che le misure che ottimizzino il valore economico di tali beni e include la vendita o il trasferimento dei beni che rischiano di svalutarsi.
  A tale proposito si ricorda che è già operativa in Italia, l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità La proposta di direttiva richiede agli Stati di approntare strumenti efficienti anche dal punto di vista economico per gestire i beni sequestrati in vista di una possibile confisca.
  Sul punto il nostro ordinamento – anche per l'esperienza maturata nel settore della gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia attraverso le misure di prevenzione patrimoniali – pare rispondere già pienamente alle esigenze poste dall'Unione europea.
  L'articolo 11 individua le tipologie di dati che, al fine di verificare l'efficacia dei loro regimi di confisca, gli Stati membri saranno tenuti a raccogliere periodicamente, conservare e inviare annualmente alla Commissione europea.
  Secondo l'articolo 12, gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per dare attuazione interna alla direttiva entro due anni dalla data di adozione.
  Secondo l'articolo 13, La Commissione, entro tre anni dalla data di recepimento, presenterà una relazione al Parlamento europeo e del Consiglio, valutando l'impatto della vigente normativa nazionale in materia di confisca e recupero dei beni, corredata, se necessario, di proposte adeguate
  L'articolo 14 definisce la relazione della proposta di direttiva con il quadro normativo vigente. In particolare la proposta di direttiva sostituirà le disposizioni di cui agli articoli 1 (definizioni) e 3 (poteri estesi di confisca). Qualunque rinvio a tali disposizioni contenuto in atti dell'Unione europea dovrà intendersi come riferito alle corrispondenti disposizioni della proposta di direttiva in esame.
  Al riguardo si segnala l'opportunità di acquisire l'avviso del Governo in merito ad eventuali criticità connesse al coordinamento della disciplina in esame con la normativa vigente, nonché alla coerenza complessiva del quadro giudico europeo in materia di confisca, stante il fatto che la proposta di direttiva non consolida in un unico strumento legislativo le decisioni quadro vigenti.
  Occorre, in particolare, valutare se il ricorso allo strumento della direttiva, che ammette l'adozione di norme attuative dei singoli Stati membri, non sia suscettibile di inficiare, anche parzialmente, l'obiettivo di superare la frammentarietà del quadro normativo attuale.
  Occorrerebbe altresì qualche chiarimento in merito alla piena applicabilità della decisione quadro 2006/783/GAI, recante il riconoscimento reciproco delle decisioni di confisca, agli strumenti previsti dalla proposta in esame. In particolare occorrerebbe chiarire se la sostituzione operata dall'articolo 14 sia sufficiente ad estendere il reciproco riconoscimento anche alle decisioni di confisca in assenza di condanna o addirittura alle decisioni di confisca assunte in una sede diversa da un procedimento penale.
  La Commissione sottolinea che dalla limitazione del campo di applicazione della proposta alle sfere di criminalità elencate all'articolo 83, paragrafo 1, inclusi Pag. 69i reati commessi attraverso la partecipazione ad un'organizzazione criminale, discende che le disposizioni vigenti dell'Unione in materia di confisca dovrebbero rimanere in vigore al fine di mantenere un certo livello di armonizzazione per quanto riguarda quelle attività criminali che non rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva.
  A tal proposito si segnala che la Commissione, nella relazione introduttiva al provvedimento, fa esplicito riferimento al mantenimento in vigore dei soli articoli 2, 4 e 5 della decisione quadro 2005/212/GAI; non è altrettanto chiarito da parte della Commissione se – come dovrebbe essere secondo un logico criterio di successione di leggi – per i reati rimasti fuori dalla proposta di direttiva in esame ma ricompresi dall'articolo 3 della detta decisione quadro debba considerarsi tutt'ora in vigore la precedente disciplina di confisca prevista dallo stesso articolo.
  Ritiene pertanto che si possa esprimere un parere favorevole sulla proposta di direttiva in esame tuttavia evidenziando alcuni punti critici.
  Segnala l'opportunità di un chiarimento da parte del Governo sul combinato disposto dei due paragrafi dell'articolo 3 e, in particolare, se non possa rivelarsi utile precisare che la confisca di beni per un valore corrispondente interverrebbe solamente in via sussidiaria, nel caso in cui non sia possibile provvedere alla confisca degli strumenti o proventi di reato.
  Ritiene opportuno acquisire la valutazione del Governo sulle modifiche apportate dall'articolo 4 della proposta alla normativa vigente con particolare riguardo all'impatto che potrebbero determinare l'azionabilità della confisca estesa, la condizione per cui dovrebbe essere «molto probabile» che i beni interessati siano stati ottenuti dal condannato mediante attività criminali analoghe e la condizione per cui sarebbe necessario fondare il giudizio di probabilità su fatti specifici. I poteri estesi di confisca, cui si riferisce l'articolo 4 della proposta di direttiva, richiamano la confisca particolare già prevista nel nostro ordinamento dall'articolo 12-sexies del DL n. 306 del 1992. Il nostro ordinamento dovrebbe introdurre la confisca di beni di cui il condannato non si riesca a giustificare altrimenti la provenienza per i seguenti reati indicati dalla proposta di direttiva: per le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti e per la falsificazione di monete; per le ipotesi di terrorismo (se si escludono le ipotesi di terrorismo internazionale); per i casi di corruzione nel settore privato, anche perché la relativa decisione quadro (n. 2003/568/GAI) non è stata recepita nell'ordinamento; per tutte le ipotesi di accesso illecito a un sistema informatico; per le fattispecie di sfruttamento sessuale dei minori.
  Ricorda altresì, che poiché l'articolo 5 fonda la confisca non basata sulla condanna sul presupposto ipotetico di una possibile condanna penale ove il sospetto fosse stato nelle condizioni di affrontare il processo, tale dettato ha fatto sorgere la questione di principio della possibile incompatibilità rispetto alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, con specifico riferimento alla violazione del diritto alla difesa.
  Sempre con riferimento all'articolo 5, segnala che l'articolo 240 del codice penale tratta la c.d. confisca penale ordinata dal giudice a seguito di sentenza di condanna ed individua come residuali le ipotesi nelle quali si può procedere a confisca anche in assenza di condanna (secondo comma, n. 2). In questo si apprezza una delle principali distinzioni rispetto alla confisca di prevenzione, che può invece essere disposta anche in caso di morte dell'interessato. Per quanto riguarda la prescrizione del reato, la giurisprudenza ha sin qui chiarito che l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione impedisce la confisca delle cose che costituiscono il prezzo del reato, atteso che la misura ablativa è prevista non in ragione dell'intrinseca illiceità delle stesse bensì in forza del loro peculiare collegamento con il reato, il cui positivo accertamento è necessario presupposto (Cassazione, Sez. VI, sent. n. 8382 del 2011 e Sez. II, sent. n. 39756 del 2011). Pag. 70Sul punto, dunque, sembrerebbe che il nostro ordinamento debba adeguarsi ai principi espressi dalla proposta di direttiva. Quanto alle ipotesi di fuga dall'indagato/imputato, si ricorda che in base al codice di rito la fuga dell'indagato non impedisce lo svolgimento del processo in contumacia, potendosi conseguentemente ottenere ugualmente una condanna.
  Segnala che in sede negoziale, l'articolo 6 da più delegazione sarebbe stato giudicato eccessivamente complesso. In particolare sarebbe stata ritenuta troppo restrittiva la condizione per cui la confisca presso terzi di beni (secondo la lettera della disposizione) non suscettibili di restituzione sarebbe ammessa solo ove non abbia probabilità di successo la confisca nei confronti del condannato (o dell'imputato/indagato nei casi sopra citati). Nell'ordinamento italiano non è ammessa confisca dei beni indicati nell'articolo 240 del codice penale quando appartengono a persona estranea al reato. A tal fine, peraltro, è «terzo estraneo al reato» soltanto colui che non partecipi in alcun modo alla commissione del reato o all'utilizzazione dei profitti derivati. Tale nozione postula che l'estraneo non abbia alcun collegamento con il reato e che non vi abbia partecipato con attività connesse, anche se non punibili (Cassazione, Sez. II, sent. n. 6561 del 2009). La proposta di direttiva richiede agli Stati di individuare strumenti che consentano la confisca anche quanto l'appartenenza dei beni a terzi sia frutto di intestazioni fittizie, di tentativi di eludere la stessa normativa sulla confisca. Sul punto, nonostante la giurisprudenza abbia affermato che «l'appartenenza della cosa al terzo estraneo al reato deve sussistere al momento dell'applicazione della confisca e non risalire ad un momento precedente alla commissione del reato», ad esempio annullando il provvedimento del giudice dell'esecuzione che aveva ritenuto irrilevante l'acquisizione da parte di un terzo della proprietà dell'immobile confiscato perché avvenuto successivamente alla commissione dell'illecito ed al sequestro preventivo del bene medesimo (cfr. Sez. VI, sent. n. 4008 del 1997), il nostro ordinamento riconosce al giudice la possibilità di accertare, caso per caso, se l'intestazione del bene abbia carattere elusivo.
  Con riguardo all'articolo 14 si segnala l'opportunità di acquisire l'avviso del Governo in merito ad eventuali criticità connesse al coordinamento della disciplina in esame con la normativa vigente, nonché alla coerenza complessiva del quadro giudico europeo in materia di confisca, stante il fatto che la proposta di direttiva non consolida in un unico strumento legislativo le decisioni quadro vigenti; occorre, in particolare, valutare se il ricorso allo strumento della direttiva, che ammette l'adozione di norme attuative dei singoli Stati membri, non sia suscettibile di inficiare, anche parzialmente, l'obiettivo di superare la frammentarietà del quadro normativo attuale.
  Occorrerebbero altresì alcuni chiarimenti in merito alla piena applicabilità della decisione quadro 2006/783/GAI, recante il riconoscimento reciproco delle decisioni di confisca, agli strumenti previsti dalla proposta in esame. In particolare occorrerebbe chiarire se la sostituzione operata dall'articolo 14 sia sufficiente ad estendere il reciproco riconoscimento anche alle decisioni di confisca in assenza di condanna o addirittura alle decisioni di confisca assunte in una sede diversa da un procedimento penale.

  Antonio DI PIETRO (IdV) fa presente che anche se la legislazione italiana è in realtà ben più avanzata della proposta di direttiva, occorre comunque approvare quanto prima il parere segnalando al Governo le diverse criticità della proposta di direttiva in esame.

  Marilena SAMPERI (PD), dopo aver condiviso l'osservazione dell'onorevole Di Pietro in merito alla legislazione italiana sottolinea l'esigenza di esaminare in maniera approfondita la proposta di direttiva facendo anche eventualmente ricorso ad alcune audizioni.

  Luca Rodolfo PAOLINI (LNP) ritiene anch'egli che la normativa italiana in materia sia la più avanzata in Europa e che Pag. 71gli altri Paesi, che in molti casi non prevedono neanche il reato associativo, debbano adeguarsi ad essa.

  Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la libera circolazione di tali dati (regolamento generale sulla protezione dei dati).
COM(2012)11 final.
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti ai fini della prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, e la libera circolazione di tali dati.
COM(2012)10 final.
(Seguito dell'esame congiunto, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti, rinviato l'11 aprile 2012.

  Giulia BONGIORNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, avverte che nella prossima seduta verrà posta in votazione la proposta di parere che sarà presentata dall'onorevole Contento sulla base del dibattito svoltosi. Rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.10.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 4 luglio 2012. — Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO indi del vicepresidente Federico PALOMBA. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Salvatore Mazzamuto.

  La seduta comincia alle 15.10.

Schema di decreto legislativo recante nuova distribuzione sul territorio degli uffici del giudice di pace.
Atto n. 455.
(Seguito dell'esame e rinvio)

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato il 28 giugno 2012.

  Giulia BONGIORNO, presidente, avverte di aver scritto una lettera al Ministro della giustizia, secondo quanto richiesto dai gruppi nella scorsa seduta, con la quale chiede al Ministro di valutare l'opportunità di un intervento in Commissione in relazione alla proposta di parere dei relatori ovvero, qualora ciò non sia possibile, di far comunque conoscere alla Commissione, nelle modalità ritenute più opportune, il suo orientamento in merito.

  Nicola MOLTENI (LNP), dopo aver preso atto della lettera inviata al Ministro della giustizia, ritiene necessario che entro domani il Ministro intervenga in Commissione sia in merito allo schema di decreto legislativo in esame sia al suo coordinamento con il provvedimento relativo agli uffici giudiziari che verrà approvato venerdì prossimo dal Consiglio dei ministri.
  Ritiene estremamente grave che il Parlamento debba apprendere da notizie di stampa le intenzioni del Governo in merito alla soppressione di uffici giudiziari, la quale peraltro risulterebbe essere concordata con i rappresentanti di alcuni gruppi di maggioranza incontrati fuori dalle Aule parlamentari.
  Il Ministro dovrà chiarire alla Commissione le ragioni per le quali non ha attuato i principi e criteri direttivi della delega relativamente alla soppressione degli uffici giudiziari, come ad esempio i criteri di cui alla lettera b) dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, nonché quale sarà la sorte di quegli uffici dei giudici di pace che lo schema di decreto non sopprime Pag. 72ma che avranno sede in circondari ove verranno soppressi gli uffici giudiziari.
  Conclude sottolineando la gravità del comportamento del Governo che in una materia tanto delicata quanto quella della riforma della geografia giudiziaria dimostra di non tener conto tanto del Parlamento quanto degli operatori della giustizia, come le tante associazioni forensi che proprio per la giornata di domani hanno deciso di scioperare per protesta contro la soppressione indiscriminata ed irrazionale di uffici giudiziari.

  Luigi VITALI (PdL) dopo aver ricordato di essere stato sempre favorevole ad una riforma organica della geografia giudiziaria, esprime tutto il proprio disappunto per la modalità attraverso la quale il Governo sta procedendo in tale riforma, ritenendo estremamente grave che si limiti ad avere come referenti solo alcuni deputati, che a suo parere svolgono un ruolo del tutto personale. Invita il Governo ad attuare la delega tenendo conto dei principi e criteri direttivi contenuti in una legge che peraltro è stata approvata con una certa sofferenza considerato che non vi è stato alcun dibattito parlamentare in merito.
  Ricorda inoltre che proprio ieri il Governo ha accolto un ordine del giorno con il quale si chiede sostanzialmente di far venir meno la cosiddetta regola del tre, secondo la quale in ciascun distretto di corte d'appello, incluse le sue sezioni distaccate, vi debbano rimanere non meno di tre degli attuali tribunali. Anche in questo caso si tratta di una soluzione che creerà enormi problemi di natura logistica.
  Non comprende per quale ragione un Governo che si definisce tecnico debba affrontare una materia che non si dovrebbe prestare a condizionamenti politici, come invece sta avvenendo.
  Invita il Governo a non sottovalutare le proteste che provengono anche dal Parlamento riguardo la gestione della riforma della geografia giudiziaria, preannunciando la propria forte contrarietà a qualsiasi provvedimento che dovesse essere formulato sulla base di sotterranee intese a discapito del confronto parlamentare.

  Lorenzo RIA (UdCpTP) dichiara di condividere nella sostanza l'intervento dell'onorevole Vitali ritenendo inaccettabile che il Governo escluda sostanzialmente il Parlamento nel momento in cui determina il nuovo assetto della geografia giudiziaria. Ritiene infatti inaccettabile che tale assetto debba essere conosciuto attraverso la stampa che riferisce di incontri del Ministro con alcuni deputati.
  Sottolinea pertanto l'esigenza che il Ministro intervenga personalmente in Commissione per fare chiarezza tanto sullo schema di decreto in esame quanto sui propri orientamenti in merito alla soppressione degli uffici giudiziari.

  Angela NAPOLI (FLpTP) ritiene estremamente grave che la riforma dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari si sia trasformata in un discorso di natura prettamente politica, quando invece dovrebbe esaurirsi nella obiettiva attuazione di principi e criteri direttivi di delega prefissati in una legge dello Stato.
  Ritiene altresì grave che il Ministro non abbia dato alcuna risposta sulla questione pregiudiziale sollevata anche dalla proposta di parere dei relatori in merito all'esigenza di attuare congiuntamente le due deleghe relative rispettivamente agli uffici dei giudici di pace ed agli uffici giudiziari. Ciò che ritiene intollerabile è la situazione di disagio nella quale si trovano tutti i parlamentari che come lei sono sottoposti a continue sollecitazioni provenienti dal territorio a causa di notizie di stampa che annunciano la soppressione di uffici giudiziari non sulla base dei criteri e principi di delega quanto piuttosto in ragione di logiche politiche che invece dovrebbero essere lasciate da parte. Con rammarico, invece, prende atto che il Governo preferisce scegliersi interlocutori politici privilegiati per pervenire a delle scelte sugli uffici giudiziari da mantenere che prescindono dalla delega. Tutto ciò non può che creare delle forti difficoltà per chi non alza la voce e non chiede al Governo di Pag. 73violare i limiti della delega, come invece fanno altri spinti da uno spirito campanilista che lei ritiene non solo fuori luogo ma anche contro la legalità, considerato che si tratterebbe di violare la legge per realizzare interessi particolari.
  Chiede quindi con forza al Governo che l'attuazione delle deleghe in materia di geografia giudiziaria sia fatta nel rispetto della legalità, senza quindi mettere deputati, come lei, nella condizione di dover dare conto delle ragioni per le quali sono stati salvati degli uffici giudiziari privi dei requisiti necessari a discapito di altri uffici rispondenti invece a tali requisiti.
  Qualora invece il Governo dovesse continuare a tenere questo atteggiamento in contrasto con la legalità, dichiara la propria intenzione di denunciare a livello nazionale sulla stampa di come si stia condizionando l'assetto territoriale della giustizia e quindi la anche la lotta alla criminalità organizzata a vergognose logiche politiche.
  Ritiene importante sottolineare che la sua posizione critica non è dettata da alcuno spirito campanilista, considerato che il suo territorio, cioè la provincia di Reggio Calabria, non vede alcun taglio di uffici giudiziari, come invece avviene in altre province della Calabria.
  Conclude ribadendo con forza che il Governo deve lasciare qualsiasi logica politica e limitarsi ad attuare i principi e criteri previsti dalla delega. Solo in questo modo le scelte anche dolorose di tagli di uffici giudiziari potranno essere giustificati.

  Andrea ORLANDO (PD) si dichiara convinto che il presupposto comune a tutti i colleghi sia il rispetto della legalità e ritiene che chi partecipa a riunioni informali non lo faccia certo per violare la legalità. Precisa quindi di avere partecipato ad un incontro con il ministro Severino in relazione alla revisione della geografia giudiziaria, sottolineando come gli incontri tra un ministro ed esponenti dei gruppi di maggioranza siano frequenti e rientrino nella normalità e nella prassi. Chiarisce inoltre come un simile incontro potesse solo vertere su alcuni approfondimenti in ordine alle modalità di attuazione della delega e non certo sulla possibilità di attuare delle deroghe alla delega medesima. La questione centrale è stata rappresentata dalla valutazione delle possibilità di recepire anticipatamente negli schemi di decreti legislativi, prima quindi dell'intervento delle Commissioni parlamentari, alcune indicazioni correttive emerse nelle ultime settimane. Fa presente come, fra i temi in discussione, vi fosse anche la specificità calabrese, ritenendo quindi anche per questo motivo eccessive le preoccupazioni manifestate dall'onorevole Angela Napoli, che ha sollevato questioni peraltro già poste da numerosi sindaci. Ribadisce quindi come non si sia discusso al di fuori o oltre la delega, ma solo della possibilità di recepire anticipatamente alcune indicazioni sull'esercizio della delega, nel pieno rispetto della stessa. All'esito del confronto sono peraltro emerse considerazioni che sconsiglierebbero il recepimento anticipato delle predette indicazioni. Sottolinea come non si sia parlato comunque di sezioni distaccate.

  Angela NAPOLI (FLpTP) ribadisce tutta la sua contrarietà sull'opportunità e sulle finalità di riunioni riservate fra il Ministro ed esponenti di gruppi di maggioranza, rilevando come tale contrarietà non derivi assolutamente dalla circostanza che il suo gruppo non è stato invitato a questi incontri.

  Francesco Paolo SISTO (PdL) dopo avere ricordato come la modifica della geografia giudiziaria possa produrre un forte impatto anche sul tessuto socio-economico del Paese, esprime la preoccupazione che i colleghi che hanno trattato con il Governo non abbiano rappresentato le esigenze di tutti i territori, sollevando quindi un dubbio di rappresentatività di coloro che hanno partecipato alle riunioni con il Ministro. Ritiene comunque del tutto inopportuno che si realizzino intese al di fuori della Commissione, che deve rappresentare il centro della discussione e delle decisioni nella materia in esame.

Pag. 74

  Luigi VITALI (PdL) nel replicare all'onorevole Andrea Orlando, precisa di non avere mai parlato di illegittimità o illegalità, Si limita peraltro ed evidenziare gli effetti degli incontri tenuti da alcuni colleghi, indipendentemente dal fatto che questi fossero presenti in rappresentanza del gruppo o a titolo personale, con il Ministro della giustizia. Sottolinea, infatti, come il giorno successivo a quello dell'ultimo incontro sia stato approvato dalla Camera un ordine del giorno volto ad eliminare la cosiddetta «regola del tre», secondo la quale in ogni corte d'appello bisogna mantenere almeno tre tribunali.

  Il Sottosegretario Salvatore MAZZAMUTO fa presente che, per quanto a lui risulti, le consultazione alle quali si è fatto riferimento nel corso del dibattito non sono approdate a nulla. Nel replicare all'onorevole Nicola Molteni, che ha sollevato la questione della necessità di un coordinamento dell'esercizio delle due deleghe, fa presente che è stata fatta una riflessione sul punto e che l'orientamento è quello di non riallocare l'ufficio del giudice di pace, ove questo sia accorpato presso il distretto di un tribunale che dovesse poi essere soppresso.

  Federico PALOMBA, presidente, invitato il sottosegretario Mazzamuto a riferire al Ministro del forte disagio emerso nel corso del dibattito in Commissione, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.50.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 4 luglio 2012. — Presidenza del vicepresidente Federico PALOMBA. — Intervengono il sottosegretario di Stato per la giustizia, Salvatore Mazzamuto, e il sottosegretario di Stato per l'interno Carlo De Stefano.

  La seduta comincia alle 15.50.

DL 63/12: Disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale.
C. 5322 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla VII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Roberto RAO (UdCpTP), relatore, preliminarmente segnala che, come emerge dall'articolo 1, comma 1, il decreto-legge in esame si pone quale disciplina transitoria, nelle more della «ridefinizione delle forme di sostegno dell'editoria». Quanto alla disciplina «a regime», infatti, il Consiglio dei Ministri ha predisposto un distinto provvedimento legislativo (ora, A.C. 5270).
  Ricorda che l'articolo 29, comma 3, del decreto legge n. 201 del 2011 (legge n. 214 del 2011), oltre a disporre la cessazione del sistema di erogazione dei contributi diretti all'editoria di cui alla legge n. 250 del 1990 dal 31 dicembre 2014, con riferimento alla «gestione 2013», allo scopo di contribuire all'obiettivo del pareggio di bilancio entro la fine del 2013, ha anche stabilito che il Governo provvede alla «revisione del regolamento» di semplificazione e riordino dell'erogazione dei contributi all'editoria, emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010, con effetti a decorrere dal 1o gennaio 2012.
  Le finalità sono il «risanamento della contribuzione pubblica» – che la relazione tecnica specificava come «riduzione della contribuzione pubblica», in vista della cessazione del sistema di contribuzione diretta –, una più rigorosa selezione nell'accesso alle risorse, nonché il conseguimento di risparmi di spesa.
  I risparmi sono destinati – compatibilmente con le esigenze di pareggio di bilancio – alla ristrutturazione delle aziende già destinatarie della contribuzione diretta, all'innovazione tecnologica del settore, Pag. 75a fronteggiare l'aumento del costo delle materie prime, all'informatizzazione della rete distributiva.
  Con l'intervento disposto dal decreto-legge in esame si apportano modifiche, fra l'altro, al sopra citato decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010 – rilegificando parzialmente una materia già delegificata, ai sensi dell'articolo 44 del decreto legge n. 112 del 2008 (legge n. 133 del 2008) – e alla legge n. 250 del 1990.
  L'obiettivo complessivo del decreto, quale risulta dall'articolo 1, comma 1, è quello di dettare, in attesa della ridefinizione delle forme di sostegno all'editoria, una disciplina volta a razionalizzare l'uso delle risorse – in conformità con le finalità di cui al predetto articolo 29, comma 3, del decreto legge n. 201 del 2011 (legge n. 214 del 2011) –, attraverso meccanismi in grado di correlare il contributo erogato agli effettivi livelli di vendita e di occupazione professionale delle imprese editoriali.
  La Commissione giustizia naturalmente dovrà soffermarsi sulle norme di propria competenza, che si limitano all'articolo 3-bis, introdotto durante l'esame al Senato. Tale articolo dispone, per le testate periodiche di piccole dimensioni realizzate unicamente su supporto informatico e diffuse unicamente per via telematica, ovvero on line, la possibilità di esonero dall'applicazione di alcune previsioni legislative. Il comma 1 stabilisce che per usufruire di tale possibilità è necessario che le imprese in questione non abbiano fatto domanda di accesso ai contributi o ad altre agevolazioni pubbliche e conseguano ricavi annui da attività editoriali non superiori a 100 mila euro. Si prevede che le testate periodiche in possesso di tali requisiti sono esentate dall'obbligo di registrazione presso il tribunale (articolo 5 della legge n. 47 del 1948).
  Propone quindi di esprimere parere favorevole in merito alle parti di competenza della Commissione Giustizia.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta dal relatore.

Disposizioni per favorire la ricerca delle persone scomparse.
Ulteriore nuovo testo C. 4568, approvata dal Senato, ed abb.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Francesco Paolo SISTO (PdL), relatore, ricorda preliminarmente come la Commissione giustizia, nella seduta dell'11 gennaio 2012, abbia espresso un parere contrario sulla precedente versione del testo.
  La Commissione, in particolare, pur ritenendo condivisibile e meritevole la finalità di rendere più rapida ed efficace la ricerca delle persone scomparse, aveva manifestato forti perplessità in ordine all'imposizione di un obbligo generalizzato e sostanzialmente indeterminato di denuncia nei confronti di chiunque fosse a conoscenza della scomparsa di una persona che si sia allontanata dalla propria abitazione o dal luogo di abituale dimora e non ne abbia dato conto ad alcuno senza plausibili motivi qualora tale condizione possa mettere in pericolo la sua vita o incolumità personale (articolo 1, comma 1, del precedente testo).
  Il precedente testo prevedeva, inoltre, per l'inosservanza senza giustificato motivo dell'obbligo da parte di persone diverse dai congiunti l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di euro 500 a un massimo di euro 2.000 (comma 6). A questo riguardo la Commissione giustizia ha ricordato come, secondo la normativa vigente, l'obbligo di denuncia da parte del cittadino costituisca una fattispecie eccezionale, sanzionata penalmente, relativa a specifici delitti, tra i quali quelli contro la personalità dello Stato punibili con l'ergastolo ed il sequestro di persona a scopo di estorsione.
  L'ulteriore nuovo testo oggi in esame appare profondamente modificato per quanto concerne i profili di competenza della Commissione giustizia.
  Il comma 1 non impone più un obbligo di denuncia e prevede, segnatamente, che, Pag. 76fermo restando quanto previsto dall'articolo 333 del codice di procedura penale (Denuncia da parte di privati), nonché gli obblighi previsti dalla vigente normativa, chiunque venga a conoscenza dell'allontanamento di una persona dalla propria abitazione o dal luogo di temporanea dimora e per le circostanze in cui è avvenuto il fatto ritiene che dalla scomparsa possa derivarne un pericolo per la vita o per l'incolumità personale della stessa, «può» (e non «deve») denunciarne il fatto alle forze di polizia o alla polizia locale.
  Va detto subito che l'utilizzo del termine «denuncia» non può essere condiviso. È noto che la denuncia nel suo significato tecnico-giuridico, con precipuo riferimento al diritto penale sostanziale e processuale a cui il testo fa specifico riferimento, costituisce uno strumento per perseguire fatti – che il denunciante ritiene – illeciti.
  Orbene, nella specie, se si mantenesse il termine «denuncia» si potrebbe ben dire che il mezzo non è adatto al fine. Infatti, la comunicazione alle forze di polizia di cui all'articolo 1 non riguarda autonomi fatti illeciti, meritevoli di autonomo approfondimento giudiziario per verificare responsabilità connesse al fatto stesso; tale comunicazione serve ad attivare un pronto intervento per evitare che alla scomparsa, di per sé non illecita, possano collegarsi eventuali conseguenze pregiudizievoli per la persona.
  Pertanto si propone di sostituire alle parole «può denunciarne» di cui al primo comma, le parole «può segnalare», nonché di sostituire ai commi 2, 3, 4 e 5, la parola «denuncia» con la parola «segnalazione».
  I commi 2 e 3 sono identici al precedente testo e prevedono che quando la denuncia di cui al comma 1 è raccolta dalla polizia locale questa la trasmette immediatamente al più prossimo tra i presìdi territoriali delle forze di polizia, anche ai fini dell'avvio dell'attività di ricerca, nonché per il contestuale inserimento nel Centro elaborazione dati (Ced), presso il Ministero dell'interno. Copia della denuncia è immediatamente rilasciata ai presentatori.
  Il comma 4, parzialmente modificato, dispone che, ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, l'ufficio di polizia che ha ricevuto la denuncia promuove l'immediato avvio delle ricerche e disciplina le relative procedure. Ne dà contestuale comunicazione al prefetto per il tempestivo e diretto coinvolgimento del commissario straordinario nominato ai sensi dell'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e per le iniziative di competenza da intraprendere anche con il concorso degli enti locali, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del sistema di protezione civile, delle associazioni del volontariato sociale e di altri enti, anche privati, attivi nel territorio. Nell'ambito delle iniziative di propria competenza il prefetto valuta, altresì, sentiti l'autorità giudiziaria ed i familiari della persona scomparsa, l'eventuale coinvolgimento degli organi di informazione, comprese le strutture specializzate, televisive e radiofoniche, che hanno una consolidata esperienza nella ricerca di informazioni sulle persone scomparse. Il comma 4 merita alcune rivisitazioni. Innanzitutto non pare consentito né opportuno indicare, per legge, al prefetto quali debbano essere le iniziative da intraprendere di seguito alla comunicazione ricevuta dall'ufficio di polizia.
  È appena evidente che le prefetture ben conoscono gli strumenti più idonei per il raggiungimento degli obiettivi loro istituzionalmente affidati. Ne deriva che, pur affidando alle maggioranze parlamentari la delibazione in ordine alla necessità di mantenere in vita l'organismo del commissario straordinario nominato ai sensi dell'articolo 11 della legge 400/88 (il nuovo meccanismo affidato direttamente alle forze di polizia e alla prefettura appare sufficientemente capace di rispondere alle esigenze sottese alla normativa in questione) appare necessario sopprimere le parole da «per il tempestivo» fino a «territorio».Pag. 77
  L'ultima parte del quarto comma, nello stesso spirito, non può che affidare alla eventuale valutazione del prefetto, con il consenso dell'autorità giudiziaria (competenza sul procedimento) e dei familiari della persona scomparsa (esigenza di riservatezza) l'eventuale coinvolgimento degli organi di informazione. Sicché in tale prospettiva, le parole «il prefetto valuta» vanno sostituite con «il prefetto può valutare»; e le parole «sentiti l'autorità giudiziaria ed i familiari della persona scomparsa» vanno sostituite con «con il consento dell'autorità giudiziaria e dei familiari della persona scomparsa».
  In base al comma 5, qualora vengano meno le condizioni che hanno determinato la denuncia ai sensi del comma 1, il denunciante, venutone a conoscenza, ne dà immediata comunicazione alle forze di polizia.
  Risulta, infine, soppressa la disposizione che comminava una sanzione amministrativa in caso di violazione dell'obbligo originariamente previsto dal comma 1 e restano invariati i commi 6 e 7.
  Si riserva quindi di presentare, per quanto di competenza della Commissione giustizia, una proposta di parere favorevole che sarà compiutamente articolata all'esito del dibattito che si svolgerà in Commissione.

  Federico PALOMBA, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.

INTERROGAZIONI

  Mercoledì 4 luglio 2012. — Presidenza del vicepresidente Federico PALOMBA. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Salvatore Mazzamuto.

  La seduta comincia alle 16.

5-06083 Brandolini: Sullo stato dei lavori della nuova casa circondariale di Forlì.

  Il sottosegretario Salvatore MAZZAMUTO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Sandro BRANDOLINI (PD), replicando, si dichiara insoddisfatto della risposta, invitando il Governo ad un intervento diretto ed efficace, volto a garantire il rapido completamento, senza ulteriori ritardi e rallentamenti, dei lavori di costruzione della nuova Casa circondariale di Forlì.

5-06728 Bernardini: Sulla verifica delle condizioni di salute dei detenuti nel carcere di Parma.

  Il sottosegretario Salvatore MAZZAMUTO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Rita BERNARDINI (PD), replicando, si dichiara insoddisfatta della risposta, rilevando come il Ministero sottovaluti gravemente il fenomeno di diffusione nelle carceri di malattie come la scabbia: fenomeno da ritenersi quantomeno probabile dal momento che nelle carceri in genere non vengono rispettate le condizioni igieniche minime.

5-06734 Bernardini: Sul tentativo di suicidio di un detenuto nel carcere di Massa.

  Il sottosegretario Salvatore MAZZAMUTO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

  Rita BERNARDINI (PD), replicando, si dichiara insoddisfatta della risposta, sottolineando come il Governo continui a sottovalutare gravemente il problema della frequenza di suicidi nelle carceri, che riguarda non solo i detenuti ma anche gli agenti della polizia penitenziaria. Sottolinea come il fenomeno sia il risultato delle condizioni disumane e di illegalità nelle Pag. 78quali si trovano le carceri italiane e come sia inaccettabile, in una simile situazione, disporre dei tagli alle risorse che di fatto aboliscono i colloqui con gli psicologi.

  Federico PALOMBA, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 16.10.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, recante codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia.
Atto n. 483.

SEDE REFERENTE

Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici.
C. 4041, approvata dal Senato, C. 541 Vitali, C. 2514 Galati, C. 2608 Torrisi, C. 3682 Duilio, C. 4139 Maggioni e C. 4168 Giammanco.

SEDE CONSULTIVA

DL 83/12 recante misure urgenti per la crescita del Paese.
C. 5312 Governo.

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