CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 20 giugno 2012
669.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 58

RISOLUZIONI

  Mercoledì 20 giugno 2012. — Presidenza del presidente Donato BRUNO – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Carlo De Stefano.

  La seduta comincia alle 14.50.

7-00809 Giorgio Conte: Sul trattamento economico del personale della Direzione Investigativa Antimafia.
(Discussione e rinvio).

  La Commissione inizia la discussione.

  Giorgio CONTE (FLpTP) illustra la risoluzione in titolo, ricordando che proprio in questi giorni si celebra, a vent'anni di distanza, la memoria delle vittime dei due efferati e dolorosi attentati di Cosa Nostra, le stragi di Capaci e via D'Amelia. In questi giorni di commemorazione l'Italia si è fermata a riflettere e ricordare pagine della storia recente italiana, in cui la mafia cambiava passo e, attraverso una nuova stagione del tritolo, attaccava direttamente lo Stato.
  Ricorda che vent'anni fa la mafia attaccava lo Stato, ma lo Stato reagiva; reagiva con le sue coscienze, ma reagiva Pag. 59soprattutto con l'attività degli inquirenti e delle forze di polizia. E, a suo avviso, proprio grazie all'impegno investigativo delle forze di polizia è iniziata una stagione nuova, di lotta alla mafia, avviata proprio sull'onda di quello sdegno che ha attraversato un Paese intero ferito; sembra di leggere la storia di questi giorni.
  Quei successi investigativi, coronati poi da importanti pagine giudiziarie, sono merito soprattutto della Direzione Investigativa Antimafia, fortemente voluta da Giovanni Falcone e, probabile concausa, della sua condanna a morte. La DIA, è utile ricordarlo, nacque addirittura attraverso la decretazione d'urgenza, sostenuta dall'allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti; trovò la sua definizione con la legge n. 410 del 1991 e ha preceduto la nascita della Direzione Nazionale Antimafia, oggi guidata da Piero Grasso.
  Rimanda al testo della risoluzione per i dati e le considerazioni di natura tecnico-legislativa.
  Sottolinea che in questi giorni sotto la spinta di una spending review che potrebbe avere analogie con i tagli orizzontali di recente memoria, questa struttura, potrebbe addirittura essere messa in discussione.
  Ricorda che la DIA venne istituita nell'ambito del Dipartimento di Pubblica Sicurezza (Ministero dell'Interno) e si configura, fin dall'origine, come un organismo investigativo con competenza monofunzionale, composta da personale specializzato di provenienza interforze, con il compito esclusivo di assicurare lo svolgimento, in forma coordinata, delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata, nonché di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione mafiosa o comunque ricollegabili all'associazione medesima. L'organizzazione si compone di una struttura centrale a Roma, articolata in 3 reparti e 7 uffici, e di una struttura periferica, costituita da 12 centri (Torino, Milano, Genova, Padova, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Reggio di Calabria, Palermo, Catania e Caltanissetta) e 7 sezioni che, esclusa Trieste, si collocano nelle zone maggiormente problematiche per i reati di interesse (Salerno, Lecce, Catanzaro, Messina, Trapani e Agrigento). Il personale impegnato è di circa 1.300 unità. Si tratta di 1300 servitori dello Stato che operano in condizioni non facili, contro un nemico dello Stato altamente pericoloso. Proprio per garantire funzionalità, indipendenza e capacità di azione la DIA fu creata senza collegamenti con le strutture territoriali delle forze di Polizia ed opera, pertanto, senza alcun vincolo territoriale. Una specificità normativa e operativa riconosciuta anche da alcune pronunce giurisprudenziali, che hanno confermato la peculiare natura monofunzionale della stessa, anche per quanto concerne il riconoscimento del trattamento economico accessorio (TEA).
  Tali pronunce giurisprudenziali definiscono in maniera chiara la configurazione «sui generis» del personale della DIA rispetto al personale operante in altri comparti del Dipartimento di Pubblica Sicurezza. In questo quadro, consolidato e necessario a garantire funzionalità ed operatività nella lotta alla criminalità organizzata, si inseriscono alcune scelte non condivisibili e, francamente, neppure comprensibili. Nell'ambito della legge n. 183 del 2011 è stato infatti operato un taglio al trattamento economico aggiuntivo (TEA) per il personale della Direzione investigativa Antimafia.
  Ricorda che il sottosegretario di Stato per l'interno Carlo De Stefano, nel rispondere ad una recente interrogazione ha dichiarato che «di fronte all'urgente necessita di contenimento della spesa (...) si è ritenuto intervenire sul trattamento economico aggiuntivo del personale della DIA», affermando inoltre che in tal modo si sarebbe provveduto a «ristabilire un principio di equità tra gli operatori di polizia», in considerazione del fatto che «gli appartenenti alle strutture territoriali delle Forze di polizia non godono del trattamento economico accessorio percepito dal personale interforze della Dia».
  Ritiene utile entrare negli aspetti tecnici che a suo avviso pongono questa Pag. 60scelta, operata dal Governo, in contrasto con il quadro giurisprudenziale già ricordato.
  Ritiene opportuno evidenziare che ai sensi dell'articolo 3 comma 2 della legge n. 486 del 1988 «al personale comunque posto alle dipendenze dell'Alto commissario è attribuito un trattamento economico accessorio (...) Tale trattamento non può in ogni caso superare la misura massima degli emolumenti accessori erogati al personale di corrispondente grado o qualifica appartenente ai Servizi per le informazioni e la sicurezza». Ai sensi dell'articolo 4, commi 4 e 4-bis della già citata legge istitutiva, tale trattamento è stato riconosciuto anche al personale della Direzione Investigativa Antimafia.
  L'indebolimento retributivo e funzionale appena descritto, unito ai sacrifici richiesti a tutto il personale pubblico, va ad aggiungersi a un graduale e preoccupante depotenziamento delle strutture: si sta infatti realizzando uno spostamento di risorse e di potenzialità, andando a indebolire l'organico attualmente operativo che è già inferiore a quanto disposto dalle previsioni originarie. A tale fattore si aggiunge anche il venir meno della tutela delle professionalità, che, stando alla legge istitutiva, doveva essere proprio una priorità della DIA, da realizzarsi attraverso l'utilizzo di profili e operatori con chiara esperienza.
  Tale previsione sembra oggi essere sostituita da una prassi volta alla c.d. «chiamata diretta» di profili senza alcuna esperienza sul campo, con inevitabile indebolimento della professionalità e della capacità operativa.
  Sul piano dell'operatività e dei risultati ritiene opportuno segnalare come il contrasto alla criminalità organizzata condotto dalla DIA consenta il recupero di notevoli risorse, che confluiscono nel «Fondo unico giustizia». Appare quindi sostenibile l'ipotesi di prevedere un meccanismo indiretto di autofinanziamento, in capo alla Direzione Investigativa Antimafia, al fine di consentire il mantenimento del TEA al personale, attingendo proprio dalle risorse del fondo unico giustizia.
  In questi giorni di riflessione a vent'anni dalla strage di Capaci, considera ancora più dolorosa e incomprensibile la scelta di depotenziamento finanziario e organizzativo; depotenziamento che rischia di compromettere un impegno prioritario rappresentato dal contrasto alla criminalità, posto dal Governo quale obbiettivo primario per garantire anche crescita e sviluppo in un contesto di legalità. Osserva che anche il Procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, ha chiesto che sia completato il progetto che Falcone aveva concepito sulla Procura nazionale antimafia e sulla Direzione Investigativa Antimafia, «alle quali – citando le parole testuali del Procuratore – devono essere attribuite le competenze necessarie a centralizzare le indagini sulla criminalità organizzata e le competenze delle migliori esperienze specializzate delle forze dell'ordine». Ritiene che la DIA doveva essere, e potrebbe essere, una sorta di FBI in grado di contrastare non solo i gravi reati di sangue commessi dalla criminalità organizzata, ma anche il dilagante ampliarsi di un'area grigia, in cui affari e criminalità stringono d'assedio le amministrazioni dello Stato.
  Sottolinea che la risoluzione intende impegnare il Governo a predisporre opportune e tempestive iniziative volte al reintegro delle risorse destinate al trattamento economico accessorio riconosciuto al personale della DIA, anche attraverso l'utilizzo delle risorse rientranti nel Fondo unico giustizia, al fine di garantire un adeguato riconoscimento al lavoro svolto dal personale.
  Conclude che questa sia una necessità non derogabile a fronte della continua emergenza in cui vive il nostro Paese; crede fermamente infine, che il Parlamento si debba impegnare, e impegnare il Governo, a un maggiore sostegno a chi è chiamato a un'azione quotidiana per contrastare e reprimere le mafie. Lo si deve innanzitutto riconoscenti del lavoro e del sacrificio di troppi magistrati e operatori delle forze dell'ordine.

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  Mario TASSONE (UdCpTP) prospetta l'opportunità di prevedere, sui temi oggetto della risoluzione in titolo e sulle altre questioni ad essa connesse, una audizione del direttore della Direzione investigativa antimafia (DIA).

  Donato BRUNO, presidente, fa presente che la richiesta testé effettuata dal collega Tassone potrà essere valutata nell'ambito dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione.

  Jole SANTELLI (PdL) ricorda preliminarmente la grande importanza che ha avuto l'istituzione della Direzione investigativa antimafia (DIA) con la legge n. 410 del 1991.
  Per quanto attiene specificamente alla questione del personale di tale organismo e del trattamento economico, ricorda come le forze dell'ordine abbiano vissuto in questi anni momenti di forte sofferenza e che i Governi che si sono succeduti in questi anni non hanno potuto fare quanto avrebbero voluto a causa delle esigenze di contenimento delle spese.
  Ricorda come in occasione della discussione della legge di riforma dei servizi segreti (n. 124 del 2007) ci si fosse posti la questione relativa alle intenzioni che portano a lavorare presso strutture specializzate: se si viene spinti più da ragioni connesse al tipo di lavoro svolto o alla remunerazione aggiuntiva che si consegue. Allo stesso modo, è opportuno che la decisione di prestare servizio presso la DIA sia ispirata dalla passione per il lavoro svolto e che si eviti di creare, nell'ambito delle forze dell'ordine, strutture che possano ritenersi «privilegiate», auspicando che la stessa DIA torni alla sua finalità e struttura originaria.

  Alessandro NACCARATO (PD) ricorda come, oltre alla questione che attiene al trattamento economico accessorio (TEA), già il decreto-legge n. 78 del 2010 e, quindi, la legge n. 183 del 2011 hanno previsto un peggioramento del trattamento economico del personale della DIA.
  Condivide pertanto il testo della risoluzione, evidenziando come accanto al tema ivi affrontato vi sono altre questioni di particolare rilievo che potrebbero essere ricomprese nell'impegno da formulare al Governo. Si tratta di profili inattuati rispetto alle previsioni del decreto-legge n. 345 del 1991 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 410 del 1991. Si riferisce, in particolare, al coordinamento delle indagini in materia di criminalità organizzata ed alla creazione di un ruolo unico per il personale della DIA.
  Ritiene inoltre che questa possa essere l'occasione, considerato che viene richiamato l'Osservatorio per gli appalti pubblici, per prevedere il potenziamento delle attività di monitoraggio soprattutto sulle grandi opere, su cui la DIA sta già svolgendo un lavoro importante.
  Ricorda infine che il suo gruppo aveva presentato, il 3 novembre scorso, un'interrogazione sulle medesime tematiche della risoluzione in titolo, che condivide quindi pienamente e che auspica sia approvata quanto prima, con le integrazioni testé illustrate.

  Il sottosegretario Carlo DE STEFANO ringrazia per i contributi forniti al dibattito e prende atto di tutte le osservazioni formulate. Si riserva quindi di fornire una risposta compiuta nel corso della prossima seduta, preannunciando sin d'ora l'intenzione del Governo di chiedere una riformulazione dell'impegno attualmente previsto nella risoluzione in titolo.

  Aldo DI BIAGIO (FLpTP) preannuncia la propria intenzione di intervenire nel corso della prossima seduta.

  Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito della discussione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.10.

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SEDE REFERENTE

  Mercoledì 20 giugno 2012. — Presidenza del presidente Donato BRUNO – Intervengono il sottosegretario di Stato per l'interno Carlo De Stefano e il sottosegretario di Stato per l'interno Saverio Ruperto.

  La seduta comincia alle 15.10.

Disposizioni per favorire la ricerca delle persone scomparse e istituzione del Fondo di solidarietà per i familiari delle persone scomparse.
Nuovo testo C. 4568 approvata, in un testo unificato, dalla 1a Commissione permanente del Senato, C. 705 Villecco Calipari, C. 3214 Carlucci, C. 3728 Carlucci e C. 4187 Galati.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 7 giugno 2012.

  Donato BRUNO, presidente, ricorda che il termine per gli emendamenti è scaduto lunedì 18 giugno alle ore 12 e che è stato presentato un solo emendamento (vedi allegato 1).

  Maria Elena STASI (PT), relatore, esprime parere favorevole sull'emendamento Villecco Calipari 1.1.

  Il sottosegretario Carlo DE STEFANO esprime parere conforme a quello della relatrice.

  La Commissione approva l'emendamento Villecco Calipari 1.1.

  Donato BRUNO, presidente, comunica che l'ulteriore nuovo testo elaborato dalla Commissione sarà inviato alle Commissioni competenti in sede consultiva per l'espressione del parere.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza dei minori nati da genitori stranieri.
C. 2431 Di Biagio, C. 2684 Mantini, C. 2904 Sbai e C. 4236 Bressa.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 19 giugno 2012.

  Doris LO MORO (PD), osserva che alla base delle differenti posizioni sulla materia oggetto delle proposte di legge in esame non vi è una scelta tra due alternative di carattere tecnico, ma tra due principi.
  Ricorda che nel nostro ordinamento sono riconosciuti al minore sia la capacità giuridica che diritti propri e non derivati dall'appartenenza familiare. E minori con diritti propri sono anche i figli di stranieri nati in Italia, che hanno frequentato le scuole italiane e che arrivano a diciotto anni sentendosi italiani. Si chiede, quindi, perché il diritto di chiedere la cittadinanza non debba essere riconosciuto come un diritto proprio del minore.
  A suo avviso qui risiede la differenza tra le due visioni contrapposte sulla cittadinanza. Da una parte chi afferma lo ius sanguinis, dall'altra chi ritiene che chi abbia passato la propria infanzia e le fasi della propria formazione in Italia possieda un diritto proprio a chiedere la cittadinanza. Lo dimostra anche l'attuale previsione che consente allo straniero nato in Italia di esprimere al compimento della maggiore età la volontà di diventare cittadino del nostro Stato.
  Non concorda con quanto affermato da altri colleghi nel considerare il diritto del minore straniero alla cittadinanza un diritto assimilabile a quelli della famiglia di appartenenza, perché in questo modo si farebbe un passo indietro. Ribadisce che si tratta di un diritto proprio, in cui la famiglia ha un ruolo di intermediario. In questo consiste, a suo avviso, il passo in avanti che bisogna compiere con le proposte di legge in esame.

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  Roberto ZACCARIA (PD), concorda con quanto affermato dalla collega Lo Moro. La ricerca di posizioni comuni va fatta non dimenticando alcuni principi fondamentali.
  Invita i colleghi a guardare a ciò che accade al di fuori del Parlamento. Il 6 giugno scorso, infatti, si è svolta la conferenza nazionale sulla cittadinanza con la partecipazione del ministro Riccardi, del Presidente della Camera e del sindaco di Reggio Emilia e presidente dell'ANCI, Delrio, portavoce di quel movimento che ha portato alla presentazione della proposta di legge di iniziativa popolare n. 5030, recante modifiche alla legge sulla cittadinanza.

  La Commissione, con una decisione formalmente ineccepibile, ha ritenuto di non abbinare tale proposta di legge alle proposte in esame sulla cittadinanza ai minori stranieri, in quanto la sua portata è più ampia.
  Si tratta di una decisione che, però, all'esterno non viene compresa. Invita perciò la Commissione e l'Ufficio di Presidenza a tenere conto del dibattito che si svolge all'esterno del Parlamento a ripensare alla possibilità di abbinare tale proposta di legge a quelle oggi in esame, non ovviamente d'ufficio – la sua portata è infatti più ampia – ma come facoltà che spetta alla Commissione.

  Donato BRUNO, presidente, ritiene che la questione possa essere affrontata più appropriatamente in sede di Ufficio di Presidenza.

  Pierguido VANALLI (LNP), intervenendo su quanto affermato dall'onorevole Lo Moro sui diritti fondamentali dei minori, osserva come qualsiasi bambino li possiede. La questione è che la collega considera fondamentale il diritto alla cittadinanza. Ma si tratta di un diritto che non è stato violato, in quanto allo stato attuale non esiste. Si tratta di una previsione che, se la si vuole, va regolamentata nel nostro ordinamento ed è quello che si sta cercando di fare. Le posizioni sono diverse, ma se ritrova un punto di equilibrio si può andare avanti, perché nessuno ha la volontà di negare un diritto fondamentale a qualcun altro.
  Rispondendo all'onorevole Zaccaria, ricorda come sia stato deciso di concentrarsi sul tema della cittadinanza ai minori, che costituisce un parte del dibattito più ampio sulle modifiche alla normativa sulla cittadinanza, che la Commissione stava portando avanti da molto tempo.

  Pierluigi MANTINI (UdCpTP) richiama quanto previsto dalla proposta di legge C. 2684, elaborata dal suo gruppo, e quanto emerso dal dibattito che si è finora svolto sul tema della cittadinanza. Ritiene che la questione che investe i minori assuma ormai tratti di necessità e di urgenza ed invita pertanto le relatrici a cercare di individuare una linea di possibile intesa riferita alle questioni cruciali.
  Ricorda che il tema dell'acquisto della cittadinanza a seguito della nascita sul territorio italiano è stato affrontato con due sostanziali alternative, riferite al cosiddetto ius soli temperato. La prima ipotesi, prevede l'attribuzione della cittadinanza ai nati in Italia – che sono ormai pari a un numero rilevante, come evidenziato anche dai dati illustrati dalle relatrici – a condizione che la nascita sia avvenuta da coppie che sono stabilmente e regolarmente in Italia da un certo periodo di tempo, escludendo quindi le ipotesi di presenza occasionale nel territorio italiano ed i timori connessi alla possibilità che si venga solo a partorire in Italia.
  Rileva come un altro elemento emerso sia quello della frequentazione del ciclo scolastico, più o meno esteso, e su questo è in corso una discussione.
  Non vorrebbe comunque che la soluzione del tema in questione fosse «inquinata» da elementi politici e dall'intenzione di alcuni di non procedere su questa materia. Ritiene quindi opportuno prevedere quanto prima una verifica parlamentare, non essendo comunque pensabile che su temi come questi, pur essendo opportuna la ricerca della massima convergenza, si giunga ad una unanimità di consensi.Pag. 64
  Ricorda inoltre come il Governo abbia finora avuto una posizione rispettosa dell'autonomia del Parlamento su questa materia, pur avendo più volte dimostrato un atteggiamento favorevole, come emerso in particolare dalle dichiarazioni del ministro Riccardi.
  Ribadisce come un atteggiamento inconcludente sul tema in discussione rischia di dare un messaggio poco chiaro e negativo per il Paese.

  Matteo BRAGANTINI (LNP), intervenendo in merito alla proposta di abbinamento del testo di iniziativa popolare, elaborata dal collega Zaccaria, fa presente come si tratti in realtà di 70 mila sottoscrizioni, che non sono pari neanche ad un comune di piccole-medie dimensioni, e che non consentiranno quindi, in quanto tali, di superare i rilievi che sono stati finora evidenziati sul tema in questione.
  Ricorda di aver formulato al Governo una richiesta di dati numerici e su questa il sottosegretario Ruperto si è riservato di rispondere non appena possibile. Nel frattempo, intende ribadire come nessuno sia contrario al fatto che un minore nato in Italia, che ha qui compiuto un percorso scolastico, possa diventare cittadino italiano una volta raggiunta la maggiore età e previa valutazione della sua conoscenza della lingua, della cultura italiana e delle tradizioni locali. Evidenzia come sia invece una questione diversa quella di un minore nato in Italia al quale la legge italiana dovesse consentire di divenire cittadino italiano anche nei primi anni di vita: si chiede, in proposito, cosa accadrebbe qualora i genitori dovessero poi trasferirsi all'estero ed a quel punto il minore potrebbe anche non essere riammesso nel Paese di origine, per il rischio di un incremento delle spese sociali. Ne conseguirebbe probabilmente la necessità di una separazione dalla famiglia di origine, dovendo presumibilmente essere affidato a strutture sociali in Italia, e si domanda se questo è quello che realmente si vuole ottenere con la proposte di legge in titolo.
  Ribadisce quindi l'opportunità di lasciare che al compimento del diciottesimo anno di età si abbia la possibilità di valutare se acquistare la cittadinanza italiana o meno, con tutte le conseguenze che a questo sono connesse. Sottolinea come si tratti di questioni che possono apparire troppo specifiche e concrete, ma che potrebbero verificarsi con maggiore frequenza di quanto si possa pensare, ed è a suo avviso opportuno procedere ponendosi problemi seri e reali sui temi si cui il legislatore intende intervenire.

  Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.30.

SEDE LEGISLATIVA

  Mercoledì 20 giugno 2012. — Presidenza del presidente Donato BRUNO – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno, Saverio Ruperto.

  La seduta comincia alle 15.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Donato BRUNO, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 65, comma 2, del regolamento, la pubblicità delle sedute per la discussione in sede legislativa è assicurata, oltre che dal resoconto stenografico, anche tramite la trasmissione attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione.
C. 4716 Governo, approvato dalla 1a Commissione permanente del Senato.
(Discussione e conclusione – Approvazione).

  La Commissione inizia la discussione.

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  Donato BRUNO, presidente, ricorda che l'Assemblea ha deliberato il trasferimento in sede legislativa del disegno di legge C. 4716 Governo, approvato dalla 1o Commissione del Senato, recante Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, di cui la Commissione avvia oggi la discussione in sede legislativa.

  Roberto ZACCARIA (PD), relatore, anche a nome del collega Distaso, si richiama alla relazione illustrativa svolta nel corso dell'esame in sede referente sul disegno di legge in esame.

  Donato BRUNO, presidente, preso atto che il rappresentante del Governo non intende intervenire in questa fase e nessuno chiedendo di intervenire, dichiara chiusa la discussione sulle linee generali.

  Roberto ZACCARIA (PD), relatore, anche a nome del collega Distaso, propone di adottare come testo base per il seguito dell'esame il testo del disegno di legge C. 4716, come risultante dall'esame in sede referente (vedi allegato 2).

  La Commissione adotta come testo base per il seguito della discussione il testo del disegno di legge C. 4716 come risultante dall'esame in sede referente.

  Donato BRUNO, presidente, concordando la Commissione, fissa il termine per la presentazione degli emendamenti alle 15.45. Sospende quindi brevemente la seduta.

  La seduta sospesa alle 15.40 è ripresa alle 15.45.

  Donato BRUNO, presidente, comunica che non sono stati presentati emendamenti.
  La Commissione, con distinte votazioni, approva gli articoli da 1 a 29.

  Donato BRUNO, presidente, dà conto delle sostituzioni comunicate alla presidenza.

  La Commissione approva, con votazione nominale finale, il disegno di legge C. 4716 Governo, approvato dalla 1a Commissione permanente del Senato, come modificato dalla Commissione nel corso dell'esame in sede referente, autorizzando inoltre la presidenza al coordinamento formale del testo approvato.

  La seduta termina alle 15.55.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Mercoledì 20 giugno 2012.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.55 alle 16.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE REFERENTE

Attuazione dell'articolo 49 della Costituzione.
Testo unificato C. 244 Maurizio Turco, C. 506 Castagnetti, C. 853 Pisicchio, C. 1722 Briguglio, C. 3809 Sposetti, C. 3962 Pisicchio, C. 4194 Veltroni, C. 4950 Galli, C. 4955 Gozi, C. 4956 Casini, C. 4965 Sbrollini, C. 4973 Bersani, C. 5111 Donadi, C. 5119 Rampelli e C. 5177 Iannaccone.

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