CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 23 maggio 2012
655.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Mercoledì 23 maggio 2012 — Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO. – Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Salvatore Mazzamuto.

  La seduta comincia alle 10.35.

Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici.
C. 4041, approvata dal Senato, C. 541 Vitali, C. 2514 Galati, C. 2608 Torrisi, C. 3682 Duilio, C. 4139 Maggioni e C. 4168 Giammanco.

(Seguito dell'esame e rinvio – Adozione del nuovo testo base).

  La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato il 29 febbraio 2012.

  Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che il Comitato ristretto ha elaborato un nuovo testo della proposta di legge C. 4041, approvata dal Senato, e adottata come testo base dalla Commissione nella seduta del 29 febbraio scorso (vedi allegato 1).
  Ricordo che il provvedimento è iscritto nel programma dei lavori dell'Assemblea nel mese di giugno.
  Ritiene pertanto che nella seduta odierna il testo del Comitato potrà essere adottato quale nuovo testo base e potrà essere fissato il termine per la presentazione degli emendamenti.

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  Salvatore TORRISI (PdL), relatore, illustra i principi che hanno guidato il Comitato ristretto nell'elaborazione del nuovo testo della proposta di legge C. 4041, approvata dal Senato.
  Precisa, preliminarmente, che l'eventuale adozione del predetto testo come nuovo testo base, non precluderebbe affatto la possibilità di apportarvi ulteriori modifiche nel corso dell'esame degli emendamenti. Esprime anzi l'auspicio che la Commissione completi il lavoro svolto dal Comitato ristretto che, pur avendo affrontato sostanzialmente tutte le questioni ritenute più significative e rilevanti della disciplina del condominio, non a tutte ha dato una concreta soluzione normativa, ritenendo, per alcune, più opportuno rimettersi al dibattito ed alle valutazioni della Commissione nella sua composizione plenaria. Si riferisce in particolare alla questione della qualificazione e della formazione della figura dell'amministratore di condominio.
  Il testo licenziato dal Comitato ristretto è il risultato dell'integrazione di molte delle proposte e delle indicazioni prevenute dai colleghi e dal Governo: è quindi il risultato di un'intensa attività di collaborazione fra i gruppi e con il Governo.
  In primo luogo, ritiene importante precisare che il Comitato ha ritenuto di mantenere ferma l'impostazione seguita dal Senato, nel senso di non attribuire al condominio, con una norma espressa, la capacità giuridica generale. D'altra parte, questa scelta è stata compiuta dal codice civile unicamente per la persona fisica (articolo 1 c.c.) e non si è ritenuto che sussistessero le condizioni per affiancare il condominio, quale ulteriore soggetto dotato di capacità giuridica generale, alla persona fisica.
  Quanto al tema della «soggettività giuridica», il Comitato non ha manifestato contrarietà, in linea di principio, alla previsione di norme che considerino il condominio come soggetto autonomo e che quindi attribuiscano allo stesso una limitata soggettività a determinati fini. Nell'ambito del Comitato, piuttosto, è emersa una chiara e sostanzialmente unanime contrarietà limitatamente alla possibilità e all'opportunità di configurare il condominio quale soggetto titolare di diritti reali sulle parti comuni dell'edificio.
  Si è confermata quindi la tradizionale «configurazione pluralistica» dell'istituto del condominio negli edifici, descritta in modo esemplare nel corso delle audizioni dal dott. Raffaele Corona, secondo la quale i proprietari esclusivi delle unità abitative sono anche comproprietari delle parti di uso comune.
  Alcune scelte del Senato in merito alla riduzione dei quorum costitutivi e deliberativi dell'assemblea hanno destato perplessità. Si riferisce in particolare alle già citate disposizioni che consentirebbero di modificare le destinazioni d'uso delle parti comuni a maggioranza (anziché all'unanimità), soprattutto se poste in relazione all'ipotesi di una soggettività del condominio intesa come autonoma titolarità di diritti reali sulle parti comuni. Si riferisce però anche alle disposizioni che prevedono una significativa riduzione dei quorum deliberativi in materia di innovazioni.
  Varie considerazioni hanno suggerito la soppressione o la modifica delle predette norme, al fine di garantire la piena tutela dei proprietari delle singole unità immobiliari (giacché il valore e il pregio di queste ultime dipende anche dalla destinazione d'uso delle parti comuni). Si è voluto inoltre limitare la possibilità che le spese, anche gravose, per le innovazioni siano imposte con maggioranza ridotte ai proprietari che non vogliano o non possano sostenerle. Nel nuovo articolo 1120, quindi, la riduzione del quorum deliberativo è prevista solo per le innovazioni di interesse «sociale».
  È stata inoltre compiuta una complessiva revisione del testo in un'ottica di generale semplificazione e snellimento.
  In particolare si è prevista la soppressione di alcune norme dall'applicazione delle quali si è ritenuto che potesse derivare un aumento della litigiosità nel condominio o addirittura un incremento del contenzioso giudiziario. La scelta è stata anche influenzata dalla considerazione che, a decorrere dal 21 marzo 2012, le Pag. 89controversie in materia di condominio soggiacciono alla disciplina della mediazione obbligatoria di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 28 del 2010.
  Si è quindi ritenuto di inserire un nuovo articolo 71-ter nelle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, volto a delineare l'ampiezza del concetto di «controversia in materia di condominio» (aspetto, questo, non chiarito dall'articolo 5, comma 1, del citato decreto legislativo n. 28/2010) e, più in generale, a coordinare la disciplina del condominio con quella della mediazione.
  Rispetto al testo licenziato dal Senato, è stata prevista la modifica o la soppressione di alcune disposizioni che attribuiscono nuovi poteri all'amministratore di condominio, laddove quei poteri siano stati ritenuti eccessivi o invasivi della sfera privata dei condomini, anche per quanto concerne l'attività di riscossione dei contributi.
  Il tema della morosità del condomino rimane senza dubbio centrale, ma si è ritenuto che potesse essere sperimentata, quale sistema di coazione indiretta al pagamento, la sospensione del diritto di voto nell'assemblea (come previsto in altri Paesi europei). Si tratta peraltro di una misura che dovrà essere oggetto di ulteriore, attenta riflessione e che dovrà essere meglio articolata e declinata, al fine di evitare conseguenze sproporzionate o inutilmente afflittive (ad esempio, nei confronti del condomino che abbia un debito irrisorio verso il condominio, che abbia concordato un pagamento rateizzato ovvero il cui debito sia oggetto di accertamento giudiziario). Del testo approvato dal Senato, resta comunque ferma la possibilità per l'amministratore di ricorrere al procedimento di ingiunzione, senza che sia necessaria la previa delibera dell'Assemblea.
  Particolare attenzione è stata riservata alle disposizioni volte a consentire un più facile ingresso della tecnologia nel condominio, per il complessivo miglioramento della qualità della vita: si riferisce, in particolare, alle fonti di energia rinnovabili, agli impianti di videosorveglianza e alle reti in fibra ottica.
  Con riferimento alla trasparenza dell'attività di amministrazione, è stata accolta con particolare interesse la proposta di istituire, con apposita previsione inserita nelle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, il sito internet del condominio.
  Si è inoltre privilegiato il recepimento della giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia di quorum costitutivo dell'assemblea in seconda convocazione, di parziarietà delle obbligazioni e di revisione delle tabelle millesimali ma anche, confermando la disposizione elaborata dal Senato, in relazione al distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato.
  Rispetto al testo del Senato, nel quale si prevede l'istituzione, presso le Camere di commercio del Registro pubblico degli amministratori di condominio, si è preferito ricorrere ad una soluzione semplificata, rappresentata dall'istituzione, presso l'Agenzia del territorio, del Repertorio dei condominii e dei loro amministratori.
  Come anticipato, rimane tuttavia aperto il tema della professionalità, della qualificazione e della formazione dell'amministratore di condominio.
  In tale contesto, segnala come nel corso delle riunioni del Comitato ristretto sia emersa una interessante proposta dell'onorevole Duilio, che è stata presa in considerazione quale base per la soluzione del problema. Il collega Duilio, segnatamente, ha proposto di introdurre nel testo una delega legislativa per l'istituzione di un Registro degli amministratori di condominio, tenuto – come il predetto Repertorio – presso l'Agenzia del territorio. La delega conterrebbe una dettagliata previsione dei principi e criteri direttivi volti a garantire la professionalità e la formazione degli amministratori (ma anche la previsione degli accorgimenti necessari a rendere la previsione compatibile con il diritto comunitario, evitando in particolare che il Registro sia qualificabile come Pag. 90«Albo» professionale e che l'attività dell'amministratore sia subordinata all'iscrizione al Registro).
  Le riunioni del Comitato si sono quindi concluse con un'indicazione favorevole nei confronti dell'ipotesi dell'onorevole Duilio, purché non fosse utilizzato lo strumento della delega legislativa, ma fossero previste delle disposizioni immediatamente applicabili, volte ad istituire un Registro degli amministratori di condominio destinato ad integrarsi con il già previsto Repertorio dei condominii, entrambi tenuti presso l'Agenzia del territorio.
  Propone quindi di adottare come nuovo testo base il nuovo testo della proposta di legge C. 4041, elaborato dal Comitato ristretto.

  Donatella FERRANTI (PD) preannuncia il voto favorevole del proprio gruppo sulla proposta di adozione del nuovo testo base, che rappresenta il risultato di una intensa ed approfondita attività di confronto e collaborazione, che si è svolta nell'ambito del Comitato ristretto anche tenendo conto delle audizioni svolte.

  Antonio DI PIETRO (IdV) dichiara che il proprio gruppo voterà a favore della proposta di adozione del nuovo testo base e preannuncia la presentazione di emendamenti.

  Angela NAPOLI (FLpTP) preannuncia il voto favorevole sulla proposta del relatore, sottolineando come il testo elaborato dal Comitato sia il risultato di un grande lavoro di elaborazione supportato dai contributi degli auditi e da un accurato dibattito che si è svolto nel Comitato ristretto. Ritiene che sussista ancora qualche aspetto della disciplina da approfondire e migliorare, ma confida sulla bontà del nuovo testo quale base di partenza per il fruttuoso svolgimento degli ulteriori lavori della Commissione.

  Manlio CONTENTO (PdL) preannuncia il voto favorevole del gruppo del PdL sulla proposta di adozione del testo base, ringraziando il Comitato ristretto ed il relatore per avere svolto un lavoro accurato in una materia estremamente complessa. Dichiara, in particolare, di condividere la scelta di conservare la tradizionale configurazione giuridica del condominio.

  Ida D'IPPOLITO VITALE (UdCpTP) esprime, a nome del proprio gruppo, una valutazione favorevole sul testo elaborato dal Comitato ristretto, nel corso del quale sono stati affrontati in modo approfondito tutti i temi più rilevanti della disciplina, compresi quelli della capacità giuridica e della soggettività, ritenendo non praticabile la configurazione di un condominio titolare di diritti reali sulle parti comuni.

  Fulvio FOLLEGOT (LNP) ritiene che il Comitato ristretto abbia svolto un buon lavoro ed abbia compiuto delle scelte condivisibili. Sottolinea l'importanza della principale questione ancora da risolvere, rappresentata dalla necessità di trovare dei meccanismi che consentano di elevare il livello di professionalità degli amministratori di condominio. Preannuncia quindi il voto favorevole del proprio gruppo sulla proposta di adozione del nuovo testo base.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione adotta come nuovo testo base il nuovo testo della proposta di legge C. 4140, elaborata dal Comitato ristretto (vedi allegato 1).

  Il Sottosegretario Salvatore MAZZAMUTO prende atto dell'affermazione di un indirizzo che riconosce al condominio una soggettività «in senso debole», sottolineando come si tratti di un condivisibile compromesso tra tesi opposte, tutte teoricamente degne, ma che devono essere anche valutate attentamente in concreto.
  Dichiara che sul nuovo testo base nel suo complesso la valutazione del Governo è largamente favorevole. Si riserva comunque la presentazione di emendamenti, certamente non eversivi del testo, che potrebbero migliorare la formulazione di talune disposizioni.

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  Donatella FERRANTI (PD) rilevato che il nuovo testo base è stato adottato con il voto favorevole di tutti i gruppi presenti, ritiene che si potrebbe verificare la sussistenza del presupposti per il trasferimento dell'esame del provvedimento in sede legislativa.

  Fulvio FOLLEGOT (LNP) ritiene che non sia opportuno un trasferimento in sede legislativa, sussistendo presupposti per svolgere un buon lavoro in Assemblea.

  Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, fissa il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 12 di martedì 5 giugno 2012. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense.
C. 3900, approvato dal Senato, C. 420 Contento, C. 1004 Pecorella, C. 1447 Cavallaro, C. 1494 Capano, C. 1545 Barbieri, C. 1837 Mantini, C. 2246 Frassinetti, C. 2419 Cassinelli, C. 4505 Razzi, C. 4614 Cavallaro e C. 2512 Monai.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato il 17 maggio 2012.

  Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che sono stati presentati ulteriori emendamenti e articoli aggiuntivi al provvedimento in esame (vedi Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari dei 17 maggio 2012), che si vanno ad aggiungere a quelli precedentemente presentati (vedi Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 19 ottobre 2011). Nel complesso risultano pertanto presentate circa settecento proposte emendative.
  Ricorda quindi che, come prestabilito, la Commissione dovrà iniziare l'esame degli emendamenti.
  Dà quindi la parola al relatore ed al rappresentante del Governo per l'espressione dei pareri.

  Roberto CASSINELLI (PdL), relatore, ritiene che l'elevato numero di emendamenti possa ostacolare quella rapida approvazione del provvedimento che tutti attendono. Rileva peraltro che molti emendamenti presentati lo scorso ottobre sono oramai superati da importanti modifiche normative intervenute nel frattempo nella materia delle professioni. Al fine di procedere ad un proficuo esame degli emendamenti che consenta di concentrare i lavori sulle questioni più rilevanti ritiene che sarebbe opportuno costituire un comitato ristretto che potrebbe esaminare con particolare attenzione gli emendamenti eventualmente segnalati dai gruppi.

  Il sottosegretario Salvatore MAZZAMUTO ritiene che sarebbe opportuno, prima di procedere all'espressione dei pareri sugli emendamenti, che questi venissero illustrati dai presentatori, consentendo così al Governo di meglio verificarne la loro fondatezza.

  Giulia BONGIORNO, presidente, interviene a titolo personale per ricordare che la maggior parte degli emendamenti sono stati presentati lo scorso ottobre e che gli ulteriori emendamenti sono stati presentati da oltre una settimana. Ritiene quindi che sia il relatore che il rappresentante del Governo dovrebbero essere in grado già da questa seduta di dare il parere su tutti gli emendamenti, per consentire alla Commissione di procedere nell'esame di un provvedimento relativo ad una riforma attesa oramai da anni, come dimostrano le diverse sollecitazioni esterne alle quali ciascun deputato della commissione è sottoposto.

  Manlio CONTENTO (PdL), dopo aver preso atto dell'obiettiva difficoltà del relatore e del Governo nell'esprimere il parere su centinaia di emendamenti, sottolinea l'esigenza di dedicare una seduta della Commissione al vaglio degli emendamenti al fine di consentire ai gruppi di concentrarsi sugli emendamenti più rilevanti.

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  Mario CAVALLARO (PD), dopo aver ricordato che attualmente gran parte della materia oggetto del provvedimento in esame è regolamentata da fonte secondaria, rileva che molti degli emendamenti presentati sono stati superati da alcune importanti disposizioni legislative nel frattempo entrate in vigore. Ritiene che sia comunque fondamentale che il Governo chiarisca immediatamente la propria posizione in merito alla riforma che si intende effettuare.

  Giulia BONGIORNO, presidente, ritiene che se vi fosse un accordo unanime tra i gruppi si potrebbe procedere alla segnalazione degli emendamenti considerati di maggior rilevanza.

  Rita BERNARDINI (PD) dichiara di essere contraria a qualsiasi ipotesi di prevedere delle segnalazioni di emendamenti da parte dei gruppi, perché in tal modo verrebbero lese le prerogative di singoli deputati, tra i quali ricorda per il caso in esame l'onorevole Beltrandi, che per una loro scelta personale hanno presentato un cospicuo numero di emendamenti.

  Giulia BONGIORNO, presidente, ritiene che qualora i gruppi all'unanimità ritenessero di limitare il numero degli emendamenti da esaminare non vi sarebbe alcuna lesione delle prerogative dei singoli parlamentari in quanto si tratterebbe di una modalità nella quale vengono organizzati i lavori della Commissione secondo il principio della economia procedurale.

  Rita BERNARDINI (PD) rileva che il principio dell'economia procedurale può essere adottato per limitare il numero degli emendamenti da esaminare solo quando vi sia un'esigenza regolamentare di concludere l'esame del provvedimento, come nel caso in cui questo sia inserito nel calendario dei lavori dell'Assemblea in una data di prossima scadenza.

  Fulvio FOLLEGOT (LNP) dichiara di essere favorevole a che ogni gruppo si faccia carico di identificare gli emendamenti più rilevanti presentati dai propri deputati.

  Giulia BONGIORNO, presidente, ritiene che la segnalazione dei gruppi debba pervenire non oltre martedì prossimo, per consentire alla Commissione di esaminare gli emendamenti a partire dalla seduta di mercoledì 30 maggio.

  Angela NAPOLI (FLpTP) osserva che sarebbe opportuno che la segnalazione da parte dei gruppi sia preceduta dall'espressione dei pareri da parte del relatore e del Governo, orientando in tal modo gli stessi gruppi.

  Giulia BONGIORNO, presidente, alla luce del dibattito svoltosi e rilevando che non vi sono obiezioni da parte dei rappresentanti dei gruppi, rinvia il seguito dell'esame alla seduta di mercoledì 30 maggio, invitando i gruppi a segnalare gli emendamenti ritenuti più rilevanti entro la giornata di martedì 29 maggio.

Sui lavori della Commissione.

  Giulia BONGIORNO, presidente, avverte che l'esame delle proposte di legge C. 1777 e C. 1895, in materia di false comunicazioni sociali, convocato per questa mattina, avrà luogo alle ore 15.30, in quanto non sono stati ancora espressi i pareri delle Commissioni sul testo base risultante dagli emendamenti approvati.

  La seduta termina alle 11.25.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 23 maggio 2012. — Presidenza del vicepresidente Federico PALOMBA.

  La seduta comincia alle 15.30.

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Disposizioni in materia di false comunicazioni sociali e di altri illeciti societari.
C. 1777 Di Pietro e C. 1895 Palomba.

(Seguito dell'esame e conclusione).

  La Commissione prosegue l'esame dei provvedimenti, rinviato il 16 maggio 2012.

  Federico PALOMBA, presidente, da conto dei pareri espressi dalle Commissioni competenti. In particolare la Commissione affari costituzionali ha espresso parere favorevole mentre la Commissione finanze si è espressa per il nulla osta all'ulteriore corso dell'esame del provvedimento, evidenziando in premessa alcune questioni relative al testo. Nessuno chiedendo di intervenire pone in votazione il mandato al relatore a riferire in senso favorevole all'Assemblea sul testo approvato in sede referente.

  Donatella FERRANTI (PD) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo.

  Enrico COSTA (PdL) dichiara che i deputati del suo gruppo si asterranno.

  Lorenzo RIA (UdCpTP) dichiara che il suo gruppo voterà in senso favorevole.

  La Commissione delibera di conferire il mandato al relatore, onorevole Palomba, di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

  Federico PALOMBA, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

  La seduta termina alle 15.35.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 23 maggio 2012. — Presidenza del vicepresidente Federico PALOMBA.

  La seduta comincia alle 15.35.

Schema di decreto legislativo recante nuova distribuzione sul territorio degli uffici del giudice di pace.
Atto n. 455.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Mario CAVALLARO (PD), relatore, osserva che scopo della relazione è affrontare seppur nei limiti della necessaria concisione l'intera materia del riordino dell'organizzazione territoriale del Giudice di Pace, partendo da considerazioni che non si possono omettere anche sulla legge delega, nata in una precisa temperie, i cui limiti non possono essere taciuti neppure quando il procedimento giunge all'esercizio della delega.
   Ciò allo scopo ovviamente non di compiere opera d'accademia o rituale, ma di consentire ai corretti principi ispiratori della materia, siano o meno rifluiti con adeguato nitore nella legge delega di ispirare il legislatore delegato ed il Parlamento nello svolgimento della sua funzione.
   Lo schema di decreto legislativo recante «Nuova distribuzione sul territorio degli uffici del giudice di pace» costituisce, appunto come detto, attuazione della delega prevista dall'articolo 1 della legge 14 settembre 2011, n. 148 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari).
   La delega interessa la riorganizzazione della complessiva distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari (commi da 2 a 5 dell'articolo 1).
   Si segnala in premessa, trattandosi di questione che attiene all'intero testo normativo e non solo alla parte relativa al riordino dei Giudici di pace, il sospetto assai fondato di più profili di incostituzionalità della norma delegante, già solo ma non soltanto formali, in quanto essa Pag. 94non era contenuta nel testo del decreto legge (in vero, sarebbe stato assai difficile sostenere che ricorressero le ragioni di necessità ed urgenza alla decretazione legislativa nel riordino delle circoscrizioni e degli uffici giudiziari) ed è stata introdotta attraverso l'interpolazione della legge di conversione nel suo testo originario.
   Nella fattispecie, la straordinaria necessità ed urgenza dichiarata nel preambolo del decreto-legge n. 138 del 2011 non è stata neppure ripetuta nella legge di conversione n. 148 del 2011, la quale, invece, si è limitata ad introdurre, per la prima volta in sede di conversione, una disciplina – quella relativa alla riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari – della quale non vi è alcun cenno nel decreto poi convertito con modificazioni, se non nell'articolo 1 comma 2 che indica il fine del «perseguimento delle finalità di cui all'articolo 9 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111» e, dunque, fa rinvio a quanto previsto da un decreto legge diverso e, oltretutto, già convertito con altra legge.
   Nella fattispecie ben potrebbe affacciarsi la violazione dell'iter ordinario di produzione legislativa (sancito dagli artt. 70 e 72) e di quello previsto per la c.d. decretazione d'urgenza (articolo 77 co. 2), in quanto non sussistono – per espressa dichiarazione del legislatore, che neppure li ha enunciati con clausola di mero stile – ragioni di necessità ed urgenza a sostegno e supporto dell'introduzione, soltanto in sede di conversione, di una disposizione relativa alla riorganizzazione nella distribuzione degli uffici giudiziari, del tutto eterogenea rispetto al contenuto del decreto-legge convertito, anzi dichiaratamente legata ad altro decreto-legge (già oggetto di conversione con altra legge).
   Trattasi, dunque, per l'espressa ammissione contenuta nella legge di conversione, di una «norma intrusa» che introduce una nuova disciplina (e, propriamente, una delega al Governo a legiferare con successivi decreti legislativi in materia di riorganizzazione della distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio), evidentemente estranea all'insieme delle altre disposizioni del decreto-legge che il primo comma dell'articolo uno provvede a convertire.
   Inoltre, ciò comporta anche una palese violazione «sostanziale» dell'articolo 15 della legge n. 400 del 1988 (recante la disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) che prevede che i decreti devono contenere norme di immediata applicazione ed il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo; inoltre, L'articolo 15 della predetta legge vieta espressamente al Governo l'uso del decreto-legge per conferire deleghe legislative a se medesimo.
   Va, inoltre, tenuto presente che la disciplina dettata dalla legge n. 400 del 1988 ha nel nostro ordinamento valore «rafforzato» o almeno peculiare, in quanto i regolamenti interni, sia della Camera che del Senato, invitano le Camere a verificare il rispetto, da parte dei decreti-legge, dei requisiti stabiliti dalla legislazione vigente (e perciò dalla legge. 400/1988) ed il Capo dello Stato, in un suo messaggio alle Camere, aveva già esaltato il valore regolamentare della legge in questione, chiedendone il rigoroso rispetto.
   Il Presidente della Repubblica ha anch'egli richiamato l'attenzione sull'ampiezza e sull'eterogeneità delle modifiche apportate nel corso del procedimento di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (cosiddetto «milleproroghe») ed ha messo in evidenza che la prassi irrituale con cui si introducono nei decreti legge disposizioni non strettamente attinenti al loro oggetto si pone in contrasto con puntuali norme della Costituzione, delle leggi e dei regolamenti parlamentari, eludendo il vaglio preventivo spettante al Capo dello Stato in sede di emanazione dei decreti-legge.
   Una recente pronuncia della Corte costituzionale ha ex professo sancito l'irritualità irreparabile di tale iter di produzione Pag. 95normativa, avendo censurato l'introduzione di elementi spuri nella norma di conversione, esattamente come nel caso che trattiamo.
   Ciò senza peraltro voler ribadire più di tanto come attraverso tale tecnica legislativa si sia introdotto – all'interno di un provvedimento avente originariamente come contenuto solo misure finanziarie ed economiche dirette – un riordino, in verità nè organico nè completo, (mancano i tribunali metropolitani e le corti d'appello, mancano i giudici specializzati su cui pure si dovrebbero concentrare le energie e le risorse della giurisdizione pubblica) dell'organizzazione territoriale giudiziaria del paese.
   Come ha evidenziato nel suo parere il C.S.M., va inoltre rilevato come il meccanismo previsto nella delega presenti patenti profili di incompatibilità con L'articolo 116 Cost., che indica fra le materie di competenza delle regioni, pur nell'ambito di una legge nazionale, «l'organizzazione della giustizia di pace».
   Non risulta alcuna neppure eventuale e facoltativa partecipazione delle regioni al procedimento legislativo ed alla sua attuazione in sede amministrativa, mentre infine, a parere del relatore anche alla luce di altri punti dell'articolato parere del C.S.M., vi è un profilo di incostituzionalità di stretto merito nella mutazione genetica che l'intervenire apparentemente solo sull'organizzazione territoriale del Giudice di pace produce sulla natura stessa di tale ufficio giudiziario.
   Infatti, esso, sebbene nato nel quadro di una valutazione della giustizia onoraria come giustizia «di prossimità», viene trasformato in ufficio di regola circondariale, abbandonandosi definitivamente sia la organizzazione mandamentale che ne fu il sostrato territoriale sia la natura di erede anche delle funzioni del giudice conciliatore.
   Non meno irrazionale è il sostanziale ridimensionamento di uffici giudiziari a cui si sarebbero potute e tuttora si potrebbero affidare, con scarsissima spesa e oneri minimi o nulli per i cittadini, anche quelle funzioni di mediazione e conciliazione sulla cui costituzionalità, specie se esercitate al di fuori della giurisdizione pubblica, tuttora si discute profondamente.
   Infine, claudicante ratione loci risulta anche l'attuazione del principio del diritto di difesa di cui all'articolo 24 della costituzione, in quanto la clausola apparentemente consolatoria dell'intervento finanziario sostitutivo da parte dei comuni rende discutibile ed incerto l'unico dichiarato intento del provvedimento, che si sostanzia in un risparmio virtuale trasferendo semplicemente oneri dallo stato centrale a quello delle autonomie locali.
   Si producono inoltre ulteriori danni per il cittadino che, trovandosi in un luogo in cui ci sia l'intervento sostitutivo dell'ente locale, vedrà divenire il costo del servizio giustizia, in violazione del principio di uguaglianza, triplicemente oneroso, in quanto esso graverà sulla fiscalità generale, sulla contribuzione specifica ed infine su quella necessaria per consentire all'ente locale di assumere un servizio non proprio.
   Ciò senza dire che tale norma contraddice alla necessita di una buona ed appropriata organizzazione territoriale del giudice di pace, privilegiando rispetto alla valutazione strettamente tecnica quella della sostenibilità finanziaria dell'ufficio.
   Tutto ciò espone affinché almeno la fase di attuazione della delega sia sostanzialmente così completa e compiuta, sia sotto l'aspetto istruttorio sia sotto il profilo dell'utilizzazione non solo dei parametri normativi, ma anche dei principi generali della materia da affrontare, da porre al riparo dal sindacato di costituzionalità almeno sostanziale gli atti e provvedimenti impugnabili innanzi alla giurisdizione che saranno assunti in attuazione del decreto legislativo.
   Venendo a questo punto al merito del provvedimento, il comma 2 delega il Governo a emanare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, uno o più decreti legislativi per «riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di Pag. 96efficienza», con l'osservanza dei principi e criteri direttivi indicati nelle lettere da a) a q) del medesimo comma.
   Sono le lettere da l) a p) a dettare i principi e criteri direttivi per la riorganizzazione territoriale degli uffici del giudice di pace.
   In particolare, la lettera l) prevede la riduzione degli uffici del giudice di pace dislocati in sede diversa da quella circondariale (per circondario giudiziario si intende l'ambito territoriale di competenza di un tribunale e dunque la sede circondariale è il comune ove ha sede il tribunale). Nell'operare tale riduzione il Governo avrebbe dovuto tener conto dei criteri delineati dalla lettera b) ed operare un'analisi dei costi rispetto ai carichi di lavoro.
   Il personale amministrativo in servizio presso l'ufficio del giudice di pace soppresso dovrà, in base alla lettera m), essere così riassegnato: almeno il 50 per cento dovrà essere assegnato alla sede di tribunale o di procura limitrofa; la restante parte dovrà essere riassegnata all'ufficio del giudice di pace presso cui sono trasferite le funzioni delle sedi soppresse.
  Il procedimento per la soppressione degli uffici del giudice di pace prevede la pubblicazione sul bollettino ufficiale e sul sito internet del Ministero della giustizia degli elenchi degli uffici da sopprimere o accorpare (lettera n); entro 60 giorni da tale pubblicazione, gli enti locali interessati, anche consorziati tra loro, potranno richiedere e ottenere il mantenimento degli uffici del giudice di pace con competenza sui rispettivi territori, anche tramite eventuale accorpamento, facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia (in concreto l'ente locale dovrà garantire le strutture, provvedere all'indennità del giudice di pace, individuare il personale amministrativo e retribuirlo). Il Ministero continuerà ad occuparsi esclusivamente del reclutamento dei giudici di pace e della formazione del personale amministrativo (lettera o). Trascorsi i suddetti 60 giorni, in assenza di richieste specifiche da parte degli enti locali, le sedi del giudice di pace saranno soppresse.
  Nei successivi 12 mesi gli enti locali, anche consorziati tra loro, potranno decidere di sostenere gli oneri del servizio e dunque chiedere al ministro della giustizia il mantenimento o l'istituzione di uffici del giudice di pace, alle stesse condizioni previste dalla lettera o) (lettera p).
   Segue la usuale clausola di invarianza finanziaria e le altre norme di coordinamento e di attuazione di rito.
  Si rammenta che la Commissione Giustizia ha effettuato, il 25 gennaio 2012, l'audizione del sottosegretario per la giustizia, professor Salvatore Mazzamuto, e del dottor Luigi Birritteri, capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del Ministero della giustizia.
   Nessun elemento significativo di intersezione si coglie con lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento di organizzazione del Ministero della giustizia, sul quale la Commissione Giustizia della Camera dei deputati ha deliberato rilievi nella seduta del 28 marzo 2012 e la Commissione Affari costituzionali ha espresso parere favorevole con condizioni nella seduta del 29 marzo 2012.
   Il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare il 16 dicembre 2011 lo schema di decreto legislativo recante «Nuova distribuzione sul territorio degli uffici del giudice di pace, in attuazione dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», che è stato trasmesso alle Camere il 15 marzo 2012, pur in mancanza del parere del CSM.
   Il CSM ha espresso il parere di competenza il 19 aprile 2012 ed esso è stato trasmesso alle Camere l'8 maggio.
   Lo schema di decreto riguarda pertanto l'esercizio della delega per la sola parte relativa agli uffici del giudice di pace, in quanto, come indicato nella relazione illustrativa, «l'approccio metodologico scelto ai fini della realizzazione di una complessiva revisione dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari di primo Pag. 97grado, ha evidenziato l'opportunità di procedere per tipologia di ufficio, muovendo dall'analisi delle strutture collocate alla base del sistema giudiziario: gli uffici del giudice di pace».
   «L'attuale assetto territoriale di tale tipologia di uffici, istituiti con legge 21 novembre 1991, n. 374, risulta, infatti, caratterizzato da un'elevata articolazione delle sedi giudiziarie e determina nel complesso un'eccessiva frammentazione delle risorse umane e strumentali allo stato disponibili per l'Amministrazione della giustizia, ancor più evidente se rapportata agli effettivi carichi di lavoro ed alle esigenze operative degli altri uffici giudiziari».
   Si tratta, come meglio si evidenzierà in appresso, dell'unica motivazione reale del provvedimento, in quanto con una sorta di tautologia, che emerge dalla relazione anche e soprattutto in riferimento al tema degli uffici giudiziari di primi grado, si considera realizzato nell'apodittico «risparmio» finanziario e di personale lo scopo della norma e non c’è alcuna traccia di applicazione dei parametri di cui alla lettera b) sopra citata, che pure è richiamata anche per i Giudice di pace.
   Anche il risparmio finanziario e di personale, a prescindere dalla sua quantificazione, non ha subito alcuna comparazione con i costi aggiuntivi che le strutture presso cui confluiranno i procedimenti dagli uffici soppressi dovranno affrontare nè quelli addirittura per il reperimento di nuove strutture, essendo dato di comune esperienza, suffragato da indicazioni che pervengono dalle realtà territoriali e dagli operatori, che ovviamente gli uffici «recettori» si dichiarano e non sono realmente in grado di ricevere e trattare l'elevato numero di procedimenti che deriverebbe da una soppressione degli uffici del giudice di pace pressoché generalizzata, quale quella proposta nel provvedimento in esame.
   Si osserva che lo schema di decreto non precisa se la scelta di adottare un autonomi decreto per gli uffici del giudice di pace e di accorpare adesso alcuni uffici del giudice di pace negli attuali uffici sedi di circondario, possa pregiudicare le scelte successive relative agli uffici di tribunale.
  Richiama quindi l'attuale struttura dei 846 uffici del giudice di pace (di cui 4 sedi distaccate) sulla base della relazione illustrativa al testo.
   Lo schema è composto da sette articoli, da due tabelle e da un allegato.
   L'articolo 1 ha ad oggetto la riduzione degli uffici del giudice di pace.
   A tal fine prevede la soppressione degli uffici indicati nell'allegata tabella A e stabilisce che le competenze territoriali degli uffici soppressi sono attribuite ai corrispondenti uffici indicati alla tabella B, ugualmente allegata allo schema di decreto.
   Sulla base di quanto indicato nella relazione, è stato seguito un processo in quattro fasi, tenendo conto dei dati statistici relativi agli anni solari 2005-2009:
   A) calcolo dell'effettivo smaltimento pro-capite realizzato dai giudici di pace su base quinquennale, tenendo conto del numero medio di presenze dei giudici di pace nel medesimo arco temporale (pari a 3.073 unità come media annua delle presenze) e del totale dei procedimenti definiti in tutte le materie di competenza; si è così ottenuta la produttività media del personale giudicante (capacità media di smaltimento, pari a 568,3 procedimenti), che costituisce il carico di lavoro medio sostenibile per ogni anno.
   Da una nota del Ministero della Giustizia, richiamata in calce al parere reso dal CSM, si apprende inoltre che il valore soglia di 568,3 procedimenti risulta dalla somma di 71,1 procedimenti penali (di cui 23,3 relativi alla voce dibattimento) e 497,2 civili (di cui 149 a cognizione ordinaria e 215,7 opposizioni a sanzioni amministrative).
   Pare doversi concludere pertanto che, ai fini della determinazione dei carichi di lavoro dei singoli uffici, è stato attribuito lo stesso peso ai procedimenti civili e a quelli penali; quanto ciò sia irrazionale, tenuto conto del diverso «peso» organizzativo della trattazione di affari civili, penali e sanzionatori, non occorre partitamente illustrarlo.Pag. 98
   B) individuazione dei carichi di lavoro pro-capite dei singoli uffici, rapportando per ciascuno di essi i procedimenti sopravvenuti alla pianta organica (in tal modo viene misurata la domanda di giustizia rivolta all'amministrazione);
   C) individuazione degli uffici con carico di lavoro inferiore alla media nazionale di produttività annuale pro-capite dei giudici di pace; i risultati sono stati così posti a confronto con i dati del bacino di utenza, utilizzando come parametro per il mantenimento di un presidio giudiziario una popolazione residente di almeno 100.000 abitanti;
   D) creazione di un elenco di 674 uffici con iscrizioni pro-capite inferiore al valore soglia (568,3) e bacino di utenza inferiore a 100.000 abitanti.

  Attraverso l'accorpamento di tali uffici potranno essere recuperati: 1.944 giudici di pace, 2.104 unità di personale amministrativo (184 area III, 1.350 area II, 570 area I). I risparmi di spesa sono stimati in euro 25.652.621 annui, al netto delle spese connesse alla movimentazione delle attrezzature.
   Dall'insieme delle informazioni rese disponibili dal Ministero della Giustizia non risultano essere stati presi in considerazione, tra i criteri individuati dalla legge delega, il tasso di criminalità organizzata e le esigenze di riorganizzazione delle aree metropolitane, che sono stati considerati rilevanti esclusivamente per la riduzione dei Tribunali con le relative Procure.
   Si osserva, peraltro, che non risultano precisati alcuni aspetti relativi agli altri parametri espressamente previsti nella legge delega ed applicabili anche alla riduzione degli uffici del giudice di pace (articolo 1, comma 2, lettere b) ed l): come siano stati considerati i carichi di lavoro complessivi, oltre alle sopravvenienze intervenute; in quale modo sia stata valutata l'estensione territoriale; come sia stata considerata la specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale; quale sia il motivo per cui è stata utilizzata la soglia di 100.000 abitanti (tenuto conto che la normativa previgente in materia di organizzazione territoriale di presidi del Giudice di pace aveva individuato una soglia ben minore, di 50.000 abitanti; per quale motivo alcune evidenze territoriali, fra cui si cita per tutte la montanità e l'insularità, pure evincibili come parametri dalla più volte citata lettera b), non risultino né enunciate come problematiche né affrontate come criteri, seppur per respingerli o diversamente articolarli, nella previsione di cui al decreto.
   Si evidenzia, peraltro, che se si tiene conto dell'applicazione dei soli criteri indicati nella relazione illustrativa, emergono alcuni risultati anomali dalle tabelle allegate allo schema di decreto.
   Infatti, sebbene abbiano un bacino di utenza con popolazione superiore a 100.000 abitanti (in base ai dati del 2010), risultano comunque soppressi alcuni uffici del giudice di pace, come risulta da una tabella che deposita (vedi allegato 2).
   In verità, appare del tutto parziale il criterio invece assunto come principale, quello del carico medio pro capite.
   Infatti il criterio da adottare è piuttosto quello definibile della «domanda di giustizia», cioè quello relativo al rapporto fra affari trattati, possibilmente con differenze fra affari civili, penali e sanzionatori, con riferimento all'Ufficio e non alla produttività dei singoli giudici, che può essere modificata in riferimento ad altri parametri, fra cui l'incompletezza degli organici o la loro riarticolazione.
   Anche l'indice di sopravvenienze è utile ma non dirimente, in quanto anch'esso può e deve essere semmai oggetto di interventi di buona organizzazione, basati sulle best practices e sulla ricerca di una professionalità ulteriore dei giudici e degli operatori.
   Si rammenta che, come ricorda il parere del C.S.M. a cui qui si fa riferimento non secoli fa ma l'anno scorso, in sede di revisione delle piante organiche dei Giudice di pace furono utilizzati criteri ben diversi, che avevano condotto ad una assai più razionale articolazione in tre Pag. 99fasce degli uffici giudiziari di pace ed a questa articolazione non si capisce perché non si sia dato alcun seguito né fatto alcun riferimento.
   Che inoltre se non prima almeno in coerenza con il presente intervento ci sia anche la riforma della magistratura onoraria è nozione di solare evidenza che non merita illustrazione, ben difficile essendo articolare sul territorio un soggetto sulla cui natura e funzione e sulla cui selezione non c’è nella legislazione alcun indirizzo certo, ma solo una stratificata sequela di proroghe di un impianto ormai da tutti definito inadeguato.
   L'articolo 2 individua le sedi degli uffici e la relativa competenza territoriale e attribuisce al Governo il potere di istituire sedi distaccate oltre che di accorpare uffici esistenti.
   A tal fine, sostituisce (comma 1, lettera a)) l'articolo 2 del decreto legislativo n. 374 del 1991 (Istituzione del giudice di pace), prevedendo – al comma 1 – che gli uffici del giudice di pace hanno sede nei comuni indicati alla tabella A allegata, con competenza territoriale sul circondario ivi indicato.
   Viene pertanto meno, rispetto alla disposizione vigente, il riferimento a tutti i capoluoghi dei mandamenti esistenti fino all'entrata in vigore della legge n. 30/1989 (Costituzione delle preture circondariali e nuove norme relative alle sezioni distaccate).
   Come si legge nella relazione illustrativa, con la riconduzione al circondario in luogo del mandamento potrà individuarsi con chiarezza il presidente del tribunale eventualmente delegato dal CSM ad esercitare la sorveglianza sugli uffici del giudice di pace del suo circondario e non sarà pertanto più possibile – come succedeva in precedenza – che il bacino di utenza di un ufficio del giudice di pace sia compreso in più circondari del tribunale ordinario.
   Viene poi fatto rinvio, analogamente a quanto già previsto dal vigente articolo 2, comma 2, ad un decreto del Presidente della Repubblica, adottato su proposta del Ministro della Giustizia, sentiti il consiglio giudiziario e i comuni interessati, per l'istituzione di sedi distaccate. Non è peraltro più prevista espressamente la possibilità che le sedi distaccate siano istituite in uno o più comuni del mandamento ovvero in una o più circoscrizioni in cui siano ripartiti i comuni.
   Con le stesse modalità si prevede poi, analogamente a quanto già previsto dal vigente comma 3, che possano essere costituiti in un unico ufficio due o più uffici contigui. Nel decreto deve essere designato il comune in cui ha sede l'ufficio del giudice di pace. Rispetto alla disposizione vigente è stato espunto, come sopra si diceva, il limite costituito dalla popolazione complessiva risultante dall'accorpamento non superiore a 50.000 abitanti.
   Il comma 1, lettera b), dell'articolo 2 dello schema allega poi la Tabella A richiamata nel nuovo articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 374. In tale tabella sono indicati i comuni in cui hanno sede gli uffici del giudice di pace e i comuni su cui tali uffici hanno competenza territoriale.
   Si osserva che sui decreti con cui potranno essere istituite sedi distaccate o con cui potranno essere accorpati due o più uffici non è previsto alcun tipo di coinvolgimento del Parlamento.
  L'articolo 3 riguarda la pubblicazione degli elenchi e le richieste degli enti locali interessati al mantenimento di uffici del giudice di pace.
  Si osserva che, sebbene non espressamente previsto dalla legge delega, appare opportuno – a presidio della certezza dei tempi dell'attuazione del decreto – prevedere un termine per la pubblicazione delle tabelle sul Bollettino ufficiale e sul sito internet del Ministero onde consentire un dies a quo certo ed inderogabile per le operazioni affidate ai comuni e agli altri soggetti del procedimento.
  Si osserva che L'articolo 2 della legge n. 374/1991, come novellato dall'articolo 2 dello schema di decreto, risulta ormai composto da un solo comma e che tale comma non disciplina alcun procedimento di soppressione di uffici giudiziari.
  L'articolo 4 disciplina la riassegnazione dei magistrati onorari e del personale Pag. 100amministrativo. Viene così data attuazione a quanto previsto nella legge delega, all'articolo 1, comma 2, lettera m).
  Il comma 1 stabilisce che con decreto del Presidente della Repubblica adottato ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 374/1991 si provveda alla riassegnazione dei magistrati onorari in servizio presso gli uffici soppressi del giudice di pace.
  L'articolo 3 del decreto legislativo n. 374/1991 affida infatti ad un decreto del Presidente della Repubblica la determinazione della pianta organica dei giudici di pace.
  Tale decreto del Presidente della Repubblica è adottato su proposta del Ministro di grazia e giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura.
  Il comma 2 prevede che con decreto del Ministro della giustizia il personale amministrativo in servizio presso gli uffici soppressi del giudice di pace deve essere riassegnato in misura non inferiore al 50 per cento alla sede di tribunale o di procura limitrofa e, nella restante parte, all'ufficio del giudice di pace presso il quale sono trasferite le relative competenze.
  L'articolo 5 reca la disciplina transitoria.
  Con riguardo alla fase transitoria, non disciplinata dalla legge delega, si rammenta il precedente di cui al comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 254 del 1997, recante delega al Governo per l'istituzione del giudice unico di primo grado, che prevedeva espressamente l'adozione di una specifica disciplina transitoria volta ad assicurare la rapida trattazione dei procedimenti pendenti, civili e penali, fissando le fasi oltre le quali i procedimenti non passano ad altro ufficio secondo le nuove regole di competenza e stabilendo le relative condizioni. La previsione di delega da ultimo ricordata è all'origine delle previsioni del decreto legislativo n. 51 del 1998, che prevedevano che l'ufficio del pretore fosse mantenuto per la definizione dei procedimenti pendenti alla data di efficacia del citato decreto. L'assenza di un'analoga previsione di delega nel testo in esame sembrerebbe escludere la possibilità di un'analoga soluzione – o comunque di altre soluzioni ad hoc – per cui l'assegnazione dei procedimenti pendenti dovrebbe essere decisa secondo gli ordinari criteri interpretativi sulla base del nuovo assetto della competenza territoriale.
   Il comma 1 prevede pertanto che le disposizioni sulla soppressione degli uffici, l'estensione delle competenze degli uffici superstiti e la riassegnazione dei magistrati onorari e del personale amministrativo acquistano efficacia successivamente all'emanazione del decreto con cui il Ministro della giustizia modifica le tabelle a seguito della richiesta degli enti locali ovvero, qualora non vi abbia provveduto, trascorso il termine di dodici mesi per l'adozione del decreto medesimo.
   Si osserva che, sulla base delle conseguenze prodotte dal decorso del tempo in base al comma 1, il termine per l'adozione del decreto del Ministro della giustizia, risulta essere perentorio sebbene non sia espressamente qualificato in tal modo (mentre è qualificato espressamente come «perentorio» il termine di 60 giorni entro cui gli enti locali possono richiedere il mantenimento degli uffici, ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 2, dello schema di decreto).
   Appare opportuno, inoltre, che sia specificato il termine da cui decorre l'efficacia delle disposizioni sulla soppressione degli uffici, l'estensione delle competenze degli uffici superstiti e la riassegnazione di magistrati e personale amministrativo, risultando oltremodo generico il richiamo all'efficacia acquisita «successivamente» a una certa data.
   In base al comma 2, nei sei mesi successivi al termine di efficacia appena richiamato (dunque: la data di adozione del decreto del Ministro della giustizia ovvero, in mancanza, decorsi dodici mesi dalla scadenza del termine per la richiesta degli enti locali), le udienze precedentemente fissate dinanzi al giudice di pace di uno degli uffici soppressi sono tenute presso i medesimi uffici e gli eventuali rinvii sono effettuati dinanzi all'ufficio competente a seguito della nuova distribuzione degli uffici.Pag. 101
   In base al comma 3, nei casi diversi da quelli del comma 2, è fissata una nuova udienza dinanzi al nuovo ufficio competente.
   Si osserva che, nella molteplicità delle evenienze che rientrano nei casi diversi da quelli del comma 2, potrebbe rivelarsi utile specificare a chi spetti la fissazione della nuova udienza.
   Pur non espressamente prevista dai principi e criteri direttivi di delega, la disciplina transitoria pare debba considerarsi, oltre che opportuna, riconducibile all'articolo 1, comma 3, della legge delega, in base al quale la riforma realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti.
   Come sopra ricordato, la delega al Governo per l'istituzione del giudice unico di primo grado prevedeva espressamente l'adozione di una specifica disciplina transitoria volta ad assicurare la rapida trattazione dei procedimenti pendenti, civili e penali, fissando le fasi oltre le quali i procedimenti non sarebbero passati ad altro ufficio secondo le nuove regole di competenza e stabilendo le relative condizioni.
   L'articolo 6 reca la clausola di invarianza finanziaria.
   Dal decreto legislativo non debbono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e alla sua attuazione di provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
   L'articolo 7 reca la clausola di immediata entrata in vigore del decreto.
   Appare necessario, prima di procedere all'espressione di un definitivo ed ulteriormente articolato parere sia sui criteri generali adottati sia sulle conseguenze in termini di tabelle, procedere pertanto ad audizioni ed in particolare si ritiene necessaria l'audizione dell'ANCI, quale soggetto istituzionalmente portatore degli interessi degli enti locali, della Conferenza delle regioni in persona del presidente o dell'assessore delegato alla materia e delle associazioni dei giudici di pace maggiormente rappresentative, oltre che eventualmente dell'ANM e del CNF e dell'OUA.

  Enrico COSTA (PdL), relatore, dopo aver condiviso gran parte delle osservazioni del correlatore, dichiara che svolgerà una relazione prevalentemente volta a descrivere alla Commissione il contenuto del provvedimento in esame.
  Osserva che lo schema di decreto legislativo è diretto a prevedere una nuova distribuzione sul territorio degli uffici del giudice di pace, in attuazione della delega prevista dall'articolo 1 della legge 14 settembre 2011, n. 148. In particolare la delega interessa la riorganizzazione della complessiva distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari (commi da 2 a 5 dell'articolo 1).
  Il comma 2, lettera b), delega il Governo a ridefinire l'assetto territoriale degli uffici giudiziari, eventualmente anche trasferendo territori dall'attuale circondario a circondari limitrofi. Nel compiere questa attività il Governo dovrà tenere conto di «criteri oggettivi e omogenei» che comprendano i seguenti parametri: estensione del territorio; numero degli abitanti; carichi di lavoro; indice delle sopravvenienze; specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale; presenza di criminalità organizzata.
  Per quanto riguarda il provvedimento in esame, le lettere da l) a p) dettano principi e criteri direttivi per la riorganizzazione territoriale degli uffici del giudice di pace.
  La lettera l) prevede la riduzione degli uffici del giudice di pace dislocati in sede diversa da quella circondariale. Nell'operare tale riduzione il Governo dovrà tener conto dei criteri delineati dalla lettera b) ed operare un'analisi dei costì rispetto ai carichi di lavoro.
  Sullo stato di attuazione della delega, la Commissione giustizia ha effettuato, il 25 gennaio 2012, l'audizione del sottosegretario per la giustizia, professor Salvatore Mazzamuto, e del dottor Luigi Birritteri, capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del Ministero della giustizia.
  Si ricorda inoltre che fa parte del processo di riorganizzazione del sistema Pag. 102giustizia, anche lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento di organizzazione del Ministero della giustizia, sul quale la Commissione giustizia della Camera dei deputati ha deliberato rilievi nella seduta del 28 marzo 2012 e la Commissione affari costituzionali ha espresso parere favorevole con condizioni nella seduta del 29 marzo 2012.
  Il Governo pertanto ha scelto di attuare preliminarmente la delega relativa alla riorganizzazione territoriale degli uffici del giudice di pace, per procedere successivamente alla riorganizzazione complessiva degli uffici giudiziari.
  Sulla base della relazione illustrativa presentata dal Governo, l'attuale struttura degli uffici è la seguente: 846 uffici del giudice di pace (di cui 4 sedi distaccate) ripartiti in 165 uffici presso sedi circondariali e 681 uffici presso le sedi non circondariali. I giudici di pace sono 4.690 su una dotazione organica di 4.700. Relativamente al personale amministrativo, 12 sono le unità di personale dirigenziale (tutte presso uffici circondariali), 4.125 le unità di personale amministrativo assegnato in pianta organica.
  Per quanto attiene il contenuto dello schema di decreto, l'articolo 1 ha ad oggetto la riduzione degli uffici del giudice di pace.
  A tal fine prevede la soppressione degli uffici indicati nella tabella A allegata e stabilisce che le competenze territoriali degli uffici soppressi sono attribuite ai corrispondenti uffici indicati alla tabella B, ugualmente allegata allo schema di decreto.
  Sulla base di quanto indicato nella relazione, è stato seguito un processo in quattro fasi, tenendo conto dei dati statistici relativi agli anni solari 2005-2009:
   A) calcolo dell'effettivo smaltimento pro capite realizzato dai giudici di pace su base quinquennale (capacità media di smaltimento, pari a 568,3 procedimenti), che costituisce il carico di lavoro medio sostenibile per ogni anno;
   B) individuazione dei carichi di lavoro pro-capite dei singoli uffici;
   C) individuazione degli uffici con carico di lavoro inferiore alla media nazionale di produttività annuale pro capite dei giudici di pace; è stato utilizzato come parametro per il mantenimento comunque di un presidio giudiziario una popolazione residente di almeno 100.000 abitanti;
   D) creazione di un elenco di 674 uffici con iscrizioni pro capite inferiore al valore soglia (568,3) e bacino di utenza inferiore a 100.000 abitanti.

  Attraverso l'accorpamento, in totale, di 674 uffici potranno essere recuperati: 1.944 giudici di pace, 2.104 unità di personale amministrativo (184 area III, 1.350 area II, 570 area I).
  I risparmi di spesa sono stimati in euro 25.652.621 annui, al netto delle spese connesse alla movimentazione delle attrezzature.
  L'articolo 2 individua le sedi degli uffici e la relativa competenza territoriale e attribuisce al Governo il potere di istituire sedi distaccate oltre che di accorpare uffici esistenti.
  A tal fine, sostituisce (comma 1, lettera a)) L'articolo 2 del d.lgs. n. 374/1991 (Istituzione del giudice di pace), prevedendo al comma 1 che gli uffici del giudice di pace hanno sede nei comuni indicati alla tabella A allegata, con competenza territoriale sul circondario ivi indicato. Viene poi fatto rinvio, analogamente a quanto già previsto dal vigente articolo 2, comma 2, ad un decreto del Presidente della Repubblica, adottato su proposta del Ministro della Giustizia, sentiti il consiglio giudiziario e i comuni interessati, per l'istituzione di sedi distaccate. Non è peraltro più prevista espressamente la possibilità che le sedi distaccate possano essere istituite in uno o più comuni del mandamento ovvero in una o più circoscrizioni in cui siano ripartiti i comuni.
  Con le stesse modalità si prevede poi, analogamente a quanto già previsto dal vigente comma 3, che possano essere costituiti in un unico ufficio due o più uffici contigui. Nel decreto deve essere designato il comune in cui ha sede l'ufficio del Pag. 103giudice di pace. Rispetto alla disposizione vigente è stato espunto il limite costituito dalla popolazione complessiva risultante dall'accorpamento non superiore a 50.000 abitanti.
  Viene inoltre allegata una tabella in cui sono indicati i comuni in cui hanno sede gli uffici del giudice di pace e i comuni su cui tali uffici hanno competenza territoriale.
  L'articolo 3 riguarda la pubblicazione degli elenchi e le richieste degli enti locali interessati al fine dell'eventuale mantenimento di uffici del giudice di pace.
  Il procedimento, conformemente a quanto previsto dalla legge delega, prevede: la pubblicazione delle tabelle sul Bollettino ufficiale e sul sito internet del Ministero della giustizia; entro 60 giorni, gli enti locali interessati, anche consorziati tra di loro, possono richiedere il mantenimento degli uffici del giudice di pace di cui è proposta la soppressione (in tal caso gli enti locali si debbono fare integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia nelle relative sedi); entro gli ulteriori 12 mesi il ministro della Giustizia valuta la rispondenza delle richieste e degli impegni ai criteri indicati e apporta con proprio decreto le conseguenti modifiche alle tabelle; rimane a carico dell'amministrazione giudiziaria unicamente la determinazione dell'organico del personale di magistratura onoraria entro i limiti della dotazione nazionale complessiva nonché la formazione del relativo personale amministrativo; qualora l'ente locale non rispetti gli impegni presi relativi al personale amministrativo e alle spese per un periodo superiore a un anno, il relativo ufficio del giudice di pace deve essere soppresso.
  L'articolo 4 disciplina la riassegnazione dei magistrati onorari e del personale amministrativo, secondo quanto previsto dalla legge delega.
  Con decreto del Ministro della giustizia, il personale amministrativo in servizio presso gli uffici soppressi del giudice di pace deve essere riassegnato in misura non inferiore al 50 per cento alla sede di tribunale o di procura limitrofa e, nella restante parte, all'ufficio del giudice di pace presso il quale sono trasferite le relative competenze.
  L'articolo 5 reca la disciplina transitoria.
  Il comma 1 prevede che le disposizioni sulla soppressione degli uffici, l'estensione delle competenze degli uffici superstiti e la riassegnazione dei magistrati onorari e del personale amministrativo acquistano efficacia successivamente all'emanazione del decreto con cui il Ministro della giustizia modifica le tabelle a seguito della richiesta degli enti locali ovvero, qualora non vi abbia provveduto, trascorso il termine di dodici mesi per l'adozione del decreto medesimo.
  In base al comma 2, nei sei mesi successivi al termine di efficacia appena richiamato, le udienze precedentemente fissate dinanzi al giudice di pace di uno degli uffici soppressi sono tenute presso i medesimi uffici e gli eventuali rinvii sono effettuati dinanzi all'ufficio competente a seguito della nuova distribuzione degli uffici. Nei casi diversi da quelli del comma 2, è fissata una nuova udienza dinanzi al nuovo ufficio competente (comma 3).
  L'articolo 6 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 7 reca la clausola di immediata entrata in vigore del decreto.
  Con riguardo in fine alle tabelle allegate allo schema di decreto, risultano le seguenti tre anomalie:
   il comune di Cunico viene conseguentemente ricondotto dalla riforma al giudice di pace di Casale Monferrato. In realtà, attualmente il comune di Cunico ricade sotto la giurisdizione del giudice di pace di Asti (e conseguentemente con la riforma dovrebbe rimanere presso tale ufficio);
   il comune di Rogeno viene ricondotto dalla riforma al giudice di pace di Como. In realtà attualmente il comune di Rogeno ricade sotto la giurisdizione del giudice di pace di Lecco (e conseguentemente con la riforma dovrebbe rimanere presso tale ufficio);Pag. 104
   il comune di Ossona viene ricondotto dalla riforma al giudice di pace di Milano. In realtà, attualmente il comune di Ossona ricade sotto la giurisdizione del giudice di pace di Rho (e conseguentemente con la riforma dovrebbe rimanere presso tale ufficio).

  Compito della Commissione giustizia è quello di verificare se le scelte compiute dal Governo nel riorganizzare sul territorio gli uffici del giudice di pace siano conformi alla delega.
  Appare opportuno, ad esempio, considerare se risulti conforme alla legge delega procedere all'esercizio del potere legislativo delegato tenendo conto solamente di alcuni dei principi e criteri direttivi individuati dall'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge n. 148/2011.
  Infatti, in base all'articolo 1, comma 2, lettera l), della legge delega occorre che il legislatore delegato preveda «la riduzione degli uffici del giudice di pace dislocati in sede diversa da quella circondariale, da operare tenendo in specifico conto, in coerenza con i criteri di cui alla lettera b), dell'analisi dei costi rispetto ai carichi di lavoro».
  A sua volta, la lettera b) reca il seguente principio e criterio direttivo: «ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane».
  Non sembra essere in alcun modo motivata nel provvedimento o nelle sue premesse la scelta di avvalersi esclusivamente alcuni principi e criteri direttivi.
  Dichiara di condividere l'esigenza di procedere ad audizioni sia di rappresentanti degli enti locali che di categorie coinvolte dalla riforma che si intende effettuare.

  Federico PALOMBA, presidente, constata l'imminenza di votazioni in Assemblea, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Modifiche alla legge 27 gennaio 2012, n. 3, recante disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovra indebitamento.
C. 5117 Governo.

SEDE CONSULTIVA

Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999.
C. 5058, approvata dal Senato.

Modifiche alla disciplina delle cambiali finanziarie.
Nuovo testo unificato C. 4790 Fluvi ed abb.

Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità.
Ulteriore nuovo testo unificato C. 2744 Cenni ed abb.

Norme in materia di bevande analcoliche a base di frutta.
Testo unificato C. 4108 D'Ippolito Vitale ed abb.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

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